il vero frutto della fede
Nei nuovi sermoni di Erfurt sant'Agostino parla dell'attenzione verso chi ha bisogno
Il vero frutto della fede
Ma la prima forma di misericordia è quella verso se stessi
Il frutto della fede è fare del bene a chi ha bisogno, perché è una fede infruttuosa credere in Dio in modo tale da trascurare le opere di misericordia. Infatti, come è inutile coltivare con cura una pianta sterile, innaffiare una pietra dura e arare la secchezza della sabbia, così, per un uomo che non vuole prestare ciò che è buono, non giova a nulla non negare ciò che è vero. Giustamente sta scritto che la fede senza le opere è morta in se stessa, per cui quelli che hanno una fede del genere sono anche paragonati ai demoni; infatti, a certuni che si vantano della fede e si tengono lontani dalle buone opere, così dice l'apostolo Giacomo: «Tu credi che c'è un solo Dio? Fai bene. Anche i demoni lo credono e tremano!».
Appare così che non c'è nessuna differenza tra il timore di un demonio sofferente e la grazia di un uomo credente, se non il fatto che le azioni del primo sono cattive, quelle del secondo buone, benché entrambe le cose procedano dallo stesso credere, come dalla stessa acqua pullulano sia spine appuntite sia grappoli d'uva.
La prima forma di misericordia dell'uomo credente, inoltre, è quella rivolta a se stesso; è questa che la Scrittura comanda dicendo: «Abbi misericordia della tua anima, piacendo a Dio».
Di qui la misericordia, crescendo, si estende al prossimo, in modo tale che sia adempiuto il precetto: «Amerai il prossimo tuo come te stesso». Dunque la vera misericordia che si spende per il prossimo va spesa a questo fine, che anche il prossimo piaccia a Dio: è a questo fine che il prossimo va chiamato, esortato, educato e istruito. Difatti anche le stesse elemosine che si offrono per le necessità corporali e per la vita temporale vanno fatte con il proposito e l'intenzione di far sì che coloro a cui sono fatte amino quel Dio per dono del quale sono fatte.
Questo ce lo ricorda anche il Signore dicendo: «Risplendano le vostre opere buone davanti agli uomini, perché vedano le vostre buone azioni e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli». L'uomo di Dio, dunque, «vaso santificato in onore, utile al Signore, pronto per ogni opera buona», tutto ciò che fa nella sua vita non è se non un'opera di misericordia, o verso se stesso o verso il prossimo. Ed è misericordioso verso se stesso, come abbiamo ricordato sopra, quando piace a Dio; e piace a Dio quando, nel bene che fa, Dio gli piace e, nel male che subisce, Dio non gli dispiace.
Difatti anche l'Apostolo, dopo aver detto, parlando delle sue buone opere: «Ho faticato più di tutti loro, subito ha aggiunto: non io però, ma la grazia di Dio che è con me». E Giobbe, durante la sua tentazione e tribolazione, disse: «Come è piaciuto al Signore, così è avvenuto. Sia benedetto il nome del Signore».Verso il prossimo, invece, l'uomo di Dio è misericordioso quando fa tutto il possibile affinché anche il prossimo, come lui, possa gustare fino in fondo la dolcezza di piacere a Dio.
Mi ero proposto di parlare delle opere di misericordia, e per questo può già sembrare a qualcuno che io mi sia scostato da questo argomento e mi sia diretto verso un altro, dato che non dico: «Spezza il tuo pane con l'affamato; introduci in casa tua il misero e senza tetto; se vedi uno nudo, vestilo», e così via. Queste opere sono reputate e chiamate elemosine quasi in senso proprio, come se esse sole appartenessero alle opere di misericordia; esse vi appartengono certamente, ma non esse sole, al punto tale che sono anzi le più piccole, a meno che gli uomini non siano così insensati da ritenere che coloro che offrivano agli apostoli beni materiali da raccogliere siano stati più misericordiosi degli apostoli stessi, che seminavano beni spirituali. Sia ben lungi dal credere una cosa del genere chi ascolta con intelligenza le parole dell'Apostolo che dice: «Se noi abbiamo seminato per voi beni spirituali, è forse gran cosa se raccoglieremo i vostri beni materiali?».
Nel seminare poi i beni spirituali, guarda quale dispensatore egli si mostri lì dove dice: «Così, affezionati a voi, ci sembra bene farvi partecipi non solo del vangelo di Dio, ma anche delle anime nostre», e in un altro luogo: «Per conto mio ben volentieri mi prodigherò», dice, «anzi spenderò me stesso per le vostre anime».
Metti adesso a confronto chi spezza il suo pane con l'affamato e chi rende partecipe della sua anima il credente, metti a confronto chi per la vita temporale del bisognoso spende oro e chi per la vita eterna del fratello spende se stesso. Se giustamente è misericordioso, ed è detto e considerato tale, chi introduce nella sua casa lo straniero che ha bisogno di un tetto, e gli mette a disposizione una tavola per rifocillarlo e un letto per farlo riposare, quanto più misericordioso si scopre essere chi, richiamando colui che va errando per le vie dell'iniquità e prendendolo con sé, lo fa entrare nella casa di Dio e lo incorpora alle membra di Cristo, dove lo ristori la refezione della giustizia e lo rilassi la remissione dei peccati!Queste opere di misericordia, le quali fanno sì che si piaccia a Dio, sono così tanto anteposte, dalla verace legge della sapienza, a quelle opere con le quali si fornisce il sostentamento necessario al bisogno materiale, che sovente, quanto più prudentemente si compiono le prime, tanto più misericordiosamente si tolgono le seconde.
Difatti l'uomo che è misericordioso prima di tutto verso se stesso, memore del precetto divino che dice: «Abbi misericordia della tua anima, piacendo a Dio», per piacere a Dio spesso digiuna e, quando gli si ordina di amare il prossimo come se stesso, dà il pane al prossimo che ha fame e lo nega a se stesso, trattando duramente, s'intende, il proprio corpo e riducendolo in schiavitù, per non essere trovato falso proprio lui, che predica agli altri. (...) Quella misericordia, dunque, in virtù della quale spendiamo le nostre fatiche per piacere a Dio, proprio essa è in qualche modo cardinale. Tutte le altre azioni che si compiono misericordiosamente sono fatte rettamente, se non si allontanano mai dalla contemplazione di questa.
(L'Osservatore Romano 28 agosto 2013)