Requiem æternam per i Prelati della Santa Chiesa

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Caterina63
00lunedì 16 febbraio 2009 19:34
In questo Thread inseriremo i Prelati della Chiesa che dopo l'onorato servizio alla Chiesa e all'Uomo, meritano di certo il ricordo nella nostra Prehiera in modo particolare....

Requiem æternam dona eis, Domine,
et lux perpetua luceat eis.
Te decet hymnus Deus, in Sion,
et tibi reddetur votum in Ierusalem.
Exaudi orationem meam;
ad te omnis caro veniet.
Requiem æternam dona eis, Domine,
et lux perpetua luceat eis.

Absolve, Domine,
animas omnium fidelium defunctorum
ab omni vinculo delictorum
et gratia tua illis
succurente mereantur
evadere iudicium ultionis,
et lucis æterne beatitudine perfrui.

Libera me, Domine, de morte aeterna, in die illa tremenda:
Quando caeli movendi sunt et terra.
Dum veneris judicare saeculum per ignem.
Tremens factus sum ego, et timeo, dum discussio venerit, atque ventura ira.
Quando caeli movendi sunt et terra.
Dies illa, dies irae, calamitatis et miseriae, dies magna et amara valde.
Dum veneris judicare saeculum per ignem.
Requiem aeternam dona eis, Domine: et lux perpetua luceat eis.


In paradisum deducant te Angeli:
in tuo adventu suscipiant te Martyres,
et perducant te in civitatem sanctam Jerusalem.
Chorus Angelorum te suscipiat,
et cum Lazaro quondam paupere aeternam habeas requiem.


 


Scomparso all'età di 87 anni, è stato il primo porporato coreano

La morte del cardinale Stephen Kim Sou-hwan


Il cardinale Stephen Kim Sou-hwan, arcivescovo emerito di Seoul (Corea), è morto oggi lunedì 16 febbraio, all'età di 87 anni, nell'ospedale cattolico St. Mary a Gangnam, Seoul. Nato in Taegu l'8 maggio 1922, era stato ordinato sacerdote il 15 settembre 1951. Eletto alla Sede residenziale di Masan il 15 febbraio 1966, aveva ricevuto l'ordinazione episcopale il 31 maggio dello stesso anno. Promosso a Seoul il 9 aprile 1968, da Paolo VI era stato creato e pubblicato nel Concistoro del 28 aprile 1969, del Titolo di San Felice da Cantalice a Centocelle. Il 3 aprile 1998 aveva rinunciato al governo pastorale dell'arcidiocesi.

Cardinale da quarant'anni Stephen Kim Sou-hwan condivideva con Eugênio de Araujo Sales il primato, come data di nomina, nel collegio cardinalizio. Era noto per essere stato chiamato alla guida pastorale dell'arcidiocesi di Seoul all'età di appena 46 anni; e quando Paolo VI lo nominò cardinale - tra l'altro primo coreano a essere elevato alla dignità cardinalizia - era il porporato più giovane del mondo.
Diresse la sua azione pastorale a imprimere lo spirito del rinnovamento conciliare nelle strutture diocesane. Intensificò notevolmente l'attività di evangelizzazione, nella quale coinvolse particolarmente i laici. Un'attenzione particolare dedicò alla ricerca del dialogo con i non-cristiani e al coordinamento degli sforzi comuni in campo caritativo e assistenziale. Assai coraggiose - nella difficile situazione politica interna - furono le sue dichiarazioni e le sue iniziative a difesa dei diritti umani e dei lavoratori.

Un ricordo particolare della sua ricca testimonianza si trova nel volume Kim Sou-hwan, storia di un Cardinale che, pubblicato nel 2005, raccoglie le memorie dell'allora ottantaduenne porporato, arcivescovo di Seoul dal 1968 al 1998. Ricco di eventi storici e di fatti che hanno caratterizzato gli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, il libro resta sicuramente una fonte preziosa dell'esemplarità della sua vita. D'altra parte era stato lui stesso a raccontare tutti i particolari della sua vita a un giornalista del Pyeonghwa Shinmun (Giornale della pace), settimanale dell'arcidiocesi di Seoul, nel corso di più incontri svoltisi dal maggio 2003 al settembre 2004.

I ricordi iniziavano da Taegu (240 chilometri a Sud-Est di Seoul), ove, ultimo di cinque fratelli e di tre sorelle, da famiglia cattolica da due generazioni era nato l'8 maggio del 1922. Il nonno aveva subito il martirio nel 1868 e la sua famiglia fu costretta a trasferirsi più volte per sfuggire alle persecuzioni. Il padre si guadagnava da vivere vendendo ceramiche. La madre, donna forte ed energica, ebbe un'influenza decisiva nella sua vita. La povertà segnò la sua infanzia:  spesso, a tavola, non c'era neppure una coppetta di riso. Non ricordava però il cardinale che per questo vi fosse mai stata neppure una lamentela da parte della madre. La fierezza di lei insegnò al giovanissimo Stephen a sentirsi comunque ricco di beni, non materiali. E fu sempre la madre a orientare lui e il fratello maggiore, sin dal tempo delle scuole elementari, al sacerdozio. Stephen trascorse 18 anni in seminario. "Il Signore mi ha sempre guidato lungo la retta via - amava ripetere - e oggi non posso che manifestare riconoscenza a Lui per tanta provvidenza e grazia".

Ordinato sacerdote, durante il difficile periodo della guerra in Corea esercitò il ministero pastorale in diverse parrocchie dell'allora vicariato apostolico di Taegu, ricoprendo anche l'incarico di segretario dell'arcivescovo. Successivamente si trasferì in Giappone per frequentare i corsi della facoltà di filosofia dell'università cattolica "Jôchi Daigaku" di Tokyo, diretta dai gesuiti. Appena laureatosi rientrò in Corea e fu incaricato di dirigere il "Catholic Shilbo", il giornale cattolico di Taegu.
Inviato in Europa a completare la sua preparazione, studiò per otto anni - dal 1956 al 1965 - a Münster, in Germania, specializzandosi in scienze sociali. Il 15 febbraio 1966, qualche tempo dopo il suo ritorno in patria, fu nominato vescovo di Masan e ordinato il 31 maggio successivo.

Membro del Sinodo dei Vescovi, designato dai confratelli coreani quale loro rappresentante, monsignor Kim intervenne nella congregazione del 14 ottobre 1967 con un significativo discorso sui seminari. Fece notare la scarsezza del clero e la difficoltà di trovare educatori. Nella congregazione del 20 ottobre 1967, monsignor Kim trattò diffusamente il problema dei matrimoni misti, particolarmente sentito nei Paesi di missione. Un problema che il presule invitò a considerare non solo sotto l'aspetto giuridico, ma anche e soprattutto sotto quello pastorale. L'anno successivo monsignor Kim fu promosso arcivescovo di Seoul.
Paolo VI lo creò cardinale e lo rese pubblico nel Concistoro del 28 aprile 1969. Gli affidò il Titolo di San Felice da Cantalice a Centocelle. Rimase alla guida dell'arcidiocesi per trent'anni, dal 9 aprile 1968 al 3 aprile 1998. Dal 10 giugno 1975 al 3 aprile 1998 fu anche amministratore apostolico di P'yong-yang.

Negli anni successivi al concilio Vaticano ii, il giovane cardinale dovette assumersi le proprie responsabilità all'interno della Chiesa coreana in un contesto segnato dai regimi militari degli anni Settanta e Ottanta, e dall'evolversi del movimento in favore della democrazia, finalmente affermatasi negli anni Novanta. Difensore dei diritti umani e promotore della democrazia, il cardinale Kim Sou-hwan rifiutò ogni etichetta poiché riteneva di agire animato sempre da finalità ben diverse da quelle politiche. Negli anni in cui promuoveva azioni in favore dei diritti umani e della democrazia, gli tornarono assai utili gli studi di sociologia cristiana svolti in Germania sotto la guida del P. Joseph Hoffner.

Più volte presidente della conferenza episcopale coreana, dal 1973 al 1977 è stato presidente della federazione delle conferenze episcopali dell'Asia (Fabc) e per molti anni membro del consiglio della segreteria generale del Sinodo dei vescovi. Significativo un suo intervento "in scriptis" alla v assemblea generale del Sinodo di vescovi (10 ottobre 1980) intitolato "Minacce alla vita familiare". "Il matrimonio attuale - scrisse tra l'altro - rispecchia i cambiamenti socio-economici del mondo e le tradizioni giudeo-cristiane, che hanno sostenuto la famiglia e che ora sono poste in questione. La vita familiare è minacciata. Le nazioni si concentrano sullo sviluppo materiale senza il dovuto interesse per i valori spirituali. Hanno i loro effetti sulla vita familiare anche le oppressive condizioni di lavoro e gli stress psicologici. Gli Stati si trovano di fronte al dilemma di ricercare lo sviluppo materiale a costo della dignità umana o di dare la priorità agli ideali spirituali a costo di un sviluppo più lento. Tremendi effetti della società moderna si constatano nella famiglia cosiddetta "estesa". Inoltre il divorzio crea frattura non solo in una singola famiglia ma in un'intera rete di rapporti. Per questo motivo assistiamo alla tragedia dell'alienazione dei giovani e della solitudine degli anziani.

Le guide della Chiesa devono denunciare profeticamente i danni arrecati alla vita familiare. Primo:  bisogna impiegare i mass-media per stimolare l'opinione pubblica contro le tendenze che minacciano la famiglia. Secondo:  deve indicare alle donne la loro dignità e il loro ruolo nella famiglia, confermando i nuovi ruoli femminili quando sono compatibili con il Vangelo e la responsabilità famigliare e prendendo posizione contro l'aborto e il controllo delle nascite. Terzo:  a livello parrocchiale, la mobilità dei fedeli esige un adeguamento del servizio parrocchiale e una maggiore abilità pastorale in campo spirituale e psicologico. Anche i laici, i religiosi e le religiose devono essere invitati a partecipare ad alcuni servizi parrocchiali ausiliari".

Accolse due volte Giovanni Paolo II pellegrino a Seoul dal 3 al 7 maggio 1984 e dal 7 al 9 ottobre 1989.
Il cardinale Kim fu anche presidente delegato dell'assemblea speciale per l'Asia del Sinodo dei vescovi, che si è svolta in Vaticano dal 19 aprile al 14 maggio 1998. In tale veste rivolse il saluto dell'episcopato del continente a Giovanni Paolo II durante l'incontro svoltosi il 6 novembre 1999, nella cattedrale del Sacro Cuore a New Delhi (India), in occasione della firma dell'Esortazione Apostolica post-sinodale "Ecclesia in Asia". Nell'aprile del 2005, nonostante l'età avanzata venne a Roma per partecipare alle esequie di Papa Wojtyla.
I funerali del cardinale Stephen Kim Sou-hwan  si  svolgeranno, dopo  cinque giorni di lutto, nella cattedrale di Seoul.



(©L'Osservatore Romano - 16-17 febbraio 2009)
Caterina63
00lunedì 23 febbraio 2009 16:39

Il cordoglio del Papa per la morte del card. Pham Dình Tung: pastore coraggioso e fedele

Un pastore eminente che ha servito con grande coraggio e fedele generosità la Chiesa e la Sede di Pietro in circostanze difficili, impegnandosi senza risparmiarsi per l’annuncio del Vangelo: Benedetto XVI ricorda così la figura del cardinale Paul Joseph Pham Dình Tung (foto), arcivescovo emerito di Ha Nôi in Vietnam spentosi ieri mattina all’età di 90 anni.

In un telegramma indirizzato all’arcivescovo di Ha Nôi, Joseph Ngô Quang Kiêt, il Santo Padre esprime il suo cordoglio per la morte del porporato e si unisce a tutta la comunità cattolica vietnamita in questo momento di dolore. Quindi, assicura le sue preghiere ai famigliari del cardinale Pham Dình Tung e vicinanza a tutti i fedeli dell’arcidiocesi vietnamita di Ha Nôi.





Il cordoglio del Papa

La morte del cardinale
Pham Ðình Tung



Il cardinale Paul Joseph Pham Ðình Tung, arcivescovo emerito di Hà Nôi (Viêt Nam), è morto domenica 22, ad Hà Nôi. Appresa la notizia il Papa ha inviato all'attuale arcivescovo di Hà Nôi, monsignor Joseph Ngô Quang Kiêt, il telegramma che pubblichiamo in una nostra traduzione italiana.


Apprendendo con tristezza la notizia della morte del Cardinale Paul Joseph Pham Dinh Tung, Arcivescovo emerito di Hà Nôi, suo predecessore, tengo a esprimerle la mia fervente unione nella preghiera con tutti i Vescovi del Viêt Nam, con i fedeli dell'arcidiocesi di Hà Nôi e di tutto il paese, come pure con la famiglia del defunto e le persone colpite da questo lutto. Chiedo a Dio, Padre dal quale proviene ogni misericordia, di accogliere presso di Lui, nella sua pace e nella sua luce, questo Pastore eminente, che in circostanze difficili ha servito la Chiesa con grande coraggio e generosa fedeltà alla Sede di Pietro, dedicandosi completamente all'annuncio del Vangelo. In pegno di conforto, a lei, al suo ausiliare, ai vescovi del Viêt Nam, ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e ai fedeli dell'Arcidiocesi di Hà Nôi, come pure ai membri della famiglia del Cardinale defunto e alle persone che prenderanno parte alle esequie, imparto di tutto cuore la Benedizione apostolica.

BENEDETTO PP. XVI

Analogo telegramma è stato inviato dal cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato.

 

(©L'Osservatore Romano - 23-24 febbario 2009)
Caterina63
00venerdì 6 novembre 2009 09:58
Ricordando che siamo nel Mese dedicato ai Defunti:

Novembre: Festa liturgica di Tutti i Santi e dei Nostri cari Defunti



Il Papa celebra in suffragio dei cardinali e dei vescovi morti durante l'anno

Hanno servito il Vangelo
nella varietà dei doni e dei compiti


I sette cardinali e i cento arcivescovi e vescovi morti durante quest'anno "hanno servito la Chiesa" testimoniando il Vangelo "nella varietà dei doni e dei compiti". Lo ha ricordato il Papa durante la messa di suffragio celebrata nella mattina di giovedì 5 novembre, nella basilica Vaticana.

Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!
"Quale gioia, quando mi dissero:  Andremo alla casa del Signore!". Le parole del Salmo 122, che abbiamo cantato poco fa, ci invitano ad elevare lo sguardo del cuore verso la "casa del Signore", verso il Cielo dove è misteriosamente raccolta, nella visione beatifica di Dio, la schiera di tutti i Santi che la liturgia ci ha fatto contemplare qualche giorno fa. Alla solennità dei Santi è seguita la commemorazione di tutti i Fedeli defunti. Queste due celebrazioni, vissute in un profondo clima di fede e di preghiera, ci aiutano a meglio percepire il mistero della Chiesa nella sua totalità e a comprendere sempre più che la vita deve essere una continua vigile attesa, un pellegrinaggio verso la vita eterna, compimento ultimo che dà senso e pienezza al nostro cammino terreno. Alle porte della Gerusalemme celeste "già sono fermi i nostri piedi" (v. 2).

A questa meta definitiva sono ormai giunti i compianti Cardinali:  Avery Dulles, Pio Laghi, Stéphanos ii Ghattas, Stephen Kim Sou-Hwan, Paul Joseph Pham Ðình Tung, Umberto Betti, Jean Margéot, e i numerosi Arcivescovi e Vescovi che ci hanno lasciato durante quest'ultimo anno. Li ricordiamo con affetto e rendiamo grazie a Dio per il bene che hanno compiuto. In loro suffragio offriamo il Sacrificio eucaristico, raccolti, come ogni anno, in questa Basilica Vaticana. Pensiamo a loro nella comunione, reale e misteriosa, che unisce noi pellegrini sulla terra a quanti ci hanno preceduti nell'aldilà, certi che la morte non spezza i vincoli di fraternità spirituale sigillati dai Sacramenti del Battesimo e dell'Ordine.

In questi venerati nostri Fratelli amiamo riconoscere i servi di cui parla la parabola evangelica poc'anzi proclamata:  servi fedeli, che il padrone, di ritorno dalle nozze, ha trovato svegli e pronti (cfr. Lc 12, 36-38); pastori che hanno servito la Chiesa assicurando al gregge di Cristo la necessaria cura; testimoni del Vangelo che, nella varietà dei doni e dei compiti, hanno dato prova di operosa vigilanza, di generosa dedizione alla causa del Regno di Dio. Ogni celebrazione eucaristica, alla quale tante volte essi pure hanno partecipato dapprima come fedeli e poi come sacerdoti, anticipa nel modo più eloquente quanto il Signore ha promesso:  Egli stesso, sommo ed eterno Sacerdote, farà mettere i suoi servi a tavola e passerà a servirli (cfr. Lc 12, 37). Sulla Mensa eucaristica, convito nuziale della Nuova Alleanza, Cristo, Agnello pasquale si fa nostro cibo, distrugge la morte e ci dona la sua vita, la vita senza fine. Fratelli e sorelle, anche noi restiamo desti e vigilanti:  ci trovi così "il padrone quando torna dalle nozze, giungendo nel mezzo della notte o prima dell'alba" (cfr. Lc 12, 38). Anche noi, allora, come i servi del Vangelo, saremo Beati!

(pezzo aggiunto a braccio)
Pastori che hanno servito la Chiesa assicurando al gregge di Cristo la necessaria cura; testimoni del Vangelo che, nella varietà dei doni e dei compiti, hanno dato prova di operosa vigilanza, di generosa dedizione alla causa del Regno di Dio. Ogni celebrazione eucaristica, alla quale tante volte essi pure hanno partecipato dapprima come fedeli e poi come sacerdoti, anticipa nel modo più eloquente quanto il Signore ha promesso: Egli stesso, sommo ed eterno Sacerdote, farà mettere i suoi servi a tavola e passerà a servirli (cfr 12,36-38)
 
"Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio" (Sap 3, 1). La prima lettura, tratta dal libro della Sapienza, parla di giusti perseguitati, messi ingiustamente a morte. Ma se anche la loro morte - sottolinea l'Autore sacro - avviene in circostanze umilianti e dolorose tali da sembrare una sciagura, in verità per chi ha fede non è così:  "essi sono nella pace" e, se pur subirono castighi agli occhi degli uomini, "la loro speranza è piena di immortalità" (vv. 3-4). È doloroso il distacco dai propri cari, è un enigma carico di inquietudine l'evento della morte, ma, per i credenti, comunque esso avvenga, è sempre illuminato dalla "speranza dell'immortalità". La fede ci sostiene in questi momenti umanamente carichi di tristezza e di sconforto:  "Ai tuoi occhi la vita non è tolta ma trasformata - ricorda la liturgia -; e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un'abitazione eterna nel Cielo" (Prefazio dei defunti).

Cari fratelli e sorelle, sappiamo bene e lo sperimentiamo nel nostro cammino che non mancano difficoltà e problemi in questa vita, ci sono situazioni di sofferenza e di dolore, momenti difficili da comprendere e accettare. Tutto però acquista valore e significato se viene considerato nella prospettiva dell'eternità. Ogni prova, infatti, accolta con perseverante pazienza ed offerta per il Regno di Dio, torna a nostro vantaggio spirituale già quaggiù e soprattutto nella vita futura, in Cielo. In questo mondo siamo di passaggio, saggiati nel crogiuolo come l'oro, afferma la Sacra Scrittura (cfr. Sap 3, 6). Misteriosamente associati alla passione di Cristo, possiamo fare della nostra esistenza un'offerta gradita al Signore, un volontario sacrificio di amore.

Nel Salmo responsoriale e poi nella seconda lettura, tratta dalla prima Lettera di Pietro, troviamo come un'eco alle parole del libro della Sapienza. Mentre il Salmo 122, riprendendo il canto dei pellegrini che scendono alla Città santa e dopo un lungo cammino giungono pieni di gioia alle sue porte, ci proietta nel clima di festa del Paradiso, san Pietro ci esorta, durante il pellegrinaggio terreno, a tener viva nel cuore la prospettiva della speranza, di una "speranza viva" (1, 3). Di fronte all'inevitabile dissolversi della scena di questo mondo - egli annota - ci è data la promessa di un'"eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce" (v. 4), perché Dio ci ha rigenerati, nella sua grande misericordia, "mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti" (1, 3).

Ecco il motivo per cui dobbiamo essere "ricolmi di gioia", anche se siamo afflitti da varie pene. Se, infatti, perseveriamo nel bene, la nostra fede, purificata da molte prove, risplenderà un giorno in tutto il suo fulgore e tornerà a nostra lode, gloria e onore quando Gesù si manifesterà nella sua gloria. Sta qui la ragione della nostra speranza, che già qui ci fa esultare "di gioia indicibile e gloriosa", mentre siamo in cammino verso la meta della nostra fede:  la salvezza delle anime (cfr. vv. 6-8).

Cari fratelli e sorelle, è con tali sentimenti che vogliamo affidare alla Divina Misericordia questi Cardinali, Arcivescovi e Vescovi, con i quali abbiamo lavorato insieme nella vigna del Signore. Definitivamente liberati da ciò che resta in loro dell'umana fragilità li accolga il Padre celeste nel suo Regno eterno e conceda loro il premio promesso ai buoni e fedeli servitori del Vangelo. Li accompagni, con la sua materna sollecitudine, la Vergine Santa, e apra loro le porte del Paradiso. Aiuti la Vergine Maria anche noi, ancora viandanti sulla terra, a mantenere fisso lo sguardo verso la patria che ci attende; ci incoraggi a restare pronti "con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese" per accogliere il Signore "quando arriva e bussa" (Lc 12, 35-36). A qualsiasi ora e in qualsiasi momento.
Amen!


(©L'Osservatore Romano - 6 novembre 2009)

Messa di Suffragio per i Defunti Cardinali e Vescovi dell'anno 2009










Caterina63
00venerdì 6 novembre 2009 09:59
La messa nella basilica di San Pietro

"Servi fedeli, che il padrone, di ritorno dalle nozze, ha trovato svegli e pronti". Con queste parole tratte dal vangelo di Luca, Benedetto XVI ha ricordato i cardinali e vescovi defunti nel corso dell'anno, durante la concelebrazione eucaristica di suffragio, presieduta nella basilica di San Pietro, giovedì mattina 5 novembre. Sono sette i porporati morti tra il 12 dicembre 2008 e il 17 luglio 2009: Avery Dulles, Pio Laghi, Stéphanos ii Ghattas, Stephen Kim Sou-Hwan, Paul Joseph Pham Ðình Tung, Umberto Betti e Jean Margéot. Cento invece gli arcivescovi e i vescovi deceduti tra il 22 ottobre 2008 e il 26 ottobre 2009.

Alla preghiera dei fedeli sono state elevate intenzioni per il Pontefice e per i pastori della Chiesa e per i cardinali e vescovi defunti.

Insieme con il Papa hanno concelebrato all'altare della Cattedra trentaquattro cardinali, tra i quali Tarcisio Bertone, segretario di Stato e camerlengo di Santa Romana Chiesa, e Angelo Sodano, decano del collegio cardinalizio.

Hanno assistito al rito i cardinali Daoud e Sánchez, con numerosi presuli e prelati della Curia romana.

Con il Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede erano gli arcivescovi Fernando Filoni, sostituto della Segreteria di Stato, e Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati; i monsignori Peter Brian Wells, assessore, Ettore Balestrero, sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati, Fortunatus Nwachukwu, capo del Protocollo; l'ambasciatore dell'Honduras, decano del Corpo diplomatico.

Il Papa è giunto in basilica accompagnato dagli arcivescovi James Michael Harvey, prefetto della Casa Pontificia, Félix del Blanco Prieto, elemosiniere, dal vescovo Paolo De Nicolò, reggente, dai monsignori Georg Gänswein, segretario particolare del Papa e Alfred Xuereb, della segreteria particolare. Hanno scandito la celebrazione i canti eseguiti dalla Cappella Giulia.



(©L'Osservatore Romano - 6 novembre 2009)

Caterina63
00lunedì 11 gennaio 2010 20:07
Punto di riferimento per tutto il Madagascar, l'arcivescovo emerito di Antananarivo aveva ottantaquattro anni

La morte del cardinale Armand Gaétan Razafindratandra


L'unico cardinale del Madagascar, Armand Gaétan Razafindratandra, arcivescovo emerito di Antananarivo, è morto alle ore 17 di sabato 9 gennaio nell'ospedale di Mahajanga dove era stato appena ricoverato per l'aggravarsi di una sindrome influenzale. Aveva 84 anni.
Nato il 7 agosto 1925 ad Ambohimalaza, nell'arcidiocesi di Antananarivo, il 27 luglio 1954 aveva ricevuto l'ordinazione sacerdotale. Il 27 aprile 1978 era stato nominato vescovo di Mahajanga e il 2 luglio era stato consacrato. Il 3 febbraio 1994 era divenuto arcivescovo di Antananarivo.
Nel concistoro del 26 novembre 1994 Giovanni Paolo II lo aveva creato e pubblicato cardinale, del titolo dei Santi Silvestro e Martino ai Monti. Il 7 dicembre 2005 aveva rinunciato al governo pastorale dell'arcidiocesi.

Considerato uno dei padri della democrazia del Madagascar, il cardinale Armand Gaétan Razafindratandra è stato una delle più importanti figure della Chiesa in Africa, membro della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli e del Consiglio speciale per l'Africa della Segreteria generale del Sinodo dei Vescovi.

La notizia della sua morte improvvisa ha suscitato profondo cordoglio in tutto il Paese. Di recente, il 31 dicembre il cardinale aveva presieduto ad Antananarivo i funerali dell'ex primo ministro malgascio Jacques Sylla, ricorda il nunzio apostolico in Madagascar monsignor Augustine Kasujja.
Punto di riferimento non solo per i cattolici, Razafindratandra è stato tra i fondatori della commissione ecumenica di teologia incaricata di elaborare lo statuto del Consiglio delle Chiese cristiane, movimento che ha avuto un ruolo particolarmente importante nell'evoluzione democratica del Madagascar a partire dal 1989.

Nell'ottobre 2009 aveva partecipato al secondo Sinodo per l'Africa dopo essere stato già protagonista del primo nel 1994. Proprio da quell'assemblea aveva preso spunto per rilanciare l'evangelizzazione nel Paese, puntando sulla formazione del clero e dei laici con una particolare attenzione per i giovani "che sono stati l'elemento determinante nei cambiamenti politici, portatori di una nuova speranza in Madagascar" come disse a Giovanni Paolo II nella visita ad limina del 1998.

Impegnato in prima linea per affermare il diritto e la giustizia, il cardinale riconosceva che la Chiesa malgascia non ha però ancora trovato i mezzi adeguati per far fronte alle sfide enormi della povertà e delle questioni socio-economiche. Comunque una risposta concreta ha cercato di darla sostenendo i progetti di sviluppo e le popolazioni colpite dalle calamità naturali e soprattutto promuovendo una capillare evangelizzazione.

Era nato in un'antica e importante famiglia convertitasi al cristianesimo. Suo nonno era governatore della capitale Antananarivo. Aveva studiato nella parrocchia di Faravohitra e poi dai fratelli delle scuole cristiane ad Andohalo. Era entrato nel seminario minore di Ambohipo e aveva conseguito il diploma dai gesuiti nel collegio di San Michele dove aveva poi studiato filosofia, mentre aveva seguito i corsi di teologia nel seminario maggiore  di  Ambatoroka.

Dopo l'ordinazione sacerdotale, nel 1954 il suo vescovo monsignor Sartre l'aveva mandato a studiare all'Institut Catholique di Parigi. Pastorale catechetica e questioni sociali erano stati i temi approfonditi in Francia dove si era occupato anche dell'assistenza spirituale degli studenti malgasci.
Rientrato in patria nel 1956, gli erastata affidata la direzione dell'ufficio catechetico. Aveva subito scritto una serie di manuali per gli studenti di tutte le età. Aveva fondato e diretto per dieci anni il centro nazionale di formazione catechetica. Era stato anche direttore spirituale nelle scuole pubbliche e in quelle private non confessionali oltre che rettore del seminario minore di Faliarivo e del maggiore di Ambatoroka.

Nelle parrocchie di Ambohimitsimbina e Ambavahadimitafo, e già prima come vicario della cattedrale, aveva organizzato colonie estive per i bambini delle famiglie povere, coinvolgendo giovani volontari.

Paolo VI lo aveva nominato vescovo di Mahajanga nel 1978. A ordinarlo era stato il cardinale malgascio Victor Razafimahatratra. Aveva subito intrapreso una missione in tutte le parrocchie della diocesi, viaggiando a piedi. Così in molti villaggi avevano visto un prete per la prima volta. Con lo stesso stile semplice, missionario, era stato dal 1994 al 2005 arcivescovo di Antananarivo e dal 1997 al 2002 presidente della Conferenza episcopale.

Nel 1989 Razafindratandra aveva accolto  in Madagascar Giovanni Paolo II che, durante la visita, aveva beatificato Victoire Rasoamanarivo, "ricca personalità di laica impegnata" vissuta nell'Ottocento. Era allora presidente della commissione episcopale per l'ecumenismo a cui egli stesso aveva dato impulso dopo l'esperienza parigina. Ricevendo il neo porporato in udienza il 28 novembre 1994, con familiari e autorità, Papa Wojtyla conoscendone le doti di equilibrio e l'autorevolezza gli aveva chiesto di "portare nel seno del collegio dei cardinali un po' di tranquilla pazienza e di fiducia ottimista che animavano la beata Victoire!".

Infine nel giugno 2009 Razafindratandra aveva salutato con gioia un'altra beatificazione ad Antananarivo, quella del laico lasalliano Raffaele Luigi Rafiringa, un pagano convertito capace di "tenere in piedi" la Chiesa in Madagascar quando, a fine Ottocento, tutti i preti vennero espulsi. Ne aveva sottolineato soprattutto la modernità.


(©L'Osservatore Romano - 11-12 gennaio 2010)
Caterina63
00sabato 17 aprile 2010 12:21
17/04/2010 8.19.50



Si è spento all'età di 90 anni il cardinale Tomas Spidlik




Lutto nella Chiesa. Si è spento ieri sera a Roma, all’età di 90 anni, il cardinale Tomas Spidlik. Nato il 17 dicembre 1919 a Boskovice (diocesi di Brno) in Moravia - allora Cecoslovacchia, oggi Repubblica Ceca – in gioventù ha conosciuto i lavori forzati, impostigli prima dai nazisti e poi dai comunisti. Entrato nel 1940 nel noviziato dei Gesuiti di Benesov, vicino Praga, nel ’42 prese i voti religiosi. Nonostante le difficoltà del conflitto mondiale, concluse gli studi filosofici e teologici e divenne docente universitario al Pontificio istituto Orientale e all'Università Gregoriana. Fu anche predicatore di esercizi spirituali e nel 1995 curò quelli per il Papa e per la Curia Romana. Ha scritto numerosi libri e articoli. Nel 2003 fu creato cardinale da Giovanni Paolo II. Per 50 anni è stato uno dei più stretti collaboratori del programma ceco della Radio Vaticana. Ha vissuto e lavorato, fino all’ultimo, al Centro Aletti, affiancato all'Istituto Orientale. Qui ha promosso i contatti personali con gli uomini di cultura, specialmente dell'Est europeo. È stato inviato più volte in Russia e nel 1992 è stato ricevuto al Cremlino dal presidente della Russia Eltsyn e dal Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Alessio II.

Il 17 dicembre scorso il Papa aveva presieduto nella Cappella Redemptoris Mater, in Vaticano, una celebrazione eucaristica con la Comunità del Centro "Aletti" di Roma, in occasione del 90.mo compleanno del cardinale Tomas Špidlik. Benedetto XVI nella sua omelia, aveva ricordato il lungo itinerario di pensiero del cardinale Špidlik, celebre per i suoi numerosi studi sulla spiritualità delle Chiese d'Oriente. Ha sempre comunicato “con ardore e profonda convinzione – aveva sottolineato Benedetto XVI - che il centro di tutta la Rivelazione è un Dio Tripersonale e che, di conseguenza, l’uomo creato a sua immagine è essenzialmente un mistero di libertà e di amore, che si realizza nella comunione: il modo stesso di essere di Dio”. Ecco le parole del Papa:

"La sua lunga vita e il suo singolare cammino di fede testimoniano come sia Dio a guidare chi a Lui si affida. Ma egli ha percorso anche un ricco itinerario di pensiero, comunicando sempre con ardore e profonda convinzione che il centro di tutta la Rivelazione è un Dio Tripersonale e che, di conseguenza, l’uomo creato a sua immagine è essenzialmente un mistero di libertà e di amore, che si realizza nella comunione: il modo stesso di essere di Dio. Questa comunione non esiste per se stessa, ma procede – come non si stanca di affermare l’Oriente cristiano – dalle Persone divine che liberamente si amano. La libertà e l’amore, elementi costitutivi della persona, non sono afferrabili per mezzo delle categorie razionali, per cui non si può comprendere la persona se non nel mistero di Cristo, vero Dio e vero uomo, e nella comunione con Lui, che diventa accoglienza della "divinoumanità" anche nella nostra stessa esistenza.

Fedele a questo principio, il Cardinale Špidlík ha intessuto lungo gli anni una visione teologica vivace e, per molti aspetti, originale nella quale confluiscono organicamente l’Oriente e l’Occidente cristiani, scambiandosi reciprocamente i loro doni. Il suo fondamento è la vita nello Spirito; il principio della conoscenza: l’amore; lo studio: un’iniziazione alla memoria spirituale; il dialogo con l’uomo concreto: un criterio indispensabile, e il suo contesto: il corpo sempre vivo di Cristo, che è la sua Chiesa. Strettamente legato a questa visione teologica è l’esercizio della paternità spirituale, che il Cardinale Špidlík ha costantemente svolto e continua a svolgere. Oggi, potremmo dire che si raduna attorno a lui, nella celebrazione dei Divini Misteri, una sua "piccola discendenza" spirituale, il Centro Aletti, che vuole raccogliere il suo prezioso insegnamento, facendolo fruttificare con nuove intuizioni e nuove ricerche, anche attraverso la raffigurazione artistica.

 In questo contesto, mi sembra particolarmente bello sottolineare il legame tra teologia ed arte scaturito dal suo pensiero. Ricorrono infatti dieci anni da quando il mio venerato e amato predecessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo II, ha dedicato questa Cappella, la Redemptoris Mater, affermando che "quest’opera si propone come espressione di quella teologia a due polmoni dalla quale può attingere nuova vitalità la Chiesa del terzo millennio". E continua il Papa: "L’immagine della Redemptoris Mater, che campeggia nella parete centrale pone davanti ai nostri occhi il mistero dell’amore di Dio, che si è fatto uomo per dare a noi, esseri umani, la capacità di diventare figli di Dio… (É il) messaggio della salvezza e di gioia che Cristo, nato da Maria, ha portato all’umanità" (Insegnamenti XXII, 2 [1999], p. 895). A Lei, caro Cardinale Špidlík, auguro di vero cuore l’abbondanza delle grazie del Signore, perché continui ad illuminare con sapienza i Membri del "Centro Aletti" e tutti i suoi figli spirituali".

La Radio Vaticana ha intervistato l’ultima volta il cardinale Tomáš Špidlík nel settembre scorso, alla vigilia del viaggio del Papa nella Repubblica Ceca (26-28 settembre 2009). Il porporato spiegava il significato della visita di Benedetto XVI in Cechia:

“Giovanni Paolo II è venuto qui 20 anni fa, quando è caduto il muro di Berlino e quindi quando è caduto il comunismo ed è nata la nuova Europa. Giovanni Paolo II ha affermato che scopo della sua visita era quello di lavorare all’unità spirituale dell’Europa. Benedetto XVI viene 20 anni dopo e viene proprio a Praga che è il centro geografico dell’Europa. Allora questa nuova visita del Papa ci fa pensare: dobbiamo fare un’Europa spiritualmente unita. Il viaggio del Papa non è un viaggio politico ma spirituale. I cechi sono un popolo di origine orientale che però è vissuto 2000 anni nella civiltà e nella cultura occidentale: così possono conciliare queste due mentalità affinché l’Europa - che per tanto tempo è stata divisa in due - possa tornare ad essere una sola Europa”.


 
fonte Radio Vaticana

Caterina63
00martedì 20 aprile 2010 14:58
CITTA' DEL VATICANO, 20 APR. 2010 (VIS). Questa mattina il Santo Padre Benedetto XVI ha pronunciato l'elogio funebre del Cardinale Tomas Spidlik, S.I., mancato il 16 aprile all'età di 90 anni, alla fine della Liturgia Esequiale celebrata nella Basilica di San Pietro dal Cardinale Angelo Sodano, Decano del Collegio Cardinalizio.
 
  "La volontà di Gesù in effetti coincide con quella di Dio Padre, e con l'opera dello Spirito Santo" - ha detto il Santo Padre - "costituisce per l'uomo una sorta di 'abbraccio' sicuro, forte e dolce, che lo conduce alla vita eterna".
 
  "Penso che i grandi uomini di fede vivono immersi in questa grazia" - ha affermato il Papa - "hanno il dono di percepire con particolare forza questa verità, e così possono attraversare anche dure prove, come le ha attraversate Padre Tomáš Špidlík, senza perdere la fiducia, e conservando anzi un vivo senso dell'umorismo, che è certamente un segno di intelligenza ma anche di libertà interiore".
 
  "Sotto questo profilo, era evidente la somiglianza tra il nostro compianto Cardinale e il Venerabile Giovanni Paolo II: entrambi erano portati alla battuta spiritosa e allo scherzo, pur avendo avuto in gioventù vicende personali difficili e per certi aspetti simili. La Provvidenza li ha fatti incontrare e collaborare per il bene della Chiesa, specialmente perché essa impari a respirare pienamente 'con i suoi due polmoni', come amava dire il Papa slavo".
 
  "Questa libertà e presenza di spirito ha il suo fondamento oggettivo nella Risurrezione di Cristo. (...) La speranza e la gioia di Gesù Risorto sono anche la speranza e la gioia dei suoi amici, grazie all'azione dello Spirito Santo. Lo dimostrava abitualmente Padre Špidlík con il suo modo di vivere, e questa sua testimonianza diventava sempre più eloquente col passare degli anni, perché, malgrado l'età avanzata e gli inevitabili acciacchi, il suo spirito rimaneva fresco e giovanile. Che cos'è questo se non amicizia con il Signore Risorto?".
 
  "Volutamente ho introdotto l'immagine del 'cuore', perché, come molti di voi sanno, Padre Špidlík la scelse per il motto del suo stemma cardinalizio: 'Ex toto corde', 'con tutto il cuore'. Questa espressione si trova nel Libro del Deuteronomio, dentro il primo e fondamentale comandamento della legge, là dove Mosè dice al popolo: 'Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze' (Dt 6,4-5)".
 
  "'Con tutto il cuore - ex toto corde' si riferisce dunque al modo con cui Israele deve amare il suo Dio'. (...) Scegliendo questo motto, il nostro venerato Fratello poneva, per così dire, la sua vita dentro il comandamento dell'amore, la inscriveva tutta nel primato di Dio e della carità. (...) E qui bisogna ricordare che nello stemma del Cardinale Špidlík il cuore, che campeggia nello scudo, contiene una croce nei cui bracci si intersecano le parole 'phos' e 'zoe, "luce" e "vita", che sono nomi di Dio. Dunque, l'uomo che accoglie pienamente, 'ex toto corde', l'amore di Dio, accoglie la luce e la vita, e diventa a sua volta luce e vita nell'umanità e nell'universo".
 
  "E qui mi piace ricordare che il nostro defunto Fratello" - ha concluso il Pontefice - "è stato un membro della Compagnia di Gesù, cioè un figlio spirituale di quel sant'Ignazio che pone al centro della fede e della spiritualità la contemplazione di Dio nel mistero di Cristo. In questo simbolo del cuore si incontrano Oriente e Occidente, in un senso non devozionistico ma profondamente cristologico, come hanno messo in luce altri teologi gesuiti del secolo scorso".
HML/                                                                                            VIS 20100420 (590)


                                       Pope Benedict XVI diffuses incense on the coffin of late Cardinal Tomas Spidlik, of the Czech Republic, during his funeral service, inside St. Peter's Basilica, at the Vatican, Tuesday, April 20, 2010. Cardinal Spidlik died in Rome on April 16 at the age of 90.



Le parole del Pontefice al termine dei funerali del cardinale Tomás Spidlík

Cristo è il cuore dove si incontrano
Oriente e Occidente



Il cardinale Angelo Sodano, decano del Collegio cardinalizio, ha celebrato martedì mattina, 20 aprile, nella basilica Vaticana le esequie del cardinale Tomás Spidlík, morto venerdì 16. Al termine Benedetto XVI ha rivolto la sua parola ai presenti e ha presieduto il rito dell'Ultima commendatio e della Valedictio. Con il decano hanno concelebrato 19 cardinali, tra i quali il segretario di Stato Bertone. Erano presenti, tra gli altri, l'arcivescovo Filoni, sostituto, e i monsignori Wells, assessore, Balestrero, sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati, e Nwachukwu, capo del Protocollo. Alla messa ha partecipato una delegazione della Repubblica Ceca con i vice ministri degli Affari Esteri e della Cultura.

Venerati Fratelli,
illustri Signori Signore,
cari fratelli e sorelle!
Tra le ultime parole pronunciate dal compianto Cardinale Spidlík, vi sono state queste:  "Per tutta la vita ho cercato il volto di Gesù, e ora sono felice e sereno perché sto per andare a vederlo". Questo stupendo pensiero - così semplice, quasi infantile nella sua espressione, eppure così profondo e vero - rimanda immediatamente alla preghiera di Gesù, che è risuonata poc'anzi nel Vangelo:  "Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch'essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo" (Gv 17, 24). È bello e consolante meditare questa corrispondenza tra il desiderio dell'uomo, che aspira a vedere il volto del Signore, e il desiderio di Gesù stesso. In realtà, quella di Cristo è ben più di un'aspirazione:  è una volontà. Gesù dice al Padre:  "voglio che quelli che mi hai dato siano con me". Ed è proprio qui, in questa volontà, che noi troviamo la "roccia", il fondamento solido per credere e per sperare. La volontà di Gesù in effetti coincide con quella di Dio Padre, e con l'opera dello Spirito Santo costituisce per l'uomo una sorta di "abbraccio" sicuro, forte e dolce, che lo conduce alla vita eterna.
Che immenso dono ascoltare questa volontà di Dio dalla sua stessa bocca! Penso che i grandi uomini di fede vivono immersi in questa grazia, hanno il dono di percepire con particolare forza questa verità, e così possono attraversare anche dure prove, come le ha attraversate Padre Tomás Spidlík, senza perdere la fiducia, e conservando anzi un vivo senso dell'umorismo, che è certamente un segno di intelligenza ma anche di libertà interiore. Sotto questo profilo, era evidente la somiglianza tra il nostro compianto Cardinale e il Venerabile Giovanni Paolo II:  entrambi erano portati alla battuta spiritosa e allo scherzo, pur avendo avuto in gioventù vicende personali difficili e per certi aspetti simili. La Provvidenza li ha fatti incontrare e collaborare per il bene della Chiesa, specialmente perché essa impari a respirare pienamente "con i suoi due polmoni", come amava dire il Papa slavo.
Questa libertà e presenza di spirito ha il suo fondamento oggettivo nella Risurrezione di Cristo. Mi piace sottolinearlo perché ci troviamo nel tempo liturgico pasquale e perché lo suggeriscono la prima e la seconda lettura biblica di questa celebrazione. Nella sua prima predicazione, il giorno di Pentecoste, san Pietro, ricolmo di Spirito Santo, annuncia il compimento in Gesù Cristo del Salmo 16. È stupendo vedere come lo Spirito Santo riveli agli Apostoli tutta la bellezza di quelle parole nella piena luce interiore della Risurrezione:  "Contemplavo il Signore innanzi a me, / egli sta alla mia destra, perché io non vacilli. / Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua, / e anche la mia carne riposerà nella speranza" (At 2, 25-26; cfr. Sal 16/15, 8-9). Questa preghiera trova un compimento sovrabbondante quando Cristo, il Santo di Dio, non viene abbandonato negli inferi. Egli per primo ha conosciuto "le vie della vita" ed è stato colmato di gioia con la presenza del Padre (cfr. At 2, 27-28; Sal 16/15, 11). La speranza e la gioia di Gesù Risorto sono anche la speranza e la gioia dei suoi amici, grazie all'azione dello Spirito Santo. Lo dimostrava abitualmente Padre Spidlík con il suo modo di vivere, e questa sua testimonianza diventava sempre più eloquente col passare degli anni, perché, malgrado l'età avanzata e gli inevitabili acciacchi, il suo spirito rimaneva fresco e giovanile. Che cos'è questo se non amicizia con il Signore Risorto?
Nella seconda lettura, san Pietro benedice Dio che "nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva". E aggiunge:  "Perciò siete ricolmi di gioia, anche se dovete essere, per un po' di tempo, afflitti da varie prove" (1 Pt 1, 3.6). Anche qui emerge chiaramente come la speranza e la gioia siano realtà teologali che promanano dal mistero della Risurrezione di Cristo e dal dono del suo Spirito. Potremmo dire che lo Spirito Santo le prende dal cuore di Cristo Risorto e le trasfonde nel cuore dei suoi amici.
Volutamente ho introdotto l'immagine del "cuore", perché, come molti di voi sanno, Padre Spidlík la scelse per il motto del suo stemma cardinalizio:  "Ex toto corde", "con tutto il cuore". Questa espressione si trova nel Libro del Deuteronomio, dentro il primo e fondamentale comandamento della legge, là dove Mosè dice al popolo:  "Ascolta, Israele:  il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze" (Dt 6, 4-5). "Con tutto il cuore - ex toto corde" si riferisce dunque al modo con cui Israele deve amare il suo Dio. Gesù conferma il primato di questo comandamento, al quale abbina quello dell'amore per il prossimo, affermando che esso è "simile" al primo e che da entrambi dipendono tutta la legge e i profeti (cfr. Mt 22, 37-39). Scegliendo questo motto, il nostro venerato Fratello poneva, per così dire, la sua vita dentro il comandamento dell'amore, la inscriveva tutta nel primato di Dio e della carità.
C'è un altro aspetto, un ulteriore significato dell'espressione "ex toto corde", che sicuramente Padre Spidlík aveva presente e intendeva manifestare col suo motto. Sempre a partire dalla radice biblica, il simbolo del cuore rappresenta nella spiritualità orientale la sede della preghiera, dell'incontro tra l'uomo e Dio, ma anche con gli altri uomini e con il cosmo. E qui bisogna ricordare che nello stemma del Cardinale Spidlík il cuore, che campeggia nello scudo, contiene una croce nei cui bracci si intersecano le parole phos e zoe, "luce" e "vita", che sono nomi di Dio. Dunque, l'uomo che accoglie pienamente, ex toto corde, l'amore di Dio, accoglie la luce e la vita, e diventa a sua volta luce e vita nell'umanità e nell'universo.
Ma chi è quest'uomo? Chi è questo "cuore" del mondo, se non Gesù Cristo? È Lui la Luce e la Vita, perché in Lui "abita corporalmente tutta la pienezza della divinità" (Col 2, 9). E qui mi piace ricordare che il nostro defunto Fratello è stato un membro della Compagnia di Gesù, cioè un figlio spirituale di quel sant'Ignazio che pone al centro della fede e della spiritualità la contemplazione di Dio nel mistero di Cristo. In questo simbolo del cuore si incontrano Oriente e Occidente, in un senso non devozionistico ma profondamente cristologico, come hanno messo in luce altri teologi gesuiti del secolo scorso. E Cristo, figura centrale della Rivelazione, è anche il principio formale dell'arte cristiana, un ambito che ha avuto in Padre Spidlík un grande maestro, ispiratore di idee e di progetti espressivi, che hanno trovato una sintesi importante nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico.
Vorrei concludere ritornando al tema della Risurrezione, citando un testo molto amato dal Cardinale Spidlík, un passo degli Inni sulla Risurrezione di sant'Efrem il Siro: 
"Dall'alto Egli è disceso
come Signore,
dal ventre è uscito
come un servo,
la morte si è inginocchiata
davanti a Lui nello Sheol,
e la vita l'ha adorato
nella sua risurrezione.
Benedetta la sua vittoria!"
(n. 1, 8).
La Vergine Madre di Dio accompagni l'anima del nostro venerato Fratello nell'abbraccio della Santissima Trinità, dove "con tutto il cuore" loderà in eterno il suo infinito Amore. Amen.



(©L'Osservatore Romano - 21 aprile 2010)
Caterina63
00martedì 4 maggio 2010 19:05
Una vita nel servizio diplomatico della Santa Sede

Il cordoglio del Pontefice
per la morte del cardinale Poggi


Nella mattina di martedì 4 maggio è morto a Roma il cardinale Luigi Poggi, già nunzio apostolico e archivista e bibliotecario emerito di Santa Romana Chiesa. Appresa la notizia il Papa si è raccolto in preghiera. Quindi ha inviato il seguente telegramma di cordoglio a Giovanni e Tina Poggi, fratelli del compianto porporato.

Nell'apprendere la triste notizia della scomparsa del loro caro fratello cardinale Luigi Poggi illustre figlio della diocesi di Piacenza desidero esprimere la mia viva partecipazione al lutto che colpisce i familiari e quanti conobbero e stimarono il compianto porporato per tanti anni solerte collaboratore della Santa Sede in particolare come nunzio apostolico in vari Paesi e come archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa rendendo ovunque una apprezzata testimonianza di fervoroso zelo sacerdotale e di fedeltà al Vangelo. Mentre elevo fervide preghiere di suffragio perché il Signore auspice la Vergine Maria lo accolga nel gaudio e nella pace eterna invio di cuore ai congiunti e a quanti condividono il dolore per la sua dipartita una speciale confortatrice benedizione apostolica.

BENEDICTUS PP.XVI

Il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, ha inviato analogo telegramma di cordoglio.


(©L'Osservatore Romano - 5 maggio 2010)





in memoriam
 
CITTA' DEL VATICANO, 4 MAG. 2010 (VIS). Riportiamo di seguito i dati relativi i Presuli mancati nelle ultime settimane:
 
- Il Cardinale Paul Augustin Mayer, O.S.B., (Germania), Prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, il 30 aprile, all'età di 98 anni.
 
- Il Cardinale Tomas Spidlik, S.I., (Repubblica Ceca), della Diaconia di S. Agata de' Goti, il 16 aprile, all'età di 90 anni.
 
- L'Arcivescovo William Donald Borders, emerito di Baltimore (Stati Uniti d'America), il 19 aprile, all'età di 96 anni.
 
- Il Vescovo Edmund Joseph Fitzgibbon, S.P.S., emerito di Warri (Nigeria), il 17 aprile, all'età di 85 anni.
 
- Il Vescovo Norman Francis McFarland, emerito di Orange in California (Stati Uniti d'America), il 16 aprile, all'età di 88 anni.
.../DEFUNTI/...                                                                            


VIS 20100504 (130)





È stato nunzio apostolico, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa e protodiacono

La morte del cardinale Luigi Poggi



Il cardinale Luigi Poggi, già nunzio apostolico, archivista e bibliotecario emerito di Santa Romana Chiesa, è morto questa mattina, martedì 4 maggio. Nato a Piacenza il 25 novembre 1917, era stato ordinato sacerdote il 28 luglio 1940. Eletto il 3 aprile 1965 alla Chiesa titolare di Forontoniana, con il titolo personale di arcivescovo, era stato nominato delegato apostolico per l'Africa Centrale. Aveva ricevuto l'ordinazione episcopale il 9 maggio 1965. Nel concistoro del 26 novembre 1994 Giovanni Paolo II lo aveva creato e pubblicato cardinale diacono di Santa Maria in Domnica. Il 24 febbraio 2005 era passato all'ordine dei cardinali presbiteri con il titolo di San Lorenzo in Lucina, prendendo possesso il 24 febbraio 2005.

Piacentino doc - "sono nato in via Sant'Antonino numero 21" - il cardinale Luigi Poggi è stato un testimone diretto della ostpolitik vaticana nei Paesi del blocco comunista.
Compiuti gli studi ecclesiastici nel collegio Alberoni, è stato ordinato sacerdote all'inizio della guerra, nel luglio 1940. Dopo essere stato per qualche mese vice parroco nella parrocchia di San Francesco a Piacenza, è stato inviato a Roma e, nel luglio 1944, ha conseguito la laurea in utroque iure al Pontificio Ateneo Sant'Apollinare. A Roma ha svolto il ministero festivo nella parrocchia dei Santi Fabiano e Venanzio e poi, per altri due anni, nella chiesetta di Valcannuta, presso il Pontificio Collegio Brasiliano. Nel biennio 1944-1946 ha seguito i corsi di formazione diplomatica alla Pontificia Accademia Ecclesiastica. In quegli anni ha svolto il ministero nella parrocchia di San Salvatore in Lauro e, più tardi, nel Collegium Tarsicii eretto nella chiesa di Santa Lucia di via Monte Brianzo.

Nel 1945 ha iniziato la sua collaborazione in Vaticano. Dal 1947 al 1950 si è occupato dell'assistenza spirituale dei detenuti del carcere di Regina Coeli. "Erano gli anni bui sul finire della seconda guerra mondiale - ha ricordato in un'intervista a "L'Osservatore Romano" pubblicata il 31 luglio 2008 -. Il Papa mi chiamò nel 1945 a lavorare nella sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato. Tuttavia il battesimo sul campo lo ebbi nel 1963". Nella primavera di quell'anno gli venne affidata una missione presso il Governo della Repubblica tunisina. Così a Tunisi si occupò dei negoziati in vista di un accordo per un modus vivendi tra la Santa Sede e il Governo circa la situazione giuridica della Chiesa cattolica nel Paese africano. Il modus vivendi venne firmato un anno dopo, nella primavera del 1964.

Monsignor Poggi ha poi avuto modo di collaborare da vicino con diversi Pontefici. Particolarmente vivo gli è rimasto il ricordo di Montini, "quando negli anni Sessanta ero nella prima sezione della Segreteria di Stato con il cardinale Tardini, ed egli era nell'altra. All'intelligenza univa una delicatezza eccezionale. Ho potuto sperimentarla negli anni successivi:  è stato lui che nel 1965 mi ha nominato arcivescovo e delegato apostolico per l'Africa Centrale, nel 1969 nunzio apostolico in Perù e poi, nel 1973, nunzio apostolico con incarichi speciali".
È stato dunque Paolo VI a nominarlo, il 3 aprile 1965, arcivescovo titolare di Forontoniana e delegato apostolico per l'Africa Centrale (Cameroun, Ciad, Congo-Brazzaville, Gabon e Repubblica Centroafricana) con sede a Yaoundé. Il 9 maggio ha ricevuto l'ordinazione episcopale dal cardinale Amleto Giovanni Cicognani.

"La prima cosa a cui ho lavorato - ha ricordato nell'intervista al nostro giornale - è stata l'istituzione di una sede diplomatica. Era una casa molto bella a Yaoundé. Mi aiutarono molti amici, alcuni dei quali vennero poi a trovarmi, complimentandosi per la scelta. Era in un luogo centrale, ma soprattutto era ben collegata con il resto della città. Una volta stabilita la sede, ho cominciato a confrontarmi con una serie di grandi difficoltà, che non mi hanno abbandonato mai per tutto il periodo del mio lavoro in quei Paesi". Negli anni seguenti vennero stabilite relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e il Cameroun, il Gabon e la Repubblica Centroafricana.
Nel maggio 1969 l'arcivescovo Poggi è stato nominato nunzio apostolico in Perù dove è rimasto fino all'agosto 1973 quando è stato richiamato a Roma con la qualifica di nunzio apostolico con incarichi speciali e con la missione di avere contatti con i Governi di Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, Romania e Bulgaria per migliorare la situazione della Chiesa cattolica in quei Paesi dell'Europa centrale e orientale governati dai regimi comunisti. Di quel periodo ricordava la figura del cardinale Agostino Casaroli, "un uomo molto intelligente e molto abile nelle trattative. Era un piacere lavorare con lui, perché si imparava veramente tanto. Era stimatissimo. È stato mio superiore per molti anni. Sapeva risolvere anche le questioni più delicate. Con fine intuito riusciva ad arrivare all'obiettivo individuato. Non era la persona del tutto o niente".

Parlando della sua missione ebbe a confermare, sempre a "L'Osservatore Romano", come non fossero "un segreto" i suoi ripetuti viaggi in Polonia. "Avevo ottimi rapporti, a livello personale, con il cardinale Stefan Wyszynski. Per andare in Polonia, in quel periodo, ho dovuto affrontare molte difficoltà, le stesse del resto che ho dovuto affrontare e superare per recarmi nei Paesi comunisti. Mi ricordo che una volta sono partito dall'Austria diretto proprio in Polonia. Alla frontiera cecoslovacca mi hanno fermato perquisendo tutto, a eccezione della valigetta diplomatica". Ovviamente in quei viaggi polacchi aveva avuto modo di conoscere personalmente anche il cardinale Wojtyla. "Ricordo che un giorno Giovanni Paolo II mi disse che doveva un po' anche a me la sua elezione, perché avevo parlato bene di lui. E io gli risposi che il mio voto non l'aveva avuto, ma soltanto perché a quel tempo ero ancora arcivescovo!". Nel luglio 1974 sono stati istituzionalizzati i rapporti tra la Santa Sede e il Governo polacco e monsignor Poggi è stato nominato da Paolo VI capo della delegazione della Santa Sede per i contatti permanenti di lavoro con il Governo della Polonia.
 
Il 19 aprile 1986 è stato nominato nunzio apostolico in Italia. Per decisione del Papa, da quella data contrariamente a ciò che avveniva fino ad allora, anche la nunziatura apostolica in Italia è stata incaricata - come lo sono le altre rappresentanze pontificie - di studiare le pratiche relative ai processi informativi sui possibili candidati alla dignità episcopale e le proposte relative alle provviste vescovili in Italia. Analogamente, anche lo svolgimento delle pratiche concernenti le proposte per l'eventuale erezione, unione o modificazione dei confini delle diocesi italiane è diventato di pertinenza della nunziatura apostolica a Roma. Così è toccato a monsignor Poggi gestire la delicata fase di riordinamento delle diocesi italiane nel settembre 1986.

Il 17 settembre 1988, come nunzio in Italia, ha conferito l'ordinazione episcopale a suo fratello Carlo, più giovane di sei anni, vescovo di Fidenza, morto nel 1997. Il 9 aprile 1992 Giovanni Paolo II lo ha nominato pro-bibliotecario e pro-archivista di Santa Romana Chiesa. Nel concistoro del novembre 1994 Papa Wojtyla lo ha creato e pubblicato cardinale, ringraziandolo per il servizio alla Santa Sede. Dopo il concistoro, è divenuto cardinale archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa. Ha rinunciato all'incarico il 7 marzo 1998. Schivo e impeccabile nel sobrio stile diplomatico, è stato cardinale protodiacono dal 26 febbraio 2002 al 24 febbraio 2005.


(©L'Osservatore Romano - 5 maggio 2010)




Caterina63
00venerdì 4 giugno 2010 20:29
Nel volo verso Cipro Benedetto XVI ricorda monsignor Padovese e ribadisce che la violenza non è la soluzione ai problemi del Medio Oriente

Il coraggio del dialogo e della pace


L'assassinio di monsignor Luigi Padovese non ha nulla a che fare con il viaggio apostolico a Cipro, né con il fondamentalismo islamico. Soprattutto non getta ombra alcuna sulla prosecuzione del dialogo con l'islam.

È stato il Papa stesso a dare questa lettura della tragica uccisione del presidente della Conferenza episcopale della Turchia, avvenuta giovedì 3 giugno, nella sua residenza a Iskenderun.

Di questo episodio drammatico, che lo ha profondamente addolorato, il Papa ha parlato con i giornalisti durante il consueto incontro in aereo, pochi momenti dopo il decollo da Fiumicino, avvenuto la mattina di venerdì 4. Ha ricordato il vescovo Padovese come uno dei protagonisti del lavoro preparatorio del prossimo Sinodo per il Medio Oriente, il cui Instrumentum laboris Benedetto XVI consegnerà proprio a conclusione del viaggio a Cipro. Il Pontefice - anche se ha evidenziato la necessità di attendere ulteriori chiarimenti sull'intera vicenda - ha espresso comunque la convinzione che non si tratti di un delitto a sfondo politico o religioso.

Dopo il ricordo del presule ucciso, l'attenzione si è concentrata sul viaggio. Il Papa ha tenuto a precisare alcuni punti:  anzitutto non si tratta di un viaggio politico ma esclusivamente religioso, prosecuzione ideale di quelli compiuti in Giordania, in Israele, nei Territori palestinesi e a Malta stessa, all'unico scopo di portare il messaggio di pace di Cristo.

La prima delle domande poste ha riguardato la situazione di Cipro divisa. Ricordando proprio la sua missione in Terra Santa, il Papa ha detto di essersi posto, da Malta a Cipro, sulle orme di san Paolo e di san Barnaba, gli evangelizzatori di queste due isole alle porte dell'oriente. E come nelle precedenti visite, anche in questa occasione suo intento è quello di testimoniare che la pace è possibile in questa regione. Una pace se si vuole anche politica - ha detto - senza per questo dimenticare che proprio la pace è il centro del messaggio paolino.

Certamente si tratta di conquista che non si raggiunge dall'oggi al domani:  bisogna prepararla, soprattutto attraverso la formazione degli animi. E ciò va fatto con pazienza - ha spiegato - anche quando si verificano episodi gravi e violenti come il blitz israeliano contro la "Freedom flotilla" avvenuto nei giorni scorsi in mare a sessanta chilometri da Gaza. Dinanzi a simili episodi - ha detto rispondendo a una precisa domanda in questo senso - occorre una grande pazienza. Bisogna continuare a operare per il raggiungimento della pace.

Il Papa non può che dare consigli religiosi - ha precisato - e forse anche politici, ma in questo caso consiglia la pazienza:  c'è solo da sperare che si prosegua nei tentativi di trovare la via della pace, senza spazientirsi di fronte a intoppi e difficoltà. E a rafforzare questo consiglio Benedetto XVI ha raccontato un episodio della vita del santo Curato d'Ars, il quale, al peccatore che continuava a ripetergli di cadere sempre nello stesso peccato, raccomandava proprio di avere pazienza e di continuare a pregare Dio. Anche noi - ha commentato il Pontefice - dobbiamo fare la stessa cosa e continuare a chiedere a Dio il dono della pace, senza perdere la pazienza e continuando a rifiutare la violenza. Quest'ultima - ha assicurato - non è una soluzione, la pazienza può esserlo.

Il dialogo ecumenico è stato l'argomento della terza domanda. Anche in questo caso il Papa ha raccomandato pazienza nel proseguire il cammino, nonostante permangano ostacoli. Si tratta soprattutto di dare valore alla testimonianza delle religioni nella ricerca della fraternità. Benedetto XVI ha chiarito che non bisogna confondere il dialogo ecumenico con una sorta di coalizione morale o politica:  è essenzialmente una testimonianza di fede comune. Ciò non vuol dire - ha precisato - che non ci siano problemi. Esistono e cerchiamo di superarli - ha esortato - poggiandoci su tre elementi comuni. Anzitutto la Bibbia, che non nasce da parole piovute dal cielo, ma dalla vita vissuta dal popolo di Dio ed è dunque al centro della Chiesa stessa, sia ortodossa, sia cattolica. Poi c'è la tradizione sacra, che è radicata nel Signore.

Infine la confessione della propria fede, che rappresenta un po' la somma di quanto espresso dalla tradizione. Naturalmente in culture e storie diverse possono sorgere difficoltà; l'importante è adoperarsi per superarle. E questo non si può fare con la sola discussione teologica:  c'è bisogno dell'esercizio della fraternità. Anche in questo caso - ha ripetuto ancora il Papa - occorre tanta pazienza. Bisogna andare avanti così - ha incoraggiato - e sarà poi il Signore a farci capire quando sarà il momento.

La conversazione con i giornalisti si è chiusa col riferimento al prossimo Sinodo per il Medio Oriente. Il suo primo frutto concreto - ha sottolineato Benedetto XVI - è il fatto che per i pastori delle Chiese mediorientali sarà un'occasione per incontrarsi, per stare insieme e scambiarsi informazioni sulle rispettive realtà. Essi vivono in condizioni tanto diverse e non sempre si conoscono bene. Sarà anche un'occasione di visibilità per la comunità cristiana, la cui esistenza è spesso ignorata dal resto del mondo. Infine i presuli avranno la possibilità di parlare e confrontarsi. L'auspicio del Papa è che proprio dialogando tra loro imparino anche a farlo con i seguaci delle altre religioni, con l'islam in particolare. Un dialogo, ha concluso, che bisogna continuare a cercare con coraggio perché in esso c'è la speranza del futuro.


l cordoglio per l'uccisione del vicario apostolico di Anatolia, Luigi Padovese

Uomo di pace
e testimone del Vangelo



Dolore, incredulità e sconcerto. Questi i sentimenti che in tutta la Chiesa hanno accompagnato il diffondersi della notizia dell'uccisione del vicario apostolico di Anatolia e presidente dell'episcopato turco, Luigi Padovese. "Si tratta - ha detto il direttore padre Federico Lombardi, in una dichiarazione alla Radio Vaticana - di una notizia orribile che ci lascia profondamente sconcertati e, naturalmente, addoloratissimi. Monsignor Padovese è stata una persona che ha avuto grandi meriti per la testimonianza della vita della Chiesa nella Turchia, quindi in situazioni anche difficili; è stata una persona dedita al Vangelo, coraggiosa, e questa sua morte", ci fa vedere come la testimonianza della Chiesa "in certe situazioni possa essere pagata anche con il sangue".

Ovviamente - ha aggiunto - "vi sarà necessità di capire meglio anche le circostanze o i moventi di questa morte; rimane che è una vita donata per il Vangelo". E "alla vigilia di un viaggio del Papa verso il Medio Oriente anche proprio per incoraggiare le comunità cristiane che vivono in questa regione, questo fatto fa capire molto profondamente quale problema di solidarietà della Chiesa universale, di sostegno per queste comunità cristiane sia assolutamente urgente, necessario".

Vivo cordoglio e dolore per la tragica morte del presule sono stati espressi nella mattina di venerdì 4, poco prima di partire al seguito del Papa per la visita a Cipro, dal cardinale prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, Leonardo Sandri, che ha anche manifestato vicinanza spirituale a tutta la comunità cattolica presente in Turchia.

Milanese, 63 anni, frate cappuccino, vescovo e vicario apostolico di Anatolia dal 2004, Padovese è stato ucciso giovedì 3, all'ora di pranzo, nella sua abitazione a Iskenderun. Ancora da stabilire con precisione la dinamica del delitto, anche se le autorità locali tendono a escludere motivi politici o religiosi. Sinora unico indiziato è il suo autista, Murat Altun, di 26 anni, che è stato arrestato dalle autorità turche. L'uomo - che, secondo alcune testimonianze, da qualche tempo aveva mostrato segni di precario equilibrio psicologico e per questo era in cura - stando alla ricostruzione dell'accaduto avrebbe colpito mortalmente con un coltello il presule.

Intensa partecipazione al dolore che ha colpito la famiglia religiosa dei cappuccini è stata espressa dall'Unione superiori generali. In un comunicato monsignor Padovese viene ricordato come un "uomo di grande statura come religioso, come vescovo a servizio della pace, del dialogo interreligioso e della convivenza pacifica. Missionario indefesso della fede e della comunione. Lo affidiamo al Signore perché lo accolga in quella gloria riservata ai suoi servi fedeli".

Cordoglio e vicinanza alla Chiesa cattolica in Turchia è stato espresso dall'episcopato italiano in un messaggio inviato al nunzio apostolico Antonio Lucibello. "Mentre deploriamo il barbaro assassinio - scrivono il cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco e il vescovo Mariano Crociata, presidente e segretario generale della Conferenza episcopale italiana - ci uniamo al dolore dei fedeli di codesta Chiesa, che ancora una volta viene provata così duramente, ed esprimiamo la più sentita vicinanza e solidarietà nostra e dell'intero episcopato italiano".

Sentimenti di profondo cordoglio sono stati espressi anche dal cardinale arcivescovo di Ezstergom-Budapest, Péter Erdo, a nome del Consiglio delle conferenze episcopali d'Europa (Ccee) di cui è presidente, il quale ricorda Padovese come "un uomo di pace e di bene, che sempre ha testimoniato un vero zelo apostolico e una forte dedizione al suo popolo". Il Ccee intende così "testimoniare la nostra comunione di preghiera e esprimere la nostra vicinanza ai vescovi, sacerdoti, consacrati e tutto il popolo cristiano in Turchia. La loro sofferenza è anche la nostra".

Cordoglio a nome della Chiesa ambrosiana è stato espresso dal cardinale arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, il quale "con animo commosso e sgomento" ricorda il presule scomparso come "un figlio della nostra terra che ha servito con dedizione, in Turchia, il Vangelo della pace e della misericordia". E nel capoluogo lombardo monsignor Padovese farà comunque ritorno. "È possibile che i funerali si svolgano lunedì o martedì a Iskenderun - ha detto padre Domenico Bertogli, vicario generale del Vicariato apostolico di Anatolia - mentre il corpo sarà tumulato a Milano, nella tomba di famiglia. Monsignor Padovese, infatti, desiderava essere sepolto vicino a sua madre".

Il sacrificio di don Santoro, ucciso nel 2006 a Trabzon - disse monsignor Padovese nell'ultima intervista concessa al nostro giornale (cfr. "L'Osservatore Romano" dell'8-2-2009) - "in noi che viviamo e operiamo in Turchia ha generato la consapevolezza che essere cristiani non è esente da rischi e quindi la fede è una scelta che impegna nella vita e può impegnare anche fino alla morte".






(©L'Osservatore Romano - 4-5 giugno 2010)

Caterina63
00giovedì 26 agosto 2010 20:14

L'omaggio del cardinale Bertone
a monsignor Pietro Principe



Il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, ha reso omaggio questa mattina alla salma di monsignor Pietro Principe, morto nel pomeriggio di mercoledì 25 agosto nella clinica romana Pio xi dove era ricoverato. Il porporato ha sostato per alcuni minuti nella camera ardente allestita nella chiesa del Governatorato della Città del Vaticano, dove era anche il cardinale Angelo Sodano, decano del Collegio cardinalizio, e insieme con quest'ultimo ha benedetto la salma. Era presente anche il vescovo Giorgio Corbellini, segretario generale del Governatorato e presidente dell'Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica.

Nato il 24 aprile 1932 ad Acqui Terme, in provincia di Alessandria, Principe aveva frequentato il seminario diocesano ed era stato ordinato sacerdote il 29 giugno 1955. Aveva continuato gli studi presso la Pontificia Università Lateranense e la Pontificia Accademia Ecclesiastica, laureandosi in diritto canonico. Era stato anche vice parroco a Campo Signore e nella cattedrale di Acqui Terme, assistente della Gioventù italiana di Azione Cattolica (Giac) e direttore del settimanale "L'Ancora".

Il 1° gennaio 1966 aveva iniziato il suo lungo e generoso servizio come officiale della Segreteria di Stato presso la sezione per gli Affari Generali. Il 1° gennaio 1971 era stato nominato cappellano di Sua Santità e, il 3 febbraio 1981, prelato d'onore. Autore di numerosi volumi, pubblicati per la maggior parte dalla Libreria Editrice Vaticana, monsignor Principe si era dedicato soprattutto a riproporre, con linguaggio accessibile a tutti, le verità fondamentali della fede cristiana.
 
Le esequie verranno celebrate dal cardinale Sodano venerdì 27, alle 9, nella cappella del Coro della basilica di San Pietro.


(©L'Osservatore Romano - 27 agosto 2010)



             mons. Principe

Acqui Terme.
Mentre il giornale è in chiusura, tramite il parroco di Visone, don Alberto Vignolo, giunge la notizia della morte di mons. Pietro (Pietrino) Principe, da decenni funzionario della Segreteria di Stato Vaticano. La morte è giunta mercoledì pomeriggio 25 agosto alle 14,40, nella clinica romana Pio XI sulla Aurelia, assistito, tra gli altri, dall’amico fraterno cardinal Angelo Sodano, già Segretario di Stato. Mons. Principe aveva predisposto tutto per venire a passare le ferie a Visone, nella sua mitica Cappelletta, dove aveva radicato il suo cuore, nei ricordi di papà Tommaso, mamma Letizia, e il fratello don Enrico, morto nel 2006. Un malore improvviso consigliava il ricovero per un controllo e una cura adeguata di routine; don Alberto, legato da grande amicizia e reciproca stima con Monsignore, era in procinto di andare a Roma per fargli visita di incoraggiamento, con il proposito di vederlo per la festa della Croce alla Cappelletta.

Poi tutto è precipitato e Monsignore ha chiuso la sua giornata terrena. Nato alla Cappelletta di Visone il 24 aprile 1932, studi seminaristici ad Acqui Terme, divenuto prete nel Duomo acquese il 29 giugno 1955, dopo un periodo di vicecura in San Francesco, e in Duomo con mons. Galliano, iniziò la sua missione a Roma, prima per completare a livello accademico gli studi teologici, quindi il servizio in Segreteria, percorrendo tutti i gradi fino alla direzione della Cifra Vaticana, facendosi sempre apprezzare e benvolere per ricchezza carismatica della sua personalità sorridente e cordiale..

Ogni volta che un diocesano acquese passava da Roma a salutarlo era una festa e un piacere reciproco: è rimasto prete di Acqui nell’intimo della sua sensibilità e affettività: amava la Città di Acqui e si prodigava in ogni modo per aiutarla con le sue conoscenze per favorire realizzazioni che promuovessero lo sviluppo e l’economia locale.

Raggiunti i 75 anni, invece di andare in pensione, si dedicò alla stesura e alla pubblicazione di una serie sorprendente e riuscitissima di alcuni opuscoli di divulgazione religiosa: La Fede per immagini, Il Rosario secondo Giovanni Paolo II, Tutti i Papi, L’essenziale per la vita del cristiano, e ultimo, di queste settimane, Guida essenziale alla Sacra Bibbia, che al dire della recensione del biblista mons. Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, “si presenta come testo nitido e godibile, ideale per una prima apertura alle Scritture”.

I funerali si svolgeranno venerdì 27 a Roma, alle ore 9 nella Basilica di San Pietro, presieduti dal cardinal Sodano e dall’arcivescovo Paolo Sardi; quindi la salma partirà per Visone dove giungerà in serata: per le 21 è fissato il rosario alla Cappelletta. I funerali nella sua terra d’origine sono fissati per sabato 28 alle ore 10 nella parrocchiale di Visone. La salma riposerà accanto ai suoi Cari nel cimitero visonese. (G.R.)


Caterina63
00domenica 7 novembre 2010 22:25

CAPPELLA PAPALE IN SUFFRAGIO DEI CARDINALI E VESCOVI
DEFUNTI NEL CORSO DELL'ANNO

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Altare della Cattedra della Basilica Vaticana
Giovedì, 4 novembre 20
10

(Video)

Signori Cardinali,
cari fratelli e sorelle!

«Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù». Le parole che abbiamo ascoltato poc’anzi nella seconda lettura (Col 3,1-4) ci invitano ad elevare lo sguardo alle realtà celesti. Infatti, con l’espressione «le cose di lassù» san Paolo intende il Cielo, poiché aggiunge: «dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio». L’Apostolo intende riferirsi alla condizione dei credenti, di coloro che sono «morti» al peccato e la cui vita «è ormai nascosta con Cristo in Dio».

Essi sono chiamati a vivere quotidianamente nella signoria di Cristo, principio e compimento di ogni loro azione, testimoniando la vita nuova che è stata loro donata nel Battesimo. Questo rinnovamento in Cristo avviene nell’intimo della persona: mentre continua la lotta contro il peccato, è possibile progredire nella virtù, cercando di dare una risposta piena e pronta alla Grazia di Dio.

Per antitesi, l’Apostolo segnala poi «le cose della terra», evidenziando così che la vita in Cristo comporta una «scelta di campo», una radicale rinuncia a tutto ciò che – come zavorra – tiene l’uomo legato alla terra, corrompendo la sua anima. La ricerca delle «cose di lassù» non vuol dire che il cristiano debba trascurare i propri obblighi e compiti terreni, soltanto non deve smarrirsi in essi, come se avessero un valore definitivo. Il richiamo alle realtà del Cielo è un invito a riconoscere la relatività di ciò che è destinato a passare, a fronte di quei valori che non conoscono l'usura del tempo. Si tratta di lavorare, di impegnarsi, di concedersi il giusto riposo, ma col sereno distacco di chi sa di essere solo un viandante in cammino verso la Patria celeste; un pellegrino; in un certo senso, uno straniero verso l’eternità.

A questo traguardo ultimo sono ormai giunti i compianti Cardinali Peter Seiichi Shirayanagi, Cahal Brendan Daly, Armand Gaétan Razafindratandra, Thomáš Špidlik, Paul Augustin Mayer, Luigi Poggi; come pure i numerosi Arcivescovi e Vescovi che ci hanno lasciato nel corso di quest’ultimo anno.

Con sentimenti di affetto li vogliamo ricordare, rendendo grazie a Dio per i suoi doni elargiti alla Chiesa proprio attraverso questi nostri Fratelli che ci hanno preceduto nel segno della fede e ora dormono il sonno della pace. Il nostro ringraziamento diventa preghiera di suffragio per loro, affinché il Signore li accolga nella beatitudine del Paradiso. Per le loro anime elette offriamo questa Santa Eucaristia, stringendoci attorno all'Altare, su cui si rende presente il Sacrificio che proclama la vittoria della Vita sulla morte, della Grazia sul peccato, del Paradiso sull'inferno.

Questi venerati nostri Fratelli amiamo ricordarli come Pastori zelanti, il cui ministero è stato sempre segnato dall'orizzonte escatologico che anima la speranza nella felicità senz'ombra a noi promessa dopo questa vita; come testimoni del Vangelo protesi a vivere quelle «cose di lassù», che sono il frutto dello Spirito: «amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5,22); come cristiani e Pastori animati da profonda fede, dal vivo desiderio di conformarsi a Gesù e di aderire intimamente alla sua Persona, contemplando incessantemente il suo volto nella preghiera. Per questo essi hanno potuto pregustare la «vita eterna», di cui ci parla l’odierna pagina del Vangelo (Gv 3,13-17) e che Cristo stesso ha promesso a «chiunque crede in lui». L’espressione «vita eterna», infatti, designa il dono divino concesso all’umanità: la comunione con Dio in questo mondo e la sua pienezza in quello futuro.

La vita eterna ci è stata aperta dal Mistero Pasquale di Cristo e la fede è la via per raggiungerla. E’ quanto emerge dalle parole rivolte da Gesù a Nicodemo e riportate dall’evangelista Giovanni: «E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna» (Gv 3,14-15). Qui vi è l’esplicito riferimento all’episodio narrato nel libro dei Numeri (21,1-9), che mette in risalto la forza salvifica della fede nella parola divina. Durante l’esodo, il popolo ebreo si era ribellato a Mosè e a Dio, e venne punito con la piaga dei serpenti velenosi. Mosè chiese perdono, e Dio, accettando il pentimento degli Israeliti, gli ordina: «Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque dopo esser stato morso lo guarderà, resterà in vita». E così avvenne.

Gesù, nella conversazione con Nicodemo, svela il senso più profondo di quell’evento di salvezza, rapportandolo alla propria morte e risurrezione: il Figlio dell’uomo deve essere innalzato sul legno della Croce perché chi crede in Lui abbia la vita. San Giovanni vede proprio nel mistero della Croce il momento in cui si rivela la gloria regale di Gesù, la gloria di un amore che si dona interamente nella passione e morte. Così la Croce, paradossalmente, da segno di condanna, di morte, di fallimento, diventa segno di redenzione, di vita, di vittoria, in cui, con sguardo di fede, si possono scorgere i frutti della salvezza.

Continuando il dialogo con Nicodemo, Gesù approfondisce ulteriormente il senso salvifico della Croce, rivelando con sempre maggiore chiarezza che esso consiste nell’immenso amore di Dio e nel dono del Figlio unigenito: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito». E’ questa una delle parole centrali del Vangelo. Il soggetto è Dio Padre, origine di tutto il mistero creatore e redentore. I verbi “amare” e “dare” indicano un atto decisivo e definitivo che esprime la radicalità con cui Dio si è avvicinato all’uomo nell’amore, fino al dono totale, a varcare la soglia della nostra ultima solitudine, calandosi nell’abisso del nostro estremo abbandono, oltrepassando la porta della morte. L’oggetto e il beneficiario dell’amore divino è il mondo, cioè l’umanità. E’ una parola che cancella completamente l’idea di un Dio lontano ed estraneo al cammino dell’uomo, e svela, piuttosto, il suo vero volto: Egli ci ha donato il suo Figlio per amore, per essere il Dio vicino, per farci sentire la sua presenza, per venirci incontro e portarci nel suo amore, in modo che tutta la vita sia animata da questo amore divino.

Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e donare la vita. Dio non spadroneggia, ma ama senza misura. Non manifesta la sua onnipotenza nel castigo, ma nella misericordia e nel perdono. Capire tutto questo significa entrare nel mistero della salvezza: Gesù è venuto per salvare e non per condannare; con il Sacrificio della Croce egli rivela il volto di amore di Dio. E proprio per la fede nell’amore sovrabbondante donatoci in Cristo Gesù, noi sappiamo che anche la più piccola forza di amore è più grande della massima forza distruttrice e può trasformare il mondo, e per questa stessa fede noi possiamo avere una “speranza affidabile”, quella nella vita eterna e nella risurrezione della carne.

Cari fratelli e sorelle, con le parole della prima lettura, tratta dal libro delle Lamentazioni, chiediamo che i Cardinali, gli Arcivescovi e i Vescovi, che oggi ricordiamo, generosi servitori del Vangelo e della Chiesa, possano ora conoscere pienamente quanto «buono è il Signore con chi spera in lui, con l’anima che lo cerca» e sperimentare che «presso il Signore è la misericordia e grande presso di lui la redenzione» (Sal 129). E noi, pellegrini in cammino verso la Gerusalemme celeste, aspettiamo in silenzio, con ferma speranza, la salvezza del Signore (cfr Lam 3,26), cercando di camminare sulle vie del bene, sostenuti dalla grazia di Dio, ricordando sempre che “non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura” (Eb 13,14).

Amen.

  

Santa Messa per i cardinali e vescovi defunti...
















 









 

Caterina63
00mercoledì 24 novembre 2010 17:56
Il Papa ricorda il cardinale Navarrete in occasione del rito esequiale

Un maestro di giustizia
per i giovani


Benedetto XVI ha presieduto il rito dell'ultima commendatio e della valedictio in occasione delle esequie del cardinale Urbano Navarrete, mercoledì mattina 24 novembre, nella basilica di San Pietro. La messa è stata celebrata all'altare della Cattedra dal cardinale Angelo Sodano, decano del collegio cardinalizio. Hanno concelebrato ventidue porporati, alla presenza dei cardinali Tarcisio Bertone, segretario di Stato, e William Joseph Levada. Insieme con il Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, erano gli arcivescovi Filoni, sostituto della Segreteria di Stato, e Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati; i monsignori Wells, assessore, Balestrero, sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati, e Nwachukwu, capo del Protocollo. Alle esequie hanno partecipato anche due nipoti del defunto cardinale, le cui spoglie sono state tumulate al cimitero Verano di Roma
.

"Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno" (Dn 12, 2).

Le parole del profeta Daniele, che abbiamo ascoltato nella prima Lettura, sono una chiara testimonianza biblica della fede nella risurrezione dei morti. La visione profetica si proietta verso il tempo finale:  dopo un periodo di grande angoscia, Dio salverà il suo popolo. Tuttavia, la salvezza sarà solo per quanti sono scritti nel "libro della vita".

L'orizzonte descritto da Daniele è quello del popolo dell'Alleanza, che, nella difficoltà, nella prova, nella persecuzione, deve prendere posizione di fronte a Dio:  mantenersi fermo nella fede dei padri o rinnegarla. Il profeta annuncia la duplice sorte finale che ne consegue:  gli uni si risveglieranno alla "vita eterna", gli altri all'"infamia eterna". Viene dunque posta in risalto la giustizia di Dio:  essa non permette che quanti hanno donato la vita per Dio la perdano definitivamente. È l'insegnamento di Gesù:  chi accetta di mettere al primo posto il Regno di Dio, chi sa lasciare casa, padre, madre per esso, chi è disposto a perdere la propria esistenza per questo tesoro prezioso, avrà in eredità la vita eterna (cfr. Mt 19, 29; Lc 9, 24).

Signori Cardinali, venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio, cari fedeli tutti, nella luce della fede in Cristo, nostra vita e risurrezione, celebriamo oggi le esequie del caro e venerato Cardinale Urbano Navarrete, che lunedì scorso, all'età di novant'anni, ha terminato il suo lungo e fecondo pellegrinaggio terreno. Egli appartiene, così noi amiamo pensare, alla schiera di coloro che spesero senza riserve la loro esistenza per il Regno di Dio, e per questo  confidiamo  che  il  suo  nome sia ora scritto nel "libro della vita".

"Coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre" (Dn 12, 3).
Con animo commosso e grato, desidero in questo momento ricordare il compianto Porporato come "maestro di giustizia". Lo studio scrupoloso e l'insegnamento appassionato del diritto canonico hanno rappresentato un elemento centrale della sua vita. Educare specialmente le giovani generazioni alla vera giustizia, quella di Cristo, quella del Vangelo:  ecco il ministero che il Cardinale Navarrete ha svolto lungo tutto l'arco della sua vita.

A questo egli si è generosamente dedicato, prodigandosi con umile disponibilità, nelle diverse situazioni in cui lo ha posto l'obbedienza e la provvidenza di Dio:  dalle aule universitarie, in particolare come esperto di diritto matrimoniale, all'ufficio di decano della Facoltà di diritto canonico della Pontificia Università Gregoriana, all'alta responsabilità di Rettore del medesimo Ateneo. Mi è caro sottolineare, altresì, la sua attenzione a importanti eventi ecclesiali quali il Sinodo diocesano di Roma, il Concilio Vaticano ii; come pure il suo competente contributo scientifico alla revisione del Codice di Diritto Canonico e la proficua collaborazione con vari Dicasteri della Curia Romana, in qualità di apprezzato consultore.

A proposito della propria vocazione sacerdotale e religiosa, il Cardinale Navarrete, in una recente intervista, aveva detto con semplicità:  "Non ho mai dubitato della mia scelta. Mai ho avuto il dubbio che questa non fosse la mia strada, nemmeno nei momenti della contestazione", nei momenti più difficili. Questa affermazione riassume la fedeltà generosa di questo servitore della Chiesa alla chiamata del Signore, alla volontà di Dio. Con l'equilibrio che lo caratterizzava soleva dire che tre erano i principi fondamentali che lo guidavano nello studio:  molto amore al passato, alla tradizione, perché chi nel campo scientifico, e particolarmente ecclesiastico, non ama il passato è come un figlio senza genitori; poi la sensibilità verso i problemi, le esigenze, le sfide del presente, dove Dio ci ha collocati; infine, la capacità di guardare e di aprirsi al futuro senza timore, ma con speranza, quella che viene dalla fede. Una visione profondamente cristiana, che ha guidato il suo impegno per Dio, per la Chiesa, per l'uomo nell'insegnamento e nelle opere.

"Dio, ricco di misericordia ... ci ha fatto rivivere con Cristo" (Ef 2, 4).

Illuminati dalle parole di san Paolo, che abbiamo ascoltato nella seconda Lettura, volgiamo lo sguardo al mistero dell'incarnazione, passione, morte e risurrezione di Cristo, dove riposa l'autentica nostra giustizia, dono della misericordia di Dio. La grazia divina riversata con abbondanza su di noi attraverso il sangue redentore di Cristo crocifisso, ci lava dalle colpe, ci libera dalla morte e ci apre la porta della vita eterna. L'Apostolo ripete con forza:  "Per grazia siete salvati" (v. 5), per un dono dell'amore sovrabbondante del Padre che ha sacrificato suo Figlio. In Cristo, l'uomo ritrova la via della salvezza, e anche la storia umana riceve il suo punto di riferimento e il suo significato profondo. In questo orizzonte di speranza, noi oggi pensiamo il Cardinale Urbano Navarrete:  egli si è addormentato nel Signore al termine di una operosa esistenza, nella quale ha incessantemente professato la fede in questo mistero d'amore, proclamando a tutti con la parola e con la vita:  "Per grazia siete stati salvati" (Ef 2, 5).

"Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch'essi con me dove sono io" (Gv 17, 24).

Questa ardente volontà salvifica di Cristo illumina la vita dopo la morte:  Gesù vuole che quelli che il Padre gli ha dato siano con Lui e contemplino la sua gloria. Dunque c'è un destino di felicità, di unione piena con Dio, che segue alla fedeltà con la quale siamo rimasti uniti a Gesù Cristo nel nostro cammino terreno. Sarà entrare in quella comunione dei Santi dove regnano la pace e la gioia di prendere parte insieme alla gloria di Cristo.

La luminosa verità di fede della vita eterna ci conforta ogni volta che rendiamo l'estremo saluto ad un fratello defunto. Il Cardinale Urbano Navarrete, figlio spirituale di sant'Ignazio di Loyola, è uno dei discepoli fedeli che il Padre ha dato a Cristo "perché siano con lui", è stato "con Gesù" nel corso della sua lunga esistenza, ha conosciuto il suo nome (cfr. v. 26), Lo ha amato vivendo in intima unione con Lui, specialmente nelle prolungate soste di preghiera, dove attingeva alla sorgente della salvezza la forza per essere fedele alla volontà di Dio, in ogni circostanza, anche la più avversa. Questo aveva imparato fin da bambino in famiglia, grazie al luminoso esempio dei genitori, specialmente del padre, i quali hanno saputo creare in famiglia un clima di profonda fede cristiana, favorendo nei sei figli, di cui tre Gesuiti e due Religiose, il coraggio di testimoniare la propria fede, nulla anteponendo all'amore di Cristo e facendo tutto per la maggior gloria di Dio.

Cari amici, è questo sguardo di fede che ha sostenuto la lunga vita del nostro venerato Fratello, ed è questa fede che egli ha predicato. Vogliamo rivolgerci a Dio ricco di misericordia, perché ora la fede del Cardinale Urbano Navarrete diventi visione, incontro faccia a faccia con Lui, nel cui amore egli ha saputo riconoscere e cercare il compimento di ogni legge. All'intercessione della Madre di Gesù e Madre nostra, affidiamo la sua anima. Siamo certi che Lei, Speculum iustitiae, vorrà accoglierlo per introdurlo nel Cielo di Dio, dove potrà godere in eterno la pienezza della pace. Amen.


(©L'Osservatore Romano - 25 novembre 2010)


Caterina63
00venerdì 3 dicembre 2010 19:00

Il cordoglio del Papa
per la morte del cardinale Giordano



Il cardinale Michele Giordano, arcivescovo emerito di Napoli, è morto alle ore 23 di giovedì 2 dicembre. Aveva ottant'anni. Appresa la notiza il Pontefice ha inviato il seguente telegramma al cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli.

Appresa con tristezza la notizia della morte del Cardinale Michele Giordano Arcivescovo emerito di Napoli desidero esprimere a Vostra Eminenza e all'intera comunità diocesana come pure ai familiari del compianto porporato la mia profonda partecipazione al loro dolore pensando con affetto a questo caro fratello che ha servito generosamente il Vangelo e la Chiesa. Ricordando con gratitudine al Signore l'intensa opera pastorale profusa dapprima a Tursi-Lagonegro poi a Matera-Irsina e infine nell'Arcidiocesi partenopea elevo fervide preghiere al Signore perché lo accolga nella sua pace e di cuore imparto a quanti ne piangono la scomparsa la confortatrice Benedizione Apostolica.

BENEDICTUS PP.XVI
Analogo telegramma è stato inviato dal cardinale Tarcisio Bertone segretario di Stato.





Arcivescovo emerito di Napoli, aveva ottant'anni

È morto
il cardinale Michele Giordano


Il cardinale Michele Giordano, arcivescovo emerito di Napoli, è morto alle ore 23 di giovedì 2 dicembre. Aveva compiuto ottant'anni il 26 settembre scorso.

Colpito da un improvviso malore alcuni giorni fa, era ricoverato all'ospedale Monaldi del capoluogo partenopeo. Giovedì sera le sue condizioni, dopo un primo miglioramento, si sono aggravate per complicazioni respiratorie e cardiache. La salma è stata portata nella cappella dell'ospedale dove, alle 8 di venerdì, il cardinale Crescenzio Sepe, suo successore a Napoli, ha celebrato la messa.


Da mezzogiorno la camera ardente è stata allestita nella basilica del Buon Consiglio a Capodimonte, dove il porporato risiedeva dal 2006. Le esequie saranno celebrate alle 16.30 di sabato 4 dicembre nella stessa basilica.

Michele Giordano era nato nel 1930 a Sant'Arcangelo, in provincia di Potenza, nella diocesi di Tursi-Lagonegro, ed era stato ordinato sacerdote il 5 luglio 1953. Eletto alla Chiesa titolare di Lari Castello il 23 dicembre 1971 e nominato vescovo ausiliare di Matera e amministratore apostolico "sede vacante" delle diocesi di Gravina e Irsina, aveva ricevuto l'ordinazione episcopale il 5 febbraio 1972.
Promosso alla sede arcivescovile di Matera il 12 giugno 1974, l'11 ottobre 1976, in seguito a un adeguamento territoriale delle diocesi di Basilicata e di Puglia, era divenuto pastore di Matera-Irsina. Il 9 maggio 1987 era stato chiamato a succedere al cardinale Corrado Ursi nella sede metropolitana di Napoli.

Nel concistoro del 28 giugno 1988 Giovanni Paolo ii lo aveva creato e pubblicato cardinale, del titolo di San Gioacchino ai Prati di Castello.
Il 20 maggio 2006 aveva rinunciato al governo pastorale dell'arcidiocesi partenopea.

Di origine potentina, era entrato nel seminario regionale per gli studi superiori e, successivamente, in quello di Salerno. Nel seminario interregionale di Posillipo aveva poi conseguito la licenza in teologia. Sacerdote dal 1953, era stato subito parroco a Scanzano, per sei anni.
Quindi, ad appena ventinove anni, era divenuto direttore del centro catechistico e del centro diocesano di studi sociali, oltre che assistente diocesano dell'Azione cattolica.
A trentotto anni era stato nominato vicario generale della diocesi e il 23 dicembre 1971 era divenuto vescovo ausiliare a Matera e amministratore apostolico di Irsina e Gravina. Il 12 giugno 1974 era stato promosso all'arcidiocesi di Matera. Nel 1976 quando a quest'ultima venne unita la sede di Irsina, divenne arcivescovo di Matera-Irsina.

In un clima di fraterna amicizia con i sacerdoti e di cordiale fiducia con la gente, aveva riaperto il seminario diocesano, chiuso da sessant'anni.
Dal 1978 al 1982 aveva compiuto una ben preparata visita pastorale alla diocesi per verificare lo stato di attuazione delle direttive del concilio Vaticano ii. A Matera aveva fondato anche la scuola superiore di teologia per laici e il centro per la pastorale familiare. Già in quegli anni la sua predicazione si era sempre diretta, in modo particolare, alla questione sociale.
Il 9 maggio 1987 era divenuto arcivescovo di Napoli, il ministero che ha caratterizzato la sua vita. Il suo primo gesto era stato per "il popolo delle carceri di Poggioreale":  proprio ai reclusi aveva voluto portare di persona la "speranza in cella".

A settembre, appena eletto presidente della Conferenza episcopale regionale, aveva assunto l'impegno di stare dalla parte dei fedeli campani "attraverso la riflessione comune e lo studio continuo dei tanti e gravi problemi che riguardano la situazione pastorale e sociale". Così nell'aprile 1988 era stato accanto agli operai dell'Italsider nel periodo di crisi. Andò a raggiungerli nei loro posti di lavoro difendendo, nei suoi interventi pubblici, i loro diritti.

Il titolo della sua prima lettera pastorale, Sicut flumen pax tua, è stato anche il suo motto. Ciò stava a significare lo sviluppo di alcune linee pastorali tese ad alimentare, ovunque la sua missione lo chiamasse, lo spirito di continuità e di comunione che deve sempre animare la Chiesa. Puntuale era stata la sua presenza nei drammi della città partenopea. Più volte si era fatto interprete di denunce e forti richiami di fronte alle gravi manifestazioni di violenza che scuotevano la comunità. Nei diciannove anni di missione a Napoli si era impegnato, innanzitutto, a dare applicazione al trentesimo sinodo diocesano celebrato dal suo predecessore, il cardinale Ursi. Nel novembre 1990 aveva accolto Giovanni Paolo ii in quello che fu il suo più lungo pellegrinaggio italiano, toccando punti nevralgici come Scampia. Per Giordano era stata l'occasione di ribadire che Napoli "non si arrende" ai suoi cronici problemi.

La sua attenzione per i problemi concreti dei napoletani lo aveva anche portato a far visita alle comunità di emigrati negli Stati Uniti d'America. L'occasione era stata l'esposizione del tesoro di san Gennaro allestita dal museo di Brooklyn. E delle reliquie del santo patrono Giordano è stato fedele custode.

Il regalo più bello il cardinale Giordano lo aveva ricevuto appena due mesi fa:  una lettera dei fedeli di Napoli che, per i suoi ottant'anni, lo ringraziavano per il suo servizio. Anche il cardinale Sepe, suo successore, gli aveva inviato un messaggio, ricordando l'impegno missionario per una comunità "aperta all'ascolto, sensibile alle aspettative del popolo di Dio, attenta alle problematiche sociali che accompagnano e spesso rendono difficile e precaria la vita dell'uomo". In quelle parole Giordano aveva ritrovato la sintesi della sua testimonianza per "incarnare la parola di Dio nella realtà sociale" con una premura particolare per i poveri, le famiglie, i giovani.







(©L'Osservatore Romano - 4 dicembre 2010)

Caterina63
00giovedì 28 luglio 2011 18:21

Cordoglio nella Chiesa per la morte di mons. Pietro Sambi (Radio Vaticana)

Cordoglio nella Chiesa per la morte di mons. Pietro Sambi

Si è spento ieri sera a Baltimora, negli Stati Uniti, l’arcivescovo Pietro Sambi, nunzio apostolico a Washington. Le sue condizioni di salute si erano aggravate negli ultimi giorni dopo un intervento chirurgico al polmone. I funerali si terranno nella Basilica dell'Immacolata Concezione a Washington, il prossimo 6 agosto, Festa della Trasfigurazione. Il servizio di Sergio Centofanti.

Mons. Sambi era nato 73 anni fa a Sogliano al Rubicone, diocesi di Rimini. Ordinato sacerdote nel 1964, entra nel servizio diplomatico della Santa Sede, prestando servizio in Camerun, Gerusalemme, Cuba, Algeria, Nicaragua, Belgio e India. Il 10 ottobre 1985 viene nominato arcivescovo titolare di Belcastro e pro-nunzio apostolico in Burundi; il cardinale Jozef Tomko lo consacra vescovo il 9 novembre dello stesso anno. Nel 1991 viene nominato nunzio in Indonesia e successivamente, nel 1998, assume l'incarico di rappresentante pontificio a Cipro e in Israele, nonché quello di delegato apostolico per Gerusalemme e la Palestina. Dal 17 dicembre 2005 è stato nunzio apostolico per gli Stati Uniti d'America e osservatore permanente presso l'Organizzazione degli Stati Americani. Come nunzio in Israele e delegato apostolico per la Palestina ha svolto un’intensa opera a sostegno dei cristiani di Terra Santa. Tra l’altro ha contribuito a risolvere l'assedio alla Basilica della Natività. Chiedeva la solidarietà di tutta la Chiesa invitando i pellegrini a recarsi nei luoghi di Gesù senza farsi scoraggiare dalla paura. Ai nostri microfoni, più volte era intervenuto per rassicurare sulla sicurezza dei pellegrinaggi:

“Credo che quelli che devono rassicurare sono soprattutto i pellegrini che fanno il pellegrinaggio senza problemi particolari. Sono loro che, al ritorno, devono testimoniare che si può fare il pellegrinaggio in tutta serenità, perché i problemi qui ci sono, ma non sono sul cammino dei pellegrini. E i pellegrini devono anche dare testimonianza di questa esperienza unica che hanno fatto, camminando sui passi di Gesù”. (Radio Vaticana, 25 marzo 2005)

Mons. Sambi ha seguito da vicino il difficile processo di pace in Terra Santa. “E’ una situazione dominata dalla paura, da entrambe le parti – sottolineava – ciascuna parte si attribuisce tutti i diritti e attribuisce tutti i torti all’altra parte”. Non parlava di ottimismo, ma di speranza cristiana, una speranza basata sulla fede e anche sul sentire della gente comune:

“Quello che mi pare evidente è che i due popoli, israeliano e palestinese, siano estremamente stanchi di questa situazione di conflitto, di questo vivere quotidiano nella paura, dell’incertezza del futuro e della miseria, che sta bussando a tutte le porte, sia in Israele che in Palestina. E’ mia impressione, dai contatti numerosissimi che ho avuto, sia con il popolo palestinese che con il popolo israeliano, che la volontà popolare sia che finalmente il passo sia celere e si arrivi alla pace”. (Radio Vaticana, 24 gennaio 2006)

Giunto negli Stati Uniti, in una intervista alla Radio Vaticana gli fu chiesto quale fosse il suo ricordo di Gerusalemme. Questa la risposta di mons. Sambi:

“Ma vede, Gerusalemme è una città, per quanto lei possa fare per Gerusalemme, che le darà sempre molto di più di quanto lei potrà dare. Il ricordo è stato quello di essere vissuto anche con i problemi di ogni giorno, alla sorgente della nostra identità cristiana, alla fonte della nostra fede, della nostra speranza e della nostra carità. Non sono ricordi quelli che porto, sono modi di vivere la propria fede, la propria speranza e la propria carità, che nella preghiera quasi quotidiana al Santo Sepolcro, al Calvario, al Getsemani, all’Ascensione, diventano parte integrante del proprio modo di essere, di pensare, di pregare e di parlare”. (Radio Vaticana, 24 gennaio 2006)

Grande il cordoglio in Terra Santa per la sua scomparsa. Il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, intervistato dall’agenzia Sir, ha detto: “Ha molto amato la Terra Santa e la Terra Santa ha molto amato lui”.

 Radio Vaticana

Scomparsa del card Noè





E’ morto domenica scorsa a 89 anni il card. Virgilio Noè (Zelata di Bereguardo, 30 marzo 1922Roma, 24 luglio 2011).


A molti nostri lettori è tristemente noto come grande nemico della Messa Tridentina.


Fu parroco a Pavia e fondò un'associazione per i giovani, basata soprattutto sulla cosidetta partecipazione attiva alla liturgia.
Tornato a Pavia dopo gli studi alla Gregoriana, fu docente nei seminari di Pavia e Tortona. Dal 1964 al 1969 fu presidente del Centro di Azione Liturgica e fu docente del Pontificio Istituto Liturgico Sant'Anselmo, direttore della rivista "Liturgia" e membro del comitato per la revisione delle cerimonie liturgiche pontificie. Nel 1969 fu nominato sottosegretario della Congregazione per il Culto Divino, incarico che mantenne fino al 21 ottobre 1977, quando divenne segretario aggiunto.

Collaborò lungamente con mons. Bugnini per la stesura dei testi della riforma liturgica postconciliare del Novus Ordo Missae, distinguendosi per la sua avversione verso il rito tradizionale e per i tentativi – parzialmente riusciti – di “sromanizzare”…..il rito romano.

Fu “tristemente” il Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie – succedendo ad Annibale Bugnini - , prevalentemente durante il pontificato di papa Paolo VI (ma anche con Giovanni Paolo II), dal 1970 1982.

Fu Presidente della Fabbrica di S. Pietro e poi arciprete della Basilica Vaticana dal 1991 al 2002: durante questo incarico fu famigerato protagonista della negazione della celebrazione della S. Messa Gregoriana – a dei sacerdoti della Fraternità S. Pietro –, malgrado il regolare celebret da loro esibito. Essi dovettero ricorrere direttamente a Giovanni Paolo II per avere giustizia. Durante la sua gestione della basilica, inizio l’eliminazione delle tiare pontificie nei nuovi stemmi papali.

Chi scrive lo ricorda celebrante alla parrocchia di S. Anna della Città del Vaticano un 31 dicembre di parecchi anni fa: una sciatta Messa in un’orrida casula con il Te Deum in italiano, “ovviamente” tagliato delle ultime strofe. Uno spettacolo desolante.

Preghiamo per lui e per la sua anima e speriamo che la futura generazione di liturgisti sia migliore.




Caterina63
00giovedì 3 novembre 2011 19:46

Il Papa: La vita nuova ed eterna è frutto dell’albero della Croce, un albero che fiorisce e fruttifica per la luce e la forza che provengono dal sole di Dio. Senza la Croce di Cristo, tutta l’energia della natura rimane impotente di fronte alla forza negativa del peccato. Era necessaria una forza benefica più grande di quella che manda avanti i cicli della natura, un Bene più grande di quello della stessa creazione: un Amore che procede dal "cuore" stesso di Dio e che, mentre rivela il senso ultimo del creato, lo rinnova e lo orienta alla sua meta originaria e ultima

SANTA MESSA IN SUFFRAGIO DEI CARDINALI E VESCOVI DEFUNTI NEL CORSO DELL’ANNO, 03.11.2011

Alle ore 11.30 di questa mattina, all’Altare della Cattedra della Basilica Vaticana, il Santo Padre Benedetto XVI presiede la Celebrazione Eucaristica in suffragio dei Cardinali e dei Vescovi defunti nel corso dell’anno.
Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Papa pronuncia nel corso della Santa Messa:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Venerati Fratelli,
cari fratelli e sorelle!

All’indomani della Commemorazione liturgica di tutti i fedeli defunti, ci siamo riuniti intorno all’altare del Signore per offrire il suo Sacrificio in suffragio dei Cardinali e dei Vescovi che, nel corso dell’ultimo anno, hanno concluso il loro pellegrinaggio terreno. Con grande affetto ricordiamo i venerati membri del Collegio Cardinalizio che ci hanno lasciato: Urbano Navarrete, S.I., Michele Giordano, Varkey Vithayathil, C.SS.R., Giovanni Saldarini, Agustín García-Gasco Vicente, Georg Maximilian Sterzinsky, Kazimierz Świątek, Virgilio Noè, Aloysius Matthew Ambrozic, Andrzej Maria Deskur. Insieme con essi presentiamo al trono dell’Altissimo le anime dei compianti Fratelli nell’Episcopato. Per tutti e per ciascuno eleviamo la nostra preghiera, animati dalla fede nella vita eterna e nel mistero della comunione dei santi. Una fede piena di speranza, illuminata anche dalla Parola di Dio che abbiamo ascoltato.

Il brano tratto dal Libro del profeta Osea ci fa pensare immediatamente alla risurrezione di Gesù, al mistero della sua morte e del suo risveglio alla vita immortale. Questo passo di Osea – la prima metà del capitolo VI – era profondamente impresso nel cuore e nella mente di Gesù. Egli infatti – nei Vangeli – riprende più di una volta il versetto 6: "voglio l’amore e non il sacrificio, / la conoscenza di Dio più degli olocausti". Invece il versetto 2 Gesù non lo cita, ma lo fa suo e lo realizza nel mistero pasquale: "Dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo ci farà rialzare, e noi vivremo alla sua presenza". Alla luce di questa parola, il Signore Gesù è andato incontro alla passione, ha imboccato con decisione la via della croce; Egli parlava apertamente ai suoi discepoli di ciò che doveva accadergli a Gerusalemme, e l’oracolo del profeta Osea risuonava nelle sue stesse parole: "Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni, risorgerà" (Mc 9,31).

L’evangelista annota che i discepoli "non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo" (v. 32). Anche noi, di fronte alla morte, non possiamo non provare i sentimenti e i pensieri dettati dalla nostra condizione umana. E sempre ci sorprende e ci supera un Dio che si fa così vicino a noi da non fermarsi nemmeno davanti all’abisso della morte, che anzi lo attraversa, rimanendo per due giorni nel sepolcro. Ma proprio qui si attua il mistero del "terzo giorno". Cristo assume fino in fondo la nostra carne mortale affinché essa sia investita dalla gloriosa potenza di Dio, dal vento dello Spirito vivificante, che la trasforma e la rigenera. E’ il battesimo della passione (cfr Lc 12,50), che Gesù ha ricevuto per noi e di cui scrive san Paolo nella Lettera ai Romani. L’espressione che l’Apostolo utilizza – "battezzati nella sua morte" (Rm 6,3) – non cessa mai di stupirci, tale è la concisione con cui riassume il vertiginoso mistero. La morte di Cristo è fonte di vita, perché in essa Dio ha riversato tutto il suo amore, come in un’immensa cascata, che fa pensare all’immagine contenuta nel Salmo 41: "Un abisso chiama l’abisso / al fragore delle tue cascate; tutti i tuoi flutti e le tue onde / sopra di me sono passati" (v. 8). L’abisso della morte viene riempito da un altro abisso, ancora più grande, che è quello dell’amore di Dio, così che la morte non ha più alcun potere su Gesù Cristo (cfr Rm 8,9), né su coloro che, per la fede e il Battesimo, sono associati a Lui: "Se siamo morti con Cristo – dice san Paolo – crediamo che anche vivremo con lui" (Rm 8,8). Questo "vivere con Gesù" è il compimento della speranza profetizzata da Osea: "… e noi vivremo alla sua presenza" (6,2).

In realtà, è solo in Cristo che tale speranza trova il suo fondamento reale. Prima essa rischiava di ridursi ad un’illusione, ad un simbolo ricavato dal ritmo delle stagioni: "come la pioggia d’autunno, come la pioggia di primavera" (Os 6,3). Al tempo del profeta Osea, la fede degli Israeliti minacciava di contaminarsi con le religioni naturalistiche della terra di Canaan, ma questa fede non è in grado di salvare nessuno dalla morte. Invece l’intervento di Dio nel dramma della storia umana non obbedisce a nessun ciclo naturale, obbedisce solamente alla sua grazia e alla sua fedeltà. La vita nuova ed eterna è frutto dell’albero della Croce, un albero che fiorisce e fruttifica per la luce e la forza che provengono dal sole di Dio. Senza la Croce di Cristo, tutta l’energia della natura rimane impotente di fronte alla forza negativa del peccato. Era necessaria una forza benefica più grande di quella che manda avanti i cicli della natura, un Bene più grande di quello della stessa creazione: un Amore che procede dal "cuore" stesso di Dio e che, mentre rivela il senso ultimo del creato, lo rinnova e lo orienta alla sua meta originaria e ultima.

Tutto questo avvenne in quei "tre giorni", quando il "chicco di grano" cadde nella terra, vi rimase per il tempo necessario a colmare la misura della giustizia e della misericordia di Dio, e finalmente produsse "molto frutto", non rimanendo solo, ma come primizia di una moltitudine di fratelli (cfr Gv 12,24; Rm 8,29). Ora sì, grazie a Cristo, grazie all’opera compiuta in Lui dalla Santissima Trinità, le immagini tratte dalla natura non sono più soltanto simboli, miti illusori, ma ci parlano di una realtà. A fondamento della speranza c’è la volontà del Padre e del Figlio, che abbiamo ascoltato nel Vangelo di questa Liturgia: "Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io" (Gv 17,24).

E tra costoro, che il Padre ha dato a Gesù, ci sono anche i venerati Fratelli per i quali offriamo questa Eucaristia: essi "hanno conosciuto" Dio mediante Gesù, hanno conosciuto il suo nome, e l’amore del Padre e del Figlio, lo Spirito Santo, ha dimorato in loro (cfr Gv 12,25-26), aprendo la loro vita al Cielo, all’eternità. Rendiamo grazie a Dio per questo dono inestimabile. E, per intercessione di Maria Santissima, preghiamo perché questo mistero di comunione, che ha riempito tutta la loro esistenza, si compia pienamente in ciascuno di essi.




The procession of Cardinals walk during for a mass celebrated by Pope Benedict XVI for all for those Cardinals and bishops who have died within the past year on November 3, 2011 at St Peter's basilica at The Vatican.Pope Benedict XVI (C) celebrates a mass for all for those Cardinals and bishops who have died within the past year on November 3, 2011 at St Peter's basilica at The Vatican.
Pope Benedict XVI celebrates a mass to commemorate the cardinals and bishops who died this year, at St. Peter's Basilica in the Vatican November 3, 2011.

Caterina63
00venerdì 31 agosto 2012 17:12
Piccola premessa:

E' morto il Cardinale Carlo Maria Martini.... oltre alle nostre filiali preghiere e sentimenti di vero e sincero affetto, è indispensabile, proprio per la purificazione della sua anima, che anche i suoi insegnamenti vengano.... purificati.... e se alla sua Anima ci pensa il Signore al quale supplichiamo clemenza e benevolenza, quanto alle sue idee dobbiamo prodigarci noi, la Chiesa, a ripulire i suoi errori...

Martini è stato un buon pastore ma un pessimo maestro.... spesso contestatore ed innovatore nelle dottrine, ILLUDENDO tuttavia i fedeli su certi cambiamenti dottrinali che la Chiesa non avrebbe mai potuto accettare, e che di fatto non ha accettato.

Volutamente non lo abbiamo postato nella sezione dedicata ai "falsi maestri" perchè innanzi tutto Martini non solo non è mai stato un "falso" ma anzi, ha sempre cercato di rimanere onestamente ancorato e fedele AL SOMMO PONTEFICE..... Martini aveva idee moderniste si è vero, ma non le ha mai imposte come dottrina, nè ha mai fondato gruppi o comunità che si opponessero alla Dottrina della Chiesa; e poi qui, attraverso le parole di padre Lentini, ci diventa più chiaro l'errore di Martini a cominciare da quel: .....CREDIAMO QUELLO CHE DIO CI HA RIVELATO
E LA CHIESA CI PROPONE A CREDERE......
ecco, il cardinale Martini, seppur come Pastore ha portato il gregge in quel "crediamo quello che Dio ha rivelato".... ha poi disatteso quel "e la Chiesa ci propone a credere" cercando in tutta la sua vita di modernizzare quelle dottrine "non negoziabili" che la Chiesa proponendoci a credere, viene perseguitata e spesso usata come oggetto di cambiamenti a seconda delle mode e dei tempi....

Dopo questa premessa leggiamo infatti dalla tastiera di Izzo, una interessante biografia del cardinale Martini e per lui preghiamo, in Cristo lo abbracciamo con affetto, ma senza per questo rinunciare a denunciarne gli errori.....

venerdì 31 agosto 2012

MARTINI: L'AMICO CONTESTATORE MA FEDELE DI RATZINGER E WOJTYLA

Salvatore Izzo


(AGI) - CdV, 30 ago.


Benedetto XVI ha potuto salutarlo lo scorso 3 giugno, nell'episcopio di Milano, e in questi 7 anni numerose volte ha voluto rendere omaggio al grande cardinale gesuita, punto di riferimento dell'ala progressista nel Conclave del 2005 dopo essere stato il simbolo di una chiesa piu' aperta e dialogante per tutto il pontificato di Giovanni Paolo II, il Papa polacco che lo aveva nominato a sorpresa arcivescovo di Milano (la piu' grande diocesi del mondo) il 29 dicembre 1979 e lo ha consacrato personalmente il 6 gennaio del 1980.

Il gesuita Martini infatti era il rettore della Pontificia Universita' Gregoriana ed era considerato un autorevole biblista. Non risulta che mai Papa Wojtyla si sia pentito della sua scelta, anche se per vent'anni l'arcivescovo di Milano ha poi rappresentato una sorta di magistero alternativo, tanto che il Corriere della Sera era arrivato a definirlo in un titolo "il candidato degli anglicani" al Papato, per dare conto degli ottimi rapporti (vere e proprie convergenze) tra la chiesa martiniana e quella protestante inglese.

Questa continua contrapposizione pero' il cardinale la viveva senza arroganza, quasi meravigliandosi che giornali e giornalisti cogliessere le poche differenze piuttosto che la sua sostanziale obbedienza. Nel 1997, ad esempio, commentando il "no" definitivo di Wojtyla al sacerdozio femminile, l'arcivescovo di Milano disse: "nella storia della Chiesa pero' ci sono state le diaconesse, possiamo pensare a questa possibilita'". Gli storici della Chiesa antica replicarono immediatamente che le donne erano ammesse a un particolare servizio della carita' che si differenza dal diaconato odierno in quanto non era prevista l'ordinazione che ne fa oggi una sorta di primo grado del sacerdozio. E il cardinale evito' di controreplicare.

Il torinese Martini (autore di decine di libri di commento esegetico ed ex professore e rettore del Pontificio Istituto Biblico, prima di approdare alla Gregoriana) era cosi': non cercava la polemica con Roma, ma non era disposto a tacere se la pensava diversamente dal Papa.

Da biblista, ad esempio, ha dedicato in questi anni recensioni puntute ai due volumi dell'opera "Gesu' di Nazaret" firmati da Joseph Ratzinger-Benedetto XVI. E il Papa tedesco non se l'e' presa affatto. Anzi in piu' occasioni, anche in discorsi pronunciati a braccio, ha rinnovato la sua stima e espresso considerazione e stima per Martini, come pastore e come studioso. Gli e' grato del resto per quanto accaduto la mattina del 19 aprile 2005, quando il porporato gesuita ha fatto convergere sul suo nome i cardinali progressisti, che nelle prime votazioni avevano indicato l'arcivescovo di Buenos Aires Bergoglio (anche lui gesuita).
I due cardinali professori, il teologo e il biblista, oltre che coetanei (classe 1927, Martini e' nato il 15 febbraio, Ratzinger il 16 aprile) hanno sempre avuto rapporti cordiali. Anzi si puo' dire che tra loro c'e' sempre stato un feeling, anche se quello divenuto Papa era allora, per il suo ufficio di prefetto dell'ex Sant'Uffizio, il custode dell'ortodossia, e l'arcivescovo di Milano amava invece i territori inesplorati della teologia e dell'etica, dove spesso camminava rasente agli strapiombi, come emerge anche dai suoi piu' recenti scritti sull'eutanasia.

Joseph Ratzinger e Carlo Maria Martini si erano conosciuti personalmente solo nel 1978 quando alla morte di Paolo Vi l'allora arcivescovo di Monaco trascorse a Roma le settimane del preconclave. Pochi mesi prima il rettore della Gregoriana (che nel tempo libero assisteva gli anziani ospiti di una casa famiglia della Comunita' di Sant'Egidio a Trastevere) era stato chiamato da Papa Montini a predicare gli esercizi spirituali di Quaresina in Vaticano, un incarico che qualche era toccato anche a Karol Wojtyla.
Si dice che l'infarto che uccise appena un mese dopo l'elezione Giovanni Paolo I, abbia sorpreso il Papa mentre si struggeva per decidere chi mandare a Milano in sostituzione del cardinale Colombo, ormai anziano, e chi a Venezia, a fare il patriarca al suo posto. E che Albino Luciani pensasse per uno dei due incarichi a un gesuita, padre Bartolomeo Sorge.

In ogni caso, morto il Papa del sorriso ed eletto il vigoroso arcivescovo di Cracovia, il 10 febbraio 1980 fu un gesuita, Carlo Maria Martini, a fare l'ingresso ufficiale nella Diocesi di Milano, che ha poi guidato per oltre vent'anni.

Nel novembre 1980, cioe' pochi mesi dopo, ha introdotto in diocesi la "Scuola della Parola" che consiste nell'aiutare il popolo di Dio ad accostare la Scrittura secondo il metodo della lectio divina. E' del novembre 1986 il grande convegno diocesano ad Assago sul tema del "Farsi prossimo", dove viene lanciata l'iniziativa delle Scuole di formazione all'impegno sociale e politico. Grande risonanza ha avuto poi la serie di incontri - iniziati nell'ottobre del 1987 - sulle "domande della fede", detti anche "Cattedra dei non credenti", indirizzati a persone in ricerca della fede.

Il 4 novembre 1993 ha convocato il 47esimo Sinodo diocesano di Milano, conclusosi il primo febbraio 1995. Nel 1997 ha presieduto le diverse manifestazioni per celebrare il XVI centenario della morte di S. Ambrogio, patrono della diocesi di Milano. Vasta eco, al di la' dei limiti territoriali della diocesi, hanno avuto le sue Lettere Pastorali e i Discorsi alla citta' di Milano.

Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee dal 1987 al 1993, Martini ha anche preso parte a numerose Assemblee del Sinodo dei Vescovi. Relatore alla VI Assemblea generale del 1983, sul tema: "Riconciliazione e penitenza nella missione della Chiesa", e' stato Membro della Segreteria del Sinodo dei Vescovi per molti diversi mandati. E proprio in uno degli ultimi Sinodi convocati da Wojtyla era intervenuto per chiedere un nuovo Concilio, proposta pero' subito archiviata da Giovanni Paolo II.

Dimessosi a 75 anni esatti da ogni incarico, l'arcivescovo emerito di Milano dall'11 luglio 2002 si trasferi' a Gerusalemme dove riprese gli amati studi biblici. E lo si vedeva passeggiare con il panama bianco e un bastone elegante nella citta' vecchia, tra la Porta di Damasco e quella di Jaffa, un itinerario che compiva spesso per recarsi dalla casa dei gesuiti biblisti al Santo Sepolcro. Il resto e' storia dei nostri giorni. La stessa malattia di Wojtyla, il morbo di Parkinson, lo costrinse qualche anno fa a rientrare in Italia, a Gallarate, da dove non era per lui possibile spostarsi facilmente, ma grazie a internet poteva collaborare con diverse testate, tra le quali il Corriere della Sera che ogni 15 giorni gli dava una pagina per rispondere ai lettori sui temi della fede e della morale.

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[SM=g1740733] Come il cardinale Biffi ha avuto il coraggio di spiegare come Giovanni XXIII fu "buon pastore ma pessimo maestro", così si deve avere il coraggio di dire anche del cardinale Martini.... non fu un buon maestro se parliamo di quell'Atto di Fede nel quale si specifica che "crediamo tutto ciò che la Chiesa CI PROPONE A CREDERE".....
Martini andava controcorrente, lo sappiamo bene, e lui non lo ha mai nascosto...
Tuttavia è fuori dubbio che paradossalmente sia stato un buon pastore.... nel senso che non ha mai cercato di condurre il gregge ad un altra Chiesa e lui stesso, per quanto "contestatore" alla dottrina della Chiesa, alla fine si è sempre piegato ai "NO" dei Pontefici che ha cronologicamente vissuto....

Ho di lui delle meravigliose catechesi sulla Penitenza e sugli scritti di sant'Ambrogio, nel tempo in cui era arcivescovo di Milano.... scritti davvero ortodossi e profondi.... sempre finalizzati ad amare la Chiesa e alla virtù dell'obbedienza e come questa sia materia di confessione quando non la si esercita....

Credo che con la morte di Martini si chiuda davvero una grande pagina di storia del progressismo cattolico.... il vero pericolo non è lui, ma saranno i suoi discepoli nel modo in cui useranno i suoi scritti ed insegnamenti...
Fino a che questi rimarranno semplici voci di discussione, nessun pericolo, ma se dovessero diventare UNA EREDITA' applicativa, allora sarà da tremare, ma voglio confidare che sarà proprio lui, Martini, ad impedire che i suoi errori diventino ulteriori spine al fianco della Chiesa che lui ha amato, anche se in modo imperfetto, con quella imperfezione che contraddistingue anche ognuno di noi!
Chi è senza peccato, scagli la prima pietra....


  Requiem aeternam dona eis, Domine,
et lux perpetua luceat eis.
Rex tremendae maiestatis,
qui salvandos salvas gratis,
salva me, fons pietatis.
...
(Re di tremenda maestà,
tu che salvi per tua grazia,
salva me, o fonte di pietà.)


Il cardinale Martini è morto. Il Papa in preghiera. Padre Lombardi: un grande evangelizzatore (R.V.)


 
Vedi anche:

IL TESTO DEL TELEGRAMMA DI CORDOGLIO DEL SANTO PADRE PER LA MORTE DEL CARDINALE CARLO MARIA MARTINI


Padre Lombardi: il card. Martini, grande evangelizzatore del nostro tempo

IL CARDINALE MARTINI E' TORNATO ALLA CASA DEL PADRE

Il card. Martini ha rifiutato l'accanimento terapeutico. Il Papa informato sulla situazione (Izzo)


Caterina63
00sabato 3 novembre 2012 12:29
[SM=g1740720] OMELIA DEL SANTO PADRE per i Prelati Defunti in questo Anno 2012
3.11.2012

Venerati Fratelli,
cari fratelli e sorelle!

Nei nostri cuori è presente e vivo il clima della comunione dei Santi e della commemorazione dei fedeli defunti, che la liturgia ci ha fatto vivere in modo intenso nelle celebrazioni dei  giorni scorsi.  In particolare, la visita ai cimiteri ci ha permesso di rinnovare il legame con le persone care che ci hanno lasciato; la morte, paradossalmente, conserva ciò che la vita non può trattenere.

Come i nostri defunti hanno vissuto, che cosa hanno amato, temuto e sperato, che cosa hanno rifiutato, lo scopriamo, infatti, in modo singolare proprio dalle tombe, che sono rimaste quasi come uno specchio della loro esistenza, del loro mondo: esse ci interpellano e ci inducono a riannodare un dialogo che la morte ha messo in crisi.

Così, i luoghi della sepoltura costituiscono come una sorta di assemblea, nella quale i vivi incontrano i propri defunti e con loro rinsaldano i vincoli di una comunione che la morte non ha potuto interrompere. E qui a Roma, in quei cimiteri peculiari che sono le catacombe, avvertiamo, come in nessun altro luogo, i legami profondi con la cristianità antica, che sentiamo così vicina. Quando ci inoltriamo nei corridoi delle catacombe romane - come pure in quelli dei cimiteri delle nostre città e dei nostri paesi -, è come se noi varcassimo una soglia immateriale ed entrassimo in comunicazione con coloro che lì custodiscono il loro passato, fatto di gioie e di dolori, di sconfitte e di speranze.

Ciò avviene, perché la morte riguarda l’uomo di oggi esattamente come quello di allora; e anche se tante cose dei tempi passati ci sono diventate estranee, la morte è rimasta la stessa.

Di fronte a questa realtà, l’essere umano di ogni epoca cerca uno spiraglio di luce che faccia sperare, che parli ancora di vita, e anche la visita alle tombe esprime questo desiderio. Ma come rispondiamo noi cristiani alla questione della morte? Rispondiamo con la fede in Dio, con uno sguardo di solida speranza che si fonda sulla Morte e Risurrezione di Gesù Cristo. Allora la morte apre alla vita, a quella eterna, che non è un infinito doppione del tempo presente, ma qualcosa di completamente nuovo.

La fede ci dice che la vera immortalità alla quale aspiriamo non è un’idea, un concetto, ma una relazione di comunione piena con il Dio vivente: è lo stare nelle sue mani, nel suo amore, e diventare in Lui una cosa sola con tutti i fratelli e le sorelle che Egli ha creato e redento, con l’intera creazione. La nostra speranza allora riposa sull’amore di Dio che risplende nella Croce di Cristo e che fa risuonare nel cuore le parole di Gesù al buon ladrone: «Oggi con me sarai nel paradiso» (Lc 23,43). Questa è la vita giunta alla sua pienezza: quella in Dio; una vita che noi ora possiamo soltanto intravedere come si scorge il cielo sereno attraverso la nebbia.

In questo clima di fede e di preghiera, cari Fratelli, siamo raccolti attorno all’altare per offrire il Sacrificio eucaristico in suffragio dei Cardinali, degli Arcivescovi e dei Vescovi che, durante l’anno trascorso, hanno terminato la loro esistenza terrena.

In modo particolare ricordiamo i compianti Fratelli Cardinali John Patrick FOLEY, Anthony BEVILACQUA, José SÁNCHEZ, Ignace Moussa DAOUD, Luis APONTE MARTÍNEZ, Rodolfo QUEZADA TORUNO, Eugênio DE ARAÚJO SALES, Paul SHAN KUO-HSI, Carlo Maria MARTINI, Fortunato BALDELLI.
Estendiamo il nostro affettuoso ricordo anche a tutti gli Arcivescovi e Vescovi defunti, chiedendo al Signore, pietoso, giusto e misericordioso (cfr Sal 114), di voler loro concedere il premio eterno promesso ai fedeli servitori del Vangelo.


Ripensando alla testimonianza di questi nostri venerati Fratelli, possiamo riconoscere in essi quei discepoli «miti», «misericordiosi», «puri di cuore», «operatori di pace» di cui ci ha parlato la pericope evangelica (Mt 5,1-12): amici del Signore che, fidandosi della sua promessa, nelle difficoltà e anche nelle persecuzioni hanno conservato la gioia della fede, ed ora abitano per sempre la casa del Padre e godono della ricompensa celeste, ricolmi di felicità e di grazia.
I Pastori che oggi ricordiamo hanno, infatti, servito la Chiesa con fedeltà e amore, affrontando talvolta prove onerose, pur di assicurare al gregge loro affidato attenzione e cura. Nella varietà delle rispettive doti e mansioni, hanno dato esempio di solerte vigilanza, di saggia e zelante dedizione al Regno di Dio, offrendo un prezioso contributo alla stagione post-conciliare, tempo di rinnovamento in tutta la Chiesa.


La Mensa eucaristica, alla quale si sono accostati, dapprima come fedeli e poi, quotidianamente, come ministri, anticipa nel modo più eloquente quanto il Signore ha promesso nel «discorso della montagna»: il possesso del Regno dei cieli, il prendere parte alla mensa della Gerusalemme celeste. Preghiamo perché ciò si compia per tutti. La nostra preghiera è alimentata da questa ferma speranza che «non delude» (Rm 5,5), perché garantita da Cristo che ha voluto vivere nella carne l’esperienza della morte per trionfare su di essa con il prodigioso avvenimento della Risurrezione. «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto» (Lc 24,5-6).


Questo annuncio degli angeli, proclamato la mattina di Pasqua presso il sepolcro vuoto, è giunto attraverso i secoli fino a noi, e ci propone, anche in questa assemblea liturgica, il motivo essenziale della nostra speranza. Infatti, «se siamo morti con Cristo – ci ricorda san Paolo alludendo a ciò che è avvenuto nel Battesimo – crediamo che anche vivremo con lui» (Rm 6,8). È lo stesso Spirito Santo, per mezzo del quale l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori, a far sì che la nostra speranza non sia vana (cfr Rm 5,5). Dio Padre, ricco di misericordia, che ha dato alla morte il suo Figlio unigenito quando eravamo ancora peccatori, come non ci donerà la salvezza ora che siamo giustificati per il sangue di Lui (cfr Rm 5,6-11)? La nostra giustizia si basa sulla fede in Cristo. È Lui il «Giusto», preannunciato in tutte le Scritture; è grazie al suo Mistero pasquale che, varcando la soglia della morte, i nostri occhi potranno vedere Dio, contemplare il suo volto (cfr Gb 19,27a).

Alla singolare esistenza umana del Figlio di Dio si affianca quella della sua Madre Santissima, che, sola tra tutte le creature, veneriamo Immacolata e piena di grazia. I nostri Fratelli Cardinali e Vescovi, di cui oggi facciamo memoria, sono stati amati con predilezione dalla Vergine Maria e hanno ricambiato il suo amore con devozione filiale.

Alla sua materna intercessione vogliamo oggi affidare le loro anime, affinché siano da Lei introdotti nel Regno eterno del Padre, attorniati da tanti loro fedeli per i quali hanno speso la vita. Col suo sguardo premuroso vegli Maria su di essi, che ora dormono il sonno della pace in attesa della beata risurrezione. E noi eleviamo a Dio per loro la nostra preghiera, sorretti dalla speranza di ritrovarci tutti un giorno, uniti per sempre in Paradiso.

Amen.


Caterina63
00domenica 28 luglio 2013 10:48
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Il cardinale Ersilio Tonini è morto verso le 2 di questa notte 28.7.2013, all'Opera Santa Teresa di Ravenna, dove alloggiava da molti anni. Il decesso è sopravvenuto per complicazioni alle sue condizioni. Aveva compiuto 99 anni il 20 luglio e proprio in quell'occasione, dal suo letto e con un filo di voce, era tornato a un tema pubblico come quello del giornalismo: «Non ha ancora capito quale sia il suo ruolo - aveva detto - perchè il suo vero ruolo, il suo compito è quello di andare a vedere la realtà attuale con gli occhi degli uomini attuali. Il giornalismo italiano e mondiale o è profeta o è niente».

L'ANNUNCIO ALL'ALBA - Lo ha comunicato monsignor Lorenzo Ghizzoni, arcivescovo di Ravenna-Cervia, parlando di «un uomo che ha vissuto nella fede fino all'ultimo, incoraggiando anche chi gli stava vicino e sempre richiamando la fiducia in Dio». L'annuncio è arrivato durante una messa celebrata sulla spiaggia di Milano Marittima alle 6 del mattino, per la Giornata mondiale della gioventù. «Ho avuto occasione di conoscere il cardinale Tonini da poco tempo - ha aggiunto Ghizzoni - ma ho riconosciuto in lui una persona di grande saggezza e coraggio nell'apertura e nell' incontro con tutti». Ha poi invitato i fedeli alla preghiera.

LA VITA - Piacentino di nascita, è diventato sacerdote nell'aprile del 1937. Paolo VI lo ordinò vescovo di Macerata e Tolentino nel 1969 e sei anni più tardi è diventato arcivescovo di Ravenna e vescovo di Cervia. Nel 1990, per raggiunti limiti di età, ha rassegnato le dimissioni da arcivescovo diventando arcivescovo emerito e amministratore apostolico. Diviene noto personaggio televisivo partecipando alla trasmissione di Enzo Biagi «I dieci comandamenti all'italiana», un programma di catechesi «moderna» attraverso il piccolo schermo.


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Caterina63
00lunedì 11 novembre 2013 15:44


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CORDOGLIO DEL SANTO PADRE PER LA SCOMPARSA DEL CARDINALE DOMENICO BARTOLUCCI

 

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Città del Vaticano, 11 novembre 2013 (VIS). Pubblichiamo di seguito il telegramma di cordoglio per la morte, avvenuta stamattina, all'età di 96 anni, del Cardinale Domenico Bartolucci, Diacono dei SS. Nomi di Gesù e Maria in via Lata, già Maestro della Cappella Musicale Pontificia "Sistina", inviato dal Santo Padre ai congiunti del Porporato.

"Appresa la notizia della morte del venerato Cardinale Domenico Bartolucci, desidero esprimere all’omonima Fondazione, ai familiari e alla comunità diocesana fiorentina sentimenti di profondo cordoglio pensando con affetto a questo caro e stimato sacerdote, illustre compositore e musicista, che ha esercitato il suo lungo e intenso ministero specialmente mediante la musica sacra che nasce dalla fede ed esprime la fede. Ricordo con viva gratitudine la sua feconda opera quale direttore della Cappella Sistina e la valorizzazione sapiente del prezioso tesoro della polifonia, tesa ad elevare il cuore nella lode a Dio. Innalzo fervide preghiere al Signore affinché, per intercessione della Beata Vergine Maria, accolga questo suo generoso servitore e insigne uomo di chiesa nel gaudio e nella pace eterna, e di cuore imparto a quanti ne piangono la scomparsa la confortatrice Benedizione Apostolica".

La Liturgia Esequiale del Cardinale Bartolucci sarà celebrata mercoledì 13 novembre 2013, alle ore 15:30, all’Altare della Cattedra della Basilica Vaticana, dal Cardinale Angelo Sodano, Decano del Collegio Cardinalizio, insieme con i Cardinali, Arcivescovi e Vescovi. Al termine della Celebrazione Eucaristica, il Santo Padre Francesco presiederà il rito dell’Ultima "Commendatio" e della "Valedictio".





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VATICAN-FUNERAL-BARTOLUCCI
CAPPELLA PAPALE PER LE ESEQUIE
DEL CARDINALE DOMENICO BARTOLUCCI

 

Questo pomeriggio, alle ore 15.30, all’Altare della Cattedra della Basilica Vaticana, hanno luogo le Esequie del Cardinale Domenico Bartolucci, della Diaconia dei SS. Nomi di Gesù e Maria in via Lata, già Maestro della Cappella Musicale Pontificia "Sistina".

La Liturgia Esequiale è celebrata dal Card. Angelo Sodano, Decano del Collegio Cardinalizio, insieme con i Cardinali e gli Arcivescovi e Vescovi.

Al termine della Celebrazione Eucaristica, il Santo Padre Francesco presiede il rito dell’Ultima Commendatio e della Valedictio.

Nella Basilica Vaticana si sono tenute, nel pomeriggio, le esequie del cardinale Domenico Bartolucci, già Maestro della Cappella Musicale Pontificia “Sistina”, scomparso lo scorso 11 novembre all’età di 96 anni.
Al termine della celebrazione eucaristica, Papa Francesco ha presieduto il rito dell’Ultima Commendatio e della Valedictio.
Dopo una lunga vita di servizio alla Chiesa - ha detto nell’omelia il decano del collegio cardinalizio, cardinale Angelo Sodano - una solenne melodia, intonata dal coro degli angeli, accompagna ora il cardinale Domenico Bartolucci: “Ora l’udito del nostro cardinale – ha affermato il porporato - si è chiuso all’ascolto delle melodie per ascoltare, per sempre, le melodie più solenni, più solenni ancora di quelle di Palestrina o di Bach che tanto amava.
Le melodie cantate dagli angeli del cielo”.










 


 
Caterina63
00mercoledì 9 aprile 2014 19:10

Il cordoglio del Papa per la morte del card. Delly: un promotore del dialogo interreligioso



Papa Francesco esprime il suo cordoglio per la morte del card. Emmanuel III Delly, patriarca emerito di Babilonia dei caldei, scomparso nelle scorse ore in un ospedale di San Diego, in California, all’età di 87 anni. In un telegramma indirizzato al Patriarca Louis Raphael I Sako, Francesco ricorda il grande impegno del card. Delly per “la promozione di relazioni rispettose, giuste e pacifiche con i seguaci delle diverse religioni”. Il Papa sottolinea inoltre la sua grande dedizione per la propria gente. Il Pontefice non manca infine di impartire la sua Benedizione apostolica a quanti piangono la morte di questo “stimato pastore”.

“Il card. Delly”, dichiara all'agenzia Fides l'attuale patriarca caldeo, Louis Raphael I Sako, “ha servito la Chiesa caldea per più di 60 anni con dedizione, prima come sacerdote, poi come vescovo e come patriarca. Ha attraversato periodi molto difficili, da quello seguito alla rivoluzione del 1958 fino alle guerre degli ultimi decenni e alla persecuzione dei cristiani seguita all'intervento degli Usa. In tutto questo tempo è rimasto fedele alla patria e al suo popolo, non ha abbandonato il suo gregge, è rimasto con i suoi fedeli pregando, aiutando, incoraggiando. In questo si è visto il suo animo di pastore”.

Nei prossimi giorni una solenne Messa di suffragio del card. Delly verrà celebrata anche nella cattedrale caldea di san Giuseppe a Baghdad. I funerali si svolgeranno domani a San Diego mentre la salma verrà tumulata sabato prossimo a Detroit dove risiedono gran parte dei parenti più stretti del patriarca emerito, che si sono trasferiti dall'Iraq negli Stati Uniti, negli anni scorsi. 

Il patriarca emerito Delly era nato a Telkaif, Arcieparchia di Mossul dei Caldei, il 27 settembre 1927. Si era laureato in teologia alla Pontificia Università Urbaniana e in diritto canonico alla Pontificia Università Lateranense ed era licenziato in filosofia all'Urbaniana. Ordinato sacerdote il 21 dicembre 1952 dal Cardinale Pietro Fumasoni Biondi a Roma, nel Pontificio collegio urbano di Propaganda Fide, era rientrato a Baghdad come segretario del patriarca il 30 dicembre 1960. Era stato eletto alla Chiesa titolare di Paleopoli di Asia il 7 dicembre 1962 con l'incarico di Ausiliare del Patriarca Paul II Cheikho, ricevendo l'ordinazione episcopale il 19 aprile 1963. Da quell'anno, come Vescovo, era divenuto membro del Concilio Vaticano II, al quale aveva partecipato in precedenza come perito.

Nell'ottobre 2002 aveva rinunciato all'incarico di Vescovo ausiliare per raggiunti limiti di età, ma un anno dopo, il 3 dicembre 2003, era stato eletto dai Vescovi caldei Patriarca di Babilonia, mentre l'Iraq stava attraversando un momento storico tremendo, dopo l'intervento militare a guida Usa che aveva portato alla caduta del regime di Saddam Hussein. «Politicamente siamo stati liberati dal vecchio regime, di fatto siamo occupati. E al popolo, a qualsiasi popolo, questo non piace» aveva dichiarato il neo-Patriarca in un'intervista del dicembre 2003. Durante il suo ministero patriarcale, nell'agosto 2004, si sono verificati i sanguinosi attacchi alle chiese di Baghdad e di Mossul. (R.P.)











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