Se vogliamo essere Cristiani, dobbiamo essere mariani

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Caterina63
00martedì 2 dicembre 2008 18:29
Il "principio mariano" nella Chiesa

"Se vogliamo essere Cristiani,
dobbiamo essere mariani"


"La vera devozione alla Santissima Vergine conforma un’anima a Gesù Cristo".



Al’Angelus del 26 Dicembre 2005, Papa Benedetto XVI ebbe a dire che "dappertutto, anche là dove non vi è persecuzione, vivere con coerenza il Vangelo comporta un alto prezzo da pagare". Questo ammonimento del Papa invita a rivolgere il pensiero e la preghiera a Maria: a Colei che è la prima e la più perfetta dei seguaci di Cristo, a Colei che può aiutarci a vivere con coerenza il Vangelo, nei tempi difficili che attraversiamo.

Un grande missionario del sec. XVIII, San Luigi Maria da Montfort, riconobbe nella Missione predicata al popolo un mezzo efficacissimo per ravvivare lo spirito del Cristianesimo nei fedeli. A quanti frequentavano la Missione faceva rinnovare ad uno ad uno, in modo solenne, le promesse del santo Battesimo, dinanzi al libro del Vangelo e all’immagine di Maria.

È così che nel cuore stesso del "Trattato della vera devozione" troviamo, scritto a caratteri maiuscoli, questo titolo: La parfaite consécration à Jésus-Christ. Ad esso segue una pagina che è tutta un polisillogismo fortemente concatenato e stringente che porta alla seguente categorica affermazione: "La perfetta consacrazione a Gesù Cristo non è altro che una perfetta e totale consacrazione alla Santissima Vergine".

La riportiamo qui perché essa contiene in sintesi tutto il pensiero e il messaggio mariano del Santo di Montfort: "Tutta la nostra perfezione consiste nell’essere conformi, uniti e consacrati a Gesù Cristo. Ne consegue che la più perfetta di tutte le devozioni è senza dubbio quella che ci conforma, unisce e consacra in modo più perfetto a Gesù Cristo. Ora, poiché fra tutte le creature Maria è la più conforme a Gesù Cristo, ne consegue che fra tutte le devozioni quella che consacra e conforma di più un’anima a Nostro Signore è la devozione alla Santissima Vergine, sua Madre, e che più un’anima sarà consacrata a Maria, più lo sarà a Gesù Cristo".



Copertina della "Marialis cultus" di Papa Paolo VI, rieditata dalla LEV nel 30° dell'Esortazione Apostolica.


Accogliere Maria è accogliere Gesù

Quasi a commento di queste pagine del Montfort, riferisco qui l’insegnamento del Santo Padre Paolo VI.: "Dice l’Apostolo che ha tracciato la struttura fondamentale del Cristianesimo: ‘Quando arrivò la pienezza del tempo, Dio mandò il Figlio suo, nato da Donna’. E Maria – ci ricorda il Concilio – "non fu strumento meramente passivo nelle mani di Dio, ma cooperò alla salvezza dell’uomo con libera fede e obbedienza". Questa dunque non è una circostanza occasionale, secondaria, trascurabile; essa fa parte essenziale, e per noi uomini importantissima, bellissima, dolcissima del mistero della Salvezza. Cristo a noi è venuto da Maria, lo abbiamo ricevuto da Lei... Se vogliamo essere Cristiani, dobbiamo essere mariani, cioè dobbiamo riconoscere il rapporto essenziale, vitale, provvidenziale che unisce la Madonna a Gesù, e che apre a noi la via che a Lui conduce" [Dall’Omelia nel Santuario della Madonna di Bonaria, presso Cagliari, il 24 Aprile 1970].

Leggiamo inoltre nell’Esortazione apostolica Marialis cultus [2 Febbraio 1974]: "Nella Vergine Maria tutto è relativo a Cristo e tutto da lui dipende [...]. Certamente la genuina pietà cristiana non ha mai mancato di mettere in luce l’indissolubile legame e l’essenziale riferimento della Vergine al Divin Salvatore" [MC, 25].

Alla luce dei pensieri mariani qui riportati, del Santo di Montfort e del Papa Paolo VI, è facile comprendere le amare riflessioni di F.W. Faber: "Gesù non è conosciuto, perché Maria è lasciata in dimenticanza! Se Maria fosse almeno conosciuta! Quanto più facilmente diverremmo immagini viventi di Gesù, nostro Signore e Salvatore!".

E che dire "dell’alto prezzo da pagare per vivere con coerenza il Vangelo?". Non dimentichiamo le condizioni poste ripetutamente da Gesù a chi vuol essere suo discepolo: rinneghi se stesso, prenda ogni giorno la propria croce, e lo segua. Non dimentichiamo l’alto prezzo pagato da Gesù per il nostro riscatto [cfr. 1Pt 1, 18].

Alberto Rum

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"…Abbi il coraggio di osare con Dio"

Maria, eco di Dio



"La Vergine intona ancora e sempre il "Magnificat": quando la si onora o ci si dona a lei, Dio è onorato poiché a Dio ci si dona per mezzo di Maria e in Maria" (VD 222).


Il 21 Novembre 1964 - giorno che la Liturgia consacra alla memoria della "Dedicazione" che Maria fece a Dio di se stessa fin dall’infanzia, mossa dallo Spirito Santo - il Papa Paolo VI così disse nel discorso conclusivo della Terza Sessione del Concilio Vaticano II: "Maria, umile serva del Signore, è tutta relativa a Dio e a Cristo, unico Mediatore e Redentore nostro", tanto che "la devozione a Maria, lungi dall’essere fine a se stessa, è mezzo invece essenzialmente ordinato ad orientare le anime a Cristo e così congiungerle al Padre, nell’amore dello Spirito Santo".

Tali affermazioni riportano il pensiero alle pagine del "Trattato della vera devozione" e del "Segreto di Maria", dove San Luigi Maria da Montfort invita a contemplare la splendida icona di Maria, "eco di Dio", da lui delineata con mano maestra: "Maria è la meravigliosa eco di Dio. Quando si grida ‘Maria!’ essa risponde: ‘Dio!’ (SM 21). "Tu non pensi mai a Maria, senza che Maria pensi a Dio al tuo posto; tu non lodi e non onori Maria, senza che Maria con te lodi e onori Dio. Maria è tutta relativa a Dio e potrei dire: ella è la relazione a Dio, che esiste solo in rapporto a Dio: è l’eco di Dio, che non dice e ripete che Dio. Se tu dici Maria, ella dice Dio. Santa Elisabetta lodò Maria e la disse beata per aver creduto; Maria, l’eco fedele di Dio, intonò "L’anima mia magnifica il Signore".

Ciò che Maria fece quella volta, lo fa tutti i giorni; quando la si loda, la sia ama, la si onora, o ci si dona a lei, Dio è lodato, Dio è amato, Dio è onorato, a Dio ci si dona per mezzo di Maria e in Maria" (VD 222).


Messaggio dell’Immacolata al mondo contemporaneo

Quasi a commento di queste pagine del Montfort, piace riportare qui alcuni brani dell’Omelia pronunciata dal Santo Padre Benedetto XVI, l’8 Dicembre 2005, durante la Concelebrazione Eucaristica, nella solennità dell’Immacolata.

È da notare come L’Osservatore Romano abbia presentato l’Omelia del Papa sotto questo titolo a grandi lettere: L’Immacolata all’uomo di oggi: "Compromettiti con Dio!".

Tale messaggio dell’Immacolata al mondo contemporaneo viene raccolto dal Papa nella contemplazione di due icone mariane: la Figlia di Sion e la Donna del Protovangelo.

1] La Figlia di Sion – Dice il Papa: "Maria è "il santo resto" d’Israele a cui i Profeti hanno fatto riferimento. In lei è presente la vera Sion, quella pura, la vivente dimora di Dio. In lei dimora il Signore, in lei trova il luogo del Suo riposo. Lei è la vivente casa di Dio, il quale non abita in edifici di pietra, ma nel cuore dell’uomo... Maria è l’Israele santo; ella dice "sì" al Signore, si mette pienamente a Sua disposizione e diventa così il tempio vivente di Dio".

2] La Donna del Protovangelo – Dopo aver avvertito che "tutti portiamo dentro di noi una goccia del veleno" del modo di pensare illustrato nelle immagini del Libro della Genesi, il Papa così prosegue: "Questo dobbiamo imparare nel giorno dell’Immacolata: l’uomo che si abbandona totalmente nelle mani di Dio non diventa un burattino di Dio, una noiosa persona consenziente; egli non perde la sua libertà. Solo l’uomo che si affida totalmente a Dio trova la vera libertà […]".

Detto questo, il Papa trasmette il messaggio che la Madre di Dio rivolge all’uomo di oggi, a ciascuno di noi: "Abbi il coraggio di osare con Dio! Provaci! Non aver paura di Lui! Abbi il coraggio di rischiare con la fede!".

Queste forti e vigorose espressioni di Benedetto XVI mettono bene in luce l’icona di Maria "eco di Dio", e rimandano, a loro volta, ad altre pagine del Montfort che invitano a comprometterci davvero con Dio, sull’esempio dell’Immacolata Madre del Signore.

Alberto Rum


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Perché secondo Charles Journet la Chiesa è mariana
Tra la morte e la vita
il mistero ha il volto di una donna


di Piero Viotto

La chiesa è mariana non solo per il "mistero dell'incarnazione", perché Maria a Nazaret è madre di Cristo, il Verbo di Dio, ma anche per il "mistero della compassione", perché Maria ai piedi della croce ha partecipato alla redenzione, ha ricevuto in consegna l'apostolo Giovanni, e tutti noi. Così la Chiesa nasce dal cuore ferito di Gesù e di Maria. Si può dire che la mariologia è una parte dell'ecclesiologia.
Charles Journet (1891-1975), sulla base dei Padri della Chiesa, che egli cita ripetutamente, attraverso le argomentazioni dei teologi, seguendo il realismo esistenziale di san Tommaso, e anche le intuizioni poetiche di Charles Péguy e di Paul Claudel, cerca, per quanto è possibile, l'intelligenza di questi misteri, utilizzando immagini tratte dal mondo delle scienze naturali e delle matematiche nei cinque volumi del suo trattato, La chiesa del Verbo incarnato (1941-1962). Ma per conoscere le sue riflessioni teologiche sono forse più importanti i numerosi ritiri spirituali, Entretiens, tenuti nei conventi di clausura, che il cardinale Georges Cottier, che ha sostituito Journet nella direzione della sua rivista "Nova et vetera", sta pubblicando presso la casa editrice svizzera Parole et silence.

Journet, nel Trattato e nelle Meditazioni, ha molto riflettuto sulla natura della messa per affermare che durante il brevissimo tempo che intercorre nella doppia consacrazione, noi siamo, per un breve momento, realmente presenti all'unico sacrificio di Cristo in croce, proprio come Maria al Calvario, partecipi di una "mediazione ascendente" - nella quale Maria sacrifica suo figlio al Padre, per la salvezza degli uomini - e di una "mediazione discendente" - nella quale Maria "dispone i nostri cuori ad accogliere la salvezza".
L'eucarestia va considerata sotto due aspetti: nel tempo, come "segno sacrificale", al momento centrale della messa, che ci porta a essere presenti alla morte di Cristo, e nello spazio, come "segno sacramentale", nel pane consacrato, ove Cristo risorto è presente, fino a quando si conservano "le apparenze proprie e naturali del pane". Il teologo sviluppa due interessanti osservazioni, nella prima scrive "il sacerdote che si astiene dal celebrare per accontentarsi di comunicarsi ignora ciò per cui la Chiesa lo ha ordinato", nella seconda sottolinea che la Chiesa non è tanto il luogo dell'assemblea dei cristiani, quanto il luogo della presenza personale di Cristo fra di noi, che costituiamo il suo corpo, che continua nella storia.
Maria è "il prototipo della Chiesa", e a questo tema il teologo svizzero dedica un intero capitolo del Trattato, per precisare con esattezza le modalità del ruolo di Maria e dei cristiani nel processo della redenzione. "I meriti del Cristo suscitano i meriti della Chiesa, non per "addizione", ma per partecipazione, non alla maniera di una "giustapposizione", ma alla maniera di "compenetrazione", come l'Essere di Dio suscita l'essere dell'universo". Cristo è l'unico redentore, perché la grazia "risiede in Lui in primo luogo, come nella sua sorgente, e nella Chiesa, fin dalla sua apparizione cresce in dipendenza da Lui".

Ciò premesso, nella riflessione di Journet si fa un'analisi delle differenze tra la "correndenzione collettiva" della Chiesa, che riguarda gli uomini di ciascun tempo storico e di ciascun gruppo sociale, e la "correndenzione personale" di Maria, che "è assolutamente universale e riguarda gli uomini di tutti i tempi, per cui è anteriore e avviluppa la mediazione della Chiesa", anche se Lei stessa è avvolta nella redenzione del Cristo.
Journet esemplifica queste relazioni, osservando che l'azione di santa Monica agisce direttamente su sant'Agostino, ma essa è supportata dall'azione redentrice del Cristo, come la luna che è in orbita gravitazionale della terra, ma questa è nell'orbita gravitazionale del sole. Queste immagini non sono soltanto un aiuto intellettuale per conoscere meglio il mistero, ma rimandano alla realtà della comunione dei santi: "Ci sono delle anime che sostengono altre anime, come un pianeta sostiene i suoi satelliti". Tutta la redenzione è in Cristo, e non aumenta nel tempo, proprio come, osserva Journet, "dopo la creazione non c'è, intensivamente, più essere, ma solamente molte partecipazioni all'essere". La differenza tra la redenzione e la corredenzione non è una questione di quantità, ma di qualità, l'azione del Cristo è un fatto ontologico, Lui solo può essere mediatore, e meritare, a livello di giustizia, la nostra salvezza; l'azione di Maria, della Chiesa, dei singoli cristiani è un atto morale, che nell'amore e per amore partecipa alla redenzione.

Nell'universo spirituale Maria è la prima redenta, ma in maniera assolutamente unica, perché, per il mistero dell'immacolata concezione è stata preservata dal peccato originale, prima della Chiesa e in vista della Chiesa. In Maria c'è il massimo di corredenzione, e Journet si serve anche della matematica per trovare un esempio esplicativo, dicendo che la Chiesa nel suo divenire tende verso questo massimo, che è Maria, come "la curva tende al suo asintoto".

Journet riflettendo sull'Apocalisse considera anche il ruolo di Maria come sposa del Cristo in quanto parte eminente della Chiesa, non in quanto madre di Gesù, perché sarebbe errato mescolare le due prospettive, quella mistica e quella ontologica. Maria è sposa del Cristo nella prospettiva evangelica del "Chiunque fa la volontà del Padre mio, che è nei cieli, è mio fratello, sorella, madre". La teologia di Journet è sempre attenta a queste sottili, ma importanti distinzioni, spinge al massimo la riflessione intellettuale della teologia, ma non la risolve nel linguaggio dell'esperienza mistica.

Dopo queste argomentazioni Journet conclude "Cristo è nostro fratello perché la nostra sorella Maria è sua madre", e precisa che la salvezza avviene nella storia, perché Maria e i santi nel cielo non possono più acquisire meriti, ma soltanto distribuirli, in quanto "l'intercessione non meritoria nel cielo si appoggia sulla intercessione meritoria della terra, per sollevare tutto l'universo del tempo storico e per conseguenza tutto l'universo del purgatorio". E lascia l'ultima parola a sant'Agostino "un grande mistero ha voluto che la morte ci fosse venuta da una donna e la vita ci fosse ridonata da una donna, e che il diavolo fosse vinto dalla nostra doppia natura, femminile e maschile" (De agone cristiano, cap. XXII).



(©L'Osservatore Romano - 10 agosto 2008)

Caterina63
00sabato 20 dicembre 2008 11:27
Sub tuum Praesidium

Sub tuum praesidium confugimus, sancta Dei Genetrix; nostras deprecationes ne despicias in necessitatibus, sed a periculis cunctis libera nos semper, Virgo gloriosa et benedicta.

In Egitto si segnala la preghiera più antica che si conosca su Maria, fin dalla fine del II secolo, il "SUB TUUM PRAESIDUM": che dice " Sotto la tua protezione ci rifugiamo, santa Madre di Dio, non dimenticare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta..."
il testo in greco è stato scoperto su un frammento di papiro della John Rylands Library di Manchester....." Catalogo of the Greek and Latin Papyri...." Questa Preghiera si diffuse rapidamente nel corso dei secoli tanto da essere attribuita al III secolo per la risonanza che ebbe; entrò nelle Liturgie Orientali ed Occidentali; ed è naturale che contribuì a risvegliare l'attenzione e l'interesse verso il ruolo di Maria, della sua maternità divina.... Nel papiro, badate bene, della Rylands Library, è facilmente LEGGIBILE il discernere del termine THEOTOKOS.....inoltre si apprende da subito come la fede cristiana di quel tempo attribuisse a Maria il potere dell'INTERCESSIONE applicando a lei il termine che si legge nel papiro " RHYSAI" (rusai)(sulla y andrebbe l'accento ^) e che vuol dire LIBERARE, trovata anche nel Padre Nostro che naturalmente è applicato a Dio......
Mt 6,13
alla rusai umas
allà rùsai umàs
ma libera noi


rusai è l' imperativo del verbo rùomai ruomai = liberare, sottrarre, salvare.

Dizionario Rocci pag 1647 1 colonna


La scoperta dell’antichità di questa preghiera è merito della moderna papirologia. Infatti il testo originario nella sua forma primitiva, forma greca, è stato riscontrato in un papiro rinvenuto in Egitto ( nel basso Egitto) e acquistato nel 1917 da John Rylands Library di Manchester (Inghilterra). Il prezioso documento è stato poi pubblicato nel 1938 a Manchester da C. H. Roberts. Si tratta di un minuscolo foglio isolato di 14 u 9,4 cm scritto da una parte sola, tutto si riduce a dieci righe di testo.

                                                            [SM=g1740720]

Faccio notare che tale rilevamento non aggiunge nulla di nuovo, ma al contrario dona una conferma STORICA.......una prova tangibile....di come questa preghiera d'intercessione sempre ripetuta dalla Chiesa per secoli.......NON aveva bisogno di conferme.....la Chiesa ha continuata ad insegnarla e raccomandarla....il pairo è stato rinvenuto soltanto nel secolo scorso.......e questo particolare NON è una cosa da poco....

I competenti in materia lo fanno risalire a prima del IV secolo d.C.(circa fine II-III). Tale papiro rimane come uno dei più insigni dell’antichità cristiana e costituisce il più ambìto tesoro per la collezione Rylands assieme al papiro contenente il più antico frammento del Vangelo di San Giovanni (cap. 18 vv. 31-33 e 37-38).
Le preghiere della Madre di Dio, per il contenuto si ispirano a testi scritturali, infatti l’inizio: “Sub tuum praesidium” richiama l’immagine dell’ombra delle ali cara ai Semiti e agli Egiziani, come simbolo espressivo della protezione celeste.
A Maria, come Madre di Dio, viene attribuita una sicurezza di patrocinio che è propria della Divinità. A Lei, potente Regina, "Genitrice di Dio= Theotokos", si ricorre fidenti nella misericordiosa clemenza e costante protezione del Padre e del Figlio suo.
Dal luogo originale, l’Egitto, che ospitò la Sacra Famiglia, il “Sub tuum praesidium” coi secoli si è diffuso in tutto il mondo cattolico.
Attualmente, oltre che alla conclusione delle litanie lauretane, questa preghiera è inserita tra le invocazioni con cui, a Compieta, si conclude la liturgia delle Ore che i Sacerdoti, religiosi e laici impegnati recitano ogni giorno.
Don Bosco, grande devoto di Maria, la recitava abitualmente e la raccomandò ai suoi salesiani assieme all’invocazione “Maria, Aiuto dei Cristiani”.
Da questa preghiera balza evidente che fin dai primi tempi Maria è stata invocata come invincibile presidio, aiuto rifugio e salvezza della cristianità.
Così fu in passato ed oggi l’umanità che ha iniziato il terzo millennio guarda ancora a Lei per ottenere la sua materna protezione contro tutti i mali che insidiano la nostra società e che il Papa deplora invocando l’aiuto salvifico di Maria, madre della Chiesa e dell’umanità....

                                             [SM=g1740750] [SM=g7182]
Caterina63
00lunedì 19 ottobre 2009 21:55
 

«ALLA VERGINE AFFIDO
L’ANNO SACERDOTALE»


«Cari sacerdoti, la celebrazione del 150 anniversario della morte di san Giovanni Maria Vianney (1859, foto) segue immediatamente le celebrazioni appena concluse del 150 anniversario delle apparizioni di Lourdes (1858). Già nel 1959 il beato Papa Giovanni XXIII aveva osservato: "Poco prima che il Curato d’Ars concludesse la sua lunga carriera piena di meriti, la Vergine Immacolata era apparsa, in un’altra regione di Francia, ad una fanciulla umile e pura, per trasmetterle un messaggio di preghiera e di penitenza, di cui è ben nota, da un secolo, l’immensa risonanza spirituale. In realtà la vita del santo sacerdote, di cui celebriamo il ricordo, era in anticipo un’illustrazione vivente delle grandi verità soprannaturali insegnate alla veggente di Massabielle. Egli stesso aveva per l’Immacolata Concezione della Santissima Vergine una vivissima devozione, lui che nel 1836 aveva consacrato la sua parrocchia a Maria concepita senza peccato, e doveva accogliere con tanta fede e gioia la definizione dogmatica del 1854". Il Santo Curato ricordava sempre ai suoi fedeli che Gesù Cristo dopo averci dato tutto quello che ci poteva dare, vuole ancora farci eredi di quanto egli ha di più prezioso, vale a dire della sua Santa Madre .

Alla Vergine Santissima affido questo Anno sacerdotale, chiedendole di suscitare nell’animo di ogni presbitero un generoso rilancio di quegli ideali di totale donazione a Cristo ed alla Chiesa che ispirarono il pensiero e l’azione del Santo Curato d’Ars. Con la sua fervente vita di preghiera e il suo appassionato amore a Gesù crocifisso Giovanni Maria Vianney alimentò la sua quotidiana donazione senza riserve a Dio e alla Chiesa. Possa il suo esempio suscitare nei sacerdoti quella testimonianza di unità con il Vescovo, tra loro e con i laici che è, oggi come sempre, tanto necessaria». Così si è espresso Benedetto XVI il 16 giugno all’apertura dell’Anno sacerdotale.
  


   

«FORTUNATE LE FAMIGLIE
DOVE SI RECITA IL ROSARIO»

  
«M
io padre, architetto, diceva il rosario in auto, aveva persino composto alcuni inni da cantare all’inizio di ogni mistero. Recitavamo la corona insieme quando tornavo per le vacanze; e faccio tuttora la stessa cosa nei Paesi dove mi trovo».
Questa testimonianza è di padre René Laurentin, il più noto mariologo francese.

«Il rosario insomma è una preghiera di sempre. I Domenicani poi hanno inventato un sacco di piccoli accorgimenti per rinnovarla: seguendo il ritmo del respiro, richiamando il mistero dopo ogni Ave Maria.

«Il rosario è una devozione antica, attribuita a san Domenico nel XIII secolo e messa a punto dal domenicano Alano de la Roche nel 1473. Siccome i contadini e la gente del popolo non potevano recitare i 150 salmi come i monaci, sono state loro proposte le 150 Ave Maria, raggruppate in 5 decine per meditare i grandi misteri della vita di Cristo e di Maria. Però è anche una preghiera moderna, in quanto è semplice e non presenta difficoltà. La si può recitare ovunque: in chiesa o a casa, a letto o camminando o anche lavorando, come facevano molti contadini.

«Fortunate le famiglie che sanno dare ai loro figli il gusto della preghiera. I bambini vi sono sensibili. Alcune giovani coppie li abituano fin dalla culla alla loro preghiera quotidiana, prendendoli in braccio; e spesso questi neonati sono incuriositi e sorridono. In circostanze del genere talvolta arriva anche il cane di casa, e si accuccia in silenzio ai loro piedi... Con gli adolescenti è più difficile. È l’età in cui si forma una personalità autonoma e ciò richiede ai genitori molta comprensione, pazienza, tolleranza, ma anche fermezza perché la personalità si formi senza deformarsi, né distruggersi attraverso tutte le droghe moderne» 

(da un intervista apparsa sul Timone, n. 25/03).
   


   

LUCIA E LA CONSACRAZIONE
DELLA RUSSIA 25 ANNI FA

  
La consacrazione della Russia fu fatta solennemente da Giovanni Paolo II il 25 marzo del 1984 (25 anni fa). Ricordando quell’evento, che più di ogni altro portò al crollo del comunismo, padre Luis Kondor svd, vice-postulatore della causa dei pastorelli di Fatima, racconta: «Dopo tre giorni dalla consacrazione andai al Carmelo di Coimbra a parlare con suor Lucia  e lei mi disse che il Cielo aveva accettato la consacrazione. Le chiesi: Quale sarà il segno? . Mi rispose: "Presti attenzione all’Est, da lì verrà la risposta"».
 

  • Non tutti i vescovi erano presenti

«Dopo la consacrazione, suor Lucia mi ha confermato che questo atto di affidamento era stato accettato…, perché, anche se non c’erano tutti i vescovi, c’era la partecipazione e collaborazione morale della maggioranza. Solo suor Lucia sa come ha scoperto questa partecipazione e collaborazione morale !».



 

  • Perché la consacrazione del 1982 non fu valida?

«La prima consacrazione fatta qui a Fatima, nel 1982, non era valida, perché Giovanni Paolo II non aveva invitato tutti i vescovi. Era contento il Papa di fare la consacrazione e aveva il testo preparato in cinque lingue e informò suor Lucia. Ma lei lo avvisò che non andava bene, perché non aveva invitato i vescovi. Il Papa non conosceva questo particolare e nessuno gliene aveva parlato…».

  • Come procede il Processo di beatificazione di suor Lucia?

«I documenti, è comprensibile, sono riservati. Nel Processo ve ne saranno da esaminare molti. C’è un grande lavoro per la Commissione storica. Speriamo che la Chiesa ci faccia presto questo regalo…». Per padre Kondor l’obbedienza è un imperativo categorico. Ricorda con nuovi particolari una obbedienza di suor Lucia prima di farsi suora.

«Lei non voleva prendere l’abito monacale: "Non voglio lasciare Fatima diceva non voglio lasciare mia madre". Prima di partire andò alla Cova d’Iria e, abbracciata all’albero piangendo, ripeteva: "Io non vado via di qui". Ad un certo punto si è sentita una mano sulla spalla. Era la Madonna: "Sono qui per la settima volta. Devi ubbidire al Vescovo, perché lui ti comunica la volontà di Dio".
Udita questa frase, ha avvertito come un ribaltarsi dei suoi sentimenti, ha provato una grande gioia ed ha cambiato umore. Non più triste e piagnucolosa, ma si sentì felice di fare la volontà di Dio, che le veniva comunicata attraverso le parole del Vescovo. Senza timore e incertezze si è congedata dalla famiglia e da tutti, parenti e amici. L’indomani è partita. La madre, questo è scritto nelle Memorie, le disse: "Figlia mia, se la Madonna veramente ti appare sarà lei a proteggerti. Ma se non è così, sarai la persona più disgraziata di questo mondo". Il tempo ha dimostrato, anche se non ce n’era bisogno, che la madre di Lucia era una donna straordinaria per fede e per carità e il Signore si è servito della sua severità per realizzare il messaggio di Fatima» (da Maria di Fatima, nn. 3-4-5/09).
   


   

Brevi
   

«Nel pomeriggio, recitando il rosario col Santo Padre, ricorda mons. Loris Capovilla  parlando dei Giardini vaticani, si passava davanti alla Grotta di Lourdes e alla Madonna della Guardia (di Genova, voluta da Benedetto XV)».
Ora va aggiunta l’icona della Madonna del buon consiglio, venerata nel Santuario agostiniano di Genazzano, opera mosaicata della Fabbrica di San Pietro, posta vicino al largo detto un tempo Campana cinese. È stata benedetta il 9 luglio dal Papa, che ha dato a tutto il viale, che collega con la Torre di San Giovanni, il nome di "Passeggiata Pio XII". Qui infatti Eugenio Pacelli era solito fermarsi a meditare.



Giancarlo Giuliani.


Quasi ideale conclusione dell’Anno paolino e celebrazione del 50 della consacrazione dell’Italia a Maria ricordando che tutta la teologia su Maria si basa sull’affermazione di Paolo: «Cristo, nato da donna» (Galati 4,4) l Opera Romana Pellegrinaggi ha voluto celebrare presso la Basilica di San Paolo fuori le Mura il 75° della propria istituzione. Alla presenza del card. Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, è stata portata in basilica la statua della Madonna di Fatima. Era il 13 maggio.


Dall’estremo lembo Sud della penisola iberica oggi noto come Rocca di Gibilterra, «che continua a separare e unire l’Africa all’Europa» (Giovanni Paolo II) nel 1309 venivano ricacciati oltre lo Stretto gli invasori musulmani. A ricordo fu eretta una cappella mariana, oggi considerata giustamente Santuario di Nostra Signora d’Europa. Alle celebrazioni dei 7 secoli di storia mariana Benedetto XVI ha inviato come suo rappresentante il card. Saraiva Martins. Erano presenti a Gibilterra  il 5 maggio una ventina di rettori dei maggiori santuari d’Europa.



 

«Non possiamo limitarci ad auspicare che il popolo slovacco e ungherese vivano come fratelli. Dobbiamo chiedere a Dio e alla sua Madre Santissima di accogliere e vivere le radici cristiane dei nostri Paesi». Al Santuario di Mátraverebély-Szentkút i vescovi delle due nazioni si sono ritrovati il 6 giugno per la seconda volta (la prima volta il 28 giugno 2008) per un incontro di preghiera e di riconciliazione: «Non vogliamo nascondere i problemi del post-comunismo, ma ricreare ponti e non muri, nella fiducia reciproca nel nome di Maria».

Nel Santuario mariano più importante del Piemonte, ad Oropa, mons. Francesco Ravinale, vescovo di Asti, ha voluto dare inizio all’Anno sacerdotale indetto da Benedetto XVI. Con oltre quaranta sacerdoti e quasi duemila fedeli della Diocesi di Asti, mons. Ravinale è salito nel Santuario biellese, posto nel grandioso paesaggio alpino (a m. 1190), per testimoniare che «la Chiesa è mariana (Paolo VI a Bonaria) e che da Maria il sacerdote deve trarre l’esempio dell’amore alle anime».


 

Franco Albanesi, responsabile della Protezione civile nei giorni successivi al terremoto dell’Aquila, racconta che una madre aveva perso la parola nella disgrazia della morte del figlio e spersa se ne stava impietrita dal dolore vicino alle macerie di Onna. Alla visita del Papa, il 28 aprile, fu fatta avvicinare e Benedetto XVI le disse di non preoccuparsi: «Tuo figlio ha aperto le porte del paradiso». Così dicendo il Papa ha benedetto il suo rosario e glielo ha stretto in mano. Quella donna ha ritrovato la parola ed è corsa a porre quel rosario sulla tomba del figlio 
(Avvenire, 29.4.09).


Ricordando l’8 centenario (1209) dell’approvazione di Innocenzo III della forma di vita scelta da Francesco d’Assisi, gli storici mariani non possono ignorare che, trovandosi nella Marca di Ancona nel suo viaggio tra il 1208 e il 1209 nel convento del Comune di Sirolo, Francesco «mirò da lontano la Valle e la selva (di Loreto) e predisse la venuta (nel 1294), per mistero angelico, della sacrosanta Casa di Maria. E disse: O Valle fortunata! E corse a venerarla». Questa notizia è del 1597. Assai tardiva, ma la Basilica di Loreto ha voluto ricordarla raffigurando la visione di Francesco  in uno dei sottarchi della cupola.



 

«Il beato propagandista del paradiso» secondo Elsa Morante è il Beato Angelico (il domenicano fra Giovanni da Fiesole, 1395-1455). «Le sue Madonne, giovani e delicate, costituiscono un inno terreno alla dolcezza della maternità e all’umile e convinta accettazione della volontà di Dio», scrive Giovanni Marello. Una grande mostra per i 550 anni della morte è aperta ai Musei capitolini. Con motu proprio nel 1982 Giovanni Paolo II riconosceva ufficialmente il culto liturgico a fra Giovanni col titolo anche liturgico di Beato .


 

La Chiesa "ufficiale" (riconosciuta dal Governo) e la Chiesa "sotterranea" (fedele a Roma) sono unite nel ricordo della consacrazione della Cina a Maria, avvenuta 85 anni fa, nel 1924. In Santa Maria Maggiore a Roma, curiosamente, per la prima volta hanno pregato assieme sacerdoti cinesi sia "ufficiali" che "sotterranei" (Avvenire, 23.5.09). Il card. Ivan Dias, ricordando la Lettera ai cattolici della Cina del giugno 2007, ha detto che «in paradiso non vi saranno cattolici ufficiali e sotterranei… E il Papa vuole che l’unità si veda anche su questa terra».


La città di Imola per la celebrazione del Sinodo diocesano, riguardante l’attuazione del Vaticano II, si è rivolta idealmente alla Madonna del Piratello, patrona della Diocesi. «Nell’immagine della beata Vergine del Piratello ha affermato il vescovo Tommaso Ghirelli tutti ci rispecchiamo e ci riconosciamo Consapevoli delle nostre necessità, ci rivolgiamo a Maria per trovare la fiducia necessaria nel trasmettere i valori della fede. La fede che appare sempre più "sbiadita" per le nuove generazioni».


200 anni fa (1809) nasceva a Piovà d’Asti Guglielmo Massaia. Un missionario da porre accanto a figure come Matteo Ricci e Francesco Saverio. Creato cardinale nel 1884 da Leone XIII, dopo una vita passata tra i Galla in Etiopia, scriveva: «Ho celebrato la mia ultima Messa a Fekerièghemb davanti al gran crocifisso - (infatti fu cacciato nel 1879 dall’imperatore Johannes IV) - … Voglio che i monaci, rimasti nel Vicariato gallo, dalla consacrazione al Pater assistano sempre la Messa inginocchiati con le braccia distese: essi si immagineranno di trovarsi sul Calvario ai piedi della croce con Maria e come Maria offriranno il sacrificio per gli infedeli».


Fonte: Madre di Dio gennaio 2009


Caterina63
00martedì 12 gennaio 2010 22:10
Dal volume di padre Stefano De Fiores, Maria nella teologia contemporanea, Centro di Cultura Mariana "Madre della Chiesa", Roma 1991, pp.210-211

Maria

Lo studio del culto di Maria nei secoli XII-XV presenta un vastissimo panorama di documentazione, che spazia dall'Oriente all'Europa e giunge fino all'America

La pietà di Cristoforo Colombo verso la Vergine emerge dai documenti dell'archivio di Siviglia e dai dati biografici, da cui appare tra l'altro che dieci isole scoperte ebbero un nome ispirato a Maria32.

Le 100 omelie bizantine, in gran parte inedite, studiate da E. Toniolo, trasmettono un'immagine vivissima di Maria. Inserita nel tessuto ecclesiale e nelle vicende storiche del tempo, la figura della Theotokos appare come la liberatrice, ma soprattutto come l'operatrice di catarsi per una vita santa. Progressivamente i cristiani d'Oriente comprendono che la preghiera a Maria non deve mirare al suo intervento nei pericoli, ma alla conservazione nella fede dei padri33.

Nell'area occidentale troviamo San Bernardo, la cui devozione mariana è indiscutibile, ma anche Gersone, Duns Scoto e vari dottori dell'epoca scolastica, che hanno offerto alla chiesa una dottrina solida e ispiratrice di una pietà caratterizzata da fervore senza sentimentalismi, da un umanesimo senza esagerazioni34.

Studiando la venerazione di Maria nella mistica tedesca, P. Meinhold conclude che in essa si rivela una devozione piena di vita e un atteggiamento di fede, che parte dal mistero fondamentale dell'incarnazione del Figlio di Dio da Maria.
É un cammino - conclude il teologo protestante - valido anche per noi: «Attraverso Cristo andiamo a Maria, e attraverso Maria andiamo di nuovo a Cristo»35.

Anche la figura originale di Gioacchino da Fiore (†1203) presenta interessanti risvolti mariani. Nell'esposizione dell'Apocalisse, definita dall'abate calabrese «il vangelo del futuro», Gioacchino distingue nella storia della chiesa il tempo della sterilità durato fino al medioevo e quello della fecondità che si protrarrà fino alla fine dei secoli, Maria designa la chiesa spirituale, che porta Cristo concepito dallo Spirito, accoglie la Parola eterna ed è in cammino verso l'unità. Madre della terza età della chiesa, Maria è l'emblema dell'ansia di rinnovamento che ha pervaso Gioacchino da Fiore36.

Il culto di Maria trova spazio nelle varie nazioni e ordini religiosi, nel concilio di Basilea e nelle espressioni liturgiche e paraliturgiche (come il rosario) della pietà.

La psicanalista Bernadette Lorenzo studia la devozione marana in cinque mistiche vissute in Europa tra il XIII-XV secolo, mentre due studiosi cappuccini approfondiscono il titolo nuovo in Occidente di «Sposa dello Spirito Santo» con cui S. Francesco d'Assisi saluta la Madonna37.

NOTE
32 I. Bengoechea, La Virgen Maria en la vida y la obra de Cristóbal Colón, in Acta congressus mariologici-mariani internationalis Romae anno 1975  celebrati, PAMI, Roma 1979-1981, vol V, pp. 385-429
33 E. M. Toniolo, Maria attraverso l'omelitica bizantina del secolo XII al secolo XVI, ibidem, vol. IV, pp. 53-68
34 Cfr. vari studi nei vol. IV e V.
35 P. Meinhold, Die Marienverehrung in der deutschen Mystik, ibidem, vol V, pp. 195-220
36 D.M. Tallerico, Risvolti mariani nella tipologia escatologica di Gioacchino da Fiore, ibidem, vol IV, pp. 229-257.
37 B. Lorenzo, Dévotion mariale de quelques figures féminines u XIII au XV siècle. Projection de la psyché ou réalité théologale, ibiden, vol IV, pp. 331-353; O. Van Asseldonk - I. Pyfferoen, Maria Santissima e lo Spirito Santo in san Francesco d'Assisi, ibidem, pp. 413-445.


Caterina63
00martedì 12 gennaio 2010 23:33
Articolo di Giuseppe Daminelli su Madre di Dio, n. 3 del 2006

La presenza attiva di Maria, incarnata nella vita e nella religiosità della gente comune, contribuisce a dare concretezza alla nostra fede.

Fin dai primi tempi della Chiesa, l’educazione dei neofiti si realizzava mediante l’iniziazione cristiana, che comprendeva, oltre agli insegnamenti delle verità da credere (finalizzate attorno a Cristo, centro della storia della Salvezza), la mistagogia che svelava gradualmente il significato dei vari segni liturgici, in primo luogo il complesso dei segni battesimali, la conversione dal modo di vivere pagano ad uno configurato a Cristo. Al riguardo, è importante notare la rilevanza dell’azione educatrice della Comunità ecclesiale in genere, e dei padrini in specie, per un giudizio che rassicurasse ed incoraggiasse il battezzando nel suo cammino di configurazione morale al Cristo; e, infine, l’esperienza progressiva della vita della Comunità ecclesiale e l’inserimento intimo in essa.

L’iniziazione cristiana è anche mariana

È facile evidenziare il ruolo di Maria nell’iniziazione cristiana, ruolo legato direttamente al fatto che essa è la Madre di Cristo, il Verbo fatto carne che estende la sua opera salvifica nell’esistenza del battezzato. La presenza di Maria è contenuto essenziale della fede professata durante l’immersione nell’acqua battesimale.
La seconda parte della professione di fede riconosce il ruolo di Maria come presenza attiva nella storia della Salvezza: "Credi tu in Gesù Cristo, il Figlio di Dio nato dalla Vergine Maria per opera dello Spirito Santo, che morì e fu sepolto, che risorse vivo dai morti al terzo giorno, che è salito al cielo, che siede alla destra del Padre e che verrà a giudicare i vivi ed i morti? – Credo".
Diversi studiosi sottolineano il valore di Alleanza di questo momento del rito battesimale: "Il fatto che la formula battesimale sia simultaneamente anche una professione di fede è già sufficiente per qualificare il Sacramento come un incontro dell’azione salvifica di Dio con la risposta di fede dell’uomo e per indicare che la salvezza donata nel Battesimo è in ogni caso una salvezza di Alleanza".
E Maria, "Arca dell’Alleanza", è presente sia come Madre di Cristo e della Chiesa, sia come contenuto esplicito della nostra fede battesimale. È meraviglioso pensare che, ogni volta che un battezzando professa il suo Credo, tutta la Chiesa sostiene il suo atto di fede cristiana e mariana.
La nuova vita battesimale comunicata ad ogni battezzato è vita trinitaria, ecclesiale e mariana. La nostra riflessione si sofferma su questa espansione della vita battesimale-mariana, che si è dimostrata ricca di sviluppi nella riflessione teologica e pastorale di questi ultimi anni e che viene indicata col termine inculturazione.

Maria "Stella dell’evangelizzazione"

La vita battesimale si inserisce e si espande nel mondo e nella storia incarnandosi nelle più svariate culture e lievitandole dall’interno verso una pienezza di vita in Cristo. Basterebbe il solo paragone tra la liturgia della Chiesa Orientale e quella della Chiesa Occidentale per riconoscere come l’unica fede mariana si è espressa in modalità tanto diverse e tanto complementari. Lo stesso avviene tutte le volte che il Cristianesimo entra in dialogo con le "culture altre" che, anche quando appaiono semplici e primitive, possiedono tale ricchezza intima che solo il dinamismo genuino del Vangelo può adeguatamente ridestare e portare a perfezione.
Certamente nessuno pone sotto silenzio la raccomandazione del Concilio che "esorta caldamente i teologi e i predicatori della Parola ad astenersi con ogni cura da qualunque falsa esagerazione, come pure dalla grettezza di mente, nel considerare la singolare dignità della Madre di Dio; ma tutti si è convinti, oggi, delle intuizioni di Paolo VI che vedeva in Maria la "Stella dell’evangelizzazione", di un’evangelizzazione intimamente inculturata tra gli uomini di oggi: "Al mattino della Pentecoste, Ella ha presieduto con la sua preghiera all’inizio dell’evangelizzazione sotto l’azione dello Spirito Santo: sia lei la "Stella dell’evangelizzazione" sempre rinnovata che la Chiesa, docile al mandato del suo Signore, deve promuovere e adempiere, soprattutto in questi tempi difficili ma pieni di speranza!".
La problematica dell’inculturazione si connette, nei nostri ambienti di antica tradizione cristiana e di profonda devozione mariana, alla problematica della pietà popolare. Nella cultura odierna assistiamo ad un movimento di ritorno alle origini e alle radici della propria cultura. È lo sforzo di ristabilire un equilibrio con le forze che, d’altra parte, tendono a globalizzare la nostra visione del mondo, degli uomini, della storia e della Salvezza.
La presenza attiva di Maria, incarnata nella vita e nella religiosità della gente comune, contribuisce ad evitare i rischi di visioni particolari della ricerca di Dio e della nostra fede. Paolo VI esortava i capi delle Comunità ecclesiali a trovare idonee "norme di comportamento nei confronti di questa realtà, così ricca e insieme così vulnerabile. Prima di tutto, occorre esservi sensibili, saper cogliere le sue dimensioni interiori e i suoi valori innegabili, essere disposti ad aiutarla a superare i suoi rischi di deviazione. Ben orientata, questa religiosità popolare può essere sempre più, per le nostre masse popolari, un vero incontro con Dio in Gesù Cristo".

Maria e i contenuti della fede

I contenuti della fede cristiana, a partire dalla centralità del mistero di Cristo, dicono riferimento intrinseco al mistero di Maria. Paolo VI nell’Omelia tenuta nel santuario di Bonaria in Sardegna, illustrando il mistero dell’Incarnazione, poneva in risalto il ruolo di Maria con queste audaci parole: "Se vogliamo essere Cristiani, dobbiamo essere mariani, cioè dobbiamo riconoscere il rapporto essenziale, vitale, provvidenziale che unisce la Madonna a Gesù, e che apre a noi la via che a lui conduce".
È questo pure l’insegnamento del Vaticano Il: "Volle il Padre delle misericordie che l’accettazione di colei che era predestinata a essere la madre precedesse l’Incarnazione, perché così, come una donna aveva contribuito a dare la morte, una donna contribuisse a dare la vita. E questo vale in modo straordinario della Madre di Gesù, la quale ha dato al mondo la Vita stessa che tutto rinnova" [LG 56].
"Per Maria i luoghi dell’apprendimento della scienza di Dio, sotto la guida dello Spirito, non sono state le aule scolastiche ma i luoghi della vita quotidiana, consumata nell’amore per Dio e per il prossimo: la casa di Nazareth, la casa di Elisabetta, il luogo del parto a Betlemme, la via verso l'Egitto e quella del ritorno a casa, il Tempio di Gerusalemme, la vita nascosta a Nazareth, la festa di nozze a Cana, il Golgota, il Cenacolo" (Corrado Maggioni).
Sono allora gli atteggiamenti interiori di Maria, quali il silenzio, il custodire nel cuore, la risposta della fede senza riserve, l’andare missionario, l’attenzione ai bisogni del prossimo, la fortezza nell’ora della prova..., a rivelare il lavoro dello Spirito nel cammino spirituale della Madre di Cristo e della Chiesa.
Il silenzio, qualificante il discepolato di Maria più delle parole, è infatti lo spazio per accogliere nei cuori la piena risonanza della voce dello Spirito Santo: occorre far silenzio dentro di sé, affinché possa esprimersi l’Ospite dolce dell'anima, perché egli porti nei cuori la conoscenza e l'esperienza di Dio, dal quale fiorisce la preghiera. Il cantico del Magnificat, mentre esprime la comprensione di Maria dei misteri di Dio, visibilizza l’efficacia del magistero dello Spirito nell’animo della discepola della Sapienza.
Fermarsi soltanto a contemplare in Maria la donna docile alla voce dello Spirito non è tuttavia sufficiente. Occorre dilatarsi all’azione dello Spirito, sul suo esempio e sotto il suo magistero: da discepola dello Spirito ella è diventata maestra nell’insegnare la scienza di Dio, elargita dallo Spirito.




Caterina63
00mercoledì 10 marzo 2010 10:40
 Le catacombe di Priscilla

 
di JEAN-PAUL HERNANDEZ sj

La Madonna e il profeta
   

Una delle immagini più antiche raffiguranti Maria, con il bambino Gesù, si trova nelle catacombe di Priscilla, a Roma (siamo nel III secolo). Già dalle origini l’arte cristiana si impone come elaborazione teologica e non come semplice "illustrazione".
  

Nelle catacombe di Priscilla, a Roma, troviamo una delle immagini più antiche di Maria. Siamo ancora nella generazione pioniera dell’arte figurativa cristiana, nel primo terzo del III secolo.

Sull’affresco, in mediocre stato di conservazione, si distingue una figura femminile, probabilmente seduta, che regge contro di sé un bambino. Questi gira la testa di tre quarti verso l’osservatore e si appoggia con la sua destra sul petto della madre, in atto di allattare. Sopra la testa della donna si riconosce una stella, di cui alcuni studiosi contano dodici punte. A sinistra, un personaggio in piedi guarda la madre e indica col dito la stella.

In quest’immagine, l’identificazione della figura materna con Maria è unanimemente accettata dalla comunità scientifica. Le stesse catacombe di Priscilla conservano una rappresentazione ancora più antica di Maria, in una scena di adorazione dei Magi datata della fine del II secolo, cioè degli anni in cui nasce l’arte figurativa cristiana. Si può dire che Maria accompagna l’arte cristiana fin dalla sua nascita.

Adorazione dei Magi, catacombe di Priscilla, Roma.
Adorazione dei Magi, catacombe di Priscilla, Roma.

Un Cristo che si consegna nelle mani dell’umanità

Certo, una figura di madre col bambino in braccia non rappresenta per forza Maria. Sempre nelle stesse catacombe di Priscilla, nel cubicolo della Velatio troviamo una madre con bambino la cui identificazione con Maria è del tutto improbabile. Datata del 250, si tratta semplicemente di una scena di vita quotidiana che richiama l’infanzia di colei che sarà poi velata. Ma nel nostro affresco l’elemento che toglie ogni dubbio sull’identità della donna allattante è la stella. Essa situa la scena a Betlemme e la collega direttamente alla tradizione dei Magi.

Sorprende che queste prime generazioni di artisti cristiani non abbiano remore nel rappresentare la Vergine e il bambino. Si sa che per decenni essi eviteranno di rappresentare un Gesù adulto. Preferiranno offrirne delle prefigurazioni tratte dall’Antico Testamento, come per esempio Daniele nella fossa dei leoni o Noè nell’arca. Forse è proprio la quotidianità della scena di una madre con il suo bimbo che la rende subito rappresentabile. Se la paura dei primi artisti cristiani è quella di rappresentare la divinità, è proprio la scena del bambino con sua madre che permette loro di rappresentare Cristo sotto il "velo" di una scena quotidiana.

Ma lo schema della madre allattante scelto nel nostro affresco non è del tutto nuovo nella storia dell’arte. Esso offre diversi paralleli. Colpisce la vicinanza iconografica con le immagini della dea Iside i cui epiteti saranno spesso utilizzati nella tradizione mariana. Si tratta di uno schema primordiale di fertilità e cura.

Con questa scelta i primi artisti cristiani hanno voluto sottolineare un Cristo vicino, umile, che si consegna nelle mani dell’umanità. Il Cristo allattato dalla Vergine è la storia di un Dio "nutrito di umanità", un Dio che decide di farsi così povero da ricevere tutto dall’uomo. Un Dio diventato "Figlio dell’uomo". Nella nostra immagine delle catacombe, il realismo del gruppo madre-bambino, nei suoi volumi e nel suo movimento, accentua ulteriormente questa fisicità dell’incarnazione. Il bambino sembra sorpreso dallo spettatore che entra così spontaneamente nella scena.

«Allattato dalla madre, ma palesato da una stella»

Una forte tensione concettuale intercorre fra la piccolezza del bambino e la stella che ne rappresenta la dimensione cosmica. Proprio questo paradosso fra l’allattamento e la stella colpiva ancora sant’Agostino alcune generazioni più tardi: «Era allattato dalla madre, ma veniva adorato dai popoli pagani; era allattato dalla madre, ma veniva annunziato dagli angeli; era allattato dalla madre, ma veniva palesato da una stella fulgente» (Agostino, Discorso 239).

La stella rimanda spontaneamente al cielo, alla divinità. Allora il nostro affresco rappresenta Gesù come figlio di Maria e al tempo stesso come figlio del Cielo. La stella sta per la luce divina che "adombra" Maria. Da notare che l’appellativo «Figlio della Stella» era noto in Israele. Nel 135 d.C. una delle ultime grandi rivolte messianiche antiromane fu capeggiata proprio dal «Figlio della Stella» (in ebraico: Bar Kochba).

La stella occupa idealmente il posto del Padre e non a caso si trova esattamente sull’asse dell’inclinazione della testa di Maria. Quella stella è ciò che dona il senso della vita di Maria e la rende partecipe di una storia che la supera e la precede. Lo stesso Agostino vede nella stella un segno della preesistenza di Cristo. Egli commenta così una variante del Salmo 109,3: «Dopo aver detto: Nello splendore dei santi, fin dal grembo materno, aggiunge immediatamente: Prima della stella del mattino ti ho generato. Vuole in questa maniera salvaguardare la nostra fede, impedire cioè che nei riguardi di Cristo noi pensiamo che la sua esistenza sia cominciata con la sua concezione nel grembo della Vergine» (Agostino, Esposizione sul Sal 92).

Ma se la nostra stella è la «stella del mattino» allora essa rappresenta anche Gesù stesso. Cristo come «sole che sorge» (Lc 1,78), «luce del mondo» (Gv 13,46), «luce che splende nelle tenebre» (Gv 1,5). Il Messia afferma nell’Apocalisse (22,16): «Io sono la radice della stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino». Rappresentare Gesù bambino come «stella del mattino» significa sottolineare la sua forza sorgiva. Questo bambino è l’inizio del "Giorno" per eccellenza che sarà la sua vita: inizio della creazione nuova. Lui e sua madre sono l’inizio di una nuova umanità. Se poi è vero che la stella ha dodici punte, allora l’artista ha voluto designare Cristo come l’inizio del Nuovo Israele.

Più tardi, la tradizione identificherà Maria con la "stella del mattino". È lei che "fa nascere" il Giorno che è Cristo. San Tommaso vede nella luce della stella un simbolo della verginità di Maria. «Poiché come la stella emette il raggio senza corruzione e senza diminuzione né perdita di luce, così la Beata Vergine genera suo figlio senza l’apertura violenta della carne» (Tommaso d’Aquino, Lux orta, 2).

Iside che allatta. Lo schema della dea che allatta era corrente nell'arte antica.
Iside che allatta. Lo schema della dea che allatta era corrente nell’arte antica.

Il profeta che preannuncia la nascita del Cristo

Nella nostra immagine, la stella è additata dalla figura in piedi. La maggior parte degli studiosi sono d’accordo nel descrivere questa figura come un profeta che preannuncia la nascita del Cristo. La nostra immagine rivela così una tensione diacronica. Non siamo in presenza della semplice rappresentazione "realistica" (come sarebbe quella dei Magi), ma il nostro affresco è una costruzione teologica che mette sapientemente in relazione figure appartenenti a tempi diversi. Una sorta di esegesi in immagine.

Questo "affresco teologico" traduce perfettamente ciò che dai Vangeli in poi i primi secoli cristiani si sforzano di mostrare: Cristo come il compimento delle profezie di Israele. Ma di che profeta si tratta? Il versetto appena citato dell’Apocalisse (22,16) ci fornisce una doppia pista: la profezia sulla discendenza di Davide e la profezia sul Messia come "stella".

La «radice di Iesse» è un’espressione che troviamo in Isaia 11,10 a proposito del Messia come discendente di Davide (cf anche Is 11,1). Lo stesso Isaia aveva proposto poco prima un altro simbolo per lo stesso Messia: «Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce» (Is 9,1). La stella della nostra immagine può allora rappresentare la "grande luce", il promesso discendente di Davide, cioè colui che raduna le dodici tribù di Israele, le dodici punte della stella.

Una seconda pista sono le profezie di Balaam, nel libro dei Numeri (capitoli 22-24). Balaam è un indovino a cui il re di Moab chiede di maledire Israele. Ma quando Balaam apre bocca non può impedirsi di benedire Israele al posto di maledirlo, con grande sconcerto di Moab. Balaam pronuncia quattro benedizioni su Israele. La quarta è una vera e propria profezia in cui si legge: «Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: Una stella spunta da Giacobbe, e uno scettro sorge da Israele; spezza le tempie di Moab e il cranio dei figli di Set» (Nm 24,17). Ora, l’antica versione aramaica di questo passo, al posto di «stella» ha tradotto «Messia»: la stella diventa così un simbolo messianico, come attesta il racconto dei Magi.

Madre con bambino, nel cubicolo della Velatio (catacombe di Priscilla).
Madre con bambino, nel cubicolo della Velatio (catacombe di Priscilla).

Il legame fra la profezia di Balaam e i Magi del Vangelo è sottolineato da numerosi Padri della Chiesa, contemporanei del nostro affresco. Così Origene identifica Balaam con Zarathustra e fa dei Magi i suoi discepoli. In modo simile Tertulliano, Clemente di Alessandria, Gregorio Magno e Cromazio di Aquileia non si scandalizzano di questa presenza dell’indovino nella Bibbia, bensì vedono in questa "profezia pagana", così come nel cammino dei Magi, il convergere di tutta la ricerca umana in Gesù Cristo.

Il nostro affresco si rivela così una vera "crasi (=fusione) iconografica" che mette insieme in una sola figura tre tradizioni: Isaia (profezia ebraica), Balaam (profezia pagana), Magi (Vangelo).

È interessante notare che circa mezzo secolo prima, Giustino aveva già intrecciato le tre tradizioni scrivendo: «Sorgerà un astro da Giacobbe e un fiore crescerà dalla radice di lesse, e le nazioni spereranno nel suo braccio. Questo astro radioso che sorge, questo fiore che germoglia dalla radice di lesse è Cristo» (Giustino Martire, Apologia I). Ancora più vicino al tempo del nostro affresco, Ireneo attribuisce a Isaia la profezia di Balaam (Ireneo, Adversus Haereses, III,9,2).

Ancora una volta, l’arte cristiana delle origini si impone come elaborazione teologica e non come semplice "illustrazione". In una sola immagine, il nostro affresco è capace di coagulare numerosissimi rimandi che si arricchiscono a vicenda e che nel linguaggio verbale avrebbero avuto bisogno di innumerevoli concetti senza ottenere lo stesso impatto emotivo, senza produrre lo stesso evento spirituale. A noi rimane un’immagine di Maria per «serbare tutte queste cose nel cuore».

Jean-Paul Hernandez

Caterina63
00venerdì 9 luglio 2010 11:57
Per relazionarsi vitalmente con la Madre di Dio

Quando si parla di catechesi, non si vuole intendere una semplice trasmissione di nozioni, ma come «la capacità di iniziazione o introduzione ad una verità, al fine di costringere ad una reazione esistenziale seria e decisiva»[1].

L’attività catechetica deve essere al servizio e in funzione dell’itinerario, alla risposta matura sia individuale che comunitaria. E’ soprattutto educazione alla fede, è iniziazione alla pienezza della vita cristiana, pertanto bisogna saper porgere la parola che guida e illumina tenendo in considerazione il proprio vissuto affinché la catechesi diventi il sostegno per vivere.

La catechesi mariana, intesa come «la continua maturazione di fede nella comprensione e nella esperienza di Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa»[2], deve svolgersi integrando il momento della conoscenza con quello dell’esperienza. La tappa della conoscenza definita come la “pedagogia mariana” vuole indirizzare verso la conoscenza integrale del mistero di Maria cercando di superare gli atteggiamenti superficiali e di chiusura nei suoi confronti affinché la sua figura sia un sostegno per vivere la fede nella propria realtà storica. Così il momento dell’esperienza si unisce a quello della conoscenza. Questo dinamico programma catechetico - pastorale deve essere la strategia “esperienziale” per promuovere nei cristiani, sia giovani che adulti, un profondo vissuto mariano.

Maria e l’adulto : un incontro mancato

La storia biblica di Maria  nell’ incontro con i pastori, diventa un’esperienza emblematica di conoscenza accogliente che ogni fedele dovrebbe avere nei confronti di Maria. Oggi i mass-media porgono un’immagine dell’uomo e della donna come un manufatto della odierna società influenzato dal consumismo, dall’edonismo e dall’indifferentismo. Il fedele adulto, tuffato in questo contesto falso, mantiene le distanze verso la devozione mariana ritenuta troppo densa di sentimento e carente di contenuto umano e religioso che sarebbe indizio di una immaturità religiosa e cristiana. L’incontro può essere recuperato facendo riscoprire Maria non come una storica figura d’altri tempi, ma colei che fu protagonista di una vicenda coraggiosa e che con la sua fede incrollabile, la sua generosità e fortezza umana, ha aderito totalmente con la sua disponibilità al progetto divino della salvezza  universale.[3]

Maria e i giovani: l’urgenza di un incontro 

Nonostante le numerose aggregazioni giovanili cattoliche l’incontro tra i giovani e Maria rimane superficiale e carente nell’esperienza cristiana. L’attuale situazione sociale vede i giovani strumentalizzati da un contesto ideologico che gli allontana dai veri valori della vita non riuscendo ad apprezzare e capire fino in fondo l’autenticità di una relazione “io-tu”. Di conseguenza il rapporto tra Maria e i giovani è marginale e soggettivamente valutato come un modello di virtù passive e figura astorica non consona, anzi una nota stonata nell’attuale tessuto sociale
[4]. Un moderno piano catechetico mirato ad avvicinare Maria ai giovani, consiste nel presentarla nella sua condizione di giovane donna che al momento del “fiat” divenne l’artefice della storia di salvezza. Maria, donna di tutti i tempi si identifica pienamente con le problematiche della donna moderna e dei giovani in genere. Maria è  una giovane credente che responsabilmente assume il rischio della storia, che spera in un radicale cambiamento della storia da parte di Dio e che si schiera a favore dei più deboli ed indifesi. Maria diviene così un modello provocatorio per i giovani  che sentendosi chiamati in causa si accostano a Lei in un dialogo aperto e costruttivo affinché possano prendere coscienza che la loro sfiducia  nel mondo può tramutarsi in un protagonismo in grado di cambiare la storia abbattendo le barriere dell’emarginazione e dell’indifferentismo[5].

L’incontro e la conoscenza tra  Maria e i giovani trovano la loro completezza nella celebrazione mariana personale e comunitaria. La celebrazione non è solo canto di lode e di ringraziamento ma è celebrazione della grazia di Cristo in tutti i cristiani. Nel corso della storia della Chiesa i modi, i luoghi e i tempi della celebrazione mariana che hanno sostenuto la religiosità popolare sono stati numerosi. Si va dalla preghiera individuale alla celebrazione liturgica; dal rosario alla processione e dalla meditazione spirituale al pellegrinaggio nei santuari.

Un attento atto catechetico deve vegliare sulla strutturazione delle feste e solennità di Maria, che sono un valido aiuto a rinnovare la vita cristiana se ben orientate. Attraverso una continua rievangelizzazione occorre  valorizzare la religiosità popolare, perché essa costituisce il substrato dove si sviluppa la cristianità nel mondo. Nella celebrazione mariana, sempre guidati da una presenza catechetica, i giovani possono sviluppare la creatività  e il protagonismo come intervento attivo nell’ambito celebrativo nonché la gratuità come devozione di lode a Maria
[6]. L’incontro, la conoscenza e la celebrazione mariana  sono le tappe esperienziali per  far crescere in ogni giovane la propria vita nello Spirito. Con il valido supporto catechetico, i giovani sull’esempio di Maria “donna spirituale” possono incamminarsi in un progetto di spiritualità autentica e umanizzante per dare pienezza alla loro esistenza in Cristo. Infine l’esemplarità di Maria  si esprime come modello di vita apostolica che deve incarnarsi come stile di vita missionario nei giovani cristiani affinché siano luce e fermento per il mondo. La catechesi mariana, attraverso il percorso della conoscenza fino alla celebrazione dell’esperienza di vita, porta ad una profonda maturità spirituale.Tale catechesi  si definisce più con i fatti che con le parole, nel senso che quella parola annunciata racchiude un concentrato di vita e di azione. Così la catechesi «deve favorire questo «metabolismo», questo passaggio dalla «lex credendi» (l’esperienza dell’incontro e della conoscenza) e dalla «lex orandi et celebrandi» (l’esperienza della celebrazione) alla «lex vivendi» con Maria e come Maria l’esperienza esaltante della salvezza in Cristo»[7].

I santuari luoghi privilegiati di pastorale e catechesi mariana

Il costante impegno nella vita della Chiesa è l’attuazione del messaggio di Cristo:«Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura.Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo…»(Mc 16, 15-16). Il nucleo centrale di tale comando che attesta l’autenticità della missione della Chiesa riguarda la parola, integrata per sua natura al sacramento. Quando si raggiunge un equilibrio tra l’annuncio della parola  e la vita del fedele, l’azione liturgica diviene il luogo d’incontro e di rinnovamento di tale dinamica integrazione. La nuova evangelizzazione si è detto più volte che pone il ministero dell’annuncio a contatto con le diverse culture mettendolo a confronto non solo con il linguaggio come mezzo di trasmissione del contenuto ma anche con una pluralità di ambiti. L’ambito dell’annuncio e del culto rientra così nella prassi ecclesiale. All’interno di questi ambiti si colloca il ministero svolto dalla pastorale  e dalla catechesi liturgica. La catechesi oggi è chiamata in causa per valorizzare i “luoghi privilegiati  affinché il cammino di fede sia sempre compiuto verso Cristo, con Maria.
[8].

I santuari sono un’occasione privilegiata di formazione che rientrano nella prassi ecclesiale. I santuari mariani sono come la memoria della Chiesa e hanno lo scopo di rendere presenti gli avvenimenti di Cristo. Le caratteristiche di un santuario mariano si possono ben comprendere da un’attenta analisi fatta dal Papa Giovanni Paolo II nella sua visita al santuario di Zapopan in America Latina. Il santuario è: un «incontro attorno all’altare di Gesù », un luogo di grazia ai «piedi di Maria Santissima», sotto lo “sguardo pieno d’amore di Maria”. Il Popolo di Dio, pellegrino, si apre al dono di Dio che ci viene dato in Gesù nato da Maria, per cui una visita al santuario sprigiona la dinamica della conversione, con l’aiuto e per mezzo dell’intercessione di Maria. Si tratta di cercare Cristo «per mezzo di Maria». Da queste note si comprende come il culto e la devozione mariana popolare diventano due elementi basilari  affinché i misteri di Cristo e di Maria appartengano vitalmente all’identità propria di ogni popolo.  L’impegno attento della pastorale e della catechesi nei santuari non deve riguardare solo una purificazione di elementi imperfetti, ma l’esplicitazione del culto in ordine alla celebrazione dell’Eucarestia e della Penitenza e la valorizzazione dei sacramentali soprattutto le benedizioni legate al luogo. E’ importante far emergere sempre la presenza attiva e materna di Maria, vicina al popolo peregrinante nel cammino della storia di salvezza. Nell’ottica della nuova evangelizzazione, Maria è la  prima evangelizzatrice che continuerà ad essere la  Stella che illumina ogni tappa dell’evangelizzazione annunciando Cristo in ogni comunità missionaria. Così i santuari mariani divengono “segni privilegiati di prima evangelizzazione per il mondo intero essendo luoghi della fede vissuta nella storia del proprio popolo”. [9]


[1] b. secondin, Catechesi e vita: Maturità ecclesiale,Maturità mariana, in aa. vv., Il posto di Maria nella «nuova evangelizzazione», op. cit., p.183.

[2] a. amato, Catechesi mariana: una proposta di criteri, in aa. vv., Il posto di Maria nella «nuova evangelizzazione», op. cit.,  p.35.

[3] Cf. l. olgiati, L’area di incontro con Maria ,in Come presentare oggi Maria agli adulti, Roma 1982, p. 19s.

[4] Cf. g.scarvaglieri, I giovani e Maria nella cultura italiana contemporanea, in Come annunciare ai giovani Maria, Roma 1986, p.19.

[5] Cf. s. de fiores, Il volto di Maria presentato ai giovani, in Come annunciare ai giovani Maria, pp. 141-149.

[6] a. amato, Catechesi mariana: una proposta di criteri, in aa. vv., Il posto di Maria nella «nuova evangelizzazione», op. cit.,  pp. 43-44.

[7] a. amato, Catechesi mariana: una proposta di criteri, in aa. vv., Il posto di Maria nella «nuova evangelizzazione», op. cit., p. 46.

[8] Cf. m. sodi, Luoghi privilegiati di pastorale e catechesi mariana nella liturgia e loro valorizzazione in  aa. vv., Il posto di Maria nella «nuova evangelizzazione», op. cit.,  pp. 146-147.

[9] Cf. J.Esquerda bifet, Spiritualità Mariana della Chiesa, op. cit, pp.154-155.

Caterina63
00lunedì 30 agosto 2010 20:02
Il cardinale Re per i millecinquecento anni di Santa Maria delle Grazie alla Mentorella

Cresce nel mondo la devozione mariana


Nel mondo si registra un crescente interesse per la beata Vergine Maria "e questo si deve a una maggiore comprensione della sua mirabile presenza nel mistero di Cristo". Lo ha fatto notare il cardinale Giovanni Battista Re nell'omelia pronunciata domenica 29 agosto, nel santuario della Mentorella dove, come inviato speciale del Papa, ha presieduto la messa per celebrare i millecinquecento anni di fondazione di questo tempio dedicato a Santa Maria delle Grazie.

Il santuario, situato in uno scenario incantevole sulla cima del monte Guadagnolo, appena fuori Roma, secondo la tradizione fu fatto erigere nel quarto secolo dopo Cristo dall'imperatore Costantino, di comune accordo con Papa Silvestro, nel luogo in cui avvenne la conversione di sant'Eustachio.
 
Da allora è stato meta continua del pellegrinaggio di numerosissimi fedeli, romani e non. San Benedetto da Norcia, di passaggio al suo ritorno da Roma, si fermò per ben due anni stabilendosi in una grotta naturale nei pressi di questo santuario, vera e propria "oasi di silenzio - come lo ha definito il cardinale Re - di riflessione e di preghiera". Un'oasi, ha aggiunto che si apre su un "orizzonte che parla della bellezza del creato" in un ambiente "carico di storia e di spiritualità" nel quale sono custodite le reliquie di circa duecento santi.

Il cardinale Re ha voluto innanzitutto ricordare l'attrattiva spirituale che questo luogo ha esercitato prima su Giovanni Paolo ii - "che qui venne più volte prima di essere Papa e poi qui compì il suo primo viaggio fuori Roma, pochi giorni dopo la sua elezione alla cattedra di Pietro" - e poi sul suo successore Benedetto XVI il quale nel corso del suo primo anno di pontificato, volle venire a pregare in questo santuario "in memoria del suo amato predecessore".

Dopo aver espresso i suoi sentimenti augurali al vescovo diocesano, monsignor Mauro Parmeggiani, al clero e a tutti i fedeli "delle parrocchie qui vicine e dell'intera diocesi di Tivoli", il porporato si è soffermato sul valore della mediazione della Vergine Maria e sulle sue capacità di intercessione così come poste in evidenza dalla pagina del Vangelo poco prima proposta alla riflessione dell'assemblea liturgica. Il riferimento è stata l'enciclica Redemptoris mater attraverso la quale Giovanni Paolo ii "ha voluto fare un passo più in là del concilio Vaticano ii e ha parlato esplicitamente di mediazione della Madonna, precisando che si tratta di mediazione materna ordinata alla continua nascita di Cristo nel mondo e nei cuori di Cristo, al cui confronto è un servizio subordinato alla sovrabbondanza dei meriti di Cristo".

Citando Dante Alighieri il cardinale ha ricordato che - come appunto il poeta aveva fatto dire a san Bernardo nel Paradiso - se non si ricorre all'intercessione di Maria "è come voler volare senz'ali".
Riferendosi poi alla vocazione e alla missione specifiche della Vergine il prefetto emerito della Congregazione per i Vescovi ha riproposto gli insegnamenti della Marialis cultus di Paolo vi, nella quale "vi è una frase - ha detto - molto espressiva:  "Sulla strada di ogni uomo, lo sappia o non lo sappia, Dio Padre ha posto la figura di Maria, madre e sorella in umanità, perché in spirito di servizio vegli su di lui e ne diriga i passi verso la verità". Subordinatamente a Cristo ma insieme con lui e in lui, la beata Vergine Maria è presente ed agisce nella Chiesa e nel mondo per la salvezza di ogni uomo e di e di ogni donna".

Dunque, come suggerisce la spiritualità orientale che venera la Madonna come ""odighiatria" cioè colei che indica la strada giusta", a essa deve guardare l'uomo come "a una madre premurosa" che indica la strada giusta da seguire. Nel concludere la sua omelia il cardinale Re ha ripreso la riflessione proposta dalla pagina del Vangelo in cui si narra l'episodio delle nozze di Cana. Sottolineando le parole che la Madonna rivolse ai servi del banchetto preoccupati per essere rimasti senza vino per i commensali - "Fate quello che egli, Gesù, vi dirà" - il porporato le ha attualizzate ricordando che la Vergine "oggi le rivolge anche a tutti noi che siamo saliti quassù per questa solenne celebrazione giubilare. Anche a ciascuno di noi dice come sintesi del messaggio che questo santuario da 1.500  anni  lancia  a  chi  ascolta  e  a chi  non  ascolta:   "fate  quello  che egli vi dirà"".



(©L'Osservatore Romano - 30-31 agosto 2010)

Caterina63
00mercoledì 5 gennaio 2011 23:22
[SM=g1740733] "Magnificat"

a cura di ELISEO SGARBOSSA ssp
«Segui i suoi esempi»


Monaco cistercense di Dijon, Bernardo (1090-1153) detto di Chiaravalle dalla località della sua prima fondazione (Clairvaux) fu un personaggio dalla vita romanzesca. Brillante aristocratico, scelse la vita monastica tirandosi dietro una trentina di amici e parenti. Richiesto d’intervenire in diverse congiunture ecclesiali e politiche, non cessò mai di privilegiare la vita contemplativa, che raccomandò anche al suo ex novizio Paganelli diventato papa Eugenio III.

Nonostante la sua fama di mariologo, Bernardo fu soprattutto un mistico innamorato di Maria, e quindi un poeta, anche quando parla e scrive in prosa. Ma la sua parola è ispirata, come nelle celebri Omelie sulla Vergine, dalle quali attingiamo alcuni tratti.


Tutto il mondo è in attesa
Hai udito, Vergine, che concepirai e partorirai un figlio; e ciò avverrà per opera dello Spirito Santo… L’angelo aspetta la tua risposta per recarla a Colui che l’ha inviato... Aspettiamo anche noi, Signora, una parola di compassione: ci attende una sentenza di morte. Ecco che ti viene offerto il prezzo della nostra salvezza: se tu acconsenti, saremo liberati. Fummo creati nel Verbo eterno, ma ora siamo soggetti alla morte: una tua risposta può richiamarci in vita. Te ne supplicano in pianto, Vergine, Adamo ed Eva esuli dal paradiso; te ne supplicano Abramo e David; ti supplicano i patriarchi tuoi antenati dalla regione tenebrosa della morte [...]. O Vergine pia, rispondi presto; pronuncia la tua parola umana e concepisci la Parola divina... Perché tardi? Perché temi? [...]. Nella tua umiltà prendi audacia, nella tua verecondia prendi coraggio. In questo solo, o Vergine prudente, non devi temere la presunzione. Se nel silenzio è gradita la modestia, ora è piuttosto necessaria la pietà. Apri, Vergine beata, il cuore alla fede, le labbra al "Sì", il grembo al Creatore. Ecco: il Desiderato da tutte le genti attende fuori e batte alla tua porta. Non avvenga che mentre tu sei titubante, egli passi oltre e tu debba, dolente, ritornare in cerca di Colui che ami. Lévati presto, corri, apri, sorella! Lévati con la fede, corri con l’affetto, apri con il tuo assenso. «Ecco, ella dice, la serva del Signore: avvenga di me quello che hai detto». E ora tutto il mondo ti è grato, Maria (dalle Omelie sulla Madonna, Om. 4, 8-9).

Guarda la Stella
Se nel fluttuare della vita presente ti senti sballottato fra le tempeste, senza un punto sicuro d’appoggio, tieni fissi gli occhi a quella Stella e non sarai travolto dalla bufera. Se insorgono i venti delle tentazioni, se affiorano gli scogli delle tribolazioni, guarda la stella, invoca Maria! Se onde dell’orgoglio, dell’ambizione, della calunnia e dell’invidia ti sbattono da una parte all’altra, guarda la stella, invoca Maria! Se l’ira, l’avarizia, gli stimoli sessuali squassano la navicella della tua anima, volgi il pensiero alla Vergine Maria! Se, turbato per l’enormità dei peccati, confuso per le brutture della coscienza, spaventato al pensiero del giudizio, sei sul punto di precipitare nel baratro della tristezza o nell’abisso della disperazione, volgi il tuo pensiero a Maria! Nei pericoli, nelle angosce, nelle perplessità, pensa a Maria, invoca Maria! Maria sia sempre sulla tua bocca e sempre nel tuo cuore. E per ottenere la sua intercessione, segui i suoi esempi. Se la segui, non ti smarrirai; se la preghi, non dispererai, se pensi a lei, non sbaglierai. Sostenuto da lei non cadrai, difeso da lei non temerai, con la sua guida non ti stancherai, con la sua benevolenza giungerai sicuro a destinazione!

(Omelia II sull’Anunciazione).


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Succurre miseris

La Madonna del soccorso (memoria obbligatoria nel Calendario liturgico mariano il 27 aprile), è un titolo mariano proprio dell’Ordine di sant’Agostino. Fu Alessandro IV il 9 aprile 1256 a volere la riunione in un unico ordine dei vari gruppi eremitici, che seguivano la Regola di sant’Agostino (354-430), con la missione di lasciare i luoghi isolati per entrare nella città e curare la predicazione, la celebrazione della liturgia e dei Sacramenti, la fondazione di scuole e di luoghi di assistenza ai bisognosi.

Il nuovo Ordine ebbe grande diffusione e una fioritura straordinaria di santità e di spiritualità, ponendosi sotto il patrocinio della Madonna e di sant’Agostino.

La devozione alla Madonna del soccorso risale a tre eventi prodigiosi verificatisi a Palermo all’inizio del XIV secolo. Nell’anno 1306 l’agostiniano Nicola Bruno da Messina, priore del convento di sant’Agostino di Palermo, ammalatosi gravemente, si rivolse fiducioso alla Vergine Maria, la cui immagine era affrescata nella cappella di san Martino della propria chiesa. La Madonna gli apparve e, donandogli la guarigione, gli raccomandò di diffondere la devozione alla "Madonna del soccorso". Sempre nel 1306, una donna di Palermo aveva la triste abitudine, quando perdeva la pazienza con il suo bambino, di imprecare. Un giorno, più arrabbiata del solito, giunse addirittura ad invocare il demonio perché si prendesse quel figlio così fastidioso; detto, fatto: il demonio apparve, avventandosi sul bambino.

Allora la mamma, spaventatissima e pentita, si mise a gridare: «Soccorso, Vergine Maria! Soccorso, Madonna mia!». La Madonna, per salvare il bambino dalle grinfie del demonio, apparve con un bastone in mano; a tal vista il demonio si diede alla fuga e scomparve. La mamma si recò con suo figlio alla chiesa di sant’Agostino per ringraziare la Madonna nell’immagine venerata nella cappella di san Martino, riconoscendovi la sua celeste soccorritrice. Qualche anno più tardi, nel 1315, una donna di Palermo completamente paralizzata ebbe in sogno l’apparizione della Madonna, che la invitò a recarsi in chiesa davanti alla sua immagine, per esservi sciolta dal male che la teneva legata. La guarigione prodigiosa avvenne davanti all’immagine della Madonna, sempre nella cappella di san Martino.

Gli Agostiniani, a partire dalla Sicilia, diffusero la devozione alla Madonna del soccorso in tutte le loro chiese in Italia e nel mondo. A livello iconografico, l’elemento caratteristico è proprio la Madonna con il bastone in mano che scaccia il diavolo, salvando il bambino e sua madre, come nel dipinto cinquecentesco del Santuario della Madonna del soccorso a Cartoceto (PS) nelle Marche. Il 24 marzo 1804 Pio VII estendeva a tutto l’Ordine agostiniano l’Ufficio e la Messa propria della Madonna del soccorso, che i Redentoristi, fondati da sant’Alfonso Maria de’ Liguori, hanno adottato con il titolo di Madonna del perpetuo soccorso. In tutti i libri liturgici dell’Ordine agostiniano, da tempo immemorabile, la festa della Madonna del soccorso è collocata il 13 maggio.

In questa data nel 1917 ci fu a Fatima l’apparizione della Madonna ai tre pastorelli e proprio il 13 maggio, nel 1981, Giovanni Paolo II subì l’attentato in Piazza San Pietro, uscendone vivo per l’intervento materno e soprannaturale di Maria, celeste soccorritrice dei cristiani e di tutta la Chiesa.

Giustino Casciano, agostiniano






[SM=g1740757]
Caterina63
00lunedì 13 febbraio 2012 10:29

Paolo VI, il prosecutore del Vaticano II, si è interessato con originalità alla question mariale. Culmine del suo magistero mariano è la Marialis cultus del 1974, notevole esempio di sintesi dottrinale secondo i principi del Concilio.

Il papa Paolo VI (1963-1978) è stato il tenace prosecutore del Vaticano II, l’intelligente esecutore dei suoi indirizzi nel difficile ma fecondo tempo della sua recezione; si è interessato con grande congruità e originalità alla question mariale.

Del suo magistero ricordiamo tre documenti sul rosario: l’enciclica Mense maio, del 29 aprile 1965, nella quale, sottolineando la caratura mariana del mese di maggio, ricorda che Maria è strada a Cristo e ciò significa che il continuo ricorso a lei comporta un cercare, in lei, per lei e con lei, Cristo salvatore, al quale sempre rivolgersi. Paolo VI chiede preghiere per il momento storico in cui vive la Chiesa che sta concludendo il Concilio; per la difficile situazione internazionale che vive momenti di tensione a causa di eventi bellici; per il progredire allarmante di attentati al carattere sacro e inviolabile della vita umana; per impetrare la pace dono divino. Esorta i pastori ad inculcare «con ogni cura la pratica del santo rosario, la preghiera così cara alla Vergine e tanto raccomandata dai Sommi Pontefici».

L’enciclica Christi Matri, del 15 settembre 1966, invita la comunità cattolica a impetrare da Dio, mediante l’intercessione della Vergine con il suo rosario, il dono celeste e inestimabile della pace. «Tale fruttuosa preghiera non soltanto ha una grandissima efficacia nello stornare i mali e nel tener lontane le calamità, come chiaramente dimostra la storia della Chiesa, bensì anche alimenta doviziosamente la vita cristiana».

http://www.stpauls.it/madre/0804md/images/0804md22.jpg
Paolo VI davanti alla statua di Maria presso la "casa della Madonna" a Efeso, il 26 luglio 1967.

L’esortazione apostolica Recurrens mensis october, del 7 ottobre 1969, ove il Papa esorta a pregare per la pace tra uomini e popoli, visto che continuano ancora micidiali conflitti e appaiono nuovi "punti caldi" «e si vedono in lotta perfino cristiani, che fanno appello allo stesso Evangelo d’amore». Incomprensioni che si manifestano anche tra membri della Chiesa; per cui è necessario invocare da Dio la pace e la riconciliazione per mezzo della Madre del Principe della pace, che ha proclamato la beatitudine di essa (cf Mt 5,9). La Chiesa del Concilio non cessa di ricordare e di attingere all’opera d’intercessione della Vergine, così come fece a Cana (cf Gv 2,1-12), presso il Figlio a favore degli uomini. Anzi, «meditando i misteri del santo rosario, noi impareremo, sull’esempio di Maria, a diventare anime di pace, attraverso il contatto amoroso e incessante con Gesù e coi misteri della sua vita redentrice». I membri della Chiesa, conclude il Papa, devono avere in onore e recitare con frequenza questa «meditazione dei misteri della salvezza», ormai divenuta una consolidata pratica di devozione mariana ecclesiale.

La svolta della Marialis cultus

La vera svolta sulla natura, sui contenuti e sulla finalità dei pii esercizi, già annunciata dal Concilio (cf Sacrosanctum Concilium 13; Lumen gentium 66-67), si ha con l’ esortazione apostolica Marialis cultus (=MC), del 2 febbraio 1974. Papa Montini, in continuità con la dottrina esposta dal Concilio e dall’esortazione apostolica Signum magnum, del 13 maggio 1967, ha inteso proporre una trattazione teologico-liturgica finalizzata a mettere in luce il posto che Maria occupa nella pietà ecclesiale, specialmente per quanto riguarda la dottrina circa la presenza e la celebrazione di Maria nell’ambito del ciclo annuale del mistero di Cristo (MC 2-15), l’esemplarità di Maria in ordine al culto divino (MC 16-23). L’esortazione pontificia, inoltre, ha inteso offrire valide indicazioni per la revisione e lo sviluppo della pietà liturgica, dei pii esercizi dell’Angelus e del rosario. La Marialis cultus sottolinea nel pio esercizio del rosario, assai diverso dagli "atti liturgici" sacramentali per natura, virtù e finalità-operatività salvifica (n. 48), tre note fondamentali: teologica, liturgica, pastorale.


La nota teologica precisa l’indole evangelica che sgorga dalla presentazione dei misteri dell’incarnazione redentrice, per cui tale pratica è preghiera cristologica e soteriologica, ove si evidenzia la partecipazione della Madre e Serva del Signore. La nota liturgica presenta il "Salterio della Vergine" come preghiera di lode, di implorazione, soprattutto di contemplazione. La nota pastorale è caratterizzata dall’incoraggiamento a riproporre l’uso della recita del rosario nell’ambito della famiglia. È nella famiglia cristiana che deve rifiorire la recita del rosario, una delle più eccellenti preghiere "in comune" (MC 52-54).

L’insieme di tutti questi elementi fa di questa trattazione sul pio esercizio del rosario un rimarchevole esempio di sintesi dottrinale, che non solo convoglia la dottrina già esposta in altri documenti dai predecessori e dallo stesso Paolo VI, ma applica ad essa, sviluppandoli, anche norme e principi generali enunziati dal concilio Vaticano II.

Salvatore M. Perrella

«Se vogliamo essere cristiani, dobbiamo essere mariani»

Il 24 aprile 1970, sul colle del santuario di Bonaria, Paolo VI richiamava con forza le ragioni di una seria devozione mariana in un discorso giustamente rimasto famoso. «E come è venuto Cristo fra noi? [...] Egli è venuto fra noi seguendo la via della generazione umana. Ha voluto avere una Madre; ha voluto incarnarsi mediante il mistero vitale d’una Donna, della Donna benedetta fra tutte. Dice l’Apostolo, che ha tracciato la struttura teologica fondamentale del cristianesimo: "Quando arrivò la pienezza del tempo, Dio mandò il Figlio suo, nato da Donna" (Gal. 4, 4). [...] Questa dunque non è una circostanza occasionale, secondaria, trascurabile; essa fa parte essenziale, e per noi uomini importantissima, bellissima, dolcissima del mistero della salvezza: Cristo a noi è venuto da Maria; lo abbiamo ricevuto da Lei [...]. Come nella statua della Madonna di Bonaria, Cristo ci appare nelle braccia di Maria; è da Lei che noi lo abbiamo, nella sua primissima relazione con noi; Egli è uomo come noi, è nostro fratello per il ministero materno di Maria. Se vogliamo essere cristiani, dobbiamo essere mariani, cioè dobbiamo riconoscere il rapporto essenziale, vitale, provvidenziale che unisce la Madonna a Gesù, e che apre a noi la via che a Lui ci conduce».

Un gesto di generosità verso la Madonna

Nel suo bel libro – intriso anche della conoscenza personale che ne ebbe l’autore – intitolato Il papa Paolo VI. «Il cor ch’egli ebbe» (San Paolo 1997, pp. 78), Luigi Olgiati rievoca un episodio dell’infanzia del futuro Pontefice.

Il piccolo Giovanni Battista Montini, pur costretto a molte assenze scolastiche dalla salute cagionevole, superò – grazie all’intelligenza vivida e all’aiuto di papà, mamma e compagni – sempre gli esami. Ecco l’episodio ricordato dal biografo.

«Ricevette anche medaglie al merito: una volle regalarla alla Madonna del santuario delle Grazie, per la quale i bresciani hanno una speciale devozione. Si inginocchiò dinanzi all’immagine, che rappresenta Maria in dolce adorazione del Bambino Gesù, e discretamente, badando che nessuno l’osservasse, lasciò cadere la medaglia, che aveva staccato dal petto, nella fessura della cassetta per le offerte; poi alla Madonna disse tutta la felicità di cui quel gesto gli aveva riempito immediatamente il cuore.

«Ma Giovanni Battista non aveva fatto i conti con il sagrestano. Costui, qualche giorno dopo, vuotando la cassetta scoprì tra le monete una medaglia; gli fu facile sapere di chi fosse leggendovi inciso sul "verso" il nome di chi l’aveva meritata: "Quel ragazzino – ricordò subito – che viene sempre qui ad ascoltare la messa e a fare la santa comunione!".

«Quando poi gli capitò di incontrare la signora Giuditta [la mamma di Giovanni Battista, ndr], non mancò di riferirle, con senso di ammirazione, la scoperta. Anche la mamma si commosse, pensando al detto di Gesù sul quale talvolta si era soffermata a meditare: "È molto più gaudioso dare che ricevere"; e ringraziò il Signore che anche Giovanni Battista già avesse incominciato ad assaporare quella felicità. Al sagrestano chiese il favore che la scoperta restasse un segreto tra loro due» (p. 13s.).

Caterina63
00mercoledì 1 agosto 2012 23:04

Essere in grazia di Dio abbellisce l'anima


Il fondatore dei Francescani dell'Immacolata spiega il significato dell'Eucaristia


di padre Stefano Maria Manelli

ROMA, martedì, 31 luglio 2012 (ZENIT.org) - L’Eucaristia è la sintesi del mistero dell’Incarnazione e del mistero della Redenzione. Gesù, il Verbo Incarnato e Redentore universale, si è fatto “Pane” e “Vino”, si è fatto cibo e bevanda per donare ad ogni uomo tutto Se stesso in Corpo, Sangue, Anima e Divinità.

Ancora: l’Eucaristia è la sintesi del mistero di Maria Santissima, Madre di Gesù, e del mistero della

Chiesa, Corpo di Cristo, di cui Ella è la Madre. Il Corpo e il Sangue di Gesù, infatti, sono da Maria Vergine per opera dello Spirito Santo. Le membra del Corpo di Cristo costituiscono la Chiesa dei redenti, per cui«l’Eucaristia edifica la Chiesa», come ha scritto il Papa Giovanni Paolo II nella Enciclica “Ecclesia de Eucharistia”, ove spiega che la Chiesa è costituita, vive, si nutre, opera e cresce per l’Eucaristia (cf. nn. 21-33).

L’istituzione dell’Eucaristia, che è Sacrificio e Sacramento, viene contemplata nel quinto “mistero della luce”, ossia al centro e al cuore, può dirsi, dell’intero Rosario di Maria. Con gli occhi e con il cuore di Maria Santissima, quindi, durante la recita del Rosario, noi siamo spinti a meditare sull’Eucaristia, contemplando il mistero dell’amore di Gesù che supera ogni limite, che arriva «all’eccesso», ossia, può dirsi, alla «follia» dell’amore (cf. Gv 13,1).

Nella vita di san Gerardo Maiella leggiamo che stando il Santo davanti all’altare del Santissimo, capitava che non si contenesse più, a volte, nel parlare a Gesù con sospiri ardenti e con parole brucianti di amore. Un giorno Gesù gli disse: «Ma sei proprio un pazzerello, Gerardo!..».

E san Gerardo, di rimando: «Gesù mio, il pazzerello siete Voi che ve ne state qui per amor mio».

Recitando il quinto “mistero della luce” del Rosario, Maria Santissima vuole animarci ad accogliere in noi l’Eucaristia con il suo stesso Fiat di fede e di amore, pronunciato all’Annunciazione e confermato sul Calvario, ai piedi della Croce. Con la sua immacolatezza e pienezza di grazia, Maria Santissima accolse il Verbo nel suo cuore e nel suo corpo verginali; con la sua “compassione” di amore redentivo, Ella immolò e offrì anche se stessa con il Figlio Redentore per la salvezza nostra.

Meditando il quinto “mistero della luce” e guardando l’Immacolata Corredentrice, quale non dovrebbe essere la nostra disposizione interiore di fede e di amore, di purezza e di sacrificio nel partecipare alla Santa Messa e nel ricevere la Santa Comunione? Con quali desideri ardenti non dovremmo accostarci all’altare per nutrirci e saziarci dell’Agnello immolato?

«E lo sguardo rapito di Maria - scrive il Papa Giovanni Paolo II - nel contemplare il volto di Cristo appena nato e nello stringerlo fra le sue braccia non è forse il modello inarrivabile di amore a cui deve ispirarsi ogni nostra Comunione eucaristica?» (n. 55).

Alla scuola di Maria Santissima si può dire che tutti i Santi hanno coltivato il desiderio più ardente dell’Eucaristia di cui nutrirsi. San Filippo Neri soffriva visibilmente se non poteva celebrare la Santa Messa o ricevere la Santa Comunione alle prime ore del mattino. E quanti non ricordano san Pio da Pietrelcina che celebrava alle quattro del mattino? San Pietro Giuliano Eymard, all’età di cinque anni, diceva a sua sorella: «Te fortunata, che puoi comunicarti! Fa’ la Comunione anche per me».

San Giuseppe Moscati, medico, alle cinque del mattino partecipava in ginocchio alla Santa Messa per ricevere la Comunione. E che cosa dire dei desideri eucaristici di san Pasquale Baylon, di santa Margherita M. Alacoque, di sant’Alfonso M. de’ Liguori, di santa Bernardetta Soubirous, di san Pio X e di santa Gemma Galgani?

Se guardiamo a noi, invece, quanto grande non è la nostra indifferenza e freddezza verso l’Eucaristia! Lo dimostrano le Chiese vuote nei giorni feriali, con i sacerdoti che spesso devono celebrare ai … banchi! Lo dimostra il calo spaventoso della partecipazione alla Santa Messa domenicale. Lo dimostra l’insensibilità e la trascuratezza nei riguardi del culto eucaristico. Quanta tristezza dovremmo provare!

Non meno importante, inoltre, è meditare con Maria, nel quinto “mistero della luce”, sul valore sacrificale dell’Eucaristia, come si esprime il Papa Giovanni Paolo II, affermando, testualmente, che «Maria fece sua, con tutta la sua vita accanto a Cristo, e non soltanto sul Calvario, la dimensione sacrificale dell’Eucaristia» (n. 56).

Se è vero, infatti, come è verissimo, che «il sacrificio di Cristo e il sacrificio dell’Eucaristia sono un unico sacrificio», come insegna il “Catechismo della Chiesa Cattolica” (n. 1382), non può non essere vero che i fedeli «partecipando al Sacrificio eucaristico, fonte e apice di tutta la vita cristiana, offrono a Dio la Vittima divina e se stessi con essa», come insegna il Vaticano II (Lumen gentium 11). Partecipare all’Eucaristia, quindi, significa farsi partecipe del Sacrifico di Cristo, come Maria ai piedi della Croce.

E proprio a Lei, alla Madre purissima, chiediamo di farci meno indegni del Sacrifico eucaristico e di avere sempre la grazia di Dio nell’anima prima di accostarci alla mensa del Sacrificio. Per non commettere un orribile sacrilegio, perciò, quando fossimo consapevoli di una colpa grave, anche se pentiti, ricordiamoci che è sempre necessario «premettere la confessione dei peccati» e ricevere l’assoluzione dei peccati, come ribadisce il Papa Giovanni Paolo II, e come conferma con chiarezza il “Catechismo della Chiesa Cattolica”: «Chi è consapevole di avere commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla Comunione» (n. 1385).

Essere in grazia di Dio, anzitutto, è abbellire l’anima con atti di amore e di sacrificio: così si partecipa al Sacrificio eucaristico e ci si prepara a ricevere bene la Divina Eucaristia. È così, infatti, che la piccola santa Teresa di Gesù Bambino si preparò alla sua Prima Comunione, come scrisse ella stessa: «Facevo ogni giorno un bel numero di atti di sacrificio e di amore, che si trasformavano in altrettanti fiori, ora in mammole, ora in rose, ora in fiordalisi, in pratoline, in una parola in tutti i fiori della natura, perché essi dovevano comporre in me la culla per Gesù».

Meditando l’Eucaristia, alla scuola di Maria Santissima e sull’esempio dei Santi, vogliamo imparare ad amare l’Eucaristia per arrivare a nutrirci ogni giorno del “Pane degli Angeli”, del “Pane dei forti”, e così essere trasformati anche noi in Ostie di amore eucaristico.

Virtù da praticare: Amore all’Eucaristia.

* Per ogni approfondimento: Padre Stefano Maria Manelli, “O Rosario benedetto di Maria!” (Casa Mariana Editrice)

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Caterina63
00sabato 23 novembre 2013 11:46
[SM=g1740733] Amici, vi offriamo il bellissimo Discorso-omelia che il Papa ha fatto dalle Camaldolesi sull'Aventino per la chiusura dell'Anno della Fede. Possiamo dire che ne è scaturita una vera e succulenta biografia su Maria Santissima. Ascoltiamolo e facciamola nostra.
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Movimento Domenicano del Rosario
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CELEBRAZIONE DEI VESPRI CON LA COMUNITÀ DELLE MONACHE BENEDETTINE CAMALDOLESI


PAROLE DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Monastero di Sant'Antonio Abate all'Aventino - Roma
Giovedì, 21 novembre 2013



Contempliamo colei che ha conosciuto e amato Gesù come nessun’altra creatura. Il Vangelo che abbiamo ascoltato mostra l’atteggiamento fondamentale con il quale Maria ha espresso il suo amore per Gesù: fare la volontà di Dio. «Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre» (Mt 12,50). Con queste parole Gesù lascia un messaggio importante: la volontà di Dio è la legge suprema che stabilisce la vera appartenenza a Lui. Perciò Maria instaura un legame di parentela con Gesù prima ancora di darlo alla luce: diventa discepola e madre del suo Figlio nel momento in cui accoglie le parole dell’Angelo e dice: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38). Questo “avvenga” non è solo accettazione, ma anche apertura fiduciosa al futuro. Questo “avvenga” è speranza!


Maria è la madre della speranza, l’icona più espressiva della speranza cristiana. Tutta la sua vita è un insieme di atteggiamenti di speranza, a cominciare dal “sì” al momento dell’annunciazione. Maria non sapeva come potesse diventare madre, ma si è affidata totalmente al mistero che stava per compiersi, ed è diventata la donna dell’attesa e della speranza. Poi la vediamo a Betlemme, dove colui che le è stato annunciato come il Salvatore d’Israele e come il Messia nasce nella povertà. In seguito, mentre si trova a Gerusalemme per presentarlo al tempio, con la gioia degli anziani Simeone e Anna avviene anche la promessa di una spada che le avrebbe trafitto il cuore e la profezia di un segno di contraddizione. Lei si rende conto che la missione e la stessa identità di quel Figlio, superano il suo essere madre. Arriviamo poi all’episodio di Gesù che si perde a Gerusalemme e viene richiamato: «Figlio, perché ci hai fatto questo?» (Lc 2,48), e la risposta di Gesù che si sottrae alle preoccupazioni materne e si volge alle cose del Padre celeste.


Eppure, di fronte a tutte queste difficoltà e sorprese del progetto di Dio, la speranza della Vergine non vacilla mai! Donna di speranza. Questo ci dice che la speranza si nutre di ascolto, di contemplazione, di pazienza perché i tempi del Signore maturino. Anche alle nozze di Cana, Maria è la madre della speranza, che la rende attenta e sollecita alle cose umane. Con l’inizio della vita pubblica, Gesù diventa il Maestro e il Messia: la Madonna guarda la missione del Figlio con esultanza ma anche con apprensione, perché Gesù diventa sempre più quel segno di contraddizione che il vecchio Simeone le aveva preannunciato. Ai piedi della croce, è donna del dolore e al contempo della vigilante attesa di un mistero, più grande del dolore, che sta per compiersi. Tutto sembra veramente finito; ogni speranza potrebbe dirsi spenta. Anche lei, in quel momento, ricordando le promesse dell’annunciazione avrebbe potuto dire: non si sono avverate, sono stata ingannata. Ma non lo ha detto. Eppure lei, beata perché ha creduto, da questa sua fede vede sbocciare il futuro nuovo e attende con speranza il domani di Dio.
A volte penso: noi sappiamo aspettare il domani di Dio? O vogliamo l’oggi? Il domani di Dio per lei è l’alba del mattino di Pasqua, di quel giorno primo della settimana. Ci farà bene pensare, nella contemplazione, all’abbraccio del figlio con la madre. L’unica lampada accesa al sepolcro di Gesù è la speranza della madre, che in quel momento è la speranza di tutta l’umanità. Domando a me e a voi: nei Monasteri è ancora accesa questa lampada? Nei monasteri si aspetta il domani di Dio?


Dobbiamo molto a questa Madre! In lei, presente in ogni momento della storia della salvezza, vediamo una testimonianza solida di speranza. Lei, madre di speranza, ci sostiene nei momenti di buio, di difficoltà, di sconforto, di apparente sconfitta o di vere sconfitte umane. Maria, speranza nostra, ci aiuti a fare della nostra vita un’offerta gradita al Padre celeste, e un dono gioioso per i nostri fratelli, un atteggiamento che guarda sempre al domani.






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Caterina63
00giovedì 25 febbraio 2016 17:31



La prima consacrazione dell’Italia alla Madonna è avvenuta a Catania il 13 settembre 1959, a coronamento del XVI Congresso eucaristico nazionale. A destra dell’altare, sormontato da una grande croce illuminata, spiccava la bianca statua della Madonna di Fatima. La formula di consacrazione recitava: «Signore Gesù Cristo, che nell’Ostia santa sei presente... accogli l’atto ufficiale di consacrazione... alla tua augustissima Madre, e per essa a te e alla Trinità Santissima, della nostra amata Patria».
Partendo da san Luigi Maria di Montfort (+1716), che inserisce la consacrazione mariana in un contesto marcatamente cristocentrico e battesimale, vogliamo rileggere in chiave cristologica quanto a marzo scorso abbiamo letto in chiave mariana, per esplicitare così che la vita cristiana è tale se è vita mariana.



Consacrazione a Cristo per Maria.

 
San Luigi Maria di Montfort, il cui motto era "Dio solo", è noto per essere stato l’apostolo della perfetta consacrazione a Cristo per le mani di Maria. La consacrazione da lui proposta avviene in Cristo, è finalizzata a Cristo. Montfort quasi sfidava i suoi lettori quando scriveva: «Mi si tracci una via nuova per andare a Cristo... Io preferisco la via immacolata di Maria» (Trattato della vera devozione 158), quella cioè seguita da Cristo stesso. E spiegava: «In questa amabile creatura (Maria) l’anima troverà solo Dio, senza creature» (Segreto di Maria = SM 20), poiché «non è più Maria che vive: soltanto il Cristo, soltanto Dio vive in lei» (SM 21). Pio XII (+1958), grande fautore della consacrazione dell’Italia alla Vergine, più volte, citando il Montfort, ha presentato la consacrazione mariana quale via sicura di unione a Cristo. Il 21 luglio 1947, in un discorso tenuto ai pellegrini convenuti a Roma per la canonizzazione del Montfort, il Pontefice affermava: «L’autore del Trattato della vera devozione a Maria Vergine distingue con pochi tratti questa autentica devozione da una falsa devozione più o meno superstiziosa... La vera devozione, quella della tradizione, quella della Chiesa... tende essenzialmente all’unione con Gesù, sotto la guida di Maria».

Parlando ai fedeli della Bretagna (Francia) il 26 luglio 1954, Pio XII affermava: «Oggi, rivolgendoci a coloro che vogliono fare della consacrazione al Cuore immacolato di Maria un atto importante e definitivo, noi diciamo loro: seguendo l’esempio di san Luigi Maria Grignion di Montfort... fate amare e servire Maria. Che l’odierna solenne consacrazione a Maria sia per voi... uno stimolo... al servizio di Dio». Giovanni Paolo II nel 1987, rifacendosi al Montfort, da lui definito «un teologo di classe», proponeva a tutti i credenti «la consacrazione a Cristo per le mani di Maria, come mezzo efficace per vivere fedelmente gli impegni battesimali» (Redemptoris Mater 48).

Primo millennio cristiano.

Per l’antichità cristiana accogliere Maria madre è un dovere. Origene (ca. +254) afferma: Maria ha un solo figlio. Questi (Giovanni) è Gesù che tu (Madre) hai partorito. Pertanto se il cristiano diventa "ipse Christus", allora è figlio di Maria. Al contrario, chi non accoglie Maria come madre, non comprende Cristo. Chi dovesse trascurare la Vergine Madre, non possederebbe una fede integrale.

Sant’Ambrogio di Milano (+397), nel coniare l’assioma "Maria paradigma di vita", sostiene che accogliere filialmente la Vergine fa parte degli impegni della pietà del discepolo (pietatis officia), poiché Gesù sulla croce «consegna il suo testamento domestico». Sant’Agostino (+430) precisa: la Madre del Signore va accolta tra i propri doveri, ai quali bisogna attendere con dedizione. Sant’Ildefonso di Toledo (+667) diffonde l’idea della consacrazione a Maria, signora e regina, in quanto madre del Signore e re della gloria. Per san Germano di Costantinopoli (+733), che si dichiara servo della Vergine, la devozione mariana diventa un fatto costante di vita cristiana.

Secondo millennio cristiano.

Sant’Anselmo d’Aosta (+1109) dichiara la sua piena disponibilità al servizio alla «Madre del nostro amico» Gesù, poiché se Maria è «la Madre di Dio, è madre nostra». Con sant’Anselmo in Occidente si passa così a chiamare Maria da "Nostra Signora" a "Madre di Dio e madre nostra", imprimendo alla venerazione mariana un’affettività che caratterizzerà per sempre la pietà cristiana. San Bernardo (+1153) si rivolge alla Vergine come indegno servo alla sua gloriosa e misericordiosa Signora, e spiega: «Dio era assolutamente incomprensibile, inaccessibile e inimmaginabile. Ma allora volle diventare comprensibile, visibile e immaginabile. Come?, mi chiedi tu. Ti rispondo: Al presepio, nel seno verginale della Madre sua». Maria per san Bernardo è pure la scala attraverso la quale i peccatori, sballottati tra le tempeste e travolti dalla bufera delle vicende umane, possono facilmente salire fino a Dio.

Nel 1200 i sette Santi Fondatori dell’Ordine dei Servi di Maria «ad onore di Dio si posero al servizio della Vergine sua Madre e da quel momento vollero chiamarsi Servi di Santa Maria».

San Bonaventura (+1274), mentre illustra la premura del Signore in croce verso la Madre e il discepolo Giovanni, puntualizza: «Quelli che sono radicati nella Vergine madre con l’amore e la devozione vengono da lei santificati, perché ella chiede al Figlio suo la loro santificazione».

La Repubblica fiorentina nel 1528 elegge Maria come propria regina per accogliere e servire Cristo Re. Per santa Caterina da Siena (+1380) la Vergine è come una calamita che attira i cuori a Cristo, «un’esca posta dalla bontà di Dio a pigliare le creature che hanno in loro ragione». Nel 1600 nelle congregazioni mariane rette dai Gesuiti si pratica l’oblazione a Maria per vivere la fondamentale consacrazione a Dio. Ippolito Marracci (+1675) formula il patto di servitù nei confronti della Madre di Gesù per vivere fedelmente il Battesimo e imitare Cristo. La Scuola di spiritualità francese del 1700, che insegna il voto di schiavitù alla Madre di Dio, è caratterizzata da un marcato orientamento teocentrico ed è volta a indurre il fedele a spogliarsi dell’uomo vecchio per rivestirsi di Cristo uomo nuovo.

Nel 1900 santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein, +1942) propone la chiragogia o "accompagnamento per mano": Maria accompagna «mano nella mano, verso Cristo». L’Opera di Maria, titolo volutamente mariano del Movimento dei Focolari, fondato da Chiara Lubich nel 1943, propone di "vivere Maria" per far tacere la creatura che è in noi e ascoltare, come Maria, la voce dello Spirito, rispecchiare le virtù della Vergine, prolungare la sua missione di dare Gesù al mondo.

La Fraternità francescana di Betania di Terlizzi (Bari), fondata da padre Pancrazio Gaudioso nel 1982, che intende incarnare il fare di Marta e il silenzio di Maria, si ispira alla Vergine ancella del Signore per coltivare tre pilastri: preghiera, accoglienza e vita fraterna.

Paolo VI nel 1967 esortava a rinnovare la consacrazione personale al Cuore immacolato di Maria e vivere «questo nobilissimo atto di culto, con una vita sempre più conforme alla divina volontà», poiché è «per Maria (che) ascendiamo a Cristo». Giovanni Paolo II nel 1979, parlando della consacrazione a Maria, precisava: questa «è l’autentica interpretazione della presenza della Madre di Dio nel mistero di Cristo e della Chiesa, come proclama il cap. VIII della costituzione Lumen gentium». All’indomani della sua elezione (20 aprile 2005), Benedetto XVI invocava il costante patrocinio della Madre di Gesù, e dichiarava: «Lui solo intendo servire... A sostegno di questa promessa invoco la materna intercessione di Maria SS.ma, nelle cui mani pongo il presente e il futuro della mia persona e della Chiesa».


Sergio Gaspari, smm





 

Caterina63
00mercoledì 31 agosto 2016 22:55
Maria Mater Ecclesiae tra magistero e devozione

Il 21 novembre del 1964, il beato Paolo VI enunciava il titolo "Mater Ecclesiae" alla Beata Vergine Madre di Dio. In questo video affrontiamo con voi delle brevi, umili ma importanti riflessioni per aiutarci e sostenerci nella autentica devozione mariana. Ci stiamo avvicinando al Centenario delle Apparizioni di Fatima, e quale modo migliore per conoscere ancor di più la nostra amata Mamma, ed amarla con la preghiera del Rosario e con le opere di misericordia?

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