Un malato di SLA riflette per noi sulla morte di Eluana e sul nostro essere cattolici (IMPERDIBILE)

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Caterina63
00sabato 10 aprile 2010 00:14
Meditiamo davvero....
il testo che segue è di un uomo che è stato un ragazzo normalissimo per tanti anni e che un giorno tutto è cambiato... Fedele a Cristo nella Chiesa prima, ha maturato ancora di più questa sua fede ed ha realizzato un sito davvero stupendo che vi invito a leggere...
Fra i tanti articoli, eccone uno davvero interessante, un punto di vista davvero importante ed interessante che sarebbe utile che soprattutto i sacerdoti facessero proprio... Occhiolino

Il neretto in alcuni passi è mio

dal sito ANIME FIAMMEGGIANTI di Adriano Stagnaro

EDITORIALE MARZO 2009

 

Questo mese vi propongo un editoriale al vetriolo. E' anche piuttosto lungo, e vi chiedo scusa anticipatamente, ma non ho voluto tagliarne nemmeno un pezzo. Finora ho taciuto, per non unirmi al coro degli sciacalli che della tragedia di una ragazza hanno fatto una battaglia ideologica. Ma se tacessi ancora, sarebbe come mentire a voi e a me stesso. Scrivo a freddo, con lucida razionalità. Mi accorgo di stare diventando un cattolico integralista, stufo di vedere la stessa Chiesa scendere a compromessi con il mondo. Forse, avvicinandosi la morte, uno si fa un'idea più chiara delle cose. Di sicuro, tutto non mi é mai parso così semplice, limpido, evidente, nel bene e nel male, come adesso.

 

LO STRANO CASO DI ELUANA ENGLARO

 

Eluana è morta.

Improvvisamente, cogliendo tutti di sorpresa, anche i medici che stavano eseguendo il protocollo, ennesima parola dell’Antilingua per indicare la sospensione dell’idratazione e della nutrizione, ovvero la morte per sete e per fame.

Qualcuno ha imprecato, qualcuno ha applaudito. Anche la morte di Eluana è spettacolo, giusto quindi l’applauso di un pubblico ormai da tempo lobotomizzato.

Ho pregato che Eluana morisse in fretta. Sono stato esaudito.

Non mi basta. Signore, ora completa l’opera e vieni a prendertene qualcun altro. Scegli tu. Tu sai meglio di chiunque altro chi lo meriti.

 

Se fosse esistito un foglio scritto, un foglio qualunque firmato da Eluana, in cui dichiarava la propria volontà in merito alla sospensione dei trattamenti vitali in caso di stato vegetativo, non avrei avuto alcuna obiezione a quanto è stato fatto. Avrei pensato: è stata una sua scelta. Ma quel foglio non esiste, ed io non saprò mai se Eluana voleva veramente morire o se questa è solo la convinzione del padre.

Pesano come macigni le dichiarazioni di Pietro Crisafulli, fratello di Salvatore, risvegliatosi dal coma dopo due anni di stato vegetativo:

 

All'epoca anch'io ero favorevole all'eutanasia. Facemmo anche diverse foto insieme, e visitai la città di Lecco. Nella circostanza Beppino Englaro mi fece diverse confidenze, tra le quali che i rappresentanti nazionali del Partito Radicale erano suoi amici. Ma soprattutto, mentre eravamo a cena in un ristorante, in una piazza di Lecco, ammise una triste e drammatica verità.
Beppino Englaro si confidò a tal punto da confessarmi, in presenza di altre persone, che 'non era vero niente che sua figlia avrebbe detto che, nel caso si fosse ridotta un vegetale, avrebbe voluto morire'. In effetti, Beppino, nella sua lunga confessione mi disse che alla fine, si era inventato tutto perché non ce la faceva più a vederla ridotta in quelle condizioni. Che non era più in grado di sopportare la sofferenza e che in tutti questi anni non aveva mai visto miglioramenti. Entro' anche nel dettaglio spiegandomi che i danni celebrali erano gravissimi e che l'unica soluzione ERA FARLA MORIRE e che proprio per il suo caso, voleva combattere fino in fondo in modo che fosse fatta una legge, proprio inerente al testamento biologico
.” (Lettera aperta inviata a Tgcom, 4 febbraio 2009)

 

E se avesse ragione?

 

La volontà di Eluana è stata ricostruita per via indiretta, con una scelta dei testimoni a dir poco bizzarra. Sono stati ammessi solo il padre e tre amiche, non le altre amiche, non gli insegnanti.

In che contesto Eluana ha dichiarato le proprie volontà? Nello stesso contesto in cui io, dieci anni fa, potrei aver detto: “Preferirei morire, piuttosto che ammalarmi di SLA”?

Questo significa che devo aspettarmi un killer alla porta? O qualche radicale pietoso che viene a strangolarmi nel sonno?

A proposito, attorno al mio letto di morte non voglio veder mai Marco Cappato. Prima Welby, ora Eluana. Nel migliore dei casi, quest’uomo porta sfiga
.

 

Nel tentativo di rendere più accettabile l’atrocità del misfatto che si stava per compiere, si è ricorsi alle menzogne più miserabili. C’è chi ha affermato che Eluana era già morta diciassette anni fa. Chiariamo questo concetto. Eluana respirava da sola, deglutiva spontaneamente la saliva, il suo cuore batteva, il suo ciclo mestruale era ripreso, al mattino apriva gli occhi e alla sera li chiudeva, non aveva piaghe da decubito. Non era attaccata a tubi, aghi e quant’altro: aveva solo il sondino gastrico per ricevere cibo e acqua. Mi si dica che faceva una vita di merda, ma non che non era viva. Perché viva lo era eccome, altrimenti non sarebbe stato necessario ucciderla, per farla morire.

 

C’è chi dice: “Finalmente ha finito di soffrire”. Ma perché, soffriva? Ho sentito i medici favorevoli alla soluzione terminale ripetere fino alla nausea che Eluana non aveva percezione del dolore, quindi non avrebbe patito la morte per disidratazione. Ma se Eluana non soffriva e non aveva nemmeno percezione di sé stessa, perché ucciderla? Perché non lasciarla alle suore di Lecco? 

 
Ora che Eluana non c’è più, i responsabili della sua morte invitano al silenzio, “per rispetto del dolore dei familiari”. Ma bravi: prima l’hanno fatta morire ed ora pretendono che gli altri stiano pure zitti. Strano che non chiedano l’applauso. 

 
Fuori dell’istituto La Quiete di Udine, dove Eluana s’è spenta, campeggia un’insegna: “Azienda per i servizi alla persona”. Sticazzi, proprio dei bei “servizi”. 


Anche Andreotti ha voluto partecipare al dibattito. In un’intervista a La Stampa dell’8/02/2009, alla domanda: “Come deve regolarsi un cattolico praticante come lei?”, il Senatore risponde testualmente:

 

“Credo che sia un problema che ognuno debba risolversi come crede. Non esiste una regola generale. Mi sembra un modo troppo sbrigativo quello di rifarsi a pronunciamenti esterni alla coscienza. Tanto più che se la Chiesa non fissa espressamente una norma nel proprio magistero, noi cattolici non siamo esposti né tenuti a conformarci. Quindi, fissare il limite di ciò che è o non è vita, è una questione che ognuno di noi deve affrontare nel proprio io”.

 

Colmiamo le lacune dottrinali del Senatore Andreotti:

 

“2277 Qualunque ne siano i motivi e i mezzi, l’eutanasia diretta consiste nel mettere fine alla vita di persone handicappate, ammalate o prossime alla morte. Essa è moralmente inaccettabile.

Così un’azione oppure un’omissione che, da sé o intenzionalmente, provoca morte allo scopo di porre fine al dolore, costituisce un’uccisione gravemente contraria alla dignità della persona umana e al rispetto del Dio vivente, suo Creatore. L’errore di giudizio nel quale si può essere incorsi in buona fede, non muta la natura di quest’atto omicida, sempre da condannare e da escludere” (Catechismo della Chiesa cattolica, 1993).

 

Questo paragrafo deve essergli proprio sfuggito. Come del resto quest’altro:

 

“2270 La vita umana deve essere rispettata e protetta in modo assoluto fin dal momento del concepimento. Dal primo istante della sua esistenza, l’essere umano deve vedersi riconosciuti i diritti della persona, tra i quali il diritto inviolabile di ogni essere innocente alla vita”

 

Infatti la firma dell’allora Presidente del Consiglio Giulio Andreotti, assieme a quella degli altri democristiani, i ministri Tina Anselmi, Francesco Bonifacio, Tommaso Morlino e Filippo Maria Pandolfi e del capo dello Stato, Giovanni Leone, compare in calce alla Legge 194 del 1978, quella che legalizzò l’aborto in Italia.

 

Non riesco a provare compassione per Beppino Englaro. Anche l’uso di quel diminutivo, Beppino, mi urta. Beppino Englaro ha combattuto per diciassette anni affinché alla figlia fossero sospese la nutrizione e l’idratazione. Cioè, non ha speso la sua vita alla ricerca di una cura, di una guarigione, di una speranza di riavere Eluana, li ha spesi nel tentativo di assicurarle la morte.

Si potrebbe pensare che fosse distrutto dal quotidiano confronto con le insormontabili difficoltà di accudire un disabile così problematico, ma poi si scopre che Eluana era in un istituto di suore, non a casa. Ovviamente Beppino Englaro era convinto di fare il bene della figlia, almeno spero. Perché se davvero si scoprisse che voleva solo superare il proprio dolore attraverso la soluzione più drastica, scomparirebbe anche il credito dato all’amore di un padre disperato.

Non so perché, ma prevedo la sua presenza nelle liste radicali alle prossime elezioni. Spero di essere smentito.


Napolitano ha respinto il decreto legge varato in fretta e furia dal governo per prorogare il supporto vitale ad Eluana. Per una volta che Berlusconi fa una legge ad personam che non riguarda sé stesso o la sua cricca, il presidente della Repubblica gliela respinge poiché non vi ravvisa i requisiti della “necessità ed urgenza”. Fatemi capire. Salvare la vita ad una paralitica a cui hanno smesso di dare cibo ed acqua non è necessario, né urgente?

 

Nella sua decisione, Napolitano ha ricevuto un sostegno inatteso, quello del presidente della Camera, Gianfranco Fini. Geniale la definizione di questa concordanza di interessi coniata dall’avvocato Formicola: “Il patto Molotov-Ribbentrop”.

 

Ovviamente, morta Eluana, si è scatenata la cagnara.

Uno dei leit-motiv del dibattito è l’ingerenza del Vaticano. A leggere i titoli di Micromega sembrerebbe che il Papa abbia sparato a Napolitano e cagato sulla Costituzione.

L’intellettuale laico di area radical-sinistrorsa non è in grado di concepire che esista qualcuno che non la pensa come lui. Se questo fatto inusitato si verifica, significa inequivocabilmente che l’antagonista è plagiato/ricattato/corrotto. L’esigenza tutta giacobina di trovare a tutti costi un colpevole individua nel 90% dei casi il bersaglio grosso nella Chiesa cattolica. La Chiesa cattolica è la multinazionale del male che manovra la politica italiana. Visto che parlare di Chiesa cattolica tout court potrebbe far incazzare i teodem che sono il vero grimaldello da usare strumentalmente contro il magistero ecclesiastico, si adopera il termine “Vaticano”. E’ il colpo di genio: lo Stato straniero che attenta alla sovranità repubblicana.

Il senso logico di questo ragionamento fa più acqua di un colino: equivarrebbe ad affermare che uno Stato più piccolo di S.Marino condiziona la politica italiana.

In realtà non è il Vaticano che influenza le scelte politiche, ma proprio la Chiesa cattolica. La quale può farlo per un motivo assai semplice: milioni di elettori, dotati di libero arbitrio come tutti gli altri e – udite udite – del medesimo diritto di voto, concordano con le posizioni della Chiesa ed eleggono rappresentanti che esprimono queste istanze. Non si chiama ingerenza, si chiama democrazia. Ma per l’intellettuale laico democrazia è solo quando la maggioranza vota come pare a lui. Nel caso opposto, è il complotto vaticano.

 

In quest’ultimo periodo, ogni scusa è buona per dare addosso a Benedetto XVI. La grana dei Lefebvriani è un chiaro esempio di polemica ad orologeria. Williamson ha espresso i suoi deliri il 1° novembre 2008 e l’intervista è stata mandata in onda casualmente il 21 gennaio 2009, in concomitanza con la revoca della scomunica. Pare che la faccenda sia stata orchestrata da tale Fiammetta Venner, una giornalista francese, attivista del movimento omosessuale, abortista e laicista d’oltralpe, la quale prende anche parte al documentario nel quale la tv svedese inserisce l’intervista al vescovo negazionista.

Per farsi spiegare le posizioni del Papa, Lucia Annunziata intervista Hans Kung, ovvero il teologo che rappresenta più di ogni altro l’opposizione a Benedetto XVI. Un po’ come intervistare Emilio Fede per farsi spiegare le idee di Cossutta sul comunismo bolscevico. E’ anche da queste cose che uno capisce che c’è un linciaggio morale in atto.

Kung, come da copione, parte subito per la tangente suggerendo al Papa una serie di iniziative per rivitalizzare la Chiesa: comunione ai divorziati, matrimonio dei preti, prendere esempio da Obama (sic!) ed altre scempiaggini assortite. Propone un ulteriore passo verso la secolarizzazione, rispetto a quello compiuto col Concilio Vaticano II, ma finge di non ricordare che l’emorragia pastorale tra i cattolici è posteriore al Concilio, e che, caso mai, sarebbe il caso di interrogarsi su che cosa non ha funzionato, anziché premere sull’acceleratore verso la catastrofe.

Le stesse baggianate sono riprese dai “cattolici adulti” che lanciano strali dalle testate laiciste e firmano appelli a difendere la Costituzione, come se ci fosse un golpe in atto e come se la Carta stessa fosse ispirata da Dio come la Bibbia, quindi immutabile, pena il sacrilegio.

Diconsi “cattolici adulti” quegli intellettuali che a parole si autodefiniscono cattolici, ma nella pratica intendono la Chiesa non come Corpo di Cristo pervaso da una finalità ultraterrena, ma come un’associazione di moralisti, a cui sta simpatico Cristo, ma non abbastanza da essere coerenti con i suoi insegnamenti. Quando gli intellettuali radical-sinistrorsi hanno bisogno di una testa di ponte contro la Chiesa, si rivolgono ai “cattolici adulti”, sempre pronti a dar manforte contro il Papa.

L’unica cosa divertente di questo teatrino di pupi è il malcelato orgoglio di questi presunti cattolici nel sentirsi definire “adulti”. Probabilmente hanno completamente dimenticato le parole di Gesù: “Se non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei Cieli”.

 

Attualmente è al vaglio del governo un disegno di legge sul Testamento biologico, ovvero le disposizioni di fine vita di chi potrebbe non essere in condizione di esprimere la propria volontà. La legge non è ancora stata completata e già le opposizioni minacciano di ricorrere al referendum abrogativo. Ma perché ricorrere al referendum, se la legge è ancora tutta da discutere? C’è tutto l’iter parlamentare, la possibilità di proporre emendamenti, di modificare una legge fatta male.

No: referendum abrogativo. Ma perché?

La spiegazione è semplice: il Testamento biologico è solo uno specchietto per le allodole, l’obiettivo dell’intellighenzia laica radicale e massonica è ottenere direttamente una legge sull’eutanasia.

Scrive esplicitamente Maurizio Mori, docente di bioetica e presidente di un’associazione che raduna i membri del gruppo che ha affiancato e sostenuto Beppino Englaro in questi anni:

 

“[…] il caso di Eluana è importante per il suo significato simbolico. Da questo punto di vista è l'analogo del caso creatosi con la breccia di Porta Pia attraverso cui il 20 settembre 1870 i bersaglieri entrarono nella Roma papalina. Come Porta Pia è importante non tanto come azione militare quanto come atto simbolico che ha posto fine al potere temporale dei papi e alla concezione sacrale del potere politico, così il caso Eluana apre una breccia che pone fine al potere (medico e religioso) sui corpi delle persone e (soprattutto) alla concezione sacrale della vita umana. Sospendere l'alimentazione e l'idratazione artificiali implica abbattere una concezione dell'umanità e cambiare l'idea di vita e di morte ricevuta dalla tradizione millenaria che affonda le radici nell'ippocratismo e anche prima nella visione dell'homo religiosus, per affermarne una nuova da costruire” (Il caso Eluana Englaro. La "Porta Pia" del vitalismo ippocratico ovvero perché è moralmente giusto sospendere ogni intervento, Pendragon, Bologna 2009, pp. 11-12).

 

Ecco l’obiettivo: desacralizzare la vita umana, ripudiare il giuramento di Ippocrate, aprire una breccia nelle mura di chi si erge a difesa della vita per introdurre un aberrante diritto ad uccidere e ad essere uccisi.

Credetemi, qui non servono più giuristi, medici, politici. Qui ci vuole un esorcista.

 

Un’ultima considerazione sul Testamento biologico.

Io credo che ciascuno abbia il diritto di scegliere liberamente cosa fare della propria vita. Ma credo anche che tale libertà sarà solo apparente, finché lo Stato non si farà effettivamente carico di garantire un’esistenza dignitosa a chi decide di vivere. Esistenza dignitosa significa assistenza domiciliare permanente, sostegno economico, ausili e comunicatori gratuiti senza dover seguire trafile di assegnazione estenuanti.

In caso contrario, nessuna scelta sarà veramente libera.

Che libertà c’è nell’essere obbligati a scegliere tra la propria morte e la rovina economica, sociale e psicofisica dei nostri familiari e di coloro che ci assistono?

Questa non è libertà, è un modo per sbarazzarsi dei malati incurabili, problematici, improduttivi nella maniera più subdola: facendo chiedere ad essi stessi di essere fatti fuori.

E’ deprimente assistere in Parlamento alle cosiddette “battaglie di civiltà”, alle “battaglie sui diritti”, mentre da mesi i protocolli sui Livelli Essenziali di Assistenza sono bloccati ed i fondi per l’acquisto di comunicatori ad alta tecnologia stanziati dal Ministro Turco non sono mai stati trasferiti alle Regioni.

In questi giorni si parla tanto di “diritto di morire”. Il diritto di vivere se lo sono dimenticato tutti

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Adriano!!! SEI DAVVERO ECCEZIONALE!!!!GRAZIE!





 
Caterina63
00lunedì 12 aprile 2010 11:10
[SM=g7427] non aggiungo parole....guardate i filmati:

Kadyn è un bambino nato idrocefalo...vi prego di osservare la gioia dei genitori non certo per il problema del figlio, MA PER IL FIGLIO e di come viene dato al piccolo affetto e cure....




Qui, a 7 mesi Kadin migliora visibilmente....



qui Kadyn cresce....le sue PERNACCHIE dimostrano davvero quanto sia da stolti ABORTIRE......





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Questo che segue è invece è in Memoria di una Bambina nata e morta lo stesso giorno....ma voglio farvi vedere come l'amore di questi due genitori E' VIVO E RESTERA' VIVO IN ETERNO....
NON ABORTIRE!





Qui....un altro caso: la Famiglia di Corbin sapeva che il figlio sarebbe nato e morto con delle malformazioni a causa del TRISOMIA9 una malattia multiforme che non perdona e che interessa più parti del corpo....eppure guardate le foto durante la gravidanza, guardate con quanto amore portano a termine la gravidanza e lo amano appena nato...
E' come aggrapparsi a quel filo di speranza che se anche si sa di non poter cambiare gli eventi, si spera fino all'ultimo, si vive fino all'ultimo.... e allora si che la stessa MEMORIA acquista non solo valore, ma davvero un FILO CHE CI TIENE PER L'ETERNITA' UNITI...







[SM=g7182]

Caterina63
00martedì 13 aprile 2010 12:22

Senza giudicare la persona, ma giudicando l'atto....leggiamo prima la cultura DELLA MORTE da parte di una che si dice cattolica....e poi vediamo in fondo il video di un Evangelico Pentecostale con la sua CULTURA DELLA VITA....e meditiamo!!!


Ru486: "Io, cattolica, ho fatto la mia scelta. Chiesa e politica devono tacere"Parla la ragazza che si è sottoposta alla prima somministrazione. "Non avevo alternative, con la gravidanza avrei messo a rischio la mia vita. So cosa vuole dire rinunciare a un figlio e non è facile. La pillola non mi spaventa, l'aborto chirurgico invece sì".

BARI - Una bottiglietta d'acqua appena aperta. Tre pillole appena buttate giù. Sara è una donna sicura: non la tradiscono gli sguardi tristi che scambia con suo marito, che è voluto stare tutto il tempo con lei. Non la tradisce il viso stanco, le mani che si accavallano. Rimane sicura per tutto il tempo, jeans, camicia bianca e un maglioncino blu dove si appoggiano capelli rossi ordinati. Come ordinate sono le sue parole. Sara ha appena assunto la prima Ru486 commercializzata in Italia.

Come mai è arrivata a questa decisione?
"Non avevo alternative, avrei messo a rischio la mia vita. Non posso portare a termine la gravidanza, poco fa ho subito un intervento all'utero e già una volta ho perso un figlio al quinto mese per un aborto spontaneo. So cosa vuol dire, non è facile rinunciare alla maternità".

Ha già avuto altri figli?
"Sì, sono madre e questo rende tutto più doloroso. Se avessi potuto avrei tenuto anche questo bambino, ma proprio non posso. Avere un figlio è comunque una esperienza bellissima che auguro a tutte le donne. Abortire, a prescindere dalle motivazione, è la cosa più difficile che abbia mai fatto".

Perché ha scelto la pillola abortiva?
"Ne avevo sentito parlare, ma ero poco informata. Poi quando mi sono ritrovata a vivere questa situazione sulla mia pelle, ho iniziato ad indagare e tramite alcune conoscenze sono arrivata a Bari e alla clinica del dottor Nicola Blasi".

Ha scelto subito la Ru486?
"Sì. Sarei stata disposta ad andare ovunque, con mio marito saremmo arrivati in Francia pur di non tornare in sala operatoria. Non volevo i ferri, non volevo l'anestesia".

E' spaventata?
"No, non ho paura, la pillola non mi spaventa, l'aborto chirurgico invece sì. Ho scelto il metodo meno invasivo e problematico per me. Davvero sono molto serena, così almeno non sono costretta ad ulteriori sofferenze".

Sa che la legge prevede il ricovero per la somministrazione della pillola?
"Sì, ma una donna può firmare e lasciare l'ospedale. Io non voglio essere ricoverata, ho preso le tre pillole e vado via. Ritornerò a distanza di 48 ore in clinica. Non capisco perché se rilasciano una donna subito dopo l'aborto chirurgico, chi prende la Ru non può andare via. Perché bloccarla in ospedale per tre giorni? Non ha senso".

Ha sentito tutte le polemiche a questo proposito?
"Sì le ho sentite. Ogni donna deve decidere per la sua vita, poi ognuno è libero di avere opinioni differenti. La chiesa e la politica dovrebbero tacere, soprattutto gli uomini. Vorrei che una gravidanza potesse capitare a loro, così ci penserebbero meglio prima di parlare".

Immaginava tanto clamore in questa giornata?
"Sinceramente no, non me lo aspettavo, è capitato che le mie settimane di gestazione coincidessero con questo momento, ma se lo avessi saputo in anticipo, non sarei venuta qui. Decidere di interrompere una gravidanza, in un momento in cui è sempre più difficile avere figli, è una scelta difficile e combattuta".

E' cattolica?
"Sì, sono cattolica. Ma non sento che, per questo mio gesto, il Signore mi vorrà meno bene".

(P.S. a quest'ultima frase: è fuori dubbio che il Signore continuerà ad amarla così come ama anche ogni singola anima che nel tempo si è dannata, perchè l'Amore di Dio riversato sull'Uomo non vine mai meno, ergo Egli ama anche chi si danna...)




Grazie Nick [SM=g1740738]





[SM=g1740722] [SM=g1740717] [SM=g1740720]

Caterina63
00mercoledì 26 maggio 2010 19:31
Le comunità delle origini e il rapporto tra medicina e fede

Da Asclepio a Cristo


Pubblichiamo stralci di due relazioni del convegno "Malattia versus Religione tra antico e moderno". Organizzato nell'ambito delle Giornate genovesi di cultura cristiana, si svolge a Roma dal 26 al 29 maggio nel complesso monumentale di Santo Spirito in Sassia e al policlinico Agostino Gemelli.

di Enrico dal Covolo

La fede biblica in un Dio unico, personale, creatore e soprattutto padre, che dispensa ai suoi figli dolori e gioie, malattie e guarigioni in modo misterioso, ma sempre provvidenziale, creò nel cristianesimo primitivo le condizioni favorevoli per un'equilibrata convivenza di due sistemi di guarigione complementari, e talora concorrenti:  da un lato una sincera accoglienza della "medicina razionale, fisica, laica", quando questa accetta di considerarsi ministra di Dio; dall'altro il progressivo instaurarsi e rafforzarsi di un sistema di "medicina religiosa e soprannaturale", sempre più gestito dalla Chiesa mediante la preghiera, l'esorcismo e il miracolo, e in genere mediante la fede.

Circostanze culturali di vario genere favorirono alcuni modi di pensare:  anzitutto l'opinione, non del tutto assente fino alla metà del ii secolo, che le guarigioni miracolose fossero piuttosto frutto di carismi operanti solo in epoca apostolica; inoltre una fondamentale laicità della medicina razionale, ovviamente con caratteri ben più marcati rispetto alla medicina legata ai culti pagani; e ancora un forte interesse dei cristiani per l'etica severa del giuramento ippocratico, che i medici antichi pronunciavano in teoria, ma che non sempre praticavano nella professione quotidiana.

In tale contesto si inserisce con successo il titolo di "medico" e di "approntatore di farmaci" (lui stesso, anzi, medico e medicina) attribuito a Gesù Cristo, terapeuta del corpo e dell'anima. Dell'anima soprattutto, e del corpo in vista dell'anima:  idea che diventa addirittura stereotipa in Oriente da Ignazio di Antiochia in poi, mentre è meno diffusa in Occidente, dove tuttavia si riscontra la frequenza del tòpos negli scritti di Ambrogio, di Girolamo e di Agostino.

Sia in Oriente sia in Occidente il titolo di "medico" fu attribuito non solo a Cristo, ma anche ai profeti di Israele e ai grandi personaggi dell'Antico Testamento, agli apostoli, a uomini di Chiesa, a vescovi, presbiteri e diaconi. Analogamente i padri spirituali del cristianesimo antico assunsero dalla pratica della medicina razionale le metafore per illustrare i momenti e i modi della terapia dello spirito. Anche tra i presbiteri e i vescovi si trovano dei medici. Eusebio ricorda fra i martiri di Lione un Alessandro medico; e i santi medici Cosma e Damiano - patroni della medicina - sono collocati da una pia tradizione fra i martiri della grande persecuzione dioclezianea.

In generale, le ricerche sulla medicina patristica attestano un apprezzamento molto positivo della medicina razionale da parte dei cristiani. Ma era inevitabile che ci fossero delle tensioni, e anche dei rifiuti. Marcione per esempio, con il suo disprezzo del corpo, della creazione e dello stesso Creatore, finisce col disprezzare anche la medicina, tanto da espungere dalla Lettera ai Colossesi l'elogio di Paolo a Luca, quale "benemerito medico" (4, 14).

Più difficile e complesso è il caso di Taziano. Nel suo encratismo, dove il dualismo paolino tra carne e spirito è concepito in senso platonico, l'apologeta siro sconsiglia l'uso dei medicamenti tratti dalla terra, ritenendo di origine demoniaca, e quindi non volute da Dio, le guarigioni raggiunte per questa via. In altri casi istanze di carattere ascetico introducono distinzioni problematiche. Così Origene, che peraltro ritiene la medicina "benemerita ed essenziale per l'umanità", in altro contesto la raccomanda sì ai comuni cristiani, ma afferma che quanti aspirano a diventare perfetti dovrebbero chiedere la guarigione con la sola preghiera. In modo abbastanza simile Basilio di Cesarea distingue tra le malattie di origine naturale, che possono essere curate dai medici, e quelle inviate direttamente da Dio per punizione o per santificazione, per le quali sarebbe somma stoltezza qualsiasi cura fisica. Non mancavano poi motivi specifici di diffidenza e di riserva.

I Padri sono molto preoccupati che un'eccessiva fiducia nei medici metta a rischio la convinzione che, in definitiva, è sempre Dio a guarire. Né sembrava molto adatta a favorire un buon rapporto con la medicina certa mistica cristiana del dolore, che, proclamando il valore pedagogico della sofferenza (si ricordi il libro di Giobbe), finiva per reprimere le esigenze del corpo a favore delle aspirazioni di salute dell'anima.

Il punto di equilibrio è comunque fissato con chiarezza già da Origene:  "Le persone religiose - scrive nelle annotazioni al iii libro dei Re - ricorrono ai medici come a collaboratori di Dio, ben sapendo che egli ha donato agli uomini, come tutte le altre scienze, anche la scienza medica, e che è stato lui a ordinare alle erbe di germogliare dalla terra. Tuttavia le persone religiose sanno anche che l'arte dei medici a nulla può se Dio non vuole, ma tanto può quanto lui vuole".

Non bisogna dimenticare, infine, la persistenza di un terzo sistema di guarigione, quello cioè legato alla pratica della magia, in collegamento con i culti pagani.

Rimasta piuttosto latente nella comunità cristiana durante i primi secoli, la pratica della magia riesplode in coincidenza con un'istanza di salute sempre più diffusa anche nei ceti popolari e, soprattutto, con la reazione pagana del iv secolo. A questo sistema di medicina, che cura attraverso l'uso di amuleti, di carmi magici, di incantesimi, oltre che rinnovando l'antica pratica delle incubazioni nei luoghi sacri, la Chiesa dei vescovi risponde organizzando e potenziando il proprio sistema di guarigione religiosa, sia con le forme della progrediente liturgia dei malati sia con nuove fenomenologie provenienti dalla venerazione dei santi.

Così al culto di Asclepio si oppone quello di santi medici martiri, o asceti, taumaturghi e anàrgyroi (cioè "senza moneta", che curano gratis), come Cosma e Damiano, Antonio, Ilarione, Gregorio Taumaturgo, Ciro e Giovanni, Artemio, Sansone, Panteleemone, Zallelaio, che guariscono in vario modo:  o con un semplice segno di croce o imponendo le mani o benedicendo vestiti e altri oggetti, oppure richiamandosi al potere del nome di Gesù. Luoghi pagani di guarigione sacra vengono trasformati in centri di guarigione cristiani. Si sviluppano il culto delle reliquie e il loro uso a scopo terapeutico, con ampia proclamazione di eventi miracolosi. Il complesso dei fenomeni è spesso affastellato e difficilmente districabile. Gli stessi confini tra medicina razionale, medicina religiosa e medicina magica sono tutt'altro che netti e sicuri, tanto che nel discernere persino sant'Agostino mostra alcuni dubbi. Ma, in definitiva, il rapporto positivo tra cristianesimo e medicina sembra tenere. In molti casi, le ammonizioni rivolte ai medici e ai pazienti, perché si ricordino che solo Dio guarisce, si accompagnano a chiare affermazioni sull'importanza e sul valore dell'arte medica.

Si può anzi concludere citando un'iscrizione in versi dedicata al sacerdote e medico anàrgyros Dionisio, vissuto intorno al 400, nella quale si attesta la conciliazione delle due professioni, quella della medicina e quella della fede:  Ars veneranda fidem, fidei decus extulit artem ("L'arte medica deve venerare la fede, e il decoro della fede esalta l'arte medica").


(©L'Osservatore Romano - 27 maggio 2010)
Caterina63
00venerdì 7 gennaio 2011 10:54

Dall'Amico "Thunder" del sito Anime Fiammeggianti.... mi è indispensabile condividervi i "suoi" Auguri speciali....


EDITORIALE GENNAIO 2011

TRASFIGURARE IL DOLORE

 

L'operoso San Giovanni Bosco soleva ripetere ai suoi allievi: "il demonio ha paura della gente allegra".

Il suo insegnamento non faceva altro che riprendere l'antica tradizione della Chiesa, in cui troviamo scritto che "la tristezza è la più malvagia di tutte le passioni, dannosissima ai servi di Dio, perché rovina l'uomo e scaccia da lui lo Spirito Santo" (Il Pastore di Erma, 140 d.C. circa).

A volte la tristezza, intesa come sfiducia, noia, indifferenza, vuoto interiore, veniva identificata con il demonio del mezzogiorno, annidato nel tempo della vita che avrebbe dovuto essere il più consapevole ed il più creativo.

Al contrario la gioia, secondo San Tommaso d'Aquino, "è la forza che muove la vita, l'anima del dinamismo: dilata lo spirito, moltiplica le energie, sostiene l'entusiasmo, fa operare con diligenza e attenzione".

Eppure la gioia cristiana, la gioia interiore che la promessa di vita eterna porta con sé, spesso è proprio l'ultimo dei nostri sentimenti.

"Il contrario di un popolo cristiano è un popolo triste, un popolo di vecchi" constata lo scrittore cattolico francese George Bernanos.

Forse, pur portando questo nome, non siamo abbastanza cristiani o non riusciamo a comprendere sino in fondo che cosa tutto questo comporti. Oppure semplicemente non sappiamo che fare della nostra tristezza e del nostro dolore e lasciamo che restino lì, a gravare sulle nostre anime, distruggendoci.

Se il demonio ha paura della gente allegra, chissà come gode della gente triste, della gente che soffre, ben sapendo che il dolore allontana da Dio ben più facilmente di quanto non avvicini a Lui. Pensate alla perfida soddisfazione di Satana, quando chiede a Dio il permesso di tormentare Giobbe nella carne, pregustando la ribellione dell'innocente contro l'ingiustificata punizione: «Pelle per pelle; tutto quanto ha, l'uomo è pronto a darlo per la sua vita. Ma stendi un poco la mano e toccalo nell'osso e nella carne e vedrai come ti benedirà in faccia!». (Giobbe 2, 4-5)

Noi non possiamo evitare il dolore e la sofferenza, né Dio ci preserva da questi mali quando, attraverso vie tortuose e imperscrutabili ai nostri occhi, Egli trae da essi un bene maggiore dei mali stessi. Dio ci chiede di aver pazienza, di confidare in lui, di attendere che il dolore sofferto porti i suoi frutti, che raccoglieremo nella vita eterna.

Quando Gesù, nel discorso della montagna, proclama: "Beati gli afflitti, perché saranno consolati", intende chiaramente che il motivo della gioia non è l'afflizione in se stessa, bensì la consolazione che seguirà. Dio ha ben chiaro quanto possano essere terribili il dolore e la sofferenza.

L'uomo, quando incontra la propria Croce personale, non ha che due scelte: tentare di fuggire, ritrovandocisi inchiodato sopra sempre più a fondo, oppure caricarsela da solo sulle spalle e seguire l'unico che può rendere leggero questo giogo: il Cristo che mostra la via della Resurrezione.

"E’ dai segni delle sue sofferenze che Cristo ha voluto farsi riconoscere dai suoi discepoli, ed è per mezzo delle sofferenze, che riconosce coloro che sono i suoi discepoli." (Pascal): è questo il vero significato della frase di Gesù, quando afferma: " chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me" (Matteo 10,38).

Accettare il dolore non significa arrendersi ad esso ed alle cause che lo hanno provocato, bensì reagire, non lasciarsi schiacciare, impossessarsene e trasfigurarlo in un'arma di salvezza.

Quando della sofferenza e del dolore non sappiamo più cosa farcene, non lasciamo che vadano sprecati, strappiamole alla soddisfazione diabolica ed offriamole direttamente a Dio. Poche cose, tra quelle che possiamo prendere dalla nostra vita e donare a Dio, hanno così grande valore come il nostro dolore, liberamente offerto a sconto dei peccati nostri e dei nostri cari. In questo modo, neppure una lacrima andrà sprecata.

 

“Se altro non hai da offrire al Signore, presèntagli almeno il dolore e la pena.

A tanti uomini è costato tanta fatica quel pezzo di pane che riposa sulla patena.

Se vuota è la tua mano ed arida è la tua bocca, offri il tuo cuore ferito e tutto il tuo pianto. Perché il vino scorresse nel calice, non è stato forse necessario che il grappolo fosse spremuto e il chicco franto?
Se altro non hai in te che il peccato e la malvagità, la stanchezza della vita e tutta l’umana pena, le tue mani innalzino al cielo queste tristi cose, perché la Misericordia le ha ricevute come di più nella sua Cena.

E se non hai più neanche la forza dell’offerta e della preghiera, se tutto in te non è che assenza ed abbandono, accetta in silenzio che un Altro si carichi di te per te, e ti assuma perché l’offerta e l’offerente siano un solo dono”.
(Daniel Rops)


CLICCA QUI: ANIME FIAMMEGGIANTI




Caterina63
00mercoledì 24 agosto 2011 22:03
EDITORIALE GIUGNO 2011

dal sito ANIME FIAMMEGGIANTI di Adriano Stagnaro


LA CAREZZA DEL NAZARENO

Antonio Socci, un polemista cattolico dell'area di Comunione e Liberazione, da un po' di tempo, nei suoi scritti, cita questa frase, pronunciata dal non credente Jannacci: "ci vorrebbe una carezza del Nazareno".

Una carezza del Cristo invocata come panacea dei mali dell'umanità, con particolare riferimento a quelli che l'umanità stessa si procura da sola, senza alcuna remora o rimorso.

Mi viene in mente una delle canzoni meno famose e meno riuscite di Fabrizio de Andrè, che recitava così: "Dio del cielo/se mi vorrai amare/scendi giù dal cielo/e vienimi a cercare".

Ma perché, cos'ha fatto Dio duemila anni fa, se non proprio scendere dal cielo, farsi uomo e venirci a cercare? Quante altre volte dovrà venire a farsi crocifiggere prima che l'uomo impari qualcosa?

Quante altre volte, ingrati e senza memoria, continueremo a invocare e a pretendere dal Cristo carezze, abbracci, consolazione per i delitti da noi stessi compiuti o ai quali abbiamo assistito senza muovere un dito?

Davvero nessuno di noi ha paura di sentirsi rispondere: "O generazione incredula e perversa! Fino a quando starò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi?" (Matteo 17,17)

Io credo che sia l'ora di smetterla di chiedere carezze al Nazareno: è l'ora di meritarsele.

Viviamo in un mondo in cui l'esistenza di Dio è palesata solo dai trionfi di Satana: un quotidiano ripetersi di orrori, violenze, stupri, sopraffazioni, ingiustizie con un ispiratore occulto e soprannaturale, ma entusiasti esecutori del tutto umani.

E noi cristiani che avremmo dovuto essere il sale del mondo, ci siamo talmente mescolati al mondo e alle sue nefandezze da aver perso sapore.

Si fa tanto parlare delle profezie Maya del 2012, ma se qualcuno di noi fosse ancora in grado di riconoscere i segni dei tempi, non troverebbe inquietanti similitudini tra questi anni e il giorno in cui tornerà il Figlio dell'uomo sulla terra?

"(...) molti verranno nel mio nome, dicendo: Io sono il Cristo, e trarranno molti in inganno. Sentirete poi parlare di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non allarmarvi; è necessario che tutto questo avvenga, ma non è ancora la fine. Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi; ma tutto questo è solo l'inizio dei dolori. Allora vi consegneranno ai supplizi e vi uccideranno, e sarete odiati da tutti i popoli a causa del mio nome. Molti ne resteranno scandalizzati, ed essi si tradiranno e odieranno a vicenda. Sorgeranno molti falsi profeti e inganneranno molti; per il dilagare dell'iniquità, l'amore di molti si raffredderà. Ma chi persevererà sino alla fine, sarà salvato." (Matteo 24,5-13)

 
Il fatto è che, prima o poi, il giudizio di Dio arriverà per tutti, anche per chi non ci crede.

Ho smesso di reagire quando subisco un torto o un'ingiustizia, quando vengo sgridato perché di notte chiedo aiuto troppe volte o quando il parcheggio riservato ai disabili è occupato da gente sanissima che va a fare la spesa e mi tocca farmi 100 m in carrozzina sotto il temporale.

Mi limito a pensare, rivolto al colpevole: "Anche per te verrà il giudizio di Dio".

Allora saranno ceffoni come se piovesse, altro che carezze...



Caterina63
00domenica 23 dicembre 2012 14:57

  il sito da giorni non segnala più l'attività.... non vogliamo pensare al peggio, ma che cosa è il peggio, davvero?

Tuttavia riscontriamo nel wueb questa notizia dal giornale interno del 7 ottobre :
Per dare l'ultimo saluto ad Adriano Stagnaro una folla di persone si è incontratanellamattinatadi lunedì 3 ottobre per assistere al suo funerale ...

Sestri piange Stagnaro, stroncato a 41 anni dalla Sla Il funerale si é tenuto lunedì 3 ottobre nella chiesa di Santo Stefano del Ponte. Don Pino: «Aveva una fede granitica»




In un modo o nell'altro sappiamo di non esserci persi.... c'è un contatto che può al di la di ogni difficoltà: la Preghiera, la Comunione dei Santi, l'Amore di Cristo.... e in Cristo.
E' così che ti contattiamo da oggi, caro Adriano, chiedendo al Signore di farti partecipe  della beatitudine dei suoi giusti, noi pregheremo per questo e per te, tu prega per noi....... [SM=g1740738]

Ti avviciniamo attraverso le parole che seguono, uno degli ultimi contatti....

Anime fiammeggianti

Autore: Saro, Luisella  Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele
Fonte: CulturaCattolica.it
martedì 14 agosto 2012

«Il male è una lima. Secondo la natura delle nostre virtù, le assottiglia fino al nulla o le aguzza sino a Dio».
(Gustave Thibon)
E’ vero. E’ come un tuono: l’imprevisto che squarcia il silenzio e fa sobbalzare, il sito di Adriano Stagnaro, in arte “Thunder”, l’araldo della Divinità.

Nel giro di una settimana, il link ad Anime fiammeggianti mi è arrivato da due amiche che non si conoscono, che abitano lontanissime. E siccome ha ragione Anatole France nel dire che «il Caso è lo pseudonimo di Dio quando non vuole firmare per esteso», quel link è una calamita. Impossibile non cliccare. Impossibile non leggere. Entro e non uscirei più…
Adriano Stagnaro, nato il 29 settembre del 1970, ad un certo momento della vita viene colpito dalla SLA, malattia che morso dopo morso si mangia tutto. Prima inghiotte il futuro, i progetti, i desideri, poi inizia a sbocconcellare il presente. «Ma non ha fatto i conti con me», scrive. E così nasce il sito, con un intento ben preciso.
«Fin dal primo momento in cui ho scoperto di essermi ammalato – racconta –, ho cominciato a chiedermi: “Perché Dio ha permesso che mi accadesse questa cosa terribile?” Alla fine, ho trovato due risposte. Credo che Dio abbia permesso – badate bene, “permesso”, non “voluto”! – che io conoscessi la SLA sulla mia pelle, affinché io gli rendessi testimonianza direttamente dall’inferno del dolore, riuscendo a trasformare un evento tragico, come questa malattia, in un’occasione di salvezza per me e per gli altri».

In una delle sezioni, quest’uomo racconta la sua “traversata”, in un diario di bordo lucidissimo, a tratti persino ironico, che inizia ad agosto del 2008 e si interrompe a maggio 2011, quando peggiora la funzionalità polmonare ed è costretto ad utilizzare il respiratore 24 ore su 24, viene attivato il servizio a domicilio, aumentano le difficoltà di comunicazione vocale e di nutrizione, e l’atrofia muscolare comincia ad interessare tutto il corpo.

La forza sono le visite degli amici, la presenza costante e amorevole dei famigliari, i piccoli, ingegnosi stratagemmi per fare meno fatica a scrivere, a muoversi, a leggere, a… vivere.

La forza è il suo sito. «Anime fiammeggianti vuole raccontare di come io mi preparo alla morte, amando la vita fino all’ultimo secondo – scrive – e di come si possa continuare ad amare Dio e ad avere fede in Lui anche dopo che la vita ci è stata strappata da Male».

La forza sono altri amici, come lui malati di SLA, che attraverso il sito donano a chi li “incontra” la loro testimonianza e la loro passione, intensissima, per la vita.

Sebastiano Marrone, missilista della Marina, direttore di un Istituto scolastico, atleta, arbitro, maestro di arti marziali, allenatore olimpico della Nazionale di tiro con l’arco, la cui vita, nel 2002 «si è schiantata su uno scoglio infido e bastardo», la SLA. Eppure «Sebastiano non ha mai smesso davvero di navigare» e così, basta cercare, e in un’altra sezione si trovano alcune sue intense, drammatiche poesie, che vanno dritte al cuore.
Luana Gorza, bellunese, sciatrice e maratoneta, che ama l’arte, la pittura, la lettura, le sue montagne. Nel 2005 le viene diagnosticata la SLA, ma non si scoraggia; nemmeno quando si trova costretta in sedia a rotelle. «Non lascia tempo alle cose inutili, ama le conversazioni intelligenti, cerca di trasmettere la propria sensibilità ai tanti amici che la circondano e l’aiutano… Consapevole del tempo che passa preferisce vivere il presente, cogliendo le sfumature più profonde di un vissuto che è già stato tutto un regalo».
Gian Luca Fantelli, musicista e scrittore che si definisce “inversamente sano” e che vede la SLA «come opportunità per tirare fuori i sogni dal cassetto (già trasformare la Sfiga Letale Abominevole in un’opportunità non è da tutti)». Fante scrive canzoni insieme ad un amico. «Finché ha voce canta e, quando non canterà più, scriverà canzoni che altre voci canteranno per lui. Di una cosa sola è sicuro: non alzerà mai bandiera bianca».
Un altro collaboratore e amico è Gian Cavallo, “scrittore di razza”, che nonostante la SLA continua a scrivere, ha devoluto il ricavato del secondo romanzo all’AISLA ed è diventato un testimonial della lotta alla malattia.
L’ultimo aggiornamento al sito – entro e mi muovo in tutte le sezioni per cercare qualcosa di recente – risale ad un anno fa.

Non so come stia Adriano Stagnaro, né come stiano, ora, i suoi amici.
So che “Thunder” questo pensava e questo, nel 2011 ha scritto: «Se qualcuno, attraverso la mia testimonianza di fede, si avvicinerà a Dio, allora il mio sacrificio sarà stato utile e, per quanto vi potrà sembrare assurdo, ne sarà valsa la pena». E ancora: «Non avrei la forza di accettare questa prova se non fossi certo che Dio stesso, facendosi carne e sangue, l’abbia affrontata prima di me, sperimentando di persona la solitudine, la paura, l’abbandono, il dolore e la morte».


So che la sezione del sito che Adriano-Thunder considera la più importante è quella dedicata all’apologia, che, come scrive, è nata «per difendere la mia Speranza contro chi, nel nome di una ragione onnisciente, vorrebbe togliermela». E’ una parte ricchissima e commuovente.

So che quest’uomo, nonostante la malattia, ha iniziato ed è riuscito a terminare un libro di oltre 400 pagine, dal titolo “E voi, chi dite che io sia?”, la domanda che Gesù, da duemila anni, rivolge al cuore di ogni uomo. Un impegno enorme, a testimonianza e a difesa della Verità.

Nel sito così scrive: «T.S.Eliot, onirico poeta inglese, chiuse il suo capolavoro “The Wasteland” con la sezione V, intitolata “What the Thunder said”. Chiamato a dirimere una contesa tra dei, demoni e uomini, la Divinità suprema risponde con una sola parola, “DA”, che ciascun gruppo interpreta a suo modo. Eliot reinventa l’antica leggenda: il Tuono si rivolge all’umanità richiamando l’uomo alle sue responsabilità terrene, tanto più urgenti quanto più la vita é caduca, gli suggerisce il modo di liberarsi dalla prigionia dei propri limiti, gli promette serenità nell’abbandono alla sua Volontà».

Il Gange era basso, e le foglie flosce
attendevan la pioggia, mentre nubi nere
si agglomeravano distanti sull’Himavant.
La giungla stava appiattita, acquattata in silenzio.
Allora parlò il Tuono:
DA
Datta: che cosa abbiamo dato?
O amico, sangue che mi rimescola il cuore,
il terribile ardire di un momento di abbandono
che un secolo di prudenza non potrà mai ritrattare,
per questo, e questo soltanto, noi siamo esistiti.
Questo, che non si troverà nei nostri necrologi,
né sulle lapidi velate dal benefico ragno,
né sotto i suggelli rotti dallo scarno notaro,
nelle nostre camere vuote
DA
Dayadhvam: io sentii la chiave
girar nell’uscio una volta e girare una volta sola.
Noi pensiamo alla chiave, ciascuno nella sua prigione.
Pensando alla chiave, ciascuno conferma una prigione.
Solo al calar della notte, eterei rumori
ravvivano per un momento un affranto Coriolano
DA
Damyata: la barca rispondeva
lietamente alla mano esperta con la vela e con il remo.
Il mare era calmo, anche il tuo cuore avrebbe corrisposto
lietamente, invitato, battendo obbediente
alle mani regolatrici.
(T.S.Eliot. What the Thunder said)


Sì, basta un click ed è davvero un tuono imprevisto e “impertinente” quello che irrompe nelle case. Così fragoroso che è impossibile fingere di non aver sentito.Così potente che non può non provocarci.

Che il suo rimbombo scuota le nostre tiepide coscienze di “fintamente sani”…

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