Pasqua e Natale divise fra Cristiani? Basta ritornare al Concilio di Nicea

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Caterina63
00venerdì 17 aprile 2009 19:14
Le differenze di data potrebbero essere superate anche grazie ai migliori strumenti astronomici

Una Pasqua comune è possibile
Basta tornare a Nicea



di Eleuterio F. Fortino

I cristiani non celebrano la Pasqua tutti nella stessa data. Anche quest'anno, mentre i cristiani d'Occidente, cattolici e protestanti, l'hanno celebrata il 12 aprile, gli orientali la festeggiano una settimana dopo.

In Occidente e in Oriente per il computo del giorno di Pasqua si usano due diversi calendari:  rispettivamente quello gregoriano e quello giuliano. Qualche anno, per una coincidenza di calcoli, la Pasqua cade lo stesso giorno, altre volte quella orientale è più tardi, perfino a distanza di un mese. Certo, tutti noi cristiani crediamo che Gesù Cristo "il terzo giorno risuscitò". E questo è il fatto decisivo, importante, caratterizzante la fede cristiana. Tuttavia la differenziazione della celebrazione è un'anomalia grave per la testimonianza cristiana nel mondo.

In Occidente, nel secolo XVI era stato constatato uno scarto fra la realtà astronomica e il computo del calendario in uso, che rimontava a Giulio Cesare e perciò è detto giuliano. In base alle decisioni del concilio di Trento, Papa Gregorio xiii aveva chiesto uno studio per la correzione del calendario all'apposita Congregazione presieduta dal cardinale calabrese Guglielmo Sirleto. Questi consultò astronomi di chiara fama. Dopo dieci anni di indagine, l'astronomo Luigi Giglio, anch'egli calabrese, presentò i risultati.

Per mettersi al passo con il tempo astronomico occorreva recuperare dieci giorni. Gregorio xiii il 24 febbraio 1582 emanò la bolla Inter gravissimas con entrata in vigore nel mese di ottobre. Si aprì una rete diplomatica di contatti con gli Stati e con le Chiese per l'accettazione del nuovo calendario. Dopo una fase promettente con il Patriarcato ecumenico, questi contatti fallirono anche per un pesante intervento delle autorità ottomane, che forse vedevano nell'eventuale accordo un avvicinamento della Chiesa ortodossa all'Occidente e quindi una minaccia per lo stesso impero (cfr. Vittorio Peri, Due date. Un'unica Pasqua, Milano 1967).

La riforma di Gregorio xiii venne accolta dai Paesi dell'Europa occidentale che l'introdussero in America, Asia e Africa. In seguito vi aderirono anche gli Stati dei Paesi dell'Europa orientale. Ma fra i cristiani di Occidente che accettarono la riforma e le Chiese di Oriente si stabilì una diversità che perdura tuttora. Oggi il calendario giuliano ha tredici giorni di ritardo nei confronti del gregoriano.

La diversità proviene dall'adeguamento o meno del calendario al dato astronomico. Il principio però per stabilire la Pasqua è identico per tutti. E proviene dal primo concilio ecumenico di Nicea (325).

Quel concilio era stato convocato dall'imperatore Costantino per portare la pace nell'impero, turbato dalla controversia ariana e dalla divergenza sulla data di Pasqua fra i cristiani d'Oriente e di Occidente. La decisione presa era che tutti avrebbero dovuto celebrare la Pasqua "nella data dei Romani e degli Alessandrini". Per l'importanza, anche culturale e scientifica, che aveva la città di Alessandria venne incaricata la Chiesa di questa città di determinare e comunicare a tutte le Chiese la data di Pasqua di ogni anno. Il principio emerso è che la Pasqua si celebri la prima domenica dopo la luna piena dopo l'equinozio di primavera (cfr. I. Ortiz De Urbina, Nicée et Constantinople, Paris 1963).

Questo identico principio applicato al calendario giuliano e a quello gregoriano determina la differenza per la data di Pasqua esistente fra "orientali" e "occidentali".

Quest'ultimo termine comprende i cattolici latini, i protestanti e alcune comunità cattoliche orientali, come gli italo-albanesi. La Chiesa ortodossa di Finlandia e gli armeni ortodossi, da parte loro, hanno deciso di celebrare la Pasqua nella data occidentale, mentre i cattolici latini in Paesi a maggioranza ortodossa, come quelli di Grecia, celebrano la Pasqua nella data degli ortodossi.

Soluzioni pragmatiche, queste, per celebrare insieme la Pasqua in uno stesso luogo. Rimane comunque il fatto che nella configurazione generale orientali e occidentali celebrano la Pasqua in date diverse. Il disagio è comune e di tanto in tanto riemergono iniziative per l'unificazione.

In una enciclica del 1920 il Patriarca ecumenico di Costantinopoli sollevava la questione dell'anomalia della data di Pasqua. Nel 1923 il Patriarca Melezio iv convocava a Istanbul una Commissione interortodossa. Essa si riunì il 24 febbraio e diede vita a un computo aggiornato che quasi coincide con il gregoriano.

Questa iniziativa però ebbe una sorte infelice. Per mantenere la data di Pasqua comune a tutta l'ortodossia si confermò comunque, per la Pasqua, il calendario giuliano. Non si risolveva quindi la questione.

Per il resto dell'anno solo le Chiese di Costantinopoli, Grecia, Romania e Cipro assunsero il nuovo computo. In seguito vi aderirono i Patriarcati di Alessandria, Antiochia e Bulgaria, ma non le Chiese russa, serba, di Gerusalemme e l'Athos.

Per questa ragione, tra gli stessi ortodossi il Natale non si celebra nello stesso giorno in Russia e in Grecia, in Serbia e in Romania, e perfino sul Monte Athos e in Grecia. In più, nelle Chiese che assunsero il nuovo calendario (Grecia, Romania) si sono separati dalla Chiesa ufficiale dei gruppi con vescovi e clero. Sono i cosiddetti vecchio-calendaristi, o paleoimerologhiti, che si dicono "autentici ortodossi". Quando oggi gli ortodossi parlano di "ragioni pastorali", che rendono difficile raggiungere una decisione sulla data di Pasqua, si riferiscono proprio a questa situazione.

Il concilio Vaticano ii ha dato due disposizioni di tipo pragmatico per la celebrazione comune della Pasqua. La prima riguarda una data "fissa", indicazione, questa, del tutto nuova. "Il sacro concilio non ha nulla in contrario a che la festa di Pasqua venga assegnata a una determinata domenica nel calendario gregoriano, purché vi sia l'assenso di coloro che ne sono interessati, soprattutto i fratelli separati dalla comunione con la Sede Apostolica" (Sacrosanctum concilium, Appendix).

A questa proposta hanno manifestato il loro assenso gli "occidentali". Gli "orientali" si sono mostrati molto reticenti. È un principio diverso da quello di Nicea.

La seconda indicazione provvisoria viene data per il tempo che precede un definitivo accordo sulla data comune di Pasqua. "Fino a che tra tutti i cristiani non si sarà giunti al desiderato accordo circa la fissazione di un unico giorno per la comune celebrazione della festa di Pasqua, nel frattempo, per promuovere l'unità fra i cristiani che vivono nella stessa regione o nazione, è data facoltà (...) di accordarsi con unanime consenso e sentiti i pareri degli interessati, sul giorno di Pasqua da celebrarsi una stessa domenica" (Orientalium Ecclesiarum, 20).

Questo orientamento ha avuto un certo influsso. Alcune comunità cattoliche latine si sono adattate alla data della maggioranza ortodossa. Come si è accennato, si tratta dei cattolici latini di Grecia, dei latini in Etiopia, di quelli in Egitto.

Lo studio della questione resta nelle agende della Chiesa cattolica, del Consiglio Ecumenico delle Chiese (Cec) e delle Chiese ortodosse. Dopo varie iniziative (lettera del Papa ai capi di Chiese, partecipazione a iniziative di altre Chiese e di organismi ecumenici), che si rivelarono senza incidenza pratica, la Chiesa cattolica, nella linea della decisione presa dal concilio Vaticano ii, riconsiderò il problema nel 1975.

La consultazione dei dicasteri della Curia romana si concludeva con l'accordo sulla possibilità di cercare la soluzione "per una data fissa della Pasqua che dovrebbe essere una domenica del mese di aprile, preferibilmente la seconda". Questa proposta in seguito si precisò per "la domenica che segue il secondo sabato di aprile". La proposta fatta agli altri cristiani trovava l'accordo degli "occidentali", ma non degli "orientali". Solo la Chiesa di Romania aveva preso con decisione sinodale l'orientamento per una data fissa. Comunque la Chiesa cattolica continuò e continua a porre il problema.

La prima conferenza panortodossa di Rodi (1961) inserì nel programma della preparazione del concilio delle Chiese ortodosse il tema del calendario, che contiene anche la questione della Pasqua. Il segretariato per la preparazione del concilio organizzò studi ad alto livello. Nel 1977 (28 giugno-3 luglio) promosse Chambésy (Ginevra) un convegno inter-ortodosso di vescovi e di specialisti con la presenza di tre osservatori:  per la Chiesa cattolica, per il Cec e per la Comunione anglicana. Chi scrive era l'osservatore per la parte cattolica. Il teologo Lukas Vischer per il Cec. Si considerò l'intera problematica, ma in particolare le implicazioni pastorali per le Chiese ortodosse.

Nel 1979 (3 febbraio) si confrontarono gli studi degli astronomi consultati appartenenti a diverse istituzioni scientifiche (accademia sovietica delle Scienze, istituto astronomico di Heidelberg, osservatorio di Ginevra, laboratorio astronomico dell'università di Atene). Ovviamente questi studi mostravano il "ritardo" del calendario giuliano e l'esigenza di una riforma. Tutti gli atti sono pubblicati (cfr. Synodica, v, Chambésy-Genève 1981, pp. 7-149).

Nel 1982 (3-12 settembre) la seconda conferenza panortodossa preconciliare prendeva atto dei risultati degli studi fatti e dell'inesattezza del calendario. Tuttavia - affermava - "nella situazione attuale, il popolo fedele di Dio non è preparato o, almeno, non è stato sufficientemente informato per affrontare e accettare un cambiamento nella questione della determinazione della data di Pasqua".

Il Cec ha organizzato diverse consultazioni sull'argomento e condotto, presso le Chiese che ne fanno parte, un'ampia inchiesta i cui risultati furono studiati in una riunione di specialisti nel marzo 1970 a cui parteciparono ortodossi, anglicani, protestanti e cattolici. La consultazione si orientava verso diverse possibilità che dovrebbero esaminare le Chiese:  mantenere il principio di Nicea - "usando astronomicamente dati precisi" e "accordandosi su un luogo fisso per il calcolo di questa data" (si suggerì Gerusalemme) - o celebrare la Pasqua in una domenica di aprile (si indicò la domenica successiva al secondo sabato di aprile, cioè tra il 9 e il 15 aprile).

Il Comitato centrale del Cec incaricò (1971) la commissione Fede e Costituzione di seguire la questione. La più recente consultazione si è avuta in Siria, ad Aleppo, dal 5 al 10 marzo 1997, organizzata dalla stessa commissione.

Si è conclusa con tre raccomandazioni per la soluzione della data di Pasqua: 
- mantenere il principio di Nicea;
- calcolare scientificamente i dati astronomici;
- usare come punto di riferimento per il calcolo il meridiano di Gerusalemme.

Questo orientamento tradizionale contiene l'esigenza nuova di un calcolo astronomico scientificamente aggiornato.

Se le raccomandazioni di quest'ultima consultazione fossero prese in considerazione, e applicate, si avrebbe la soluzione tradizionale e moderna nello stesso tempo. Ci sarebbero tutti gli elementi necessari:  celebrazione in una domenica da parte di tutti i cristiani, aderenza al "principio" di Nicea anche per quanto riguarda l'esigenza di precisione astronomica. In quel tempo si era chiesto alla Chiesa di Alessandria di determinare la data di Pasqua proprio per la competenza scientifica. Gli ortodossi comprendono tutto questo. Nonostante questo, essi non vedono possibile per ora cambiare il calendario, "per ragioni pastorali". D'altra parte, la questione della data di Pasqua è compresa nel programma del prospettato concilio delle Chiese ortodosse. La questione resta aperta e l'anomalia persiste.



(©L'Osservatore Romano - 18 aprile 2009)
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