Santi Pietro e Paolo: Benedetto XVI impone il Sacro Pallio ai nuovi Arcivescovi

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Caterina63
00lunedì 29 giugno 2009 07:35
Dopo aver seguito la diretta di ieri:


Chiusura Anno Paolino Vespri Solenni SS Pietro e Paolo (Omelia e Foto)

oggi seguiamo la:

Solennità dei Santi Pietro e Paolo:


                          

Benedetto XVI impone il sacro pallio a 34 arcivescovi

Domani mattina, alle 9.30, il Papa presiederà nella Basilica Vaticana la Santa Messa nella Solennità dei Santi Pietro e Paolo, Patroni dell’Alma Città di Roma. Concelebrano 34 arcivescovi metropoliti, ai quali Benedetto XVI imporrà il sacro pallio, la stola di lana bianca, simbolo della potestà vescovile esercitata in comunione con la Chiesa di Roma. Quella di domani è una festa che offre ai cristiani l’opportunità di riflettere sulla testimonianza di queste due grandi personalità. Tiziana Campisi ne ha parlato con don Andrea Lonardo, direttore dell’Ufficio catechistico diocesano di Roma:


R. – Su Pietro è possibile dire che è il nome stesso a rivelarne l’identità. Prima di Gesù “Pietro” non era un nome di persona; è Gesù che dà questo nome, e ciò indica il desiderio che ci sia una roccia su cui costruire, una pietra su cui la Chiesa sarà edificata. Già il solo nome di Pietro dice la volontà di Gesù di fondare la Chiesa, di lasciare un gruppo di apostoli che continuasse la sua missione. Per delineare invece i tratti di San Paolo potremmo usare due grandi immagini. La prima è quella del suo pellegrinare come missionario. Un esegeta ha calcolato che San Paolo ha fatto 16 mila 500 km, fra percorsi sulla terraferma e in barca. C’è una frase della Lettera ai Romani dove l’Apostolo spiega in maniera molto profonda cosa lo spingeva a questo; dice: “Io mi sento in debito verso tutti, verso i greci, verso gli ebrei, verso gli ignoranti, verso i colti”. È bellissimo questo “sentirsi in debito” di chi ha ricevuto una cosa così straordinaria e non é in pace con se stesso finché non l’ha donata a tutti quelli che non ce l’hanno. La seconda immagine che mi viene in mente è quella della spada. Nell’iconografia Paolo viene sempre rappresentato con la spada e con un libro e la spada non è solo lo strumento del martirio, ma anche la parola che può essere tagliente. Ne abbiamo bisogno in un tempo come questo così confuso dove tutto si confonde con tutto. Paolo ha amato spiegare, parlare, scrivere, per mostrare che questa Parola è quella di Dio, e che essa serve veramente a capire la vita.

D. – Cosa possiamo dire dell’incontro di queste due personalità?

R. - A me piace sottolineare proprio la comunione dei due. E’ chiaro che sono due personalità diversissime ma è interessante riflettere sul fatto che Paolo ha sempre cercato Pietro. Si rende conto che la comunione con Cefa è decisiva, anche quando litiga con Cefa lo fa perché ritiene fondamentale essere in comunione con lui. Mi sembra significativo che in queste due figure c’è il primo degli Apostoli ma ci sono tutti gli Apostoli e l’amore e la fede tengono queste due cose insieme tranquillamente, senza nessuna opposizione.

D. – Perché San Pietro e San Paolo sono patroni di Roma e quale rapporto hanno avuto con l’Urbe?

R. – “Patroni” è una parola che sembra antica, ricorda anzitutto la parola “padre”, ci ricorda che Roma ha delle radici, che noi siamo quello che siamo perché Pietro e Paolo sono venuti a Roma, e credo che la città ne porti in maniera indelebile il segno. Basta girare per Roma ed è evidente che questi padri ne hanno cambiato e indirizzato il destino. La parola “Patroni” porta con sé anche il segno della preghiera, cioè noi crediamo che Pietro e Paolo sono vivi nel cielo, lo crediamo profondamente, con Cristo, e che pregano per questa città, pregano per la sua Chiesa, pregano per tutti noi e, quindi, ci rivolgiamo a loro non solo nel senso di una memoria, ma anche di una vita che ci accompagna, che prega per noi.


PER SAPERNE DI PIU':

Che cosa è il PALLIO ?






Caterina63
00lunedì 29 giugno 2009 11:56






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Caterina63
00lunedì 29 giugno 2009 12:36
OMELIA DEL SANTO PADRE

Signori Cardinali,

Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,

Cari fratelli e sorelle!

A tutti rivolgo il mio saluto cordiale con le parole dell’Apostolo accanto alla cui tomba ci troviamo: "A voi grazia e pace in abbondanza" (1 Pt 1,2). Saluto, in particolare, i Membri della Delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e i numerosi Metropoliti che oggi ricevono il Pallio. Nella colletta di questa giornata solenne chiediamo al Signore "che la Chiesa segua sempre l’insegnamento degli Apostoli dai quali ha ricevuto il primo annunzio della fede". La richiesta che rivolgiamo a Dio interpella al contempo noi stessi: seguiamo noi l’insegnamento dei grandi Apostoli fondatori? Li conosciamo veramente? Nell’Anno Paolino che si è ieri concluso abbiamo cercato di ascoltare in modo nuovo lui, il "maestro delle genti", e di apprendere così nuovamente l’alfabeto della fede. Abbiamo cercato di riconoscere con Paolo e mediante Paolo il Cristo e di trovare così la via per la retta vita cristiana.

Nel Canone del Nuovo Testamento, oltre alle Lettere di san Paolo, ci sono anche due Lettere sotto il nome di san Pietro. La prima di esse si conclude esplicitamente con un saluto da Roma, che però appare sotto l’apocalittico nome di copertura di Babilonia: "Vi saluta la co-eletta che vive in Babilonia…" (5,13). Chiamando la Chiesa di Roma la "co-eletta", la colloca nella grande comunità di tutte le Chiese locali – nella comunità di tutti coloro che Dio ha adunato, affinché nella "Babilonia" del tempo di questo mondo costruiscano il suo Popolo e facciano entrare Dio nella storia. La Prima Lettera di san Pietro è un saluto rivolto da Roma all’intera cristianità di tutti i tempi. Essa ci invita ad ascoltare "l’insegnamento degli Apostoli", che ci indica la via verso la vita.

Questa Lettera è un testo ricchissimo, che proviene dal cuore e tocca il cuore. Il suo centro è – come potrebbe essere diversamente? – la figura di Cristo, che viene illustrato come Colui che soffre e che ama, come Crocifisso e Risorto: "Insultato, non rispondeva con insulti, maltrattato, non minacciava vendetta … Dalle sue piaghe siete stati guariti" (1 Pt 2,23s). Partendo dal centro che è Cristo, la Lettera costituisce poi anche un’introduzione ai fondamentali Sacramenti cristiani del Battesimo e dell’Eucaristia e un discorso rivolto ai sacerdoti, nel quale Pietro si qualifica come co-presbitero con loro. Egli parla ai Pastori di tutte le generazioni come colui che personalmente è stato incaricato dal Signore di pascere le sue pecorelle e così ha ricevuto in modo particolare un mandato sacerdotale.

Che cosa, dunque, ci dice san Pietro – proprio nell’Anno sacerdotale – circa il compito del sacerdote?

Innanzitutto, egli comprende il ministero sacerdotale totalmente a partire da Cristo. Chiama Cristo il "pastore e custode delle … anime" (2,25). Dove la traduzione italiana parla di "custode", il testo greco ha la parola epíscopos (vescovo). Un po’ più avanti, Cristo viene qualificato come il Pastore supremo: archipoímen (5,4). Sorprende che Pietro chiami Cristo stesso vescovo – vescovo delle anime. Che cosa intende dire con ciò? Nella parola greca è contenuto il verbo "vedere"; per questo è stata tradotta con "custode" ossia "sorvegliante". Ma certamente non s’intende una sorveglianza esterna, come s’addice forse ad una guardia carceraria. S’intende piuttosto un vedere dall’alto – un vedere a partire dall’elevatezza di Dio.

Un vedere nella prospettiva di Dio è un vedere dell’amore che vuole servire l’altro, vuole aiutarlo a diventare veramente se stesso. Cristo è il "vescovo delle anime", ci dice Pietro. Ciò significa: Egli ci vede nella prospettiva di Dio. Guardando a partire da Dio, si ha una visione d’insieme, si vedono i pericoli come anche le speranze e le possibilità. Nella prospettiva di Dio si vede l’essenza, si vede l’uomo interiore. Se Cristo è il vescovo delle anime, l’obiettivo è quello di evitare che l’anima nell’uomo s’immiserisca, è di far sì che l’uomo non perda la sua essenza, la capacità per la verità e per l’amore. Far sì che egli venga a conoscere Dio; che non si smarrisca in vicoli ciechi; che non si perda nell’isolamento, ma rimanga aperto per l’insieme. Gesù, il "vescovo delle anime", è il prototipo di ogni ministero episcopale e sacerdotale. Essere vescovo, essere sacerdote significa in questa prospettiva: assumere la posizione di Cristo. Pensare, vedere ed agire a partire dalla sua posizione elevata. A partire da Lui essere a disposizione degli uomini, affinché trovino la vita.

Così la parola "vescovo" s’avvicina molto al termine "pastore", anzi, i due concetti diventano interscambiabili. È compito del pastore pascolare e custodire il gregge e condurlo ai pascoli giusti. Pascolare il gregge vuol dire aver cura che le pecore trovino il nutrimento giusto, sia saziata la loro fame e spenta la loro sete. Fuori di metafora, questo significa: la parola di Dio è il nutrimento di cui l’uomo ha bisogno. Rendere sempre di nuovo presente la parola di Dio e dare così nutrimento agli uomini è il compito del retto Pastore. Ed egli deve anche saper resistere ai nemici, ai lupi. Deve precedere, indicare la via, conservare l’unità del gregge. Pietro, nel suo discorso ai presbiteri, evidenzia ancora una cosa molto importante. Non basta parlare.

I Pastori devono farsi "modelli del gregge" (5,3). La parola di Dio viene portata dal passato nel presente, quando è vissuta. È meraviglioso vedere come nei santi la parola di Dio diventi una parola rivolta al nostro tempo. In figure come Francesco e poi di nuovo come Padre Pio e molti altri, Cristo è diventato veramente contemporaneo della loro generazione, è uscito dal passato ed entrato nel presente. Questo significa essere pastore – modello del gregge: vivere la Parola ora, nella grande comunità della santa Chiesa.

Molto brevemente vorrei ancora richiamare l’attenzione su due altre affermazioni della Prima Lettera di san Pietro, che riguardano in modo speciale noi, in questo nostro tempo. C’è innanzitutto la frase oggi nuovamente scoperta, in base alla quale i teologi medievali compresero il loro compito: "Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi" (3,15). La fede cristiana è speranza. Apre la via verso il futuro. Ed è una speranza che possiede ragionevolezza; una speranza la cui ragione possiamo e dobbiamo esporre. La fede proviene dalla Ragione eterna che è entrata nel nostro mondo e ci ha mostrato il vero Dio. Va al di là della capacità propria della nostra ragione, così come l’amore vede più della semplice intelligenza. Ma la fede parla alla ragione e nel confronto dialettico può tener testa alla ragione.

Non la contraddice, ma va di pari passo con essa e, al contempo, conduce al di là di essa – introduce nella Ragione più grande di Dio. Come Pastori del nostro tempo abbiamo il compito di comprendere noi per primi la ragione della fede. Il compito di non lasciarla rimanere semplicemente una tradizione, ma di riconoscerla come risposta alle nostre domande. La fede esige la nostra partecipazione razionale, che si approfondisce e si purifica in una condivisione d’amore. Fa parte dei nostri doveri come Pastori di penetrare la fede col pensiero per essere in grado di mostrare la ragione della nostra speranza nella disputa del nostro tempo. Tuttavia – il pensare, da solo, non basta. Così come parlare, da solo, non basta. Nella sua catechesi battesimale ed eucaristica nel secondo capitolo della sua Lettera, Pietro allude al Salmo usato nella Chiesa primitiva nel contesto della comunione, e cioè al versetto che dice: "Gustate e vedete com’è buono il Signore" (Ps 34 [33], 9; 1 Pt 2,3). Solo il gustare conduce al vedere. Pensiamo ai discepoli di Emmaus: solo nella comunione conviviale con Gesù, solo nella frazione del pane si aprono i loro occhi. Solo nella comunione col Signore veramente sperimentata essi diventano vedenti. Ciò vale per tutti noi: al di là del pensare e del parlare, abbiamo bisogno dell’esperienza della fede; del rapporto vitale con Gesù Cristo.

La fede non deve rimanere teoria: deve essere vita. Se nel Sacramento incontriamo il Signore; se nella preghiera parliamo con Lui; se nelle decisioni del quotidiano aderiamo a Cristo – allora "vediamo" sempre di più quanto Egli è buono. Allora sperimentiamo che è cosa buona stare con Lui. Da una tale certezza vissuta deriva poi la capacità di comunicare la fede agli altri in modo credibile. Il Curato d’Ars non era un grande pensatore. Ma egli "gustava" il Signore. Viveva con Lui fin nelle minuzie del quotidiano oltre che nelle grandi esigenze del ministero pastorale. In questo modo divenne "uno che vede". Aveva gustato, e per questo sapeva che il Signore è buono. Preghiamo il Signore, affinché ci doni questo gustare e possiamo così diventare testimoni credibili della speranza che è in noi.

Alla fine vorrei far notare ancora una piccola, ma importante parola di san Pietro. Subito all’inizio della Lettera egli ci dice che la mèta della nostra fede è la salvezza delle anime (cfr 1,9). Nel mondo del linguaggio e del pensiero dell’attuale cristianità questa è un’affermazione strana, per alcuni forse addirittura scandalosa. La parola "anima" è caduta in discredito. Si dice che questo porterebbe ad una divisione dell’uomo in spirito e fisico, in anima e corpo, mentre in realtà egli sarebbe un’unità indivisibile. Inoltre "la salvezza delle anime" come mèta della fede sembra indicare un cristianesimo individualistico, una perdita di responsabilità per il mondo nel suo insieme, nella sua corporeità e nella sua materialità.

Ma di tutto questo non si trova nulla nella Lettera di san Pietro. Lo zelo per la testimonianza in favore della speranza, la responsabilità per gli altri caratterizzano l’intero testo. Per comprendere la parola sulla salvezza delle anime come mèta della fede dobbiamo partire da un altro lato. Resta vero che l’incuria per le anime, l’immiserirsi dell’uomo interiore non distrugge soltanto il singolo, ma minaccia il destino dell’umanità nel suo insieme. Senza risanamento delle anime, senza risanamento dell’uomo dal di dentro, non può esserci una salvezza per l’umanità. La vera malattia delle anime, san Pietro la qualifica come ignoranza – cioè come non conoscenza di Dio. Chi non conosce Dio, chi almeno non lo cerca sinceramente, resta fuori della vera vita (cfr 1 Pt 1,14). Ancora un’altra parola della Lettera può esserci utile per capire meglio la formula "salvezza delle anime": "Purificate le vostre anime con l’obbedienza alla verità" (cfr 1,22). È l’obbedienza alla verità che rende pura l’anima.

Ed è il convivere con la menzogna che la inquina. L’obbedienza alla verità comincia con le piccole verità del quotidiano, che spesso possono essere faticose e dolorose. Questa obbedienza si estende poi fino all’obbedienza senza riserve di fronte alla Verità stessa che è Cristo. Tale obbedienza ci rende non solo puri, ma soprattutto anche liberi per il servizio a Cristo e così alla salvezza del mondo, che pur sempre prende inizio dalla purificazione obbediente della propria anima mediante la verità. Possiamo indicare la via verso la verità solo se noi stessi – in obbedienza e pazienza – ci lasciamo purificare dalla verità.

E ora mi rivolgo a voi, cari Confratelli nell’episcopato, che in quest’ora riceverete dalla mia mano il pallio. È stato intessuto con la lana di agnelli che il Papa ha benedetto nella festa di sant’Agnese. In questo modo esso ricorda gli agnelli e le pecore di Cristo, che il Signore risorto ha affidato a Pietro con il compito di pascerli (cfr Gv 21,15-18). Ricorda il gregge di Gesù Cristo, che voi, cari Fratelli, dovete pascere in comunione con Pietro. Ci ricorda Cristo stesso, che come Buon Pastore ha preso sulle sue spalle la pecorella smarrita, l’umanità, per riportarla a casa. Ci ricorda il fatto che Egli, il Pastore supremo, ha voluto farsi Lui stesso Agnello, per farsi carico dal di dentro del destino di tutti noi; per portarci e risanarci dall’interno. Vogliamo pregare il Signore, affinché ci doni di essere sulle sue orme Pastori giusti, "non perché costretti, ma volentieri, come piace a Dio … con animo generoso … modelli del gregge" (1 Pt 5,2s).

Amen.




PREGHIERA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Quest’oggi, celebriamo solennemente i santi Apostoli Pietro e Paolo, speciali Patroni della Chiesa di Roma: Pietro, il pescatore di Galilea, che "per primo confessò la fede nel Cristo… e costituì la prima comunità con i giusti di Israele"; Paolo, l’antico persecutore dei cristiani, "che illuminò le profondità del mistero… il maestro e dottore, che annunziò la salvezza a tutte le genti" (cfr Prefazio della Messa di oggi).

In una sua omelia alla comunità di Roma, il Papa San Leone Magno affermava: "Questi sono i tuoi Padri e veri Pastori, che ti hanno fondata perché fossi inserita nel regno celeste" (Sermo I in Nat. App Petri et Pauli, c I, PL 54,422). In occasione di questa festa vorrei rivolgere un caloroso e speciale saluto, unito a fervidi voti augurali, alla Comunità diocesana di Roma che la Provvidenza divina ha affidato alle mie cure, quale successore dell’apostolo Pietro. È un saluto che estendo volentieri a tutti gli abitanti della nostra metropoli e ai pellegrini e turisti che in questi giorni la stanno visitando, in coincidenza anche con la chiusura dell’Anno Paolino.

Cari fratelli e sorelle, il Signore vi benedica e protegga per intercessione dei Santi Pietro e Paolo! Come vostro Pastore, vi esorto a restare fedeli alla vocazione cristiana e a non conformarvi alla mentalità di questo mondo – come scriveva l’Apostolo delle genti proprio ai cristiani di Roma -, ma a lasciarvi sempre trasformare e rinnovare dal Vangelo, per seguire ciò che è veramente buono e gradito a Dio (cfr Rm 12,2).

Per questo prego costantemente affinché Roma mantenga viva la sua vocazione cristiana non solo conservando inalterato il suo immenso patrimonio spirituale e culturale, ma anche perché i suoi abitanti possano tradurre la bellezza della fede ricevuta in modi concreti di pensare e di agire, ed offrano così a quanti, per varie ragioni vengono in questa Città, un’atmosfera carica di umanità e di valori evangelici. Pertanto – con la parole di san Pietro – vi invito, cari fratelli e sorelle discepoli di Cristo, ad essere "pietre vive", compatte intorno a Lui, che è la "pietra viva, rifiutata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio" (cfr 1 Pt 2,4).

L’odierna solennità riveste anche un carattere universale: esprime l’unità e la cattolicità della Chiesa. Ecco perché ogni anno, in questa data, vengono a Roma i nuovi Arcivescovi Metropoliti a ricevere il Pallio, simbolo di comunione con il Successore di Pietro. Rinnovo pertanto il mio saluto ai Fratelli nell’Episcopato per i quali ho compiuto questa mattina in Basilica tale gesto ed ai fedeli che li hanno accompagnati. Saluto altresì con viva cordialità la Delegazione del Patriarcato di Costantinopoli, che, come ogni anno, è giunta a Roma per la celebrazione dei Santi Pietro e Paolo. La comune venerazione di questi Martiri sia pegno di comunione sempre più piena e sentita fra i cristiani di ogni parte del mondo. Invochiamo per questo la materna intercessione di Maria, Madre dell’unica Chiesa di Cristo, con la consueta recita dell’Angelus.


www.vatican.va




Caterina63
00lunedì 29 giugno 2009 13:28







 Sorriso




Pope Benedict XVI leads a solemn mass at St Peter's basilica to celebrate the feast of Saint Peter and Saint Paul on June 29, 2009 at The Vatican. Pope Benedict XVI placed palliums around the necks of 34 new archishops, symbol of their authority and responsability.


Pope Benedict XVI (C) leads a solemn mass at St Peter's basilica to celebrate the feast of Saint Peter and Saint Paul on June 29, 2009 at The Vatican. Pope Benedict XVI placed palliums around the necks of 34 new archishops, symbol of their authority and responsability.















Caterina63
00lunedì 29 giugno 2009 15:12
U.S. Archbishop of St. Louis, Robert James Carlson, right, seen with Pope Benedict XVI, as he receives the pallium, a woollen shawl symbolizing a bond to the Pope, in St. Peter's Basilica at the Vatican, Monday, June 29, 2009.

Pope Benedict XVI gives Pallium to Algerian Archbishop Ghaleb Moussa Abdalla during a solemn mass to celebrate the feast of Saints Peter and Paul in Saint Peter's Basilica at the Vatican June 29, 2009.

Pope Benedict XVI gives Pallium to Spanish Archbishop Braulio Rodriguez Plaza during a solemn mass to celebrate the feast of Saints Peter and Paul in Saint Peter's Basilica at the Vatican June 29, 2009.

An Archbishop adjusts his mitra during a solemn mass leaded by Pope Benedict XVI to celebrate the feast of Saints Peter and Paul in Saint Peter's Basilica at the Vatican June 29, 2009.

Pope Benedict XVI gives Pallium to Archbishop Philip Naameh of Ghana during a solemn mass to celebrate the feast of Saints Peter and Paul in Saint Peter's Basilica at the Vatican June 29, 2009.

Pope Benedict XVI gives Pallium to U.S. Archbishop Alley Henry Vigneron during a solemn mass to celebrate the feast of Saints Peter and Paul in Saint Peter's Basilica at the Vatican June 29, 2009.





BENEDIZIONE

ED IMPOSIZIONE DEI PALLI

I Diaconi portano davanti al Santo Padre i Palli presi dalla Confessione di San Pietro.

Presentazione dei Metropoliti

Il Cardinale Proto-diacono presenta al Santo Padre i Metropoliti che ricevono il Pallio e lo postula a nome degli assenti.






Beatissime Pater, Reverendissimi

Patres Archiepiscopi hic stantes:

N.N., Sanctitati Vestræ et

Apostolicæ Sedi fide et devotione

addictissimi, humiliterpostulant

ut Pallium de Confessione

beati Petri sumptum, significans

quidem potestatem

qua, in communione cum Ecclesia

Romana, Metropolita in

propria provincia iure instruitur,
a Sanctitate Vestra sibimetipsis tradatur.



Beatissimo Padre, i Reverendissimi

Padri Arcivescovi qui presenti:

N.N., con ossequio fedele

e obbediente verso la Santità

Vostra e la Sede Apostolica,

chiedono umilmente che Vostra

Santità conceda loro il Pallio,

preso dalla Confessione del beato

Pietro, quale segno dell’autorità

di cui il Metropolita, in

comunione con la Chiesa Romana,

viene legittimamente investito
nella propria circoscrizione.




FORMULA DI GIURAMENTO: IL METROPOLITA DICE



Ego ...
Archiepiscopus . . .(nome)

beato Petro apostolo, Sanctæ,

Apostolicæ, Romanæ Ecclesiæ,

ac tibi,SummoPontifici, tuisque

legitimis Successoribus semper
fidelis ero et oboediens. Ita me
Deus omnipotens adiuvet
.

Io....
Arcivescovo di... (nome)

sarò sempre fedele e obbediente

al beato Pietro apostolo, alla

Santa, Apostolica Chiesa di Roma,

a te, Sommo Pontefice, e ai

tuoi legittimi Successori. Così mi
aiuti Dio onnipotente.




SCARICATE QUI IL LIBRETTO IN PDF DELLA CELEBRAZIONE
Santa Messa e imposizione del Pallio ai nuovi Metropoliti
Libretto della Celebrazione









 Sorriso

I nuovi metropoliti nominati nell'ultimo anno che stamani hanno ricevuto il pallio sono, secondo quanto reso noto dalla "Radio Vaticana":



Monsignor Domingo Díaz Martínez, Arcivescovo di Tulancingo (Messico)

Monsignor Víctor Sánchez Espinosa, Arcivescovo di Puebla de Los Ángeles (Messico)

Monsignor Carlos Aguiar Retes, Arcivescovo di Tlalnepantla (Messico)


Monsignor Carlos Osoro Sierra, Arcivescovo di Valencia (Spagna)

Monsignor Braulio Rodríguez Plaza, Arcivescovo di Toledo (Spagna)

Monsignor Ismael Rueda Sierra, Arcivescovo di Bucaramanga (Colombia)

Monsignor Manuel Felipe Díaz Sánchez, Arcivescovo di Calabozo (Venezuela)

Monsignor José Luis Escobar Alas, Arcivescovo di San Salvador (El Salvador)


Monsignor Sérgio da Rocha, Arcivescovo di Teresina (Brasile)

Monsignor Maurício Grotto de Camargo, Arcivescovo di Botucatu (Brasile)

Monsignor Gil Antônio Moreira, Arcivescovo di Juiz de Fora (Brasile)

Monsignor Orani João Tempesta, Arcivescovo di São Sebastião do Rio de Janeiro (Brasile)

Monsignor Allen Henry Vigneron, Arcivescovo di Detroit (Stati Uniti)

Monsignor Timothy Michael Dolan, Arcivescovo di New York (Stati Uniti)

Monsignor Robert James Carlson, Arcivescovo di Saint Louis (Stati Uniti)

Monsignor George Joseph Lucas, Arcivescovo di Omaha (Stati Uniti)

Monsignor Gregory Michael Aymond, Arcivescovo di New Orleans (Stati Uniti)

Monsignor Pierre-André Fournier, Arcivescovo di Rimouski (Canada)

Monsignor Michael Miller, Arcivescovo di Vancouver (Canada)

Monsignor Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze (Italia)

Monsignor Salvatore Pappalardo, Arcivescovo di Siracusa (Italia)

Monsignor Domenico Umberto D'Ambrosio, Arcivescovo di Lecce (Italia)

Monsignor Ghaleb Moussa Abdalla Bader, Arcivescovo di Algeri (Algeria)

Monsignor Mieczysław Mokrzycki, Arcivescovo di Lviv dei Latini (Ucraina)

Monsignor Joseph Aké Yapo, Arcivescovo di Gagnoa (Costa d'Avorio)

Monsignor Paul Mandla Khumalo, Arcivescovo di Pretoria (Sudafrica)

Monsignor Marcel Utembi Tapa, Arcivescovo di Kisangani ( Repubblica Democratica del Congo)

Monsignor Anicetus Nongso Antonius Sinaga, Arcivescovo di Medan (Indonesia)

Monsignor Philip Naameh, Arcivescovo di Tamale (Ghana)

Monsignor Andrzej Dzięga, Arcivescovo di Szczecin-Kamień (Polonia)

Monsignor Vincent Gerald Nichols, Arcivescovo di Westminster (Gran Bretagna)

Monsignor Philippe Ouédraogo, Arcivescovo di Ouagadougou (Burkina Faso)

Monsignor Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij, Arcivescovo di Bangkok (Thailandia)

Monsignor Patabendige Don Albert Malcolm Ranjith, Arcivescovo di Colombo (Sri Lanka)


Caterina63
00martedì 30 giugno 2009 19:38
L'udienza di Benedetto XVI ai presuli che hanno ricevuto il pallio

Simbolo di unità
che lega i vescovi al successore di Pietro


All'indomani della concelebrazione nella basilica Vaticana, Benedetto XVI ha ricevuto in udienza gli arcivescovi metropoliti che nella solennità dei santi Pietro e Paolo hanno ricevuto il pallio.
L'incontro si è svolto martedì mattina, 30 giugno, nell'Aula Paolo VI alla presenza dei familiari e dei fedeli delle diocesi di provenienza dei 34 presuli.
 

Cari Fratelli nell'Episcopato,
cari fratelli e sorelle,
dopo le celebrazioni della solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo, è per me un vero piacere incontrare, in udienza speciale, tutti voi, Arcivescovi Metropoliti che ieri nella Basilica Vaticana avete ricevuto il Pallio ed accogliere anche i vostri familiari ed amici che vi accompagnano.

Si prolunga così la gioia della comunione vissuta nella festa dei due grandi Apostoli, in cui ho potuto imporvi il Pallio, simbolo dell'unità che lega i Pastori delle Chiese particolari al Successore di Pietro, Vescovo di Roma. Rivolgo il mio cordiale benvenuto a ciascuno di voi, che provenite da ogni continente, mostrando in modo significativo il volto della Chiesa cattolica diffusa in tutta la terra.

Mi rivolgo innanzitutto a voi, amati Pastori della Chiesa che è in Italia. Saluto Monsignor Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze, Monsignor Salvatore Pappalardo, Arcivescovo di Siracusa, e Monsignor Domenico Umberto D'Ambrosio, Arcivescovo di Lecce. Siamo all'inizio dell'Anno Sacerdotale:  sia pertanto vostra cura essere pastori esemplari, zelanti e ricchi di amore per il Signore e per le vostre comunità. Potrete così guidare e sostenere saldamente i sacerdoti, vostri primi collaboratori nel ministero pastorale, e cooperare in modo efficace alla diffusione del Regno di Dio nell'amata terra d'Italia.

Je suis heureux d'accueillir les pèlerins francophones venus accompagner les nouveaux Archevêques métropolitains à qui j'ai eu la joie de remettre le pallium. Je voudrais d'abord saluer Monseigneur Ghaleb Moussa Abdalla Bader, Archevêque d'Alger (Algérie), Monseigneur Pierre-André Fournier, Archevêque de Rimouski (Canada), Monseigneur Joseph Aké Yapo, Archevêque de Gagnoa (Côte d'Ivoire), Monseigneur Marcel Utembi Tapa, Archevêque de Kisangani (République démocratique du Congo), et Monseigneur Philippe Ouédraogo, Archevêque de Ouagadougou (Burkina Faso). J'adresse aussi mes salutations chaleureuses aux Evêques, aux prêtres et aux fidèles de vos pays, les assurant de ma prière fervente. Le pallium est un signe de communion particulière avec le Successeur de Pierre. Que ce signe soit aussi pour les prêtres et les fidèles de vos diocèses un appel à consolider toujours plus une authentique communion avec leurs Pasteurs et entre tous les membres de l'Eglise.
[Sono lieto di accogliere i pellegrini francofoni venuti per accompagnare i nuovi Arcivescovi metropoliti a cui ho avuto la gioia di imporre il pallio. Desidero innanzitutto salutare Monsignor Ghaleb Moussa Abdalla Bader, Arcivescovo di Algeri (Algeria), Monsignor Pierre-André Fournier, Arcivescovo di Rimouski (Canada), Monsignor Joseph Aké Yapo, Arcivescovo di Gagnoa (Costa d'Avorio), Monsignor Marcel Utembi Tapa, Arcivescovo di Kisangani (Repubblica Democratica del Congo), e Monsignor Philippe Ouédraogo, Arcivescovo di Ouagadougou (Burkina Faso). Porgo i miei cordiali saluti anche ai vescovi, ai sacerdoti e ai fedeli dei vostri Paesi, assicurandoli della mia fervente preghiera. Il pallio è un segno di comunione particolare con il Successore di Pietro. Che questo segno sia anche per i sacerdoti e per i fedeli delle vostre diocesi un invito a consolidare sempre più un'autentica comunione con i loro Pastori e fra i membri della Chiesa!].

I extend warm greetings to the English-speaking Metropolitan Archbishops upon whom I conferred the Pallium yesterday:  Archbishop Paul Mandla Khumalo of Pretoria (South Africa); Archbishop J. Michael Miller of Vancouver (Canada); Archbishop Allen Henry Vigneron of Detroit (Usa); Archbishop Anicetus Bongsu Antonius Sinaga of Medan (Indonesia); Archbishop Philip Naameh of Tamale (Ghana); Archbishop Timothy Michael Dolan of New York (Usa); Archbishop Vincent Gerard Nichols of Westminster (Uk); Archbishop Robert James Carlson of Saint Louis (Usa); Archbishop Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij of Bangkok (Thailand); Archbishop George Joseph Lucas of Omaha (Usa); Archbishop Gregory Michael Aymond of New Orleans (Usa) and Archbishop Patebendige Don Albert Malcom Ranjith of Colombo (Sri Lanka). I also welcome their family members, their relatives, friends and the faithful of their respective Archdioceses who have come to Rome to pray with them and to share their joy on this happy occasion. The Pallium is received from the hands of the Successor of Peter and worn by the Archbishops as a sign of communion in faith and love and in the governance of God's People. It also recalls to Pastors their responsibilities as shepherds after the heart of Jesus. To all of you I affectionately impart my Apostolic Blessing as a pledge of peace and joy in the Lord.
[Estendo affettuosi saluti agli Arcivescovi Metropoliti anglofoni ai quali ho imposto il pallio ieri:  Arcivescovo Paul Mandla Khumalo di Pretoria (Repubblica Sudafricana); Arcivescovo J. Michael Miller di Vancouver (Canada); Arcivescovo Allen Henry Vigneron di Detroit (Stati Uniti d'America); Arcivescovo Anicetus Bongsu Antonius Sinaga di Medan (Indonesia); Arcivescovo Philip Naameh di Tamale (Ghana); Arcivescovo Timothy Michael Dolan di New York (Usa); Arcivescovo Vincent Gerard Nichols di Westminster (Regno Unito); Arcivescovo Robert James Carlson di Saint Louis (Usa); Arcivescovo Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij di Bangkok (Thailandia); Arcivescovo George Joseph Lucas di Omaha (Usa); Arcivescovo Gregory Michael Aymond di New Orleans (Usa) e Arcivescovo Patabendige Don Albert Malcolm Ranjith di Colombo (Sri Lanka). Porgo il benvenuto anche ai loro familiari, parenti, amici e fedeli delle rispettive Arcidiocesi, che sono giunti a Roma per pregare con loro e per condividere la loro gioia in questa lieta occasione. Il pallio si riceve dalle mani del Successore di Pietro e viene indossato dagli Arcivescovi come segno di comunione nella fede e nell'amore e nel governo del popolo di Dio. Inoltre ricorda ai Pastori le proprie responsabilità secondo il cuore di Gesù. A tutti voi imparto con affetto la mia Benedizione Apostolica quale pegno di pace e di gioia nel Signore].

Saludo cordialmente a los Arzobispos metropolitanos de lengua española venidos a Roma para la solemne ceremonia de la imposición del palio:  Domingo Díaz Martínez, de Tulancingo; Manuel Felipe Díaz Sánchez, de Calabozo; José Luis Escobar Alas, de San Salvador; Carlos Osoro Sierra, de Valencia; Víctor Sánchez Espinosa, de Puebla de los Ángeles; Carlos Aguiar Retes, de Tlalnepantla; Ismael Rueda Sierra, de Bucaramanga, y Braulio Rodríguez Plaza, de Toledo, así como a los familiares, amigos, sacerdotes y fieles de sus respectivas Iglesias particulares, que los acompañan. Queridos hermanos en el Episcopado, que las cruces de seda negra que el palio lleva bordadas os recuerden que debéis configuraros cada día más con Jesucristo. Siguiendo sus huellas de Buen Pastor, sed siempre signos de unidad en medio de vuestros fieles, afianzando vuestros lazos de comunión con el Sucesor de Pedro, con vuestros Obispos sufragáneos y con todos los que colaboran en vuestra misión evangelizadora. En este Año Sacerdotal apenas iniciado, llevad muy dentro de vuestro corazón a vuestros presbíteros, quienes esperan de vosotros un trato afable, como padres y hermanos que los acogen, escuchan y se preocupan de ellos. Bajo el amparo de María Santísima, Reina de los Apóstoles, que es tan venerada en las tierras de las que procedéis, México, Venezuela, El Salvador, Colombia y España, pongo vuestras personas y vuestras comunidades diocesanas.
[Saluto cordialmente gli Arcivescovi metropoliti di lingua spagnola venuti a Roma  per  la  solenne cerimonia dell'imposizione del pallio:  Domingo Díaz Martínez, di Tulancingo; Manuel Felipe Díaz Sánchez, di Calabozo; José Luis Escobar Alas, di San Salvador; Carlos Osoro Sierra, di Valencia; Victor Sánchez Espinosa, di Puebla de los Ángeles; Carlos Aguiar Retes, di Tlalnepantla; Ismael Rueda Sierra, di Bucaramanga, e Braulio Rodríguez Plaza, di Toledo, come pure i familiari, gli amici, i sacerdoti e i fedeli delle loro rispettive Chiese particolari che li accompagnano. Cari fratelli nell'Episcopato, che le croci di seta nera ricamate sul pallio vi ricordino che dovete configurarvi ogni giorno di più a Gesù Cristo! Seguendo le sue orme di Buon Pastore, siate sempre segni di unità in mezzo ai vostri fedeli, consolidando i vostri vincoli di comunione con il Successore di Pietro, con i vostri Vescovi suffraganei e con tutti coloro che collaborano alla vostra missione evangelizzatrice. In questo Anno Sacerdotale appena iniziato, portate nel profondo del cuore i vostri presbiteri, i quali si aspettano da voi un rapporto cordiale, come padri e fratelli che li accolgono, ascoltano e si preoccupano di loro. Sotto la protezione di Maria Santissima, Regina degli Apostoli, che è tanto venerata nelle terre da cui provenite, il Messico, il Venezuela, El Salvador, la Colombia e la Spagna, pongo le vostre persone e le vostre comunità diocesane].

Acolho com alegria os familiares e amigos dos novos Arcebispos Metropolitas do Brasil, que vieram acompanhá-los na recepção do pálio, sinal de profunda comunhão com o Sucessor de Pedro. Nesta comunhão dirijo uma particular saudação a Dom Sérgio da Rocha, de Teresina; Dom Maurício Grotto de Camargo, de Botucatu; Dom Gil Antônio Moreira, de Juiz de Fora; e Dom Orani João Tempesta, de São Sebastião do Rio de Janeiro. Transmiti as minhas saudações aos presbíteros e a todos os fiéis das vossas arquidioceses, para que unidos na mesma fé de Pedro possam contribuir para a evangelização da sociedade. Como penhor de alegria e de paz no Senhor, a todos concedo a minha Bênção.
[Accolgo con gioia i familiari e gli amici dei nuovi Arcivescovi metropoliti del Brasile, che sono venuti per accompagnarli nell'imposizione del pallio, segno di profonda comunione con il Successore di Pietro. In questa comunione rivolgo un particolare saluto a Monsignor Sérgio da Rocha, di Teresina; Monsignor Maurício Grotto de Camargo, di Botucatu; Monsignor Gil Antônio Moreira, di Juiz de Fora, e Monsignor Orani João Tempesta, di São Sebastião do Rio de Janeiro. Trasmettete i miei saluti ai presbiteri e a tutti i fedeli delle vostre arcidiocesi, affinché, uniti nella stessa fede di Pietro, possano contribuire all'evangelizzazione della società. Quale pegno di gioia e di pace nel Signore, imparto a tutti la mia Benedizione].

[Saluto Lei, Monsignor Mieczyslaw Mokrzycki, Arcivescovo di Lviv dei Latini, e quanti la circondano in questo momento di viva comunione ecclesiale. Ancora una volta, Le sono grato per il servizio che ha reso alla Chiesa, quale collaboratore mio, e, prima, del mio venerato predecessore Giovanni Paolo ii. Lo Spirito del Signore La accompagni nel ministero pastorale a favore dei fedeli affidati alle Sue cure, ai quali invio un cordiale saluto.]

Witam serdecznie obecnych tu Polaków. Pozdrawiam szczególnie nowego Metropolite Szczecinsko-Kamienskiego, Arcybiskupa Andrzeja Dziege, który wczoraj otrzymal paliusz i wiernych tej Metropolii. Niech ten paliusz w Roku Kaplanskim bedzie takze dla wszystkich kaplanów symbolem i zacheta do budowania jednosci z wlasnym biskupem, miedzy soba oraz wsród wiernych. Upraszajac dla wszystkich dary Bozej milosci z serca wam blogoslawie. Niech bedzie pochwalony Jezus Chrystus.
[Saluto cordialmente i polacchi qui presenti. In particolare saluto il nuovo Metropolita di Szczecin-Kamien, Arcivescovo Andrzej Dziega, il quale ieri ha ricevuto il pallio e i fedeli provenienti da questa Metropoli. Nell'anno Sacerdotale il pallio sia anche per i presbiteri un simbolo e una sfida per costruire la comunione con il proprio vescovo, tra loro e anche con i fedeli. Implorando per voi tutti i doni della Divina carità, di cuore vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo.]

Cari fratelli e sorelle, l'odierna memoria dei Protomartiri di Roma sia stimolo per ognuno di voi a un amore sempre più intenso verso Gesù Cristo e la sua Chiesa. Vi accompagni la materna assistenza di Maria, Madre della Chiesa, dei santi Apostoli Pietro e Paolo e di san Giovanni Maria Vianney. A tutti e a ciascuno la mia benedizione.



(©L'Osservatore Romano - 30 giugno 1 luglio 2009)


vescovi

Pope Benedict XVI delivers his speech during an audience he held for newly elevated metropolitan archbishops and their relatives, in the Pope Paul VI hall at the Vatican, Tuesday, June 30, 2009.


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