Prima di tutto la COMUNIONE ECCLESIALE: ma quale è la vera Chiesa di Cristo?

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Caterina63
00giovedì 27 novembre 2008 19:14
Riflessioni su comunicazione e promozione della fede
Prima di tutto la comunione ecclesiale


di Gianfranco Ghirlanda
Gesuita
Rettore Magnifico della Pontificia Università Gregoriana

La Congregazione per la Dottrina della Fede il 30 marzo 1992 emanava un'Istruzione circa alcuni aspetti dell'uso degli strumenti di comunicazione sociale nella promozione della dottrina della fede, in cui, enunciati i diritti e i doveri dei vescovi e dei superiori religiosi e i diritti e i doveri dei fedeli in questo campo, sono richiamate le norme riguardanti i casi in cui è richiesta l'approvazione o la licenza per la pubblicazione di scritti e la procedura da seguire per ottenerle.


L'Istruzione richiama i canoni 209, 1 ("I fedeli sono tenuti all'obbligo di conservare sempre, anche nel loro modo di agire, la comunione con la Chiesa") e 205: "Su questa terra sono nella piena comunione della Chiesa cattolica quei battezzati che sono congiunti con Cristo nella sua compagine visibile, ossia mediante i vincoli della professione di fede, dei sacramenti e del governo ecclesiastico".

Ogni tipo diritto e dovere nella Chiesa va compreso e regolato in relazione alla comunione ecclesiale.
Alla "comunione ecclesiastica" l'Istruzione si riferisce espressamente, quando, nel capitolo i sulla "Responsabilità dei pastori in genere", afferma che chi, "trasgredendo le norme canoniche, viola i doveri del proprio ufficio, costituisce un pericolo per la comunione ecclesiastica, arreca danno alla fede e ai costumi dei fedeli", per cui è passibile delle sanzioni amministrative o penali previste dal diritto della Chiesa (n. 2d).


La "comunione ecclesiale" viene poi menzionata nel capitolo ii nel contesto della procedura da seguire da parte dell'Ordinario del luogo per dare la licenza per la pubblicazione di uno scritto, nell'affermare: "I rapporti con gli autori siano sempre improntati ad uno spirito costruttivo di dialogo rispettoso e di comunione ecclesiale, che consenta di trovare le vie affinché nelle pubblicazioni non vi sia niente di contrario alla dottrina della Chiesa" (n. 12, 3).


Infine nel capitolo iv su "La responsabilità dei superiori religiosi" è ricordato che "L'azione apostolica degli Istituti religiosi deve essere esercitata a nome e per mandato della Chiesa e va condotta in comunione con essa (cfr. can. 675, 3)" e sono richiamati di seguito i canoni 209, 1 e 590 (n. 16, 2). Questo dovere è ulteriormente richiamato riguardo alle case editrici dei religiosi (n. 18).

Una comunione di carità e di fede

La Relazione finale del Sinodo Straordinario dei vescovi del 1985 afferma che l'ecclesiologia di comunione è il fondamento dell'ordinamento della Chiesa e soprattutto di una corretta relazione tra unità e pluriformità in essa.
L'uomo in quanto immagine somigliante di Dio, è creato per essere in comunione con Dio e con i fratelli. Questo si realizza nella Chiesa, che è il sacramento, strumento efficace, di tale comunione (Lumen gentium, 1). La Chiesa è costituita nella sua pienezza, secondo la sua essenza, proprio in quanto è costituita come comunione, a immagine della comunione tra le tre Persone divine. La Chiesa si presenta, allora, come un popolo adunato nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (Lumen gentium, 4b). La comunione non è solo una nozione, ma è la realtà stessa della Chiesa.
La comunione dei fedeli, fondata nel battesimo, sotto l'impulso dello Spirito Santo, è in una relazione diretta con l'Eucaristia, la partecipazione alla quale conduce alla comunione con Cristo e con la Trinità (cfr. Unitatis redintegratio, 2b; 15a; 22a; canone 897).


La nozione di "fedele di Cristo" (Christifidelis) esprime la categoria primaria in cui tutti si entra in virtù del battesimo, attraverso il quale si partecipa all'unica fede, basata sull'unica Rivelazione che ha trovato pieno compimento in Gesù Cristo. Tale nozione è stata assunta nel Codex iuris canonici del 1983 (canone 204, 1), e a essa fanno riferimento tutte le altre nozioni riguardanti le persone e le istituzioni ecclesiali. La Chiesa è costituita da Cristo per una "comunione di vita, di carità e di verità" (Lumen gentium, 9b). La carità, come partecipazione all'amore di Dio, è il vincolo dello Spirito Santo che unisce i fedeli sia nella dimensione verticale di amore verso Dio che orizzontale di amore verso i fratelli, per cui la carità come unione con Dio origina la carità come servizio dei fratelli. La comunione di carità implica necessariamente la comunione di vita e la comunione nella verità della fede.


Il legame fondante la comunione tra i fedeli è l'unica fede, virtù teologale ricevuta come dono di grazia nel battesimo, che, però, per la stessa struttura sacramentale della Chiesa, dev'essere manifestata esternamente nella professione di fede.
La fede è il legame fondante la comunione tra i fedeli perché ha un contenuto che è creduto da tutti, il deposito della fede che ci viene dalla Rivelazione, autenticamente interpretata dal Magistero vivo della Chiesa (cfr. Dei verbum, 10a.b). Inoltre, poiché Dio si rivela per comunicare se stesso all'uomo, le verità rivelate, se credute con il pieno ossequio dell'intelletto e della volontà, sono salvifiche per chi vi aderisce (cfr. Dei verbum, 5; 6a). La comunicazione della fede nell'integrità del suo contenuto è per questo essenziale al costituirsi della Chiesa come comunione di fedeli. Data la natura divina e umana della Chiesa, la professione della fede come fatto esterno e sociale nella Chiesa richiede delle strutture giuridiche, ma il criterio fondamentale nella loro configurazione è la missione data da Cristo alla Chiesa di annunciare e trasmettere la fede, come insieme di verità salvifiche, e di attuare la carità nella vita.

La pienezza della comunione cattolica

La comunione ecclesiastica, che costituisce la pienezza della comunione cattolica (cfr. Orientalium ecclesiarum, 4), regola, da una parte, le relazioni tra i fedeli e le strutture di mediazione umana della comunicazione delle verità di fede e dei mezzi sacramentali di salvezza, e, dall'altra, le relazioni tra le Chiese particolari, "nelle quali si fa presente la Chiesa universale con tutti i suoi elementi essenziali" (Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera Communionis notio, 7) e tra queste e la Chiesa di Roma, il cui vescovo è il Romano Pontefice, ed è manifestata dalla concelebrazione eucaristica (Unitatis redintegratio, 20; 4c; 15a).


Per il fatto stesso di essere creatura umana l'uomo è persona, in senso antropologico, quindi soggetto di diritti e di doveri naturali. Il non battezzato è soggetto di diritto nella Chiesa solo per tali diritti e doveri naturali. L'uomo è costituito persona dal punto di vista canonico mediante il battesimo, col quale è incorporato a Cristo e alla Chiesa (canone 96); quindi il concetto di persona nella Chiesa è correlativo a quello di fedele. Solo col battesimo, infatti, l'uomo riceve i diritti e i doveri che sono propri dei cristiani in quanto tali e diventa soggetto di diritto nella Chiesa in senso pieno, cioè persona dal punto di vista canonico. Per poter esercitare tali diritti e adempiere tali obblighi è necessario essere nella comunione ecclesiastica e non essere colpiti da una sanzione legittimamente inflitta (canone 96).
Il canone 205 afferma che su questa terra sono pienamente nella comunione della Chiesa cattolica, quindi nella comunione ecclesiastica, quei battezzati che sono congiunti con Cristo nella sua compagine visibile, ossia mediante i vincoli della professione di fede, dei sacramenti e del governo ecclesiastico. Questi hanno nella Chiesa l'esercizio pieno di tutti i diritti e sono tenuti all'adempimento di tutti gli obblighi.


Nel caso di apostasia, eresia e scisma, la scomunica latae sententiae (cfr. canoni 1364 e 1330) non fa altro che sanzionare la situazione in cui un battezzato si pone rispetto alla comunione ecclesiastica. Chi ripudia totalmente la fede cristiana o nega ostinatamente una qualche verità che si deve credere per fede divina e cattolica oppure dubita ostinatamente di essa o rifiuta la sottomissione al Romano Pontefice e la comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti (cfr. canone 751), si pone lui stesso fuori della comunione ecclesiastica. Così non sono altro che una conseguenza della posizione in cui il fedele stesso si mette nei confronti della Chiesa, anche le altre sanzioni previste dal Codice di Diritto Canonico (cfr. canoni 805; 810, 1; 194, 1, 2; 1369; 1371, 1) e richiamate dall'Istruzione del 30 marzo 1992 (n. 2d), nei casi in cui, anche senza arrivare all'apostasia o all'eresia, il fedele mette in pericolo la comunione ecclesiastica.


La comunione gerarchica è elemento costitutivo della comunione ecclesiastica o cattolica. Sebbene nel concilio la comunione gerarchica per sé è relativa al rapporto tra i vescovi e il Romano Pontefice e a quello tra i vescovi e i presbiteri, tuttavia la Chiesa nel suo insieme si può definire una comunione gerarchica in quanto tutti i ministeri e i servizi che vengono svolti in essa sono gerarchizzati in rapporto al ministero del successore di Pietro e dei successori degli Apostoli, perché in tale ministero trovano il proprio analogato principale e quindi la loro definizione (cfr. Congregazione per il Clero e altre, Istruzione Ecclesiae de mysterio, 1, 2). Infatti il ministero del Romano Pontefice e quello dei vescovi è la garanzia nella Chiesa dell'autenticità della parola di Dio che continua a essere annunciata, della verità dei sacramenti che vengono celebrati e della sicurezza della via verso la santità che viene indicata (cfr. Lumen gentium, 18-27; canoni 330; 331; 336; 381, 1; 386; 387; 749; 752-754; 756; 835, 1; 841). Sono la garanzia che la Chiesa di oggi è la Chiesa fondata e voluta da Gesù Cristo e lo sarà fino alla fine dei tempi.

Libertà di ricerca e dovere di conservare la comunione

L'Istruzione del 30 marzo 1992 nell'Introduzione afferma: "Le norme canoniche costituiscono una garanzia per la libertà di tutti: sia dei singoli fedeli, che hanno il diritto di ricevere il messaggio del Vangelo nella sua purezza e nella sua integralità; sia degli operatori pastorali, dei teologi e di tutti i pubblicisti cattolici, che hanno il diritto di comunicare il loro pensiero, salva restando l'integrità della fede e dei costumi ed il rispetto verso i Pastori".
Il canone 218 così si esprime: "Coloro che si dedicano alle scienze sacre godono della giusta libertà di investigare e di manifestare con prudenza il loro pensiero su ciò di cui sono esperti, conservando il dovuto ossequio nei confronti del magistero della Chiesa". Il canone si riferisce ai cultori della scienza teologica e delle altre scienze che in qualche modo sono relazionate con la Rivelazione.


Il diritto alla libertà di investigazione e di manifestazione del proprio pensiero, secondo una deontologia professionale, è un diritto naturale dell'uomo. Poiché la Chiesa è costituita da uomini, che portano con sé tutte le prerogative e le esigenze inscritte nella loro natura, anche tale diritto è rilevante per la Chiesa. Esso, poi, è molte volte messo in relazione al diritto alla libertà di coscienza e alla libertà religiosa, altro diritto fondamentale dell'uomo, che ha rilevanza primaria anche per la Chiesa (cfr. Dignitatis humanae, 10; 12a; canone 748). Tuttavia, una volta che la persona, con piena libertà di coscienza, ha aderito alla fede della Chiesa ed è entrata a far parte di essa, è obbligata a professare integralmente l'unica fede. Entrato nella Chiesa, l'uomo resta uomo, ma accede a un livello superiore, quello della grazia, quindi l'adesione alla fede della Chiesa diventa per lui il primo e supremo valore e dovere (cfr. Dignitatis humanae, 14cd), in modo tale che la sua libera adesione del cuore e della mente alla fede salvifica della Chiesa diventi l'oggetto del diritto naturale alla libertà di coscienza. Si può, allora, affermare che solo nella libera e sincera adesione a quella fede il battezzato continua a esercitare pienamente tale suo diritto umano.

Inoltre, è da tener presente che l'uomo conserva nella Chiesa il suo diritto alla libertà di coscienza e di religione, anche nel senso che, se non volesse conservare l'integrità della fede cattolica oppure se volesse aderire ad altra religione, la Chiesa non lo potrebbe costringere a rimanere nella comunione ecclesiastica, ma egli stesso ne dovrebbe uscire, perché non vi potrebbe più rimanere. La Chiesa, da parte sua, come abbiamo visto, non solo ha il diritto, ma il dovere, di sancire tale autoesclusione con la scomunica, tenendo comunque presente che lo scomunicato rimane sempre membro della Chiesa, in quanto il battesimo, dono indelebile di Dio, non può mai essere cancellato.

Per lui la Chiesa continua a pregare e sperare.
In questo contesto si può comprendere che per conservare la comunione ecclesiale, che è segno della definitiva e piena comunione escatologica tra tutti i redenti in Cristo, il battezzato accetti i limiti imposti dalla Chiesa all'esercizio del diritto alla libera ricerca nelle scienze sacre e all'espressione e divulgazione del suo pensiero (cfr. canoni 212, 3; 218) e può anche arrivare alla rinuncia all'esercizio di esso.


Poiché la Chiesa è la comunione tra tutti coloro che professano l'unica fede e vivono nella carità, l'obbligo primario che scaturisce dal battesimo è quello di conservare la comunione con la stessa Chiesa (cfr. canone 209, 1) e con Dio, cioè di rimanere fedeli alla verità a cui si è liberamente aderito come verità salvifica (cfr. canoni 748, 1; 750; 752-754; 212, 1) e di condurre una vita santa (cfr. canone 210) nell'esercizio della carità. Di fatto si tratta di un duplice aspetto di un unico dovere, in quanto l'obbligo di rimanere fedele alla verità rivelata e di condurre una vita santa e l'obbligo di conservare la comunione con la Chiesa e con Dio si implicano a vicenda: da una parte la comunione con la Chiesa e con Dio si conserva soltanto quando si professa l'unica e vera fede e si esercita la carità, ma dall'altra l'unica fede e la carità sono alimentate solo nella comunione ecclesiale. La professione di fede, poi, come atto salvifico, in quanto attuazione storica della comunione con Dio e con gli uomini, è l'anticipazione della realizzazione escatologica della comunione con Dio e tutti i redenti in Cristo.


Posto questo, è da dire che la ricerca da parte del credente dell'intelligenza della fede (intellectus fidei), che è data dalla teologia, è un'esigenza irrinunciabile della Chiesa (cfr. Congregazione per la Dottrina della fede, Istruzione Donum veritatis, Introduzione). Il teologo, sulla base di un carisma proprio, ha una sua vocazione specifica nella Chiesa, quella "di acquisire, in comunione con il magistero, un'intelligenza sempre più profonda della parola di Dio contenuta nella Scrittura ispirata e trasmessa dalla tradizione viva della Chiesa" (ivi, 6). Quindi, la ricerca teologica presuppone nel teologo la fede come virtù teologale, dono interno di grazia, e l'ossequio dell'intelletto e della volontà alle verità salvifiche, espresso esternamente nella professione dell'integra fede della Chiesa (cfr. ivi, 8-9). Solo così il teologo "aiuta il popolo di Dio, secondo il comandamento dell'apostolo (cfr. 1Pietro 3, 15), a rendere conto della sua speranza a coloro che lo richiedono" (ivi, 6), in quanto, aiutandolo ad approfondire la propria fede, lo sostiene a viverla e a testimoniarla, e "offre il suo contributo perché la fede divenga comunicabile, e l'intelligenza di coloro che non conoscono ancora Cristo possa ricercarla e trovarla" (ivi, 7), assumendo una funzione che può essere detta missionaria.

La ricerca teologica, allora esige "uno sforzo spirituale di rettitudine e di santificazione" (ivi, 9) e una capacità critica che "esige un discernimento che ha il suo principio normativo ultimo nella dottrina rivelata" (ivi, 10). La libertà di ricerca in qualsiasi scienza deve condurre alla configurazione di una verità che scaturisca oggettivamente dall'applicazione rigorosa di un metodo; in teologia la "libertà di ricerca si iscrive all'interno di un sapere razionale il cui oggetto è dato dalla rivelazione, trasmessa e interpretata nella Chiesa sotto l'autorità del magistero e accolta dalla fede" (ivi, 12), quindi s'iscrive all'interno della fede della Chiesa, per cui è impegno specifico del teologo, scaturente dalla sua missione nella Chiesa di incrementare la fede del popolo di Dio, impartire un insegnamento che in nessun modo leda l'integrità della fede o la metta in pericolo con formulazioni ambigue che possono creare confusione nei fedeli (cfr. ivi, 11).

Sarebbe un ledere il diritto dei fedeli di essere istruiti nell'integrità della fede, per poter assolvere al loro obbligo di conservare la comunione con la Chiesa nel vincolo della professione dell'integra fede (cfr. canone 209, 1). Questo non sarebbe solo un non assolvere a un obbligo di giustizia, ma anche un obbligo di carità, in quanto sviare i fedeli dalla professione dell'integra fede significa indirizzarli su una via che può mettere in pericolo la loro salvezza.


Infine, è da dire che coloro che succedono agli Apostoli "hanno ricevuto un carisma sicuro di verità" (Dei verbum, 8b), e quindi il carisma dell'infallibilità in materia di fede e di costumi, che si esprime nell'esercizio della potestà di magistero infallibile e definitivo, che avviene secondo diverse modalità, e nell'esercizio del magistero autentico anche non infallibile e definitivo, ma anch'esso autoritativo per l'assistenza dello Spirito Santo (cfr. Lumen gentium, 25; canoni 749; 750, 752, 753; cfr. Congregazione per la Dottrina della fede, Istruzione Donum veritatis, 15-17; Professio fidei et iusiurandum fidelitatis, 1 luglio 1988).

Il servizio di carità e di giustizia dei pastori, nell'esercizio della loro autorità di magistero consiste nel tutelare il popolo di Dio "da deviazioni e smarrimenti, e garantendogli la possibilità obiettiva di professare senza errori la fede autentica, in ogni tempo e nelle diverse situazioni"; servizio che "non è quindi qualcosa di estrinseco alla verità cristiana né sovrapposto alla fede" (Congregazione per la Dottrina della fede, Istruzione Donum veritatis, 14).

Il teologo, perché l'esercizio del suo carisma di servizio alla verità possa contribuire all'incremento della fede del popolo di Dio, deve aderire più di ogni altro fedele (cfr. canone 212, 1) sia al magistero infallibile che al magistero non infallibile, anche se in modo diverso, in uno spirito di collaborazione (canone 218; cfr. Congregazione per la Dottrina della fede, Istruzione Donum veritatis, 20, 22-31), evitando ogni tipo di dissenso o "magistero parallelo", che metta in pericolo la comunione ecclesiale e crei confusione nei fedeli (cfr. canone 212, 3, e Congregazione per la Dottrina della fede, Istruzione Donum veritatis, 32 e seguenti). L'esigenza del retto esercizio di questi diversi carismi e funzioni nella Chiesa è alla base dell'Istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede del 30 marzo 1992.

Conclusione

Da tutto quanto finora detto si trae che, per quello che riguarda in generale il modo di adempimento dei doveri e di esercizio dei diritti dei fedeli nella Chiesa, la prospettiva non può essere l'affermazione e la rivendicazione dei diritti dei singoli in modo individualista.


Allora, quando a causa dell'esercizio di un suo diritto la comunione ecclesiale fosse messa in pericolo, il singolo fedele, e nel caso particolare un teologo, in ragione del dovere fondamentale della carità, deve rinunciare alla rivendicazione di esso, altrimenti a un'ingiustizia subita opporrebbe un'ingiustizia ancora più grande, quella della rottura della comunione. Infatti, nella Chiesa è veramente difficile discernere chiaramente tra i doveri e i diritti personali dei fedeli e quelli comunitari.

La persona nella Chiesa non può mai essere considerata in modo individualistico, in quanto sempre vive e agisce in essa, la alimenta e la edifica con la sua stessa vita e azione. Quindi, quando un fedele adempie i suoi doveri ed esercita i suoi diritti non si può mai dire che lo faccia solo per se stesso, ma sempre anche per il bene di tutta la Chiesa. Per questo la Chiesa si realizza come comunione tra tutti i battezzati, cioè come comunione dei santi, dove il bene di tutti diventa il bene di ciascuno e il bene di ciascuno diventa il bene di tutti (cfr. Giovanni Paolo ii, Esortazione apostolica Christifideles laici, 26).




(©L'Osservatore Romano - 5 settembre 2008)
Caterina63
00sabato 29 novembre 2008 17:12
"Rapporto sulla fede"- Cap. XI
J. RATZINGER - V. MESSORI

citare Ratzinger mi fa sempre stare bene....


Comincio con una "provocazione":
"Eminenza, c'è chi dice che sia in atto un processo di "protestantizzazione" del cattolicesimo".

La risposta, come al solito, accetta in pieno la battuta: "Dipende innanzitutto da come si definisce il contenuto di " protestantesimo ". Chi oggi parla di "protestantizzazione" della Chiesa cattolica, intende in genere con questa espressione un mutamento nella concezione di fondo della Chiesa, un'altra visione del rapporto fra Chiesa e vangelo. Il pericolo di una tale trasformazione sussiste realmente; non è solo uno spauracchio agitato in qualche ambiente integrista". [SM=g27988]

Ma perché proprio il protestantesimo - la cui crisi non è certo minore di quella cattolica - dovrebbe oggi attirare teologi e fedeli che sino al Concilio erano restati fedeli alla Chiesa di Roma?

"Non è certamente una cosa facile da chiarire. Si impone tuttavia la seguente considerazione: il protestantesimo è nato all'inizio dell'epoca moderna ed è pertanto molto più apparentato che non il cattolicesimo con le idee-forza che hanno dato origine al mondo moderno. La sua attuale configurazione l'ha trovata in gran parte proprio nell'incontro con le grandi correnti filosofiche del XIX secolo. E' la sua chance ed insieme la sua fragilità questo suo essere molto aperto al pensiero moderno. Così può nascere l'opinione (proprio presso teologi cattolici che non sanno più che fare della teologia tradizionale) che nel "protestantesimo" si possano trovare già tracciate le vie giuste per l'intesa fra la fede e il mondo moderno".

Sarebbe interessante sapere su quali argomenti farebbe leva contro Lutero la Congregazione per la Dottrina della fede per intervenire anche oggi.

La risposta non esita: "A costo di essere noioso, penso che ci appoggeremmo ancora una volta al problema ecclesiologico. Alla disputa di Lipsia, il contraddittore cattolico di Martin Lutero gli dimostrò in modo irrefutabile che la sua "nuova dottrina" non si opponeva soltanto ai papi ma anche alla Tradizione così come chiaramente espressa dai Padri e dai Concili. Lutero fu costretto ad ammetterlo e dichiarò allora che anche dei Concili ecumenici avrebbero sbagliato. In questo modo, l'autorità degli esegeti fu collocata al di sopra dell'autorità della Chiesa e della sua Tradizione", un aspetto inaccettabile per la Chiesa.

Dunque, in quel momento si realizzò lo "strappo" decisivo?

"In effetti credo che quello fu il momento decisivo, perché in questo modo si abbandonava l'idea cattolica di una Chiesa interprete autentica del vero senso della Rivelazione. Lutero non poteva più condividere quella certezza che nella Chiesa riconosce una coscienza comune superiore all'intelligenza e alle interpretazioni private. Così la relazione fra la Chiesa ed il singolo, fra la Chiesa e la Bibbia era radicalmente mutata. Su questo punto quindi la Congregazione dovrebbe parlare con Lutero, se egli vivesse ancora; o detto meglio: su questo punto noi parliamo con lui nei dialoghi ecumenici. Del resto questo problema sta in modo considerevole al fondo anche dei nostri colloqui con teologi cattolici: la teologia cattolica deve interpretare la fede della Chiesa; ma là dove essa passa direttamente dall'esegesi biblica ad una ricostruzione autonoma del teologo, si fa qualcosa di diverso".

Che cosa, soprattutto, è oggetto di revisione da parte riformata?

"C'è la riscoperta della necessità di una Tradizione, senza la quale la Bibbia è come sospesa in aria, diventa un vecchio libro tra tanti altri. Questa riscoperta è favorita anche dal fatto che i protestanti sono, assieme agli ortodossi, nel Consiglio Ecumenico di Ginevra, l'organismo che raccoglie una grande parte delle Chiese e delle Comunità cristiane. Ora: dire "ortodossia orientale" significa dire "Tradizione"". "Del resto - aggiunge - questo accanimento sul Sola Scriptura del protestantesimo classico non poteva sopravvivere e oggi è più che mai messo in crisi proprio dall'esegesi "scientifica" che, nata e sviluppatasi in ambito riformato, ha mostrato come i vangeli siano un prodotto della Chiesa primitiva; anzi, come la Scrittura intera non sia che Tradizione. Tanto che, rovesciando il loro motto tradizionale, alcuni studiosi luterani sembrano convergere nell'opinione delle Chiese ortodosse d'Oriente: non, dunque, Sola Scriptura ma Sola Traditio. [SM=g27988] C'è poi anche, da parte di alcuni teologi protestanti, la riscoperta dell'autorità, di una qualche gerarchia (cioè di un ministero spirituale sacramentale), della realtà dei sacramenti". Sorride, come soprappensiero: "Sino a quando queste cose le dicevano i cattolici per i protestanti era difficile farle proprie. Dette dalle Chiese d'Oriente sono state accolte e studiate con maggior attenzione, forse perché si diffidava meno di quei cristiani, la cui presenza al Consiglio di Ginevra si rivela dunque provvidenziale".



GRANDE JOSEPH RATZINGER... [SM=g27987]
__________________
Vogliamo essere veramente segno di contraddizione?

“Altro non vi dico (…) Non vorrei più parole, ma trovarmi nel campo della battaglia, sostenendo le pene, e combattendo con voi insieme per la verità infino alla morte, per gloria e lode del nome di Dio, e reformazione della Santa Chiesa…”
(Santa Caterina da Siena, Lettera 305 al Papa Urbano VI ove lottò fino alla morte per difendere l’autorità del Pontefice)
Caterina63
00mercoledì 21 gennaio 2009 12:23
....a quanto abbiamo letto sopra, occorre chiarire un altro aspetto: LA CHIESA NON SIAMO NOI...[SM=g7574]
è bene dunque specificare che NOI SIAMO CHIESA non in quanto inventori e salvatori di questa DIVINA ISTITUZIONE con le Dottrine che ne conseguono, quanto piuttosto facente parte delle MEMBRA CHE LA COMPONGONO...[SM=g1740722]


Quando diciamo appunto che la Chiesa E' MADRE intendiamo dire che NOI non siamo certo "madri di noi stessi"....[SM=g1740727]  QUALCUN ALTRO CI HA GENERATI E RIGENERATI NELLA CHIESA e questo è stato il Cristo mediante il Battesimo ed è la Chiesa che in qualità di Madre ci ha RIPARTORITI nella Grazia salvatrice e redentrice....[SM=g1740717]
Non a caso il Papa dice nella Sacramentum Caritatis: LA CHIESA SI ESPRIME E SI ATTUA NEI SETTE SACRAMENTI, nel caso in cui un cattolico ignorasse volutamente uno solo o lo disprezzasse, cesserebbe di essere Cattolico e di essere nella Chiesa...

La Chiesa dunque NON siamo noi, se per questo si vuole intendere una autorità personale ed individuale dei gruppi, delle MEMBRA che la compongono...
la Chiesa NON è neppure il Papa, nè i Vescovi, nè alcun fondatore...piuttosto E' NELL'AUTORITA' DEL CRISTO riversata a Pietro e ai Vescovi, che la Chiesa è Istituzione DIVINA nella virtù DELL'OBBEDIENZA, a partire dal Cristo che "si fece obbediente fino alla morte"...lasciando Pietro quale Vicario autorizzato a "confermare gli altri nella medesima Fede"... da qui scaturisce LA COMUNIONE ECCLESIALE, UN CUOR SOLO, UN ANIMA SOLA....[SM=g1740717]


Infatti un errore pericoloso che si compie è questo quando diciamo: LO DICE LA CHIESA come se la Chiesa avesse inventato o dato origine a delle novità...[SM=g1740730]

Bisogna dunque evitare di riferirsi alla Chiesa come se fosse essa la creatrice delle verità...[SM=g1740729]  La Chiesa, in effetti, non fa altro che conservare e sviluppare il deposito della fede affidatole da Dio.... E la verità è tale non perché lo dice la Chiesa, ma perché è così: per dirla con san Tommaso, è l'adeguazione dell'intelletto alla realtà, alle cose....

Ergo "noi siamo Chiesa" solo nel momento in cui ACCOGLIAMO in questa rinascita nel Battesimo, QUANTO CI VIENE DONATO, QUANTO CI VIENE INSEGNATO e a nostra volta, IN QUALITA' DI MEMBRA DELLA CHIESA, RIDONIAMO QUANTO RICEVUTO....qui si applica la Comunione Ecclesiale...[SM=g1740721]


I Carismi, inseriti in questo contesto, SONO INDISPENSABILI alla Chiesa per evitare proprio l'appiattimento dottrinale, per evitare di diventare, come i farisei, SCHIAVI DELLA LEGGE...[SM=g7574]

Gesù non venne ad abolire la Legge(=Dottrine), tuttavia venne perchè noi non ne diventassimo schiavi e questo per dare modo ALLO SPIRITO SANTO DI ESPRIMERSI IN DIVERSI MODI ALL'INTERNO DELLA LEGGE STESSA... [SM=g7609]
in tal modo cresce e si sviluppa la TEOLOGIA nell'Uomo attraverso la quale l'Uomo stesso, nell'UMILTA', e lasciandosi guidare dalla Chiesa, è in grado e riesce nel tempo, in ogni generazione, a dare quella RAGIONE DELLA SPERANZA CHE E' IN NOI...

La DOTTRINA non va dunque usata MAI come un arma... mai usata CONTRO i Carismi, mai usata per giudicare ciò che non ci è piaciuto o ciò che non ci piace o ciò che NON comprendiamo [SM=g7831]
così agivano i Farisei per opporsi al Cristo...usavano la Legge...[SM=g7574]

I Farisei chi erano?
attenzione, perchè erano dei profondi osservanti della Legge, ma talmente CHIUSI nel cuore che NON permettevano a nessuno di accedere a Dio se questo qualcuno non rientrava nelle loro grazie....Da qui giunsero ad accusare Gesù di avere il diavolo per padre....
Brandivano la Legge di Mosè contro Dio stesso...usarono la Legge per far condannare Gesù...

Anche oggi il mondo è pieno di FARISEI ma che nel nostro caso si chiamano: SEMINATORI DI ZIZZANIA perchè chiunque usa la Dottrina(=Legge) CONTRO LA CHIESA STESSA che è il Corpo di Cristo, non fa altro che riperpretare ciò che avvenne al Corpo di Cristo duemila anni fa...con la persecuzione e la condanna a morte...[SM=g1740730]

I tali seminatori di zizzania, tuttavia, sono più raffinati, come i Farisei NON SI PONGONO FUORI DELLA LEGGE  al contrario, essi cercano la conferma della LORO LEGGE, la impongono con metodi sempre più raffinati...riescono ad ingannare i cuori puri...e seminano così la zizzania poichè la VERITA' che è il Cristo e NON una immagine della Chiesa, non può rimanere a lungo nascosta...[SM=g7574]

Da qui si ha il RISVEGLIO AMARO di quanti, pur essendosi avvicinati al Cristo attraverso i nuovi Farisei, attraverso LE LORO LEGGI E L'OBBEDIENZA AD ESSI, si svegliano e comprendono che la Chiesa è ben altra cosa...

Come reagire?
PREGANDO, AMANDO E SOFFRENDO....
Pregando per la grazia ricevuta;
Amando coloro che ci tennero lontani dalla VERITA'=CORPO e facendoci seguire una Verità=immagine...amandoli come Cristo li ama...
Soffrendo, perchè nell'amare come Cristo ci ama, SI SOFFRE ^__^
Dice san Paolo: CRISTO CI AMO' E MORI' PER NOI QUANDO ANCORA ERAVAMO PECCATORI...

Notare bene, san Paolo non dice che Cristo ci amò e morì per noi dopo che ci convertimmo...[SM=g1740720]
è per questo che egli osa dire: LA CARITA' COPRE UNA MOLTITUDINE DI PECCATI...

Infine essendo noi MEMBRA DEL CORPO VIVO CHE E' LA CHIESA, dobbiamo fare attenzione, dice san Paolo, di NON AGIRE IN MODO SCORDINATO
cosa vuol dire?
Lo spiega nel meraviglioso brano quando dice che le membra che compongo, per esempio il piede di questo Corpo, non possono agire diversamente da come agiscono le membra che compongono l'altro piede [SM=g1740725]  così a riguardo di tutti gli arti: LE MEMBRA DUNQUE DEVONO ESSERE COORDINATE ALLE DIRETTIVE DEL CAPO...

Il Capo è Cristo che nel suo Vicario in terra e per mezzo dello Spirito Santo, OPERA AL COORDINAMENTO DELLE MEMBRA con l'aiuto dei Vescovi...
ma se le membra agiscono di propria inventiva, ecco che abbiamo un corpo VISIBILMENTE SCORDINATO, NON PIU' UNO, MA MILLE IMMAGINI DI UN CORPO CHE PUR RIMANENDO NELLA SUA SFERA MISTICA "UNA, SANTA, CATTOLICA ED APOSTOLICA", SULLA TERRA NON DA L'UNICA IMMAGINE CHE E' CHIAMATA A DARE: UN CORPO SOLO...

Dunque noi NON siamo la Chiesa, piutosto siamo chiamati a RENDERLA VISIBILE NEL MONDO quale segno di contraddizione al Male che lo anima e ci coinvolge togliendoci la vera PACE....

per dirla con san Paolo la Chiesa è, oltre ad essere Mistica, L'ASSEMBLEA DEI CONVOCATI DA DIO(=ossia i Battezzati)

in questo essere CONVOCATI le MEMBRA esprimono dunque la personale INDOLE CARISMATICA divenendo UNA COSA SOLA NEL CORPO, parlando una sola lingua che è quella dello Spirito Santo(=leggasi dottrine) e al tempo stesso comprendendo anche "tutte le lingue del mondo" grazie proprio allo Spirito Santo che ci permette di parlare con un cuor solo e un anima sola....[SM=g1740717]

...ogni mattina quando prego con il Rosario insieme a Radio Maria, chiedo sempre: "Madre mia, fa che oggi non mi comporti da fariseo; fa che non stacchi almeno per oggi il mio sguardo dalla Verità...Fa che non dia, almeno per oggi, una falsa immagine di TE MADRE DELLA CHIESA, E DELLA CHIESA STESSA MIA MADRE..."
e così ogni mattina, perchè ogni giorno possiamo cadere...[SM=g7831]

Anche quando si è prigionieri DEL DOLORE E DELLA SOFFERENZA, o delle amare esperienze, si rischia di dare una falsa immagine della Chiesa, non solo seminando false dottrine...[SM=g7831]

Cerchiamo di pensare anche con quella LIBERTA' che anima le Membra del Corpo che è la Chiesa, altrimenti chi legge potrebbe pensare che vogliamo sempre bacchettare qualcuno [SM=g1740727]  quando così NON è...bensì vogliamo CRESCERE INSIEME e insieme capire ciò che ci unisce, ciò che ci fa soffrire, ciò che ci angustia, ciò che è speranza in noi...

[SM=g1740750] [SM=g7182]

Caterina63
00mercoledì 2 giugno 2010 14:29
Un grazie all'amico Gino che ha postato quanto segue su Facebook:

tratto da: http://christusveritas.altervista.org/la_vera_chiesa_la_vera_religione.htm

Qual è la vera Chiesa? (Ef. 4, 4-6)

Rechiamoci col pensiero, per un istante, ad Assisi, patria di S. Francesco. Nella storia dell’umanità mai c’è stato un avvenimento simile. Per iniziativa di Giovanni Paolo II si sono riuniti, per la prima volta, i rappresentanti delle principali religioni del mondo (il 27 Ottobre 1986).

Si sono radunati per pregare insieme e digiunare allo scopo di chiedere a Dio "pace e bene" per tutta l’umanità che era in pericolo di una conflagrazione atomica.

Se questa riunione dei rappresentanti delle religioni fosse avvenuta ai tempi di S. Francesco, questi avrebbe fatto grandi salti per la gioia. Assisi, almeno per un giorno, è diventata la capitale spirituale del mondo, la capitale di tutte le religioni. Quante religioni ci sono sulla terra!


1. TUTTE LE RELIGIONI SONO UGUALI? No! Se fossero tutte uguali ci sarebbe una sola religione.



2. TUTTE LE RELIGIONI SONO VERE? No! Sarebbe lo stesso che voler sostenere che 2+2 fa e 4 e 5 e 6 e 80 e così all’infinito: sono tante le risposte possibili, ma una sola è la risposta vera: 2+2 fa 4. Così si dica delle religioni: sono tante, ma una sola è la religione vera (cioè che ha la pienezza della verità). In altre parole: ogni religione ha un certo numero di verità, ma una sola può avere tutte le verità, poiché – come dice S. Paolo – uno solo è il Signore, quindi una sola è la fede ossia la vera religione: "Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti" (1).



3. QUAL’È LA RELIGIONE VERA? QUELLA CRISTIANA! Soltanto Dio ha la possibilità di non insegnare alcun errore e di rivelarci solo delle verità. Quindi l’unica religione vera è quella istituita da Dio ossia la religione Cristiana, istituita da Cristo Dio. Perciò, con rispettosa ammirazione mettiamo da parte tutte le religioni istituite da uomini: il buddismo, l’induismo, il maomettanesimo e ogni altra religione non cristiana. Mettiamo pure da parte, con devota stima, l’ebraismo istituito da Dio, ma come preparazione alla venuta di Cristo, e perciò destinato a sfociare nel Cristianesimo.



4. TRA LE MOLTE CHIESE O RELIGIONI CRISTIANE QUAL È QUELLA VERA? È LA CHIESA O RELIGIONE CATTOLICA

Sono tante Chiese che si dicono cristiane; ecco le principali:

La Chiesa Cattolica, che conta 980 milioni di anime.

La Chiesa Ortodossa separata da quella Cattolica da circa mille anni; conta 250 milioni di anime; professa quasi tutte le verità sempre credute dalla Chiesa cattolica, con la quale è in ottimi e cordiali rapporti.

Dobbiamo pregare perché avvenga quanto prima la riunificazione delle due Chiese sorelle.

La Chiesa protestante, separata dalla Chiesa cattolica dal tempo di Lutero (1522). È suddivisa in 400 Chiese o religioni protestanti principali (oggi agglomerate nel Consiglio mondiale delle Chiese Evangeliche) e in migliaia di Chiese protestanti secondarie. Tutte queste Chiese protestanti, insieme, contano circa 550 milioni di anime. Con la Chiesa cattolica sono in buoni rapporti ecumenici.

Inoltre dal principio protestante del libero esame della Bibbia sono pullulate innumerevoli Sette che oggi costituiscono un enorme pericolo per tutto il cristianesimo sia cattolico che protestante: di queste parleremo nella prossima catechesi.

Povero Protestantesimo, frantumato in centinaia e migliaia di Chiese o religioni, una diversa dall’altra! S. Paolo grida: "Cristo è stato forse diviso? (2)" Non ci sono centinaia e migliaia di Cristo! Uno solo è Cristo, quindi una sola è la vera Chiesa di Cristo!

A – Non possono essere vere le Chiese Protestanti per questi motivi:

Praticamente sono fondate da uomini quali Lutero, Calvino, Enrico VIII, ecc.

Negano alcuni Sacramenti e diverse verità che i loro antenati hanno creduto per 1.400 anni.

Conservano alcuni principi non santi e che possono spingere all’indifferentismo e perfino al peccato, come esprimiamo qui sotto.

Ritengono che sia sufficiente la fede per la salvezza eterna e non occorrono le opere.

Sostengono che ognuno è già predestinato da Dio o al paradiso o all’inferno. Quindi è inutile essere virtuosi.

Professano il libero esame della Bibbia quindi la supremazia del giudizio privato nella interpretazione della Sacra Scrittura. Principio contagioso e catastrofico come riconobbe lo stesso Lutero che andava ripetendo: nel Protestantesimo ci sono tante religioni quante sono le teste.

Negano l’autorità che Gesù ha dato al Papa, autorità che i Riformatori attribuiscono poi a se stessi.

Lutero si attribuì un’autorità tanto esagerata da scrivere: "Io non posso sentire né sopportare niente che sia contrario a ciò che insegno. Chiunque insegna diversamente da quello che io insegno, sarà figlio dell’inferno".

Calvino attribuiva a sè un’autorità dispotica. Ha scritto: "Dio ha conferito a me l’autorità di dichiarare ciò che è bene e ciò che è male". Conforme a queste sue idee dittatoriali, comandava si infliggesse la morte, o di spada o di fuoco, a tutti quelli che non la pensavano come lui. Fece imprigionare il suo avversario in teologia, Serveto, e lo fece morire a fuoco lento (3).

Lutero nega il libero arbitrio cioè la libertà umana e quindi la responsabilità dell’individuo; perciò esorta perfino a peccare, come per esempio quando scrive: "Sii peccatore, e pecca fortemente. Bisogna peccare per tutto il tempo che siamo in questo mondo; il peccato non può separarci da Dio, dovessimo anche ogni giorno commettere mille adulteri ed altrettanti omicidi" (4).

Enrico VIII, dopo aver difeso la chiesa Cattolica contro Lutero e Calvino, per il fatto che il Papa non gli concesse il divorzio dalla sua legittima moglie, abbandonò il Cattolicesimo e fondò la Chiesa Protestante anglicana di cui si dichiarò Capo al posto del Papa. Poi si risposò cinque volte, e due spose le uccise e altre tre le ripudiò. Condannò alla morte molti nobili (tra cui il suo Cancelliere S. Tommaso Moro), perché non lo vollero riconoscere capo supremo della Chiesa.

Tuttavia i nostri fratelli Protestanti o Evangelici di oggi – lo diciamo con stima e con gioia – hanno abbandonato alcune posizioni estremiste dei loro fondatori, e lentamente, mediante fraterni e cordiali dialoghi con la Chiesa Cattolica, stanno avvicinandosi alle verità credute dai loro antenati prima di Lutero, per 1400 anni (quando erano Cattolici).

A loro noi Cattolici chiediamo perdono, come fece Paolo VI, in Terra Santa, poiché noi, pur avendo conservate sempre tutte le verità del Vangelo, rompemmo l’amore, la carità verso di essi e verso i loro Fondatori: se li avessimo amati come Gesù comanda, forse non ci sarebbero state queste divisioni. Dobbiamo molto pregare per l’unità di tutti i cristiani.

Comunque possiamo esclamare con il celebre prof. Paul Claudel: "Che volete con tutte le vostre religioni? Ce ne sono tante di religioni? Per me non ce n’è che una: la religione cristiana, cattolica, apostolica e romana. Tutto il resto non è che opera dell’uomo" (5). E possiamo gridare con Leone Bloy: "Sei fuori della Chiesa Cattolica? Sei nell’errore!" Sei nella Chiesa Cattolica? Ti dirò con S. Paolo: Essa "è colonna e fondamento della verità" (6).

B – La Chiesa Cattolica è l’unica religione vera perché conserva tutte le verità insegnate da Gesù e predicate dagli apostoli, cominciando dai punti fermi, essenziali: S. Messa (che ancor oggi è uguale, perfino nei riti, alla Messa che si celebrava nei primi tempi come è accennato negli Atti degli Apostoli e come viene descritta da S. Giustino nel 150 d. C.), i 7 Sacramenti, la devozione alla Madonna, l’obbedienza ai Pastori (Papa, Vescovi, Sacerdoti), ecc.

Il P. Sertillanges afferma: "La Chiesa Cattolica è la più antica società sopravvissuta senza mai cambiare Costituzione". E non può cambiarla perché gli è stata data da Cristo Dio: non ha cambiato neppure una sola verità, perché la parola di Dio non si cancella.

Solo la Chiesa Cattolica ha tutti i quattro attributi donati da Gesù quale carta d’identità perché sia riconosciuta come l’unica vera Chiesa di Cristo: attributi che cantiamo nel Credo: "una santa cattolica e apostolica".

a) Unità di fede (le stesse verità, in tutti i tempi), di legge (gli stessi Comandamenti), di culto (la Messa, i 7 Sacramenti), di pastoralità poiché ha sempre insegnato ad obbedire ai Pastori voluti da Gesù (Papa, Vescovi).

b) Santità, che rifulge in Cristo suo Capo, nei dogmi o verità, nella morale, nella Messa, nei Sacramenti, nelle virtù eroiche della Vergine e di milioni di Santi e martiri del passato e di oggi.

c) Cattolicità o Universitalità, essendo destinata da Gesù alla salvezza di tutti gli uomini, in ogni tempo.

d) Apostolicità, poiché deriva da Cristo mediante gli Apostoli, e, da 2.000 anni predica, senza nulla cambiare, la stessa santa dottrina apostolica. (Vedi il "Catechismo della Chiesa Cattolica" pag. 222-238).

Gesù a Lourdes, per mezzo della Madonna, con tanti miracoli ha confermato e ancor oggi conferma le verità predicate da 2.000 anni dalla Chiesa Cattolica, specialmente quelle più contese: Eucarestia, maternità divina della Madonna, il Primato e l’infallibilità del Papa, l’esistenza dell’inferno, del paradiso, ecc.

Enorme importanza ha l’indagine scrupolosa fatta dal Card. Newman quando era professore di teologia protestante all’università di Oxford. Cercava delle prove sicure per dimostrare che la Chiesa Cattolica non è la Chiesa degli apostoli. Con grande impegno consultò gli Atti degli apostoli, gli scritti dei Vescovi e dei Padri e Dottori della Chiesa dei primi cinque secoli del cristianesimo. Si riteneva sicuro di trovare la condanna della Chiesa Cattolica dei nostri tempi. Invece scoprì con chiarezza solare che l’insegnamento della Chiesa degli Apostoli e dei primi cinque secoli del cristianesimo era perfettamente identico all’insegnamento della Chiesa Cattolica di oggi. Perciò, pur dovendo abbandonare amici e parenti e interessi materiali, si convertì al Cattolicesimo. Molti protestanti ne seguirono l’esempio.



5. LA CHIESA CATTOLICA VUOLE SALVEZZA ETERNA PER CATTOLICI E NON CATTOLICI.

Per i Cattolici ci sarà sicura salvezza eterna soltanto se metteranno in pratica l’insegnamento della Chiesa.

Per i non Cattolici è possibile la salvezza eterna, ma a queste condizioni ricordate dal Vaticano II: "Coloro che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa e tuttavia cercano Dio con cuore sincero, e si sforzano, sotto l’influsso della grazia, di compiere con le opere la volontà di Dio conosciuta per la voce della coscienza, possono salvarsi" (7).

Invece "non possono salvarsi coloro che sapendo che la Chiesa Cattolica è stata stabilita da Dio per mezzo di Gesù Cristo, come istituzione necessaria, rifiutano di entrare o di restare in essa" (8).

"Questa Chiesa peregrinante è necessaria alla salvezza. Perciò non possono salvarsi quegli uomini i quali pur non ignorando che la Chiesa Cattolica è stata da Dio, per mezzo di Gesù Cristo, fondata come necessaria, non vorranno entrare in essa o in essa perseverare" (9).

Perciò Paolo VI, affermava: "L’antica formula: solo nella Chiesa c’è salvezza, perdura in tutta la sua testuale drammaticità" (10).

E Giovanni Paolo II, parlando a 10.000 giovani francescani, ha detto: "Si tratta di essere consapevoli e di farsi carico, come Frate Francesco, di questa fondamentale verità rivelata, racchiusa nella frase consacrata dalla tradizione: Non v’è salvezza fuori della Chiesa" (11).

Dunque rimane sempre vero ciò che hanno proclamato tutti i Dottori della Chiesa in due mila anni: "Extra Ecclesiam nulla salus" cioè: chi colpevolmente abbandona la Chiesa Cattolica per diventare Luterano o Calvinista o Testimone di Geova o marxista o materialista, se non si converte, non avrà salvezza. "In Ecclesia, salus aeterna" cioè: "Chi rimane nella Chiesa Cattolica e vive secondo il suo bimillenario insegnamento, è sicuro della salvezza eterna.

ESEMPIO. S. Fedele da Sigmaringa, coraggioso Predicatore itinerante Cappuccino, primo martire di Propaganda Fide (1622). Ha 44 anni. Arrivato a Seewis (Svizzera) per predicare, vede un cartello in cui sta scritto: "Oggi predicherai e non più". Imperterrito svolge la sua predica sul testo di S. Paolo: "Non c’è che un solo Signore, una sola fede" (la fede cristiana cattolica). Un colpo d’archibugio sfiora il Predicatore, il quale lascia il pulpito, sosta in preghiera davanti all’altare, poi, per evitare la profanazione della Chiesa, esce per strada. Ma è accerchiato da una ventina di Protestanti che inutilmente lo vogliono costringere a rinnegare la Chiesa Cattolica. Lo colpiscono con mazze ferrate, con bastonate e con spade. P. Fedele implora il perdono di Dio per i suoi uccisori e muore trafitto al cuore da una spada mentre invoca Gesù e la Madonna.

Fratello, sorella, sull’esempio di questo eroe e di altri milioni di martiri, non separarti mai dalla Chiesa. La tua speranza è la Chiesa. La tua salvezza è la Chiesa. La tua santificazione è la Chiesa Cattolica!



PROPOSITO. Offriremo a Gesù, per mezzo della Madonna, particolari preghiere e sacrifici e opere buone per ottenere che i cristiani si raccolgano nell’unica vera Chiesa. Ci impegniamo a partecipare ogni anno (dal 18 al 25 Gennaio) alla settimana mondiale di preghiere per l’unità dei cristiani (12).


NOTE:
(1) Ef. 4, 4s

(2) 1 Cor. 1, 13

(3) Cfr. John O’Brien,

"La fede dei

Cattolici"

(4) Lutero, "Opere",

Jena 1556, t. 1°

pag. 545

(5) P. Henrì De Lubac,

"Credo in Dio di

Paul Claudel"

(6) 1 Tim. 3, 15

(7) L.G. 16

(8) Ad Gentes, 7

(9) L.G. 14

(10) 14–5–1965

(11) 2–10–1982

(12) Cfr. Gv. 17, 20s.


 
ATTENZIONE, c'è un errore nel testo sopra: non a tutti si pu... Mostra tuttoò dare la definizione di CHIESA!
c'è la Chiesa Cattolica, la Chiesa SORELLA Ortodossa-cattolica e ci sono le COMUNITA' ECCLESIALI che sono il ramo Protestante perchè NON avendo in sè la SUCCESSIONE APOSTOLICA (gli Anglicani ce l'hanno avuta ma con le ordinazioni alle donne non hanno più alcun valore e i Luterani l'hanno mantenuta solo in Svezia, ma stanno perdendo anche qui) non mantengono IL SACERDOZIO MINISTERIALE e di conseguenza NON possono essere considerate UNA CHIESA perchè NON amministrano i Sacramenti... il Battesimo infatti può essere amministrato anche dai laici.... mentre la Confessione, l'Eucarestia, la Cresima, il Matrimonio e l'Estrema Unzione, presenti appunto anche nelle Chiese Ortodosse, sono amministrati dal Clero...
E' un errore ecumenico bonista definire chiese le comunità ecclesiali protestanti...
c'è il Documento che lo spiega benissimo  CLICCA QUI

BREVE RIFLESSIONE MIA per ricordare che tal problema lo abbiamo anche dentro la Chiesa attraverso chi pensa, erroneamente che SIAMO TUTTI UGUALI....no!! lo siamo nella misura in cui Cristo ci ha redenti e nella misura in cui ogni Uomo deve essere salvato, in tal senso SIAMO TUTTI UGUALI di fronte all'emergenza dell'essere salvati, ma chi BATTEZZATO e' entrato in qualità di MEMBRA nel Corpo mistico del Cristo, la situazione cambia... e le responsabilità aumentano...

ricordando anche questo link:

Possiamo fidarci dei MOVIMENTI sorti dopo il Concilio?

e questo

La giustizia di Dio e il suo Giudizio e a noi: Giudiziocare secondo GIUSTIZIA!

riporto una riflessione:

E si termini di dire "noi siamo Chiesa...." è una bestemmia!!!
noi SIAMO LE MEMBRA DELLA CHIESA... la Chiesa è LA SPOSA DI CRISTO, E' IL COPRO DI CRISTO, NON SIAMO NOI LA CHIESA....NOI NE SIAMO LE MEMBRA mediante il Battesimo!

Non si vede più la Chiesa quale è realmente: Sposa e Corpo di Cristo e di conseguenza ecco che senza accorgersene e in buona fede, si USA LA CHIESA a seconda delle proprie voglie...a seconda delle proprie idee o opinioni ritenendo la Chiesa un essere se stessi...ecco perchè molti sacerdoti non sono più fedeli perchè NON vivono la Chiesa QUALE LORO SPOSA...ma la vivono come se stessi con i difetti e le infedeltà...
al contrario la Sposa di Cristo E' UNA E SANTA, E' PURA E IMMACOLATA ED E' LEI CHE CI SANTIFICA NON IL CONTRARIO!!!

Questo modo di vedere la Chiesa come se stessi è una grave apostasia...
Certo! i Santi poi AIUTANO LA CHIESA, gli Ordini Religiosi, anche i Movimenti certamente danno un ricco CONTRIBUTO alla causa della Chiesa, le membra CONTRIBUISCONO ALLA SUA CRESCITA, ma NON la santificano, è la Chiesa che santifica noi...


Concludo queste riflessioni con le parole di Giovanni Paolo II nel suo spiegare la gravità della situazione e la negazione della CORREZIONE FRATERNA...

Coloro che si rendono conto di tale situazione di peccato e della necessità di accogliere la salvezza divina, si trovano nella situazione migliore per ottenere il perdono di Dio; coloro invece che non riconoscono la propria miseria, si rendono indisposti e chiusi all’azione redentrice di Cristo e rimangono privi della sua misericordia.
Ciò non perché Dio non voglia loro perdonare, ma perché il perdono non può essere riversato su chi non avverte il bisogno di perdono e non lo chiede.
L’uomo si fa così impenetrabile alla grazia dello Spirito, restando prigioniero della propria tenebra interiore. È veramente uno stato di profonda chiusura spirituale che impedisce ogni possibile conversione: «L’uomo resta chiuso nel peccato, rendendo da parte sua impossibile la sua conversione e, dunque, anche la remissione dei peccati, che ritiene non essenziale e non importante per la sua vita. È, questa, una condizione di rovina spirituale, perché la bestemmia contro lo Spirito Santo non permette all’uomo di uscire dalla sua auto-prigionia e di aprirsi alle fonti divine della purificazione delle coscienze e della remissione dei peccati» (Dominum et Vivificantem, 46).


ergo NON è vero CHE TUTTI "ANDIAMO" IN PARADISO....l'Inferno esiste ed aiutare i fratelli a capire l'errore è fondamentale ed indispensabile, non si tratta dunque tanto di giudicare, quanto di AVVISARE E CONDANNARE L'EMPIETA':

Ezechiele cap.3

16 Al termine di questi sette giorni mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell'uomo, ti ho posto per sentinella alla casa d'Israele. 17 Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia. 18 Se io dico al malvagio: Tu morirai! e tu non lo avverti e non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta perversa e viva, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te. 19 Ma se tu ammonisci il malvagio ed egli non si allontana dalla sua malvagità e dalla sua perversa condotta, egli morirà per il suo peccato, ma tu ti sarai salvato.
20 Così, se il giusto si allontana dalla sua giustizia e commette l'iniquità, io porrò un ostacolo davanti a lui ed egli morirà; poiché tu non l'avrai avvertito, morirà per il suo peccato e le opere giuste da lui compiute non saranno più ricordate; ma della morte di lui domanderò conto a te. 21 Se tu invece avrai avvertito il giusto di non peccare ed egli non peccherà, egli vivrà, perché è stato avvertito e tu ti sarai salvato».



Parola di Dio!!

Caterina63
00giovedì 2 giugno 2011 22:02

La New Age si insinua inconsciamente nella la vita dei giovani


Una religiosità senza dogmi e senza vertice


 

di José Luis Vázquez Borau*

MADRID, giovedì, 26 maggio 2011 (ZENIT.org).- Sebbene, come dice il rapporto della Fundación Santa María, “Dio è il grande assente nelle famiglie spagnole, in un momento segnato da stili di vita consumistici e edonistici, incentrati nel piacere”, nella vita dei giovani si insinua inconsciamente, come un grande fiume che scorre attraverso molti canali, la New Age, che si presenta come una tipica forma di sensibilità religiosa contemporanea, come una nuova religiosità.

Non si tratta di un movimento religioso, di una religione o di una setta nel senso sociologico, ma di una rete globale che collega centri e gruppi che tra loro hanno in comune alcuni temi di riferimento e che non propone alcun vincolo stabile, permanente o gerarchico come nei movimenti.

Ciò che dà vita alla rete della New Age è lo spirito “alternativo” alla tradizione religiosa dominante in Occidente, che è quella cristiana,

e la speranza di una nuova era, l’era dell’Acquario, che subentrerà all’era dei Pesci.

Il grande movimento che si cela oggi sotto la New Age è formato dal Movimento del potenziale umano (MPU) e dalla Psicologia transpersonale, che può condurre a esperienze di carattere irreale, assurdo, fantastico o semplicemente fraudolento. Questo mondo dell’occulto e del soprannaturale a buon mercato sta diventando l’ultima moda della religiosità attuale.

Come orizzonte troviamo nuovamente un’inaspettata fiducia nella condizione umana, nel potenziale della mente e nelle enormi possibilità di autorealizzazione che invitano la persona a trascendere il suo io individuale e a incontrare dimensioni mistiche nell’inconscio.

La New Age propone teorie e dottrine su Dio, sull’essere umano e sul mondo, incompatibili con la fede cristiana. Inoltre la New Age è sintomo di una cultura in profonda crisi ed è al contempo una risposta sbagliata a tale crisi. Senza testi sacri e senza un vertice, la New Age appare come un mare senza fondo, in cui ognuno naviga a proprio modo, combinando lo spiritismo con l’astrologia, le tecniche alternative di meditazione e di terapia con un ottimismo sull’universo, poiché la materia appare come una grande vibrazione energetica spirituale che trasforma tutto, che collega tutto inconsciamente e che dirige tutto verso un fine più alto e sublime. Si potrebbe dire che la New Age, riprendendo idee di altri movimenti, vecchi e nuovi, è soprattutto un “clima”, un atteggiamento che esprime lo sforzo, l’intenzione, di dare soluzione – attraverso una mentalità postmoderna – ai problemi religiosi e al contempo a quelli ecologici, personali, privati e cosmici.

La New Age accusa il Cristianesimo di carenza in esperienze di vita, di sfiducia rispetto alla mistica, di incessanti esortazioni morali e di esagerata insistenza sull’ortodossia della dottrina. Il movimento insegna, inoltre, che il fondamento della vera religiosità è più l’esperienza e il sentimento che la ragione e l’autorità. Esso offre, infine, tecniche, cammini e modi di avvicinamento alla divinità.

È per questo che è necessario dare una formazione solida, nelle famiglie e nei centri educativi in generale, perché i giovani abbiano la capacità di discernimento e possano resistere ai tanti e così vari inviti che si presentano solitamente in modo molto seducente. Occorre al contempo offrire ai giovani delle nostre comunità un’autentica esperienza religiosa perché possano essere veri testimoni del Vangelo.


--------
*José Luis Vázquez Borau è laureato in filosofia e teologia, è membro de la Red Iberoamericana de Estudio de las Sectas (RIES) e si dedica in particolare allo studio delle religioni. È autore di più di cinquanta opere di filosofia, antropologia, spiritualità, sette e biografie di personaggi.

 

 

***************************************************

 

 

Caterina63
00giovedì 28 luglio 2011 21:43

Il Papa ai Chierici regolari somaschi: La Chiesa del XVI secolo, divisa dallo scisma protestante, alla ricerca di una seria riforma anche al proprio interno, godette di un rifiorire di santità che fu la prima e più originale risposta alle istanze rinnovatrici. La testimonianza dei santi dice che occorre confidare solo in Dio: le prove infatti, a livello sia personale sia istituzionale, servono per accrescere la fede. Dio ha i suoi piani, anche quando non riusciamo a comprendere le sue disposizioni



Messaggio di Benedetto XVI all'ordine dei Chierici regolari somaschi


Caterina63
00sabato 10 settembre 2011 15:56

fantasmi dal passato...

Da che pulpito!


Sulla querelle destata dall'annuncio del prossimo Incontro Interreligioso di Assisi ricomincia, come da copione, la serie di articolesse di questo o quel personaggio di spicco del progressismo italiano. Strano che Manlio Sodi ed Enzo Bianchi non abbiano ancora pontificato. Strano che Avvenire taccia, senza sventolare il suo nihil est innovandum, che oggi più che mai avremmo condiviso. Curioso il silenzio del valetudinario card. Martini, che dell'ecumenismo fu espertissimo propugnatore e divulgatore.

All'appello indirizzato da alcuni intellettuali cattolici al Santo Padre e pubblicato sul Foglio dello scorso 11 Gennaio, risponde con livore Alberto Melloni, sul Corriere del giorno dopo: Gli zelanti e irrispettosi cattolici che cercano di influenzare il papa.

Melloni tradisce il proprio disappunto perché nell'omologato panorama del Cattolicesimo italiano vi è chi ha osato levare rispettosamente la voce ed esprimere le proprie perplessità ed i propri timori per le conseguenze che potrebbero concretamente derivare da un fraintendimento della presenza del Santo Padre alla riunione di Assisi.

E dire che di solito il dissenso della base, in nome della libertà dei figli di Dio propagandata dai figli del Vaticano II, dovrebbe esser ben accolto da chi, per formazione e per convinzione, non fa mistero del proprio progressismo democratico. Ma come? Non siete forse voi che dal Concilio in poi andate sbandierando come fatto positivo e necessario ogni rivolta, ogni dissenso, ogni critica, ogni insubordinazione all'autorità della Sacra Gerarchia, in nome della partecipazione dei fedeli al governo della Chiesa? Non siete voi che raccontate che il vostro Concilio era voluto dal popolo, che il popolo non capiva il latino e chiedeva con insistenza al Papa di dargli una liturgia finalmente comprensibile, nella lingua dei carrettieri e dei braccianti? Non siete voi, soloni di una chiesa moderna e democratica, che criticate apertamente il Pontefice, rammaricandovi con padre Ernesto Balducci (1) e Severino Dianich (2) per la mancata nascita di una chiesa popolare, che tragga la sua autorità dal basso? Non siete voi che concedete le vostre chiese e le aule dei Seminari per le conferenze dei teologi che Roma ha allontanato dagli Atenei Pontifici o di cui ha condannato le teorie? Che date spazio ai preti sposati, ai preti operai, ai preti black block? Non siete voi che disobbedite apertamente al Papa in campo politico, proclamandovi presuntuosamente cattolici adulti, quasi fosse segno di maturità e motivo di vanto dichiararsi apertamente indocili al Magistero? E ancora: non siete voi che avete fermamente avversato il Santo Padre sul Motu Proprio, impartendogli petulanti lezioni di liturgia ed insinuando che con quel gesto si rendeva reo di leso Concilio? La vostra incoerenza vi sconfessa, e vi rivela per quello che siete.

Eppure non siete nuovi a bacchettare il Papa. Nel 1967, il Circolo Cattolico Maritain di Rimini scrisse a Paolo VI un appello che riportiamo nella sua interezza, richiamando l'attenzione anche sui modi in cui questi laici si rivolgono al Sommo Pontefice:

Il cardinale Spellman ha detto che «gli Stati Uniti stanno combattendo nel Nord Vietnam una guerra santa», e, rivolto alle armate statunitensi ha detto: «Voi non solo state servendo il vostro paese, ma state servendo la causa della giustizia, la causa della civiltà e la causa di Dio. Noi siamo tutti uniti nella preghiera e nel patriottismo in questo sforzo». Noi, cattolici di Rimini, siamo scandalizzati e sgomenti. È questa la Pacem in terris? È questa la nuova “età conciliare”? Siamo tornati alle crociate di infausta memoria e al patriottismo di cattiva lega con la benedizione delle armi e dei gagliardetti? Padre, Lei che così ansiosamente e paternamente non perde occasione per ammonire da “errori” e “deviazioni” e “pericoli” che si possono ravvisare negli scritti o nell'impegno di qualche sconosciuto membro di questo o quell'ordine religioso, e nell'attività di qualche “cenacolo” laico [chiaro riferimento a Don Mazzi e Don Milani] non vorrà rimanere inerte di fronte a certe grossolane deviazioni, a certe scandalose negazioni della Pace, solo perché fanno capo ad un cardinale di S. R. Chiesa?(3)

La disobbedienza al Magistero e al Papa non è finita dopo il Sessantotto, ma in nome dello spirito del Concilio è proseguita inarrestabile, legittimando la ribellione. Come fecero le Comunità di Base, giunte a proclamare il proprio sostegno al teologo eretico Hans Kung, sospeso dall'insegnamento, e ad invocare

un cambiamento di una chiesa autoritaria e centralistica [...] consentendo così una reale autonomia delle chiese locali al cui interno si affermino libertà evangelica, democrazia, coscienza critica, uguaglianza, carismi, diritti umani. (4)

Come dimenticare la Dichiarazione di Colonia del 1989, cui seguono “dichiarazioni” di intellettuali e teologi francesi (5) e di sessantadue teologi spagnoli (6), mentre si diffondono costantemente nuovi appelli per il dialogo nella chiesa e segnali di dissenso da parte di esponenti di numerosissimi ordini religiosi? Tra i farneticamenti del documento di Colonia, si legge:

In tutto il mondo, in molti casi, viene negata a teologi e teologhe qualificati l'autorizzazione ecclesiastica all'insegnamento. Si tratta di un grave e pericoloso attentato alla libertà di ricerca e di insegnamento, oltre che alla struttura dialogica della conoscenza teologica, che il Concilio Vaticano II ha ribadito in molti testi. Il conferimento dell'autorizzazione ecclesiastica all'insegnamento viene indebitamente utilizzato come strumento disciplinare. Stiamo assistendo al tentativo, estremamente discutibile dal punto di vista teologico, di rafforzare ed estendere in modo indebito la competenza magisteriale del papa, oltre a quella giurisdizionale. […] L'apertura della chiesa cattolica alla collegialità tra papa e vescovi, che pure è stata una delle acquisizioni fondamentali del Concilio Vaticano II, viene soffocata da un nuovo centralismo romano. L'esercizio dell'autorità, quale trova espressione nelle recenti nomine episcopali, è in contrasto con la fraternità del Vangelo, con le esperienze positive dello sviluppo dei diritti di libertà e con la collegialità dei vescovi. La prassi attuale ostacola il processo ecumenico in punti essenziali. […] Non tutti gli insegnamenti della chiesa sono ugualmente certi e hanno un uguale peso dal punto di vista teologico. Noi ci opponiamo alla violazione di questa dottrina dei gradi della certezza teologica ovvero della “gerarchia delle verità” nella prassi del conferimento e della negazione dell'autorizzazione ecclesiastica all'insegnamento. Singole questioni etiche e dogmatiche di dettaglio non possono perciò venire contrabbandate arbitrariamente come atte a stabilire l'identità della fede.

I ribelli tedeschi attaccavano Giovanni Paolo II anche sulla morale sessuale, appellandosi – guarda caso – proprio alla Dignitatis humanæ:

[…] Recentemente, rivolgendosi a teologi e a vescovi, il papa ha collegato la dottrina della regolazione delle nascite - senza tener conto del grado di certezza e del diverso peso degli asserti ecclesiastici - con verità di fede fondamentali quali la santità di Dio e la redenzione a opera di Gesù Cristo, così che coloro i quali criticano l'insegnamento papale sulla regolazione delle nascite vengono accusati di “minare i pilastri fondamentali della dottrina cristiana”, anzi con il loro richiamarsi alla dignità della coscienza essi cadrebbero nell'errore di rendere “vana la croce di Cristo”, di “distruggere il mistero di Dio” e di negare la “dignità dell'uomo”. I concetti di “verità fondamentale” e di “rivelazione divina” vengono usati dal papa per sostenere una dottrina del tutto particolare, che non può essere giustificata in base alla Sacra Scrittura, nè in base alle tradizioni della chiesa (cfr. i discorsi del 15 ottobre e del 12 novembre 1988). […] Il Concilio Vaticano II afferma: «Nel mettere a confronto le dottrine si ricordino che esiste un ordine o “gerarchia” nelle verità della dottrina cattolica, essendo diverso il loro nesso col fondamento della fede cristiana» (Decreto sull'ecumenismo, n. 11).

E poi la stilettata:

L'obbedienza nei confronti del papa, che in tempi recenti viene sempre più spesso dichiarata e pretesa da vescovi e cardinali, ha l'aspetto di un'obbedienza cieca. L'obbedienza ecclesiale a servizio del Vangelo richiede la disponibilità a un'opposizione costruttiva ( cfr. Codex Iuris Canonici, can. 212, § 3). Invitiamo i vescovi a ricordarsi dell'esempio di Paolo, che è rimasto in comunione con Pietro pur “resistendogli in faccia” nella questione della missione tra i pagani (Gal 2,11)

con la minaccia, tutt'altro che laudativa:

Tuttavia i teologi, che stanno al servizio della chiesa, hanno anche il dovere di esercitare pubblicamente la critica se l'autorità ecclesiastica fa un uso sbagliato del suo potere, contraddicendo così le sue finalità, ostacolando il cammino verso l'ecumene, sconfessando le aperture del Concilio.

Si noti che per gli estensori della Dichiarazione l'«uso sbagliato» del potere da parte della Gerarchia si concretizza quando essa ostacola «il cammino verso l'ecumene», o sconfessa «le aperture del Concilio».

La Congregazione per la Dottrina della Fede promugherà, a condanna della Dichiarazione e degli altri documenti analoghi, l’Istruzione sulla vocazione ecclesiale del teologo, emanata il 24 maggio 1990 dal Prefetto card. Joseph Ratzinger con l'approvazione di Giovanni Paolo II. Le Comunità di Base, per bocca di don Franco Barbero, dissero al cardinale Ratzinger di occuparsi non già dei teologi ribelli, ma piuttosto di quelli eccessivamente obbedienti. Intervenì ovviamente anche Martini e mons. Luigi Bettazzi, vescovo di Ivrea, intimò: «il magistero deve ascoltare di più il popolo di Dio» (7). Come vediamo i nomi sono sempre gli stessi.

Tornando al velenoso articolo di Melloni, vi è uno scritto che a nostro avviso merita di non rimanere confinato nell'oblio del passato: è il famoso Documento “dei sessantatre” teologi italiani del 15 maggio 1989, che reca la firma, tra gli altri esponenti del dissenso, proprio dello stesso Alberto Melloni. (8) Va ricordato che questo documento esprimeva sostegno e appoggio alla Dichiarazione di Colonia, segnalando con preoccupazione «l'impressione che la chiesa cattolica sia percorsa da forti spinte regressive» (9).

Il Documento dei sessantatre merita di essere rispolverato per alcune proposizioni deliranti – sottroscritte dal Nostro – che però rivelano una certa incoerenza con l'ultimo suo articolo. Premesso che il Concilio Vaticano II costituirebbe una svolta radicale e irreversibile, nella comprensione della fede ecclesiale, il documento afferma che il Deposito della Fede custodito dalla Sede Apostolica non avrebbe valore in sè, nè valore assoluto, ma piuttosto lo otterrebbe per la sua connotazione pastorale, la sola che renderebbe possibile l'interpretazione fedele della verità dentro l'esistenza storica della comunità; che la natura gerarchica della Chiesa visibile dovrebbe lasciare il posto a una concezione della chiesa come comunione di chiese; che la funzione magisteriale del primato petrino non escluderebbe la varietà dei modi di intendere e di vivere la fede che lo Spirito suscita nelle diverse comunità; che la funzione del Magistero Pontificio nella chiesa delle origini non era riducibile alla funzione di guida della comunità e, pertanto, occorrerebbe ripensare tale funzione; che non si dovrebbe parlare di infallibilità del Magistero, anche di quello ordinario universale, ma della sua funzione pastorale; che il compito dei teologi non si svolge solo divulgando l'insegnamento del magistero e approfondendo le ragioni che ne giustificano le prese di posizione ma, piuttosto, quando raccolgono e propongono le domande nuove [...] o quando percorrono [...] sentieri inesplorati.

Leggere oggi questo sublimato di modernismo dimostra come, più di vent'anni or sono, si stessero gettando le basi per un cambiamento dottrinale non ancora scongiurato, ad iniziare dal ripensamento del Primato Petrino.

Questi sedicenti teologi, dopo cinquant'anni di indottrinamento alla rivolta, di appoggio ideologico, mediatico, logistico ed economico ai più esagitati rappresentanti del dissenso, alzano il ditino ammonitore, e rivestono l'abito austero dell'inquisitore, per stigmatizzare ciò in cui essi per primi si sono dimostrati campioni. E lo fanno a sproposito, perché l'appello di Agnoli, De Mattei, Palmaro ed altri non ha né i toni né i contenuti dei diktat che sono invece usciti dalla penna di questi progressisti.

La ragione di tanto rancore è evidentissima: questo appello rischia di togliere il monopolio del dissenso ai soliti noti, e l'alibi democratico finisce per ritorcersi contro chi lo aveva partorito per servirsene a proprio piacimento, ma sempre e solo a senso unico. E sappiamo bene che è tipico degli artefici della rivoluzione attribuire al popolo una volontà di cui essi per primi sono abili suggeritori; volontà che pesa come un macigno sui governanti, quando si tratta di trarne vantaggio per la causa, ma che per incanto volge in demagogia o deriva populista non appena si discosta dai propri progetti o addirittura osa invocare un ritorno al passato.

Entriamo nel merito dell'articolo di Melloni. Egli sentenzia: «L’obbedienza soprannaturale dovuta al Papa può essere offesa sia con la esplicita ribellione al suo ministero d’unità sia con quello zelo untuoso e cortigiano che cerca di impossessarsi di qualche brandello del suo magistero per bastonare coloro che la pensano diversamente». Parlando di esplicita ribellione, accenna forse a quella obbedienza che «richiede la disponibilità a un'opposizione costruttiva» di cui parlavano i teologi di Colonia? Perché poi usare un'espressione come zelo untuoso e cortigiano? Crede Melloni che parlare come figli ad un padre sia indice di cortigianeria? Pensa che dovremmo rivolgerci al Pontefice come gli esagitati delle Comunità di Base?

È evidente che si sta concretizzando il timore che – non fosse che proprio in ragione dei modi rispettosi e pacati in cui è formulato l'appello – in Vaticano si finisca col prestare ascolto alle istanze di una parte del mondo cattolico non allineata con i novatori. La mentalità rivoluzionaria concepisce il mondo – e la Chiesa – per categorie, ma è troppo semplice dividere a colpi d'accetta i buoni dai cattivi, il bianco dal nero. E qualcuno inizia a stancarsi di esser bollato come un fanatico o un retrogrado per il solo fatto di non condividere la crisi in cui versa la Chiesa da cinquant'anni. Non dimentichiamo che è proprio del metodo della Rivoluzione identificare il nemico, demonizzandolo e screditandolo, esasperandolo e mettendolo in una posizione di inferiorità. Se il nemico è serio, affidabile, educato; se non lo si può accusare di nazismo o di estremismo, qualcuno gli potrebbe prestar fede, facendo venir meno il controllo omologato sull'opinione pubblica. Non per nulla Melloni osserva che «questa tentata intimidazione» potrebbe non essere «priva di qualche sponda interna alle congregazioni di curia». E meno male: sarebbe davvero sconsolante se tutta la Curia Romana si fosse lasciata lobotomizzare a colpi di spirito del Concilio e di spirito di Assisi. E già presagisce che i congiurati vogliano «ottenere un inciso del discorso papale, da usare ad nauseam come una sanzione contro coloro che detestano [...] dentro la Chiesa cattolica». Ad nauseam? Con che coraggio si sovverte la realtà, dopo averci rintronato col mantra conciliare in tutte le prediche, da tutte le cattedre, su tutti i periodici e giornali?

In verità si auspica ben più di un inciso, perché non pare che il rischio di sincretismo sia trascurabile. Puntualizza infatti De Mattei: «L’appello è una domanda aperta. Non è un’accusa nei confronti di nessuno. Assisi, tra l’altro, non è un evento dottrinale ma è un esercizio di governo. Nel 1986 ero ad Assisi. Ricordo le chiese cattoliche divenute sede di riti animisti. L’evento fu talmente catastrofico che poi Ratzinger cercò di riparare. Non a caso la sua posizione ecumenica fu fortemente diversa da quella del cardinale Walter Kasper. E’ questa diversità che speriamo il Papa metta in campo ad Assisi. Perché la prima Assisi, quella del 1986, con tutto l’impatto mediatico che ebbe, fu un disastro» (10).

Non crediamo che l'appello di persone perbene del mondo cattolico italiano sia una «mossa audace e sbagliata», di certo è meno audace e meno sbagliata di quel Documento dei sessantatre che Melloni ha sottoscritto assieme ad Alberigo, a Bianchi, a Turoldo. Scripta manent.

NOTE

1Cfr. Adista, anno XXV, n. 14, 15 Luglio 1990, pagg. 400-401

2Severino Dianich, Perchè il teologo dopo il Vaticano II è nell'occhio del ciclone?, in Famiglia cristiana, n. 30 del 1990

3Cfr. Lettera aperta al papa sulla “guerra santa” nel Vietnam, 1967. Citata anche in Storia dell'Italia repubblicana di Silvio Lanaro, Marsilio Editori, 1996

4Cfr. Il Regno - Attualità, anno XXXIV, n. 4, 15 Febbraio 1989, pagg. 71-74

5Cfr. Non possiamo più tacere. Documento di intellettuali cattolici francesi: vescovi e Vaticano uccidono la libertà, in Adista, anno XXIII, n. 27, 10/11/12-4-1989, pag. 5

6Cfr. Ibid., anno XXIII, n. 33, 4/5/6-5-1989, pagg. 11-12

7Luigi Bettazzi, Il magistero deve ascoltare di più il popolo di Dio, in Il risveglio popolare del 5 Luglio 1990

8L'elenco dei firmatari è il seguente: Attilio Agnoletto (Università Statale di Milano), Giuseppe Alberigo (Università di Bologna), Dario Antiseri (Università LUISS di Roma), Giuseppe Barbaccia (Università di Palermo), Giuseppe Barbaglio (Roma), Maria Cristina Bartolomei (Università di Milano), Giuseppe Battelli (Istituto per le Scienze Religiose Bologna), Fabio Bassi (Bruxelles), Edoardo Benvenuto (Università di Genova), Enzo Bianchi (Comunità di Bose), Bruna Bocchini (Università di Firenze), Giampiero Bof (Istituto Superiore di Scienze Religiose Urbino), Franco Bolgiani (Università di Torino), Gianantonio Borgonovo (Seminario arcivescovile di Venegono, Milano), Franco Giulio Brambilla (Seminario arcivescovile di Venegono, Milano), Remo Cacitti (Università di Milano), Pier Giorgio Camaiani (Università di Firenze), Giacomo Canobbio (Seminario di Cremona), Giovanni Cerei (Roma), Enrico Chiavacci (Studio teologico fiorentino), Settimio Cipriani (Facoltà teologica dell'Italia meridionale, Napoli), Tullio Citrino (Seminario arcivescovile di Venegono, Milano), Pasquale Colella (Università di Salerno), Franco Conigliano (Università di Palermo), Eugenio Costa (Centro Teologico di Torino), Carlo d'Adda (Università di Bologna), Mario Degli Innocenti (Istituto per le Scienze Religiose Bologna), Luigi Della Torre (Direttore di "Servizio della parola", Roma), Roberto dell'Oro (Seminario arcivescovile di Venegono, Milano), Severino Dianich (Studio Teologico Fiorentino), Achille Erba (Comunità San Dalmazzo, Torino), Rinaldo Fabris (Seminario di Udine), Giovanni Ferretti (Università di Macerata), Roberto Filippini (Studio teologico interdiocesano, Pisa), Alberto Gallas (Università del Sacro Cuore, Milano), Paolo Giannoni (Studio Teologico fiorentino), Rosino Gibellini (Direttore Editoriale Queriniana, Brescia), Réginald Grégoire (Università di Pavia), Giorgio Guala (Alessandria), Maurilio Guasco (Università di Torino), Giorgio Jossa (Università di Napoli), Siro Lombardini (Università di Torino), Italo Mancini (Università di Urbino), Luciano Martini (Università di Firenze), Alberto Melloni (Istituto per le Scienze Religiose, Bologna), Andrea Milano (Università della Basilicata), Carlo Molari (Roma), Dalmazio Mongillo (Roma), Mauro Nicolosi (Istituto di scienze religiose di Monreale, Palermo), Flavio Pajer (Istituto di liturgia pastorale, Padova), Giannino Piana (Seminario di Novara), Paolo Prodi (Università di Bologna), Armido Rizzi (Centro S. Apollinare, Fiesole), Giuseppe Ruggieri (Studio teologico S. Paolo, Catania), Giuliano Sansonetti (Università di Ferrara), Luigi Sartori (Seminario maggiore, Padova), Cosimo Scordato (Facoltà teologica sicula, Palermo), Mario Serenthà (Seminario arcivescovile di Venegono, Milano), Massimo Toschi (Lucca), Davide Maria Turoldo (Priorato S. Egidio, Sotto il Monte), Maria Vingiani (Segretariato attività ecumeniche, Roma), Francesco Zanchini (Università abbruzzese, Teramo), Giuseppe Zarone (Università di Salerno).

9Cfr. Lettera ai cristiani. Oggi nella chiesa..., in Il Regno - Attualità, anno XXXIV, n. 10, 15 Maggio 1989, pagg. 244-245

10Cfr. Risposta a Melloni, fratello censore. Firmatari dell’appello al Papa su Assisi replicano all’intimidazione, in il Foglio, 13 Gennaio 2011
 
Caterina63
00giovedì 15 dicembre 2011 18:03

Il corteo svedese di santa Lucia nella basilica vaticana

In attesa
della vera luce

di LUCETTA SCARAFFIA

Nel trionfo barocco dell'altare della Cattedra nella basilica di San Pietro, i fedeli riuniti il 14 dicembre per la messa hanno visto avanzare lentamente nella penombra un corteo di giovani dalle vesti bianche che in svedese cantavano i salmi, toccando i cuori dei presenti con le loro voci angeliche. Era il corteo di santa Lucia, arrivato dalla Svezia per festeggiare anche a Roma - se pure con un giorno di ritardo - la santa della luce.

Ad aprirlo era una ragazza con la tradizionale corona di candele accese sul capo, e una candela accesa portava ognuno dei componenti la processione: le ragazze sfoggiavano acconciature di foglie e di fiori a ricordare il risveglio della natura nel momento in cui tutto sembra morto, i ragazzi portavano un alto cappello a cono - quasi da mago - coperto di stelle.

È stata una cerimonia commovente e intensa per le melodie e la freschezza luminosa del corteo di giovani, anch'essi, maschi e femmine, a simboleggiare le nuove vite che nasceranno nel prossimo anno solare. Ma è stato anche un momento carico di significati.

La santa che si festeggiava era una martire paleocristiana, una delle prime donne a scegliere la testimonianza (martyrìa, in greco) piuttosto che tradire la nuova religione a cui si era convertita. Una santa siciliana - originaria di Siracusa - ma le cui reliquie sono state poi distribuite, via mare, anche a Napoli e a Venezia. Una santa che ha nel nome la luce, nel duplice senso di luce che si vede e di luce intesa come illuminazione spirituale a cui ci porta la fede, la conversione al cristianesimo. La sua festa - in una data che, prima della riforma gregoriana del calendario, coincideva con il solstizio d'inverno, cioè con la notte più lunga dell'anno - rassicura noi mortali che in questi giorni temiamo sempre, in fondo al cuore, che il sole ci stia abbandonando, e che non sorgerà più a illuminare il mondo.

La luce invece verrà, assicura Lucia nel ricordarci che dobbiamo attendere la vera luce, Cristo. Con un richiamo che trasforma radicalmente in senso spirituale gli antichi rituali pagani che si erano sempre svolti in questi giorni.

La santa della luce è venerata particolarmente nei Paesi in cui il 13 dicembre la notte è totale e il buio sembra avvolgere il mondo, cioè nei Paesi nordici, ben lontani dalla natia Siracusa. Ed è bello scoprire che il suo culto, testimoniato quest'anno dalla processione a San Pietro, sia ancora molto radicato in tutta la Svezia. Anche nella tradizione luterana, che pur ridimensionando il ruolo dei santi, è rimasta sempre aperta a figure importanti come quella di Brigida, santa ancora venerata in tutto il suo Paese d'origine e che è stata proclamata compatrona d'Europa.

Una cerimonia dal respiro ecumenico è stata dunque quella celebrata nella basilica vaticana, come del resto ha suggerito anche l'uso del latino, unica lingua davvero internazionale del cristianesimo. In una liturgia che ha reso evidenti - illuminate da santa Lucia - le radici cristiane dell'Europa, radici che risalgono al mondo antico e che si sono mantenute vive, nonostante spaccature e contrapposizioni, per duemila anni.



(©L'Osservatore Romano 16 dicembre 2011)




[SM=g1740733]




[SM=g1740733]

Caterina63
00mercoledì 15 febbraio 2012 22:46
Finalmente insieme. Dopo 477 anni.
 
Prima Omelia del nuovo Ordinario della 'Chair of St. Peter', Ordinariato che accoglie gli Anglicani che desiderano tornare nella piena comunione con la Chiesa Cattolica
 

di  mons. Jeffrey Steenson
 
Si è insediato il primo Ordinario dell'Ordinariato Personale negli Stati Uniti della Cattedra di San Pietro , Padre Jeffrey Steenson. L'Ordinariato è stato istituito il 1° gennaio 2012 per accogliere gli anglicani degli Stati Uniti che desiderano entrare in piena comunione con la Chiesa Cattolica, mantenendo le tradizioni del patrimonio anglicano. Padre Steenson parteciperà alla Conferenza Episcopale Cattolica degli Stati Uniti, ma non sarà ordinato vescovo in quanto sposato. Pubblichiamo il testo integrale della sua omelia tenuta durante la celebrazione eucaristica per il suo insediamento:
 
"Ecco, com'è bello e com'è dolce che i fratelli vivano insieme!" (Ps. 133,1). Ringraziamo con tutto il cuore Papa Benedetto XVI per questo bellissimo dono, l'Ordinariato Personale della Cattedra di San Pietro , e preghiamo affinché ciò possa promuovere la causa dell'unità cattolica. Quando il Cardinale Wuerl mi disse che il Santo Padre intendeva istituire l'Ordinariato sotto questo nome, io ho davvero gioito, perché ciò va al cuore di quello che deve essere la nostra missione, e ci aiuta innanzitutto a capire perché Nostro Signore ha affidato la Sua Chiesa a San Pietro.
 
 Fiumi d' inchiostro sono stati versati sulla interpretazione di quelle parole del vangelo che Gesù rivolse a Pietro a Cesarea di Filippo: "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa" (Mt. 16,18). Certamente, per i cattolici l'interpretazione autorevole di quelle parole venne dal Concilio Vaticano I. Ma dobbiamo onestamente riconoscere che i cristiani hanno letto quel testo in modi differenti. Perfino tra i Padri della Chiesa non vi era unanimità su ciò che significasse precisamente "su questa pietra". Lo stesso grande Sant'Agostino disse: "il lettore deve scegliere: questa pietra significa Cristo o Pietro?" (Ritratt. 1,20). Ma Sant'Agostino, saggiamente, non poneva la questione sulla base di un aut aut, poiché Pietro porta tutto a Cristo. La traiettoria è chiara, noi siamo di Cristo e Cristo è di Dio (1 Cor. 3,23).
 
Sono grato che, nel corso del mio ministero, gl'insegnamenti del Beato Giovanni Paolo II e di Papa Benedetto XVI sono sempre stati chiarissimi su questo punto: la Chiesa esiste per portare le anime a Cristo. Ma come afferma semplicemente il testo, Gesù ha investito Pietro di un ministero di fondamentale importanza, e lo fa usando tre verbi al tempo futuro: edificherò la mia Chiesa... le potenze degli inferi non prevarranno su di essa... a te darò le chiavi del regno dei cieli. Quando Gesù parla al tempo futuro, Egli attira ogni cosa a sé, perciò sappiamo che tale affidamento non cessa con il Pietro storico. Nel momento in cui il Signore ha pronunciato quelle parole, viene anticipata l'intera esistenza della Chiesa sulla terra fino alla fine dei tempi.
 
 A questo riguardo, ascoltate che cosa scrisse Sant'Anselmo, il 37° Arcivescovo di Canterbury, il più grande teologo in assoluto forse, che diede lustro all'amena e verde Inghilterra: "Questo potere fu affidato in modo particolare a Pietro, affinché noi fossimo invitati all'unità. Cristo perciò lo nominò capo degli apostoli, affinché la Chiesa avesse un principale Vicario di Cristo al quale potessero ricorrere i diversi membri della Chiesa, nel caso di dissensi tra loro. Ma se ci fossero più capi nella Chiesa, il vincolo dell'unità si spezzerebbe" (Cat. Aur. Mt. 16,19).
 
 La prima volta che troviamo il versetto di Mt. 16,18 applicato specificamente ai successori di Pietro, fu in occasione di una controversia tra Papa Stefano e San Cipriano di Cartagine alla metà del III secolo. A rischio di apparire pedante, spero che mi consentiate di parlarvene brevemente, poiché ciò è molto rilevante per l'Ordinariato. Nella tradizione anglicana, i Padri della Chiesa sono tenuti in grande stima e ci hanno insegnato che è proprio da essi che dobbiamo trarre orientamento per affrontare le questioni teologiche.
 
 Io considero i Papi del III secolo degli eroi, perché erano pastori coraggiosi che cercavano di recuperare quei fratelli che, uscendo dalla Chiesa cattolica, avevano infranto la piena comunione con essa. In un tempo in cui molti vescovi erano severi ed intransigenti sulla purezza della Chiesa, Dio ci ha donato dei Papi che compresero quanto riaccogliere i fuggitivi e i caduti faccia parte dell'essenza stessa del ministero conferito da Gesù agli apostoli. Nelle lettere di San Cipriano,  si trova una notevole corrispondenza rivelatrice con San Firmiliano di Cesarea a proposito di Papa Stefano (Ep. 75, ca. 255): "Ma ci pensi, Cipriano? Realmente Stefano pensa di sedere sulla cattedra di Pietro, poiché ci comanda di accettare il battesimo di questi gruppi separati! Realmente vuole che noi li consideriamo cristiani!".
 
 Io credo che è proprio questo il contesto per comprendere ciò che Papa Benedetto ci dice nell'Anglicanorum coetibus. Qualcuno obietta che la Chiesa cattolica rende troppo difficile il percorso per giungere all'unità dei cristiani. Ma guardate che cosa viene chiesto a coloro che prendono in considerazione di entrare nell'Ordinariato! Gli anglicani non solo devono essere accolti ma confermati nel loro stato, e il loro clero ordinato nella forma assoluta. Si chiede per caso di ricominciare tutto da capo? Certamente no! Da Zefirino a Callisto a Cornelio e a Stefano - i Papi del III secolo che quasi tutti offrirono la loro vita da martiri e che governarono la Chiesa in tempi in cui sembrava che davvero le porte degli inferi potessero prevalere, minacciando di distruggere la sua unità essenziale - la Chiesa cattolica semplicemente richiedeva che i vincoli di carità venissero riallacciati sacramentalmente invocando la presenza dello Spirito Santo. Questi sono fratelli e sorelle che ritornano a casa.
 
 Il primo principio quindi dell'Ordinariato è l'unità dei cristiani. San Basilio Magno, il più grande ecumenista della Chiesa, spese letteralmente la vita per costruire ponti tra fratelli ortodossi che partecipavano della medesima fede, ma che si erano divisi tra loro in una Chiesa tristemente frammentata dall'eresia e dalla controversia. Egli insegnava che si richiede un deciso e incessante sforzo per raggiungere l'unità dei cristiani. Come un vecchio cappotto viene sempre lacerato e difficile da rammendare ogni volta, l'unità della Chiesa non si deve mai dare per scontata ma esige grande diligenza e coraggio da parte dei suoi pastori (Bas. Ep. 113). San Basilio spesso parlava con nostalgia della archaia agape, dell'amore antico della comunità apostolica, così raramente visibile nella Chiesa dei suoi tempi. Questo amore, insegnava, è un segno visibile che lo Spirito Santo è realmente presente e attivo, assolutamente essenziale per la salute della Chiesa. Non c'è illustrazione migliore di ciò che nella grande scultura della Cattedra di San Pietro nell'abside della Basilica di San Pietro: la cattedra di Pietro è sostenuta dai grandi Padri della Chiesa, mentre sospesa in alto sovrastante il tutto, la luminosa colomba di alabastro, lo Spirito Santo, che tutto  immerge nella irradiazione dell'amore divino.
 
 C'è tanto da celebrare nel patrimonio dell'anglicanesimo, le sue tradizioni liturgiche, spirituali e pastorali, che la Chiesa cattolica accoglie come un tesoro da condividere. Ma dobbiamo essere chiari sui nostri principi. Durante i 477 anni nei quali gli anglicani sono stati separati da Roma, tanti fedeli hanno pregato con fervore e facendo grandi sacrifici per l'avvento di questo giorno. In obbedienza e fiducia hanno abbracciato generosamente quanto Gesù richiede nella preghiera per l'unità dei suoi discepoli (Gv. 17,21). Non è affatto per coincidenza che tale riconciliazione avvenga proprio nel tempo in cui Papa Benedetto ha posto la nuova evangelizzazione in cima all'agenda della Chiesa. Convertirsi e conformarsi ad immagine di Cristo significa che la Sua Chiesa sarà trasformata e rinnovata completamente. Mi pace molto il concetto che ha espresso il nostro cancelliere, la Dr. Margaret Chalmers: "Il nostro patrimonio sono i fedeli". Apriamo pertanto i nostri cuori, in umiltà e amore, a tutti i cristiani divisi dalla cultura, dalle circostanze e dalle incomprensioni. Tendiamo la mano con amicizia a tutti coloro che cercano la Verità. Sono loro i nostri compagni di viaggio. Iniziamo forti nella fede che Dio ci ha donato Pietro, con mano ferma sul timone, che ci restituisce a Gesù, 'il Pastore e il Custode delle nostre anime' (1 Pt. 2,25).
 
The Personal Ordinariate of the Chair of St. Peter
 Our Lady of Walsingham, 7809 Shadyvilla Lane, Houston, Texas 77055
 (713) 609-9292
 office@usordinariate.org
 
fonte:http://usordinariate.org/installationhomily.html
 trad. it. di d. Giorgio Rizzieri



Caterina63
00lunedì 16 luglio 2012 09:59
[SM=g1740733]Paolo Rodari ha scritto un articolo in sè abbastanza condivisibile, ma dove commette un grave errore interpretando la visita del Papa in Germania, come una riabilitazione di Lutero.... questo E' FALSO!!!

Ratzinger e il suo duellante al castello tra Roma e Lutero. Schuelerkreis, ci sarà anche Kasper, il più anti romano dei cardinali, in cerca di una terza via ecclesiale

Joseph Ratzinger e Walter Kasper, il più “romano” e il più “anti romano” e anti curiale tra i vescovi-teologi di una gloriosa generazione tedesca, si ritrovano a fine agosto a Castel Gandolfo per il consueto raduno con gli ex alunni del “Ratzinger Schuelerkreis”, che il Papa ha voluto dedicare quest’anno a un tema quantomai attuale tra le diverse sensibilità teologiche della chiesa di Roma: i rapporti tra cattolici, luterani e anglicani, che sarà sviscerato proprio anche a partire da un libro di Kasper del 2009: “Raccogliere i frutti”, una summa del rapporto tra le chiese cristiane.

Il tema ribolle non da oggi. In passato, infatti, ha diviso Ratzinger e Kasper, come ha diviso le anime della cattolicità. Convinto del necessario primato della chiesa universale sulla chiesa locale, Ratzinger si è dovuto confrontare per anni con colui che Giovanni Paolo II mise a capo del “ministero” vaticano che si occupa di ecumenismo, Kasper appunto, sostenitore al contrario che il primato spettasse alle chiese locali. Che in estrema sintesi significa: perché non dare maggiore autonomia alle chiese locali, magari concedendo loro la possibilità di eleggersi i vescovi?

Sotto c’è la grande controversia dell’esercizio del primato di Pietro, dibattuta da secoli e anche, aspramente, durante il Concilio Vaticano II. E’ stato Hermann Josef Pottmeyer, per più quinquenni membro della commissione Teologica internazionale, a riassumere con un’immagine suggestiva l’essenza della controversia: “Se si paragona la teologia a un paesaggio, la tradizione teologica intorno al ministero petrino assomiglia a una regione di frontiera tra due paesi da lungo tempo nemici. Si inciampa dappertutto sulle tracce dei combattimenti: antiche trincee, vecchi bunker e, tra i residuati bellici più pericolosi, alcune mine. La mina più pericolosa è il dogma sul primato del successore di Pietro, pronunciato al Concilio Vaticano I”.

Secondo il teologo ribelle Hans Küng, il Vaticano I aveva definito il primato come una monarchia papale assoluta e l’infallibilità papale come un’infallibilità a priori. Mentre il Vaticano II parla di ecclesiologia di comunione. Riusciranno le due visioni a conciliarsi? Riuscirà Ratzinger a sorprendere e a trovare una terza via? La storia insegna che, in passato, Ratzinger e Kasper si sono trovati spesso divisi su più questioni, seppure non siano mai in nessun modo arrivati alla rottura.

Al di là delle vicende ecumeniche, celebre fu la controversia che negli anni Novanta riguardò il rapporto tra chiesa universale e chiese locali, con Ratzinger che assegnava il primato alla prima e Kasper alle seconde. Un’altra controversia, di carattere più pastorale, riguardò la comunione ai divorziati risposati: Kasper, assieme al cardinale tedesco Karl Lehmann, era più possibilista, mentre Ratzinger più rigorista. E ancora lo scontro sul lasciapassare all’aborto indirettamente rilasciato dai consultori cattolici in Germania. All’epoca, a mediare tra l’episcopato tedesco e l’ex Sant’Uffizio governato da Ratzinger c’era, come nunzio in Germania, Giovanni Lajolo.

Ma su altre vicende i due si ritrovarono, a sorpresa, vicini. In particolare sul concetto di Gesù Cristo “unico salvatore di tutta l’umanità”, oggetto della dichiarazione “Dominus Iesus” emessa da Ratzinger nel 2000. Kasper si distaccò dal coro dei critici, tra i quali anche alti ecclesiastici, e contestò “le interpretazioni cosiddette liberali, che si definiscono progressiste, ma che sono in realtà sovversive”. Così anche su un altro tema particolarmente sensibile per Ratzinger: la liturgia. Kasper arrivò a dire, contro coloro che intendono la liturgia come collaterale alla vita di fede: “La crisi della concezione dell’eucaristia è il nucleo stesso della crisi della chiesa odierna”.

E oggi? A cosa serve l’incontro di fine agosto al “castello”? E’ solo un modo tramite il quale il Papa intende farsi un’idea più approfondita dello stato dei lavori oppure c’è di più? Rispondere non è facile. Di certo c’è un fatto: la Costituzione apostolica Anglicanorum Coetibus che permette agli anglicani che lo desiderano di tornare alla piena comunione con Roma pur mantenendo i propri riti e le proprie tradizioni, come anche altri segnali lanciati dal Papa ai protestanti (non ultima l’effettiva riabilitazione di Lutero che Benedetto XVI ha voluto fare pubblicamente durante la celebrazione ecumenica a Erfurt) confermano che un certo fermento è in atto.

Tra l’altro, è con dovizia di particolari e competenza che un officiale della Dottrina della fede, Riccardo Bollati, ha da poco dato alle stampe per Città Nuova un lavoro che senz’altro Ratzinger avrà modo di visionare: “L’alba dell’unità. In dialogo con Jean-Marie Tillard”. Ecumenista domenicano scomparso nel 2000, Tillard partecipò ai lavori del Vaticano II come esperto insieme a Ratzinger – allora entrambi ricevettero la nomina giovanissimi – e fu poi, nel dopo Concilio, protagonista ai massimi vertici del dialogo teologico della chiesa cattolica sia con le chiese ortodosse, sia con la comunione anglicana, due straordinarie avventure di dialogo che molto hanno prodotto e che sono ancora in corso.

Fra i frutti di questi dialoghi, vi sono numerosi documenti di accordo. Di grande interesse è l’ecclesiologia soggiacente ad alcuni di quei testi, dietro cui si intravede l’importante contributo del pensiero di Tillard, la cui lezione – “chissà perché rimasta per anni al margine della querelle Kasper-Ratzinger”, ha scritto recentemente la rivista Jesus – puntava appunto sulla natura della chiesa di Gerusalemme. Essa, per Tillard, era chiesa locale, nella quale la chiesa di Dio si realizza come cattolica e apostolica: le altre chiese locali non aggiungono nulla e non sono appendici di quella, perché con essa comunicano, in una economia che è la stessa dell’Incarnazione.

Per Tillard, in sostanza, il primato di Pietro resta, seppure occorrerebbe che la chiesa di Roma restituisse alle altre chiese quei loro diritti che essa si è invece riservata. E ciò varrebbe, in primo luogo, per la nomina dei vescovi. Si tratta di una prospettiva interessante, colma di spunti e di provocazioni, di luci e di ombre, la cui ricchezza, forse, si sta cominciando solo ora a sondare a fondo. In questa direzione va il tentativo di Bollati. Di certo, il contributo che proviene dal pensiero di teologi come Ratzinger, Kasper e Tillard, ha ancora molto da dire ai dialoghi ecumenici in corso e sarà oggetto di discussione anche nel corso dell’annuale “schülerkreis” di Castel Gandolfo.

Pubblicato sul Foglio sabato 14 luglio 2012



***************

[SM=g1740758] Rodari sbaglia a scrivere:
(non ultima l’effettiva riabilitazione di Lutero che Benedetto XVI ha voluto fare pubblicamente durante la celebrazione ecumenica a Erfurt)

questo è FALSO, gentile Rodari.... lo scriva visto che da lei i commenti non si possono mettere, perchè lasciate scritte queste inesattezze?
perchè volete confondere i lettori? [SM=g1740730]

Benedetto XVI ad Erfurt ha PROPOSTO semmai, di ripartire da quel Lutero della prima ora, quando si poneva le domande SU DIO... punto!!
Ha invitato gli ecumenisti semmai a non avere fretta di saltare le tappe necessarie per la vera unità che non fa sconti a nessuno....

Inoltre ha fatto un gesto simbolico: NON HA PORTATO I SOLITI DONI... sottointendendo che il dono che portava ERA IL PAPA STESSO
e poi basta seguirlo nella tappa successiva di quel viaggio, al Santuario mariano nel quale ha ripercorso le gesta eroiche DEI CATTOLICI CHE SEPPERO DIFENDERE la dottrina cattolica per la quale, quel Santuario mariano, è ancora lì a testimoniarlo...

Inoltre nel libro Rapporto sulla fede Messori fa spiegare a Ratzinger la situazione:

Messori: Sarebbe interessante sapere su quali argomenti farebbe leva contro Lutero la Congregazione per la Dottrina della fede per intervenire anche oggi.

La risposta non esita:
Ratzinger - "A costo di essere noioso, penso che ci appoggeremmo ancora una volta al problema ecclesiologico. Alla disputa di Lipsia, il contraddittore cattolico di Martin Lutero gli dimostrò in modo irrefutabile che la sua "nuova dottrina" non si opponeva soltanto ai papi ma anche alla Tradizione così come chiaramente espressa dai Padri e dai Concili. Lutero fu costretto ad ammetterlo e dichiarò allora che anche dei Concili ecumenici avrebbero sbagliato. In questo modo, l'autorità degli esegeti fu collocata al di sopra dell'autorità della Chiesa e della sua Tradizione", un aspetto inaccettabile per la Chiesa.



Gentile Rodari, sia onesto con i lettori e cancelli quella frase nelle parentesi perchè è una sua opinione per altro errata!

[SM=g1740733] Poi leggo ancora da Rodari, sulla vicenda Kasper con Ratzinger:

Ma su altre vicende i due si ritrovarono, a sorpresa, vicini. In particolare sul concetto di Gesù Cristo “unico salvatore di tutta l’umanità”, oggetto della dichiarazione “Dominus Iesus” emessa da Ratzinger nel 2000.

***

???? Mi perdoni Rodari, me le risultano Papi e Vescovi cattolici in comunione con Roma che in passato abbiamo affermato il contrario?
Come sarebbe a dire che i due si ritrovano  A SORPRESA vicini per dire che Gesù Cristo è l'unico Salvatore dell'umanità...
che razza di sorpresa sarebbe quando sono duemila anni che la Chiesa predica Cristo Salvatore unico dell'umanità? [SM=g1740730]

Ma perchè scrivete queste corbellerie?
La Dominus Jesus partì da una chiarissima PROFESSIONE DI FEDE in campo ecumenico... sia per aiutare i cristiani NON cattolici a riconoscere che professiamo la medesima fede in Cristo, unico Salvatore dell'Uomo, dottrina messa in dubbio dai Protestanti contro la Chiesa per via delle devozioni e del Culto dei Santi e di Maria Santissima....
sia per i cattolici che con una certa enfasi ecumenica stavano dimenticando le basi della dottrina Cattolica...
infatti i Protestanti pur condividendo la prima parte della Dominus Jesus (e non poteva essere diversamente), si accanirono contro la seconda parte del Documento che riportava l'indiscutibile PRIMATO PETRINO E CATTOLICO....

La prego Rodari!!! e suvvia!



[SM=g1740733]


Caterina63
00mercoledì 31 ottobre 2012 12:38

Muller: “Sì al dialogo ma senza rinunciare alla verità”

GERHARD MULLER
Il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede è intervenuto ad Assisi in un convegno dei Frati minori
REDAZIONE
ROMA

Il dialogo interreligioso per un cristiano ha senso se assume il significato di ricerca della verità e non comporta la rinuncia alla propria fede. È quanto ha affermato, fra l’altro, monsignor Gerhard Muller prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, in un intervento tenuto stamane ad Assisi nel corso di un incontro promosso dai Frati minori per ricordare la giornata di preghiera per la pace tenutasi ventisei anni fa nella città umbra alla presenza di Giovanni Paolo II e quella convocata un anno fa da Benedetto XVI.

«Lo spirito di Assisi: pellegrini della verità, pellegrini della pace. La consegna del 27 ottobre” è il tema sul quale ha parlato il prefetto. Ampi stralci della relazione di Muller sono stati riportati dall’Osservatore romano». «Per un cristiano -ha detto il monsignore - il rispetto della religiosità altrui non significa, e non potrebbe significare, una rinuncia alla propria fede, alla propria identità e alla verità definitiva ricevuta, tramite la Chiesa, nella Rivelazione di Dio».

«Tale rispetto e il dialogo - ha detto ancora - non significano il dissolvimento del proprio credo in una religiosità generica, fondata sull’assioma della inconoscibilità di Dio, nè la riduzione della fede cristiana al livello di un’espressione generica, comune ad altre forme di religiosità».

«Anzi -ha aggiunto - la Chiesa può proporre un dialogo vero solo a partire della verità su se stessa. Sarebbe menzognero nascondere la fede autentica e abbandonare l’unicità della Rivelazione e della Incarnazione del Figlio di Dio, in nome di un dialogo politically correct». «È giustificato e corretto - ha proseguito il prefetto della dottrina della fede - solamente un dialogo condotto nella verità e nell’amore. Perciò la nostra fede, indirizzata verso Cristo, e la verità su noi stessi devono sempre avere un posto privilegiato in ogni occasione di dialogo dei cristiani con coloro che non lo sono».

«A tal proposito -ha quindi spiegato il Prefetto- la fede è diversa da una posizione ideologica, che cerca di imporre sè stessa agli altri con la forza, ed esige un atteggiamento di apertura verso il prossimo, simile all’apertura verso Dio, nella fede e nella carità». «La fede -ha precisato- è un dono di Dio, che esige una libera e personale adesione». In tal senso «l’insegnamento sul carattere personale della fede, che sottende una libera disposizione e collaborazione è una costante nell’insegnamento della Chiesa; dal concilio di Trento fino al concilio Vaticano II; e proprio qui trova il suo fondamento la libertà religiosa».

Così «per tal motivo, nella trasmissione della fede, nella evangelizzazione e nel dialogo interreligioso la Chiesa esclude ogni forma di proselitismo che si basi su manipolazioni e falsità, perché mancherebbe di rispetto all’altro e al suo cammino personale». Allo stesso tempo «è da respingere anche la posizione di coloro che negano a Dio il diritto di offrire il dono della fede secondo la sua divina generosità e rifiutano qualsiasi dialogo e collaborazione con i seguaci di religioni non-cristiane, come di coloro che -sul lato opposto- cadono nel relativismo religioso, oscurando la verità della Rivelazione cristiana e il ruolo unico di Cristo nei confronti delle altre religioni».


Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 20:07.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com