Resi noti i risultati degli studi sul Dna di Tutankhamon

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Caterina63
00mercoledì 17 febbraio 2010 19:09
Resi noti i risultati degli studi sul Dna di Tutankhamon

Claudicante e figlio di un eretico
ma signore dell'Egitto


Gli scienziati hanno stabilito che Amenothep IV (Akhenaten) era il padre del giovane faraone

di Alessia Amenta


Era gracile e menomato, morì a 19 anni per una cancrena ed era il figlio di Akhenaten, il faraone "eretico". Dopo due anni di studi e di indagini, Zahi Hawas, segretario generale del Consiglio Supremo delle Antichità Egiziane, ha reso noto i primi importanti esiti relativi al "Family of Tutankhamun Project". Finora sono state indagate sedici mummie reali della XVIII dinastia, tra le quali rientra appunto Tutankhamon-"Tut". Sono divise in due gruppi:  il primo ne comprende undici, tra cui "Tut" e verosimilmente solo suoi parenti (1390-1324 prima dell'era cristiana), e il secondo conta cinque individui poco più antichi (1550-1458 prima dell'era cristiana). I risultati annunciati si riferiscono agli esiti della tomografia assiale computerizzata (Tac) e dell'estrazione di frammenti del dna umano e patogeno. Negli ultimi anni infatti gli studi molecolari hanno fatto passi da gigante nell'archeologia e sono utilizzati per comprendere sia le relazioni parentali attraverso lo studio del dna umano, sia per diagnosticare la presenza di patologie infettive, attraverso la detezione del dna patogeno.

Già nel gennaio 2005 Zahi Hawass aveva fatto eseguire la Tac sulla mummia di "Tut" per scoprirne definitivamente le cause del decesso:  l'8 marzo la comunicazione ufficiale della morte per cancrena fulminante, a seguito della frattura del femore sinistro procurata il giorno prima, escluse così definitivamente la morte per causa violenta che aleggiava da sempre sulla leggenda del faraone bambino. Nel maggio dello stesso anno fu presentata anche la ricostruzione del volto di Tut, elaborata dalle 1.700 scansioni ad alta risoluzione ricavate dalla Tac. Tut oggi riposa all'interno della sua tomba (Valle dei Re numero 62) in una nuova teca, che Hawass ha fatto realizzare a seguito di tali indagini, per mostrare al pubblico il suo vero volto.

Una mummia rappresenta di fatto una vera e propria biblioteca di informazioni, che le moderne tecnologie sono in grado di decifrare. Attraverso indagini non-distruttive e micro-distruttive possono essere approfonditi aspetti diversi legati all'esistenza di un individuo:  quale vita egli ha condotto ed eventualmente il tipo di società di appartenenza, l'età alla morte e la causa del decesso, patologie e malformazioni, qualità della dieta, legami parentali con altri individui, identificazione della razza, ricostruzione dei rituali funerari.

Il professor Albert Zink, direttore dell'Istituto per le Mummie e l'Iceman (Eurac, Bolzano), ha collaborato con Zahi Hawass al progetto di studio delle mummie reali e rappresenta un'autorità nel campo della bioarcheologia molecolare, disciplina che mira a rispondere a quesiti archeologici e medici attraverso l'analisi del dna antico.

Per focalizzare il punto sugli esiti di questo importante lavoro di équipe sulle mummie reali, non possiamo non cominciare da Tut. Era davvero un re-bambino? A che età è morto e perché?

Un fanciullo assai gracile, alto circa 165 centimetri, affetto da diverse patologie come la scoliosi, la sindrome di Koehler ii - necrosi asettica del secondo e terzo metatarsale del piede sinistro - un piede equino sinistro e di conseguenza un piede destro piatto. Era dunque menomato nel camminare e doveva certo fare uso di un bastone, come testimonierebbero i 130 (!) bastoni da passeggio ritrovati nella sua tomba, molti dei quali con evidente traccia di usura. Tut morì a circa 19 anni a seguito di una grave frattura al femore sinistro, forse per una caduta da cavallo o da un carro; una cancrena fulminante che andò ad aggiungersi a un quadro critico, essendo il re già affetto da malaria.

Si ha quindi la prova concreta che la popolazione dell'antico Egitto soffrisse di malaria, cui lo storico Erodoto sembrerebbe alludere?

È stato individuato il dna dell'agente causativo della malaria, il Plasmodium falciparum, nella mummia di Tut e in diverse mummie della sua famiglia. La più antica attestazione genetica di questa malattia, ben 3300-3400 anni fa!

E chi erano i genitori di Tut? Hanno anch'essi oggi un volto certo?

Senza ombra di dubbio Akhenaten è suo padre, e non un suo fratellastro come si ipotizzava in precedenza, e la "giovane donna" ritrovata nella tomba numero 35 nella Valle dei Re era sua madre. La "anziana donna", sempre da quella stessa tomba, era invece sua nonna. Grazie alle analisi è possibile infatti ricostruire con precisione l'albero genealogico di Tut per ben cinque generazioni!

È stata dunque finalmente identificata la mummia del faraone eretico?

Si tratta della misteriosa mummia ritrovata nella mitica "tomba 55" della Valle dei Re, scoperta nel 1907. Il corredo funerario rinvenuto accanto presentava in maggior quantità i cartigli del faraone Akhenaten e di sua madre Teye, ma anche di suo padre Amenhotep iii e di Tut. Le ipotesi di attribuzione sono state le più diverse, addirittura in un primo momento che fosse una donna, o piuttosto Smenkhara o Akhenaten. Ipotesi quest'ultima generalmente scartata per il  atto che la mummia sembrava appartenere a un individuo di circa 20-25 anni, troppo giovane quindi per essere Akhenaten - che regnò comunque diciassette anni. Le indagini di Zahi Hawass e il suo team hanno invece stabilito che la "mummia 55" è un uomo di 35-45 anni, il cui dna lo identifica come il padre di Tut. Si svela così uno dei misteri della Valle dei Re!

Si confermano deformazioni o particolari malformazioni sulla mummia di Akhenaten, come farebbe ipotizzare la sua iconografia?

Assolutamente no. Il suo aspetto androgino era stato a lungo dibattuto tra gli studiosi e ricondotto a una qualche forma di ginecomastia, vale a dire una disfunzione genetica che attribuisce a soggetti maschili alcuni caratteri specificatamente femminili, ipotizzando la sindrome di Froehlich, di Marfan, di Wilson-Turner, o di Klinefelter, solo per citarne alcune. O altrimenti si è vagheggiato di una qualche forma di craniosinostosi, quale la sindrome di Antley-Bixler. Ma, come ho detto, la mummia di Akhenaten, come quelle indagate di alcuni suoi stretti familiari, non presentano alcuna patologia di questo tipo. Le peculiarità artistiche del periodo di Amarna, che tanto affascinano studiosi e appassionati, sono frutto esclusivamente di un processo speculativo, che intendeva raffigurare i tratti maschili e quelli femminili nella stessa persona del sovrano in quanto simulacro del dio unico e demiurgo.

Professor Zink, per concludere, in che cosa consistono gli studi sul dna antico?

Si tratta di ricerche relativamente recenti, in quanto il primo sequenziamento avvenne nel 1984 su reperti di un antenato del cavallo. Con l'invenzione della reazione di polimerizzazione a catena (Pcr), che ha permesso l'amplificazione di frammenti di dna, è stato possibile potenziare questo tipo di ricerche, in particolar modo per quanto riguarda la determinazione del sesso, le relazioni parentali tra individui, e infine la presenza di organismi patogeni, come per esempio la tubercolosi, la malaria e la leishmaniosi. Per citare alcuni tra i casi più noti risolti attraverso lo studio del dna antico, si ricorda il caso dei resti della famiglia Romanov, identificati grazie a frammenti di dna estratti dai reperti ossei. Oltremodo importante aver ritrovato per esempio che già nell'antico Egitto esisteva un agente causativo della tubercolosi di tipo "moderno", che con ogni probabilità sostituì un ceppo più antico; risultati di enorme interesse biomedico, che, nel caso specifico del dna batterico, permettono di comprendere l'evoluzione delle malattie e quindi di ottenere dati concretamente utilizzabili nelle ricerche mediche.


(©L'Osservatore Romano - 18 febbraio 2010)

Caterina63
00mercoledì 17 febbraio 2010 19:10
Lo studio e la conservazione della collezione del reparto egizio dei Musei Vaticani

Il Vatican Mummy Project


Il Reparto per le Antichità Egizie e del Vicino Oriente dei Musei Vaticani ha avviato nel 2006 un progetto di studio e di conservazione della collezione completa di mummie umane, che conta sette individui adulti e due bambini.

La prima mummia a essere indagata, poiché si presentava in evidente stato di deterioramento a causa di un processo di imbalsamazione non accurato, è stata quella di Ni-Maat-Ra, una donna vissuta nel ii secolo prima dell'era cristiana - come confermato dall'esame del radiocarbonio - nell'area dell'oasi del Fayyum.

Il suo nome si ritrova nella splendida copertura in cartonnage - lino o papiro stuccato e dipinto - policromo, che si compone di una maschera tridimensionale, una copertura di parte delle gambe e due ipopodi; sul corpo era inoltre ancora posizionata una ghirlanda di fiori e boccioli.

Il restauro di Ni-Maat-Ra ha comportato due operazioni assai delicate, quali il capovolgimento della mummia in posizione supina per permettere il risarcimento della grande lacuna sulla schiena, e l'assemblaggio e il riposizionamento di una grande porzione della colonna vertebrale per evitare il collassamento del torace. I risultati di questo lungo e complesso lavoro di équipe sono stati pubblicati in riviste specializzate e presentati a congressi internazionali, riscuotendo un grande favore tra gli esperti del settore. Al momento prosegue invece lo studio antropologico e si attendono i risultati delle indagini del dna e di eventuali malattie possibili, che sono eseguite da Albert Zink e dal suo istituto.

Il Vatican Mummy Project si avvale della collaborazione del Laboratorio di Diagnostica per la Conservazione e il Restauro dei Musei Vaticani, diretto da Ulderico Santamaria, il Laboratorio per il Restauro Marmi e Calchi dei Musei Vaticani, nella figura del restauratore e formatore Andrea Felice, il paleoantropologo Francesco Mallegni del dipartimento di Biologia dell'università di Pisa, Massimo Masetti del Laboratorio di Entomologia del dipartimento di Biologia dell'università di Pisa, Francesco Danza del dipartimento di Bioimmagini e Scienze Radiologiche del Complesso Integrato Columbus dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, l'Istituto per le Mummie e l'Iceman - Eurac di Bolzano, diretto da Albert Zink, la restauratrice dei tessuti Cinzia Oliva e la restauratrice del cartonnage Cristina de' Medici. (alessia amenta)


(©L'Osservatore Romano - 18 febbraio 2010)
Caterina63
00mercoledì 17 febbraio 2010 19:11
Un momento storico, religioso e drammatico che spicca in una vicenda millenaria

Ricoperto d'oro dopo una terribile malattia


Perché tutto questo interesse sulla figura del giovane re Tutankhamon detto "Tut"? Non soltanto per lo splendido tesoro ritrovato nel 1922 all'interno della sua tomba nella Valle dei Re, ma anche perché egli visse in un momento storico particolare, quello della fine della XVIii dinastia, dopo il regno del faraone "eretico" Amenhotep iv/Akhenaten (1351-1334 prima dell'era cristiana), lo sposo della bellissima Nefertiti.

Akhenaten fu quel faraone che si era ritirato, insieme a tutta la corte, nella nuova capitale appena costruita Akhetaten (oggi Tell el-Amarna). Qui egli aveva proclamato come unico dio il disco solare Aten, di cui il re rappresentava la diretta emanazione, e aveva condannato ogni altra forma di culto; egli aveva inoltre ordinato che da tutti i monumenti fosse scalpellato il nome di Amon, il dio dinastico e principale di Tebe (odierna Luxor), la capitale religiosa del Nuovo Regno. L'età di Akhenaten lasciò comunque strascichi indelebili.


La stessa successione al trono resta oscura per gli studiosi. Un giovane re, Smenkhara, probabilmente fratello di Tut, dovrebbe avere regnato soltanto tre o quattro anni prima di Tut, forse anche solo come co-reggente di Akhenaten. Il successivo breve regno di Tut (soltanto nove anni!), e quello dei suoi immediati successori, possono dunque ben definirsi di "restaurazione" dell'ortodossia religiosa e dei diversi culti divini, primo fra tutti quello del dio Amon. Tell el-Amarna venne immediatamente abbandonata alla morte del suo fondatore e il faraone bambino Tutankh-Aten - "Immagine vivente di Aten" - che cambiò subito il nome in Tutankh-Amon - "Immagine vivente di Amon" - fu ricondotto a Tebe dopo il suo primo anno di regno, laddove il clero del dio Amon si riappropriò dei propri poteri e favori regali.

Si avvertì immediatamente il bisogno di "cancellare" questo ventennio di eresia religiosa, tanto che il faraone "eretico" e la sua religione vennero condannati a una damnatio memoriae inesorabile già un secolo dopo:  il suo nome fu scalpellato dai monumenti e cancellato dalle liste reali, i suoi monumenti tebani distrutti, la sua nuova capitale abbandonata e lasciata scomparire sotto la sabbia del deserto - fu scoperta dagli archeologi soltanto nel 1884! - la sua mummia mai ritrovata. Allo stesso modo, assai misteriosa è anche la scomparsa dalla scena dell'amatissima sposa Nefertiti, che dall'anno 12 di regno del marito non compare più nelle scene cerimoniali, né si conoscono la data e la causa della sua morte, né con certezza si può identificare il suo luogo di sepoltura.

Numerosi gli interrogativi che si legano a questo momento storico. L'importanza del progetto, diretto da Zahi Hawass, è quello proprio di essere riuscito a svelare tanti punti oscuri della storia egiziana antica e di alcuni dei suoi protagonisti che da sempre affascinano sia gli esperti sia il grande pubblico. Ricordiamo solo la "Tut-mania" che prese a dilagare per tutto il mondo subito dopo la scoperta della tomba di Tutankhamon, lasciando traccia indelebile nella moda, nel mobilio, nell'oreficeria, nell'arte in genere. (alessia amenta)


(©L'Osservatore Romano - 18 febbraio 2010)
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 09:02.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com