Parte il VIA alla MISSIONE METROPOLI CON LA "NUOVA EVANGELIZZAZIONE" voluta da Benedetto XVI

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Caterina63
00martedì 12 luglio 2011 20:03
La nuova evangelizzazione in Europa

Missione metropoli


di mons. RINO FISICHELLA

Per evitare il rischio che la nuova evangelizzazione diventi solo una fortunata formula adatta a ogni stagione, è importante che essa venga riempita di contenuti in grado di qualificare l'azione pastorale delle diverse comunità cristiane. In questo senso, la pastorale di ogni giorno, che anima da sempre la vita della Chiesa, dovrà prendere maggiore consapevolezza di dover diventare nuova nella sua proposta e nelle modalità di attuazione.

 

 

Benedetto XVI, parlando alla prima plenaria del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione , ha detto quanto sia decisivo andare oltre la frammentarietà e presentare segni concreti capaci di dare risposta alle grandi sfide presenti nella società. Per corrispondere a questa esigenza, si è pensato di porre in atto una "missione metropoli". Lo scopo è semplice: dare un segno di unità tra diverse diocesi presenti in grandi città europee particolarmente segnate dal secolarismo.

L'iniziativa, al momento, è limitata ad alcune grandi diocesi europee per verificarne più concretamente l'efficacia. Il progetto, comunque, dovrebbe estendersi oltre i confini del vecchio continente, pur con modalità rispettose delle diverse tradizioni culturali ed ecclesiali.

La scelta dell'Europa è determinata dal fatto che ben due sinodi hanno riflettuto sull'attuale situazione. Nel 1991 e nel 1999 i vescovi hanno analizzato con franchezza non solo le condizioni sociali e culturali di questi Paesi, ma soprattutto in quale modo le Chiese avrebbero potuto dare una risposta adeguata. Con Ecclesia in Europa Giovanni Paolo II indicava un percorso per recuperare un impegno unitario delle Chiese.

In questo senso, la "missione metropoli" intende essere un primo passo. Essa si qualifica per la realizzazione di iniziative comuni e contemporanee, che troveranno spazio nella pastorale ordinaria con un impegno specifico nella formazione, e nella quaresima del 2012 con segni pubblici offerti alla città. Proprio questa idea di iniziative comuni realizzate nello stesso tempo fornisce una nota di originalità. È un'esperienza pastorale che vuole porre tutta la comunità cristiana in stato di evangelizzazione.

La cattedrale sarà il luogo centrale per questi segni. Anzitutto, lettura continuata dei vangeli per porre al centro la Parola di Dio; poi, tre catechesi del vescovo dedicate ai giovani, alle famiglie e ai catecumeni sulle tematiche della fede; quindi, una celebrazione del sacramento della riconciliazione per attirare l'attenzione sulla confessione, anche per il suo alto valore antropologico. Un gesto di carità renderà completa l'esperienza per evidenziare che la fede professata e pregata deve essere anche testimoniata. Da ultimo, un segno di spiritualità e di carattere culturale sarà dato dalla lettura di alcuni testi significativi, tratti ad esempio dalle Confessioni di sant'Agostino.

Queste iniziative partiranno dalla cattedrale per il suo alto valore simbolico, ma con l'intento di estendersi alle parrocchie della diocesi per un'azione più diretta nel territorio. Insomma, la "missione metropoli" desidera raggiungere quanti vivono la fede, ma spesso senza la consapevolezza della peculiarità che essa infonde nello stile di vita, e quanti, pur lontani dalla fede, sono però attratti dalla persona di Gesù Cristo, perché con lui incontrino anche la sua Chiesa.

Grazie a questa iniziativa, le diocesi camminano insieme per un progetto comune, forti delle esperienze proprie e peculiari a ognuna già fatte nel passato; si sostengono a vicenda per le comuni difficoltà che si incontrano, e guardano al futuro con la speranza di unità di intenti per un recuperato senso di partecipata responsabilità e per favorire l'apporto creativo e credibile dei cristiani.



(©L'Osservatore Romano 13 luglio 2011)


Partirà in Quaresima 2012 la “Missione Metropoli” per la Nuova Evangelizzazione

2011-07-12 Radio Vaticana

Si chiamerà “Missione Metropoli” la nuova iniziativa pastorale per la nuova evangelizzazione che coinvolgerà contemporaneamente nella Quaresima del 2012, alcune delle maggiori città europee. E’ quanto è emerso dalla riunione promossa dal presidente del Pontifico Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione mons. Rino Fisichella, che ha convocato ieri in Vaticano, nella sede del nuovo dicastero, cardinali e vescovi di Barcellona, Esztergom-Budapest, Mechelen-Bruxelles, Dublino,Colonia, Lisbona, Liverpool, Parigi, Torino, Varsavia e Vienna. Al microfono di Roberto Piermarini mons. Fisichella spiega qual è stato il motivo della riunione

R. – Il motivo è molto semplice: è una delle iniziative che il Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione pone in essere nei prossimi mesi. L’abbiamo chiamata “Missione metropoli”, perché sono stati con noi diversi cardinali e vescovi di città europee - per il momento solo grandi città europee – per concordare insieme, in che modo dare una risposta alla nuova evangelizzazione, nella situazione di crisi in cui si trova l’Europa. Non dimentichiamo che ci sono stati due Sinodi riguardanti l’Europa - uno nel ’91 e uno nel ’99 - e non dimentichiamo che nel 2003 il Beato Giovanni Paolo II ha scritto “Ecclesia in Europa”, e questo si pone sulla stessa scia, sulla stessa onda.

D. – Eccellenza, che cosa è emerso da questo incontro?

R. – E’ molto interessante, perché l’iniziativa si articolerà due momenti: impegni nella pastorale ordinaria, soprattutto impegni dedicati alla formazione, e, dall’altra parte, nella Quaresima del 2012, ci saranno queste undici grandi città in Europa che, contemporaneamente, svilupperanno le stesse iniziative. Credo che questa sia l’originalità: un segno che sia comune e che sia contemporaneo. In una parola: è una prima risposta a quanto il Papa chiedeva proprio alla nostra prima riunione della Plenaria, e cioè superare la frammentarietà e dare segni di unità.

D. – Quale contributo ha dato questo incontro, in vista anche del prossimo Sinodo del 2012, proprio sul tema della nuova evangelizzazione?

R. – E’ emersa evidentemente questa preoccupazione del prossimo Sinodo. Questa iniziativa di “Missione metropoli” vorrà essere un segno concreto che grandi città, grandi diocesi d’Europa porranno al Sinodo dei vescovi come un progetto già comune che potrà essere anche condiviso.(ap)


Caterina63
00sabato 16 luglio 2011 17:41
l metodo della nuova evangelizzazione indicato da Benedetto XVI

Se la felicità ha il nome di Gesù


di FRANCESCO VENTORINO

Mostrare che la felicità desiderata dal cuore umano ha un solo nome, quello di Gesù. Ecco il metodo della nuova evangelizzazione che il Papa ha suggerito il 13 giugno scorso, inaugurando il convegno ecclesiale della diocesi di Roma. Ha voluto riferirsi, per questo, a uno dei padri della Chiesa, sant'Ilario di Poitiers. Secondo la sua stessa testimonianza, Ilario divenne credente nel momento in cui comprese che per una vita veramente felice erano insufficienti sia il possesso, sia il tranquillo godimento delle cose. Qualcosa di più importante e prezioso lo attraeva: la conoscenza della verità e la pienezza dell'amore donati da Cristo (cfr. De Trinitate 1, 2). "Non dobbiamo anche noi oggi - si è chiesto pertanto Benedetto XVI - mostrare la bellezza e la ragionevolezza della fede, portare la luce di Dio all'uomo del nostro tempo, con coraggio, con convinzione, con gioia?".

Mostrare la "ragionevolezza della fede". Ecco uno dei temi ricorrenti nel magistero di Joseph Ratzinger, il quale già nel 2003 aveva annotato con coraggio: "Deve addirittura apparire un miracolo che nonostante tutto si continui a credere cristianamente". Al tempo stesso, egli si rendeva conto che la fede aveva ancora una possibilità di successo ai nostri giorni. Come mai? Per l'intima ragionevolezza della verità cristiana, cioè per la sua corrispondenza al cuore dell'uomo: "Nell'uomo vi è un'inestinguibile aspirazione nostalgica verso l'infinito. Nessuna delle risposte che si sono cercate è sufficiente; solo il Dio che si è reso finito, per lacerare la nostra finitezza e condurla nell'ampiezza della sua infinità, è in grado di venire incontro alle domande del nostro essere" (Joseph Ratzinger, Fede, verità e tolleranza. Il cristianesimo e le religioni del mondo, Cantagalli, Siena 2003, p. 143).

Mostrare la ragionevolezza della verità della fede, e non soltanto dell'atto del credere, è un'arte alla quale siamo stati poco adusati. Secondo un certo metodo apologetico, le ragioni per aderire alla rivelazione cristiana sono fondate soprattutto sull'argomento dell'autorità divina che rivela e non sulla corrispondenza alla ragione della verità rivelata. Si tende, così, in forza di una sottolineatura eccessiva del suo carattere soprannaturale, a concepire tale verità come priva di qualsiasi forma di evidenza di fronte alla ragione dell'uomo; per lo meno, non è questa evidenza che innanzitutto viene cercata. In una simile prospettiva, infatti, tutte le energie della ragione sono convogliate nell'accertamento fattuale della rivelazione di Dio. Agli argomenti desunti dalla corrispondenza della religione cattolica alle aspirazioni del cuore umano non si accorda un valore apodittico, semmai di conferma.

E così può accadere - ha detto il Papa al convegno della diocesi di Roma citando anche Giovanni Paolo II e la sua insistenza sulla necessità di una nuova evangelizzazione - che tanti, "pur avendo già sentito parlare della fede, non apprezzano, non conoscono più la bellezza del Cristianesimo, anzi, talvolta lo ritengono addirittura un ostacolo per raggiungere la felicità". Si consuma una scissione tra la verità cristiana e la soddisfazione del cuore, come se la felicità potesse risiedere altrove, in qualcosa che l'uomo è in grado di darsi da sé. Da qui gli idoli con i quali essa è stata sostituita: la lussuria, l'avarizia e il potere, i nuovi dei di cui parlava Thomas S. Eliot nei Cori della Rocca. L'itinerario alla fede proposto da Benedetto XVI si radica invece su una più antica tradizione ecclesiale. Secondo il pensiero di Agostino e di Tommaso d'Aquino, infatti, l'uomo è "fatto per Dio" e pertanto reca in sé questa paradossale situazione storica, per la quale è destinato dalla sua natura a conseguire un fine, la vita eterna, che non può raggiungere con le proprie forze, ma solo in virtù della grazia (cfr. Summa Theologiae, I-II, 114, 2, ad 1). È per questo che l'incontro con Cristo e la fede che ne consegue sono l'inizio della felicità eterna (cfr. De Veritate, I, 14, 2, c).

Ecco la ragione dell'accorata insistenza del magistero di Benedetto XVI: "Perciò oggi desidero ripetere quanto dissi ai giovani nella Giornata Mondiale della Gioventù a Colonia: "La felicità che cercate, la felicità che avete diritto di gustare ha un nome, un volto: quello di Gesù di Nazareth, nascosto nell'Eucaristia"!". Non esiste, infatti, evangelizzazione compiuta, se non quella che termina nel riconoscimento di Cristo, avvertito come la risposta a tutte le domande del nostro cuore e alle esigenze più profonde della nostra ragione.



(©L'Osservatore Romano 17 luglio 2011)


Caterina63
00giovedì 25 agosto 2011 21:18
Riuniti fino a domenica a Castel Gandolfo

La nuova evangelizzazione
nell'incontro
degli ex allievi del Papa


 

Il tema della nuova evangelizzazione fa da sfondo al tradizionale seminario estivo degli ex allievi di Benedetto XVI - riuniti nel cosiddetto Ratzinger Schülerkreis - apertosi stamane, giovedì 25 agosto, a Castel Gandolfo.

All'incontro, che si tiene fino a domenica 28 nel centro congressi Mariapoli, partecipano una quarantina di persone provenienti da diversi Paesi. Tra loro il cardinale arcivescovo di Vienna, Christoph Schönborn, il vescovo ausiliare di Amburgo, Hans-Jochen Jaschke, il segretario del Pontificio Consiglio della Cultura, monsignor Barthélémy Adoukonou, docenti, parroci, religiosi, religiose e laici: tutti ex allievi del professor Joseph Ratzinger, che hanno discusso le loro tesi con lui negli anni in cui era docente in Germania. Quest'anno sono due i relatori che interverranno durante i lavori della mattina e del pomeriggio di sabato 27: Hanna-Barbara Gerl-Falkovitz, docente di filosofia della religione all'università di Dresda, che approfondirà il tema In Athen von Jerusalem sprechen. Gott rede in einer widerständigen Welt ("Parlare ad Atene di Gerusalemme. Parole di Dio in un mondo che resiste"), e Otto Neubauer, direttore dell'Accademia per l'Evangelizzazione della Comunità Emmanuel a Vienna, che parlerà su Eine immer neue Evangelisation - wo die Armut zur Brücke zu den Menschen wird ("Una evangelizzazione sempre nuova - dove la povertà diventa un ponte verso gli uomini"). Alla sessione di sabato sarà presente Benedetto XVI, che terrà una breve relazione introduttiva.

Dalla giornata di venerdì 26 si uniranno ai partecipanti anche i membri del "nuovo" Schülerkreis, il circolo - costituitosi quattro anni fa - composto da studenti che hanno svolto la tesi di laurea su testi di Joseph Ratzinger, i quali parteciperanno anche alla messa e all'Angelus del Papa nella mattina di domenica 28. Nel pomeriggio, a conclusione dei lavori, avrà luogo una libera discussione fra "vecchi" e "nuovi" ex allievi sull'argomento oggetto del seminario di quest'anno.

Gli incontri, che come di consueto si svolgono a porte chiuse, sono curati sotto l'aspetto organizzativo dal religioso salvatoriano Stephan Horn, presidente della Joseph Ratzinger - Papst Benedict XVI. - Stiftung, la fondazione intitolata a Papa Ratzinger con sede a Monaco di Baviera. Approvata il 21 dicembre 2007 come fondazione civile, essa ha tra i suoi scopi la preparazione e l'organizzazione dell'incontro annuale, la promozione degli studi intrapresi da Ratzinger quando era docente, la diffusione del suo insegnamento teologico e della sua spiritualità, oltre che la pubblicazione dei libri di Benedetto XVI. Obiettivi che, nella sostanza, coincidono con quelli della omonima fondazione vaticana nata il 1° marzo 2010.

Il primo incontro di Ratzinger con i suoi dottorandi e i candidati alla libera docenza nel periodo in cui egli insegnava a Bonn, Münster, Tubinga e Ratisbona, ebbe luogo dopo la sua nomina ad arcivescovo di Monaco e Frisinga, avvenuta il 24 marzo 1977. Ben presto furono organizzate riunioni annuali alle quali il cardinale Ratzinger partecipò sempre. Questa tradizione è proseguita anche dopo la sua elezione al soglio pontificio. L'appuntamento si ripete ogni anno su un tema particolare, che lo stesso Pontefice sceglie da una terna di proposte. Particolarmente significativa la scelta di quest'anno, anche in vista dell'incontro del Papa con i rappresentanti delle realtà ecclesiali impegnate nell'ambito della nuova evangelizzazione in Occidente - che si svolgerà il 15 e il 16 ottobre prossimi in Vaticano - e soprattutto nella prospettiva della tredicesima assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi su "La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana", in programma dal 7 al 28 ottobre 2012.

Il tema dell'incontro dello scorso anno è stato l'ermeneutica del concilio Vaticano II, alla quale il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, ha dedicato due interventi: il primo su "Il concilio Vaticano II tra tradizione e innovazione. L'ermeneutica della riforma tra l'ermeneutica di una continuità con rottura e di una continuità non storica"; il secondo su "Sacrosanctum concilium e la riforma postconciliare della liturgia". Due anni fa si era parlato della missione ad gentes, mentre l'incontro di tre anni fa era stato incentrato sulla questione della rispondenza del Gesù descritto dai Vangeli alla storicità della sua figura e sul racconto della Passione.



(©L'Osservatore Romano 26 agosto 2011)


Caterina63
00lunedì 3 ottobre 2011 13:15

[SM=g1740733] In cosa consiste la nuova evangelizzazione?


 

ROMA, sabato, 1 ottobre 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'intervento pronunciato il 30 settembre da Jean-Luc Moens, già coordinatore dell’esperienza delle missioni cittadine delle capitale europee, in occasione dell’Assemblea plenaria dei Presidenti delle Conferenze episcopali d’Europa, tenutasi per la prima volta in Albania, a Tirana.


* * *

0. Introduzione

Le risposte al questionario mandato dalla segreteria del CCEE sono di una grande ricchezza. Mostrano che la questione della Nuova Evangelizzazione costituisce una preoccupazione importante per tutte le Conferenze episcopali europee e per molti vescovi europei. Un lavoro molto importante è stato realizzato sotto varie forme, spesso portato avanti per molti anni, e ogni volta esplicitamente orientato alla nuova evangelizzazione:

- sinodi diocesani e riflessioni al livello delle conferenze episcopali;

- pubblicazione di documenti: quasi ogni paese ha pubblicato uno o, talvolta, più documenti connessi a questo tema;

- in molti casi, inoltre, ci sono state numerose realizzazioni pratiche.

Allo stesso tempo, le risposte manifestano una grande diversità, a seconda – e la cosa non deve stupirci - del contesto particolare di ogni paese e di ogni cultura:

- ci sono paesi caratterizzati da una forte secolarizzazione;

- ci sono paesi che hanno conosciuto dei regimi totalitari;

- ci sono dei paesi che sono in fase di ricupero da una guerra recente;

- ci sono anche paesi in cui la fede cattolica è minoritaria rispetto ad altre Chiese o ad altre religioni;

- ecc.

Tuttavia, malgrado tutte queste differenze, osserviamo una convergenza di fondo sulla necessità della nuova evangelizzazione in Europa dal Nord al Sud, dall'Est all'Ovest.

1. Nuova evangelizzazione: in cosa consiste…

Tutte le risposte concordano nell’affermare che la nuova evangelizzazione è semplicemente l'attualizzazione nei nostri paesi, in questo momento, della vocazione missionaria della Chiesa che fa parte della sua stessa natura: “Evangelizzare, infatti, è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare"…(Evangelii nuntiandi 14).

Nel questionario, una delle conferenze episcopali riassume bene questa convinzione: “L'evangelizzazione è la manifestazione della vita e della vitalità della Chiesa. Questa è diventata se stessa quando, spinta dallo spirito Santo nel giorno della Pentecoste, è uscita dal Cenacolo. Per questa ragione, l'evangelizzazione non deve essere compresa come una delle attività pastorali della Chiesa ma come la manifestazione della sua stessa natura e della sua missione, segno della presenza dello Spirito Santo che la anima e la guida”.

Per molti, la nuova evangelizzazione consiste in primo luogo nell’andare verso le persone che si sono allontanate dalla Chiesa e dalla fede, verso i battezzati che hanno perso la loro identità cristiana. Si tratta anche di aiutare i cristiani che hanno ricevuto i sacramenti1 a diventare dei cristiani evangelizzati, vale a dire ad avere una relazione personale con Cristo. Questa relazione personale con Cristo è sottolineata da molti: è lo scopo di ogni evangelizzazione e, allo stesso tempo, questo incontro con Gesù come persona è la condizione per diventare evangelizzatori. Ecco perché ci viene chiesto di non separare in nessun caso la nuova evangelizzazione dall'evento di Cristo stesso: essere cristiani, è innanzitutto un incontro con una persona. Per questa ragione, la nuova evangelizzazione non potrà mai essere riassunta semplicemente in un programma o in alcuni orientamenti pastorali.

La nuova evangelizzazione in Europa non può neanche limitarsi ad una “pastorale di recupero": ricuperare quelli che si sono allontanati dalla fede ricevuta nel battesimo. Molti sottolineano, per esempio, che l'immigrazione di popolazioni non cristiane nel loro paese costituisce una sfida per la nuova evangelizzazione. Alcuni parlano anche di missio ad gentes nel loro stesso paese. Prima, la missio ad gentes consisteva nell’andare verso le popolazioni non cristiane lontane. Oggi, queste stesse popolazioni sono presenti nei nostri paesi. Anch’esse sono un obiettivo della nuova evangelizzazione.

Un'altra preoccupazione che riguarda la nuova evangelizzazione è dover affrontare il cambiamento della società, la nuova cultura che emerge, la secolarizzazione crescente in cui la religione, il cristianesimo non ha più posto. Alcuni osservano una sorta di “disboscamento della memoria cristiana” e la necessità di passare da una Chiesa cosiddetta di cultura cristiana ad una Chiesa di tipo missionario. Altri trovano che la Chiesa oggi sia in una situazione simile a quella degli Atti di Apostoli, immersa in una cultura straniera. In questo contesto, la nuova evangelizzazione può prendere per modello la Chiesa primitiva, dove l'annuncio della Buona Novella faceva affidamento su piccole comunità che vivevano e celebravano la loro fede. Da notare in particolare che, in molti paesi, viene sottolineato l'impatto evangelizzatore dei movimenti internazionali o locali, delle nuove comunità, così come quello della testimonianza di vita dei cristiani e della carità vissuta nei confronti dei poveri.

Talvolta, l'evangelizzazione della cultura passa dalla riscoperta e dalla proposta del principio di comunione e del bene comune, per esempio, per lottare contro la riduzione della religione alla sfera privata.

È stato fatto notare anche che la nuova evangelizzazione chiede una radicale conversione pastorale ed esistenziale. Occorrono nuove forme di annuncio di Cristo che si rivolgano alle persone in un linguaggio comprensibile. Affinché ci sia una nuova evangelizzazione, occorre un nuovo slancio, un nuovo zelo missionario.

Cito un passaggio della Conferenza episcopale scozzese: “La nuova evangelizzazione non consiste nel rifare qualcosa che non era stato fatto bene nel passato o nel rappresentare semplicemente il Vangelo come è stato rappresentato nel passato. Consiste piuttosto nel coraggio di forgiare delle strade nuove per rispondere alle circostanze che affronta la Chiesa oggi. Si tratta innanzitutto di un'attività spirituale capace di ridare al nostro tempo il coraggio e la forza dei primi cristiani e dei primi missionari per compiere il comandamento missionario del Signore.

È forse la mancanza di fiducia il nostro problema maggiore. La buona volontà ed il potenziale non mancano, ma occorre ancora uno scatto affinché i cattolici, aumentando progressivamente la loro fiducia, siano capaci di affermare la loro identità”.

Conclusione del primo punto

Dall'insieme delle risposte al questionario, appare un vero bisogno di chiarimento che si basa, a mio avviso, sull'aggettivo "nuovo" contenuto nell'espressione “nuova evangelizzazione”.

Si constata, infatti, che la nuova evangelizzazione non è così nuova quanto si potrebbe pensare. Molti paesi dicono che hanno cominciato più di 20 anni fa, o addirittura prima.

Il documento della Conferenza episcopale tedesca, per esempio, parla sistematicamente di “(nuova) evangelizzazione", il che sottintende chiaramente che non c'è semplicemente differenza tra nuova evangelizzazione ed evangelizzazione tout court

Un paese uscito dal comunismo dice: “Si considera come nuovo tutto ciò che è arrivato nel campo dell'evangelizzazione dopo il dicembre 1989. Si sono conservate le modalità tradizionali dell’evangelizzazione, ma con un ardore e dei metodi rinnovati.”

La Conferenza episcopale portoghese osserva con buon senso dell’umorismo: “È una contraddizione fare una vecchia evangelizzazione!”

D’altro lato, alcuni dicono anche che esiste il pericolo di chiamare troppo precipitosamente “nuova evangelizzazione” certe attività realizzate nell'emergenza.

La Conferenza episcopale slovena riassume l'opinione generale che chiede al Santo Padre ed al prossimo Sinodo di fissare una definizione adeguata ed utilizzabile della “nuova evangelizzazione”.

Personalmente, mi sembra che quando Giovanni Paolo II ha lanciato il concetto di “nuova evangelizzazione” a Nowa Huta, in Polonia, il 9 giugno 1979, guardava non tanto la novità quanto piuttosto il rinnovamento dell'evangelizzazione. Desiderava attirare l'attenzione di tutti i cattolici sul fatto che, nei paesi cosiddetti evangelizzati, l'evangelizzazione risultava ancora necessaria. Oggi, 32 anni dopo l’appello di Nowa Huta, si potrebbe parlare forse di evangelizzazione continua piuttosto che di nuova evangelizzazione.

2. Sfide e difficoltà per la nuova evangelizzazione

Le sfide e le difficoltà non mancano. L'elenco redatto dalle conferenze episcopali è lungo. Ci sono molti punti comuni e alcune particolarità, legate alle situazioni dei singoli paesi.

Potremmo classificare tutte queste sfide in due categorie:

2.1. Le sfide legate alla società in generale

La sfida generale, sottolineata in un modo o nell'altro da tutti, è quella di una cultura e di una società in cui crescono la secolarizzazione2, l'edonismo, l'individualismo, il consumismo, il materialismo, e l'ateismo - l'eclissi di Dio di cui parla Benedetto XVI - che colpisce anche i cattolici che, in una certa percentuale, vivono in un ateismo pratico. Alcuni sottolineano che bisogna analizzare questa cultura, dialogare con essa, per comprendere come possiamo proporle la fede, ma anche noi, come cristiani, impegnarci in campo sociale, economico, politico. Altri insistono sulla necessità, nel dialogo con la cultura, di una maturazione dell'intelligenza e del cuore che si distingue per una fede amica della ragione ed una vita sotto il segno dell'amore reciproco e dell'attenzione ai poveri e ai sofferenti. Si tratta di vivere l'unità tra verità e amore. È da qui che potrebbe sgorgare un linguaggio nuovo, adattato alle attese dell'uomo del nostro tempo.

Un secondo gruppo di sfide ruota intorno alla vita. L'uomo di oggi cerca anche il senso della sua vita. Allo stesso tempo, c'è come una perdita di speranza; è il regno di una cultura di morte. Molti parlano della denatalità, delle conseguenze dell'aborto, della perdita dei riferimenti morali che sconvolgono le famiglie, il matrimonio. Tutto ciò conduce ad una mancanza di speranza e di fiducia, al crollo della vita di famiglia. È quella che si potrebbe chiamare una “crisi della fiducia nella vita".

In questo contesto, parecchi sottolineano l'importanza di rinnovare il linguaggio della Chiesa sull'amore coniugale e la sessualità. Ora questo rinnovamento esiste con la teologia del corpo di Giovanni Paolo II. Far conoscere meglio questa teologia aprirebbe probabilmente delle piste pastorali nuove. Mi sento personalmente interpellato dal successo che questa teologia incontra negli Stati Uniti e in Australia fra i giovani.

Un terzo gruppo riguarda tutti i problemi legati all'emigrazione o all'immigrazione.

Alcuni paesi vedono la loro popolazione partire alla ricerca di lavoro e di migliori condizioni di vita. Questa emigrazione mette in pericolo le coppie e le famiglie, taglia i giovani dalle loro radici e dalla fede, svuota le parrocchie dalla presenza dei giovani.

Altri paesi si trovano ad affrontare un forte afflusso di immigrati. In certi casi, come in Grecia, si tratta di profughi cattolici, il che ha fatto passare il numero dei cattolici da 50.000 a 350.000, con tutti i problemi che si possono immaginare. Ma c'è anche l'afflusso degli immigrati di altre religioni che, in molti paesi, costituiscono una sfida per la nuova evangelizzazione.

Da notare anche che parecchi paesi segnalano l'esodo rurale e l'urbanizzazione galoppante come vere e proprie sfide missionarie.

La quarta sfida concerne il relegamento della religione alla sfera privata, avente per conseguenza la limitazione, in certi paesi, della libertà religiosa, il che può condurre a rendere molto più difficile ogni forma di evangelizzazione.

L'ultima sfida legata alla società in generale è segnalata da quasi tutte le delegazioni: spesso i media danno una falsa immagine della Chiesa, ma anche la rivoluzione culturale legata ad Internet e alle reti sociali costituisce un'opportunità per la nuova evangelizzazione.

2.2. Le sfide legate alla Chiesa stessa

La prima sfida interna alla Chiesa, più evidente, è la creazione di una vera e propria “pastorale missionaria” per aiutare i fedeli a sfruttare questi tempi difficili come un'opportunità di approfondire la loro fede, di sentirsi responsabili dell'annuncio del Vangelo. Si tratta di suscitare un nuovo dinamismo missionario in tutti i cattolici. Il compito sembra difficile quando si osserva, come si può vedere nelle risposte al questionario, che, tra i cattolici, la fede diminuisce: credono meno in Dio, nell'esistenza dell'anima, nella vita dopo la morte, in Gesù Cristo come salvatore. La loro vita di preghiera è molto debole. Gli stessi credenti possono essere un ostacolo all'annuncio quando la loro vita risulta in contraddizione con la fede. Anche la mancanza di vocazioni e di laici formati all'evangelizzazione rappresenta un handicap in questo campo.

Questa sfida della missione non può trovare nell'attivismo una risposta efficace: è la frequentazione di Cristo in seno alla comunità la sorgente della vita missionaria autentica. La nuova evangelizzazione è dunque innanzitutto uno stato d'animo, un modo coraggioso di agire sapendo leggere i segni dei tempi ed interpretare questa situazione nuova nella storia umana.

La seconda sfida riguarda i mezzi da utilizzare. Per esempio, i luoghi abituali di proposta della fede sono sempre meno frequentati. Una vera conversione è necessaria affinché le parrocchie diventino dei luoghi missionari. Occorre cercare anche altri luoghi di visibilità. Bisogna dare qualche cosa da vedere a coloro ai quali diciamo: 'Venite e vedete'. I giovani cercano una domenica che sia un 'avvenimento cristiano'. Si spostano per incontrarsi là dove c'è da vivere e da festeggiare, come per le GMG. Questo perché molti insistono sul fatto che l'annuncio non può essere separato dalla proposta di comunità di vita che sono dei “biotopi della fede” o dei “luoghi comunicativi della fede". Alcuni ricordano l'opportunità missionaria costituita dalla pietà popolare e dai luoghi di pellegrinaggio: ci sono alcune cose da purificare, ma sono una grande risorsa per resistere alla secolarizzazione.

La terza sfida consiste nel rinnovare la catechesi e la pastorale dei sacramenti per farne dei veri luoghi di evangelizzazione. Molti sottolineano la debolezza della catechesi. La Conferenza episcopale italiana propone un suggerimento interessante in questo campo: “La nuova evangelizzazione deve partire dai temi più importanti dell'annuncio cristiano: Dio, Cristo, lo Spirito Santo, la grazia e il peccato, i sacramenti e la Chiesa, la morte e la vita eterna. Un'evangelizzazione che non aiutasse l'intelligenza ad orientarsi su questi temi non aiuterebbe le nuove generazioni a comprendere il valore e la dignità della fede cristiana. È probabilmente la debolezza della ‘pastorale dell'intelligenza’ che spiega il fatto che tanti giovani lascino la Chiesa alla fine del loro percorso di formazione catechetica”. Abbiamo bisogno di un rinnovamento dell'apologetica per annunciare la nostra fede.

La quarta sfida riguarda l'immagine che la Chiesa dà di se stessa e che ha subito un forte contraccolpo, per esempio, dagli scandali della pedofilia. La Chiesa di oggi ha bisogno della testimonianza di santi.

Molti sottolineano l'impatto positivo delle visite del Santo Padre nel loro paese, così come quello delle GMG per i giovani.

Infine, una quinta sfida è rappresentata dall’ecumenismo nell'evangelizzazione, citato in particolare dalle conferenze episcopali dei paesi a maggioranza ortodossa.

3. I protagonisti della nuova evangelizzazione

Tutti concordano nel dire che ogni discepolo di Gesù deve considerarsi responsabile della proclamazione del messaggio evangelico in funzione delle sue possibilità e dei suoi doni. Questa proclamazione è in primis responsabilità del vescovo. I parroci e l'insieme dei responsabili della pastorale devono far proprio questo dinamismo missionario, ma sembra che, malgrado gli sforzi effettuati, ciò non sempre corrisponda alla situazione reale.

Tre protagonisti, inoltre, sono citati regolarmente:

- le famiglie dovrebbero essere il primo luogo missionario dove si riceve la fede col latte materno. “La crisi della fede nel nostro continente non è in primo luogo da attribuire al secolarismo, ma al fatto che la trasmissione della fede si è interrotta nelle nostre famiglie”;

- le scuole cattoliche3: la coniugazione della nuova evangelizzazione con l'istanza educativa è fonte di speranza, è l'inizio di un nuovo percorso, sorgente di nuovi dinamismi pastorali, spesso vittime di frammentazioni eccessive;

- i movimenti e le comunità: vengono citati – in ordine sparso – i corsi Alfa, i Cursillos, il Rinnovamento Carismatico, Marriage Encounter, la Comunità dell'Emanuele, les Frères de St Jean, i Focolari, il cammino neocatecumenale, Comunione e Liberazione, Taizé e la Comunità di Sant'Egidio… oltre ad un certo numero di movimenti locali. Allo stesso tempo, alcuni sottolineano il pericolo che i movimenti e le nuove comunità si richiudano su se stessi e non inducano al cambiamento né le parrocchie né la società.

4. La nuova evangelizzazione è conosciuta ed accettata? Come aiutare i fedeli a scoprirla e a viverla?

La risposta a questa domanda assume contorni diversi secondo i paesi: in certi paesi, la nozione di nuova evangelizzazione è ben conosciuta, in altri meno. In generale, sono piuttosto i cristiani impegnati che sono coscienti del loro dovere missionario e lo vivono, mentre molti cattolici continuano a pensare che evangelizzare sia un affare dei preti, delle suore e di alcuni laici più impegnati nella vita ecclesiale.

È sorprendente constatare che, in molti paesi, sono proprio i giovani quelli più entusiasti per lanciarsi nell'evangelizzazione. Ecco qui un'opportunità da cogliere al volo. I giovani non hanno paura, hanno il desiderio di impegnarsi, ma la difficoltà è spesso come integrarli nelle parrocchie.

In molti casi, i fedeli sono piuttosto scoraggiati. La mancanza di fede va di pari passo con una mancanza di speranza. I parrocchiani si preoccupano nel vedere la loro parrocchia che tende a chiudersi ma, allo stesso tempo, non comprendono l'importanza di una nuova evangelizzazione. In modo sorprendente, non sembrano vedere il legame tra le due cose.

Per risvegliare lo zelo missionario, molti insistono sulla relazione personale con Cristo. Si suggerisce anche di offrire una formazione missionaria nei seminari e nelle facoltà di teologia.

Molti, infine, ritengono che l'assenza di una definizione chiara di ciò che è la nuova evangelizzazione costituisca un freno al suo stesso sviluppo.

5. I destinatari della nuova evangelizzazione

Le conseguenze dell'assenza di definizione del concetto di nuova evangelizzazione sono particolarmente visibili quando si tratta di determinare il 'pubblico target'. Chiaramente, per molti, la Nuova Evangelizzazione comincia in primo luogo dai credenti stessi, che devono “diventare adulti nella fede”, e da coloro che si sono allontanati in un modo o in un altro dalla Chiesa. Si rivolge anche a coloro che non hanno accolto sufficientemente la Parola al punto da trasformare la loro vita personale, familiare e sociale di cristiani. Si potrebbe parlare, dunque, di un'evangelizzazione dei battezzati.

Molto numerosi sono quelli che allargano il 'pubblico target' ben al di là del campo dei battezzati. Alcune citazioni: “Tutti i gruppi sono dei bersagli della nuova evangelizzazione”. “Tutta la nazione deve essere evangelizzata, dal vertice (dirigenti) ai più poveri”. “Per quanto riguarda quelli che si definiscono non cristiani: la missio ad gentes è sempre attuale!” “Tutti sono destinatari della (nuova) evangelizzazione”. La parola "cattolico" fa riferimento a questa universalità”. “Se giudichiamo in base ai catecumeni adulti ed a coloro che ricominciano, tutte le categorie della popolazione sono oggetto della nuova evangelizzazione”. “Tutti, perché Cristo è venuto per tutti”4. Si sente il bisogno di aprirsi al Cortile dei Gentili.

Tre categorie sembrano tuttavia prioritarie:

- Le famiglie: sono il cuore dell'evangelizzazione. Nel quotidiano e nella semplicità, trasmettono i valori del Vangelo. Sono una fonte essenziale di credibilità della Chiesa e di speranza per il mondo. Un'attenzione speciale viene chiesta per le giovani coppie e le famiglie giovani.

- I giovani: adolescenti nelle scuole, studenti, giovani professionisti che cercano il senso della loro vita e possono diventare gli attori dinamici della nuova evangelizzazione.

- I media: in molti casi sono difficili di primo acchito, ed anche quando ci sono delle persone di buona volontà che vi lavorano, sono percepiti spesso come anti-ecclesiali, contribuendo a creare una nuova immagine del mondo e dell'uomo che non favorisce l'evangelizzazione.

Molte conferenze episcopali sottolineano anche l'importanza di evangelizzare il mondo politico.

6. L'apporto del CCEE

Gli scambi di esperienze sono importanti, nella misura in cui le particolarità di ogni paese vengono rispettate. Questi scambi possono ravvivare la speranza, costituire un sostegno reciproco e contribuire a far avanzare la riflessione generale. La collaborazione tra paesi rinforza e rende più efficace la nuova evangelizzazione. Uno dei ruoli del CCEE consisterebbe nel costituire delle piattaforme per facilitare questi scambi, e lo fa già, per esempio al livello dei responsabili della catechesi.

7. Conclusione

Come vedete attraverso questo riassunto, le risposte al questionario sono di una grande ricchezza. Inoltre, ho dovuto compiere delle scelte tra tutto ciò che era stato detto, considerando il tempo che mi era stato assegnato.

Per concludere, vorrei servirmi di un'osservazione della Conferenza episcopale della Bosnia-Erzegovina che afferma che la nuova evangelizzazione passerà da “un'apertura nuova allo Spirito Santo che vivifichi la vita spirituale dei fedeli perché siano testimoni nel mondo".

Questo punto mi sembra essenziale. L'avvenimento che trasforma un cristiano "normale" in un cristiano missionario è l'esperienza dello spirito Santo che conduce all'incontro personale con Cristo.

La nostra Chiesa ha già vissuto la Pentecoste, e vive dello Spirito Santo da 2000 anni. Giovanni XXIII ne aveva chiesto il rinnovamento prima del Concilio quando pregava:

Oh Spirito Santo, inviato dal Padre nel nome di Gesù,

chi assisti la Chiesa con la tua presenza

e la dirigi infallibilmente,

degnati, ti preghiamo,

di spargere la pienezza dei tuoi doni sul Concilio ecumenico.

Rinnova le tue meraviglie nella nostra epoca come una nuova Pentecoste”.

(Preghiera proposta da Giovanni XXIII per la preparazione del Concilio, 1961).

Mi sembra che ci troviamo un po’ come nella situazione degli apostoli agli inizi della loro missione. Avevano appena ricevuto lo Spirito Santo a Pentecoste (At 2). C’erano stati dei segni molto forti dell'intervento di Dio nel loro apostolato. Poi arrivano la persecuzione, le avversità. Allora rivolgono di nuovo al Signore una grande preghiera comune. Siamo solamente due capitoli dopo la Pentecoste: At 4, 24-31:

All'udire ciò [le minacce del sommo sacerdote e del sinedrio], tutti insieme levarono la loro voce a Dio dicendo: "Signore, tu che hai creato il cielo, la terra, il mare e tutto ciò che è in essi, tu che per mezzo dello Spirito Santo dicesti per bocca del nostro padre, il tuo servo Davide: Perché si agitarono le genti e i popoli tramarono cose vane? Si sollevarono i re della terra e i principi si radunarono insieme, contro il Signore e contro il suo Cristo; davvero in questa città si radunarono insieme contro il tuo santo servo Gesù, che hai unto come Cristo, Erode e Ponzio Pilato con le genti e i popoli d'Israele, per compiere ciò che la tua mano e la tua volontà avevano preordinato che avvenisse. Ed ora, Signore, volgi lo sguardo alle loro minacce e concedi ai tuoi servi di annunziare con tutta franchezza la tua parola. Stendi la mano perché si compiano guarigioni, miracoli e prodigi nel nome del tuo santo servo Gesù".

Il Signore risponde immediatamente alla preghiera degli apostoli:

Quand'ebbero terminato la preghiera, il luogo in cui erano radunati tremò e tutti furono pieni di Spirito Santo e annunziavano la parola di Dio con franchezza.

Questo testo ci dà una chiave per vivere l'evangelizzazione nei contesti difficili, che sono sempre stati quelli in cui la Chiesa ha dovuto ubbidire al suo Signore. Questa chiave è lo Spirito Santo. È la gioventù della Chiesa. È sempre nuovo. È il maestro dell'evangelizzazione.

Per vivere la nuova evangelizzazione, chiediamo lo Spirito Santo! Come il beato Giovanni XXIII, chiediamo una nuova Pentecoste per la Chiesa d'Europa.

Non ci sarà alcuna nuova evangelizzazione senza una nuova Pentecoste!




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1) Vanno cinque volte in chiesa nella loro vita: per il battesimo, per la loro prima comunione, per la cresima, per il loro matrimonio e per il loro funerale. C’è anche il problema dei giovani che lasciano la Chiesa subito dopo aver ricevuto la cresima.

2) In alcuni casi si potrebbe persino parlare di un processo di ritorno al paganesimo che assume forme molto diverse: dal ricorso all’astrologia che viene banalizzata nei media fino alla dipendenza dal gioco o dall’alcol.

3) Spesso rappresentano il primo luogo di formazione e di evangelizzazione, perché i genitori sono in difficoltà!

4) Un paese a forte presenza musulmana.

 

Caterina63
00giovedì 6 ottobre 2011 20:13

Incontro del Card. Piacenza a Los Angeles con i sacerdoti di lingua spagnola


 

LOS ANGELES, mercoledì, 5 ottobre 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'intervento pronunciato il 4 ottobre a Los Angeles dal Cardinale Mauro Piacenza, Prefetto della Congregazione per il Clero, sulla ricezione dell’Esortazione apostolica postsinodale “Verbum Domini” di Benedetto XVI.


2. Dimensione pneumatica ed ecclesiale della Parola di Dio

Come cattolici, inoltre, ben sappiamo come la Rivelazione non consista, unicamente, di quanto è materialmente contenuto nelle Sacre Scritture, ma sia l’insieme inscindibile di Sacra Scrittura e di ininterrotta Tradizione Ecclesiale, autorevolmente interpretate dal Magistero.

Non è mai lecito separare la Scrittura dalla Tradizione; né è mai lecito separarle dall’interpretazione che di esse ha dato e dà il Magistero della Chiesa. Separazioni di tale genere comportano sempre gravissime conseguenze spirituali e pastorali.

Una Scrittura senza Tradizione sarebbe un libro storico ela storia ci parla del pensiero degli altri, mentre la Teologia vuole parlare di Dio! (cf A. Schökel, Salvezza e liberazione: l’Esodo, 1997, EDB, p. 10).

Allo stesso modo, una Tradizione slegata dal costitutivo rapporto con la Sacra Scrittura, rischierebbe di abbracciare, al proprio interno, elementi spuri o illegittimi.

È sempre utile ricordare, poi, come gli stessi testi del Nuovo Testamento siano nati all’interno della Tradizione ecclesiale e come, almeno nei primi decenni dell’Era cristiana, la Chiesa abbia vissuto dell’Eucaristia, della preghiera, della memoria viva dell’Evento di Cristo e della guida degli Apostoli.

Per conseguenza, il trittico Scrittura-Tradizione-Magistero in realtà, dal punto di vista strettamente storico, dovrebbe configurarsi come: Tradizione, intesa come luogo in cui la Scrittura nasce, Scrittura e Tradizione legata alla Scrittura; tutto, autorevolmente interpretato dal Magistero, cioè dailegittimi Successori degli Apostoli.

Quanto sin qui detto, appartiene al comune patrimonio della Chiesa ed è autorevolmente insegnato nella Costituzione Dogmatica Dei Verbum del Concilio Ecumenico Vaticano II. Se altre interpretazioni, da parte di taluni, ci sono state in questi decenni, esse non sono fedeli alla giusta interpretazione del Concilio e, anche per questa ragione, i Padri, con il Pontefice, hanno dedicato un Sinodo alla Parola di Dio nella vita della Chiesa, per riconoscervi il giusto posto ed evitare prudentemente talune, non legittime unilateralità.

 

Caterina63
00lunedì 10 ottobre 2011 14:52

[SM=g1740733]  La nuova evangelizzazione in Europa


 

ROMA, sabato, 1 ottobre 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'intervento pronunciato il 30 settembre da mons. Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, in occasione dell’Assemblea plenaria dei Presidenti delle Conferenze episcopali d’Europa, tenutasi per la prima volta in Albania, a Tirana.


* * *

Conosciamo ormai le analisi sul momento storico presente, sulle difficoltà che le nostre Chiese possiedono e la crisi del momento presente. Non si può dimenticare che sono stati dedicati due Sinodi sull’Europa; il primo venti anni fa, nel 1991; il secondo nel 1999 da cui è scaturito Ecclesia in Europa nel 2003. Quanto là è stato discusso e scritto non può cadere nell’oblio. E’ vero, sono passati ormai decenni; eppure in quelle pagine si trovano indicazioni per noi preziose; prima fra tutte là dove si dice: “Che è andata sempre più maturando la consapevolezza dell’unità che, senza rinnegare le differenze derivanti dalle vicende storiche, collega le varie parti dell’Europa” (n. 4); e ancora più direttamente: “Ovunque c'è bisogno di un rinnovato annuncio anche per chi è già battezzato. Tanti europei contemporanei pensano di sapere che cos'è il cristianesimo, ma non lo conoscono realmente. Spesso addirittura gli elementi e le stesse nozioni fondamentali della fede non sono più noti. Molti battezzati vivono come se Cristo non esistesse: si ripetono i gesti e i segni della fede, specialmente attraverso le pratiche di culto, ma ad essi non corrisponde una reale accoglienza del contenuto della fede e un'adesione alla persona di Gesù.

Alle grandi certezze della fede è subentrato in molti un sentimento religioso vago e poco impegnativo; si diffondono varie forme di agnosticismo e di ateismo pratico che concorrono ad aggravare il divario tra la fede e la vita; diversi si sono lasciati contagiare dallo spirito di un umanesimo immanentista che ne ha indebolito la fede, portandoli sovente purtroppo ad abbandonarla completamente; si assiste a una sorta di interpretazione secolaristica della fede cristiana che la erode ed alla quale si collega una profonda crisi della coscienza e della pratica morale cristiana. I grandi valori che hanno ampiamente ispirato la cultura europea sono stati separati dal Vangelo, perdendo così la loro anima più profonda e lasciando spazio a non poche deviazioni” (EiE 4).

E’ sufficiente rileggere i discorsi di Benedetto XVI, soprattutto nelle sue visite in Gran Bretagna, Portogallo e Germania per verificare quanto queste considerazioni siano vere e mantengano la loro attualità fino ai nostri giorni.

Sulla base di queste indicazioni, non si può dimenticare il contesto culturale con i tratti di secolarismo presenti e le sue conseguenze negative soprattutto per quanto riguarda la comprensione dell’esistenza personale. Siamo dinanzi a una situazione per molti versi paradossale; emerge il distacco dalla religione cristiana e sembra rinnovarsi il senso per una ricerca del sacro e del religioso; si afferma che la fede non può avere alcuna voce quando si parla di vita privata, pubblica o sociale, eppure riusciamo a riempire le città con le iniziative pubbliche. Resta, purtroppo, evidente che l’esistenza personale si costruisce ormai prescindendo dall’orizzonte di fede che è relegato a un ambito privato senza incidere nella vita delle relazioni interpersonali, sociali e civili.

Il nostro contemporaneo è fortemente caratterizzato dalla gelosia per la propria indipendenza personale.

Diventato allergico a ogni pensiero speculativo, si limita al semplice momento storico, all’attimo temporale, illudendosi che è vero solo ciò che è frutto della scienza e quindi anche lecito moralmente.

E’ precipitato in una sorta di empirismo pragmatico che lo porta ad apprezzare i fatti e non le idee. Senza alcuna resistenza cambia rapidamente il suo modo di pensare e di vivere, diventando un soggetto progressivamente più cinetico, sempre pronto cioè a sperimentare; desideroso di essere coinvolto in ogni gioco anche se più grande di lui, specialmente se lo rapisce in quel narcisismo non più neppure velato che lo illude sull’essenza della vita.

Insomma, siamo dinanzi a un’esplosione di rivendicazioni di libertà individuali che tocca la sfera della vita sessuale, delle relazioni interpersonali e familiari, delle attività del tempo libero come di quelle lavorative; pensare che questa dimensione non tocchi anche la fede è un’illusione da cui stare lontani.

La religione, infatti, non viene negata, ma pensata con un suo ruolo ben delimitato; interviene solo in parte e marginalmente nel giudizio etico e nei comportamenti. Per quanto paradossale possa sembrare, le rivendicazioni sociali sono sempre fatte in nome della giustizia e dell’uguaglianza, ma alla base si riscontra determinante il desiderio di vivere più liberi a livello individuale. A differenza del recente passato, si tollerano e si sopportano molto di più le ingiustizie e le disuguaglianze sociali, piuttosto che le proibizioni che intaccano la sfera privata. Insomma, si è venuta a creare una situazione completamente nuova in cui si vogliono sostituire gli antichi valori, soprattutto quelli espressi dal cristianesimo. In un orizzonte di questo tipo, in cui l’uomo viene a occupare il posto centrale, baricentro di ogni forma di esistenza, Dio diventa un’ipotesi inutile e un concorrente da evitare. Tale svolta si è attuata in maniera relativamente facile, complici spesso una teologia debole e una religiosità fondata più sul sentimento e incapace di mostrare il più vasto orizzonte della fede.

Dio ha perso la centralità che possedeva.

La conseguenza è che l’uomo stesso ha perso il suo posto. L’eclissi del senso della vita riduce l’uomo a non sapersi più collocare, a non trovare più un posto all’interno del creato e della società. In qualche modo cade nella tentazione prometeica: s’illude di poter diventare padrone della vita e della morte, perche è lui a decidere quando, come e dove. Si vive una cultura tesa a idolatrare la perfezione del corpo, a rendere selettivo il rapporto interpersonale sulla base della bellezza e della perfezione fisica e si finisce dimenticando l’essenziale. Si cade così in una sorta di narcisismo costante che impedisce di fondare la vita su valori permanenti e solidi, per bloccarsi a livello dell’effimero. Qui, pertanto, si pone la grande sfida che attende il futuro: far comprendere che costringere al silenzio il desiderio di Dio radicato nell’intimo, non può mai far approdare alla vera autonomia dell’uomo. In questo contesto, è necessario che la nuova evangelizzazione si faccia carico di contenuti capaci di mostrare che l’enigma dell’esistenza personale non si risolve rifiutando il mistero, ma scegliendo di immettersi in esso. Questo è il sentiero da percorrere; ogni scorciatoia rischia di farci perdere nei meandri di una boscaglia, da cui e impossibile vedere sia l’uscita sia la meta da raggiungere.

Ai nostri giorni “crisi” sembra uno dei termini tra i più utilizzati del nostro vocabolario quotidiano. Assistiamo a questa condizione spesso inermi o, forse, incapaci di trovare la via maestra per uscirne. La crisi, comunque, non è mai un evento esclusivamente negativo; essa contiene elementi che provocano a riflettere su quale e quanto è stata credibile la nostra pastorale per obbligarci a trovare forme più adeguate per poter andare oltre. Si può pensare anche positivamente in tempo di crisi. Per quanto a fondo si possa spingere la nostra verifica circa l’attuale situazione di permanente crisi in cui il mondo versa, è necessario ribadire che questa non e primariamente di ordine economico e finanziario. La crisi che stiamo vivendo è, anzitutto, di ordine culturale e antropologica. L’uomo è in crisi. Non è più capace di ritrovare se stesso dopo le lusinghe cui aveva dato retta, soprattutto quando aveva creduto di aver raggiunto l’età adulta e di essere pienamente padrone di sé e indipendente da ogni autorità. Se l’opera di nuova evangelizzazione si svolgesse solo come la ripresa di una pratica religiosa sarebbe limitata e riduttiva. E’ necessario che essa entri nell’individuazione della patologia per portare una terapia efficace.

Per quanto riguarda l’Europa, si presenta una situazione paradossale evidente. Nel tempo in cui essa viveva di valori condivisi, possedeva una forte identità che la rendeva facilmente riconoscibile nonostante i confini territoriali. In questi anni, invece, mentre sono stati abbattuti i confini e quindi poteva essere favorito un processo di unificazione, si assiste al moltiplicarsi delle differenze e all’aumento degli estremismi: la frammentarietà domina a tal punto da far sgretolare ogni possibile unità. Se questo si sta verificando, temo dipenda anche dal fatto che si vuole costruire un’Europa indipendente dal cristianesimo e, in alcuni casi, perfino contro di esso. Eppure, il cristianesimo è una condizione obbligatoria per comprendere coerentemente storia e attualità dei nostri paesi.

La scelta della neutralità di fronte alla religione, ideata e perseguita da molti, è il metodo più dannoso che si possa immaginare. Le religioni per l’Occidente non possono essere tutte uguali.

Non siamo in una notte oscura dove tutto e incolore. Il primato della ragione, conquistato nel corso dei secoli dalla nostra civiltà, non può appiattirsi su un egualitarismo da sabbie mobili che impedisce di discernere tra le religioni e di scegliere di riconoscere le proprie origini e l’apporto ricevuto dal cristianesimo. Vivere d’indifferenza, agnosticismo e ateismo non solo non consentirà mai di giungere a una risposta sul tema fondamentale del senso della vita, ma non permetterà neppure di centrare l’obiettivo dell’effettiva unità delle nazioni. Non è emarginando né esorcizzando il cristianesimo che si potrà forgiare una società migliore. Non potrà avvenire. Una lettura anticristiana non solo è miope, ma è sbagliata nelle sue stesse premesse. Non sarà possibile formare un’identità matura per i singoli e per i popoli prescindendo dal cristianesimo. Certo, la nostra storia è costellata di luci e ombre, ma il messaggio che portiamo è di genuina liberazione per l’uomo e di coerente progresso per i popoli. Il cristianesimo ha infuso valori e plasmato le culture, creando faticosamente ma con successo una sintesi tra il pensiero greco-romano, riletto alla luce della Sacra Scrittura, e le varie conquiste culturali, scientifiche e tecnologiche raggiunte nel corso dei secoli. Negli ultimi decenni questi valori si sono ossidati e rischiano di essere sottoposti a uno struggente logorio non per il trascorrere degli anni, ma per la corrosione operata da fenomeni culturali e legislativi che minano il tessuto sociale.

Avere spalancato le porte a presunti diritti individuali non ha portato a maggior coesione sociale né tanto meno a un crescente senso di responsabilità. Ciò che è dato verificare, piuttosto, è il preoccupante arroccarsi in un individualismo senza sbocco che, presto o tardi, provocherà l’asfissia. L’Occidente, d’altronde, sembra vivere oggi con una profonda paura. Essa diviene quasi congenita presso popolazioni che avevano vissuto un lungo periodo di ricostruzione dopo la barbarie di due guerre, di un crescente benessere e di pace; vacillano molte certezze: la stabilità familiare, l’educazione dei figli, la sicurezza del lavoro, l’assistenza nella malattia, la casa, la pensione... insomma, tutto ciò che in genere è etichettato come progresso sociale si sbriciola sotto la scure di una crisi che non lascia spazio se non all’incertezza, al dubbio e, quindi, alla paura e all’angoscia.

La nuova evangelizzazione deve entrare in questo contesto culturale che forma la mentalità di generazioni di persone; è necessario che ci facciamo carico di riflettere sulla nostra capacità di poter creare un processo di trasmissione di valori e contenuti che tendono a formare l’identità, in modo tale che si recuperi un significativo senso di appartenenza. Non possiamo indietreggiare nell’assunzione di questa responsabilità e non dovremo accettare di essere emarginati. La nostra opera di nuova evangelizzazione comporta anche questo passaggio.

Si tratta, insomma, di comprendere e superare lo iato che si è venuto a creare tra la società con le singole persone, e la comunità cristiana; perché da una parte si è indebolita l’identità personale priva di contenuti valoriali impregnati dalla fede; dall’altro l’individualismo ha portato a non sentire più il senso di appartenenza alla Chiesa. [SM=g1740722]

Per questo, siamo convinti che la nostra presenza in questo momento della storia sia essenziale perché il processo di rinnovamento culturale e antropologico possa giungere a buon fine. Nessun altro potrebbe sostituirci nel portare quel contributo peculiare che appartiene a noi e che ha contrassegnato nel corso dei millenni una storia di umanizzazione senza confronti. [SM=g1740721]  Privi della presenza significativa dei cattolici i nostri paesi sarebbero in ogni caso più poveri, più isolati e meno attraenti. Non vogliamo che questo avvenga; chiediamo, pertanto, di essere ascoltati e messi alla prova per verificare la ricchezza della nostra fede per il genuino progresso della società. La speranza di cui siamo portatori ha qualcosa di straordinariamente grande, perché consente di guardare al presente, nonostante le difficoltà, con uno sguardo carico di fiducia. E’ la speranza che non delude perché forte di una promessa di vita che supera ogni limite e fissa lo sguardo sull’unica realtà necessaria: un Dio che ama e che ha condiviso la nostra esistenza umana.

Insomma, abbiamo il compito di produrre un pensiero che sia in grado di gettare le fondamenta per un’epoca che darà cultura impregnata di fede alle future generazioni, permettendo loro di vivere nella genuina libertà perché proiettate verso la verità. E’ questo pensiero che manca e, sinceramente, non lo vedo ancora all’orizzonte. Il dramma, probabilmente, sta tutto qui. Se manca la forza del pensiero non si può pretendere alcuna progettualità e tutto diventa monotono. Questo è il momento di una sinergia in grado di fare sintesi del patrimonio del passato per interpretarlo alla luce delle conquiste che caratterizzano la nostra epoca in modo da trasmetterlo alle generazioni che verranno dopo di noi. Noi, comunque, sentiamo l’impegno perché la nuova evangelizzazione si faccia carico anche di questa missione. Annunciare il Vangelo in modo nuovo equivale anche a trovare le forme perché sia compreso e accolto dall’uomo di oggi per provocarlo a riflettere sul senso della propria esistenza così da giungere a un’identità personale che sia capace di coniugarsi con il senso di appartenenza alla Chiesa.

Tutto questo rimane come un’indicazione importante per valutare soprattutto le difficoltà e le aspettative da parte dei vescovi e la necessaria collaborazione tra di noi come pure l’esigenza di dare segni di unità tra le Chiese particolari. Ciò significa, dare corpo alla nuova evangelizzazione perché non si riduca a una formula, ma esprima realmente il desiderio di mettersi in cammino verso una pastorale che si faccia carico delle istanze che sono presenti nella società e quindi partecipate nella comunità cristiana. La nuova evangelizzazione non si distingue dalla missione stessa della Chiesa di evangelizzare; ci sono, tuttavia, momenti storici in cui alcune condizioni culturali e sociali pongono la Chiesa in una particolare vigilanza per esprimere la sua missione di sempre. Questo è il nostro momento che siamo chiamati a vivere; la grazia di Dio obbliga a non rinchiuderci né in una visione romantica del passato né in una visione utopistica del futuro. La nuova evangelizzazione è una chance che viene offerta per leggere e interpretare l’attuale momento storico e per far diventare straordinaria un’attività ordinaria della Chiesa. In altre parole, siamo chiamati a vivere in modo straordinario un evento che è ordinario per la Chiesa come l’evangelizzazione. Non sarà mai detto a sufficienza, comunque, che la nuova evangelizzazione non nasce per l’istituzione di un nuovo dicastero nella Curia.

La nuova evangelizzazione è un impegno che non solo è presente da diverso tempo, ma è anche efficace. Si possono elencare una pluralità di esperienze pastorali che sono espressione di una dinamica in costante crescita: dalle diocesi alle parrocchie, dai movimenti antichi ai nuovi, dai diversi ordini religiosi all’associazionismo è possibile vedere un impegno e un interesse crescente. Ciò che si deve evitare è cadere nella trappola della frammentarietà tipica del nostro tempo. La frammentarietà, mentre accontenta l’attimo, dimentica la progettualità. E’ importante che ci facciamo carico di segni unitari e di spessore così da incidere nella vita e superare l’ostacolo che impedisce di guardare al futuro con serenità.

Desideriamo iniziare un cammino che possa diventare propositivo anche per altre Chiese particolari non solo in Europa, e che possano ispirarsi almeno al progetto comune se non alle stesse iniziative. Abbiamo chiamato questa prima iniziativa “Missione metropoli”. E’ un’attività che nasce per indicare un percorso anche al Sinodo dei Vescovi per il prossimo ottobre 2012. Probabilmente, non come iniziativa già consolidata, ma più realisticamente come un progetto ai suoi inizi.

In questo primo momento saranno coinvolte 12 diocesi che hanno offerto la loro disponibilità: Barcelona, Bruxelles, Budapest, Köln, Dublin, Lisboa, Liverpool, Paris, Torino, Warsaw, Wien, Zagreb.

Essa Prende avvio da esperienze che sono state già vissute da alcune Diocesi. In particolare, la missione cittadina di Roma che ha visto l’intera Chiesa per quattro anni in preparazione e attuazione di un’esperienza realmente storica. Alla stessa stregua, iniziative similari sono state vissute da altre diocesi che per alcuni anni hanno collaborato ai Congressi Internazionali per la Nuova Evangelizzazione. Facendo tesoro di queste esperienze, sia nei loro aspetti positivi sia in quelli più critici, abbiamo pensato di far compiere un percorso comune a queste 12 diocesi nello stesso periodo della prossima quaresima, per offrire un segno all’Europa che la Chiesa vive di unità e ne presenta momenti concreti di attuazione.

La peculiarità di questa proposta vorrebbe porsi come primo momento per una pastorale comune, condivisa e resa complementare per i diversi contesti culturali in cui viene vissuta. Ciò su cui vorremmo insistere, comunque, è la condivisione di alcune iniziative e la contemporaneità del loro svolgimento in modo da dare all’Europa un segno reale che non può passare inosservato. La nuova evangelizzazione prende in considerazione gli spazi comuni della vita ecclesiale con l’intento che l’intera comunità comprenda il suo essere in missione. Per alcuni versi, si dovrebbe andare oltre la formula della “missione al popolo”, per recuperare il “popolo in missione”; così che i credenti recuperino nello stesso tempo sia la loro identità cristiana, sia il loro senso di appartenenza alla comunità. Più direttamente, è necessario che la nuova evangelizzazione si faccia carico di ciò che costituisce per sua essenza l’atto stesso di fede. Questa iniziativa si sviluppa nelle seguenti tappe:

1.Il primato della Parola di Dio, con la lettura continuata del Vangelo di Marco.

2. Le catechesi del Vescovo, che avrà come luogo la cattedrale e come destinatari principali:

- i catecumeni, che avrà come riferimento il testo “La Parola della fede ti è vicina, sulla tua bocca e nel tuo cuore “ (Rm 10, 8).

- le famiglie, che avrà come riferimento il testo “Il Signore vi faccia crescere e abbondare nell’amore vicendevole e verso tutti (1 Ts 3,12).

- i giovani, che avrà come riferimento il testo “In Cristo sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza “ (Col 2,3).

3. Il sacramento della riconciliazione, facendo comprendere la misericordia di Dio diventa icona per la stessa comunità ad essere segno di accoglienza.

4. La lettura del testo delle Confessioni di S. Agostino, per dare un segno pubblico a quanti sono in ricerca del senso della vita e ai credenti per verificare la permanenza del pensiero cristiano.

5. La carità, con un gesto concreto, con particolare riferimento alla drammatica situazione di siccità di alcuni Paesi dell’Africa, a cui anche il S.Padre ci ha richiamato.

Il cuore pulsante dell’iniziativa sarà la cattedrale, “chiesa madre” che genera nella fede sempre nuovi figli con il battesimo e allarga le braccia della sua misericordia donando il perdono e la riconciliazione. Dalla cattedrale il Vescovo esprime l’unità di tutta la Chiesa particolare e, proprio la cattedrale, indica la sua azione di primo evangelizzatore che presiede alla carità celebrando il mistero dell’Eucaristia.

La struttura di questo evento non dovrebbe far dimenticare l’inizio di un processo che entra nella pastorale quotidiana e che comporta in primo luogo il tema della formazione. E’ ovvio che essa si ripercuote su alcuni settori particolari:

a) la formazione dei seminaristi: è possibile realizzare iniziative comuni che esprimano la scelta della diocesi di educare i giovani futuri sacerdoti a una visione peculiare di nuova evangelizzazione.

b) I sacerdoti, operatori diretti dell’evangelizzazione. Prima di avere iniziative pastorali deve crescere la consapevolezza della necessità e dell’urgenza della nuova evangelizzazione. In questo senso, sarebbe utile verificare come coinvolgere le persone consacrate.

c) I laici nel complesso rapporto con i movimenti. La NE può diventare realmente un momento di collaborazione nella complementarità. Il tema della catechesi che non può più essere solo limitata alla preparazione sacramentale, ma corrispondere a ciò che è per sua stessa natura. In questo senso dobbiamo verificare come utilizzare il CCC e il suo Compendio.

E’ fondamentale una riflessione sulla liturgia come momento peculiare della vita cristiana e della stessa nuova evangelizzazione.

Si dovrà entrare nel merito della conoscenza della Parola di Dio e considerare quanto emerso dall’ultimo Sinodo con l’Esortazione Apostolica Verbum Domini. Non si può più tralasciare il tema dell’omelia e del suo valore nella vita dei sacerdoti e nella prassi pastorale. Il recupero del ruolo centrale della confessione nella vita dei credenti per il complesso valore esistenziale che possiede in questo momento di cambiamento antropologico. Il tema della carità per superare una visione spesso comune di una comunità che offre servizi caritativi ma non fa di questi uno strumento vero di evangelizzazione e testimonianza di carità. Insomma, l’evento particolare che speriamo nel prossimo futuro possa coinvolgere tante altre Chiese particolari, non deve nascondere il cammino più faticoso, ma certamente più efficace e fecondo della formazione.

Nel suo discorso al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova evangelizzazione lo scorso 31 maggio, Benedetto XVI diceva: «annunciare Gesù Cristo unico Salvatore del mondo, oggi appare più complesso che nel passato; ma il nostro compito permane identico come agli albori della nostra storia. La missione non è mutata, così come non devono mutare l’entusiasmo e il coraggio che mossero gli apostoli e i primi discepoli. Lo Spirito Santo che li spinse ad aprire le porte del cenacolo, costituendoli evangelizzatori (cfr. At 2,1-4), è lo stesso Spirito che muove oggi la Chiesa per un rinnovato annuncio di speranza agli uomini del nostro tempo. Sant’Agostino afferma che non si deve pensare che la grazia dell’evangelizzazione si sia estesa fino agli apostoli e con loro quella sorgente di grazia si sia esaurita, ma “questa sorgente si palesa quando fluisce, non quando cessa di versare. e fu in tal modo che la grazia tramite gli apostoli raggiunse anche altri, che vennero inviati ad annunciare il vangelo... anzi, ha continuato a chiamare fino a questi ultimi giorni l’intero corpo del suo Figlio unigenito, cioè la sua Chiesa diffusa su tutta la terra” (Sermo 239,1). La grazia della missione ha sempre bisogno di nuovi evangelizzatori capaci di accoglierla, perché l’annuncio salvifico della Parola di Dio non venga mai meno, nelle mutevoli condizioni della storia... esiste una continuità dinamica tra l’annuncio dei primi discepoli e il nostro. Nel corso dei secoli la Chiesa non ha mai smesso di proclamare il mistero salvifico della morte e risurrezione di Gesù Cristo, ma quello stesso annuncio ha bisogno oggi di un rinnovato vigore per convincere l’uomo contemporaneo, spesso distratto e insensibile. La nuova evangelizzazione, per questo, dovrà farsi carico di trovare le vie per rendere maggiormente efficace l’annuncio della salvezza, senza del quale l’esistenza personale permane nella sua contraddittorietà e priva dell’essenziale. Anche in chi resta legato alle radici cristiane, ma vive il difficile rapporto con la modernità, è importante far comprendere che l’essere cristiano non è una specie di abito da vestire in privato o in particolari occasioni, ma è qualcosa di vivo e totalizzante».

In altre parole, dice il Papa, la via della nuova evangelizzazione non è altro che il continuo cammino che dagli apostoli giunge fino a noi attraversando venti secoli di storia. Essa deve essere vissuta sotto il primato della grazia che permette a ognuno di percepire la presenza viva dello Spirito Santo che trasforma i cuori e permette di accogliere l’annuncio della salvezza. Il nostro compito come Pastori, pertanto, si solidifica per la presenza del Risorto in mezzo a noi e ci provoca ad essere sempre di nuovo testimoni fedeli e coraggiosi con un annuncio che coinvolge ognuno di noi e le nostre Chiese.

 

 

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Caterina63
00domenica 16 ottobre 2011 00:39

Il Papa ai "nuovi evangelizzatori": Il mondo di oggi ha bisogno di persone che parlino a Dio, per poter parlare di Dio. E dobbiamo anche ricordare sempre che Gesù non ha redento il mondo con belle parole o mezzi vistosi, ma con la sua sofferenza e la sua morte



DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato,
Cari amici!

Ho accolto volentieri l’invito del Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione ad essere presente con tutti voi, stasera, almeno per un breve momento, e soprattutto domani per la Celebrazione Eucaristica. Ringrazio Mons. Fisichella per le parole di saluto che mi ha rivolto a nome vostro, e mi rallegro di vedervi così numerosi.
So che siete qui in rappresentanza di tanti altri che, come voi, si impegnano nel non facile compito della nuova evangelizzazione. Saluto anche quanti stanno seguendo questo evento attraverso i mezzi di comunicazione che permettono a tanti nuovi evangelizzatori di essere collegati contemporaneamente, pur se sparsi nelle diverse parti del mondo.

Avete scelto come frase-guida per la vostra riflessione di oggi l’espressione: “La Parola di Dio cresce e si diffonde”.

Più volte l’evangelista Luca utilizza questa formula nel Libro degli Atti degli Apostoli; in varie circostanze, egli afferma, infatti, che “la Parola di Dio cresceva e si diffondeva” (cfr At 6,7; 12,24). Ma nel tema di questa giornata voi avete modificato il tempo dei due verbi per evidenziare un aspetto importante della fede: la certezza consapevole che la Parola di Dio è sempre viva, in ogni momento della storia, fino ai nostri giorni, perché la Chiesa la attualizza attraverso la sua fedele trasmissione, la celebrazione dei Sacramenti e la testimonianza dei credenti. Per questo la nostra storia è in piena continuità con quella della prima Comunità cristiana, vive della stessa linfa vitale.

Ma che terreno incontra la Parola di Dio? Come allora, anche oggi può incontrare chiusura e rifiuto, modi di pensare e di vivere che sono lontani dalla ricerca di Dio e della verità. L’uomo contemporaneo è spesso confuso e non riesce a trovare risposta a tanti interrogativi che agitano la sua mente in riferimento al senso della vita e alle questioni che albergano nel profondo del suo cuore. L’uomo non può eludere queste domande che toccano il significato di sé e della realtà, non può vivere in una sola dimensione! Invece, non di rado, viene allontanato dalla ricerca dell’essenziale nella vita, mentre gli viene proposta una felicità effimera, che accontenta per un momento, ma lascia, ben presto, tristezza e insoddisfazione.

Eppure, nonostante questa condizione dell’uomo contemporaneo, possiamo ancora affermare con certezza, come agli inizi del Cristianesimo, che la Parola di Dio continua a crescere e a diffondersi. Perché? Vorrei accennare ad almeno tre motivi. Il primo è che la forza della Parola non dipende anzitutto dalla nostra azione, dai nostri mezzi, dal nostro “fare”, ma da Dio, che nasconde la sua potenza sotto i segni della debolezza, che si rende presente nella brezza leggera del mattino (cfr 1Re 19,12), che si rivela sul legno della Croce. Dobbiamo sempre credere nell’umile potenza della Parola di Dio e lasciare che Dio agisca!

Il secondo motivo è perché il seme della Parola, come narra la parabola evangelica del Seminatore, cade ancora in un terreno buono che la accoglie e produce frutto (cfr Mt 13,3-9). E i nuovi evangelizzatori sono parte di questo campo che consente al Vangelo di crescere in abbondanza e di trasformare la propria vita e quella di altri. Nel mondo, anche se il male fa più rumore, continua ad esserci il terreno buono.
Il terzo motivo è che l’annuncio del Vangelo è veramente giunto fino ai confini del mondo e, anche in mezzo a indifferenza, incomprensione e persecuzione, molti continuano anche oggi, con coraggio, ad aprire il cuore e la mente per accogliere l’invito di Cristo ad incontrarLo e diventare suoi discepoli. Non fanno rumore, ma sono come il granellino di senape che diventa albero, il lievito che fermenta la pasta, il chicco di grano che si spezza per dare origine alla spiga. Tutto questo, se da una parte porta consolazione e speranza perché mostra l’incessante fermento missionario che anima la Chiesa, dall’altra deve riempire tutti di un rinnovato senso di responsabilità verso la Parola di Dio e la diffusione del Vangelo.

Il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, che ho istituito lo scorso anno, è uno strumento prezioso per identificare le grandi questioni che si agitano nei diversi settori della società e della cultura contemporanea. Esso è chiamato ad offrire un aiuto particolare alla Chiesa nella sua missione soprattutto all’interno di quei Paesi di antica tradizione cristiana che sembrano diventati indifferenti, se non addirittura ostili alla Parola di Dio.

Il mondo di oggi ha bisogno di persone che annuncino e testimonino che è Cristo ad insegnarci l’arte di vivere, la strada della vera felicità, perché è Lui stesso la strada della vita; persone che tengano prima di tutto esse stesse lo sguardo fisso su Gesù il Figlio di Dio: la parola dell’annuncio deve essere sempre immersa in un rapporto intenso con Lui, in un’intensa vita di preghiera.

Il mondo di oggi ha bisogno di persone che parlino a Dio, per poter parlare di Dio. E dobbiamo anche ricordare sempre che Gesù non ha redento il mondo con belle parole o mezzi vistosi, ma con la sua sofferenza e la sua morte.

La legge del chicco di grano che muore nella terra vale anche oggi; non possiamo dare vita ad altri, senza dare la nostra vita: “chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà”, ci dice il Signore (Mc 8,35). Vedendo tutti voi e conoscendo il grande impegno che ognuno pone al servizio della missione, sono convinto che i nuovi evangelizzatori si moltiplicheranno sempre di più per dare vita a una vera trasformazione di cui il mondo di oggi ha bisogno. Solo attraverso uomini e donne plasmati dalla presenza di Dio, la Parola di Dio continuerà il suo cammino nel mondo portando i suoi frutti.

Cari amici, essere evangelizzatori non è un privilegio, ma un impegno che proviene dalla fede. Alla domanda che il Signore rivolge ai cristiani: “Chi manderò e chi andrà per me?”, rispondete con lo stesso coraggio e la stessa fiducia del Profeta: “Ecco, Signore, manda me” (Is 6,8).

Vi chiedo di lasciarvi plasmare dalla grazia di Dio e di corrispondere docilmente all’azione dello Spirito del Risorto. Siate segni di speranza, capaci di guardare al futuro con la certezza che proviene dal Signore Gesù, il quale ha vinto la morte e ci ha donato la vita eterna. Comunicate a tutti la gioia della fede con l’entusiasmo che proviene dall’essere mossi dallo Spirito Santo, perché Lui rende nuove tutte le cose (cfr Ap 21.5), confidando nella promessa fatta da Gesù alla Chiesa: “Ed ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).

Al termine di questa giornata chiediamo anche la protezione della Vergine Maria, Stella della nuova evangelizzazione, mentre accompagno di cuore ciascuno di voi e il vostro impegno con la Benedizione Apostolica. Grazie!



Pope Benedict XVI waves as he arrives for a concert at the Vatican October 15, 2011, in honour of participants from around the world in a meeting of those involved in the work of spreading the faith. Italian tenor Andrea Bocelli performed for the pontiff and a crowd of 8,000 people in the Vatican's audience hall.Pope Benedict XVI  waves  upon his arrival to a meeting.'New Evangelisers for the New Evangelization'  at Paolo VI hall at the Vatican, on October 15, 2011.

Pope Benedict XVI ( white figure seated at right) attends a meeting on the "New Evangelization" in the Paul IV hall, at the Vatican, Saturday, Oct. 15, 2011.



Caterina63
00domenica 16 ottobre 2011 10:47

Il Papa: La Chiesa non si limita a ricordare agli uomini la giusta distinzione tra la sfera di autorità di Cesare e quella di Dio, tra l’ambito politico e quello religioso. La missione della Chiesa, come quella di Cristo, è essenzialmente parlare di Dio, fare memoria della sua sovranità, richiamare a tutti, specialmente ai cristiani che hanno smarrito la propria identità, il diritto di Dio su ciò che gli appartiene, cioè la nostra vita




MONUMENTALE OMELIA DEL PAPA

BENEDETTO XVI INDICE L'ANNO DELLA FEDE




OMELIA DEL SANTO PADRE

Venerati Fratelli,
cari fratelli e sorelle!


Con gioia celebro oggi la Santa Messa per voi, che siete impegnati in molte parti del mondo sulle frontiere della nuova evangelizzazione. Questa Liturgia è la conclusione dell’incontro che ieri vi ha chiamato a confrontarvi sugli ambiti di tale missione e ad ascoltare alcune significative testimonianze. Io stesso ho voluto presentarvi alcuni pensieri, mentre oggi spezzo per voi il pane della Parola e dell’Eucaristia, nella certezza –condivisa da tutti noi – che senza Cristo, Parola e Pane di vita, non possiamo fare nulla (cfr Gv 15,5).

Sono lieto che questo convegno si collochi nel contesto del mese di ottobre, proprio una settimana prima della Giornata Missionaria Mondiale: ciò richiama la giusta dimensione universale della nuova evangelizzazione, in armonia con quella della missione ad gentes.
Rivolgo un saluto cordiale a tutti voi, che avete accolto l’invito del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. In particolare saluto e ringrazio il Presidente di questo Dicastero di recente istituzione, Mons. Salvatore Fisichella, e i suoi collaboratori.
Veniamo ora alle Letture bibliche, nelle quali oggi il Signore ci parla. La prima, tratta dal Secondo Isaia, ci dice che Dio è uno, è unico; non ci sono altri dèi all’infuori del Signore, e anche il potente Ciro, imperatore dei persiani, fa parte di un disegno più grande, che solo Dio conosce e porta avanti. Questa Lettura ci dà il senso teologico della storia: i rivolgimenti epocali, il succedersi delle grandi potenze stanno sotto il supremo dominio di Dio; nessun potere terreno può mettersi al suo posto. La teologia della storia è un aspetto importante, essenziale della nuova evangelizzazione, perché gli uomini del nostro tempo, dopo la nefasta stagione degli imperi totalitari del XX secolo, hanno bisogno di ritrovare uno sguardo complessivo sul mondo e sul tempo, uno sguardo veramente libero, pacifico, quello sguardo che il Concilio Vaticano II ha trasmesso nei suoi Documenti, e che i miei Predecessori, il Servo di Dio Paolo VI e il Beato Giovanni Paolo II, hanno illustrato con il loro Magistero.
La seconda Lettura è l’inizio della Prima Lettera ai Tessalonicesi, e già questo è molto suggestivo, perché si tratta della lettera più antica a noi pervenuta del più grande evangelizzatore di tutti i tempi, l’apostolo Paolo. Egli ci dice anzitutto che non si evangelizza in maniera isolata: anche lui infatti aveva come collaboratori Silvano e Timoteo (cfr 1 Ts 1,1), e molti altri. E subito aggiunge un’altra cosa molto importante: che l’annuncio dev’essere sempre preceduto, accompagnato e seguito dalla preghiera. Scrive infatti: “Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere” (v. 2). L’Apostolo si dice poi ben consapevole del fatto che i membri della comunità non li ha scelti lui, ma Dio: “siete stati scelti da lui” – afferma (v. 4). Ogni missionario del Vangelo deve sempre tenere presente questa verità: è il Signore che tocca i cuori con la sua Parola e il suo Spirito, chiamando le persone alla fede e alla comunione nella Chiesa. Infine, Paolo ci lascia un insegnamento molto prezioso, tratto dalla sua esperienza.

Egli scrive: “Il nostro Vangelo, infatti, non si diffuse tra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con la potenza dello Spirito Santo e con piena certezza” (v. 5). L’evangelizzazione, per essere efficace, ha bisogno della forza dello Spirito, che animi l’annuncio e infonda in chi lo porta quella “piena certezza” di cui parla l’Apostolo. Questo termine “certezza”, nell’originale greco, è pleroforìa: un vocabolo che non esprime tanto l’aspetto soggettivo, psicologico, quanto piuttosto la pienezza, la fedeltà, la completezza – in questo caso dell’annuncio di Cristo. Annuncio che, per essere compiuto e fedele, chiede di venire accompagnato da segni, da gesti, come la predicazione di Gesù. Parola, Spirito e certezza – così intesa – sono dunque inseparabili e concorrono a far sì che il messaggio evangelico si diffonda con efficacia.
Ci soffermiamo ora sul brano del Vangelo. Si tratta del testo sulla legittimità del tributo da pagare a Cesare, che contiene la celebre risposta di Gesù: “Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” (Mt 22,21). Ma, prima di giungere a questo punto, c’è un passaggio che si può riferire a quanti hanno la missione di evangelizzare.

Infatti, gli interlocutori di Gesù – discepoli dei farisei ed erodiani – si rivolgono a Lui con un apprezzamento, dicendo: “Sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno” (v. 16). E’ proprio questa affermazione, seppure mossa da ipocrisia, che deve attirare la nostra attenzione. I discepoli dei farisei e gli erodiani non credono in ciò che dicono. Lo affermano solo come una captatio benevolentiae per farsi ascoltare, ma il loro cuore è ben lontano da quella verità; anzi, essi vogliono attirare Gesù in una trappola per poterlo accusare. Per noi, invece, quell’espressione è preziosa: Gesù, in effetti, è veritiero e insegna la via di Dio secondo verità. Egli stesso è questa “via di Dio”, che noi siamo chiamati a percorrere. Possiamo richiamare qui le parole di Gesù stesso, nel Vangelo di Giovanni: “Io sono la via, la verità e la vita” (14,6). E’ illuminante in proposito il commento di sant’Agostino: “Era necessario che Gesù dicesse: «Io sono la via, la verità e la vita», perché, una volta conosciuta la via, restava da conoscere la meta. La via conduceva alla verità, conduceva alla vita ... E noi dove andiamo, se non a Lui? e per quale via camminiamo, se non attraverso di Lui?” (In Ioh 69, 2). I nuovi evangelizzatori sono chiamati a camminare per primi in questa Via che è Cristo, per far conoscere agli altri la bellezza del Vangelo che dona la vita. E su questa Via non si cammina da soli, ma in compagnia: un’esperienza di comunione e di fraternità che viene offerta a quanti incontriamo, per partecipare loro la nostra esperienza di Cristo e della sua Chiesa. Così, la testimonianza unita all’annuncio può aprire il cuore di quanti sono in ricerca della verità, affinché possano approdare al senso della propria vita.

Una breve riflessione anche sulla questione centrale del tributo a Cesare. Gesù risponde con un sorprendente realismo politico, collegato con il teocentrismo della tradizione profetica. Il tributo a Cesare va pagato, perché l’immagine sulla moneta è la sua; ma l’uomo, ogni uomo, porta in sé un’altra immagine, quella di Dio, e pertanto è a Lui, e a Lui solo, che ognuno è debitore della propria esistenza.

I Padri della Chiesa, prendendo spunto dal fatto che Gesù fa riferimento all’immagine dell’Imperatore impressa sulla moneta del tributo, hanno interpretato questo passo alla luce del concetto fondamentale di uomo immagine di Dio, contenuto nel primo capitolo del Libro della Genesi. Un Autore anonimo scrive: “L’immagine di Dio non è impressa sull’oro, ma sul genere umano. La moneta di Cesare è oro, quella di Dio è l’umanità … Pertanto da’ la tua ricchezza a Cesare, ma serba per Dio l’innocenza unica della tua coscienza, dove Dio è contemplato … Cesare, infatti, ha richiesto la sua immagine su ogni moneta, ma Dio ha scelto l’uomo, che egli ha creato, per riflettere la sua gloria” (Anonimo, Opera incompleta su Matteo, Omelia 42). E Sant’Agostino ha utilizzato più volte questo riferimento nelle sue omelie: “Se Cesare reclama la propria immagine impressa sulla moneta - afferma -, non esigerà Dio dall’uomo l’immagine divina scolpita in lui?” (En. in Ps., Salmo 94, 2). E ancora: “Come si ridà a Cesare la moneta, così si ridà a Dio l’anima illuminata e impressa dalla luce del suo volto … Cristo infatti abita nell’uomo interiore” (Ivi, Salmo 4, 8).

Questa parola di Gesù è ricca di contenuto antropologico, e non la si può ridurre al solo ambito politico. La Chiesa, pertanto, non si limita a ricordare agli uomini la giusta distinzione tra la sfera di autorità di Cesare e quella di Dio, tra l’ambito politico e quello religioso. La missione della Chiesa, come quella di Cristo, è essenzialmente parlare di Dio, fare memoria della sua sovranità, richiamare a tutti, specialmente ai cristiani che hanno smarrito la propria identità, il diritto di Dio su ciò che gli appartiene, cioè la nostra vita.

Proprio per dare rinnovato impulso alla missione di tutta la Chiesa di condurre gli uomini fuori dal deserto in cui spesso si trovano verso il luogo della vita, l’amicizia con Cristo che ci dona la vita in pienezza, vorrei annunciare in questa Celebrazione eucaristica che ho deciso di indire un “Anno della Fede”, che avrò modo di illustrare con un’apposita Lettera apostolica. Esso inizierà l’11 ottobre 2012, nel 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, e terminerà il 24 novembre 2013, Solennità di Cristo Re dell’Universo. Sarà un momento di grazia e di impegno per una sempre più piena conversione a Dio, per rafforzare la nostra fede in Lui e per annunciarLo con gioia all’uomo del nostro tempo.

Cari fratelli e sorelle, voi siete tra i protagonisti dell’evangelizzazione nuova che la Chiesa ha intrapreso e porta avanti, non senza difficoltà, ma con lo stesso entusiasmo dei primi cristiani. In conclusione, faccio mie le espressioni dell’apostolo Paolo che abbiamo ascoltato: ringrazio Dio per tutti voi, e vi assicuro che vi porto nelle mie preghiere, memore del vostro impegno nella fede, della vostra operosità nella carità e della vostra costante speranza nel Signore nostro Gesù Cristo. La Vergine Maria, che non ebbe paura di rispondere “sì” alla Parola del Signore e, dopo averla concepita nel grembo, si mise in cammino piena di gioia e di speranza, sia sempre il vostro modello e la vostra guida. Imparate dalla Madre del Signore e Madre nostra ad essere umili e al tempo stesso coraggiosi; semplici e prudenti; miti e forti, non con la forza del mondo, ma con quella della verità.
Amen.

Pope Benedict XVI waves to faithfuls arrives on a mobile platform at St. Peter Basilica in The Vatican for a mass part of a major Vatican conference on evangelisation on October 16, 2011.Pope Benedict XVI conducts a mass at Saint Peter Basilica in The Vatican, part of a major Vatican conference on evangelisation on October 16, 2011.
Pope Benedict XVI is assisted by two clerics as he climbs on the altar of the St. Peter Basilica in The Vatican during a mass part of a major Vatican conference on evangelisation on October 16, 2011.Pope Benedict XVI looks on during a mass at Saint Peter Basilica in The Vatican, part of a major Vatican conference on evangelisation on October 16, 2011.

Pope Benedict XVI waves to faithfuls arrives on a mobile platform at St. Peter Basilica in The Vatican for a mass part of a major Vatican conference on evangelisation on October 16, 2011.
Pope Benedict XVI conducts a mass at Saint Peter Basilica in The Vatican, part of a major Vatican conference on evangelisation on October 16, 2011.




Caterina63
00sabato 31 dicembre 2011 16:19
Il Santo Padre Benedetto XVI ci ha fatto dono di una stupenda Catechesi, fra le tante, per questo fine Anno e inizio di quello Nuovo, parlandoci della Preghiera nella Santa Famiglia di Nazareth.... vale la pena di ascoltarlo e di mettere in pratica i suoi preziosi consigli, sia questo il proposito per l'Anno Nuovo, sia questo il Dono che anche noi vogliamo fare a tutti Voi e a tutti i vostri Cari.
www.gloria.tv/?media=234483

Amici, non può esserci alcuna evangelizzazione fruttuosa senza la Preghiera, senza il Rosario, senza la Sacra Famiglia, senza san Giuseppe..... [SM=g1740738]
Buon Anno!




Movimento Domenicano del Rosario
www.sulrosario.org
info@sulrosario.org



[SM=g1740750]

[SM=g1740738]
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