Trovata la Tomba di Zaccaria ed ora trovata anche la tomba di san Filippo Apostolo

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Caterina63
00mercoledì 26 novembre 2008 23:25
Il mistero della tomba di Zaccaria.
Qualche giorno fa nella sezione archeonews abbiamo dato notizia della probabile individuazione della tomba di Zaccaria.
Ecco un articolo che chiarisce le modalità di una scoperta.

di Carsten Peter Thiede
tradotto da Anna Maria Broge

Zaccaria, sacerdote «della classe di Abia» (Luca 1, 5), padre di Giovanni Battista e santo (5 novembre), pronunciò una profezia che si sente ancora risuonare nelle chiese come inno di lode: il Benedictus (Luca 1, 68-79). Si tratta di un testo tipicamente ebraico, denso di citazioni e riferimenti tratti dall'Antico Testamento, com'è prevedibile. Eppure tali allusioni vengono utilizzate in un contesto decisamente nuovo, autenticamente profetico. E perciò, anche se dopo quella profezia Zaccaria non è più menzionato nel Nuovo Testamento, né figura mai nei più antichi elenchi dei seguaci di Gesù Cristo, il sacerdote è un vero santo della Chiesa. Ma che ne fu di lui? Il Protovangelo di Giacomo, risalente alla fine del II secolo, offre una spiegazione: vi si dice che Zaccaria sarebbe stato ucciso nel cortile del Tempio, per ordine di Erode il Grande.

Ma ecco che all'improvviso su Zaccaria salta fuori qualcosa di molto importante: una prova autentica della venerazione, fin dai primi secoli, per la sua tomba a Gerusalemme. I turisti che hanno visitato la Valle del Cedron conoscono la Tomba di Zaccaria, ma la costruzione a copertura piramidale che porta questo nome va datata al II secolo dopo Cristo, e un'iscrizione sopra le due colonne la identifica come appartenente a un'altra famiglia di sacerdoti, quella di Bene («figli di») Hezir (cfr 1 Cronache 24,15). In ogni caso, cinquanta metri più a nord si trova la cosiddetta Tomba di Assalonne. Un pellegrino medioevale, Beniamino di Tudela, è stato il primo a descriverla in questi termini, riferendosi a 2 Samuele 18, 18 («Ora Assalonne, mentre era in vita, si era eretta la stele che è nella Valle del re... La si chiamò monumento di Assalonne fino a oggi»). Ma la data è sbagliata: quella tomba fu costruita non prima della fine del I secolo avanti Cristo. Nell'estate del 2002 l'archeologo israeliano Joe Zias aveva scoperto un'iscrizione sopra l'entrata.

Nessuno l'aveva notata prima, poiché è visibile soltanto in estate alla luce del tramonto. (Lo posso testimoniare di persona, essendovi stato con Zias l'estate scorsa). Salito su una scala, Zias prese un calco dell'iscrizione utilizzando il lattice (lo stesso materiale usato dai dentisti per prendere le impronte dei denti). Grazie all'aiuto di esperti di iscrizioni antiche, è riuscito a ricostruire l'intero testo greco: «Questo è il monumento funerario di Zaccaria il martire, il sacerdote molto pio, padre di Giovanni». Il riferimento è indubbiamente allo Zaccaria del Vangelo di Luca. Dopo ulteriori ricerche in ambito archeologico e storico, lo scorso autunno Zias era pronto a pubblicare i suoi risultati, ma decise - saggiamente - di aspettare che si placasse il clamore mediatico sul ritrovamento del falso ossario di «Giacomo figlio di Giuseppe fratello di Gesù». Alla fine, li ha pubblicati un paio di mesi fa.

Un autore cristiano dell'inizio del VI secolo, l'arcidiacono Teodosio, menziona una tomba vicino al monte degli Ulivi dove erano sepolti «san Giacomo (il fratello del Signore), san Zaccaria e san Simeone». Secondo Teodosio, lo stesso Giacomo aveva costruito la tomba, (ri)seppellito gli altri due e disposto che i suoi stessi resti vi fossero sepolti (Teodosio, De situ Terrae Sanctae, 9). L'iscrizione riscoperta e identificata da Joe Zias è leggermente anteriore al racconto di viaggio di Teodosio, e menziona soltanto Zaccaria. È possibile che Teodosio abbia esagerato nel riferire tradizioni locali, che altre iscrizioni che citavano gli altri due siano andate distrutte o vengano in futuro ritrovate. Resta il fatto che l'iscrizione di Zaccaria è autentica, risalente senza ombra di dubbio al IV o V secolo, nello stile greco che si usava a quel tempo.

E ci dice una cosa: quando la Chiesa primitiva cominciò a cercare i siti biblici, si accorse che quello era l'unico di cui esistesse una tradizione affidabile. Ciò non significa che fosse davvero la tomba del padre di Giovanni Battista. Restando prudenti, tutto quello che oggi sappiamo è il f atto che un'antica - anzi, la più antica - tradizione locale identifica quella tomba, divenuta nota come Tomba di Assalonne soltanto sette secoli dopo, come luogo di sepoltura dello Zaccaria di Luca. Ma c'è un altro fatto, ancora più rilevante: quell'iscrizione ci aiuterà a rivalutare la figura di Zaccaria della classe sacerdotale di Abia, padre del Battista e autore del Benedictus.

Fonte: Avvenire on line del 29/08/03
Caterina63
00venerdì 25 febbraio 2011 20:04
Sebaste da san Girolamo all'epoca delle crociate

E l'emiro si commosse sulla tomba di Yahia figlio di Zaccaria


In occasione del convegno e dell'inaugurazione della mostra archeologica "Sabastiya. I frutti della storia e la memoria di Giovanni Battista", allestita all'Università Cattolica del Sacro Cuore fino al prossimo 4 marzo, pubblichiamo uno scritto del 2007 di padre Michele Piccirillo, l'archeologo dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme, morto nel 2008, al quale è dedicata la mostra stessa.

"A quattro leghe da Jenin verso sud si trova la città di Sebaste, che una volta si chiamava Samaria quand'era la capitale di dieci tribù chiamate Israel; adesso per i peccati commessi non ha nessuna casa, all'infuori di due chiese costruite in onore di san Giovanni Battista, ma di una, che era la principale e cattedrale, i saraceni la convertirono in moschea e specialmente il sepolcro del medesimo beato Giovanni Battista che era fatto di marmo a somiglianza del sepolcro del Signore (...) Codesta chiesa è posta sul lato del monte nella discesa. I saraceni onorano molto il beato Giovanni dopo Cristo e la Beata Vergine avendo di lui una grande stima (...) Dicono che Giovanni sia stato un grande e santissimo profeta".

Così scriveva nel 1283 il padre domenicano Burcardo di Monte Sion dopo aver visitato il villaggio semideserto con la chiesa di San Giovanni già diventata moschea dopo la sconfitta dell'esercito crociato da parte del Saladino nel 1187. La visita ed evidentemente la venerazione per la tomba del Battista gli danno lo spunto per ricordare ai suoi lettori cristiani d'Europa la venerazione che egli godeva come profeta tra la popolazione musulmana che continuava una tradizione dalle origini antiche.

San Girolamo traducendo in latino a Betlemme verso il 390 l'Onomasticon dei luoghi santi scritto in greco da Eusebio vescovo di Cesarea verso la fine del III e l'inizio del IV secolo, alla voce Samaria/Sebaste aggiunge: "Dove sono conservati i resti di san Giovanni Battista".

Lo stesso autore ricorda la tomba di san Giovanni a Sebaste nel resoconto del pellegrinaggio ai luoghi santi di santa Paola Romana. Rufino di Aquileia, che a Gerusalemme sul Monte degli Ulivi, nella Storia Ecclesiastica dedica una lunga pagina a ciò che avvenne a Sebaste nel 361-362 al tempo di Giuliano l'Apostata. Come ad Antiochia, dove le reliquie di san Babila furono sfrattate dall'oratorio fatto costruire in suo onore dal Cesare Gallo a Dafne nei pressi della fonte Castalia e del santuario di Apollo, i pagani di Sebaste distrussero la tomba venerata del Precursore e ne dispersero le ceneri. Parte delle reliquie furono salvate da alcuni monaci di passaggio che le consegnarono a Gerusalemme all'igumeno Filippo.

"Al tempo dell'imperatore Giuliano (...) a Sebaste città della Palestina, avvenne che i pagani invasero il sepolcro di san Giovanni Battista: dapprima ne dispersero le ossa, ma poi le raccolsero di nuovo per bruciarle; mischiarono con della polvere quelle sacre ceneri e le dispersero per campagne e villaggi. Ma per disposizione divina avvenne che da Gerusalemme sopravvenissero alcuni provenienti dal monastero di Filippo (...) mischiatisi fra coloro che raccoglievano le ossa destinate al fuoco, dopo averne raccolti essi pure con molta cura e pietosa premura, per quanto riusciva loro possibile, si allontanarono di là furtivamente (...) e recarono al santo padre Filippo quelle venerande reliquie".

Giovanni Rufo, discepolo e biografo di Pietro l'Ibero vescovo di Maiuma di Gaza, è il primo a ricordare verso il 515 una chiesa costruita sulla tomba del Battista a Sebaste: "Questo luogo, in effetti, era una cappella particolare della chiesa, ornata di cancelli perché ci sono due urne coperte d'oro e di argento, davanti alle quali bruciano lampade perenni: una urna è quella di san Giovanni Battista e l'altra quella del profeta Eliseo; un trono ricoperto da un drappo su quale mai nessuno si siedeva è posto in quel luogo". Le reliquie furono poi sposate nella chiesa superiore dove le videro i pellegrini di epoca crociata.

Manca in questi racconti il ricordo di come e quando le reliquie di san Giovanni, ucciso nella fortezza di Macheronte in Transgiordania, secondo lo storico Giuseppe Flavio, siano giunte a Sebaste in Palestina. A parte l'accenno importante in Burchardo che questa era la chiesa cattedrale nulla si dice nei resoconti dei pellegrini dell'episcopio o dell'eventuale torre campanaria e tanto meno della loro ubicazione. Gli abitanti del villaggio hanno continuato a indicare il jarasiyah ("campanile"), in una costruzione quadrangolare ben costruita con blocchi ben squadrati a una diecina di metri dalla parete meridionale della chiesa oltre la porticina, finora bloccata, che una volta permetteva di entrare nel santuario da sud.

Con il tempo nell'area erano state costruite delle semplici abitazioni addossate al bel paramento crociato della parete della chiesa moschea. Da decenni le case abbandonate erano cadute in rovina e il luogo diventato impraticabile. Tra gli abitanti si parlava anche di un jinn ("spiritello") che teneva lontano anche i bambini che per caso vi si avventuravano. Sei mesi di impegno da parte dei restauratori italiani e di lavoro per gli uomini del villaggio da anni isolati e disoccupati in quest'area tagliata fisicamente dal mondo ben felici di confrontarsi anche con il jinn pur di portare un pezzo di pane sudato alla famiglia, e il miracolo si è avverato.

Grazie a un fondo messo a disposizione dal ministero degli Affari esteri d'Italia e alla generosità di un professore dell'università di Nablus che ha donato le rovine di proprietà della sua famiglia al municipio. L'8 giugno, 2006 il console d'Italia a Gerusalemme ha potuto inaugurare alla presenza del sindaco e di tutta la comunità radunata per l'occasione nel cortile lastricato davanti alla porta del santuario il nuovo Centro culturale di Sabastiya che vuole essere luogo di riunione e di aggregazione e piccolo museo allestito dall'architetto Osama Hamdan.

Sull'ingresso e all'interno di una bella sala voltata ben in evidenza sono esposti alcuni dei capitelli ritrovati durante i lavori certamente appartenuti alla basilica di epoca bizantina. Sulle foglie di acanto dei capitelli di stile corinzio domina la croce in cerchio con l'aggiunta delle lettere apocalittiche Alpha e Omega, una rarità per le chiese di Palestina.
Gli altri sono stati lasciati al loro posto dove i capomastri crociati e i loro successori di epoca moderna li avevano riutilizzati come materiale di costruzione.

Perché la sala voltata ritornata in onore con i larghi basamenti modanati che fa da raccordo tra la parete della chiesa e la struttura di epoca crociata non ha nulla a che fare con le povere stanze costruite dagli abitanti del villaggio. La nobiltà tecnico costruttiva ne fa ipotizzare un possibile rimando proprio al chiostro dei canonici se non alla casa del vescovo che sappiamo in sede proprio in questa chiesa. Nella struttura riportata alla luce avremmo un primo indizio importante che solo la continuazione dei lavori potrà chiarire.

Qui nella foresteria in epoca crociata venivano anche ospitati principi musulmani, come racconta nelle sue memorie Usamah ibn Munqidh emiro della città di Shaizar nella Siria centrale venuto a Gerusalemme a far visita al suo amico il Gran Maestro dei Templari: "Feci visita alla tomba di Yahia figlio di Zaccaria - la benedizione di Dio sia su entrambi! - nel villaggio di Sabastiya nella provincia di Nablusa. Dopo aver recitato le mie preghiere, uscii in uno spazio chiuso davanti al luogo dove si trova la tomba. Trovai una porta mezzo chiusa, la aprii ed entrai in chiesa. Dentro c'era una diecina di uomini anziani, le loro teste scoperte bianche come cotone pettinato. Erano rivolti verso est e avevano sul petto dei bastoni che terminavano con delle strisce di ferro arrotolate all'insù come la parte posteriore di una sella, sui quali erano appoggiati. E da loro uno riceve ospitalità. La vista della loro devozione mi toccò il cuore, ma nello stesso tempo mi dispiacque e mi amareggiò, perché non avevo mai visto tanto zelo e devozione tra i musulmani".



(©L'Osservatore Romano - 26 febbraio 2011)
Caterina63
00giovedì 12 gennaio 2012 23:13

[SM=g1740771] MILANO - È stato un gruppo di archeologi italiani, guidati da Francesco D'Andria, a scoprire in Turchia, nella provincia sud occidentale di Denizli, la tomba dell'apostolo Filippo.

Il ritrovamento, annunciato dalle agenzie turche, è avvenuto nel sito di Hierapolis (l'odierna Pamukkale), da tempo inserito nella lista tra i luoghi Patrimonio dell'Umanità dell'Unesco: non però sulla collina dove da tempo si concentravano gli scavi, ma tra le rovine di una chiesa riportata alla luce appena un mese fa. Proprio qui Filippo (uno degli apostoli di Gesù che aveva a lungo predicato in Grecia, Siria, Frigia) sarebbe stato martirizzato nell'anno 80 come confermerebbe anche l'esistenza di un "martyrion" eretto nel luogo dove Filippo sarebbe stato ucciso (secondo alcune fonti a testa in giù).

«La tomba non è stata ancora aperta - ha dichiarato D'Andria, da anni impegnato con il suo team proprio nella ricerca della sepoltura dell'apostolo - ma certamente lo sarà molto presto, anche perché si tratta di una scoperta davvero importantissima non soltanto per gli studiosi, ma per tutto il mondo cristiano».


di: Stefano Bucci
da: Il Corriere della Sera
data: 28 luglio 2011





[SM=g1740771]

Tomb of Apostle Philip Found

Discovery made at Hierapolis, one of the major Christian sites in Turkey

Tomb of Apostle Philip Found

Amid the remains of a fourth or fifth century church at Hierapolis, one of the most significant Christian sites in Turkey, Francesco D’Andria found this first-century Roman tomb that he believes once held the remains of the apostle Philip.

At about the same time as the July/August 2011 issue of Biblical Archaeology Review was hitting the newsstands, containing an article about St. Philip’s Martyrium,* author and excavation director Francesco D’Andria was making an exciting new discovery in the field at Hierapolis, one of the most significant sites in Christian Turkey. A month later he announced it: They had finally found the tomb of the martyred apostle Philip.

The tomb wasn’t discovered at the center of the octagonal hilltop martyrium as long expected, however, but in a newly excavated church about 40 yards away. D’Andria’s team found a first-century Roman tomb located at the center of the new church, which he says originally contained Philip’s remains. This early church of Christian Turkey was built around the tomb in the fourth or fifth century, and the nearby martyrium was built around the same time, in the early fifth century.

The remains of the apostle Philip are no longer in the tomb, however. According to D’Andria, the saint’s relics were very likely moved from Hierapolis to Constantinople at the end of the sixth century and then possibly taken to Rome and placed in the newly dedicated Church of St. Philip and St. John (now the Church of the Holy Apostles), although 12th-century reports describe seeing Philip’s remains still in Constantinople, the seat of Christian Turkey.

Tomb of Apostle Philip Found

This sixth-century bread stamp shows two churches from the site of Hierapolis in Christian Turkey: the domed martyrium on the right, and the newly-discovered church containing Philip’s tomb on the left.

This new discovery also sheds light on the wonderful imagery of the rare sixth-century bronze bread stamp from the Virginia Museum of Fine Arts that we published in our article about Philip’s Martyrium. The structures on either side of the saint can now be identified as the domed martyrium (on the right) and the new Byzantine basilical church containing the tomb of the apostle Philip (on the left), both of which were important Christian sites in Turkey.

 


 

Notes

* Francesco D’Andria, “Conversion, Crucifixion and Celebration,” Biblical Archaeology Review, July/August 2011.

 


 

Based on Strata, “Philip’s Tomb Discovered—But Not Where Expected,” Biblical Archaeology Review, January/February 2012.







[SM=g1740771] http://youtu.be/4rNut4k2-OA

23 agosto, 2011

In Ultimissima 14/8/11 riportavamo la notizia che la Missione Archeologica Italiana in Turchia, guidata da Francesco D’Andria, ha portato alla luce la tomba di San Filippo Apostolo, ennesima scoperta archeologica a conferma dell’attendibilità storica dei Vangeli.

Alfredo Valvo, docente di Storia romana ed Epigrafia latina all’Università Cattolica di Milano, commenta su “La Bussola Quotidiana” l’importante ritrovamento: «Innanzitutto conferma della tradizione. Archeologia ed epigrafia si dimostrano una volta di più indispensabili per confermare le notizie delle fonti letterarie, prime fra tutte i Vangeli e gli Atti degli Apostoli (per quanto riguarda Filippo)». Diventa dunque certa la presenza di Filippo a Hierapolis di Frigia nell’ultima parte della sua vita. «Le notizie letterarie confermate», continua Valvo, «provengono dagli Atti di Filippo che sono testi apocrifi, cioè non riconosciuti come ispirati ma non per questo da rifiutare. Altre notizie sulla vita dell’Apostolo troviamo in Eusebio di Cesarea, storico del IV secolo, che a sua volta le mutua da Papia, vescovo di Hierapolis, vissuto fra I e II secolo e perciò quasi contemporaneo di Filippo e come tale fonte attendibile sulla vita dell’Apostolo». Filippo era di Betsaida, in Galilea, è uno dei primissimi apostoli di Gesù ed è tra coloro che vengono citati nella moltiplicazione dei pani e dei pesci (vicino al sepolcro è stato trovato un mosaico con raffigurazione di pesci), è anche tra i protagonisti del Vangelo di Giovanni e degli Atti degli Apostoli, e la scoperta della tomba conferma inoltre, ancora una volta, «che il cristianesimo, predicato a tutte le genti, all’inizio si radicò saldamente nella penisola anatolica prima che altrove. Infine la terza e forse più solida ragione per considerare la rilevante importanza del ritrovamento è una ennesima prova della continuità apostolica da Gesù in poi. Il ritrovamento troverebbe nello schietto “linguaggio” archeologico una testimonianza molto vicina al tempo in cui Cristo visse».

Ruggero Sangalli, esperto di storia della Chiesa e archeologia sacra, aggiunge: «in questi ultimi decenni la credibilità storica cristiana ha beneficiato molte volte del lavoro degli archeologi, a danno di chi, con faciloneria mista a tendenziosità, desiderebbe tanto confinare il cristianesimo nella sezione “miti, saghe e leggende”». Cita così lo sconquassamento avvenuto in casa laicista dopo la scoperta dei Rotoli di Qumran, della scoperta della piscina dei cinque portici a Gerusalemme, delle iscrizioni di Cesarea Marittima, della croce rinvenuta sotto le ceneri di Pompei ed Ercolano ecc.. «Tutta la Tradizione», continua Sangalli, «lungi dall’essere una sfilacciata somma di fantasiose aggiunte ed interessate interpretazioni, non fa che mostrarsi radicata in precisi fatti che l’hanno determinata fin dalle origini del cristianesimo».


[SM=g1740771] 

 

 
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