Vehementer Nos del 1906 contro la legge francese che relegava la Chiesa ad un fatto privato

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Caterina63
00mercoledì 25 novembre 2009 00:09

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san Pio X
Vehementer


Lettera Enciclica

Protesta solennemente contro la legislazione antireligiosa in Francia e conforta il popolo cattolico a resistere con mezzi legali, onde conservare al Paese la sua tradizione cattolica 1.

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Siamo pieni d'inquietitudine e d'angoscia quando soffermiamo il pensiero su di voi. E come potrebbe essere diversamente, dopo la promulgazione della legge che, spezzando violentemente i legami secolari, con i quali la vostra Nazione era unita alla Sede Apostolica, crea alla Chiesa cattolica in Francia una situazione indegna di lei e quanto mai lamentevole?

È questo un avvenimento gravissimo; e tutte le anime buone devono deplorarlo perché è tanto funesto alla società civile, quanto alla religione; ma non deve aver sorpreso nessuno che abbia seguito con un po' d'attenzione la politica religiosa della Francia in questi ultimi anni. Per voi, Venerabili Fratelli, non sarà stato né una novità, né una sorpresa, dal momento che siete stati testimoni delle ferite così terribili e numerose inflitte a volta a volta dall'autorità pubblica alla religione. Avete visto violare la santità e l'inviolabilità del matrimonio cristiano con disposizioni legislative formalmente in contraddizione con esse; laicizzare le scuole e gli ospedali; strappare i chierici ai loro studi e alla disciplina ecclesiastica per costringerli al servizio militare; disperdere e spogliare le congregazioni religiose e ridurre la maggior parte dei loro membri all'estrema miseria. Poi sono sopravvenute altre misure legali che voi tutti conoscete: fu abrogata la legge che ordinava delle preghiere pubbliche al principio di ogni sessione parlamentare e giudiziaria; furono soppressi i tradizionali segni di lutto a bordo delle navi il Venerdì Santo; eliminato dal giuramento giudiziario ciò che gli dava il carattere religioso; bandito dai tribunali, dalle scuole, dall'armata, dalla marina, infine da tutte le istituzioni pubbliche, ogni atto o simbolo che potesse in qualche modo ricordare la religione. Queste misure ed altre ancora che a poco a poco separavano di fatto la Chiesa dallo Stato non erano niente altro che dei gradini posti allo scopo di arrivare alla separazione completa ed ufficiale: persino coloro che le hanno promosse, non hanno esitato a riconoscere questo, apertamente e frequentemente.

Per rimediare alla disgrazia così grande, la Sede Apostolica non ha risparmiato nulla. Mentre da un lato non si stancava di ammonire coloro che presiedevano gli affari francesi e li scongiurava a parecchie riprese di considerare a fondo l'immensità dei mali che infallibilmente avrebbe apportato la loro politica separatista, d'altra parte moltiplicava di fronte alla Francia le splendenti testimonianze del suo indulgente affetto.

Aveva il diritto di sperare così, in grazia dei vincoli della riconoscenza, di poter trattenere quegli uomini politici che erano sull'orlo del precipizio e di condurli alla fine a rinunciare ai loro progetti.

Ma attenzioni, sforzi, buoni uffici, tanto da parte del Nostro Predecessore che da parte Nostra, sono rimasti senza effetto. E la violenza dei nemici della religione ha finito per vincere a forza ciò a cui avevano aspirato per tanto tempo, contro i diritti di quella nazione cattolica e di tutto ciò che potevano desiderare gli spiriti che pensano saggiamente. Perciò, in quest'ora così grave per la Chiesa, nella coscienza della Nostra carica Apostolica abbiamo considerato come un dovere far udire la Nostra voce e aprire la Nostra anima a voi, Venerabili Fratelli, al vostro clero e al vostro popolo, a tutti voi che Noi abbiamo sempre circondato di una tenerezza particolare, ma che in questo momento, come è giusto, amiamo più teneramente che mai.

È una tesi assolutamente falsa, un errore pericolosissimo, pensare che bisogna separare lo Stato dalla Chiesa.

Questa opinione si basa infatti sul principio che lo Stato non deve riconoscere nessun culto religioso: ed è assolutamente ingiuriosa verso Dio, poiché il Creatore dell'uomo è anche il fondatore delle società umane e conserva nella vita tanto loro che noi, individui isolati. Perciò noi gli dobbiamo non soltanto un culto privato, ma anche un culto sociale e onori pubblici.

Inoltre questa tesi è un'ovvia negazione dell'ordine soprannaturale. Essa limita infatti l'azione dello Stato alla sola ricerca della prosperità pubblica in questa vita, cioè alla causa prossima delle società politiche; e non si occupa in nessun modo, come di cose estranee, della loro causa più profonda che è la beatitudine eterna, preparata per l'uomo alla fine di questa vita così breve. E pertanto, poiché l'ordine presente delle cose è subordinato alla conquista di quel bene supremo e assoluto, non soltanto il potere civile non dovrebbe ostacolare questa conquista, ma anzi dovrebbe aiutarci a compierla.

Questa tesi sconvolge pure l'ordine saggiamente stabilito da Dio nel mondo, ordine che esige un'armoniosa concordia tra le due società. Queste due società, la religiosa e la civile, hanno infatti i medesimi sudditi, sebbene ciascuna di esse eserciti su di loro la propria autorità nella sua sfera particolare. La conseguenza logica è che vi sono molte cose che dovranno conoscere sia l'una che l'altra, poiché sono di competenza di tutt'e due. Ora, se scompare l'accordo fra Stato e Chiesa, da queste materie comuni sorgeranno facilmente semi di discordia che diverranno molto acri da ambo le parti; la nozione della verità ne sarà turbata e le anime saranno inquiete.

Infine, questa tesi danneggia gravemente la stessa società civile, che non può essere né prospera né duratura quando non vi è posto per la religione, regolatrice suprema e sovrana maestra allorché si tratta dei diritti e dei doveri dell'uomo.

Così i Pontefici Romani non hanno tralasciato, secondo i tempi e le circostanze, di rifiutare, di condannare la dottrina di separazione della Chiesa e dello Stato. E notorio che il Nostro illustre Predecessore Leone XIII ha ripetutamente e chiaramente esposto quelli che dovrebbero essere, secondo la dottrina cattolica, i rapporti fra le due società. Fra esse, ha detto, "bisogna per forza che intercorra una saggia unione, unione che si può giustamente paragonare a quella che riunisce nell'uomo l'anima e il corpo". Egli aggiunse ancora: "Le società umane non possono senza delitto comportarsi come se Dio non esistesse, o rifiutare di preoccuparsi della religione come se questa fosse cosa per loro estranea o inutile... Quanto alla Chiesa, fondata da Dio stesso, escluderla dalla vita attiva della Nazione, dalle leggi, dall'educazione dei giovani, dalla società domestica, significa commettere un gronde e pericoloso errore".

Se poi un qualsiasi Stato cristiano che si separi dalla Chiesa commette un'azione essenzialmente funesta e biasimevole, quanto si deve deplorare che la Francia si sia messa per questa strada, quando avrebbe dovuto entrarvi meno ancora di tutte le altre nazioni! La Francia, che nel corso dei secoli è stata l'oggetto di una così grande e singolare predilezione da parte di questa Sede Apostolica; la Francia della quale la fortuna e la gloria sono sempre state intimamente unite all'osservanza dei costumi cristiani e al rispetto della religione!

Il medesimo Pontefice Leone XIII aveva dunque molta ragione di dire: "La Francia non saprebbe dimenticare che il suo provvidenziale destino l’ha unita alla Santa Sede con legami troppo stretti e troppo antichi perché essa voglia mai spezzarli. Da questa unione infatti sono uscite le sue vere grandezze e la sua gloria più pura... Turbare questa unione tradizionale significherebbe togliere alla Nazione stessa una porte della sua forza morale e della sua alto influenza nel mondo". I legami che consacravano questa unione dovevano essere tanto più inviolabili in quanto così esigeva la fede giurata dei trattati.

Il Concordato stretto tra il Sovrano Pontefice e il governo francese, come del resto tutti i trattati dello stesso genere che gli Stati concludono fra loro, era un contratto bilaterale che obbligava ambe le parti.

Il Pontefice Romano da una parte, il capo della Nazione francese dall'altra si impegnarono dunque solennemente, tanto per loro stessi che per i loro successori, a mantenere inviolabilmente il patto che firmavano.

Ne risultava che il Concordato 2 regolava tutti i trattati internazionali, cioè i diritti delle genti, e non poteva in nessun modo essere annullato con l'azione di una sola delle parti Contraenti. La Santa Sede ha sempre osservato con fedeltà scrupolosa gli impegni che aveva sottoscritti, e in ogni tempo ha reclamato che lo Stato desse prova della stessa fedeltà. Nessuno che giudichi imparzialmente può negare questa verità.

Ora, oggi lo Stato annulla con la sua sola autorità il patto solenne che aveva concluso, e trasgredisce così alla fede giurata. E, non indietreggiando davanti a nulla per rompere con la Chiesa e liberarsi dalla sua amicizia, non esita a infliggere alla Sede Apostolica l'oltraggio che deriva da tale violazione del diritto delle genti, più di quel che esiti a turbare l'ordine sociale e politico, poiché, per la sicurezza reciproca dei loro mutui rapporti, niente interessa le nazioni quanto una fedeltà inviolabile nel sacro rispetto dei trattati.

La grande ingiuria inflitta alla Sede Apostolica con l'abrogazione del Concordato, aumenta ancora, e in modo eccezionale, se si considera la forma con la quale lo Stato ha operata l'abrogazione.

È un principio ammesso senza discussioni nel diritto delle genti e osservato da tutte le nazioni, che la rottura di un trattato debba essere preventivamente e regolarmente notificata, in maniera chiara ed esplicita, all'altra parte contraente da quella che ha intenzione di denunciare il trattato.

Ora, non solo nessuna denuncia di questo genere è stata fatta alla Santa Sede, ma neppure le è stata data alcuna indicazione in proposito. Di modo che il governo francese ha mancato di fronte alla Sede Apostolica dei riguardi ordinari e della cortesia che si usa anche agli Stati più piccoli.

E i suoi mandatari, che pure rappresentavano una Nazione cattolica, non hanno paura di disprezzare la dignità e il potere del Pontefice, Capo Supremo della Chiesa, quando avrebbero dovuto avere per quest'autorità un rispetto superiore a quello che ispirano tutte le altre Potenze politiche, e tanto più grande in quanto da un lato questa Potenza ha a che fare col bene eterno delle anime, e dall'altro si estende senza limiti ovunque.

Se esaminiamo in se stessa la legge che è stata promulgata, vi troviamo un'altra ragione di lamentarCi ancora più energicamente. Poiché lo Stato si separava dalla Chiesa spezzando i legami del Concordato, avrebbe dovuto, come logica conseguenza, lasciarle la sua indipendenza e permetterle di godersi in parte il diritto comune, nella libertà che lo Stato pretendeva di averle concesso. In realtà, niente di tutto questo è avvenuto: riscontriamo infatti nella legge parecchie eccezionali misure restrittive che mettono odiosamente la Chiesa sotto il dominio del potere civile.

Quanto a Noi, abbiamo provato grande amarezza nel vedere lo Stato invadere così delle materie che sono di competenza esclusiva del potere ecclesiastico; e ne piangiamo tanto più dolorosamente in quanto, dimentico dell'equità e della giustizia, ha creato in questo modo alla Chiesa di Francia una situazione crudelmente deprimente e opprimente per quel che riguarda i suoi sacri diritti.

Le disposizioni della nuova legge sono infatti contrarie alla Costituzione secondo la quale la Chiesa è stata fondata da Gesù Cristo. La Sacra Scrittura ci insegna, e la tradizione dei Padri ci conferma, che la Chiesa è il Corpo mistico di Gesù Cristo, Corpo retto da Pastori e da Dottori; cioè una società di uomini in seno alla quale si trovano dei capi che hanno pieni e perfetti poteri per governare, per insegnare e per giudicare (Matt. XXVIII, 18-20; XVI, 18-19; XVIII, 18; Tit. II, 15; II Cor. X, 6; XIII, 10). Ne risulta che la Chiesa è per sua natura una società ineguale, cioè una società formata da due categorie di persone: i Pastori e il Gregge, coloro che occupano un grado fra quelli della gerarchia, e la folla dei fedeli. E queste categorie sono così nettamente distinte fra loro, che solo nel corpo pastorale risiedono il diritto e l'autorità necessari per promuovere e indirizzare tutti i membri verso le finalità sociali; e che la moltitudine non ha altro dovere che lasciarsi guidare e di seguire, come un docile gregge, i suoi Pastori.

San Cipriano Martire 3 esprime ammirevolmente questa verità, scrivendo: "Nostro Signore, i cui precetti dobbiamo riverire e osservare, regolando la dignità vescovile e la disciplina della sua Chiesa, disse nel Vangelo, rivolgendosi a Pietro: - Io dico a te, perché tu sei Pietro... - ecc. Così attraverso le vicende dei secoli e degli avvenimenti, l'ordinamento del Vescovado e la Costituzione della Chiesa si svolgono in modo tale che la Chiesa riposa sui Vescovi, i quali governano tutta la sua attività".

San Cipriano sostiene che tutto ciò si fonda su una legge divina. Contrariamente a questi principi, la legge di separazione attribuisce la tutela e l'amministrazione del culto pubblico, non al corpo gerarchico divinamente istituito da Nostro Signore, ma ad un'associazione di laici. A questa associazione poi impone una forma, una personalità giuridica e per tutto quel che riguarda il culto religioso la considera come la sola che abbia dei diritti civili e delle responsabilità. Così, a questa associazione spetterà l'uso dei templi e degli edifici sacri e il possesso di tutti i beni ecclesiastici mobiliari e immobiliari; disporrà, per quanto in modo solo temporale, dei vescovati, dei presbiteri e dei seminari; amministrerà i beni, regolerà le questue e riceverà le elemosine e i legati destinati al culto religioso. Quanto al corpo gerarchico dei Pastori, se ne tace assolutamente. E se la legge prescrive che tali associazioni debbono essere costituite conformemente alle regole di organizzazione generale del culto del quale si propongono di assicurare l'esercizio, d'altra parte si ha paura di dichiarare che in tutte le contestazioni che potranno sorgere relative ai loro beni, solo il Consiglio di Stato sarà competente. Queste stesse associazioni saranno dunque, rispetto all'autorità civile, in una situazione di subordinazione; l'autorità ecclesiastica, è evidente, non avrà più su di loro alcun potere. Tutti si rendono conto alla prima occhiata di quanto tutte queste disposizioni siano offensive per la Chiesa e contrarie ai suoi diritti e alla sua costituzione divina. Senza contare che la legge non è formulata su questo punto in termini netti e precisi, si esprime in un modo vago e che può essere inteso arbitrariamente; e quindi si può temere di veder sorgere, dalla sua stessa interpretazione, le sciagure più grandi.

Inoltre questa legge è più che mai contraria alla libertà della Chiesa. Infatti, poiché, date le Associazioni di Culto, la legge di separazione impedisce ai Pastori di esercitare la piena autorità della loro carica sul popolo dei fedeli; poiché attribuisce al Consiglio di Stato la giurisdizione suprema su queste associazioni e le sottomette a tutta una serie di prescrizioni fuori del diritto comune, che rendono difficile la loro formazione e più difficile ancora la loro durata; poiché, dopo aver proclamata la libertà di culto, ne restringe l'esercizio con una quantità di eccezioni; poiché spoglia la Chiesa dell'amministrazione dei templi per investirne lo Stato; poiché impedisce la predicazione della fede e della morale cattolica e indice contro i chierici un regime penale severo e eccezionale; poiché sanziona tali disposizioni e molte altre simili, estremamente arbitrarie; che cosa fa, se non mettere la Chiesa in una soggezione umiliante e, sotto il pretesto di tutelare l'ordine pubblico, togliere a dei pacifici cittadini, che formano tuttora la grande maggioranza in Francia, il sacro diritto di praticare la loro religione? Lo Stato così offende la Chiesa, non soltanto restringendo l'esercizio del culto (al quale la legge di separazione riduce falsamente tutta l'essenziale natura della religione), ma anche ostacolando la sua influenza sempre così benefica sul popolo, e paralizzandone in mille modi l'attività. Per esempio, fra l'altro, non gli è bastato strappare alla Chiesa gli Ordini religiosi (i suoi preziosi collaboratori nel sacro ministero, nell'insegnamento, nell'educazione, nelle opere di carità cristiana), ma la priva anche delle risorse, dei mezzi umanamente necessarî alla sua esistenza e al compimento della sua missione.

Oltre ai danni e alle ingiurie che abbiamo fin qui posti in rilievo, la legge di separazione compie ancora la violazione del diritto di proprietà della Chiesa e lo calpesta. Contrariamente a tutto ciò ch'è giusto, spoglia la Chiesa di gran parte di quel patrimonio che pure le appartiene a molti e sacri titoli; sopprime e annulla tutte le pie fondazioni legalmente consacrate al culto divino o alle preghiere per i morti. Quanto ai fondi che la generosità cattolica aveva istituiti per il mantenimento delle scuole cristiane e per il funzionamento di varie opere di beneficenza e di culto, li trasferisce a delle istituzioni laiche, nelle quali invano si cercherebbe la minima traccia di religione. In questo essa non commette violazione solo dei diritti della Chiesa, ma anche della volontà formale ed esplicita dei donatori e dei testatori.

Inoltre è per Noi molto doloroso che, disprezzando tutti i diritti, la legge dichiari proprietà dello Stato, dei dipartimenti o dei comuni, tutti gli edifici ecclesiastici anteriori al Concordato. E se la legge ne concede l'uso indefinito e gratuito alle Associazioni di Culto, pone a tale concessione tante e tali riserve, che in realtà lascia al potere pubblico la libertà di disporne.

Abbiamo inoltre molte apprensioni per quel che riguarda la santità di quei templi, augusti asili della Maestà Divina, luoghi mille volte cari alla devozione del popolo francese, grazie ai loro ricordi. Poiché essi sono certamente in pericolo di essere profanati, se cadono in mani laiche.

La legge, sopprimendo la spesa del culto, esonera logicamente lo Stato dall'obbligo di provvedervi; e nello stesso tempo viola un impegno contratto in una convenzione diplomatica e offende gravemente la giustizia. Su questo punto non è possibile nessun dubbio, e i documenti storici stessi offrono la più limpida delle testimonianze: se il governo francese ha assunto nel Concordato l'incarico di assicurare ai membri del clero un trattamento che permettesse loro di provvedere convenientemente al loro mantenimento e a quello del culto religioso, non ha fatto certo tutto questo a titolo di gratuita concessione: vi si obbligò per risarcire almeno in parte i beni della Chiesa, dei quali lo Stato si era appropriato durante la prima Rivoluzione. D'altra parte, quando in quello stesso Concordato, per amor di pace, il Pontefice Romano s'impegnò, in nome Suo e dei Suoi successori, a non molestare i detentori dei beni che erano stati sottratti alla Chiesa, è certo che fece questa promessa solo alla condizione che il governo francese si impegnasse per sempre a dotare il clero in modo conveniente e a provvedere alle spese del culto divino.

Infine (e come potremmo tacere su questo punto?), al di fuori dei danni che porta agli interessi della Chiesa, la nuova legge sarà anche molto funesta al vostro Paese. Non c'è da dubitare infatti ch'essa rovina dolorosamente l'unione e la concordia delle anime senza la quale unione e concordia nessuna nazione può vivere e prosperare. Ecco perché, soprattutto nella situazione presente dell’Europa, quest'armonia perfetta è l'oggetto dei desideri più ardenti di tutti i francesi che amano veramente il loro Paese e hanno a cuore la salvezza della patria. Quanto a Noi, seguendo l'esempio del Nostro Predecessore ed ereditando il suo particolare affetto per la vostra nazione, Ci siamo naturalmente sforzati in tutti i modi per mantenere alla religione dei vostri avi l'integrale possesso di tutti i suoi diritti fra voi: ma nello stesso tempo abbiamo sempre lavorato per rafforzarvi tutti nell'unione, mirando a quella pace fraterna della quale il vincolo più stretto è certamente la religione. Così con la più viva angoscia abbiamo visto il governo francese compiere un atto che, suscitando sul terreno religioso passioni già funestamente eccitate, sembra destinato a sconvolgere tutto il vostro Paese.

Perciò, ricordandoCi del Nostro ufficio Apostolico, e coscienti dell'imperioso dovere che Ci comanda di difendere contro ogni attacco e di mantenere nella loro integrità assoluta i diritti inviolabili e sacri della Chiesa, in virtù dell'autorità assoluta che Iddio Ci ha conferito, Noi, per i motivi sopra esposti, riproviamo e condanniamo la legge votata in Francia sulla separazione della Chiesa e dello Stato, come profondamente ingiuriosa rispetto a Dio che essa rinnega ufficialmente ponendo il principio che la Repubblica non riconosce nessun culto. La riproviamo e la condanniamo come votata in violazione del diritto naturale, del diritto delle genti e della fede pubblica dovuta ai trattati; come contraria alla costituzione divina della Chiesa, ai suoi diritti essenziali e alla sua libertà; come rovesciante la giustizia e calpestante i diritti di proprietà della Chiesa, acquistati per molti titoli e per di più in virtù del Concordato. La riproviamo e la condanniamo come gravemente offensiva per la dignità di questa Sede Apostolica, per la Nostra persona, per il Vescovato, per il clero e per tutti i cattolici francesi.

Di conseguenza, Noi protestiamo solennemente e con tutte le Nostre forze contro la proposta, l'approvazione e la promulgazione di quella legge, dichiarando che non potrà mai essere allegata per far crollare i diritti imprescrittibili e immutabili della Chiesa.

Noi dobbiamo rivolgere e fare intendere queste gravi parole a voi, Venerabili Fratelli, al popolo francese e a tutto il mondo cristiano, per denunciare quanto è accaduto. Come abbiamo già detto, profonda è la Nostra tristezza, se misuriamo con lo sguardo i mali che questa legge sta per scatenare su un popolo cosi teneramente amato da Noi. E ancora più profondamente Ci turba il pensiero delle pene, delle sofferenze, delle tribolazioni di ogni genere che incalzano anche voi, Venerabili Fratelli, e tutto il vostro clero. Ma per evitare, in mezzo a tante inquietudini, eccessi di tristezza e momenti di scoraggiamento, abbiamo il ricordo della Provvidenza Divina, sempre misericordiosa, e la speranza mille volte realizzata che Gesù non abbandonerà la Sua Chiesa, che non la priverà mai del Suo forte appoggio. Così, Noi non abbiamo alcun timore per la Chiesa. La sua forza, come la sua immutabile stabilità, è divina: l'esperienza dei secoli lo attesta gloriosamente. Tutti conoscono infatti le innumerevoli sciagure, una più tremenda dell'altra, che si sono riversate su di lei in tutta la sua lunga storia: e là dove ogni istituzione puramente umana avrebbe dovuto soccombere, la Chiesa ha sempre acquistato nelle prove una forza più vigorosa e una più feconda opulenza.

Quanto alle leggi dirette a perseguitarla, la storia insegna, e la Francia stessa in tempi abbastanza recenti ha attestato che tali leggi, nate dall'odio, finiscono sempre per essere saggiamente abrogate, quando diviene palese il danno che ne deriva agli Stati. Piaccia a Dio che coloro che in questo momento sono al potere in Francia, seguano presto a tale riguardo l'esempio di coloro che in questo li precedettero! Piaccia a Dio che, applauditi da tutti i buoni, essi non tardino a rendere alla religione, sorgente di civiltà e di prosperità per i popoli, gli onori che le sono dovuti e la libertà.

In attesa, e per tutto il tempo della persecuzione, i figli della Chiesa "rivestiti con armi di luce" (Rom. XIII, 12), dovranno agire con tutte le loro forze per la verità e la giustizia; è il loro dovere sempre, e oggi più che mai.

In queste sante lotte, o Venerabili Fratelli, voi che dovete essere i maestri e i duci di tutti gli altri, apporterete tutto l'ardore di quello zelo vigile e infaticabile del quale in ogni tempo i Vescovi francesi hanno fornito a loro lode prove così ben conosciute da tutti. Ma soprattutto Noi vogliamo (poiché è cosa di suprema importanza) che in tutto ciò che intraprenderete per la difesa della Chiesa, vi sforziate di realizzare una perfetta unione di cuore e di volontà.

Siamo fermamente decisi a darvi a tempo opportuno delle istruzioni pratiche, perché vi servano di regola di condotta sicura, in mezzo alle grandi difficoltà del momento attuale; e siamo sicuri fin da ora che ad esse vi conformerete fedelmente. Proseguite ciononostante la vostra opera salutare; ravvivate il più possibile la pietà tra i fedeli; promuovete e divulgate sempre di più l'insegnamento della dottrina Cristiana; preservate tutte le anime Che vi so no affidate dagli errori e dalle seduzioni che oggi s'incontrano dappertutto: istruite, prevenite, incoraggiate, consolate il vostro gregge, adempite infine, rispetto a questo, tutti i doveri che vi impone la vostra carica pastorale. In quest'opera, il vostro clero vi sarà certamente collaboratore infaticabile; è ricco di uomini notevoli per devozione, scienza, attaccamento alla Sede Apostolica, e sappiamo che è sempre pronto a dedicarsi completamente, sotto la vostra guida, al trionfo della Chiesa e alla salvezza eterna del prossimo.

Inoltre i membri del vostro clero comprenderanno di certo che in questa bufera debbono essere animati dagli stessi sentimenti che furono un tempo nel cuore degli Apostoli; saranno felici di essere stati ritenuti degni di soffrire persecuzioni per il nome di Gesù (Act. V, 41). Rivendicheranno dunque valorosamente i diritti e la libertà della Chiesa, ma senza offendere alcuno. Inoltre, badando a conservare la carità, come è dovere soprattutto dei ministri di Gesù Cristo risponderanno all'iniquità con la giustizia, agli oltraggi con la dolcezza e ai maltrattamenti con le buone azioni.

E ora Ci rivolgiamo a voi, Cattolici di Francia; che la Nostra parola giunga a voi tutti come testimonianza della tenera benevolenza con la quale Noi continuiamo ad amare il vostro Paese, e come un conforto in mezzo alle terribili sciagure che dovrete subire. Voi conoscete lo scopo delle empie sètte che curvano le vostre teste sotto il loro giogo, poiché tale scopo esse stesse l'han dichiarato con cinica audacia: decattolicizzare la Francia. Esse vogliono sradicare completamente dai vostri cuori la fede che ha coperti di gloria i vostri padri, che ha fatto grande e prospera la vostra patria fra le altre nazioni, che vi sostiene nella prova, che conserva la tranquillità e la pace del vostro focolare e che vi apre la strada verso l'eterna felicità. Con tutta la vostra anima, voi lo capite, dovete difendere questa fede: ma siate persuasi che ogni fatica, ogni sforzo sarà vano se voi tenterete di respingere gli assalti senza essere fortemente uniti. Abolite dunque tutti i germi di discordia, se fra voi ve ne sono. E fate in modo, che, sia nel pensiero come nell'azione, la vostra unione sia cosi salda, quale dev'essere fra uomini che combattono per la medesima causa, soprattutto se questa causa è di quelle per il trionfo delle quali ciascuno deve sacrificare volentieri una parte delle proprie opinioni. Se volete, nel limite delle vostre forze, e come è vostro imperioso dovere, salvare la religione dei vostri padri dai pericoli che corre, bisogna assolutamente che spieghiate grande valore e generosità. Noi siamo sicuri che voi avete tale generosità; e mostrandovi generosi verso i ministri di Dio, indurrete Dio a mostrarsi sempre più generoso verso di voi.

Quanto alla difesa della religione, se volete intraprenderla in modo degno di lei e proseguirla bene e utilmente, due cose soprattutto importano dovete prima di tutto conformarvi così fedelmente ai precetti della legge cristiana che le vostre azioni e tutta la vostra vita onorino la fede che professate; inoltre dovete restare strettamente uniti a coloro che hanno il dovere di vegliare quaggiù sulla religione, ai vostri sacerdoti, ai Vescovi e soprattutto alla Sede Apostolica, che è il centro della fede cattolica e di tutto ciò che si può fare in nome di questa. Così armati per la lotta, marciate senza timore alla difesa della Chiesa; ma abbiate cura che la vostra fiducia sia tutta in Dio, in quel Dio del quale andrete a sostenere la causa, e pregatelo senza stancarvi perché vi aiuti

Quanto a Noi, saremo uniti a voi col cuore e con l'animo per tutto il tempo in cui dovrete lottare contro il pericolo; divideremo con voi tutto: fatiche, pene, sofferenze; e mentre rivolgeremo a Dio, fondatore e protettore della Chiesa, le più umili e insistenti preghiere, lo supplicheremo di chinare sulla Francia uno sguardo misericordioso, di strapparla alla burrasca scatenata attorno a lei, e di renderla presto, per intercessione di Maria Immacolata, alla pace e alla tranquillità.

Come augurio di queste grazie Celesti e per testimoniarvi il Nostro particolare affetto, con tutto il cuore impartiamo l'Apostolica Benedizione a voi, Venerabili Fratelli, al vostro clero e a tutto il popolo francese.

Roma, presso San Pietro, l’11 febbraio 1906, anno III del Nostro Pontificato.


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NOTE

1 La legislazione francese che ha provocato questa enciclica è ben nota. Nei tempi moderni, i rapporti fra lo Stato e la religione sono stati regolati in tre modi: l'unione come in Inghilterra e nella Russia zarista; la separazione come nella Costituzione degli Stati Uniti e del Belgio; infine negli Stati a popolazione preponderantemente cattolica, si è applicato un sistema intermedio, quello dei concordati con i quali sono regolati i rapporti fra lo Stato e la Chiesa (Spagna, Austria, Italia ed altri).

Con la Francia, dopo il periodo rivoluzionario della separazione, si era addivenuti al Concordato del 15 luglio 1801, stipulato fra Napoleone Primo Console e il Pontefice. Le alterne vicende della politica francese durante il secolo XIX non avevano mutato i patti sostanziali di quel Concordato fino al 1905, quando venivano approvate le leggi Combes per la separazione, a seguito di una tenace campagna delle sinistre democratiche, che attribuivano alla Chiesa l'ostilità al regime repubblicano, campagna che era giunta a manifestazioni clamorose durante "l'affare Dreyfus". La legge di separazione, che portava, ad una assoluta laicizzazione della vita pubblica francese, riconducendo la religione ad un fatto privato, regolato perciò dalle leggi normative della attività individuale od associata, desta l'accorata protesta del Pontefice che giudica d'altra parte con pessimismo, come i fatti successivi hanno ampiamente dimostrato, le conseguenze per la religione del regime di separazione.

2 Il Concordato stipulato fra Napoleone e Pio VII, che qui viene ricordato, fu voluto dal Primo Console: e questa sua iniziativa corrisponde ad un immediato programma di conquista del consenso della popolazione rurale della Francia che nonostante la bufera giacobina, era rimasta immutabilmente legata a sua fede.

Dopo la battaglia di Marengo Napoleone assiste a Milano al Te Deum in Duomo e pochi giorni dopo a Vercelli si incontra con il cardinale Martiniano e gli espone la sua intenzione di regolare con il Pontefice le cose religiose di Francia. Si inizia così quella politica difficilissima, fra le opposizioni dei rivoluzionari e le frettolose audacie dei reazionari, che Napoleone conduce con abilità veramente eccezionale (Vedasi su questo argomento l'opera di Albert Vandol: L’événement de Bonaparte) e che porta al Concordato; da esso il cattolicesimo trae il vantaggio di riprendere la sua possibilità di vita in Francia donde la Rivoluzione l'aveva bandito, e Napoleone traeva il consenso di quella parte del popolo francese che la Rivoluzione aveva combattuto soprattutto per il suo carattere antireligioso.

3 Su questo Padre della Chiesa, v. nota all'enciclica "Diu Satis" dl Pio VII (1800). Le sue opere, scritte fra lo scatenarsi degli scismi e delle controversie, sono ancora oggi testi insuperati per alcune massime fondamentali in esse contenute: si ricordano gli scritti De Unitate Ecclesiae dal qua è tratta la citazione, De Lapsis, ed altri.
Caterina63
00lunedì 12 aprile 2010 16:44
A dimostrazione che Giovanni Paolo II stesso e tutta la Chiesa, non si discostano dallo scritto di san Pio X sopra riportato...

quanto segue è, in un certo senso, il proseguire di quel Magistero...


CITTA' DEL VATICANO, 12 FEB. 2005 (VIS). Oggi è stata resa pubblica una Lettera del Santo Padre Giovanni Paolo II all'Arcivescovo Jean-Pierre Ricard, di Bordeaux, Presidente della Conferenza dei Vescovi di Francia, e all'Episcopato francese. La Lettera è dedicata ai rapporti fra Chiesa e Autorità civili francesi nella prospettiva del 100° anniversario della legge relativa alla separazione fra Chiesa e Stato in Francia. Tale argomento era stato discusso anche in occasione della Visita "ad Limina Apostolorum" che i Vescovi francesi avevano compiuto nel 2003 e 2004.

"La legge di separazione fra Chiesa e Stato del 1905 che denunciava il Concordato del 1804" - scrive Giovanni Paolo II - "fu un avvenimento doloroso e traumatico per la Chiesa in Francia", poiché regolava il modo di vivere in Francia "secondo il principio della laicità" e "relegava il fatto religioso nella sfera del privato senza riconoscere alla vita religiosa e all'istituzione ecclesiale un posto nella società".

Il Papa ricorda inoltre che dal 1920 "il governo francese ha riconosciuto in un certo modo il posto della religione nella vita sociale". Nel corso del secolo scorso, il dialogo fra Chiesa e Stato, il ristabilimento di rapporti diplomatici e la firma di un accordo nel 1924, hanno consentito di "superare un certo numero di difficoltà".

"Il principio di laicità, al quale il vostro Paese è molto attaccato" - scrive il Papa - "se è ben compreso, appartiene anche alla Dottrina sociale della Chiesa. Esso ricorda la necessità di una giusta separazione dei poteri che riecheggia l'invito di Cristo ai discepoli: 'Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio'. (...) La Chiesa non ha la vocazione di gestire gli affari temporali, (...) ma nello stesso tempo, è importante che tutti operino nell'interesse generale e per il bene comune".

"Il Cristianesimo ha avuto ed ha tuttora un ruolo importante nella società francese, in ambito politico, filosofico, artistico o letterario". Ricordando i grandi teologi, i pastori e gli educatori francesi, Giovanni Paolo II ribadisce che: "Non si può più dimenticare il posto importante dei valori cristiani nell'edificazione dell'Europa e nella vita dei popoli del continente. Il Cristianesimo ha in larga parte forgiato il volto dell'Europa e tocca agli uomini di oggi edificare la società europea sui valori che hanno presieduto alla sua nascita e che fanno parte della sua ricchezza".

"La Francia non può che rallegrarsi di avere uomini e donne che attingono al Vangelo (...), per servire i loro fratelli, (...) e per diffondere la concordia, la pace, la giustizia, la solidarietà e l'armonia fra tutti". Il Papa esorta i Vescovi a dedicarsi all'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa ai fedeli, in particolare i giovani di oggi che sono il futuro di domani.

Riferendosi alla "crisi dei valori e la mancanza di speranza che si constata in Francia e più in generale in Occidente", il Papa ribadisce che essi "fanno parte della crisi d'identità attraversata attualmente dalle società moderne. (...) La Chiesa si interroga su tale situazione e auspica che i valori religiosi, morali e spirituali, che fanno parte del patrimonio della Francia ed hanno forgiato la sua identità e le generazioni dai primi secoli del Cristianesimo, non cadano nell'oblio".

Il Santo Padre esorta i fedeli di Francia "ad attingere dalla propria vita spirituale ed ecclesiale la forza per partecipare alla 'res publica'" ed auspica la collaborazione, e non l'antagonismo e la separazione fra la sfera religiosa e la sfera civile. "In ragione della vostra missione" - afferma il Papa rivolgendosi ai Vescovi - "voi siete chiamati ad intervenire regolarmente del dibattito pubblico sulle grandi questioni della società".

Giovanni Paolo II scrive ancora: "So che voi siete molto attenti alla presenza della Chiesa nei luoghi dove si pongono le grandi e formidabili domande sul senso dell'esistenza umana", in particolare gli ospedali, i centri sanitari e le istituzioni scolastiche. Riguardo all'educazione il Santo Padre scrive che: "Tocca alla Stato, nel rispetto delle norme stabilite, garantire alle famiglie che lo desiderano la possibilità di impartire ai loro figli la catechesi di cui hanno bisogno".

Il Papa conclude la Lettera ai Vescovi francesi esprimendo la sua fiducia "nel futuro per una buona intesa fra tutti i componenti della società francese. (...) Che nessuno abbia paura del cammino religioso delle persone e dei gruppi sociali! Vissuto nel rispetto della sana laicità, tale cammino non può che essere fonte di dinamismo e di promozione dell'uomo".


GPII-LETTERA/CHIESA:STATO/VESCOVI:FRANCIA VIS 20050214 (740)


Lettera al Presidente della Conferenza Episcopale Francese e a tutti i Vescovi di Francia, in occasione del 100° anniversario della legge di separazione tra Stato e Chiesa (11 febbraio 2005)
[Francese, Inglese, Italiano, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]

segue la Lettera integralmente...

Caterina63
00lunedì 12 aprile 2010 16:44
LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II
A MONS. JEAN-PIERRE RICARD, ARCIVESCOVO DI BORDEAUX,
PRESIDENTE DELLA CONFERENZA DEI VESCOVI DI FRANCIA
E A TUTTI I VESCOVI DI FRANCIA



A Monsignor Jean-Pierre RICARD
Arcivescovo di Bordeaux e Presidente della Conferenza Episcopale di Francia
e a tutti i Vescovi francesi

1. Nel corso delle vostre visite ad limina, cari Fratelli nell'Episcopato, avete condiviso con me le vostre preoccupazioni e le vostre gioie di Pastori, manifestando i buoni rapporti che intrattenete con i Responsabili della società civile, per la qual cosa non posso che gioire. Durante i nostri incontri ho avuto l'opportunità di affrontare con voi la questione dei rapporti con le Autorità civili, nell'ottica del centenario della legge sulla separazione tra le Chiese e lo Stato. Ho inoltre ricordato direttamente la questione della laicità nel discorso che ho indirizzato ai Vescovi della Provincia di Besançon, il 27 febbraio 2004.

2. Nel 1905, la legge sulla separazione tra le Chiese e lo Stato, che sostituiva il Concordato del 1801, fu un evento doloroso e traumatizzante per la Chiesa in Francia. Regolava il modo di vivere in Francia il principio di laicità e, in quel contesto, manteneva solo la libertà di culto, relegando allo stesso tempo la dimensione religiosa alla sfera del privato e non riconoscendo alla vita religiosa e all'Istituzione ecclesiale un posto all'interno della società. Il cammino religioso dell'uomo era allora considerato come un semplice sentimento personale, ignorando in tal modo la natura profonda dell'uomo, essere al contempo personale e sociale in tutte le sue dimensioni, compresa quella spirituale. Tuttavia, dal 1920, si è grati al Governo francese per aver riconosciuto in un certo modo il ruolo della dimensione religiosa nella vita sociale, il cammino religioso personale e sociale e la struttura gerarchica della Chiesa, costitutiva della sua unità.

Il centenario di questa legge può essere oggi l'occasione per riflettere sulla storia religiosa in Francia durante il secolo scorso, considerando gli sforzi compiuti dalle diverse parti presenti per conservare il dialogo, sforzi coronati dal ripristino delle relazioni diplomatiche e dall'intesa raggiunta nel 1924, sottoscritta dal Governo della Repubblica, poi descritta nell'Enciclica del mio predecessore Papa Pio XI, il 18 gennaio di quell'anno, Maximam gravissimamque. A partire dal 1921, dopo anni difficili, su iniziativa del Governo francese, erano già stati avviati nuovi rapporti tra la Repubblica francese e la Sede Apostolica, aprendo così la via al negoziato e alla cooperazione. In tale contesto si è potuto intraprendere un processo di pacificazione, nel rispetto dell'ordine giuridico, sia civile sia canonico. Questo nuovo spirito di reciproca comprensione permise allora di trovare una soluzione a un certo numero di difficoltà e di far concorrere tutti gli sforzi del Paese al bene comune, ognuno nel campo che gli era proprio. In certo modo, si può quindi affermare che era così già stata raggiunta una sorta di intesa giorno per giorno, che apriva la strada a un accordo consensuale di fatto sulle questioni istituzionali di importanza fondamentale per la vita della Chiesa. Questa pace, acquisita progressivamente, è divenuta ormai una realtà alla quale il popolo francese è profondamente legato. Essa permette alla Chiesa che è in Francia di compiere la propria missione con fiducia e serenità e di prendere sempre più parte attiva alla vita della società, nel rispetto delle competenze di ciascuno.

3. Il principio di laicità, al quale il vostro Paese è molto legato, se ben compreso, appartiene anche alla Dottrina Sociale della Chiesa. Esso ricorda la necessità di una giusta separazione dei poteri (cfr Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, nn. 571-572), che fa eco all'invito di Cristo ai suoi discepoli: "Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare, e a Dio ciò che è di Dio" (Lc 20, 25). Da parte sua, la non confessionalità dello Stato, che è una non ingerenza del potere civile nella vita della Chiesa e delle diverse religioni, come pure nella sfera spirituale, permette a tutte le componenti della società di lavorare insieme al servizio di tutti e della comunità nazionale. Allo stesso modo, come il Concilio Ecumenico Vaticano II ha ricordato, la Chiesa non è chiamata ad amministrare l'ambito temporale, poiché "in ragione del suo ufficio e della sua competenza, in nessuna maniera si confonde con la comunità politica e non è legata ad alcun sistema politico" (Costituzione pastorale Gaudium et spes, n. 76; cfr n. 42). Allo stesso tempo, è però importante che tutti lavorino nell'interesse generale e per il bene comune. È così che si esprime anche il Concilio: "La comunità politica e la Chiesa... anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale delle stesse persone umane. Esse svolgeranno questo loro servizio a vantaggio di tutti, in maniera tanto più efficace quanto meglio coltivano una sana collaborazione fra di loro" (Ibidem, n. 76).

4. L'applicazione dei principi della Dottrina Sociale della Chiesa ha permesso, tra le altre cose, nuovi sviluppi nei rapporti tra Chiesa e Stato in Francia, fino ad arrivare, in questi ultimi anni, alla creazione di un organismo di dialogo al più alto livello, aprendo la strada da una parte alla risoluzione delle questioni in sospeso o delle difficoltà che possono presentarsi nei diversi campi, e, dall'altra alla realizzazione di un certo numero di collaborazioni nella vita sociale in vista del bene comune. Si possono così sviluppare rapporti di fiducia che permettono di trattare le questioni istituzionali, per ciò che concerne le persone, le attività e i beni, in uno spirito di cooperazione e di rispetto reciproco. Rendo omaggio anche a tutte le forme di collaborazione che esistono in modo sereno e fiducioso nelle municipalità, nelle collettività locali e all'interno delle regioni, grazie all'attenzione delle persone elette, del clero, dei fedeli, e degli uomini e delle donne di buona volontà. Conosco la stima che nutrite per i responsabili della Nazione e i legami che vi uniscono a loro, essendo sempre pronti ad apportare la vostra collaborazione alla riflessione nei campi che riguardano il futuro dell'uomo e della società, e per un più grande rispetto delle persone e della loro dignità. Insieme a voi, incoraggio i fedeli laici nel loro desiderio di servire i fratelli e le sorelle con una partecipazione sempre più attiva alla vita pubblica, poiché, come dice il Concilio Vaticano II, la comunità dei cristiani "si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia" (Costituzione Pastorale Gaudium et spes, n. 1). I cattolici di Francia, in ragione del loro statuto di cittadini, come tutti i loro connazionali, hanno il dovere di partecipare, secondo le proprie competenze e nel rispetto delle proprie convinzioni, ai diversi settori della vita pubblica.

5. Il cristianesimo ha svolto e svolge ancora un ruolo importante nella società francese, nei campi politico, filosofico, artistico e letterario. La Chiesa in Francia ha avuto parimenti, nel ventesimo secolo, grandi Pastori e grandi Teologi. Si può dire che è stato un periodo particolarmente fecondo, anche per la vita sociale. Henry de Lubac, Yves Congar, Marie-Dominique Chenu, Jacques et Raïssa Maritain, Emmanuel Mounier, Robert Schuman, Edmond Michelet, Madeleine Delbrêl, Gabriel Rosset, Georges Bernanos, Paul Claudel, François Mauriac, Jean Lacroix, Jean Guitton, Jérôme Lejeune, tanti nomi che hanno contrassegnato il pensiero e la prassi francesi, e che restano grandi figure riconosciute non soltanto dalla comunità ecclesiale, ma anche dalla comunità nazionale.

Queste persone, come pure numerosi altri cattolici, hanno avuto un'influenza decisiva sulla vita sociale del vostro Paese, e alcuni sulla costruzione dell'Europa. Tutti hanno fondato il loro cammino intellettuale e il loro operato sui principi evangelici. Poiché amavano Cristo, amavano anche gli uomini e s'impegnavano a servirli. Spetta oggi ai cattolici del vostro Paese seguire la via aperta dai loro predecessori. Non si può neanche dimenticare il ruolo importante dei valori cristiani nella costruzione dell'Europa e nella vita dei popoli del continente. Il cristianesimo ha in gran parte plasmato il volto dell'Europa e spetta agli uomini di oggi edificare la società europea sui valori che hanno presieduto alla sua nascita e che fanno parte della sua ricchezza.

La Francia non può che rallegrarsi di avere al suo interno uomini e donne che attingono dal Vangelo, nel proprio cammino spirituale e nella loro vita cristiana, elementi e principi antropologici promuovendo un'idea nobile dell'uomo, principi che li aiutano a compiere la loro missione di cittadini, a tutti i livelli della vita sociale, per servire i propri fratelli in umanità, per partecipare al bene comune, per diffondere la concordia, la pace, la giustizia, la solidarietà e la buona intesa tra tutti, in definitiva per offrire con gioia la propria pietra all'edificazione del corpo sociale. A questo proposito, oggi è opportuno che vi adoperiate per sviluppare sempre più la formazione dei fedeli nella Dottrina Sociale della Chiesa e in una riflessione filosofica seria, specialmente la formazione dei giovani che si preparano a svolgere incarichi importanti in posti decisionali in seno alla società; essi avranno allora a cuore di far risplendere i valori evangelici e i saldi fondamenti antropologici nei diversi campi della vita sociale. È così che, nel vostro Paese, la Chiesa sarà presente all'appuntamento con la storia. I cristiani sono consapevoli di avere una missione da compiere al servizio dei propri fratelli, come dice uno dei più antichi testi della letteratura cristiana: "Dio ha assegnato loro un posto così sublime, e a essi non è lecito abbandonarlo" (Lettera a Diogneto, VI, 10). Questa missione comporta anche per i fedeli un impegno personale, poiché presuppone la testimonianza con le parole e con le opere, vivendo i valori morali e spirituali e proponendoli ai propri concittadini, nel rispetto della libertà di ciascuno.

6. La crisi dei valori e la mancanza di speranza che si osservano in Francia, e più in generale in Occidente, fanno parte della crisi di identità che le società moderne attuali attraversano. Queste ultime molto spesso propongono solo una vita fondata sul benessere materiale, che non può esprimere il senso dell'esistenza né offrire i valori fondamentali per compiere scelte libere e responsabili, fonte di gioia e di felicità. La Chiesa si interroga su tale situazione e auspica che i valori religiosi, morali e spirituali, che fanno parte del patrimonio della Francia, che hanno plasmato la sua identità e forgiato generazioni di persone fin dai primi secoli del cristianesimo, non cadano nell'oblio.

Invito dunque i fedeli del vostro Paese, sulla scia della Lettera ai Cattolici di Francia che avete loro indirizzata qualche anno fa, ad attingere dalla loro vita spirituale ed ecclesiale la forza per partecipare alla res publica, e per conferire un nuovo slancio alla vita sociale e una rinnovata speranza agli uomini e alle donne del nostro tempo. "Legittimamente si può pensare che il futuro dell'umanità sia riposto nelle mani di coloro che sono capaci di trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza" (Concilio Vaticano II, Costituzione Pastorale Gaudium et spes, n. 31). In questa prospettiva, rapporti e collaborazioni di fiducia tra Chiesa e Stato non possono che avere effetti positivi per costruire insieme ciò che Papa Pio XII chiamava già "la legittima e sana laicità" (Allocuzione alla colonia delle Marche a Roma, 23 marzo 1958: La Documentation Catholique 55 (1958), col. 456) che non sia, come ho ricordato nell'Esortazione Apostolica post sinodale Ecclesia in Europa, un "tipo di laicismo ideologico o di separazione ostile tra le istituzioni civili e le confessioni religiose" (n. 117). Così, anziché porsi in antagonismo, le forze sociali saranno sempre più al servizio dell'insieme della popolazione che vive in Francia. Confido nel fatto che un tale processo permetterà di far fronte alle nuove situazioni della società francese attuale, in particolare nel contesto multietnico, pluriculturale e pluriconfessionale degli ultimi anni.

Riconoscere la dimensione religiosa delle persone e dei componenti della società francese, significa volerla associare alle altre dimensioni della vita nazionale, affinché apporti il suo dinamismo all'edificazione sociale e affinché le religioni non tendano a rifugiarsi in un settarismo che potrebbe rappresentare un pericolo per lo Stato stesso. La società deve poter ammettere che le persone, nel rispetto altrui e delle leggi della Repubblica, possano manifestare la loro appartenenza religiosa. In caso contrario, si corre sempre il rischio di un ripiegamento identitario e settario e di un acuirsi dell'intolleranza, realtà che possono solo ostacolare la pacifica convivenza e la concordia in seno alla Nazione.

A motivo della vostra missione, siete chiamati a intervenire regolarmente nel dibattito pubblico sulle questioni importanti della società. Allo stesso modo, in nome della loro fede, i cristiani, personalmente o in associazioni, devono poter prendere la parola pubblicamente per esprimere le loro opinioni e per manifestare le loro convinzioni, apportando così il proprio contributo ai dibattiti democratici, interpellando lo Stato e i concittadini sulle loro responsabilità di uomini e di donne, in particolare nel campo dei diritti fondamentali della persona umana e del rispetto della sua dignità, del progresso dell'umanità che non può realizzarsi a qualunque prezzo, della giustizia e dell'equità, così come della tutela del pianeta, tutti campi che riguardano il futuro dell'uomo e dell'umanità e la responsabilità di ogni generazione. È a questa condizione che la laicità, lungi dall'essere un luogo di scontro, è realmente l'ambito per un dialogo costruttivo, nello spirito dei valori di libertà, di uguaglianza e di fraternità, ai quali il popolo francese è giustamente molto legato.

7. So che voi siete molto attenti alla presenza della Chiesa nei luoghi in cui si pongono le grandi e temibili questioni del senso dell'esistenza umana. Penso - per nominarne solo alcune particolarmente significative - al settore ospedaliero in cui l'assistenza spirituale ai malati e al personale costituisce un aiuto di primo piano, al campo educativo in cui è importante aprire i giovani alla dimensione morale e spirituale della vita, per permettere loro di sviluppare la propria personalità integrale. In effetti, l'educazione non si può limitare a una formazione scientifica e tecnica, ma deve prendere in considerazione tutto l'essere del giovane. È in questa prospettiva che opera l'Insegnamento cattolico, del quale voi siete responsabili nelle vostre Diocesi. Conosco la sua sollecitudine nel collaborare al processo educativo di cui le Autorità civili sono responsabili, ma anche il suo desiderio di mantenere nel corpo docente e nel suo insegnamento la specificità che gli è propria.

Spetta allo Stato, nel rispetto delle regole stabilite, garantire alle famiglie che lo desiderano la possibilità di far impartire ai propri figli la catechesi di cui hanno bisogno, prevedendo a tal fine orari adeguati. D'altra parte, senza dimensione morale i giovani non possono che essere tentati dalla violenza e da altri comportamenti che non sono degni di loro, come regolarmente si osserva. A tale proposito, vorrei rendere omaggio ai numerosi santi e sante educatori, che hanno segnato la storia delle vostre Chiese particolari e della società francese. Desidero ricordare i due ultimi vostri concittadini che ho avuto l'occasione di canonizzare, Marcelin Champagnat, che ha ampiamente contribuito all'educazione della gioventù nelle campagne francesi, e Léonie Aviat, che si è adoperata per aiutare i poveri e che ha creato scuole per giovani ragazze nelle città. So che vi preoccupate di formare sacerdoti, religiosi e religiose e laici affinché siano testimoni e compagni dei loro fratelli, attenti ai loro interrogativi e capaci di sostenerli nel loro cammino umano e spirituale. A questo proposito, rendo omaggio al lavoro coraggioso degli insegnanti e degli educatori fra i giovani del vostro Paese, in quanto conosco la delicatezza e l'importanza della loro missione.

8. Ho auspicato che il 2005 sia per tutta la comunità ecclesiale un Anno dell'Eucaristia. Nella Lettera Apostolica che ho scritto su questo argomento, ricordo che "la "cultura dell'Eucaristia" promuove una cultura del dialogo, che trova in essa forza e nutrimento. Ci si sbaglia a ritenere che il riferimento pubblico alla fede possa intaccare la giusta autonomia dello Stato e delle Istituzioni civili, o che addirittura possa incoraggiare atteggiamenti di intolleranza" (Lettera Apostolica Mane nobiscum Domine, n. 26). Vi invito tutti dunque, cari Fratelli nell'Episcopato, insieme al clero e ai cattolici francesi, ad attingere dall'Eucaristia la forza per rendere una rinnovata testimonianza degli autentici valori morali e religiosi, per perseguire un dialogo fiducioso e collaborazioni serene con tutti in seno alla società civile e per mettersi al servizio di tutti.

Al termine di questa Lettera, desidero esprimere a voi e a tutti i vostri concittadini la mia riconoscenza per quanto è già stato realizzato nel campo sociale e la mia fiducia nel futuro di una buona intesa tra tutti i componenti della società francese, intesa di cui voi siete già i testimoni. Che i vostri connazionali sappiano che i membri della comunità cattolica in Francia desiderano vivere la loro fede fra i propri fratelli e le proprie sorelle, e mettere a disposizione di tutti le loro competenze e i loro talenti! Che nessuno abbia paura del cammino religioso delle persone e dei gruppi sociali!

Vissuto nel rispetto della sana laicità, esso non può che essere fonte di dinamismo e di promozione dell'uomo. Incoraggio i cattolici francesi a essere presenti in tutti i campi della società civile, nei quartieri delle grandi città come pure nella società rurale, nel mondo dell'economia, della cultura, delle arti, come pure della politica, nelle opere caritative e nel sistema educativo, sanitario e sociale, con la sollecitudine di instaurare un dialogo sereno e rispettoso con tutti. Auspico che tutti i francesi lavorino mano nella mano alla crescita della società, affinché tutti ne possano beneficiare. Prego per il popolo francese; il mio pensiero va in particolare alle persone e alle famiglie vittime delle difficoltà economiche e sociali. Che una solidarietà sempre più grande possa instaurarsi affinché nessuno venga escluso! Che in questo periodo maggiore attenzione sia rivolta alle persone che non hanno né un tetto né cibo!

Serbo il ricordo delle diverse visite che ho avuto la gioia di compiere nell'amata terra di Francia, e soprattutto il mio indimenticabile pellegrinaggio a Lourdes, luogo particolarmente caro ai fedeli del vostro Paese, e più in generale a tutte le persone che desiderano affidarsi a Maria. Ho potuto constatare la profondità umana e spirituale del comportamento di uomini, donne e bambini francesi che si recano alla grotta di Massabielle, rendendo così testimonianza del lavoro pastorale che realizzate nelle vostre Diocesi, con i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i laici impegnati nella missione della Chiesa.

Nell'affidarvi all'intercessione di Nostra Signora di Lourdes, che onoriamo in modo particolare in questo giorno e che è venerata in numerosi santuari della vostra terra, e di tutti i santi del vostro Paese, imparto a Voi e a tutti i fedeli delle vostre Diocesi, una affettuosa Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 11 febbraio 2005
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