Regolamento per l'esame della VERA DOTTRINA (Documento Ufficiale)

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Caterina63
00lunedì 2 febbraio 2009 08:26

CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE


REGOLAMENTO PER
L'ESAME DELLE DOTTRINE


Art. 1. La Congregazione per la Dottrina della Fede ha il compito di promuovere e di tutelare la dottrina sulla fede ed i costumi in tutto l'orbe cattolico.[1] Nel perseguire questo scopo essa rende un servizio alla verità, salvaguardando il diritto del Popolo di Dio di ricevere il messaggio del Vangelo nella sua purezza e nella sua integralità. Pertanto, perché la fede ed i costumi non subiscano danno a causa di errori comunque divulgati, essa ha anche il dovere di esaminare gli scritti e le opinioni che appaiono contrari alla retta fede o pericolosi.[2] 

Art. 2. Questa fondamentale preoccupazione pastorale, d'altra parte, concerne tutti i Pastori della Chiesa, i quali hanno il dovere ed il diritto di vigilare, sia singolarmente, sia riuniti nei Concili particolari o nelle Conferenze Episcopali, perché non si arrechi danno alla fede e ai costumi dei fedeli affidati alla loro cura.
[3] A tale scopo essi possono servirsi anche delle Commissioni Dottrinali, che costituiscono un organo consultivo istituzionalizzato di aiuto alle medesime Conferenze Episcopali ed ai singoli Vescovi, nella loro sollecitudine per la dottrina della fede.[4] Resta comunque fermo il principio che la Santa Sede può sempre intervenire, e di norma interviene quando l'influsso di una pubblicazione oltrepassa i confini di una Conferenza Episcopale, ovvero quando il pericolo per la fede riveste particolare gravità.[5] 

In tale caso, la Congregazione per la Dottrina della Fede si attiene alla seguente procedura:

I. Esame preliminare

Art. 3. Gli scritti o dottrine segnalate, comunque divulgate, sono fatti oggetto di attenzione da parte dell'Ufficio competente, il quale li sottopone all'esame del Congresso. Dopo una prima valutazione della gravità della questione il Congresso decide se si debba intraprendere o meno uno studio d'Ufficio.  

II.  Studio d'ufficio 

Art. 4. Lo scritto, accertata la sua autenticità, viene sottoposto ad un accurato esame, con la collaborazione di uno o più Consultori o altri esperti in materia.
[6] 

Art. 5. Il risultato dell'esame è presentato al Congresso, il quale decide se esso sia sufficiente per intervenire presso le Autorità locali, oppure se si debba approfondire l'esame secondo le altre due modalità previste: esame ordinario o esame con procedura urgente.
[7] 

Art. 6. I criteri per tale decisione si riferiscono agli eventuali errori riscontrati, tenendo conto della loro evidenza, gravità, diffusione, influsso e pericolo di danno sui fedeli.

Art. 7. Il Congresso, qualora abbia giudicato sufficiente lo studio effettuato, può affidare direttamente il caso all'Ordinario
[8] e per suo tramite far conoscere all'Autore i problemi dottrinali presenti nel suo scritto. In questo caso l'Ordinario è invitato ad approfondire la questione e a chiedere all'Autore di fornire i necessari chiarimenti, da sottoporre successivamente al giudizio della Congregazione.  

III.  Esame con procedura ordinaria 

Art. 8. L'esame ordinario si adotta quando uno scritto sembra contenere errori dottrinali gravi, la cui identificazione richiede attento discernimento e il suo eventuale influsso negativo sui fedeli non sembra rivestire particolare urgenza. Esso si articola in due fasi: la fase interna costituita dalla investigazione previa svolta nella sede della Congregazione,
[9] e la fase esterna che prevede la contestazione e il dialogo con l'Autore.[10] 

Art. 9. Il Congresso designa due o più esperti che esaminano gli scritti in questione, esprimono il proprio parere e valutano se il testo è conforme alla dottrina della Chiesa.

Art. 10. Lo stesso Congresso nomina il «relator pro auctore», che ha il compito di mostrare con spirito di verità gli aspetti positivi della dottrina e i pregi dell'Autore, di cooperare all'interpretazione genuina del suo pensiero nel contesto teologico generale e di esprimere un giudizio riguardo all'influsso delle opinioni dell'Autore. A tale scopo egli ha diritto di prendere in esame tutti gli atti riguardanti il caso.
 
Art. 11. La relazione dell'Ufficio, nella quale sono contenute tutte le notizie utili per l'esame del caso –compresi i precedenti–, i pareri degli esperti e la presentazione del «relator pro auctore», viene distribuita alla Consulta

Art. 12. Alla Consulta possono essere invitati, oltre ai Consultori, al «relator pro auctore» e all'Ordinario dello stesso, il quale non può farsi sostituire ed è vincolato al segreto, anche gli esperti che hanno preparato i pareri.
[11] La discussione ha inizio con l'esposizione del «relator pro auctore», che fa una presentazione complessiva del caso. Dopo di lui, l'Ordinario dell'Autore, gli esperti e ogni Consultore esprimono, a voce e per iscritto, il proprio parere sul contenuto del testo esaminato. Il «relator pro auctore» e gli esperti possono rispondere alle eventuali osservazioni e offrire dei chiarimenti.

Art. 13. Finita la discussione, i soli Consultori rimangono in aula per la votazione generale sull'esito dell'esame, allo scopo di determinare se nel testo si riscontrano errori dottrinali, oppure opinioni pericolose, specificandole in concreto alla luce delle diverse categorie di proposizioni di verità contenute nella Professio fidei.
[12] 

Art. 14. Tutta la ponenza con il verbale della discussione, la votazione generale e i voti dei Consultori è sottoposta all'esame della Sessione Ordinaria della Congregazione che decide se si deve procedere ad una contestazione all'Autore e in caso affermativo su quali punti.

Art. 15. Le decisioni della Sessione Ordinaria sono sottoposte alla considerazione del Sommo Pontefice.
[13] 

Art. 16. Se nella fase precedente è stato deciso di procedere ad una contestazione, se ne informa l'Ordinario dell'Autore o gli Ordinari interessati, nonché i competenti Dicasteri della Santa Sede.

Art. 17. L'elenco delle proposizioni erronee o pericolose da contestare, corredato da una motivata argomentazione e dalla documentazione necessaria per la difesa «reticito nomine», è comunicato, tramite l'Ordinario, all'Autore e ad un suo Consigliere, che egli ha diritto di indicare, con il benestare dello stesso Ordinario, perché lo assista. L'Autore deve presentare per iscritto, entro tre mesi utili, la sua risposta. E' opportuno che l'Ordinario insieme alla risposta scritta dell'Autore faccia pervenire alla Congregazione un proprio parere.

Art. 18. E' prevista anche la possibilità di un incontro personale dell'Autore, assistito dal suo Consigliere, che prende parte attiva al colloquio, con alcuni delegati della Congregazione. In questa eventualità i delegati della Congregazione, nominati dal Congresso, devono redigere un verbale del colloquio e firmarlo insieme all'Autore e al suo Consigliere.

Art. 19. Nel caso che l'Autore non invii la risposta scritta, sempre richiesta, la Sessione Ordinaria prende le opportune decisioni.

Art. 20. Il Congresso esamina la risposta scritta dell'Autore, nonché il verbale dell'eventuale colloquio. Se da essi risultassero elementi dottrinali veramente nuovi, che richiedano una valutazione approfondita, decide se la questione debba essere ripresentata alla Consulta, la quale potrebbe essere allargata con l'inserimento di altri esperti, compreso anche il Consigliere dell'autore, nominato a norma dell' art. 17. In caso contrario la risposta scritta e il verbale del colloquio vengono sottoposti direttamente al giudizio della Sessione Ordinaria.

Art. 21. Se la Sessione Ordinaria ritiene che la questione sia stata risolta in maniera positiva, e la risposta è sufficiente, non si procede ulteriormente. In caso contrario, si prendono le misure adeguate, anche per il bene dei fedeli. Inoltre la Sessione Ordinaria decide se e come deve essere pubblicato l'esito dell'esame.

Art. 22. Le decisioni della Sessione Ordinaria sono sottoposte all'approvazione del Sommo Pontefice e quindi comunicate all'Ordinario dell'Autore, alla Conferenza Episcopale e ai Dicasteri interessati.  

IV.  Esame con procedura urgente 

Art. 23. L'esame con procedura urgente si adotta quando lo scritto è chiaramente e sicuramente erroneo e allo stesso tempo dalla sua divulgazione potrebbe derivare o già ne deriva un danno grave ai fedeli. In questo caso vengono informati subito l'Ordinario o gli Ordinari interessati, nonché i competenti Dicasteri della Santa Sede.

Art. 24. Il Congresso nomina una Commissione con lo speciale incarico di determinare quanto prima le proposizioni errate e pericolose.

Art. 25. Le proposizioni individuate dalla Commissione, insieme alla relativa documentazione, sono sottoposte alla Sessione Ordinaria, la quale darà priorità all'esame della questione.

Art. 26. Le suddette proposizioni, qualora siano giudicate dalla Sessione Ordinaria effettivamente erronee e pericolose, dopo l'approvazione del Santo Padre sono trasmesse all'Autore, tramite l'Ordinario, con l'invito a correggerle entro due mesi utili.

Art. 27. Qualora l'Ordinario, sentito l'Autore, ritenesse necessario chiedergli anche una spiegazione scritta, essa deve essere trasmessa alla Congregazione, accompagnata dal parere dell'Ordinario stesso. Tale spiegazione viene successivamente presentata alla Sessione Ordinaria per le opportune decisioni.
 
 
V. Provvedimenti 

Art. 28. Qualora l'Autore non abbia corretto in modo soddisfacente e con pubblicità adeguata gli errori segnalati, e la Sessione Ordinaria sia giunta alla conclusione che è incorso nel delitto di eresia, apostasia o scisma,
[14] la Congregazione procede a dichiarare le pene latae sententiae incorse;[15] contro tale dichiarazione non è ammesso ricorso.

Art. 29. Se la Sessione Ordinaria accerta l'esistenza di errori dottrinali che non prevedono pene latae sententiae,
[16] la Congregazione procede a norma del diritto sia universale,[17] sia proprio.[18]  

Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, nell'Udienza concessa al sottoscritto Cardinale Prefetto il 30 maggio 1997, ha dato la sua approvazione al presente Regolamento, deciso nella Sessione Ordinaria di questa Congregazione, approvando insieme in forma specifica gli art. 28-29, contrariis quibuslibet non obstantibus, e ne ha ordinato la pubblicazione.

Roma, dalla Sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, 29 giugno 1997, Solennità dei SS. Apostoli Pietro e Paolo.  
  + Joseph Card. RATZINGER
Prefetto
 

+ Tarcisio Bertone, S.D.B.
Arcivescovo emerito di Vercelli
Segretario

 


[1] Cf. Cost. Ap. Pastor bonus, art. 48: AAS 80 (1988) 873. 
[2] Cf. Ibid., art. 51, 2 e Regolamento proprio della Congregazione per la Dottrina della Fede, art. 4 b. 
[3] Cf. CJC, can. 823 §§ 1-2; CCEO, can. 652 § 2. 
[4] Cf. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Lettera sulle Commissioni Dottrinali, 23 novembre 1990, n. 3. 
[5] Cf. Cost. Ap. Pastor bonus, art. 48: AAS 80 (1988) 873. 
[6] Cf. Regolamento proprio della Congregazione per la Dottrina della Fede, art. 74. 
[7] Cf. Ibid., art. 66 § 2. 
[8] Cf. CJC, cann. 134 §§ 1 e 2; 295 § 1; CCEO, can. 984 §§ 1-3.
[9] Cf. nn. 8 - 15. 
[10] Cf. nn. 16 - 22. 
[11] Cf. Cost. Ap. Pastor Bonus, art. 12: AAS 80 (1988) 855. 
[12] Cf. AAS 81 (1989) 104s.
[13] Cf. Regolamento proprio della Congregazione per la Dottrina della Fede, art. 16 § 2 e art. 77. 
[14] Cf. CJC, can. 751.
[15] Cf. CJC, can. 1364 § 1; CCEO, cann. 1436 § 1 e 1437.
[16] Cf. CJC, can. 752; CCEO, can. 599.
[17] Cf. CJC, can. 1371 n.1; CCEO, can. 1436 § 2.

[18] Cf. Cost. Ap. Pastor Bonus, art. 52: AAS 80 (1988) 874.

Caterina63
00lunedì 2 febbraio 2009 10:48


PROPAGANDA FIDEI

SANCTA DEI CIVITAS

LETTERA ENCICLICA 
DI SUA SANTITÀ
LEONE PP. XIII




La città santa di Dio che è la Chiesa, non essendo circoscritta da alcun confine di regioni, ha la forza trasfusale dal suo Fondatore di dilatare ogni giorno più il luogo della sua tenda e di estendere le pelli dei suoi tabernacoli (Is 54,2). Questi accrescimenti dei popoli cristiani, sebbene siano principalmente opera dell’intima assistenza e dell’aiuto dello Spirito Santo, tuttavia si compiono estrinsecamente per opera di uomini e secondo l’umano costume. Infatti è consentaneo alla sapienza di Dio che tutte le cose siano ordinate e realizzate nel modo che conviene alla natura di ciascuna di esse.

Tuttavia la specie degli uomini e degli uffici, per mezzo dei quali si ottiene l’aumento di nuovi cittadini a questa terrestre Sionne, non è una sola. Infatti le prime parti spettano a coloro che predicano la parola di Dio: ciò Cristo insegnò con i suoi esempi e con le sue profezie. Su ciò l’Apostolo Paolo insisteva con queste parole: "Come potranno credere a colui che non hanno udito? E come potranno udire se non vi è chi predichi?... La fede dipende dunque dalla predicazione, e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo" (Rm 10,14.17). Codesto ufficio poi spetta a coloro che legittimamente siano stati iniziati ai sacri misteri.

A questi, per certo, recano non poco aiuto né lieve conforto coloro i quali sogliono o apprestare loro soccorsi esterni o con preghiere innalzate a Dio attirare su di essi i doni celesti. Perciò nel Vangelo vengono lodate quelle donne le quali "soccorrevano con le proprie sostanze" (Lc 8,3). Cristo che predicava il regno di Dio; e Paolo attesta che a coloro i quali annunziano il Vangelo è per divino volere concesso che vivano del Vangelo (1Cor 9,14).

Parimenti sappiamo che Cristo diede ai suoi seguaci ed ai suoi uditori questo comando: "Pregate il padrone della messe che mandi ad essa gli operai" (Mt 9,38; Lc 10,2), e che i primi suoi discepoli, dietro l’esempio degli Apostoli, solevano supplicare Dio con queste parole: "Concedi ai tuoi servi di annunziare con tutta fiducia la tua parola" (At 4,29).

Questi due uffici, che consistono nel dare e nel pregare, oltre che essere utilissimi per allargare i confini del regno dei cieli, hanno altresì questo di proprio, che possono essere facilmente compiuti da uomini di qualunque condizione. Infatti, chi è tanto povero che non possa dare una piccola moneta, o tanto occupato che non possa qualche volta alzare a Dio una preghiera per i nunzi del Santo Vangelo? Di questi aiuti sempre si servirono gli uomini apostolici e specialmente i Pontefici Romani, ai quali maggiormente incombe il compito di propagare la fede cristiana, sebbene non si sia sempre tenuto il medesimo modo di procurare tali soccorsi, ma vario e diverso, secondo la varietà dei luoghi e la diversità dei tempi.

Essendo tendenza della nostra età di intraprendere le cose ardue mercé l’unione dei pareri e delle forze di molti, vedemmo dappertutto formarsi società di cui talune furono costituite perché contribuissero anche a promuovere la religione in alcune regioni. Fra tutte, la più eminente è la pia associazione formata circa sessant’anni fa a Lione, in Francia, e che prese il nome della Propagazione della fede.

Questa in principio si propose di soccorrere alcune missioni nell’America; poi, come il grano della senape, crebbe diventando un albero gigantesco i cui rami largamente fioriscono, e così a tutte le missioni, sparse per tutta la terra, porge operosa beneficenza. Questa eccellente istituzione fu tosto approvata dai Pastori della Chiesa e ricolma di splendidi elogi. I Romani Pontefici Pio VII, Leone XII, Pio VIII, Nostri Predecessori, la raccomandarono calorosamente e la arricchirono dei doni delle Indulgenze. Con molto maggiore impegno la promosse, e con affetto veramente paterno la considerò Gregorio XVI, che nella Lettera enciclica del 15 agosto 1840 [più esattamente, con il Breve Probe nostis del 18 settembre 1840] di essa parlò in questi termini: "Opera, questa, veramente grande e santissima, che si sostiene, si allarga, si accresce con le modeste offerte e con le quotidiane preci innalzate a Dio dagli amici di essa; opera che, rivolta a sostenere gli operai apostolici, a esercitare la carità cristiana verso i neofiti, a liberare i fedeli dall’impeto delle persecuzioni, è da Noi considerata degnissima di ammirazione e di amore da parte di tutti i buoni.

Né si può credere che senza un particolare disegno della Provvidenza divina sia toccato alla Chiesa, in questi ultimi tempi, un vantaggio, una utilità così grande. Mentre infatti con artifici di ogni genere il nemico infernale tormenta la diletta Sposa di Cristo, nulla di più opportuno poteva accaderle che la difesa e gli sforzi congiunti di tutti i fedeli che sono infiammati dal desiderio di diffondere la verità cattolica e di guadagnare tutti a Cristo".


Dopo ciò esortava i Vescovi, affinché ognuno nella propria diocesi alacremente operasse in modo che una istituzione tanto salutare si accrescesse di giorno in giorno. Né dall’indirizzo del suo Predecessore si allontanò Pio IX di gloriosa memoria, il quale non tralasciò alcuna occasione per aiutare la benemeritissima società e per promuovere sempre più la sua prosperità. Infatti per sua decisione vennero concessi ai soci più ampi privilegi della indulgenza pontificia; fu spronata la pietà cristiana a sussidiare l’opera, e i soci più illustri, dei quali fossero provati i singolari meriti, furono decorati di varie onorificenze; infine, alcuni aiuti esterni, destinati a questa istituzione, furono dallo stesso Pontefice elogiati ed amplificati.

 

Nello stesso tempo l’emulazione della pietà fece sì che nascessero due altre società, delle quali l’una prese il nome della Santa Infanzia di Gesù Cristo, l’altra delle Scuole d’Oriente. La prima ha per scopo di educare nei costumi cristiani gl’infelicissimi bambini che i genitori, costretti dalla miseria o dalla fame, abbandonano barbaramente, specialmente nelle regioni dei Cinesi, nelle quali è maggiormente in uso questa sorta di crudeltà. Pertanto, la carità dei soci li raccoglie affettuosamente e, dopo averli recuperati talvolta con il denaro, cura che siano lavati nel fonte della rigenerazione cristiana, in modo che, con l’aiuto di Dio, crescano nella speranza della Chiesa o almeno, presi dalla morte, possano garantirsi il modo di acquistare l’eterna felicità.


L’altra società, che sopra abbiamo nominata, prende cura degli adolescenti e con ogni impegno si adopera affinché essi siano imbevuti di sana dottrina, e si adopera di allontanare da loro i pericoli della scienza fallace, verso la quale essi sono spesso inclinati per improvvida cupidigia d’imparare.


Del resto, l’uno e l’altro sodalizio prestano la loro opera coadiutrice a quello più antico che si chiama Propaganda Fide e che, sostenuto dal denaro e dalle preghiere dei popoli cristiani, con amica alleanza opera allo stesso fine. Tutti infatti tendono a far si che mediante la diffusione della luce evangelica moltissimi estranei alla Chiesa vengano alla conoscenza di Dio, e adorino Lui e il Mandato da Lui, Gesù Cristo. Quindi, come accennammo, queste due istituzioni furono elogiate con lettere apostoliche dal Nostro Predecessore Pio IX e largamente arricchite di Sacre Indulgenze.


Pertanto, dato che questi tre sodalizi hanno goduto di tanta sicura grazia agli occhi dei Sommi Pontefici, e dato che ognuno di essi non ha mai desistito dal compiere con concorde impegno il proprio ufficio, così diedero abbondanti frutti salutari alla Nostra Congregazione di Propaganda Fide, arrecarono non mediocre aiuto e conforto nel sostenere i pesi delle missioni e sembrarono tanto vigorosi da dare lieta speranza di messe più ampia per l’avvenire. Però le molte e violente tempeste che si sono scatenate contro la Chiesa nelle regioni già illuminate dalla luce evangelica, recarono detrimento anche a quelle opere che erano state istituite per incivilire i popoli barbari.

Infatti furono molte le cause che diminuirono il numero e la generosità dei soci. Certamente, venendo sparse nel mondo prave opinioni con le quali si aguzza l’appetito della terrena felicità e si spregia la speranza dei beni celesti, che cosa ci si deve aspettare da coloro che usano la mente per escogitare e per gustare le voluttà del corpo? Uomini siffatti possono innalzare preghiere in forza delle quali Dio, implorato, possa condurre con la grazia trionfante i popoli immersi nelle tenebre alla luce divina del Vangelo? Costoro possono forse recare aiuto ai sacerdoti che per la fede si sacrificano e combattono?

Invece, per la malvagità dei tempi avvenne che anche gli animi degli uomini pii si facessero più restii alla munificenza, in parte perché nell’abbondanza delle iniquità si raffreddò la carità di molti, in parte perché le angustie delle cose private, i moti di quelle pubbliche (e si aggiunga anche il timore di tempi peggiori) fecero sì che molti fossero tenaci nel conservare, parchi nel dare.


Al contrario le missioni apostoliche sono strette da molteplici e gravi necessità poiché si fa ogni giorno minore il numero dei sacri operai, né a coloro che sono rapiti dalla morte, cadenti per la vecchiaia, logorati dalla fatica, sono pronti a succedere missionari pari di numero e di valore. Infatti vediamo famiglie religiose, dalle quali molti partivano per le sacre missioni, sciolte da leggi nefaste, i chierici strappati dagli altari e costretti agli obblighi della milizia, i beni dell’uno e dell’altro Clero quasi dappertutto messi al bando e proscritti.


Frattanto, aperto l’adito ad altre regioni che parevano inaccessibili, cresciuta la conoscenza di luoghi e di genti, furono richieste molte altre spedizioni di soldati di Cristo, e si stabilirono nuove stazioni; perciò si desiderano molte persone che si dedichino a codeste missioni ed arrechino opportuni aiuti.

Tralasciamo le difficoltà e gli ostacoli generati dalle contraddizioni.

Infatti, spesse volte uomini fallaci, seminatori di errori, si camuffano da apostoli di Cristo, e abbondantemente forniti di aiuti umani prevengono l’ufficio dei sacerdoti cattolici, o si insinuano al posto di quelli che vengono a meno, o siedono su una cattedra eretta contro di essi, ritenendo di avere sufficientemente conseguito il loro fine, se a quelli che ascoltano la parola di Dio spiegata in diverso modo, rendono ambigua la via della salvezza. E volesse Iddio che non riuscissero con le loro arti! Certamente è da deplorare che quegli stessi i quali o hanno in uggia tali maestri o non li conoscono affatto, e anelano alla pura luce della verità, non trovino spesso l’uomo da cui siano istruiti nella sacra dottrina ed invitati nel seno della Chiesa. Veramente i pargoli chiedono il pane, e non vi è chi lo spezzi loro; le contrade biancheggiano di messe: questa è molta, ma gli operai sono pochi e meno ancora forse diverranno in futuro.


Stando così le cose, Venerabili Fratelli, stimiamo Nostro dovere stimolare lo zelo e la carità dei cristiani, affinché, sia con le preghiere, sia con le offerte, si adoperino ad aiutare l’opera delle sacre missioni e a promuovere la propagazione della fede. Quanta sia l’eccellenza di tale attività lo dimostrano tanto i beni che ad essa sono proposti, quanto i frutti che se ne ritraggono. Infatti, questa santa opera tende direttamente ad estendere sulla terra la gloria del nome divino e il regno di Cristo.

Essa è oltremodo benefica per coloro che sono richiamati dal fango dei vizi e dall’ombra della morte, e che, oltre ad essere resi idonei alla salvezza eterna, sono tratti da uno stato di barbarie e da costumi selvaggi alla dignità del vivere civile. Inoltre tale opera riesce molto utile e fruttuosa anche a coloro i quali in qualsiasi modo vi partecipano, poiché procura ad essi ricchezze spirituali, offre materia di merito e rende Dio quasi debitore nei loro confronti del beneficio compiuto.


Voi dunque, Venerabili Fratelli, chiamati a partecipare della Nostra sollecitudine, caldamente esortiamo affinché, sorretti dalla fiducia in Dio e non turbati da qualsiasi difficoltà, con animi concordi vi adoperiate con Noi ad aiutare attivamente ed energicamente le missioni apostoliche. Si tratta della salute delle anime per le quali il Nostro Redentore offerse l’anima sua e costituì Noi Vescovi e Sacerdoti per la formazione dei santi e per la edificazione del suo corpo.


Pertanto, ciascuno nel luogo dove da Dio fu posto a custodia del gregge, sforziamoci con ogni mezzo affinché alle sacre missioni siano forniti quegli aiuti che, come abbiamo ricordato, la Chiesa usò sin dai primordi, vale a dire la predicazione del Vangelo, le preghiere e le elemosine degli uomini pii.

Se dunque troverete alcuni zelanti della gloria divina e pronti ed idonei ad intraprendere le sacre missioni, rincuorateli affinché, esplorata e conosciuta la volontà di Dio, non si facciano impigrire dalla carne e dal sangue, ma si affrettino ad assecondare le voci dello Spirito Santo.


Agli altri Sacerdoti, poi, agli ordini religiosi dell’uno e dell’altro sesso, e infine a tutti i fedeli affidati alle Vostre cure, inculcate con insistenza affinché con preghiere incessanti implorino l’aiuto celeste a favore dei seminatori della divina parola. Adoperino poi quali intercessori la Vergine Madre di Dio, che può uccidere tutti i mostri degli errori, il suo purissimo Sposo, che molte missioni hanno già eletto a proprio protettore e custode, e che la Sede Apostolica ha recentemente dichiarato Patrono della Chiesa universale; i Principi degli Apostoli e tutta la schiera da cui partì per la prima volta la predicazione del Vangelo che risuonò per tutta la terra; infine, tutti gli altri uomini illustri per santità, che nello stesso ministero consumarono le forze o profusero il sangue e la vita.


Alla supplice preghiera si unisca l’elemosina, la cui forza consiste nel far sì che coloro i quali aiutano gli uomini dell’apostolato, ancorché separati da grandi distanze o trattenuti in altre occupazioni, si rendano loro soci, tanto nei travagli quanto nei meriti. Per la verità, il tempo è tale che molti sono presi dalla povertà familiare, tuttavia nessuno per questo si perda d’animo, in quanto a nessuno certamente può essere grave l’oblazione della piccola moneta che si richiede per questo scopo, dato che molte offerte convogliate unitariamente possono approntare aiuti abbastanza grandi.

Ognuno poi consideri, secondo il Vostro insegnamento, Venerabili Fratelli, che la sua liberalità non gli sarà di iattura ma di vantaggio, poiché chi dà al povero presta a Dio, e perciò l’elemosina fu detta la più lucrosa di tutte le attività.

Infatti se, come da promessa dello stesso Gesù Cristo, non perderà la sua mercede colui che abbia dato un bicchiere d’acqua fresca ad uno dei suoi poveri più miseri, amplissima mercede certamente spetterà a colui che, spesa per le sacre missioni una somma anche esigua ed aggiuntavi la preghiera, sollecita contemporaneamente molte e diverse opere di carità, e si fa collaboratore di Dio per la salute del prossimo in quell’opera che i Santi Padri chiamarono la più divina fra le opere divine.


Nutriamo certa fiducia, Venerabili Fratelli, che tutti coloro i quali si gloriano del nome di cattolici, meditando nella loro mente queste considerazioni ed infiammati dalle Vostre esortazioni, non verranno meno a questa opera di pietà, che a Noi sta tanto a cuore, né permetteranno che le loro premure di dilatare il regno di Gesù Cristo siano vinte dall’attività e dall’impegno di coloro che si sforzano di propagare il dominio del principe delle tenebre.


Frattanto, implorando Iddio propizio alle pie imprese dei popoli cristiani, impartiamo affettuosamente nel Signore l’Apostolica Benedizione, testimone della Nostra singolare benevolenza, a Voi, Venerabili Fratelli, al Clero ed al popolo affidato alla Vostra cura.


Dato a Roma, presso San Pietro, il 3 dicembre 1880, anno terzo del Nostro Pontificato.

LEONE XIII


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