Da “il Foglio” del 27 ottobre 2005. L’autore è critico letterario e studioso di teologia
di Andrea Monda
La pubblicazione della prima enciclica di papa Ratzinger è attesa per l’8 dicembre prossimo, in simbolica concomitanza con la chiusura del Concilio Vaticano II , l’8 dicembre 1965.
L’11 ottobre scorso, in altrettanto simbolica concomitanza con l’apertura del Concilio Vaticano II, 11 ottobre 1962, è uscito il primo libro firmato non più Joseph Ratzinger ma Benedetto XVI: “La rivoluzione di Dio”.
Si tratta della raccolta di tutti i discorsi pubblici tenuti da papa in Germania nei giorni della XX Giornata Mondiale della Gioventù, divisi secondo il criterio dei destinatari: i giovani, la chiesa tedesca, la comunità ebraica, quella musulmana. A presentare il libro monsignor Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio consiglio dei laici, l’organizzatore della GMG, e il cardinale Camillo Ruini che ne ha anche scritto.
Qual è il profilo di Benedetto XVI che va delineandosi in questo inizio di pontificato?
Una prima risposta l’ha data il cardinal Ruini che ha chiuso la presentazione del libro definendo il papa “un pastore che conosce la strada per introdurci nell’intimità di Dio: un catecheta di straordinaria profondità e chiarezza che è però, ancora prima, un evangelizzatore che dolcemente sa quasi costringere a prestare attenzione a Cristo”.
Tutto il mondo, pian piano, si sta ormai abituando alla ferma dolcezza ratzingeriana, dismettendo così la frustra immagine del cardinale teutonico, “sergente di ferro della fede”, che per lungo tempo ha riempito le pagine dei mass-media dedicate all’ex- prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede. Ma altri aspetti si stanno scoprendo di Benedetto XVI che si ritrovano in questo suo primo libro, in attesa della prima enciclica.
In particolare è forse ormai il caso di segnalare un aspetto singolare di papa Ratzinger: il suo stupore. Niente provoca più stupore dello stupore e quindi si deve parlare di uno stupore al quadrato, quello suo, del papa, e quello che provoca negli altri spesso colti come in contropiede proprio dalla capacità di meraviglia dell’anziano pontefice.
Aristotele afferma che la filosofia nasce dallo stupore (taumàzein) e in questo Benedetto XVI si conferma papa filosofo; Joseph Ratzinger è un uomo che si stupisce, lo si coglie negli occhi, dai gesti, dal movimento del corpo, lo si è capito sin dal pomeriggio del 19 aprile, lo si legge in queste pagine rivolte per lo più ai giovani e dedicate alla riflessione sulle figure dei Magi (la GMG era ispirata dal passo di Matteo “Siamo venuti per adorarlo”, anche in considerazione che a Colonia si venerano tradizionalmente le reliquie dei Magi).
“Possiamo immaginare lo stupore dei Magi davanti al Bambino in fasce!”, esclama Benedetto XVI arrivando a bordo del battello sul Reno il 18 agosto nel primo discorso ai giovani, intitolato significativamente “Lasciatevi sorprendere da Cristo!”, e di seguito continua con l’unica citazione di tutti i suoi discorsi di quei giorni (se si escludono i rinvii ai discorsi del suo predecessore), presa dal Sermone n. 160 di S. Pietro Crisologo: “I Magi sono pieni di stupore davanti a ciò che vedono; il cielo sulla terra e la terra nel cielo; l’uomo in Dio e Dio nell’uomo; vedono racchiuso in un piccolissimo corpo chi non può essere contenuto da tutto il mondo”.
È lo stupore il “vangelo” di Benedetto XVI, la buona notizia che lui intende annunciare al mondo. Basta con i dubbi eretti a sistema, sembra dichiarare papa Ratzinger, è ora, per l’uomo, di stupirsi. Solo lo stupore può superare le secche di un dubbio che sembra aver prosciugato le sorgenti della fede.
Con un’espressione più volte ricordata anche da Ruini, il papa rileva che “In vaste parti del mondo esiste oggi una strana dimenticanza di Dio. Sembra che tutto vada ugualmente senza di lui”: è un rilevare pieno di stupore, la dimenticanza è appunto “strana”. Il candore del papa è disarmante, non a caso i suoi interlocutori rimangono a loro volta stupiti da questo “evangelizzatore che dolcemente sa quasi costringere a prestare attenzione a Cristo”. Con la forza dello stupore i ragionamenti del papa finiscono per mettere in crisi i dubbiosi e gli scettici. Anche quando, introducendo il Sinodo sull’Eucaristia, ha affermato che dichiarare ad un tempo l’importanza “privata” di Dio e negarne la dimensione pubblica non è democrazia ma ipocrisia, anche quella stessa fortissima affermazione, è frutto di quello stupore. Pure la ormai famosa affermazione che, ribaltando la sentenza di Grozio (e di Bonhoeffer), invita i non credenti a vivere “come se Dio ci fosse” è frutto di quello stupore che provoca altro stupore. Così come la constatazione, dopo quella della “strana dimenticanza di Dio”, della presenza di “come un boom del religioso”. “Non voglio screditare tutto ciò che c’è in questo contesto”, dice il papa, “Può esserci la gioia sincera della scoperta. Ma, per dire il vero, non di rado la religione diventa quasi un prodotto di consumo. Si sceglie quello che piace, e certuni sanno anche trarne profitto”.
Può stupire che un papa si stupisca ma è così. Al “mito” del dubbio Ratzinger osa contrapporre la realtà dello stupore che comprende e supera il dubbio. Ecco perché alla domanda rivolta al cardinale Ruini sul “lucido pessimismo” di Benedetto XVI Ruini ha risposto parlando di acuta consapevolezza del Pontefice ma avrebbe potuto citare una battuta di Chesterton, geniale poeta dello stupore che nel suo “Ortodossia” afferma: “Spesso ho preferito chiamarmi ottimista per evitare la troppo evidente bestemmia del pessimismo. Ma tutto l’ottimismo dell’epoca è stato falso e scoraggiante, per questa ragione: che ha sempre cercato di provare che noi siamo fatti per il mondo. L’ottimismo cristiano invece e’ basato sul fatto che noi non siamo fatti per il mondo”.
È noto che il papa sia stato lettore di Chesterton che ritroviamo citato quasi alla lettera nel discorso del 21 agosto alla Conferenza Episcopale Tedesca: “In realtà l’uomo diventa libero quando si lega, quando trova le radici, perché allora può crescere e maturare” e nello stesso discorso, con la stessa candida fermezza dello scrittore inglese, risistema gli accenti su un altro grande “mito” moderno, quello della ricerca.
Se rispetto al dubbio il papa propone lo stupore, alla ricerca egli aggiunge l’attesa e l’incontro. “Molte persone oggi sono alla ricerca. Anche noi lo siamo. In fondo, in una differente dialettica, devono esserci sempre ambedue le cose. Dobbiamo rispettare la ricerca dell’uomo, sostenerla, fargli sentire che la fede non è semplicemente dogmatismo in sé completo che spegne la ricerca, la grande sete dell’uomo, ma che invece proietta il suo pellegrinaggio verso l’infinito; che noi, in quanto credenti, siamo sempre contemporaneamente coloro che cercano e coloro che trovano”.
Ai giovani seminaristi due giorni prima aveva detto: “Più conosci Gesù e più il suo mistero ti attrae; più lo incontri e più sei spinto a cercarlo”. L’incontro è più importante della ricerca, la precede, la fonda, l’alimenta; la risposta è più grande della domanda e, soprattutto, esiste. Del resto anche l’incontro dei Magi, filo conduttore dei discorsi tedeschi di Benedetto XVI, non si è svolto nel modo atteso, immaginato.
Su questo punto il papa si è soffermato a lungo: le aspettative umane sono sempre spiazzate dall’infinita realtà di Dio e del suo mistero. Il gesuita William Lynch negli anni 70 ha dedicato molti studi e diversi testi a questo tema del rapporto tra fede e immaginazione. In “Faith and Imagination” Lynch descrive la fede come “attesa e sorpresa”, come rapporto dinamico tra l’atteso e l’inatteso: ad Abramo viene promessa una discendenza infinita ma poi gli si chiede di sacrificare il figlio; dalle promesse di Dio scaturisce l’attesa dell’avvento del Messia, ma il modo come arriva è inaspettato.
Il titolo dato al libro è tratto dall’affermazione per cui “solo da Dio viene la vera rivoluzione, il cambiamento decisivo del mondo” proclamata da Benedetto XVI durante la veglia di preghiera del 20 agosto. Già nel 1996 nel libro-intervista “Il sale della terra”, l’allora cardinale aveva affermato che era necessaria “una rivoluzione della fede in senso molteplice. Anzitutto ne abbiamo bisogno per ritrovare il coraggio di andare contro le opinioni comuni […]. Per questo dovremmo avere il coraggio di metterci in cammino, anche contro quello che viene visto come la “normalità” per l’uomo della fine del secolo XX, e di riscoprire la fede nella sua semplicità”.
Il già citato Chesterton, considerato un tradizionalista, in “La Chiesa cattolica e la conversione” diceva che il cattolicesimo è “una religione nuova, vale a dire una rivoluzione” e quindi “non sarà mai una tradizione. Sarà sempre una cosa scomoda, nuova e pericolosa”. Anche Ratzinger, come Chesterton, è considerato un tradizionalista in quanto espressione massima della Chiesa intesa come istituzione, gerarchia, potere. La questione che i moderni fanno fatica a cogliere è che “in un tempo nel quale si negava e disprezzava stupidamente la tradizione, la Chiesa ha difeso la tradizione. Ma ciò fu soltanto perché la Chiesa è sempre la sola disposta a difendere tutto ciò che in un dato momento viene stupidamente disprezzato. E come già nel diciannovesimo secolo diventò campione della tradizione, sta per diventare nel ventesimo il campione della ragione”. Ed è a queste parole dello scrittore inglese – datate 1926, un anno prima della nascita di Ratzinger – che aderiscono perfettamente quelle del prefetto della Congregazione della fede quando invitava i cattolici a “ritrovare il coraggio di andare contro le opinioni comuni”. La Chiesa è sempre scomoda e pericolosa perché, osserva sempre Chesterton “Non c’è invece niente di così pericoloso e di così eccitante come l’ortodossia: l’ortodossia è la saggezza e l’essere saggi è più drammatico che l’essere pazzi. La chiesa non scelse mai le strade battute, ne accettò i luoghi comuni, non fu mai rispettabile. E’ facile essere pazzi; è facile essere eretici; è sempre facile lasciare che un’epoca si metta alla testa di qualche cosa, difficile è conservare la propria testa; è sempre facile essere modernisti, come è facile essere snob”.
Nel libro ci sono ovviamente molti altri spunti sui quali è giusto e importante ritornare: gli incontri con i rappresentanti delle altre confessioni cristiane, con gli ebrei, con i musulmani, il tema dell’ecumenismo, quello del dialogo interreligioso, quello del “nuovo paganesimo” che esiste anche all¿interno del cattolicesimo. Sono tutti temi fondamentali ma è opportuno ricordare con quale “stile”, perché lo stile fa l’uomo, questo papa affronterà queste sfide. È lo stupore la “cifra” dell’inizio del pontificato di Ratzinger.