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DIFENDERE LA VERA FEDE

Lavori Sinodo Famiglia 2015 testi ufficiali ed interventi del Pontefice

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    Caterina63
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    Sesso: Femminile
    00 04/10/2015 23:03

    SANTA MESSA PER L'APERTURA 
    DELLA XIV ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI

    OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

    Basilica Vaticana
    XXVII Domenica del Tempo Ordinario, 4 ottobre 2015

    [Multimedia]



     

    «Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi» (1 Gv 4,12).

    Le Letture bibliche di questa domenica sembrano scelte appositamente per l’evento di grazia che la Chiesa sta vivendo, ossia L’Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema della famiglia che con questa celebrazione eucaristica viene inaugurata.

    Esse sono incentrate su tre argomenti: il dramma della solitudine, l’amore tra uomo-donna e la famiglia.

    La solitudine

    Adamo, come leggiamo nella prima Lettura, viveva nel Paradiso, imponeva i nomi alle altre creature esercitando un dominio che dimostra la sua indiscutibile e incomparabile superiorità, ma nonostante ciò si sentiva solo, perché «non trovò un aiuto che gli corrispondesse» (Gen 2,20) e sperimentò la solitudine.

    La solitudine, il dramma che ancora oggi affligge tanti uomini e donne. Penso agli anziani abbandonati perfino dai loro cari e dai propri figli; ai vedovi e alle vedove; ai tanti uomini e donne lasciati dalla propria moglie e dal proprio marito; a tante persone che di fatto si sentono sole, non capite e non ascoltate; ai migranti e ai profughi che scappano da guerre e persecuzioni; e ai tanti giovani vittime della cultura del consumismo, dell’usa e getta e della cultura dello scarto.

    Oggi si vive il paradosso di un mondo globalizzato dove vediamo tante abitazioni lussuose e grattacieli, ma sempre meno il calore della casa e della famiglia; tanti progetti ambiziosi, ma poco tempo per vivere ciò che è stato realizzato; tanti mezzi sofisticati di divertimento, ma sempre di più un vuoto profondo nel cuore; tanti piaceri, ma poco amore; tanta libertà, ma poca autonomia… Sono sempre più in aumento le persone che si sentono sole, ma anche quelle che si chiudono nell’egoismo, nella malinconia, nella violenza distruttiva e nello schiavismo del piacere e del dio denaro.

    Oggi viviamo, in un certo senso, la stessa esperienza di Adamo: tanta potenza accompagnata da tanta solitudine e vulnerabilità; e la famiglia ne è l’icona. Sempre meno serietà nel portare avanti un rapporto solido e fecondo di amore: nella salute e nella malattia, nella ricchezza e nella povertà, nella buona e nella cattiva sorte. L’amore duraturo, fedele, coscienzioso, stabile, fertile è sempre più deriso e guardato come se fosse roba dell’antichità. Sembrerebbe che le società più avanzate siano proprio quelle che hanno la percentuale più bassa di natalità e la percentuale più alta di aborto, di divorzio, di suicidi e di inquinamento ambientale e sociale.

    L’amore tra uomo e donna

    Leggiamo ancora nella prima Lettura che il cuore di Dio rimase come addolorato nel vedere la solitudine di Adamo e disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda» (Gen 2,18). Queste parole dimostrano che nulla rende felice il cuore dell’uomo come un cuore che gli assomiglia, che gli corrisponde, che lo ama e che lo toglie dalla solitudine e dal sentirsi solo. Dimostrano anche che Dio non ha creato l’essere umano per vivere in tristezza o per stare solo, ma per la felicità, per condividere il suo cammino con un’altra persona che gli sia complementare; per vivere la stupenda esperienza dell’amore: cioè amare ed essere amato; e per vedere il suo amore fecondo nei figli, come dice il salmo che è stato proclamato oggi (cfr Sal 128).

    Ecco il sogno di Dio per la sua creatura diletta: vederla realizzata nell’unione di amore tra uomo e donna; felice nel cammino comune, feconda nella donazione reciproca. È lo stesso disegno che Gesù nel Vangelo di oggi riassume con queste parole: «Dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne» (Mc 10,6-8; cfr Gen 1,27; 2,24).

    Gesù, di fronte alla domanda retorica che Gli è stata fatta – probabilmente come un tranello, per farLo diventare all’improvviso antipatico alla folla che lo seguiva e che praticava il divorzio come realtà consolidata e intangibile –, risponde in maniera schietta e inaspettata: riporta tutto all’origine, all’origine della creazione, per insegnarci che Dio benedice l’amore umano, è Lui che unisce i cuori di un uomo e una donna che si amano e li unisce nell’unità e nell’indissolubilità. Ciò significa che l’obiettivo della vita coniugale non è solamente vivere insieme per sempre, ma amarsi per sempre! Gesù ristabilisce così l’ordine originario ed originante.

    La famiglia

    «Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto» (Mc 10,9). E’ una esortazione ai credenti a superare ogni forma di individualismo e di legalismo, che nascondono un gretto egoismo e una paura di aderire all’autentico significato della coppia e della sessualità umana nel progetto di Dio.

    Infatti, solo alla luce della follia della gratuità dell’amore pasquale di Gesù apparirà comprensibile la follia della gratuità di un amore coniugale unico e usque ad mortem.

    Per Dio il matrimonio non è utopia adolescenziale, ma un sogno senza il quale la sua creatura sarà destinata alla solitudine! Infatti la paura di aderire a questo progetto paralizza il cuore umano.

    Paradossalmente anche l’uomo di oggi – che spesso ridicolizza questo disegno – rimane attirato e affascinato da ogni amore autentico, da ogni amore solido, da ogni amore fecondo, da ogni amore fedele e perpetuo. Lo vediamo andare dietro agli amori temporanei ma sogna l’amore autentico; corre dietro ai piaceri carnali ma desidera la donazione totale.

    Infatti, «ora che abbiamo pienamente assaporato le promesse della libertà illimitata, cominciamo a capire di nuovo l’espressione “tristezza di questo mondo”. I piaceri proibiti hanno perso la loro attrattiva appena han cessato di essere proibiti. Anche se vengono spinti all’estremo e vengono rinnovati all’infinito, risultano insipidi perché sono cose finite, e noi, invece, abbiamo sete di infinito» (Joseph Ratzinger, Auf Christus schauen. Einübung in Glaube, Hoffnung, Liebe, Freiburg 1989, p. 73).

    In questo contesto sociale e matrimoniale assai difficile, la Chiesa è chiamata a vivere la sua missione nella fedeltà, nella verità e nella caritàVivere la sua missione nella fedeltà al suo Maestro come voce che grida nel deserto, per difendere l’amore fedele e incoraggiare le numerosissime famiglie che vivono il loro matrimonio come uno spazio in cui si manifesta l’amore divino; per difendere la sacralità della vita, di ogni vita; per difendere l’unità e l’indissolubilità del vincolo coniugale come segno della grazia di Dio e della capacità dell’uomo di amare seriamente.

    La Chiesa è chiamata a vivere la sua missione nella verità che non si muta secondo le mode passeggere o le opinioni dominanti. La verità che protegge l’uomo e l’umanità dalle tentazioni dell’autoreferenzialità e dal trasformare l’amore fecondo in egoismo sterile, l’unione fedele in legami temporanei. «Senza verità, la carità scivola nel sentimentalismo. L’amore diventa un guscio vuoto, da riempire arbitrariamente. È il fatale rischio dell’amore in una cultura senza verità» (Benedetto XVI, Enc. Caritas in veritate, 3).

    E la Chiesa è chiamata a vivere la sua missione nella carità che non punta il dito per giudicare gli altri, ma –  fedele alla sua natura di  madre – si sente in dovere di cercare e curare le coppie ferite con l’olio dell’accoglienza e della misericordia; di essere “ospedale da campo”, con le porte aperte ad accogliere chiunque bussa chiedendo aiuto e sostegno; di più, di uscire dal proprio recinto verso gli altri con amore vero, per camminare con l’umanità ferita, per includerla e condurla alla sorgente di salvezza.

    Una Chiesa che insegna e difende i valori fondamentali, senza dimenticare che «il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato» (Mc 2,27); e che Gesù ha detto anche: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mc 2,17). Una Chiesa che educa all’amore autentico, capace di togliere dalla solitudine, senza dimenticare la sua missione di buon samaritano dell’umanità ferita.

    Ricordo san Giovanni Paolo II quando diceva: «L’errore e il male devono essere sempre condannati e combattuti; ma l’uomo che cade o che sbaglia deve essere compreso e amato […] Noi dobbiamo amare il nostro tempo e aiutare l’uomo del nostro tempo» (Discorso all’Azione Cattolica Italiana, 30 dicembre 1978Insegnamenti I [1978], 450). E la Chiesa deve cercarlo, accoglierlo e accompagnarlo, perché una Chiesa con le porte chiuse tradisce sé stessa e la sua missione, e invece di essere un ponte diventa una barriera: «Infatti, colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli» (Eb 2,11).

    Con questo spirito chiediamo al Signore di accompagnarci nel Sinodo e di guidare la sua Chiesa per l’intercessione della Beata Vergine Maria e di san Giuseppe, suo castissimo sposo.



    ANGELUS

    Piazza San Pietro
    Domenica, 4 ottobre 2015

    [Multimedia]



     

    Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

    Si è da poco conclusa, nella Basilica di San Pietro, la celebrazione eucaristica con la quale abbiamo dato inizio alla Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. I Padri Sinodali, provenienti da ogni parte del mondo e riuniti intorno al Successore di Pietro, rifletteranno per tre settimane sulla vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nella società, per un attento discernimento spirituale e pastorale. Terremo lo sguardo fisso su Gesù per individuare, sulla base del suo insegnamento di verità e di misericordia, le strade più opportune per un impegno adeguato della Chiesa con le famiglie e per le famiglie, perché il disegno originario del Creatore sull’uomo e la donna possa attuarsi e operare in tutta la sua bellezza e la sua forza nel mondo di oggi.

    La liturgia di questa domenica ripropone proprio il testo fondamentale del Libro della Genesi sulla complementarietà e reciprocità tra uomo e donna (cfr Gen 2,18-24). Per questo – dice la Bibbia – l’uomo lascia suo padre e sua madre e si unisce a sua moglie e i due diventano una sola carne, cioè una sola vita, una sola esistenza (cfr v. 24). In tale unità i coniugi trasmettono la vita ai nuovi esseri umani: diventano genitori. Partecipano della potenza creatrice di Dio stesso. Ma attenzione! Dio è amore, e si partecipa alla sua opera quando si ama con Lui e come Lui. A tale scopo – dice san Paolo – l’amore è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (cfr Rm 5,5). E questo è anche l’amore che viene donato agli sposi nel Sacramento del matrimonio. E’ l’amore che alimenta il loro rapporto, attraverso gioie e dolori, momenti sereni e difficili. E’ l’amore che suscita il desiderio di generare i figli, di attenderli, accoglierli, allevarli, educarli. E’ lo stesso amore che, nel Vangelo di oggi, Gesù manifesta ai bambini: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio» (Mc10,14).

    Oggi chiediamo al Signore che tutti i genitori e gli educatori del mondo, come anche l’intera società, si facciano strumenti di quell’accoglienza e di quell’amore con cui Gesù abbraccia i più piccoli. Egli guarda nei loro cuori con la tenerezza e la sollecitudine di un padre e al tempo stesso di una madre. Penso a tanti bambini affamati, abbandonati, sfruttati, costretti alla guerra, rifiutati. E’ doloroso vedere le immagini di bambini infelici, con lo sguardo smarrito, che scappano da povertà e conflitti, bussano alle nostre porte e ai nostri cuori implorando aiuto. Il Signore ci aiuti a non essere società-fortezza, ma società-famiglia, capaci di accogliere, con regole adeguate, ma accogliere, accogliere sempre, con amore!

    Vi invito a sostenere con la preghiera i lavori del Sinodo, affinché lo Spirito Santo renda i Padri Sinodali pienamente docili alle sue ispirazioni. Invochiamo la materna intercessione della Vergine Maria, unendoci spiritualmente a quanti, in questo momento, nel Santuario di Pompei recitano la “Supplica alla Madonna del Rosario”.


    Dopo l'Angelus:

    Cari fratelli e sorelle,

    ieri, a Santander, in Spagna, sono stati proclamati Beati Pio Heredia e diciassette compagni e compagne dell’Ordine Cistercense della stretta osservanza e di San Bernardo, uccisi per la loro fede durante la guerra civile spagnola e la persecuzione religiosa degli anni Trenta del secolo scorso. Lodiamo il Signore per questi suoi coraggiosi testimoni e, per loro intercessione, supplichiamolo di liberare il mondo dal flagello della guerra.

    Desidero rivolgere una preghiera al Signore per le vittime della frana che ha travolto un intero villaggio in Guatemala, come pure per quelle delle alluvioni avvenute in Francia, sulla Costa Azzurra. Siamo vicini alle popolazioni duramente colpite, anche con la solidarietà concreta.

    Ringrazio tutti voi che siete venuti numerosi da Roma, dall’Italia e da tante parti del mondo. Saluto i fedeli dell’Arcidiocesi di Paderborn (Germania), quelli di Porto (Portogallo), e il gruppo del collegio Mekhitarista in Roma.

    Nel giorno di san Francesco di Assisi, patrono d’Italia, saluto con particolare affetto i pellegrini italiani!, in particolare i fedeli di Reggio Calabria, Bollate, Mozzanica, Castano Primo, Nule e Parabita. Saluto i ragazzi di Belvedere di Spinello e l’Associazione dei diritti dei pedoni di Roma e del Lazio.

    A tutti auguro una buona domenica. E, per favore, non dimenticatevi di pregare per me.



    VEGLIA DI PREGHIERA PER LA FAMIGLIA 
    PROMOSSA DALLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA 
    IN PREPARAZIONE ALLA XIV ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI

    DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

    Piazza San Pietro 
    Sabato, 3 ottobre 2015

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    Care famiglie, buonasera!

    A che giova accendere una piccola candela nel buio che ci circonda? Non sarebbe ben altro ciò di cui c’è bisogno per diradare l’oscurità? Ma si possono vincere le tenebre?

    In certe stagioni della vita — questa vita pur carica di risorse stupende — simili interrogativi si impongono con forza. Di fronte alle esigenze dell’esistenza, la tentazione porta a tirarsi indietro, a disertare e a chiudersi, magari in nome della prudenza e del realismo, fuggendo così la responsabilità di fare fino in fondo la propria parte.

    Ricordate l’esperienza di Elia? Il calcolo umano suscita nel profeta la paura che lo spinge a cercare rifugio. Paura. «Elia, impaurito, si alzò e se ne andò per salvarsi [...] Camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb. Là entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: “Che cosa fai qui, Elia?”» (1 Re19,3.8-9). Poi, sull’Oreb, troverà risposta non nel vento impetuoso che scuote le rocce, non nel terremoto e nemmeno nel fuoco. La grazia di Dio non alza la voce; è un mormorio, che raggiunge quanti sono disposti ad ascoltarne la brezza leggera - quel filo di silenzio sonoro - li esorta ad uscire, a tornare nel mondo, testimoni dell’amore di Dio per l’uomo, perché il mondo creda...

    Con questo respiro, proprio un anno fa, in questa stessa Piazza, abbiamo invocato lo Spirito Santo, chiedendo che — nel mettere a tema la famiglia — i Padri sinodali sapessero ascoltare e confrontarsi mantenendo fisso lo sguardo su Gesù, Parola ultima del Padre e criterio di interpretazione di tutto.

    Questa sera non può essere un’altra la nostra preghiera. Perché, come ricordava il Metropolita Ignazio IV Hazim, senza lo Spirito Santo, Dio è lontano, Cristo rimane nel passato, la Chiesa diventa una semplice organizzazione, l’autorità si trasforma in dominio, la missione in propaganda, il culto in evocazione, l’agire dei cristiani in una morale da schiavi (cfr Discorso alla Conferenza ecumenica di Uppsala, 1968).

    Preghiamo, dunque, perché il Sinodo che domani si apre sappia ricondurre a un’immagine compiuta di uomo l’esperienza coniugale e familiare; riconosca, valorizzi e proponga quanto in essa c’è di bello, di buono e di santo; abbracci le situazioni di vulnerabilità, che la mettono alla prova: la povertà, la guerra, la malattia, il lutto, le relazioni ferite e sfilacciate da cui sgorgano disagi, risentimenti e rotture; ricordi a queste famiglie, come a tutte le famiglie, che il Vangelo rimane “buona notizia” da cui sempre ripartire. Dal tesoro della viva tradizione i Padri sappiano attingere parole di consolazione e orientamenti di speranza per famiglie chiamate in questo tempo a costruire il futuro della comunità ecclesiale e della città dell’uomo.

    * * *

    Ogni famiglia, infatti, è sempre una luce, per quanto fioca, nel buio del mondo.

    La stessa vicenda di Gesù tra gli uomini prende forma nel grembo di una famiglia, all’interno della quale rimarrà per trent’anni. Una famiglia come tante, la sua, collocata in uno sperduto villaggio della periferia dell’Impero.

    Charles de Foucauld, forse come pochi altri, ha intuito la portata della spiritualità che emana da Nazaret. Questo grande esploratore abbandonò in fretta la carriera militare, affascinato dal mistero della Santa Famiglia, del rapporto quotidiano di Gesù con i genitori e i vicini, del lavoro silenzioso, della preghiera umile. Guardando alla Famiglia di Nazaret, fratel Charles avvertì la sterilità della brama di ricchezza e di potere; con l’apostolato della bontà si fece tutto a tutti; lui, attratto dalla vita eremitica, capì che non si cresce nell’amore di Dio evitando la servitù delle relazioni umane. Perché è amando gli altri che si impara ad amare Dio; è curvandosi sul prossimo che ci si eleva a Dio. Attraverso la vicinanza fraterna e solidale ai più poveri e abbandonati, egli comprese che alla fine sono proprio loro a evangelizzare noi, aiutandoci a crescere in umanità.

    Per comprendere oggi la famiglia, entriamo anche noi — come Charles de Foucauld — nel mistero della Famiglia di Nazaret, nella sua vita nascosta, feriale e comune, com’è quella della maggior parte delle nostre famiglie, con le loro pene e le loro semplici gioie; vita intessuta di serena pazienza nelle contrarietà, di rispetto per la condizione di ciascuno, di quell’umiltà che libera e fiorisce nel servizio; vita di fraternità, che sgorga dal sentirsi parte di un unico corpo.

    È luogo — la famiglia — di santità evangelica, realizzata nelle condizioni più ordinarie. Vi si respira la memoria delle generazioni e si affondano radici che permettono di andare lontano. È luogo del discernimento, dove ci si educa a riconoscere il disegno di Dio sulla propria vita e ad abbracciarlo con fiducia. È luogo di gratuità, di presenza discreta, fraterna e solidale, che insegna a uscire da se stessi per accogliere l’altro, per perdonare e sentirsi perdonati.

    ***

    Ripartiamo da Nazaret per un Sinodo che, più che parlare di famiglia, sappia mettersi alla sua scuola, nella disponibilità a riconoscerne sempre la dignità, la consistenza e il valore, nonostante le tante fatiche e contraddizioni che possono segnarla.

    Nella “Galilea delle genti” del nostro tempo ritroveremo lo spessore di una Chiesa che è madre, capace di generare alla vita e attenta a dare continuamente la vita, ad accompagnare con dedizione, tenerezza e forza morale. Perché se non sappiamo unire la compassione alla giustizia, finiamo per essere inutilmente severi e profondamente ingiusti.

    Una Chiesa che è famiglia sa porsi con la prossimità e l’amore di un padre, che vive la responsabilità del custode, che protegge senza sostituirsi, che corregge senza umiliare, che educa con l’esempio e la pazienza. A volte, semplicemente con il silenzio di un’attesa orante e aperta.

    E soprattutto, una Chiesa di figli che si riconoscono fratelli non arriva mai a considerare qualcuno soltanto come un peso, un problema, un costo, una preoccupazione o un rischio: l’altro è essenzialmente un dono, che rimane tale anche quando percorre strade diverse.

    È casa aperta, la Chiesa, lontana da grandezze esteriori, accogliente nello stile sobrio dei suoi membri e, proprio per questo, accessibile alla speranza di pace che c’è dentro ogni uomo, compresi quanti — provati dalla vita — hanno il cuore ferito e sofferente.

    Questa Chiesa può rischiarare davvero la notte dell’uomo, additargli con credibilità la meta e condividerne i passi, proprio perché lei per prima vive l’esperienza di essere incessantemente rigenerata nel cuore misericordioso del Padre.

     



    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    00 05/10/2015 16:20

    SINODO PER LA FAMIGLIA 2015


    INTRODUZIONE DEL SANTO PADRE FRANCESCO


    Aula del Sinodo
    Lunedì, 5 ottobre 2015

    [Multimedia]



     

    Cari Beatitudini, Eminenze, Eccellenze, fratelli e sorelle,

    La Chiesa riprende oggi il dialogo iniziato con la convocazione del Sinodo Straordinario sulla famiglia – e certamente anche molto prima – per valutare e riflettere insieme sul testo dell’Instrumentum laboris, elaborato a partire dalla Relatio Synodi e dalle risposte delle Conferenze Episcopali e degli organismi aventi diritto.

    Il Sinodo, come sappiamo, è un camminare insieme con spirito di collegialità e di sinodalità, adottando coraggiosamente la parresia, lo zelo pastorale e dottrinale, la saggezza, la franchezza, e mettendo sempre davanti ai nostri occhi il bene della Chiesa, delle famiglie e la suprema lex, la salus animarum (cfr Can. 1752).

    Vorrei ricordare che il Sinodo non è un convegno o un “parlatorio”, non è un parlamento o un senato, dove ci si mette d’accordo. Il Sinodo, invece, è un’espressione ecclesiale, cioè è la Chiesa che cammina insieme per leggere la realtà con gli occhi della fede e con il cuore di Dio; è la Chiesa che si interroga sulla sua fedeltà al deposito della fede, che per essa non rappresenta un museo da guardare e nemmeno solo da salvaguardare, ma è una fonte viva alla quale la Chiesa si disseta per dissetare e illuminare ildeposito della vita.

    Il Sinodo si muove necessariamente nel seno della Chiesa e dentro il Santo Popolo di Dio di cui noi facciamo parte in qualità di pastori, ossia servitori.

    Il Sinodo inoltre è uno spazio protetto ove la Chiesa sperimenta l’azione dello Spirito Santo. Nel Sinodo lo Spirito parla attraverso la lingua di tutte le persone che si lasciano guidare dal Dio che sorprende sempre, dal Dio che rivela ai piccoli ciò che nasconde ai sapienti e agli intelligenti, dal Dio che ha creato la legge e il sabato per l’uomo e non viceversa, dal Dio che lascia le novantanove pecorelle per cercare l’unica pecorella smarrita, dal Dio che è sempre più grande delle nostre logiche e dei nostri calcoli.

    Ricordiamo però che il Sinodo potrà essere uno spazio dell’azione dello Spirito Santo solo se noi partecipanti ci rivestiamo di coraggio apostolico, umiltà evangelica e orazione fiduciosa.

    Il coraggio apostolico che non si lascia impaurire né di fronte alle seduzioni del mondo, che tendono a spegnere nel cuore degli uomini la luce della verità sostituendola con piccole e temporanee luci, e nemmeno di fronte all’impietrimento di alcuni cuori che - nonostante le buone intenzioni - allontanano le persone da Dio. «Il coraggio apostolico di portare vita e non fare della nostra vita cristiana un museo di ricordi» (Omelia a Santa Marta, 28 aprile 2015).

    L’umiltà evangelica che sa svuotarsi dalle proprie convenzioni e pregiudizi per ascoltare i fratelli Vescovi e riempirsi di Dio. Umiltà che porta a non puntare il dito contro gli altri per giudicarli, ma a tendere loro la mano per rialzarli senza mai sentirsi superiori ad essi.

    L’orazione fiduciosa è l’azione del cuore quando si apre a Dio, quando si fanno tacere tutti i nostri umori per ascoltare la soave voce di Dio che parla nel silenzio. Senza ascoltare Dio tutte le nostre parole saranno soltanto “parole” che non saziano e non servono. Senza lasciarci guidare dallo Spirito tutte le nostre decisioni saranno soltanto delle “decorazioni” che invece di esaltare il Vangelo lo ricoprono e lo nascondono.

    Cari fratelli,

    come ho detto, il Sinodo non è un parlamento, dove per raggiungere un consenso o un accordo comune si occorre al negoziato, al patteggiamento o ai compromessi, ma l’unico metodo del Sinodo è quello di aprirsi allo Spirito Santo, con coraggio apostolico, con umiltà evangelica e con orazione fiduciosa; affinché sia Lui a guidarci, a illuminarci e a farci mettere davanti agli occhi non i nostri pareri personali, ma la fede in Dio, la fedeltà al magistero, il bene della Chiesa e la salus animarum.

    Infine, vorrei ringraziare di cuore Sua Eminenza il Cardinale Lorenzo Baldisseri, Segretario Generale del Sinodo, Sua Eccellenza Mons. Fabio Fabene, Sotto-segretario; il Relatore Sua Eminenza il Cardinale Peter Erdő e il Segretario Speciale Sua Eccellenza Mons. Bruno Forte, i Presidenti delegati, gli scrittori, i consultori, i traduttori e tutti coloro che hanno lavorato con vera fedeltà e totale dedizione alla Chiesa: grazie di cuore!

    Ringrazio ugualmente tutti voi, cari Padri Sinodali, Delegati Fraterni, Uditori, Uditrici e Assessori per la vostra partecipazione attiva e fruttuosa.

    Uno speciale ringraziamento voglio indirizzare ai giornalisti presenti in questo momento e a quelli che ci seguono da lontano. Grazie per la vostra appassionata partecipazione e per la vostra ammirevole attenzione.

    Iniziamo il nostro cammino, invocando l’aiuto dello Spirito Santo e l’intercessione della Santa Famiglia: Gesù, Maria e san Giuseppe! Grazie!

     




    Dopo la Relazione del Segretario generale Card. Lorenzo Baldisseri, la prima Congregazione generale della XIV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, sul tema: La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo (4 - 25 ottobre 2015) è proseguita questa mattina nell’Aula del Sinodo, alla presenza del Santo Padre Francesco, con la presentazione della Relazione introduttiva da parte del Relatore generale, Cardinale Péter Erdő, Arcivescovo di Esztergom-Budapest.
    Ne pubblichiamo di seguito il testo:

    Relazione introduttiva del Relatore generale, Card. Péter Erdő

    INTRODUZIONE

    I. L’ASCOLTO DELLE SFIDE SULLA FAMIGLIA 
    I.1 Contesto socio-culturale

    I.2 Cambiamento antropologico: fuga dalle istituzioni
    I.3 Instabilità istituzionale
    I.4 Individualismo e soggettivismo 
    I.5 Aspetti biologici e culturali

    II. IL DISCERNIMENTO DELLA VOCAZIONE FAMILIARE
    II.1 Famiglia e pedagogia divina
    II.2 Gesù e la famiglia: l’indissolubilità dono e compito
    II.3 La famiglia immagine della Trinità
    II.4 La famiglia nel Magistero della Chiesa
    II.5 La dimensione missionaria della Famiglia
    II.6 L’indissolubilità del matrimonio e la gioia del vivere insieme
    II.7 Il progetto del Creatore ed il matrimonio naturale
    II.8 Misericordia verso le famiglie ferite: missione della Chiesa
    II.9 Misericordia e verità rivelata

    III. LA MISSIONE DELLA FAMIGLIA OGGI
    III.1 Famiglia ed evangelizzazione
    III.2 Famiglia, formazione ed istituzioni pubbliche
    III.3 Famiglia, accompagnamento ed integrazione ecclesiale
    III.4 Famiglia, generatività, educazione
    III.5 La responsabilità generativa
    III.6 La vita umana mistero intangibile
    III.7 La sfida dell’educazione e il ruolo della famiglia nell’evangelizzazione

    CONCLUSIONE

     

    INTRODUZIONE

    Beatissimo Padre 
    Eminentissimi ed Eccellentissimi Padri Sinodali 
    Cari fratelli e sorelle

    Gesù Cristo nostro maestro e nostro Signore è il Buon Pastore. Egli, secondo l’evangelista Marco, vide una grande folla, ebbe compassione: «…e si mise a insegnare loro molte cose» (Mc 6, 34). Al riguardo Papa Francesco indicava il metodo ed il programma che in un certo qual modo dovremmo anche noi seguire nei nostri lavori: «…vedereavere compassioneinsegnare. Li possiamo chiamare i verbi del Pastore. […] Il primo e il secondo, vedere e avere compassione, sono sempre associati nell’atteggiamento di Gesù: infatti il suo sguardo non è lo sguardo di un sociologo o di un fotoreporter, perché egli guarda sempre con ‘gli occhi del cuore’. […] E da questa compassione nasce il desiderio di Gesù di nutrire la folla con il pane della sua Parola, cioè di insegnare la Parola di Dio alla gente. Gesù vede, Gesù ha compassione, Gesù ci insegna» (Papa Francesco,Angelus del 19-VII-2015). A questa visione corrispondono le tre grandi tematiche dell’ILfrutto di un cammino collegiale intenso. Senza poter menzionare in questa relazione introduttiva tutti i temi importanti che sono emersi nella discussione e nei documenti dell’ultimo Sinodo e successivamente, cerchiamo di seguire in modo particolare solo le tematiche principali.


    I. L’ASCOLTO DELLE SFIDE SULLA FAMIGLIA

    I.1 Contesto socio-culturale

    In questa prima parte l’IL parla di un ascolto che altro non è che un “vedere”, un prendere atto delle attuali sfide che riguardano la famiglia. Sembra che ci siano nel mondo, nelle circostanze esterne, e nelle riflessioni o nella mentalità della gente, almeno due grandi tipi di problematiche. La prima tradizionale, quasi quella di sempre, che assume però nel nostro mondo globalizzato delle nuove dimensioni e delle nuove impensate conseguenze. Si tratta degli effetti dei cambiamenti climatici ed ambientali e di quelli dell’ingiustizia sociale, di violenze, di guerre, che spingono milioni di persone a lasciare la loro terra d’origine e di cercare di sopravvivere in altre parti del mondo. Se guardiamo, per esempio, le migliaia d’immigranti e profughi che arrivano ogni giorno in Europa, vediamo subito che la grande maggioranza è composta da uomini piuttosto giovani, anche se arrivano con loro, a volte, donne e bambini. Già da questo quadro risulta evidente che il movimento migratorio sta disgregando le famiglie o è una difficoltà per la loro formazione. In molte parti del mondo giovani genitori lasciano a casa i loro i figli e cercano lavoro all’estero.

    In non poche parti del mondo c’è gente che lavora per un salario così basso che appena gli permette di sopravvivere per poter continuare a lavorare, ma che non rende pensabile la creazione di una famiglia. In tale contesto non si può dimenticare che alcune imprese commerciali hanno pure la loro responsabilità in questa situazione.

    Accade pure che per assicurare la così detta mobilità della “forza di lavoro”, intere famiglie devono spesso trasferirsi in altre città o regioni, lacerando sempre di nuovo l’assetto umano e sociale di parenti, amici e vicini, compagni di scuola o di lavoro. Così tutta questa grande mobilità sembra esser uno dei fattori che spingono le persone verso atteggiamenti e tendenze individualistiche.

    La così detta industrializzazione iniziata nel XIX sec., arriva oggi in tutte le parti del mondo. La forma tipica del lavoro diventa quella dipendente. L’impiegato, l’operaio lavora fuori dal suo contesto familiare e viene pagato per quello che fa fuori dalla famiglia, mentre i lavori preziosissimi che si fanno nella comunità familiare, come l’educazione dei figli, l’assistenza dei malati ed anziani a casa, vengono raramente riconosciuti ed aiutati dalla società. Come ricorda Papa Francesco: «Sperimentiamo le lacune di una società programmata sull’efficienza, che conseguentemente ignora gli anziani. E gli anziani sono una ricchezza, non si possono ignorare (Udienza generale, 4 marzo 2015)» (IL 17).

    I.2 Cambiamento antropologico: fuga dalle istituzioni

    Nelle regioni più benestanti del mondo, si riscontra un altro fenomeno elementare, non indipendente da questo primo, e presente anche in altre parti del mondo, cioè il così detto «cambiamento antropologico» che corre il rischio di risolversi in un «riduzionismo antropologico» (Papa Francesco, Parole del Santo Padre al termine del pranzo con i partecipanti al Seminario Internazionale sulla proposta del Papa Francesco nella Es. Ap. Evangelii gaudium “per una economia sempre più inclusiva”, Casina Pio IV, 12 luglio, 2014). La persona alla ricerca della propria libertà, cerca infatti spesso di essere indipendente da ogni legame, a volte anche dalla religione, che costituisce un legame con Dio, dai legami sociali, specialmente da quelli che sono connessi con le forme istituzionali della vita. La vita della società, infatti, soprattutto di quelle chiamate sviluppate, rischia di essere quasi soffocata dal formalismo burocratico. Fenomeno che non discende necessariamente solo dalla complessità della struttura economica e sociale ovvero dalla complessità delle conquiste scientifiche, ma sembra avere anche un’altra fonte. Ciò sarebbe un cambiamento di atteggiamento. Se non abbiamo fiducia di poter conoscere le verità oggettive ed i valori oggettivi che si basano sulla realtà, allora rischiamo di cercare orientamenti per il nostro comportamento sociale in base a dei criteri solamente formali, come una maggioranza numerica, che prescinde dal contenuto, o una formalità di procedimento, presso vari organismi, come unica giustificazione di una scelta. Tale fenomeno può spingere i legislatori a moltiplicare le norme giuridiche, a far crescere il controllo anche informatico, per paura che altrimenti non ci sarà un’osservanza volontaria delle leggi che può discendere solo da una convinzione morale, da una comune conoscenza oggettiva della realtà. Da questo quadro di un’alienazione notevole, si spiega la fuga istintiva di molta gente dalle forme istituzionali. Così sembra che si possa spiegare la crescita del numero delle coppie che vivono insieme stabilmente, ma non vogliono contrarre nessun tipo di matrimonio né religioso né civile. In certi Paesi l’alta percentuale di questo tipo di scelta dimostra una correlazione con l’alta percentuale di quelli che non vogliono seppellire i loro parenti in nessuna forma ufficiale. Dove la legge lo permette preferiscono portarsi a casa le ceneri dei loro cari ovvero spargerle senza alcuna formalità. Qui risulta chiaro che la fuga elementare dalle istituzioni colpisce anche alcune forme della vita che hanno di per sé un aspetto comunitario ed istituzionale. Matrimonio e famiglia non sono per individui isolati, ma trasmettono dei valori, offrono una possibilità di sviluppo alla persona umana, che non risulta sostituibile.

    In tutta la crisi delle istituzioni e delle forme istituzionali dei rapporti umani, e quindi non solo nel campo del matrimonio e della famiglia, ma lì in modo speciale, si manifesta la tensione interna della persona umana ed il problema di che cosa sia l’essere umano. Già la stessa espressione linguistica, il parlare comporta un elemento istituzionale nella comunicazione. Usando parole con contenuto preciso arriviamo più facilmente all’astrazione ed al ragionamento logico, così si esonera la singola persona dal peso di creare sempre nuovi modi di comunicazione. Seguendo usanze e forme istituzionali della società troviamo più facilmente e più sicuramente le risposte ed i comportamenti appropriati in tante situazioni della vita. Le istituzioni, in generale, sembrano dei “pesi” che invece però facilitano, alleggeriscono le relazioni intersoggettive. Anche le norme non scritte del comportamento sociale hanno una simile funzione. Si può comunicare l’ideale di un comportamento giusto attraverso l’esempio, una storia raccontata o rappresentata in un filmato, ma si può esprimerla in una norma concepita verbalmente, in una legge. Gesù Cristo è stato il comunicatore più grande, la Parola viva di Dio, che ha saputo raccontare delle parabole e dire alla fine “vai e fai ugualmente”, ma ha saputo pure parlare da Legislatore.

    I cambiamenti antropologici attuali toccano gli strati più profondi dell’essere umano. È diventata moda di progettare fino ai minimi dettagli le nozze, prevedendo tutto, dalla musica, al menù, fino alle tovaglie per le tavole. Si vedono i giovani nubendi completamente presi dall’ansia per la preoccupazione di realizzare nel migliore dei modi questi dettagli, ma che allo stesso tempo trascurano il vero significato del matrimonio.

    In questo “campo magnetico” della necessità e dell’appariscente irraggiungibilità di tante forme istituzionali, si colloca il problema della legge così come quello del matrimonio e della famiglia. Di fronte a questa situazione attuale e veramente nuova, sembra proprio provvidenziale che si può dedicare la presente assise sinodale a questo tema. Cerchiamo quindi di affrontare i compiti di questo Sinodo come indica Papa Francesco: «… nel duplice ascolto dei segni di Dio e della storia degli uomini e nella duplice e unica fedeltà che ne consegue» (IL 3).

    I.3 Instabilità istituzionale

    Oltre la fuga dalle istituzioni si riscontra anche la crescente instabilità istituzionale che si manifesta anche nell’alta percentuale dei divorzi. L’innalzamento dell’età in cui ci si sposa, ossia la paura dei giovani di assumersi delle responsabilità e degli impegni definitivi, come il matrimonio e la famiglia, s’inseriscono in questo contesto. Anzi, se l’obiettivo unico è quello di sentirsi bene sul momento, allora né il passato e né il futuro sembrano importanti, anzi appare una certa paura generale del futuro in quanto forse non ci sentiremo più così bene. Per questo sembra pericolosa anche una scelta definitiva sia professionale che familiare. Così accade che molti non sentono neanche la propria responsabilità, né per i loro simili nel presente e né per il futuro.

    I.4 Individualismo e soggettivismo

    Per questo, come ha ribadito Papa Francesco nel suo discorso a Strasburgo: «Vi è infatti oggi la tendenza verso una rivendicazione sempre più ampia di diritti individuali - sono tentato di dire individualistici -, che cela una concezione di persona umana staccata da ogni contesto sociale e antropologico, quasi come una “monade” (μονάς), sempre piùinsensibile alle altre “monadi” intorno a sé. Al concetto di diritto non sembra più associato quello altrettanto essenziale e complementare di dovere, così che si finisce per affermare i diritti del singolo senza tenere conto che ogni essere umano è legato a un contesto sociale, in cui i suoi diritti e doveri sono connessi a quelli degli altri e al bene comune della società stessa».

    «Ritengo perciò [continua il Pontefice] che sia quanto mai vitale approfondire oggi una cultura dei diritti umani che possa sapientemente legare la dimensione individuale, o, meglio, personale, a quella del bene comune, a quel “noi-tutti” formato da individui, famiglie e gruppi intermedi che si uniscono in comunità sociale (cfr. Benedetto XVI, Caritas in veritate, 7; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Gaudium et spes, 26)» (Papa Francesco, Discorso al Parlamento Europeo, Strasburgo, 25-XI-2014).

    Quindi, bisogna evitare l’attuale tendenza a far passare quelli che sono semplici desideri, molte volte egoistici, come veri e propri diritti, negando allo stesso tempo la base oggettiva di qualsiasi diritto.

    «Un aspetto del tutto importante della responsabilità è il necessario ripensamento dell’orientamento del sistema mondiale attraverso una cultura ecologica […] che includa non solo le dimensioni ambientali ma anche quelle sociali ed economiche per lo sviluppo sostenibile e la cultura del creato» (IL 16). È alla luce del nostro rapporto al Creatore che scopriamo pienamente la nostra responsabilità e vocazione.

    Oltre a queste tendenze individualistiche ed anti istituzionali, si osserva pure il fenomeno di confondere o rendere incerti i confini di istituti fondamentali come il matrimonio e la famiglia. Anche questo contribuisce a far crescere l’individualismo che alla fine ne risulta causa ed effetto.

    I.5 Aspetti biologici e culturali

    Con lo sviluppo delle scienze naturali sono apparse nuove possibilità che riguardano il rapporto tra l’aspetto biologico e quello personale e culturale. La società dei consumi ha separato sessualità e procreazione. Anche questa è una delle cause della denatalità. A volte discende dalla povertà, in altri casi dalle difficoltà di doversi assumere delle responsabilità.

    Mentre in Paesi in via di sviluppo si riscontra lo sfruttamento e la violenza esercitati sul corpo delle donne e la fatica imposta loro anche durante la gravidanza, e spesso aborti e sterilizzazioni forzate, nonché conseguenze negative con pratiche legate con la procreazione, (per es. affitto dell’utero e gameti), in altri Paesi il desiderio di avere un figlio ad ogni costo «… non ha portato a relazioni più felici e solide» (IL 30). Tutto sommato la così detta rivoluzione bio-tecnologica ha introdotto nuove possibilità di manipolare l’atto generativo «… rendendolo indipendente dalla relazione tra uomo e donna. In questo modo la vita umana e la genitorialità sono divenute realtà componibili e scomponibili, soggette prevalentemente alle scelte di singoli o di coppie» (IL 34).

    Le immaturità e le fragilità affettive rivestono una grande attualità. Prima di tutto si dimentica che queste sono l’effetto di una vera mancanza di educazione effettiva ed affettiva in famiglia, in quanto i genitori non hanno tempo per i figli, ovvero divorziano ed i figli non vedendo l’esempio degli adulti, si confrontano solo con il comportamento dei loro coetanei. Così la maturità affettiva rimane tarpata e non le viene permesso di svilupparsi. Si colloca in questo contesto la pornografia e la commercializzazione del corpo favorita da un uso distorto di internet. Non dimentichiamo, però, che questo può essere letto più come una conseguenza che come la causa dell’attuale situazione. Così la crisi della coppia destabilizza la famiglia ed indebolisce i legami tra le generazioni (cf IL 33).

    «Si possono infine ricordare le teorie secondo le quali l’identità personale e l’intimità affettiva devono affermarsi in una dimensione radicalmente svincolata dalla diversità biologica fra maschio e femmina. Nello stesso tempo, però, si vuole riconoscere alla stabilità di una coppia istituita indipendentemente dalla differenza sessuale la stessa titolarità della relazione matrimoniale intrinsecamente legata ai ruoli paterno e materno, definiti a partire dalla biologia della generazione. La confusione consegna all’opzione individualistica lo speciale legame fra differenza, generazione, identità umana. “La rimozione della differenza […però …] è il problema, non la soluzione” (Papa Francesco, Udienza generale, 15 aprile 2015)» (IL 8).

       continua




    [Modificato da Caterina63 05/10/2015 19:27]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
    Post: 39.989
    Sesso: Femminile
    00 05/10/2015 19:28

      II. IL DISCERNIMENTO DELLA VOCAZIONE FAMILIARE


    II.1 Famiglia e pedagogia divina


    Lo sguardo di Gesù è quello della misericordia, di quella misericordia che si basa sulla verità. L’insegnamento di Gesù sul matrimonio e la famiglia parte dalla creazione (cf Mt 19, 3). La vita dell’essere umano e dell’umanità s’inserisce in un grande progetto: quello di Dio creatore. Come in tutti gli aspetti della vita, troviamo la nostra pienezza e la nostra felicità se riusciamo ad inserirci liberamente e consapevolmente in questo grandioso progetto pieno di saggezza ed amore. Se cerchiamo la verità circa il matrimonio e la famiglia secondo le nostre capacità naturali migliori, ed ascoltiamo l’insegnamento di Gesù Cristo, ne cogliamo tutta la pienezza e tutta la santità. Così risplendono il matrimonio e la famiglia nella loro bellezza, della quale san Paolo dice già che è il grande mistero in cui si manifesta l’amore di Cristo per la Chiesa (cf Ef 5, 32). Questa bellezza non ha semplicemente il senso di una cosa che piace senza interesse, non ha una valenza meramente estetica, ma si rileva essere un vero e profondo interesse oggettivo dell’esistenza umana, una vera via per la felicità, che nel matrimonio sacramentale risulta mezzo di santificazione e fonte di grazia.


    «In realtà [come insegna il Concilio] solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo. […] Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione» (GS 22). Così si deve comprendere in chiave cristocentrica anche le proprietà naturali del matrimonio (cf IL 40).


    II.2 Gesù e la famiglia: l’indissolubilità dono e compito


    «Gesù stesso, riferendosi al disegno primigenio sulla coppia umana, riafferma l’unione indissolubile tra l’uomo e la donna, pur dicendo che «per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così» (Mt19,8). L’indissolubilità del matrimonio («Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi» Mt 19,6), non è innanzitutto da intendere come “giogo” imposto agli uomini bensì come un “dono” fatto alle persone unite in matrimonio. Gesù ha assunto una famiglia, ha dato inizio ai segni nella festa nuziale a Cana, ha annunciato il messaggio concernente il significato del matrimonio come pienezza della rivelazione che recupera il progetto originario di Dio (cf Mt 19,3). Ma nello stesso tempo ha messo in pratica la dottrina insegnata manifestando così il vero significato della misericordia. Ciò appare chiaramente negli incontri con la samaritana (cf. Gv 4,1-30) e con l’adultera (cf. Gv 8,1-11) in cui Gesù, con un atteggiamento di amore verso la persona peccatrice, porta al pentimento e alla conversione (“va’ e non peccare più”), condizione per il perdono» (IL 41).


    Questo progetto di Dio sul matrimonio e la famiglia offre una possibilità di pienezza per la vita delle persone interessate anche oggi, malgrado la difficoltà che si riscontra nel mantenere gli impegni per sempre. Le virtù della vita matrimoniale e familiare sono, per esempio: «… rispetto e fiducia vicendevoli, accoglienza e gratitudine reciproche, pazienza e perdono (cf Papa Francesco, Udienza generale, 13 maggio 2015)» (IL 43).


    II.3 La famiglia immagine della Trinità


    Il matrimonio e la famiglia esprimono in modo speciale che l’essere umano è creato ad immagine e somiglianza di Dio. In questo contesto il Papa Francesco ricorda che: «… non solo l’uomo preso a sé è immagine di Dio, non solo la donna presa a sé è immagine di Dio, ma anche l’uomo e la donna, come coppia, sono immagine di Dio. La differenza tra uomo e donna non è per la contrapposizione, o la subordinazione, ma per la comunione e la generazione, sempre ad immagine e somiglianza di Dio» (Papa Francesco, Udienza generale, 15 aprile 2015). Nel disegno creativo, infatti, è iscritta la complementarietà del carattere unitivo del matrimonio con quello procreativo (cf IL 45).


    La famiglia ed il matrimonio sono stati redenti da Cristo (cf Ef 5, 21-32), restaurati ad immagine della Santissima Trinità, mistero dal quale scaturisce ogni vero amore. Questo implica allo stesso tempo che essi sono per i battezzati un dono ed un impegno speciale.


    II.4 La famiglia nel Magistero della Chiesa


    Il Concilio Vaticano II mette in rilievo l’importanza della promozione della dignità del matrimonio e della famiglia (cf GS 47-52) ribadendo il fatto che il matrimonio è una comunità di vita ed amore (cf GS 48). Il vero amore infatti non si riduce a qualche elemento del rapporto ma implica la mutua donazione di sé (cf GS 49). Così si integrano la dimensione sessuale ed affettiva e l’edificazione quotidiana della vita. Nel disegno del Creatore la coppia umana è già portatrice della benedizione divina. Infatti, nella Genesi leggiamo che: «Dio creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. Dio li benedisse; e Dio disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi…” » (Gen 1, 27-28). Nell’incarnazione, poi, Dio assume l’amore umano lo purifica, lo porta a pienezza, e dona agli sposi con il Suo spirito elargito già nel sacramento del Battesimo, la capacità di realizzarlo in pienezza e mediante una grazia propria edificare il corpo di Cristo e costituire una Chiesa domestica (cf LG 11;IL 47).


    II.5 La dimensione missionaria della Famiglia


    La dimensione missionaria della famiglia si radica nel sacramento del Battesimo e si realizza all’interno della comunità cristiana. La famiglia cristiana, Chiesa domestica basata sul matrimonio sacramentale tra due cristiani, per sua natura tende a condividere la propria fede donandola anche agli altri. Le famiglie cristiane, infatti, sono chiamate a testimoniare il vangelo sia con la loro vita vissuta secondo il vangelo stesso, sia attraverso un annuncio missionario. I coniugi rinforzano mutuamente la loro fede e la trasmettono ai figli, ma anche i figli, con gli altri membri della famiglia, sono chiamati a condividere la loro fede. Nella famiglia si può fare anche l’esperienza di come i coniugi nel loro mutuo amore, rinforzati dallo spirito di Cristo, vivono la loro chiamata alla santità. Così la famiglia costituisce, come dice san Giovanni Paolo II nella Familiaris consortio, la via della Chiesa (cf FC 13). È in questo quadro che s’inserisce l’insegnamento del beato Paolo VI che mette in luce l’intima relazione tra amore coniugale e generazione della vita (cf Humane vitae). Questa verità sembra avere un’attualità speciale oggi quando esistono molte possibilità tecniche di separare la procreazione dall’amore coniugale. L’amore vissuto nel matrimonio e nella famiglia risulta principio di vita nella società, come ribadisce Benedetto XVI nell’Enciclica Caritas in veritate (n. 44). La famiglia, infatti, è il luogo in cui s’impara l’esperienza del bene comune (cf IL 50). L’insegnamento dei Pontefici approfondisce anche la dimensione spirituale della vita familiare partendo dalla riscoperta della preghiera in famiglia e dell’ascolto in comune della Parola di Dio. Ugualmente fondamentale è la riscoperta del giorno del Signore come segno del profondo radicarsi della famiglia nella realtà ecclesiale. La spiritualità della famiglia deve alimentarsi di forti esperienze di fede, in particolare dalla partecipazione all’eucarestia (cf IL 51; LG 11). Soprattutto nell’Eucarestia domenicale, la famiglia cristiana preannuncia quella famiglia grande e definitiva alla quale siamo chiamati nella vita eterna.


    Papa Francesco nell’Enciclica Lumen Fidei parlando del legame tra la famiglia e la fede dice che: «La fede non è un rifugio […] ma la dilatazione della vita. Essa fa scoprire una grande chiamata, la vocazione all’amore, e assicura che quest’amore è affidabile, che vale la pena di consegnarsi ad esso, perché il suo fondamento si trova nella fedeltà di Dio, più forte di ogni nostra fragilità» (LF, 53).


    Il dono reciproco costitutivo del matrimonio, si radica per i cristiani nella grazia del Battesimo, che stabilisce l’alleanza fondamentale di ogni persona con Cristo nella Chiesa. I nubendi si promettono dono totale, fedeltà ed apertura alla vita, essi riconoscono come elementi costitutivi del matrimonio i doni che Dio offre loro, prendendo sul serio il loro impegno in Suo nome e di fronte la Chiesa. Nel matrimonio sacramentale Dio consacra l’amore degli sposi e ne conferma l’indissolubilità, offrendo loro l’aiuto per vivere la fedeltà, l’integrazione reciproca e l’apertura alla vita (cf IL 54).


    II.6 L’indissolubilità del matrimonio e la gioia del vivere insieme


    L’insegnamento di Cristo sull’indissolubilità del matrimonio era molto esigente fino a provocare una certa confusione tra i suoi stessi discepoli (cf Mt 19, 10). I Vangeli e san Paolo confermano ugualmente che il ripudio della moglie, praticato prima tra il popolo d’Israele, non può rendere possibile un nuovo matrimonio per nessuna delle parti. Questa affermazione così insolita e così esigente continua nel corso dei secoli nella tradizione disciplinare della Chiesa, costituendone un elemento fermo fino al punto che tra i popoli convertiti posteriormente al cristianesimo, una delle questioni disciplinari è stata quasi sempre quella della monogamia e dell’indissolubilità del matrimonio (cf Mt 19, 1-10; Mc 10, 1-12; Lc 16, 18; 1 Cor 7, 10-16).


    Questo insegnamento di Cristo sul matrimonio è un vero vangelo ed è fonte di gioia in quanto è piena realizzazione della persona umana e della sua vocazione alle relazioni personali gratuite, alla donazione di se stessi per essere accettati pienamente (cf IL 55).


    II.7 Il progetto del Creatore ed il matrimonio naturale


    La Chiesa, conviene ricordarlo, ha sempre riconosciuto l’esistenza di un vero matrimonio naturale tra due non battezzati. Sin dagli inizi dell’umanità tali alleanze tra un uomo ed una donna che corrispondevano al piano creatore di Dio erano e sono benedette (Gen 1, 27-28). Tra i veri matrimoni, quindi, anche oggi nel mondo ci sono moltissimi naturali, tra non battezzati, ed altri sacramentali contratti tra i battezzati che comportano una grazia speciale (cf IL 57). «La serietà dell’adesione a questo progetto e il coraggio che essa richiede si lasciano apprezzare in modo speciale proprio oggi» (IL 57).


    II.8 Misericordia verso le famiglie ferite: missione della Chiesa


    In virtù del sacramento del matrimonio la famiglia cristiana diventa un bene per la Chiesa, ma il suo inserimento nel contesto ecclesiale, risulta anche un bene per la famiglia che viene aiutata a livello spirituale e comunitario anche nelle difficoltà ed aiuta a custodire l’unione matrimoniale ed a discernere circa i rispettivi adempimenti o le eventuali mancanze.


    L’inserimento organico del matrimonio e della famiglia dei cristiani nella realtà della Chiesa, richiede anche che la comunità ecclesiale presti un’attenzione misericordiosa e realistica ai fedeli che convivono o vivono nel solo matrimonio civile in quanto non si sentono preparati a celebrare il sacramento, viste le difficoltà che una tale scelta può provocare oggi. Se la comunità riesce a dimostrarsi accogliente verso queste persone, nelle varie situazioni della vita, e presentare chiaramente la verità sul matrimonio, essa potrà aiutare questi fedeli ad arrivare ad una decisione per il matrimonio sacramentale.


    II.9 Misericordia e verità rivelata


    Da questa intima connessione del sacramento del matrimonio con la realtà della Chiesa stessa discende che la comunità ecclesiale ha una sua vocazione ad aiutare anche quelle coppie e famiglie cattoliche che si trovano in crisi. Ha il dovere di farsi carico anche di quanti vivono in convivenze o situazioni matrimoniali e familiari che non possono trasformarsi in matrimonio valido e tanto meno sacramentale. «Consapevoli che la misericordia più grande è dire la verità con amore, andiamo aldilà della compassione. L’amore misericordioso, come attrae e unisce, così trasforma ed eleva. Invita alla conversione (cf. Gv 8,1-11)» (IL67).


    III. LA MISSIONE DELLA FAMIGLIA OGGI


    III.1 Famiglia ed evangelizzazione


    Tra le conseguenze pratiche ed i compiti che riguardano la missione, alcuni richiedono l’impegno della Chiesa verso le famiglie, altri sono proprie delle famiglie stesse ed altri ancora richiedono l’impegno comune e costruttivo di entrambi.


    La preparazione delle nozze, che impegna spesso l’attenzione dei nubendi a livello esteriore ed emozionale, deve essere arricchito mettendo propriamente l’accento sul carattere spirituale ed ecclesiale. Nella preparazione pastorale del matrimonio bisogna approfondire detti aspetti mettendo soprattutto in evidenza le proprietà essenziali del matrimonio a livello naturale e soprannaturale. Risulta estremamente utile la partecipazione gioiosa della comunità cristiana che accoglie la nuova famiglia la quale deve sentirsi membro vivo della famiglia ecclesiale (cf IL 73; 103). Per questo risulta molto utile la partecipazione di famiglie cattoliche impegnate alla preparazione dei nubendi. I nuovi sposi possono conoscere una comunità di veri amici e da questi incontri possono nascere rapporti umani di arricchimento, di appoggio ed aiuto anche nelle situazioni difficili o nei problemi della coppia. Appartenendo ad un tale gruppo, può maturare anche la fede degli sposi, soprattutto se queste comunità di famiglie s’incontrano regolarmente, leggono la S. Scrittura, pregano insieme e coltivano la propria fede alla luce dell’insegnamento della Chiesa, soprattutto attraverso il Catechismo della Chiesa Cattolica. Accanto a tutto questo, e quasi come frutto, si realizza un mutuo aiutarsi nei problemi quotidiani che sono parte della vita di ogni famiglia. La formazione di tali gruppi di famiglie sembra un segno dei tempi. Esse nascono spesso all’interno di nuove comunità o movimenti ecclesiali, ma non di rado anche a livello parrocchiale. Sembra un compito urgente ed affascinate che la formazione di tali comunità venga promossa ed appoggiata in tutte le diocesi.


    Spesso risulta utile animare questi gruppi mediante la presenza di un sacerdote o di un operatore pastorale ben preparato (cfIL 75).


    Sia a livello di piccole comunità che a livello della pastorale parrocchiale e dei mass media è attuale perciò una «… conversione del linguaggio perché esso risulti effettivamente significativo» (IL 77-78). Ciò costituisce una sfida per i vescovi, per i sacerdoti e per gli altri ministri della Parola e richiede, o può richiedere, nuove forme di catechesi e di testimonianza, in piena fedeltà alla verità rivelataci da Cristo. Se parliamo dal profondo del nostro cuore, se non ci stanchiamo di rendere conto a noi stessi prima di tutto della nostra fede, allora possiamo rivolgerci agli altri con convinzione e coraggio. Se diciamo francamente agli altri ciò che noi crediamo, non dobbiamo aver paura di non essere compresi, in quanto anche noi siamo figli del nostro tempo. Così anche se non tutti accetteranno l’annuncio sarà comprensibile la proposta. Questo viene confermato specialmente dall’esperienza delle missioni nelle grandi città.


    Oltre all’annuncio gioioso del Vangelo, e nel suo contesto anche l’annuncio della buona novella sulla famiglia, è necessario anche aiutare quanti vivono in situazioni problematiche e difficili nel discernimento sulla loro condizione di vita alla luce del vangelo. Questo discernimento non deve accontentarsi di criteri soggettivi, come criteri di giustificazione, ma deve collegare la misericordia con la giustizia. Il progetto di Dio sul matrimonio e sulla famiglia è via di felicità per l’essere umano. In questa opera di annuncio i pastori della Chiesa, soprattutto in ambienti dove altre visioni del mondo e religioni sono presenti, devono conoscere anche questi modi di concepire e di attuare il matrimonio e la famiglia per illuminarli con la luce del Vangelo.


    III.2 Famiglia, formazione ed istituzioni pubbliche


    Sia nella preparazione del clero e degli operatori pastorali, che nella loro formazione permanente, bisogna tener presente il fatto che la loro maturazione affettiva e psicologica è indispensabile per l’accompagnamento pastorale delle famiglie. Gli uffici e le altre strutture diocesane per le famiglie devono collaborare anche a questo riguardo.


    «Considerando che la famiglia è “la cellula prima e vitale della società” (AA, 11), essa deve riscoprire la sua vocazione a sostegno del vivere sociale in tutti i suoi aspetti.È indispensabile che le famiglie, attraverso il loro aggregarsi, trovino le modalità per interagire con le istituzioni politiche, economiche e culturali, al fine di edificare una società più giusta» (IL 91). La collaborazione con le istituzioni pubbliche è da desiderare per l’interesse della famiglia. Eppure in molti Paesi e presso molte istituzioni il concetto ufficiale di famiglia «… non coincide con quello cristiano o con il suo senso naturale» (IL 91). Questo modo di pensare influenza la mentalità di non pochi cristiani. Le associazioni familiari ed i movimenti cattolici dovrebbero lavorare in modo congiunto, al fine di far valere le reali istanze della famiglia nella società (cf IL 91).


    «I cristiani devono impegnarsi in modo diretto nel contesto socio-politico, partecipando attivamente ai processi decisionali e portando nel dibattito istituzionale le istanze della dottrina sociale della Chiesa. Tale impegno favorirebbe lo sviluppo di programmi adeguati per aiutare i giovani e le famiglie bisognose, a rischio di isolamento sociale e di esclusione» (IL 92).


    I cristiani devono cercare di creare strutture economiche di sostegno per aiutare quelle famiglie che sono particolarmente colpite dalla povertà, dalla disoccupazione, dalla precarietà lavorativa, dalla mancanza di assistenza socio-sanitaria o sono vittime dell’usura. Tutta la comunità ecclesiale deve cercare di assistere le famiglie vittime di guerre e persecuzioni.


    III.3 Famiglia, accompagnamento ed integrazione ecclesiale


    È delicata ed esigente la missione della Chiesa verso coloro che vivono in situazioni matrimoniali o familiari problematiche. Prima di tutto quelli che potrebbero sposarsi in Chiesa ma si accontentano di un matrimonio civile ovvero di una semplice convivenza. Se il loro atteggiamento proviene dalla mancanza di fede o d’interesse religioso, si tratta di una vera situazione missionaria. Quando, invece, hanno qualche relazione con la comunità ecclesiale, frequentando magari gruppi parrocchiali o movimenti ecclesiali, si apre la strada di un loro avvicinamento al matrimonio sacramentale. Attraverso la dinamica pastorale delle relazioni personali è possibile realizzare una sana pedagogia che favorisca l’apertura delle menti e dei cuori alla pienezza del piano di Dio (cf IL 103).


    Riguardo ai separati ed ai divorziati non risposati, la comunità della Chiesa può aiutare le persone che vivono dette situazioni nel cammino del perdono e se possibile della riconciliazione, può aiutare l’ascolto dei figli che sono vittime di queste situazioni e può incoraggiare i coniugi rimasti soli dopo un tale fallimento, di perseverare nella fede e nella vita cristiana ed anche «… di trovare nell’Eucarestia il cibo che li sostenga nel loro stato» (IL 118).


    È importante avere, almeno a livello diocesano, centri di ascolto che da una parte possono aiutare già nel momento della crisi, ma anche successivamente (cf IL 117). Un altro tipo di consulenza, ugualmente importante, è quella da offrire ai divorziati un aiuto per poter chiarire l’eventuale invalidità del loro matrimonio naufragato, come è previsto nel M. P. Mitis Iudex.


    Riguardo ai divorziati e risposati civilmente è doveroso un accompagnamento pastorale misericordioso il quale però non lascia dubbi circa la verità dell’indissolubilità del matrimonio insegnata da Gesù Cristo stesso. La misericordia di Dio offre al peccatore il perdono, ma richiede la conversione. Il peccato di cui può trattarsi in questo caso non è soprattutto il comportamento che può aver provocato il divorzio nel primo matrimonio. Riguardo a quel fatto è possibile che nel fallimento le parti non siano state ugualmente colpevoli, anche se molto spesso entrambe sono in una certa misura responsabili. Non è quindi il naufragio del primo matrimonio, ma la convivenza nel secondo rapporto che impedisce l’accesso all’Eucarestia. «Si richiede da molte parti che l’attenzione e l’accompagnamento nei confronti dei divorziati risposati civilmente si orientino verso una sempre maggiore loro integrazione nella vita della comunità cristiana, tenendo conto della diversità delle situazioni di partenza» (IL 121). Ciò che impedisce alcuni aspetti della piena integrazione non consiste in un divieto arbitrario, ma è un’esigenza intrinseca richiesta in varie situazioni e rapporti, nel contesto della testimonianza ecclesiale. Tutto questo richiede, però, un’approfondita riflessione.


    Per quanto riguarda la così detta via penitenziale, questa espressione si usa in modi diversi (cf IL 122-123). Detti modi necessitano di essere approfonditi e precisati. Questo può essere compreso nel senso della Familiaris consortio (= FC) di san Giovanni Paolo II (cf n. 84) e riferirsi a quanti divorziati e risposati, per necessità dei figli o propria non interrompono la vita comune, ma che possono praticare in forza della grazia la continenza vivendo la loro relazione di aiuto reciproco e di amicizia. Questi fedeli potranno accedere anche ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucarestia evitando però di provocare scandalo (cfIL 119). Tale possibilità è lontana da essere fisicista e non riduce il matrimonio all’esercizio della sessualità, ma riconoscendone la natura e la finalità, l’applica coerentemente nella vita della persona umana.


    «In ordine all’approfondimento circa la situazione oggettiva di peccato e l’imputabilità morale, [giova] tenere in considerazione la Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica circa la recezione della Comunione eucaristica da parte di fedeli divorziati risposatidella Congregazione per la Dottrina della Fede (14 settembre 1994) e la Dichiarazione circa l’ammissibilità alla santa Comunione dei divorziati risposati del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi (24 giugno 2000)» (IL 123), come pure l’Esortazione post-sinodale Sacramentum Caritatis di Benedetto XVI.


    L’integrazione dei divorziati risposati nella vita della comunità ecclesiale può realizzarsi in varie forme, diverse dall’ammissione all’Eucarestia, come suggerisce già FC 84.


    Nella pratica tradizionale della Chiesa latina la via penitenziale poteva significare per coloro che non erano ancora pronti al cambiamento della loro condizione di vita, ma che provavano comunque il desiderio di conversione, che i confessori potevano ascoltare la loro confessione, dando loro buoni consigli e proponendo esercizi di penitenza, per indirizzarli alla conversione, ma senza dare loro l’assoluzione che era possibile soltanto per coloro che di fatto si proponevano di cambiare vita (cf RI 5 in VI; F. A. Febeus, S. I., De regulisiuris canonici Liber unicus, Venetiis 1735pp. 91-92).


    I veri matrimoni tra i cristiani di diverse confessioni e quelli celebrati con la dispensa dall’impedimento di disparità di culto, tra un cattolico ed un non battezzato, sono dei matrimoni validi, ma presentano alcune sfide per la pastorale. «Per questo, al fine di affrontare in modo costruttivo le diversità in ordine alla fede, è necessario rivolgere un’attenzione particolare alle persone che si uniscono in tali matrimoni, non solo nel periodo precedente alle nozze» (IL 127).


    Per quanto riguarda il riferimento alla prassi pastorale delle Chiese ortodosse, essa non può essere valutata giustamente usando solo l’apparato concettuale sviluppatosi in Occidente nel secondo Millennio. Va tenuta presente la grande differenza istituzionale riguardo ai tribunali della Chiesa, nonché il rispetto speciale verso la legislazione degli Stati, che a volte può diventare critica, se le leggi dello Stato si staccano dalla verità del matrimonio secondo il disegno del Creatore.


    Alla ricerca di soluzioni pastorali per le difficoltà di certi divorziati risposati civilmente, va tenuta presente che la fedeltà all’indissolubilità del matrimonio non può essere coniugata al riconoscimento pratico della bontà di situazioni concrete che vi sono opposte e quindi inconciliabili. Tra il vero ed il falso, tra il bene ed il male, infatti, non c’è una gradualità, anche se alcune forme di convivenza portano in sé certi aspetti positivi, questo non implica che possono essere presentati come beni. Si distingue però la verità oggettiva del bene morale e la responsabilità soggettiva delle singole persone. Ci può essere differenza tra il disordine, ossia il peccato oggettivo, e il peccato concreto che si realizza in un comportamento determinato che implica anche, ma non soltanto, l’elemento soggettivo. «L’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate dall’ignoranza, dall’inavvertenza, dalla violenza, dal timore, dalle abitudini, dagli affetti smodati e da altri fattori psichici oppure sociali» (CCC 1735). Questo significa che nella verità oggettiva del bene e del male non si dà gradualità (gradualità della legge), mentre a livello soggettivo può avere luogo la legge della gradualità ed è possibile quindi l’educazione della coscienza e dello stesso senso di responsabilità. L’atto umano, infatti, è buono quando lo è sotto ogni aspetto (ex integra causa).


    Sia nella passata Assise sinodale che durante la preparazione della presente Assemblea generale è stata trattata la questione dell’attenzione pastorale verso le persone con tendenza omossessuale. Anche se il problema non riguarda direttamente la realtà della famiglia, si presentano situazioni quando tale comportamento influisce sulla vita di una famiglia. In ogni caso la Chiesa insegna che: «“Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”. Nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza. “A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione” (Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 4)» (IL 130).


    Si ribadisce che ogni persona va rispettata nella sua dignità indipendentemente dalla sua tendenza sessuale. È auspicabile che i programmi pastorali riservino una specifica attenzione alle famiglie in cui vivono persone con tendenze omossessuali ed a queste stesse persone (cf IL 131). Invece, «è del tutto inaccettabile che i Pastori della Chiesa subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il ‘matrimonio’ fra persone dello stesso sesso» (IL 132).


    III.4 Famiglia, generatività, educazione


    L’apertura alla vita è un’esigenza intrinseca dell’amore coniugale. La generazione della vita, quindi, non si riduce ad una variabile della progettazione individuale o di coppia. La visione individualista della procreazione può contribuire al forte calo della natalità, indebolire il tessuto sociale, compromettere il rapporto tra le generazioni e rendere più incerto lo sguardo sul futuro (cf IL 133).


    Occorre pertanto continuare a divulgare i documenti del Magistero della Chiesa che promuovono la cultura della vita di fronte alla sempre più diffusa cultura di morte. La pastorale familiare dovrebbe maggiormente coinvolgere gli specialisti cattolici in materia biomedica nei percorsi di preparazione al matrimonio e nell’accompagnamento dei coniugi (cf IL 134).


    «È [anche] necessario che si moltiplichino gli sforzi per entrare in concertazione con gli organismi internazionali e nelle istanze decisionali politiche, al fine di promuovere il rispetto della vita umana dal concepimento fino alla morte naturale, con particolare cura delle famiglie con figli diversamente abili» (IL 135).


    III.5 La responsabilità generativa


    Quanto alla responsabilità generativa: «… occorre partire dall'ascolto delle persone e dar ragione della bellezza e della verità di una apertura incondizionata alla vita come ciò di cui l'amore umano ha bisogno per essere vissuto in pienezza. È su questa base che può poggiare un adeguato insegnamento circa i metodi naturali per la procreazione responsabile. Esso aiuta a vivere in maniera armoniosa e consapevole la comunione tra i coniugi, in tutte le sue dimensioni, insieme alla responsabilità generativa. Va riscoperto il messaggio dell’Enciclica Humanae Vitae del beato Paolo VI, che sottolinea il bisogno di rispettare la dignità della persona nella valutazione morale dei metodi di regolazione della natalità. L’adozione di bambini, orfani e abbandonati, accolti come propri figli, è una forma specifica di apostolato familiare (cf AA, 11), più volte richiamata e incoraggiata dal magistero (cf FC, 41; EV, 93)» (IL 136). È necessario offrire cammini orientativi che alimentino la vita coniugale e ribadire l’importanza di un laicato che offra un accompagnamento fatto di testimonianza viva (cf IL 139).


    III.6 La vita umana mistero intangibile


    «Oggi, troppo facilmente “si considera l’essere umano in se stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare. Abbiamo dato inizio alla cultura dello ‘scarto’ che, addirittura, viene promossa” (EG 53). A questo riguardo, è compito della famiglia, sostenuta dalla società tutta, accogliere la vita nascente e prendersi cura della sua fase ultima» (IL 140).


    Riguardo al dramma dell’aborto la Chiesa riafferma il carattere inviolabile della vita umana. Offre consulenza alle gestanti, sostiene le ragazze madri, assiste i bambini abbandonati e si fa compagna di coloro che hanno sofferto l’aborto ed hanno preso coscienza del loro sbaglio. Ugualmente la Chiesa riafferma il diritto alla morte naturale, evitando allo stesso tempo sia l’accanimento terapeutico che l’eutanasia (cf IL 141). La morte, nella realtà, non è un fatto privato ed individuale. La persona umana non è e non deve sentirsi isolata nel momento della sofferenza e della morte. Nel mondo di oggi, quando le famiglie sono diventate piccole e talvolta isolate e monoparentali o disgregate, è diminuita la loro capacità di curare i loro membri, anziani, disabili o moribondi. D’altronde i grandi sistemi sociali pubblici, spesso statali, hanno grandi difficoltà di funzionamento anche per l’invecchiamento della società e per l’avanzamento di una logica esclusiva del mercato che considera le spese sociali come fattori che diminuiscono la competitività. In questo contesto la Chiesa sta affrontando una doppia sfida. Da una parte attraverso le sue istituzioni ed il volontariato cerca di supplire le mancanze del sistema assistenziale statale e la mancata capacità delle famiglie, dall’altra cerca di rinforzare il lato umano di tale assistenza offrendo oltre all’aiuto materiale anche il sostegno umano e spirituale. Valori che non è possibile quantificare con i soldi.


    III.7 La sfida dell’educazione e il ruolo della famiglia nell’evangelizzazione


    Una sfida speciale che la famiglia deve affrontare è quella dell’educazione e dell’evangelizzazione. I genitori sono e rimangono i primi responsabili per l’educazione umana e religiosa dei loro figli. Tutte le crisi che però minacciano o indeboliscono la famiglia impediscono lo svolgimento di detto compito. Anzi in molti contesti: «… stiamo assistendo ad un progressivo indebolimento del ruolo educativo dei genitori, a motivo di un’invasiva presenza dei media all’interno della sfera familiare, oltre che per la tendenza a delegare [se non proprio a trasferire per imposizione statale] ad altri soggetti questo compito. Si richiede che la Chiesa incoraggi e sostenga le famiglie nella loro opera di partecipazione vigile e responsabile nei confronti dei programmi scolastici ed educativi che interessano i loro figli» (IL 144).


    In tutta questa attività educativa le famiglie possono ricevere aiuti essenziali dalle altre famiglie, specialmente dalle comunità di famiglie cristiane che sembrano assumere sempre di più certi compiti importanti della Chiesa stessa, costituendo una forma fondamentale dell’apostolato dei laici. In un contesto di crisi delle istituzioni esse rappresentano l’elemento comunitario in modo provvidenziale per le singole famiglie e per la stessa Chiesa.


    CONCLUSIONE


    Ascoltando la Parola di Dio, la nostra risposta deve manifestare l’attenzione sincera e fraterna ai bisogni dei nostri contemporanei, per trasmettere loro la verità liberatrice ed essere testimoni della più grande misericordia.


    Per affrontare la sfida della famiglia oggi la Chiesa deve quindi convertirsi e diventare più viva, più personale, più comunitaria anche a livello parrocchiale e delle piccole comunità. Un tale risveglio comunitario sembra che sia già in corso in molte parti. Perché esso sia più generale e sempre più profondo, chiediamo la luce dello Spirito Santo che ci indichi anche i passi concreti da fare.


    Così La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo, tema del presente Sinodo, appare in una luce serena e concreta che ci fa crescere nella speranza e nella fiducia nella misericordia di Dio. Di quella misericordia alla quale Papa Francesco ha voluto dedicare un Giubileo straordinario. Ringraziamo il Santo Padre di questa scelta di speranza e affidiamo i nostri lavori alla Santa Famiglia di Nazareth.


    [01629-IT.01] [Testo originale: Italiano]





    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
    Post: 39.989
    Sesso: Femminile
    00 07/10/2015 13:26

    UDIENZA GENERALE


    Piazza San Pietro
    Mercoledì, 7 ottobre 2015

    [Multimedia]





     

    Famiglia - 28. Spirito famigliare

    Cari fratelli e sorelle.

    Da pochi giorni è iniziato il Sinodo dei Vescovi sul tema “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”. La famiglia che cammina nella via del Signore è fondamentale nella testimonianza dell’amore di Dio e merita perciò tutta la dedizione di cui la Chiesa è capace. Il Sinodo è chiamato ad interpretare, per l’oggi, questa sollecitudine e questa cura della Chiesa. Accompagniamo tutto il percorso sinodale anzitutto con la nostra preghiera e la nostra attenzione. E in questo periodo le catechesi saranno riflessioni ispirate da alcuni aspetti del rapporto – che possiamo ben dire indissolubile! – tra la Chiesa e la famiglia, con l’orizzonte aperto al bene dell’intera comunità umana.

    Uno sguardo attento alla vita quotidiana degli uomini e delle donne di oggi mostra immediatamente il bisogno che c’è ovunque di una robusta iniezione di spirito famigliare. Infatti, lo stile dei rapporti – civili, economici, giuridici, professionali, di cittadinanza – appare molto razionale, formale, organizzato, ma anche molto “disidratato”, arido, anonimo. Diventa a volte insopportabile. Pur volendo essere inclusivo nelle sue forme, nella realtà abbandona alla solitudine e allo scarto un numero sempre maggiore di persone.

    Ecco perché la famiglia apre per l’intera società una prospettiva ben più umana: apre gli occhi dei figli sulla vita – e non solo lo sguardo, ma anche tutti gli altri sensi – rappresentando una visione del rapporto umano edificato sulla libera alleanza d’amore. La famiglia introduce al bisogno dei legami di fedeltà, sincerità, fiducia, cooperazione, rispetto; incoraggia a progettare un mondo abitabile e a credere nei rapporti di fiducia, anche in condizioni difficili; insegna ad onorare la parola data, il rispetto delle singole persone, la condivisione dei limiti personali e altrui. E tutti siamo consapevoli della insostituibilità dell’attenzione famigliare per i membri più piccoli, più vulnerabili, più feriti, e persino più disastrati nelle condotte della loro vita. Nella società, chi pratica questi atteggiamenti, li ha assimilati dallo spirito famigliare, non certo dalla competizione e dal desiderio di autorealizzazione.

    Ebbene, pur sapendo tutto questo, non si dà alla famiglia il dovuto peso – e riconoscimento, e sostegno – nell’organizzazione politica ed economica della società contemporanea. Vorrei dire di più: la famiglia non solo non ha riconoscimento adeguato, ma non genera più apprendimento! A volte verrebbe da dire che, con tutta la sua scienza, la sua tecnica, la società moderna non è ancora in grado di tradurre queste conoscenze in forme migliori di convivenza civile. Non solo l’organizzazione della vita comune si incaglia sempre più in una burocrazia del tutto estranea ai legami umani fondamentali, ma, addirittura, il costume sociale e politico mostra spesso segni di degrado – aggressività, volgarità, disprezzo… –, che stanno ben al di sotto della soglia di un’educazione famigliare anche minima. In tale congiuntura, gli estremi opposti di questo abbrutimento dei rapporti – cioè l’ottusità tecnocratica e il familismo amorale – si congiungono e si alimentano a vicenda. Questo è un paradosso.

    La Chiesa individua oggi, in questo punto esatto, il senso storico della sua missione a riguardo della famiglia e dell’autentico spirito famigliare: incominciando da un’attenta revisione di vita, che riguarda sé stessa. Si potrebbe dire che lo “spirito famigliare” è una carta costituzionale per la Chiesa: così il cristianesimo deve apparire, e così deve essere. E’ scritto a chiare lettere: «Voi che un tempo eravate lontani – dice san Paolo – […] non siete più stranieri né ospiti, ma concittadini dei santi e familiari di Dio» (Ef 2,19). La Chiesa è e deve essere la famiglia di Dio.

    Gesù, quando chiamò Pietro a seguirlo, gli disse che lo avrebbe fatto diventare “pescatore di uomini”; e per questo ci vuole un nuovo tipo di reti. Potremmo dire che oggi le famiglie sono una delle reti più importanti per la missione di Pietro e della Chiesa. Non è una rete che fa prigionieri, questa! Al contrario, libera dalle acque cattive dell’abbandono e dell’indifferenza, che affogano molti esseri umani nel mare della solitudine e dell’indifferenza. Le famiglie sanno bene che cos’è la dignità del sentirsi figli e non schiavi, o estranei, o solo un numero di carta d’identità.

    Da qui, dalla famiglia, Gesù ricomincia il suo passaggio fra gli esseri umani per persuaderli che Dio non li ha dimenticati. Da qui Pietro prende vigore per il suo ministero. Da qui la Chiesa, obbedendo alla parola del Maestro, esce a pescare al largo, certa che, se questo avviene, la pesca sarà miracolosa. Possa l’entusiasmo dei Padri sinodali, animati dallo Spirito Santo, fomentare lo slancio di una Chiesa che abbandona le vecchie reti e si rimette a pescare confidando nella parola del suo Signore. Preghiamo intensamente per questo! Cristo, del resto, ha promesso e ci rincuora: se persino i cattivi padri non rifiutano il pane ai figli affamati, figuriamoci se Dio non darà lo Spirito a coloro che – pur imperfetti come sono – lo chiedono con appassionata insistenza (cfr Lc11,9-13)!


    Saluti:

     

    * * *

    Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. 

    Sono lieto di accogliere i partecipanti al Corso promosso dai Missionari Verbiti e l’Associazione italiana delle famiglie con malati affetti dalla sindrome di Von Hippel-Lindau. Saluto il Corpo italiano di soccorso dell’Ordine di Malta; i militari di Caserta, Avellino e Napoli e i membri dell’Associazione italiana di Medicina Nucleare. Auguro a tutti che la visita presso le tombe degli Apostoli sia un’occasione per rinvigorire la gioia della fede.

    Porgo un pensiero speciale ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Oggi celebriamo la memoria della Beata Vergine Maria del Rosario. Cari giovani, la speranza che abita il cuore di Maria vi infonda coraggio di fronte alle grandi scelte della vita; cari ammalati, la fortezza della Madre ai piedi della croce vi sostenga nei momenti più difficili; cari sposi novelli, la tenerezza materna di Colei che ha accolto nel grembo Gesù accompagni la nuova vita familiare che avete appena iniziato.


    foto di Don Tullio Rotondo.
    Don Tullio Rotondo

    IL PAPA E' INFALLIBILE IN CERTE OCCASIONI E NON E' IMPECCABILE . 
    LA TEOLOGIA CATTOLICA NON E' UN GIOCO DA RAGAZZI , E' COMPLESSA E VA STUDIATA A FONDO ALTRIMENTI PER DIFENDERE QUALCOSA DI APPARENTEMENTE VERO SI DEVONO NEGARE TANTE COSE VERE .... E CI SI ALLONTANA DALLA VERITA'!! Alcuni , p. es., interpretando male la dottrina cattolica pensano che il Papa sia sempre infallibile ... NON E' VERO!! IL PAPA E' INFALLIBILE IN CERTE OCCASIONI E NON E' IMPECCABILE ...

    Ecco come la Scrittura stessa documenta, un errore di un Papa ...

    Galati 2:11 Ma quando Cefa venne ad Antiochia, mi opposi a lui a viso aperto perché evidentemente aveva torto.
    Galati 2:12 Infatti, prima che giungessero alcuni da parte di Giacomo, egli prendeva cibo insieme ai pagani; ma dopo la loro venuta, cominciò a evitarli e a tenersi in disparte, per timore dei circoncisi.
    Galati 2:13 E anche gli altri Giudei lo imitarono nella simulazione, al punto che anche Barnaba si lasciò attirare nella loro ipocrisia.
    Galati 2:14 Ora quando vidi che non si comportavano rettamente secondo la verità del vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: «Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani e non alla maniera dei Giudei, come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei?

    Galati 2:15 Noi che per nascita siamo Giudei e non pagani peccatori,
    Galati 2:16 sapendo tuttavia che l'uomo non è giustificato dalle opere della legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Gesù Cristo per essere giustificati dalla fede in Cristo e non dalle opere della legge; poiché dalle opere della legge non verrà mai giustificato nessuno».

    NE' PIETRO NE' I SUOI SUCCESSORI SONO SEMPRE INFALLIBILI ED E' PROPRIO QUESTO CIO' CHE DICE LA CHIESA NELLA PASTOR AETERNUS :

    "Questa Santa Sede ha sempre ritenuto che nello stesso Primato Apostolico, posseduto dal Romano Pontefice come successore del beato Pietro Principe degli Apostoli, è contenuto anche il supremo potere di magistero. Lo conferma la costante tradizione della Chiesa; lo dichiararono gli stessi Concili Ecumenici e, in modo particolare, quelli nei quali l’Oriente si accordava con l’Occidente nel vincolo della fede e della carità. Proprio i Padri del quarto Concilio di Costantinopoli, ricalcando le orme dei loro antenati, emanarono questa solenne professione: "La salvezza consiste anzitutto nel custodire le norme della retta fede. E poiché non è possibile ignorare la volontà di nostro Signore Gesù Cristo che proclama: "Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa", queste parole trovano conferma nella realtà delle cose, perché nella Sede Apostolica è sempre stata conservata pura la religione cattolica, e professata la santa dottrina.

    Non volendo quindi, in alcun modo, essere separati da questa fede e da questa dottrina, nutriamo la speranza di poterci mantenere nell’unica comunione predicata dalla Sede Apostolica, perché in lei si trova tutta la vera solidità della religione cristiana" [Ex formula S. Hormisdae Papae, prout ab Hadriano II Patribus Concilii Oecumenici VIII, Constantinopolitani IV, proposita et ab iisdem subscripta est]. Nel momento in cui si approvava il secondo Concilio di Lione, i Greci dichiararono: "La Santa Chiesa Romana è insignita del pieno e sommo Primato e Principato sull’intera Chiesa Cattolica e, con tutta sincerità ed umiltà, si riconosce che lo ha ricevuto, con la pienezza del potere, dallo stesso Signore nella persona del beato Pietro, Principe e capo degli Apostoli, di cui il Romano Pontefice è successore, e poiché spetta a lei, prima di ogni altra, il compito di difendere la verità della fede, qualora sorgessero questioni in materia di fede, tocca a lei definirle con una sua sentenza". Da ultimo il Concilio Fiorentino emanò questa definizione: "Il Pontefice Romano, vero Vicario di Cristo, è il capo di tutta la Chiesa, il padre e il maestro di tutti i Cristiani: a lui, nella persona del beato Pietro, è stato affidato, da nostro Signore Gesù Cristo, il supremo potere di reggere e di governare tutta la Chiesa".

    Allo scopo di adempiere questo compito pastorale, i Nostri Predecessori rivolsero sempre ogni loro preoccupazione a diffondere la salutare dottrina di Cristo fra tutti i popoli della terra, e con pari dedizione vigilarono perché si mantenesse genuina e pura come era stata loro affidata. È per questo che i Vescovi di tutto il mondo, ora singolarmente ora riuniti in Sinodo, tenendo fede alla lunga consuetudine delle Chiese e salvaguardando l’iter dell’antica regola, specie quando si affacciavano pericoli in ordine alla fede, ricorrevano a questa Sede Apostolica, dove la fede non può venir meno, perché procedesse in prima persona a riparare i danni [Cf. S. BERN. Epist. CXC].
    Gli stessi Romani Pontefici, come richiedeva la situazione del momento, ora con la convocazione di Concili Ecumenici o con un sondaggio per accertarsi del pensiero della Chiesa sparsa nel mondo, ora con Sinodi particolari o con altri mezzi messi a disposizione dalla divina Provvidenza, definirono che doveva essere mantenuto ciò che, con l’aiuto di Dio, avevano riconosciuto conforme alle sacre Scritture e alle tradizioni Apostoliche. Lo Spirito Santo infatti, non è stato promesso ai successori di Pietro per rivelare, con la sua ispirazione, una nuova dottrina, ma per custodire con scrupolo e per far conoscere con fedeltà, con la sua assistenza, la rivelazione trasmessa dagli Apostoli, cioè il deposito della fede. Fu proprio questa dottrina apostolica che tutti i venerabili Padri abbracciarono e i santi Dottori ortodossi venerarono e seguirono, ben sapendo che questa Sede di San Pietro si mantiene sempre immune da ogni errore in forza della divina promessa fatta dal Signore, nostro Salvatore, al Principe dei suoi discepoli: "Io ho pregato per te, perché non venga meno la tua fede, e tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli".

    Questo indefettibile carisma di verità e di fede fu dunque divinamente conferito a Pietro e ai suoi successori in questa Cattedra, perché esercitassero il loro eccelso ufficio per la salvezza di tutti, perché l’intero gregge di Cristo, distolto dai velenosi pascoli dell’errore, si alimentasse con il cibo della celeste dottrina e perché, dopo aver eliminato ciò che porta allo scisma, tutta la Chiesa si mantenesse una e, appoggiata sul suo fondamento, resistesse incrollabile contro le porte dell’inferno.

    Ma poiché proprio in questo tempo, nel quale si sente particolarmente il bisogno della salutare presenza del ministero Apostolico, si trovano parecchie persone che si oppongono al suo potere, riteniamo veramente necessario proclamare, in modo solenne, la prerogativa che l’unigenito Figlio di Dio si è degnato di legare al supremo ufficio pastorale.

    Perciò Noi, mantenendoci fedeli alla tradizione ricevuta dai primordi della fede cristiana, per la gloria di Dio nostro Salvatore, per l’esaltazione della religione Cattolica e per la salvezza dei popoli cristiani, con l’approvazione del sacro Concilio proclamiamo e definiamo dogma rivelato da Dio che il Romano Pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando esercita il suo supremo ufficio di Pastore e di Dottore di tutti i cristiani, e in forza del suo supremo potere Apostolico definisce una dottrina circa la fede e i costumi, vincola tutta la Chiesa, per la divina assistenza a lui promessa nella persona del beato Pietro, gode di quell’infallibilità con cui il divino Redentore volle fosse corredata la sua Chiesa nel definire la dottrina intorno alla fede e ai costumi: pertanto tali definizioni del Romano Pontefice sono immutabili per se stesse, e non per il consenso della Chiesa.

    Se qualcuno quindi avrà la presunzione di opporsi a questa Nostra definizione, Dio non voglia!: sia anatema."

    Dato a Roma, nella pubblica sessione celebrata solennemente nella Basilica Vaticana, nell’anno 1870 dell’Incarnazione del Signore, il 18 luglio, venticinquesimo anno del Nostro Pontificato.

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    E NEL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA SI AFFERMA 

    “L'infallibilità si attua quando il Romano Pontefice, in virtù della sua autorità di supremo Pastore della Chiesa, o il Collegio dei Vescovi in comunione con il Papa, soprattutto riunito in un Concilio Ecumenico, proclamano con atto definitivo una dottrina riguardante la fede o la morale, e anche quando il Papa e i Vescovi, nel loro ordinario Magistero, concordano nel proporre una dottrina come definitiva. A tali insegnamenti ogni fedele deve aderire con l'ossequio della fede” (Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, 185).
    “Di questa infallibilità il Romano Pontefice, capo del Collegio dei Vescovi, fruisce in virtù del suo ufficio, quando, quale supremo Pastore e Dottore di tutti i fedeli, che conferma nella fede i suoi fratelli, proclama con un atto definitivo una dottrina riguardante la fede o la morale. L'infallibilità promessa alla Chiesa risiede pure nel Corpo episcopale, quando questi esercita il supremo Magistero col Successore di Pietro soprattutto in un Concilio Ecumenico. Quando la Chiesa, mediante il suo Magistero supremo, propone qualche cosa da credere come rivelato da Dio e come insegnamento di Cristo, a tali definizioni si deve aderire con l'ossequio della fede. Tale infallibilità abbraccia l'intero deposito della rivelazione divina” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 891)

    ..... DUNQUE IL PAPA NON E' SEMPRE INFALLIBILE!!
    ...INFATTI ...ECCO 
    LA CONDANNA DI PAPA ONORIO NEL CONCILIO DI CONSTANTINOPOLI III .... 

    Il santo e universale sinodo disse: Alla perfetta conoscenza e conferma della retta fede sarebbe stato sufficiente questo pio e ortodosso simbolo della grazia divina. Ma poiché non restò inattivo colui che fin dall'inizio fu l'inventore della malizia e che, trovando un aiuto nel serpente, per mezzo di esso introdusse la velenosa morte nella natura umana, così anche ora, trovati gli istrumenti adatti alla propria volontà: alludiamo a Teodoro, che fu vescovo di Fara; a Sergio, Pirro, Paolo, Pietro, che furono presuli di questa imperiale città; ed anche a Onorio, che fu papa dell'antica Roma; a Ciro, che fu vescovo di Alessandria, e a Macario, recentemente vescovo di Antiochia, e a Stefano, suo discepolo; trovati, dunque, gli istrumenti adatti, non si astenne, attraverso questi, dal suscitare nel corpo della chiesa gli scandali dell'errore; e con espressioni mai udite disseminò in mezzo al popolo fedele la eresia di una sola volontà e di una sola operazione in due nature di una (persona) della santa Trinità, del Cristo, nostro vero Dio, in armonia con la folle dottrina falsa degli empi Apollinare, Severo e Temistio; e cercò in tutti i modi di toglier di mezzo con ingannevole invenzione la perfezione dell'incarnazione dello stesso ed unico signore Gesù Cristo, nostro Dio, e introdusse, quindi, funestamente una carne senza volontà e senza operazione propria, benché fornita di vita intellettuale.
    http://www.intratext.com/IXT/ITA0135/_P1.HTM#BI

    Altri errori papali famigerati sono quelli di Giovanni XXII e di Liberio.
    Su Liberio che arrivò anche a condannare s. Atanasio si veda qui …http://gloria.tv/media/2qaZTd5rNn4 
    Giovanni XXII – ha scritto il cardinale Schuster – «ha delle gravi responsabilità innanzi al tribunale della storia (…)», perché «offrì alla Chiesa intera lo spettacolo umiliante dei principi, del clero e delle università che rimettono il Pontefice sulla retta via della tradizione teologica cattolica, mettendolo nella dura necessità di disdirsi» (Idelfonso Schuster o.s.b., Gesù Cristo nella storia. Lezioni di storia ecclesiastica, Benedictina Editrice, Roma 1996, pp. 116-117). La ritrattazione dei suoi errori rilasciata da Giovanni XXII è in Denz. Hun. 990-991. ... inoltre ritrattazioni di loro precedenti affermazioni dovettero eseguire: Pio VII dopo che ebbe firmato il trattato di Fontainebleau e Pasquale II. http://www.corrispondenzaromana.it/la-filiale-resistenza-d…/ 

    Per quanto riguarda Pio VII cfr. il testo in Enchiridion dei Concordati. Due secoli dei rapporti Chiesa-Stato, EDB, Bologna 2003, nn. 44-55 ; la ritrattazione si ebbe con queste parole «Di quel foglio, benché da noi sottoscritto, diremo a Vostra Maestà quello stesso ch’ebbe a dire il nostro Predecessore Pasquale II nel consimile caso di uno scritto da lui segnato contenente una concessione a favore di Errico V, della quale la di lui coscienza ebbe ragione di pentirsi, cioè ‘come riconosciamo quello scritto per mal fatto, così per mal fatto lo confessiamo, e coll’aiuto del Signore desideriamo che immediatamente si emendi, acciò niun danno alla Chiesa, e niun pregiudizio all’anima nostra ne risulti’» (Enchiridion, cit., n. 45, pp. 16-21). 
    Preghiamo che Papa Francesco non debba macchiarsi di errori di questo genere .


     



    [Modificato da Caterina63 09/10/2015 08:57]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    00 09/10/2015 08:40
    QUANDO IL DIAVOLO CI METTE LE CORNA....  



    FOCUS  di Marco Respinti da La nuova Bussola quotidiana
    La copertina del libro di Edward Pentin The Rigging of a Vatican Synod?
     

    C'è stata una manipolazione durante i lavori del Sinodo straordinario dell'anno scorso?
    Ad avanzare il sospetto è il giornalista britannico Edward Pentin in quel suo nuovo ebook, The Rigging of a Vatican Synod? An Investigation of Alleged Manipulation at the Extraordinary Synod on the Family (Ignatius Press, San Francisco 2015) che in Italia sta praticamente passando sotto silenzio. Ecco cosa dice Pentin in questa intervista alla Nuova Bussola.


    Domenica, Papa Francesco ha sottolineato che il Sinodo dei vescovi non è un parlamento, ovvero che la verità non è il frutto della democrazia dei “secondo me”. Chiaro. Forse.
    Perché monsignor Bruno Forte, che del Sinodo è il Segretario speciale, insiste nel dire che l’assemblea dei vescovi ha natura “pastorale” e c’è il rischio che le sue parole vengano strumentalizzate da chi auspica separazioni imbarazzanti tra pastorale e dottrina. Infatti, il Relatore generale del Sinodo, il cardinale Péter Erdö, ha tenuto a ribadire che tra bene e male non ci può essere compromesso: sì, insomma, che siamo nella Chiesa cattolica, non dal barbiere. Necessario? 

    Sì, perché evidentemente non tutti stavano prendendo appunti mentre il Pontefice, in un secondo intervento, ha ricordato con piglio che il Sinodo non riguarda solo i temi già da tempo decisi da alcuni, padri sinodali o mass-media, e che, tra chi gli appunti non li ha presi, qualcuno sta fuori dal Sinodo - vedi monsignor Krzysztof Charamsa, il suo Eduard o un don Alberto Maggi (clicca qui) - e altri dentro (vedi monsignor Paul-André Durocher, già presidente della Conferenza episcopale canadese, che ha sparato la proposta di ordinare diaconi le donne). Insomma, il rischio che il Sinodo 2015 sia come quello straordinario del 2014 c’è. Una manipolazione, anzi «una presunta manipolazione», come precisa il giornalista britannico Edward Pentin in quel suo nuovo ebook, The Rigging of a Vatican Synod? An Investigation of Alleged Manipulation at the Extraordinary Synod on the Family (Ignatius Press, San Francisco 2015) che in Italia sta praticamente passando sotto silenzio. 

    «Nelle stanze vaticane la preoccupazione abbonda», dice Pentin a La nuova Bussola Quotidiana.

    «Molti considerano il Sinodo una creazione di coloro che si oppongono all’insegnamento della Chiesa e questo ne fa un’impresa estremamente rischiosa che alla fine può risultare parecchio divisiva, fino magari a portare - alcuni lo dicono - persino allo scisma. Il Santo Padre ci esorta a confidare nello Spirito Santo e alla fine tutto potrebbe finire per il meglio, ma i presagi non sono meravigliosi». 

    L’Assemblea straordinaria dei vescovi dell’ottobre 2014 fu insomma una trappola per far inghiottire all’intera Chiesa Cattolica il boccone indigesto del declassamento del divorzio, dello sconto ai “risposati”, addirittura della benedizione dei rapporti omosessuali?
    Certo che no, Pentin non si sogna nemmeno di affermarlo. Primo perché, se così fosse stato, ora non si potrebbe più parlare di Chiesa cattolica. Secondo perché chi pensò di farlo non ci è affatto riuscito. Terzo perché, nonostante quel che pensano e vorrebbero i media, un’assemblea generale di vescovi non è un’arena di scontro tra piromani e pompieri. Eppure la sensazione che al Sinodo straordinario dell’anno scorso sia accaduto qualcosa d’insolito resta.
    Anzi, a leggere The Rigging of a Vatican Synod? la sensazione si fa certezza, per di più ratificata dai contributi di un bel numero tra principi della Chiesa e osservatori di lusso, inclusi il cardinale Wilfrid Fox Napier e il cardinale Paul Cordes, Stephan Kampowski (ordinario di Antropologia filosofica presso il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia di Roma) e Austen Ivereigh (fondatore di Catholic Voices e autore diTempo di misericordia. Vita di Jorge Mario Bergoglio [trad.it., Mondadori, Milano 2014]). Testimoni autorevoli, cioè, che hanno partecipato ai lavori sinodali oppure che sono informati oltre ogni ragionevole dubbio, e che non provengono solo dallo stucchevole partito di quelli che pensano di sapere come si fa il Papa meglio del Papa (e che per questo ogni giorno gli ammanniscono lezioni e ammonimenti non richiesti), che amano il Papa basta che non sia questo Papa, che studiano da cattolici protestatari se non già protestanti. 

    Pentin è invece un cronista di lungo corso e di grande esperienza che da più di 12 anni segue Papi e cose vaticane (clicca qui). Consulente per la comunicazione del Dignitatis Humane Institute, fondato e diretto da Benjamin Harnwell, è corrispondente per il quindicinale National Catholic Register (la più antica testata cattolica degli Stati Uniti) e per il periodico online Catholic World Report della Ignatius Press. Insomma, al gruppetto degli antipatizzanti di papa Francesco non appartengono nemmeno lui e il suo editore, il padre gesuita Joseph Fessio, allievo di Papa Benedetto XVI, che nel 1976 ha fondato e da allora controlla la californiana Ignatius Press nota per la cristallina fedeltà al Magistero e mai in odore di fronda. Tant’è che per il cardinale Napier, arcivescovo di Durban, in Sudafrica, e copresidente del Sinodo sulla famiglia apertosi domenica, The Rigging of a Vatican Synod? è «una esposizione assolutamente affascinante del Sinodo 2014, specialmente per le macchinazioni che lo hanno circondato».

    Il verbo inglese usato per titolare il suo libro evoca il “broglio” e l’idea di “avere truccato le carte”. Il Sinodo straordinario del 2014 nientemeno che manipolato. Non le pare esagerato?

    «Il titolo del libro è una domanda. Ed è così perché nelle pagine che lo compongono io presento solamente quelle che sarebbero le prove di una sua presunta manomissione, lasciando poi al lettore il compito di trarre conclusioni. Chi considera quelle prove convincenti dice che il punto interrogativo andrebbe sostituito con il punto esclamativo, ma invece altri - partecipanti e no ai lavori sinodali - dicono che le cose non sono state così nette. Sia come sia, quel che è sicuramente possibile dire è che gl’incaricati del Sinodo, certamente a partire dal suo Segretario generale, il cardinale Lorenzo Baldisseri, e da monsignor Bruno Forte, Segretario speciale, più un 6, 7 altri responsabili, hanno spinto un determinato ordine del giorno e lo hanno fatto in modo aggressivo oltre che spesso inetto».

    Quale ordine del giorno?

    «Di fatto hanno premuto affinché la discussione sul matrimonio e sulla famiglia andasse nel senso di una “modernizzazione” della Chiesa e questo perché ritengono che la pastorale tradizionale, superata, necessiti di riforma. Pensano, infatti, che così la Chiesa saprà rapportarsi meglio alle complesse problematiche di oggi, facendosi sia “più misericordiosa” sia più adeguata ai tempi. Al Sinodo straordinario la discussione si è concentrata sul divorzio e sulle “seconde nozze”, ma è stato da subito chiaro che per qualcuno quelli erano “cavalli di Troia” utili a introdurre cambiamenti surrettizi nell’approccio della Chiesa verso la sessualità in generale e le relazioni omosessuali in specie. Chi la pensa così dice che al Sinodo non c’è stata alcuna manipolazione, ma al contempo ammette che per vincere certe forti resistenze si è andati giù con mano davvero pesante...»

    Nel libro lei pone l’accento soprattutto sulla Relatio post disceptationem…

    «La maggior parte degli osservatori si è resa conto che probabilmente qualcuno stava pilotando il Sinodo in una certa direzione proprio il 13 ottobre dell’anno scorso, il giorno in cui il Relatore generale, cardinale Péter Erdö, ha letto quella relazione parziale sui lavori. E quella relazione ebbe un effetto enorme sull’opinione pubblica. I media l’hanno subito definito “rivoluzionario”. Si tenga presente che i giornali ne ricevettero il testo ancora prima dei padri sinodali e così ci fu il tempo per preparare quella velina che, come ha detto George Weigel (nell’articolo "Between Two Synods", pubblicato sul mensile First Things nel gennaio 2015, tradotto suLa Nuova Bussola Quotidiana il 2 febbraio successivo), ha consentito di strombazzare, qualunque fosse il vero andamento del Sinodo: “Finalmente è successo. La Chiesa sta cambiando!”. Come ha detto il cardinale Napier, una volta che i media si furono fatti una loro idea dell’affaire, “non vi è più stato modo di farli ricredere”. Molti poi sono stati colpiti dal fatto che la Relatio non contenga alcun riferimento alle Scritture e alla Tradizione, e che lì il magistero di san Giovanni Paolo II (1920-2005) brilli per assenza. Sono esattamente cose come queste che fanno pensare a un copione preparato in anticipo».

    Sul quindicinale National Catholic Reporter (clicca qui), una delle testate più diffuse negli Stati Uniti, scopertamente progressista, Michael Sean Winters ha bollato il suo libro come un «pericoloso attacco al Sinodo» e apostrofato il cardinal Raymond L. Burke come «petulante». Davvero lei ce l’ha con qualche padre sinodale o addirittura con l’intero Sinodo?

    «Ci mancherebbe, semmai proprio il contrario. Lo scopo del libro è quello di aiutare il Sinodo sulla famiglia che è stato inaugurato domenica a essere più equo, aperto e aderente alla prospettiva del Santo Padre di una discussione libera in cui tutti possono intervenire con parresìa, ovvero in modo franco e schietto (cfr. At 4,31). Spero che il libro possa pure servire come strumento catechetico e aiutare i lettori a capire qual è la posta in gioco, ciò che davvero la Chiesa insegna su temi chiave come il matrimonio e la famiglia, e anche il motivo per cui ci si accalora così tanto attorno a essi. Va pure detto, peraltro, che il giornalista che ha definito in quei termini il cardinale e il mio libro inizia la sua recensione dicendo di non avere letto… il mio libro»

    Qualcuno dirà che, per quanto bene intenzionato, il suo libro è divisivo e persino troppo duro nei confronti di alcuni alti prelati…

    «Ho pensato e ripensato a lungo se fosse davvero il caso di scriverlo, e questo perché non volevo generare scandalo né riaccendere nuove discussioni sterili. Comprendo dunque la preoccupazione cui lei accenna, ma perché il libro fosse un resoconto vero di ciò che è avvenuto al Sinodo straordinario occorreva evitare ogni tipo di autocensura. I media e i giornalisti cattolici debbono rispettare sempre la gerarchia ecclesiastica, ma la deferenza non può mai essere motivo di oscuramento della verità, la quale va sempre detta per intero ancorché con carità. Aggiungo anche che i resoconti, se si basano sui fatti e se cercano di presentare integralmente la verità, non sono loro a essere divisivi; lo sono invece coloro che compiono atti divisivi».

     




    Fraternamente CaterinaLD

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    00 09/10/2015 17:30

    SINODO PER LA FAMIGLIA 2015


    PAROLE DEL SANTO PADRE FRANCESCO
    DURANTE LA CONGREGAZIONE GENERALE DEL SINODO DEI VESCOVI

    Aula del Sinodo
    Venerdì, 9 ottobre 2015

    [Multimedia]



     

    Cari Padri sinodali, cari fratelli e sorelle,

    nel riprendere questa mattina i lavori della Congregazione generale vorrei invitarvi a dedicare la preghiera dell’Ora Terza all’intenzione della riconciliazione e della pace in Medio Oriente. Siamo dolorosamente colpiti e seguiamo con profonda preoccupazione quanto sta avvenendo in Siria, in Iraq, a Gerusalemme e in Cisgiordania, dove assistiamo ad una escalation della violenza che coinvolge civili innocenti e continua ad alimentare una crisi umanitaria di enormi proporzioni.

    La guerra porta distruzione e moltiplica le sofferenze delle popolazioni. Speranza e progresso vengono solo da scelte di pace. Uniamoci, dunque, in una intensa e fiduciosa preghiera al Signore, una preghiera che intende essere al tempo stesso espressione di vicinanza ai fratelli Patriarchi e Vescovi qui presenti, che provengono da quelle regioni, ai loro sacerdoti e fedeli, come pure a tutti coloro che la abitano.

    Nello stesso tempo rivolgo, insieme al Sinodo, un accorato appello alla comunità internazionale, perché trovi il modo di aiutare efficacemente le parti interessate, ad allargare i propri orizzonti al di là degli interessi immediati e ad usare gli strumenti del diritto internazionale, della diplomazia, per risolvere i conflitti in corso.

    Desidero infine che estendiamo la nostra preghiera anche a quelle zone del continente africano che stanno vivendo analoghe situazioni di conflitto. Per tutti interceda Maria, Regina della pace e amorosa Madre dei suoi figli.








    riflessione.....
    finalmente qualcuno che risponde PAPALEPAPALE   
    DOTTRINA E PASTORALE li abbiamo già da duemila anni..... perchè - rivendicando di volere una Chiesa povera - si è andati a spendere un sacco di soldi per due Sinodi INUTILI?
    buona lettura:
    http://www.papalepapale.com/strega/sinodo-dei-vescovi-e-gia-stato-tutto-detto-2000-anni-fa/

    Sinodo dei vescovi, è già stato tutto detto. 2000 anni fa.

    APOLOGETICA

    b4ad2968-5d5f-3e79-8b42-5df1e483504cCara Streghetta, pensavo che scrivessi qualcosa sul sinodo dei vescovi appena cominciato. Hai deciso di aspettare la conclusione?

    Andrea B.


    Caro Andrea,

    mi sono già espressa in precedenza varie volte, anche recentemente. Ma ti confido che ho capito che non c’è niente da dire, né da scrivere. Perché, in realtà, è già stato tutto detto e riportato 2000 anni fa, sia sulla Dottrina che sulla pastorale.

    DOTTRINA

    Gesù partì dalla Galilea e andò nel territorio della Giudea, al di là del Giordano. E lo seguì molta folla ed egli guarì i malati. Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: «È lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?». Ed egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: “Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola”? Così che non sono più due, ma una carne sola.
    Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi».
    Gli obiettarono: «Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e mandarla via?». Rispose loro Gesù: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così. Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie — se non in caso di concubinato — e ne sposa un’altra commette adulterio».
     Gli dissero i discepoli: «Se questa è la condizione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi».
    Egli rispose loro: «Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca» (Matteo 19, 1-12).

    Gesù si recò nel territorio della Giudea e oltre il Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli l’ammaestrava, come era solito fare. E avvicinatisi dei farisei, per metterlo alla prova, gli domandarono: «È lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?». Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di rimandarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma all’inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola. Sicché non sono più due, ma una sola carne. L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto».
    Rientrati a casa, i discepoli lo interrogarono di nuovo su questo argomento. Ed egli disse: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio». 
    Gli presentavano dei bambini perché li accarezzasse, ma i discepoli li sgridavano. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio. In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso». E prendendoli fra le braccia e ponendo le mani sopra di loro li benediceva. (Marco 10, 1-16).

    «Chiunque ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio; chi sposa una donna ripudiata dal marito, commette adulterio» (Luca 16, 18).

    PASTORALE

    «Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio» (1Corinzi 6, 9-10).

    «Quanto poi alle cose di cui mi avete scritto, è cosa buona per l’uomo non toccare donna; tuttavia, per il pericolo dell’incontinenza, ciascuno abbia la propria moglie e ogni donna il proprio marito. Il marito compia il suo dovere verso la moglie; ugualmente anche la moglie verso il marito. La moglie non è arbitra del proprio corpo, ma lo è il marito; allo stesso modo anche il marito non è arbitro del proprio corpo, ma lo è la moglie. Non astenetevi tra voi se non di comune accordo e temporaneamente, per dedicarvi alla preghiera, e poi ritornate a stare insieme, perché satana non vi tenti nei momenti di passione. Questo però vi dico per concessione, non per comando. Vorrei che tutti fossero come me; ma ciascuno ha il proprio dono da Dio, chi in un modo, chi in un altro. Ai non sposati e alle vedove dico: è cosa buona per loro rimanere come sono io; ma se non sanno vivere in continenza, si sposino; è meglio sposarsi che ardere» (1Corinzi 7, 1-9)

    «Agli sposati poi ordino, non io, ma il Signore: la moglie non si separi dal marito — e qualora si separi, rimanga senza sposarsi o si riconcili con il marito — e il marito non ripudi la moglie» (1Corinzi 7, 10-11).

    «Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti. Se però ci esaminassimo attentamente da noi stessi, non saremmo giudicati; quando poi siamo giudicati dal Signore, veniamo ammoniti per non esser condannati insieme con questo mondo» (1Corinzi 11, 27-32) 

    «Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto» (1Corinzi 15, 3a).

    «Quanto alla fornicazione e a ogni specie di impurità o cupidigia, neppure se ne parli tra voi, come si addice a santi; lo stesso si dica per le volgarità, insulsaggini, trivialità: cose tutte sconvenienti. Si rendano invece azioni di grazie! Perché, sappiatelo bene, nessun fornicatore, o impuro, o avaro – che è roba da idolàtri – avrà parte al regno di Cristo e di Dio. Nessuno vi inganni con vani ragionamenti: per queste cose infatti piomba l’ira di Dio sopra coloro che gli resistono. Non abbiate quindi niente in comune con loro. Se un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore». (Efesini 5, 3-7)

    «Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo. Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto. E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell’acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata.
    Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso.
    Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! Quindi anche voi, ciascuno da parte sua, ami la propria moglie come se stesso, e la donna sia rispettosa verso il marito». (Efesini 5, 21-33)


    Stando, dunque, così la questione, qualcuno potrebbe domandare perché i padri sinodali stanno discutendo. La verità è che il (falso) problema dei divorziati-risposati è solo un pretesto, un cavallo di Troia, che i riformatori stanno usando per portare a compimento ciò che hanno cominciato mezzo secolo fa. Quasi sicuramente ci saranno due ermeneutiche anche per questo sinodo.

    IPSE DIXIT
    «La prima cosa da dire su questi riformatori è che per loro il matrimonio è un discorso senza capo né coda. Non sanno cosa sia, o cosa significhi; essi non vi danno un’occhiata nemmeno quando vi ci si trovano dentro. Semplicemente si liberano della fatica più vicina… non hanno la minima idea di quanto sia vasta l’idea che stanno attaccando» (Gilbert Keith Chesterton, “La superstizione del divorzio”).



    [Modificato da Caterina63 09/10/2015 23:24]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    Caterina63
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    00 11/10/2015 01:24


    QUANTO SEGUE NON E' CIO' CHE CI SPETTAVAMO DALLA UFFICIALITA' DELLA CHIESA, MA I DUE ARTICOLI CHE SEGUONO SONO NECESSARI PER FAR COMPRENDERE COME CI SIANO COLORO CHE STANNO STRUMENTALIZZANDO IL SINODO E CHE VORREBBERO IMPORRE AL PAPA UNA CONCLUSIONE DIVERSA....

     IL BERGOGLISMO STA AFFONDANDO (AL SINODO E NON SOLO). IMPORRA’ IL DIKTAT ALLA MANIERA ARGENTINA?

     
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    “Arranca la spavalda macchina da guerra?”, si chiede un vaticanista svizzero. In effetti al Sinodo la macchina da guerra argentina con motore tedesco (i vescovi progressisti) si è impantanata: si sa, di questi tempi i “motori” tedeschi sono da rottamare e la carrozzeria argentina è un ferrovecchio, impastato di peronismo e di rugginosa teologia della liberazione.

    PRIMA SETTIMANA

    Infatti il Sinodo si è aperto con la relazione del cardinale Erdo che ha ribadito la dottrina cattolica demolendo le eresie di Kasper (e facendo irritare Bergoglio).

    Inoltre, dopo questa prima settimana, uno dei relatori delle commissioni, l’australiano Mark Coleridge, ha sintetizzato così la situazione: “Se il Sinodo finisse oggi, il 65 per cento dei padri voterebbe contro l’ipotesi di ammettere alla comunione i divorziati risposati”.

    Per il partito di Bergoglio e Kasper la sconfitta sarà ancora più scottante sul tema dell’omosessualità, perché dalle relazioni dei vari circoli emerge la richiesta di opporsi con vigore alle teorie gender, considerate la nuova pericolosa ideologia che ha preso il posto del marxismo e che ha effetti devastanti sulla mentalità e sulla formazione dei giovani.

    Del resto la parte cattolica del Sinodo, maggioritaria numericamente (quella che si rifà al magistero di sempre e specie a Giovanni Paolo II e Benedetto XVI), ha fatto anche energiche proteste contro la minoranza bergogliana al potere, che sta imponendo le sue procedure, i suoi metodi e i suoi uomini nei posti chiave, ma di tali proteste non si sa nulla fuori o vengono rappresentate dalla macchina della propaganda in modo caricaturale (i cattivi conservatori contro gli illuminati progressisti).

    Sebbene il Sinodo discuta di famiglia, quei milioni di famiglie cristiane che stanno fuori – secondo i bergogliani – non devono sapere niente (a differenza degli altri Sinodi) o devono avere un’informazione filtrata e “impacchettata” da loro.

    Il partito bergogliano è come una squadra di calcio che sta perdendo 5 a 0 sul campo di gioco (e quindi rosica), ma può impunemente assestare calci, provare a fare gol con le mani (alla maniera argentina) e ostentare arroganza perché sa che l’arbitro è il loro leader e alla fine darà loro partita vinta a tavolino contro ogni regola (infatti Bergoglio si riserva pure di cambiare le regole a partita in corso – per esempio sulla relazione finale – in base alla convenienza della sua squadra).

    I CATTOLICI

    Un grande conforto della parte cattolica è rappresentato dal mite e sapiente Benedetto XVI, il cui magistero e la cui presenza, come un faro nella notte tempestosa, indicano il cammino.

    La settimana scorsa del resto il vaticanista americano Edward Pentin ha rivelato la risposta che papa Benedetto – allo scorso Sinodo – dette a un prelato tedesco che gli domandava cosa dovesse fare di fronte alla tempesta scatenatasi nella Chiesa: “Halten Sie sich unbedingt an die Lehre!” (rimanete assolutamente fermi sulla dottrina).

    Ratzinger è oggi ascoltato dai più, perché l’inerme Verità è l’unico tesoro della Chiesa, essendo Cristo stesso, e se la Chiesa tradisse o svendesse la verità della dottrina cattolica, farebbe come Giuda e toglierebbe all’umanità la vera misericordia di Dio e la salvezza.

    Illuminata dalla luce di Benedetto XVI, la parte cattolica è arrivata a questo Sinodo più forte e preparata rispetto al precedente e al Concistoro del febbraio 2014, quando fu colta di sorpresa dalle inaudite tesi di Kasper fatte proclamare da Bergoglio.

    E’ significativo del resto che fra i più decisi a opporsi al sovvertimento della dottrina cattolica ci sia una chiesa giovane come quella africana, particolarmente curata per 40 anni da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI.

    Essa infatti, oltre ad esprimere grandi cardinali come Sarah, una luce per tutta la cristianità, è di gran lunga oggi la Chiesa più dinamica, più missionaria, più in crescita avendo ormai superato i 200 milioni di fedeli con un impressionante 238 per cento in più rispetto al 1980.

    Mentre quella sudamericana di Bergoglio, quella tedesca di Kasper e quella belga di Daneels sono al tracollo.

    MODERNISMO FALLITO

    Ma questo è il paradosso di oggi: alla guida della Chiesa stanno coloro le cui ricette si sono rivelate fallimentari nei loro paesi. E vogliono applicare le stesse disastrose ricette alla Chiesa intera, con effetti devastanti su scala planetaria.

    Certo, molti indicano la popolarità del papa argentino come segno di rinascita. Ma è un bluff e dentro la Chiesa lo si è ormai capito. E’ la popolarità drogata del circo mediatico laicista, che non porta una sola conversione, ma esulta piuttosto per la conversione del papa all’agenda Obama e all’agenda onusiana.

    I dati della pratica cattolica in Italia, che sotto Giovanni Paolo II e Benedetto XVI erano cresciuti, con Bergoglio continuano a diminuire. La stessa “Repubblica” sabato scorso, riferendo gli studi della “Fondazione Critica liberale” e della Cgil, ha dovuto riconoscere che per la Chiesa “l’effetto Francesco non c’è”, anzi “l’Italia continua ad allontanarsi dalla Chiesa”, quindi l’effetto Bergoglio c’è a rovescio: allontana i fedeli.

    PANORAMA DI ROVINE

    I cattolici hanno la sensazione che con Bergoglio stia venendo giù tutto. Per esempio l’imbarazzante coming out (con il compagno) di monsignor Charamsa, il quale pretende che sull’omosessualità la Chiesa cambi la legge morale basata sulla Parola di Dio, non sarebbe stato possibile senza le mille sconcertanti aperture e i chi-sono-io-per-giudicare di Bergoglio, che Charamsa definisce “fantastico”. Chi semina vento raccoglie tempesta, dice la Bibbia.

    E come evitare la confusione e il disorientamento per il Motu proprio sulle nullità matrimoniali di Bergoglio che anche un giurista cattolico come il professor Danilo Castellano ha demolito?

    E’ inevitabile constatare che esso introduce di fatto il divorzio, sovverte il Vangelo e il millenario insegnamento della Chiesa. Cosicché – invece di sostenere la famiglia aggredita dalle ideologie moderne – le si dà il colpo di grazia.

    C’è poi tutta la lista degli altri errori bergogliani. Quello sull’immigrazione è colossale. Come quello sui cristiani perseguitati a cui non ha certo giovato il suo atteggiamento di resa verso l’Islam e i regimi comunisti.

    Poi ci sono i cristiani massacrati dall’Isis che egli ha sostanzialmente abbandonato, delegittimando ogni concreto intervento in loro difesa: di fatto oggi i vescovi del Medio Oriente (e le loro comunità) vedono nell’intervento di Putin la speranza della liberazione dal terrore.

    Prendiamo poi i comizi noglobal di Bergoglio contro “l’economia che uccide” (quella capitalistica).

    Secondo i dati della Fao diffusi in questi giorni la percentuale dei denutriti nei paesi in via di sviluppo è passata dal 23,3 per cento del 2000 al 12,9 per cento di oggi.

    In 50 anni il tasso globale di povertà estrema è passato dall’80 per cento al 10 per cento, mentre la popolazione mondiale raddoppiava (è accaduto l’opposto di quanto prevedevano le teorie malthusiane).

    E anche i dati sull’ambiente, l’aria e la salute negli ultimi 50 anni sono molto migliorati smentendo l’ecocatrastofismo marxisteggiante dell’enciclica bergogliana.

    Pure ciò che viene celebrato come il successo internazionale di Bergoglio, la fine dell’embargo a Cuba, a ben vedere risulta essere il soccorso a una vecchia dittatura odiosa e sanguinaria che il papa è andato a omaggiare ignorando le vittime e i dissidenti.

    E’ un panorama di macerie quello che Bergoglio sta lasciando. Con cadute incredibili come la comica lite da strapaese con Ignazio Marino, cosa inimmaginabile per giganti come Ratzinger e Wojtyla (con buona pace di Scalfari che elogia Bergoglio perché avrebbe portato la Chiesa fuori dalla politica).

    Marino deve andarsene e merita tutte le critiche del mondo, ma Bergoglio si è meritato la battuta della compagna Ferilli: “Che il papa si senta in dovere di fare un comunicato per sfancularlo è – posso dirlo? – decisamente inaudito”.

     

    Antonio Socci

     

    Da “Libero”, 11 ottobre 2015

    Facebook: “Antonio Socci pagina ufficiale”

    (nella foto Gilbert K. Chesterton e una sua citazione)




     
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      Settimo Cielo di Sandro Magister

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    Sinodo in confusione.
    La "Relatio finalis" tra gli oggetti smarriti

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    papa_cartella

    Il primo a mettere in dubbio che una "Relatio finalis" vi sarà, al termine di questo sinodo, è stato il cardinale di Manila Luis Antonio Gokim Tagle, uno dei quattro presidenti delegati dell'assise.

    Venerdì 9 ottobre, in conferenza stampa, il cardinale si è riscoperto storico della Chiesa – come in effetti è, con la "scuola di Bologna" – è ha ripercorso la sequenza dei sinodi, dal primo con Paolo VI all'attuale. Con un botto finale che ha lasciato tutti di sasso:

    "In passato i circoli minori proponevano proposizioni per il Santo Padre, che poi scriveva una esortazione post-sinodale, ma i primi sinodi di Paolo VI non finivano con una esortazione papale. Paolo VI permise al sinodo di pubblicare il proprio documento finale, e solo con la 'Evangelii nuntiandi' iniziò la pratica delle 'propositiones' per l'esortazione papale, ma suppongo che non sia obbligatorio. Oggi, a questo riguardo, attendiamo la decisione del papa".

    Attendiamo?

    Ma non era stato detto e ridetto, l'ultima volta il 5 ottobre in apertura dei lavori, in forma ufficialissima, dal segretario generale del sinodo, il cardinale Lorenzo Baldisseri, che una "Relatio finalis" ci doveva essere e doveva essere discussa e votata e infine consegnata al papa, e che a questo approdo tutti i lavori del sinodo erano finalizzati?

    > Relazione del segretario generale

    E non era stato papa Francesco, lui di persona, a nominare il 2 ottobre una commissione di dieci cardinali e vescovi in rappresentanza dei cinque continenti proprio "per l'elaborazione della relazione finale"?

    > Briefing per fornire informazioni su tema e metodo della XIV Assemblea

    E il meticoloso calendario del sinodo reso pubblico il 2 ottobre non dedica forse ben quattro giorni, dal 21 al 24 del mese, alla scrittura della "relazione finale", alla sua presentazione in aula, alla discussione e presentazione delle osservazioni scritte, alla riscrittura della stessa, alla sua ripresentazione in aula e alla sua votazione definitiva?

    Calendario dei lavori

    Come non detto. Alla fine della prima delle tre settimane del sinodo, improvvisamente nessuno sa più come il sinodo andrà a finire.

    Sabato 10 ottobre è toccato a padre Federico Lombardi confermare che il sinodo ha perso la bussola:

    "Riguardo alle votazioni, la maggioranza dei due terzi si pone solo nella relazione finale. Ovviamente se ci sarà. Perché ancora non abbiamo la certezza di come avverrà la conclusione, cioè se ci sarà un documento finale. Vedremo se il papa darà delle indicazioni precise".

    Lombardi rimanda a quanto detto il giorno prima dal cardinale Tagle. Che in effetti aveva anche aggiunto qualcosa d'altro, e di molto appropriato:

    "Il metodo nuovo adottato dal sinodo probabilmente è costato un po' di confusione, ma è bene essere confusi ogni tanto. Se le cose sono sempre chiare non sarebbe più la vita vera".

    Sta di fatto che in nome di questa "vita vera" non solo non vi sarà più una classica esortazione post-sinodale del papa, ma forse nemmeno più una "Relatio finalis" dei lavori del sinodo stesso, votata punto per punto. In questo caso a chiudere tutto – per modo di dire, perché qui l'incompiutezza regna sovrana – sarà solo un discorso di papa Francesco.

    *

    Ma non è finita. Perché il 10 ottobre padre Lombardi ha dato notizia di un altro cambiamento avvenuto in corso d'opera.

    Stando al calendario del sinodo, la discussione sia in aula che nei circoli minori avrebbe dovuto seguire l'ordine delle tre parti del documento base, l'"Instrumentum laboris", con ognuna di esse introdotta ogni volta da una "presentazione del relatore generale", il cardinale Péter Erdõ.

    Invece al cardinale Erdõ – autore il 5 ottobre di una formidabile relazione generale introduttiva che ha seminato il panico tra i novatori – non è più stato dato il microfono per tornare a presentare le tre parti dell'"Instrumentum", e gli interventi in aula sono andati avanti per conto loro. Col risultato che sabato 10 ottobre già si è cominciato a parlare in aula della parte terza, quella più appetibile, con i piatti forti del divorzio e dell'omosessualità, mentre nei circoli linguistici ancora si andava avanti fino a mercoledì 14 a discutere e votare sulla seconda parte del documento.

    Il 10 ottobre padre Lombardi ha detto serafico che degli interventi in aula in anticipo sui tempi, quelli dedicati alla terza parte dell'"Instrumentum", avrebbe dato conto ai giornalisti un paio di giorni più in là. Per non far confusione.

    <<<  >>>

    NOTA BENE !

    Il blog “Settimo cielo” fa da corredo al sito “www.chiesa”, curato anch’esso da Sandro Magister, che offre a un pubblico internazionale notizie, analisi e documenti sulla Chiesa cattolica, in italiano, inglese, francese e spagnolo.

    Gli ultimi tre servizi di "www.chiesa":

    10.10.2015
    > Sinodo. Un tweet non fa primavera
    Mai così segreti i lavori dell'assise. Inservibili le notizie fornite dai canali ufficiali. Inesistenti le traduzioni per i padri che non conoscono l'italiano. Il simbolico gesto di rottura dei vescovi polacchi

    8.10.2015
    > Sinodo. Il primo colpo a segno è dei conservatori
    Grazie soprattutto alla relazione introduttiva del cardinale Erdõ, molto deciso nello stroncare le ambigue "aperture" del documento base. Ma i novatori sono già al contrattacco. E contano sull'appoggio del papa




     LA NOTIZIA UFFICIALE che è di una gravità senza precedenti:


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    Ci sarà un documento finale? “Vediamo cosa deciderà il Papa”

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    lombardiIl briefing odierno sui lavori del sinodo si è concentrato principalmente sugli interventi che si sono tenuti in aula ieri pomeriggio e, in parte, questa mattina. Si tratta di circa 75 interventi, compresi quelli tenuti nella sessione libera, per la maggior parte dei quali si tratta di padri “europei”, fra cui i curiali. Una quindicina sono, invece, stati attribuiti a vescovi africani ed altri dieci a padri dell’America Latina.

    P. Federico Lombardi ha ricordato i temi principali toccati da questi interventi: la famiglia via concreta della Chiesa, scuola di carità e santificazione, spiritualità famigliare, la vocazione al matrimonio, la missionarietà della famiglia. Poi, ha detto Lombardi, si è parlato di “misericordia sotto diversi aspetti: vicinanza e tenerezza; misericordia e verità”, etc. Su questo tema, come sappiamo, gli interventi si sono collocati su punti di vista diversi, manifestando le varie “anime” presenti nell’Aula.

    Ma la notizia del giorno è quella sulla possibilità che non vi sia alcuna Relazione finale. «Il processo sinodale va avanti”, ha detto il portavoce della Sala Stampa vaticana rispondendo a una domanda, “e tutti ne siamo contenti: tagliamo con soddisfazione il traguardo della prima settimana dei lavori. Tuttavia ancora non abbiamo la certezza di come avverrà la conclusione, cioè se ci sarà un documento finale. Vediamo se il Papa darà delle indicazioni precise».

    “Sulla conclusione non c’è ancora totale chiarezza dentro al Sinodo – afferma il Portavoce della Santa Sede – Vedremo se il Papa darà indicazioni precise, riguardo alle votazioni i circoli minori approvano un modo a maggioranza assoluta, i modi sono poi sottoposti al lavoro della commissione. La maggioranza dei due terzi si pone solo nella relazione finale. Ovviamente se ci sarà».





    L'assemblea del Sinodo
     

    Ho la sensazione che sia iniziato una specie di Concilio Vaticano III “a pezzi”. Quando fu fatto Papa il cardinale Montini, si disse: «Giovanni XXIII ha aperto il Concilio e Paolo VI lo ha chiuso». Anche adesso col Sinodo sembra che si siano riaperti tutti quei punti che il beato Paolo, aveva “chiuso”: contraccezione, morale sessuale, ordinazione delle donne, celibato dei preti, democrazia nella Chiesa. E allora, che possiamo fare noi poveri cristiani? 

    di Enrico Cattaneo

    Se apro la finestra del mondo e mi affaccio sul cortile della Chiesa per vedere che cosa sta succedendo, ho la netta sensazione che sia iniziato una specie di Concilio Vaticano III “a pezzi”. Quando fu fatto Papa il cardinale Montini, uscì fuori una battuta che diceva: «Giovanni XXIII ha aperto il concilio e Paolo VI lo ha chiuso». Essa appare oggi estremamente attuale. In effetti, sembra che si siano riaperti tutti quei punti che il beato Paolo VI (e poi san Giovanni Paolo II), per fedeltà alla parola di Dio e alla tradizione, avevano “chiuso”: contraccezione, morale sessuale, ordinazione delle donne, celibato dei preti, democrazia nella Chiesa, ecc. 

      Esultano i “progressisti”, perché finalmente è stato ripreso lo “spirito” del Concilio, e si è capito che indietro non si può più andare.  Esultano molti ortodossi e i protestanti, perché vedono che i cattolici stanno arrivando dove loro sono già giunti da molto tempo. Esultano, a loro modo, anche i tradizionalisti, perché dicono: «Avevamo ragione noi, quando dicevamo che il Concilio è stato una catastrofe per la Chiesa». Solo i poveri cristiani ordinari non sanno che dire e rimangono smarriti. Sentono che si dice tutto e il contrario di tutto. I problemi della Chiesa sono messi sulla piazza della pubblica opinione, dove tutti sono diventati maestri. Quello che conta è l’idea che passa attraverso le interviste: «Tu cosa pensi del celibato dei preti? Cosa pensi dei matrimoni gay? Cosa pensi dell’ordinazione delle donne? Cosa pensi della comunione ai divorziati risposati?, ecc. ecc.». È la risposta della gente che fa da magistero.

    È vero che il Sinodo dei vescovi è solo consultivo; ma, dicono, chi se ne importa? Ci sono regole scritte a tavolino, che poi vengono superate dai fatti. Una volta che un argomento diventa di dominio pubblico, si va avanti a maggioranza. Un cattolico convinto, tuttavia, afferma che spetta al Papa l’ultima parola, quella decisiva e vincolante. Ma sapranno i “cristiani adulti” accettare le decisioni del Papa, anche se saranno controcorrente e non secondo la maggioranza? I poveri cristiani comuni che cosa fanno allora? Si rifugiano nella preghiera, dicono il rosario, vanno nei santuari mariani, confessano i loro peccati, ma per il resto soffrono e tacciono. 

    Non tocca a loro dire che cosa la Chiesa deve fare o non fare. Cercano di trasmettere ai figli ciò che essi stessi hanno ricevuto dai loro padri e dai loro nonni, e cioè le preghiere, le devozioni, il rispetto dei comandamenti e dei precetti della Chiesa, le opere di carità corporale e spirituale. Anche le suore di clausura, non discutono, ma pregano. E hanno fiducia nel Signore. E non c’è dubbio che anche molti fratelli ortodossi e protestanti in questo momento stanno pregando perché la Chiesa cattolica romana rimanga quello che è sempre stata.














    [Modificato da Caterina63 12/10/2015 00:11]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
    Post: 39.989
    Sesso: Femminile
    00 12/10/2015 09:04

    La mancanza di unità nella Chiesa è pericolosa. L'arcivescovo Chaput mette in guardia al Sinodo


     


    L'arcivescovo Charles Chaput di Filadelfia, nel suo intervento di ieri 10 ottobre al Sinodo, ha detto che «Un linguaggio impreciso produce un pensiero confuso» e ha portato «due esempi che dovrebbero causare qualche preoccupazione»: 'unità nella diversità' e 'inclusivo'. Inoltre ha fatto esplicito riferimento a Erasmo da Rotterdam, il sacerdote d'inizio Secolo XVI che perorava la riforma della Chiesa, ma che si è opposto alla Riforma protestante di Martin Lutero.


     
    Città del Vaticano, 11 Ottobre, 2015 / 10:02 (CNA / EWTN Notizie) - [...]
    Testo integrale dell'intervento dell'arcivescovo Chaput del 10 ottobre, al Sinodo sulla Famiglia, «Linguaggio e sue implicazioni»
    Fratelli,
    il Santo Padre ci ha saggiamente incoraggiati ad esprimere fraternamente e sinceramente i nostri pensieri durante questo Sinodo.
    Proprio come i nostri pensieri plasmano il linguaggio che usiamo, così anche il linguaggio che usiamo forma il nostro pensiero e il contenuto delle nostre discussioni. Un linguaggio impreciso induce un pensiero confuso e che a volte può portare a risultati infelici. Voglio condividere con voi due esempi che ci dovrebbero causare qualche preoccupazione, almeno nel mondo anglofono.

    Il primo esempio è la parola inclusivo
    . Abbiamo sentito molte volte che la Chiesa dovrebbe essere inclusiva. E se per «inclusivo» si intende una Chiesa paziente e umile, misericordioso e accogliente - tutti noi qui saremo d'accordo. Ma è molto difficile includere coloro che non vogliono essere inclusi, o insistono per essere inclusi alle loro condizioni.
    Per dirla in altro modo: posso invitare qualcuno a casa mia, e posso rendere la mia casa il più possibile calda e ospitale. Ma la persona fuori dalla mia porta deve ancora scegliere di entrare. Se rimodello la mia casa secondo il progetto del visitatore o dello straniero, la mia famiglia si accollerà il costo, e la mia casa non sarà più la sua casa.
    La morale è semplice. Dobbiamo essere una Chiesa accogliente che offre rifugio a tutti coloro che sono in sincera ricerca di Dio. Ma dobbiamo rimanere una Chiesa fondata sulla Parola di Dio, fedele alla saggezza della tradizione cristiana, e che predica la verità di Gesù Cristo.

    Il secondo esempio è l'espressione unità nella diversità. La Chiesa è «cattolica» cioè universale. Dobbiamo accettare le numerose differenze di personalità e cultura che esistono tra i fedeli. Ma viviamo in un momento di intenso cambiamento globale, confusione e agitazione. Il nostro bisogno più urgente è l'unità, e il nostro maggior pericolo è la frammentazione. Fratelli, dobbiamo essere molto cauti nel delegare importanti questioni disciplinari e dottrinali a conferenze episcopali nazionali e regionali, soprattutto quando la pressione in questa direzione è accompagnata da uno spirito implicito di autoaffermazione e di resistenza.

    Cinquecento anni fa, in un momento molto simile al nostro, Erasmo da Rotterdam ha scritto che l'unità della Chiesa è il più importante dei suoi attributi. Possiamo discutere su ciò che realmente credeva Erasmo, e ciò che egli intendeva con i suoi scritti. Ma non possiamo discutere sulle conseguenze di quando la necessità di unità della Chiesa è stata ignorata. Nei prossimi giorni del nostro Sinodo, potremmo utilmente ricordare l'importanza della nostra unità, ciò che essa richiede, e ciò che comporta la disunione su questioni sostanziali.

    [Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]




    Tredici cardinali hanno scritto al papa. Ecco la lettera

    Ma Francesco ha respinto in blocco le loro richieste. E intanto dal programma del sinodo è sparita la "Relatio finalis" 

    di Sandro Magister




    ROMA, 12 ottobre 2015 – Lunedì 5 ottobre, all'inizio dei lavori del sinodo sulla famiglia, il cardinale George Pell ha consegnato a papa Francesco una lettera, firmata da lui e da altri dodici cardinali, tutti presenti in quella stessa aula sinodale.

    I tredici firmatari ricoprono ruoli di prima grandezza nella gerarchia della Chiesa. Tra essi vi sono, in ordine alfabetico:

    - Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, Italia, teologo, già primo presidente del Pontificio istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia;
    - Thomas C. Collins, arcivescovo di Toronto, Canada;
    - Timothy M. Dolan, arcivescovo di New York, Stati Uniti;
    - Willem J. Eijk, arcivescovo di Utrecht, Olanda;
    - Péter Erdõ, arcivescovo di Esztergom-Budapest, Ungheria, presidente del consiglio delle conferenze episcopali d'Europa e relatore generale del sinodo in corso, come già della precedente sessione dell'ottobre 2014;
    - Gerhard L. Müller, già vescovo di Ratisbona, Germania, dal 2012 prefetto della congregazione per la dottrina della fede;
    - Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban, Sudafrica, presidente delegato del sinodo in corso come già della precedente sessione dell'ottobre 2014;
    - George Pell, arcivescovo emerito di Sydney, Australia, dal 2014 prefetto in Vaticano della segreteria per l'economia;
    - Mauro Piacenza, Genova, Italia, già prefetto della congregazione per il clero, dal 2013 penitenziere maggiore;
    - Robert Sarah, già arcivescovo di Konakry, Guinea, dal 2014 prefetto della congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti;
    - Jorge L. Urosa Savino, arcivescovo di Caracas, Venezuela.

    Nella lettera, concisa e chiarissima, i tredici cardinali sottoponevano all'attenzione del papa le serie "preoccupazioni" loro e di altri padri sinodali circa le procedure del sinodo, a loro giudizio "configurate per facilitare dei risultati predeterminati su importanti questioni controverse", e riguardo all'"Instrumentum laboris", ritenuto inadeguato come "testo guida e fondamento di un documento finale".

    Ecco qui di seguito il testo della lettera, tradotto dalla stesura originale in inglese.

    __________


    Santità,

    Mentre ha inizio il sinodo sulla famiglia, e con il desiderio di vederlo fruttuosamente servire la Chiesa e il Suo ministero, rispettosamente Le chiediamo di prendere in considerazione una serie di preoccupazioni che abbiamo raccolto da altri padri sinodali, e che noi condividiamo.

    Il documento preparatorio del sinodo, l'"Instrumentum laboris", che pure ha degli spunti ammirevoli, ha anche sezioni che trarrebbero vantaggio da una sostanziale riflessione e rielaborazione. Le nuove procedure che guidano il sinodo sembrano assicurare un'influenza eccessiva sulle deliberazioni del sinodo e sul documento sinodale finale. Così com'è, e poste le preoccupazioni che abbiamo già raccolto da molti dei padri sulle sue varie sezioni problematiche, l'"Instrumentum" non può adeguatamente servire da testo guida o da fondamento di un documento finale.

    Le nuove procedure sinodali saranno viste in alcuni ambienti come mancanti d’apertura e di genuina collegialità. Nel passato, il processo di presentare proposizioni e di votarle serviva allo scopo prezioso di misurare gli orientamenti dei padri sinodali. L'assenza di proposizioni e delle relative discussioni e votazioni sembra scoraggiare un dibattito aperto e confinare la discussione ai circoli minori; quindi ci sembra urgente che la redazione di proposizioni da votare dall'intero sinodo dovrebbe essere ripristinata. Il voto su un documento finale arriva troppo tardi nel processo di completa revisione e di aggiustamento del testo.

    Inoltre, la mancanza di una partecipazione dai padri sinodali alla composizione della commissione di redazione ha creato un notevole disagio. I suoi membri sono stati nominati, non eletti, senza consultazione. Allo stesso modo, chiunque farà parte della redazione di qualsiasi testo a livello dei circoli minori dovrebbe essere eletto, non nominato.

    A loro volta, questi fatti hanno creato il timore che le nuove procedure non siano aderenti al tradizionale spirito e finalità di un sinodo. Non si capisce perché questi cambiamenti procedurali siano necessari. A un certo numero di padri il nuovo processo sembra configurato per facilitare dei risultati predeterminati su importanti questioni controverse.

    Infine, e forse con più urgenza, vari padri hanno espresso la preoccupazione che un sinodo progettato per affrontare una questione pastorale vitale – rafforzare la dignità del matrimonio e della famiglia – possa arrivare ad essere dominato dal problema teologico/dottrinale della comunione per i divorziati risposati civilmente. Se così avverrà, ciò solleverà inevitabilmente questioni ancora più fondamentali su come la Chiesa, nel suo cammino, dovrebbe interpretare e applicare la Parola di Dio, le sue dottrine e le sue discipline ai cambiamenti nella cultura. Il collasso delle chiese protestanti liberali nell’epoca moderna, accelerato dal loro abbandono di elementi chiave della fede e della pratica cristiana in nome dell'adattamento pastorale, giustifica una grande cautela nelle nostre discussioni sinodali.

    Santità, offriamo questi pensieri in uno spirito di fedeltà, e La ringraziamo per la loro presa in considerazione.

    Fedelmente suoi in Gesù Cristo.

    __________


    Nel pomeriggio di quello stesso lunedì 5 ottobre, durante la prima discussione in aula, il cardinale Pell e altri padri sinodali ripresero alcune delle questioni toccate nella lettera, senza citarla.

    Papa Francesco era presente e ascoltava. E la mattina dopo, martedì 6 ottobre, prese la parola.

    Il testo di questo suo intervento fuori programma non è stato reso pubblico, ma solo riassunto oralmente da padre Federico Lombardi e per iscritto da "L'Osservatore Romano". Così:

    "Il pontefice ha voluto riaffermare che l’attuale sinodo è in continuità con quello celebrato lo scorso anno. Riguardo all’'Instrumentum laboris', Francesco ha sottolineato che esso risulta dalla 'Relatio synodi' integrata con i contributi giunti successivamente, che è stato approvato dal consiglio postsinodale – riunitosi alla presenza del pontefice – e che è la base per continuare il dibattito e le discussioni dei prossimi giorni. In questo contesto, importanza essenziale assumono i contributi dei vari gruppi linguistici. Il papa ha anche ricordato che i tre documenti ufficiali del sinodo dello scorso anno sono i suoi due discorsi, iniziale e finale, e la 'Relatio synodi'. Il pontefice ha sottolineato che la dottrina cattolica sul matrimonio non è stata toccata e ha poi messo in guardia dal dare l’impressione che l’unico problema del sinodo sia quello della comunione ai divorziati, invitando a non ridurre gli orizzonti del sinodo".

    A questo resoconto de "L'Osservatore Romano" padre Lombardi ha aggiunto che "anche le decisioni di metodo sono state condivise e approvate dal papa, e quindi non possono essere rimesse in discussione".

    Da ciò si ricava che Francesco ha respinto in blocco le richieste della lettera, salvo la marginale raccomandazione di non ridurre la discussione alla sola "comunione ai divorziati".

    E le ha respinte non senza uno spunto polemico, come successivamente ha fatto sapere – in un tweet non smentito – il direttore de "La Civiltà Cattolica" Antonio Spadaro, anch'egli presente in aula, secondo il quale il papa avrebbe detto ai padri di "non cedere all'ermeneutica cospirativa, che è sociologicamente debole e spiritualmente non aiuta".

    Tutto questo all'inizio del sinodo. Ma verso la fine della prima settimana dei lavori è avvenuto anche dell'altro. Di nuovo all'opposto dei desiderata dei tredici cardinali.

    Venerdì 9 ottobre, in conferenza stampa, il cardinale Luis Antonio G. Tagle, arcivescovo di Manila e presidente delegato del sinodo, ha improvvisamente detto che riguardo alla relazione finale "attendiamo la decisione del papa".

    E il giorno dopo padre Lombardi ha precisato che "ancora non abbiamo la certezza di come avverrà la conclusione del sinodo, se cioè ci sarà un documento finale. Vedremo se il papa darà delle indicazioni precise".

    Incredibile ma vero. Con il sinodo in pieno svolgimento, all'improvviso è stata messa in forse la stessa esistenza di quella "Relatio finalis" che figurava nei programmi come l'approdo a cui tutti i lavori sinodali erano finalizzati.

    Della "Relatio finalis", infatti, aveva parlato ampiamente il segretario generale del sinodo, il cardinale Lorenzo Baldisseri, nella presentazione ufficiale dello stesso, il 2 ottobre:

    > Briefing su tema e metodo della XIV assemblea generale ordinaria del sinodo dei vescovi

    Quello stesso giorno, Baldisseri aveva anche informato che papa Francesco aveva nominato una commissione di dieci cardinali e vescovi proprio "per l'elaborazione della relazione finale".

    Il 5 ottobre, nel discorso d'apertura dei lavori del sinodo, Baldisseri era tornato ancor più dettagliatamente a illustrare le fasi di elaborazione e approvazione della "Relatio":

    > Relazione del segretario generale


    E di nuovo ne aveva parlato in aula la mattina del 6 ottobre, subito prima che prendesse la parola il papa.

    Per non dire del calendario ufficiale dei lavori del sinodo, che tuttora assegna ben quattro giorni, dal 21 al 24 ottobre, alla scrittura della "relazione finale", alla sua presentazione in aula, alla discussione e presentazione delle osservazioni scritte, alla riscrittura della stessa, alla sua ripresentazione in aula e alla sua votazione definitiva:

    > Calendario dei lavori


    Nella lettera a papa Francesco, i tredici cardinali auspicavano che si ripristinasse la procedura dei sinodi passati, i quali terminavano col voto, ad una ad una, di "proposizioni" da offrire al papa. O che almeno, in assenza di queste proposizioni, si votasse punto per punto una "Relatio finalis" scritta da una commissione elettiva, non tutta nominata dall'alto.

    Ma se nemmeno la "Relatio" – come si è fatto capire – ci sarà più, l'unico prodotto del sinodo non potrà essere che una rielaborazione di quell'"Instrumentum laboris" che i tredici firmatari della lettera ritenevano inadatto a far "da fondamento di un documento finale", anche a motivo delle "sue varie sezioni problematiche", ossia d'incerta fedeltà alla dottrina.

    Perché è vero che i 270 padri sinodali stanno lavorando giorno dopo giorno proprio per rielaborare da cima a fondo l'"Instrumentum". Ma è altrettanto vero che la riscrittura del testo sarà appannaggio di quella commissione tutta nominata da papa Francesco in cui i novatori sono in maggioranza schiacciante, al contrario di quanto avviene in aula. E in un testo chilometrico e discorsivo come l'"Instrumentum" – non telegrafico come le "proposizioni" di tanti sinodi passati – è molto più facile che avvenga di nuovo ciò che capitò nel sinodo del 2014, con l'immissione di formule vaghe e polivalenti, difficili da respingere in aula con un voto secco.

    "La dottrina cattolica sul matrimonio non è stata toccata", ha assicurato papa Francesco riferendosi all'intero percorso sinodale dal 2014 a oggi, in risposta alle "preoccupazioni" dei tredici cardinali della lettera.

    Ma il cardinale Tagle, esponente di spicco dei novatori, ha anche detto nella conferenza stampa del 9 ottobre, con visibile soddisfazione:

    "Il metodo nuovo adottato dal sinodo probabilmente è costato un po' di confusione, ma è bene essere confusi ogni tanto. Se le cose sono sempre chiare non sarebbe più la vita vera".

    __________


    Per altri particolari sulle conferenze stampa del 9 e del 10 ottobre:

    > Sinodo in confusione. La "Relatio finalis" tra gli oggetti smarriti

    I precedenti servizi di www.chiesa sul sinodo in corso:

    > Sinodo. Un tweet non fa primavera (10.10.2015)

    > Sinodo. Il primo colpo a segno è dei conservatori
     (8.10.2015)


    __________



    Gli ultimi tre precedenti servizi di www.chiesa:

    10.10.2015
    > Sinodo. Un tweet non fa primavera
    Mai così segreti i lavori dell'assise. Inservibili le notizie fornite dai canali ufficiali. Inesistenti le traduzioni per i padri che non conoscono l'italiano. Il simbolico gesto di rottura dei vescovi polacchi

    8.10.2015
    > Sinodo. Il primo colpo a segno è dei conservatori
    Grazie soprattutto alla relazione introduttiva del cardinale Erdõ, molto deciso nello stroncare le ambigue "aperture" del documento base. Ma i novatori sono già al contrattacco. E contano sull'appoggio del papa

    -----------------------------------------------------------

    un aggiornamento, 4 firmatari si sono ritirati:

    I tredici firmatari ricoprono ruoli di prima grandezza nella gerarchia della Chiesa. Tra di essi vi sono, in ordine alfabetico:

    - Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, Italia, teologo, già primo presidente del Pontificio istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia;
    - Thomas C. Collins, arcivescovo di Toronto, Canada;
    - Timothy M. Dolan, arcivescovo di New York, Stati Uniti;
    - Willem J. Eijk, arcivescovo di Utrecht, Olanda;
    - Gerhard L. Müller, già vescovo di Ratisbona, Germania, dal 2012 prefetto della congregazione per la dottrina della fede;
    - George Pell, arcivescovo emerito di Sydney, Australia, dal 2014 prefetto in Vaticano della segreteria per l'economia;
    - Robert Sarah, già arcivescovo di Konakry, Guinea, dal 2014 prefetto della congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti;
    - Jorge L. Urosa Savino, arcivescovo di Caracas, Venezuela.


    Lombardi: Lettera riportata dai media non corrisponde a realtà

    Il Sinodo sulla famiglia - OSS_ROM

    Il Sinodo sulla famiglia - OSS_ROM

    13/10/2015

    La lettera di alcuni Padri Sinodali al Papa era riservata e quanto pubblicato da alcune fonti non corrisponde, né nel testo né nelle firme, a quanto consegnato al Pontefice, tanto che almeno quattro cardinali hanno smentito. Così padre Federico Lombardi, durante il briefing quotidiano relativo al Sinodo sulla famiglia. Il direttore della Sala Stampa della Santa Sede ha poi sottolineato che il clima dei lavori in Aula è comunque positivo. Il servizio diIsabella Piro:

    Pubblicare la lettera, un atto di disturbo. Non lasciarsene condizionare
    Torna sul caso della lettera di alcuni Padri sinodali al Papa, padre Lombardi, aprendo il briefing quotidiano sul Sinodo dedicato alla famiglia. Ricorda quanto dichiarato dal cardinale Pell, ovvero che la missiva al Pontefice era e doveva rimanere riservata e che quanto pubblicato non corrisponde, né nel testo né nelle firme, a quanto consegnato al Papa. Quattro Padri Sinodali, infatti – i cardinali Scola, Vingt-Trois, Piacenza e Erdö – hanno smentito la loro firma. Dal suo canto, padre Lombardi aggiunge:

    “Nella sostanza le difficoltà della lettera erano state evocate lunedì 5 ottobre, la sera, in Aula, come avevo detto, anche se non così ampiamente e dettagliatamente. Avevo parlato di obiezioni e dubbi sulla procedura. Come sappiamo il segretario generale del Sinodo, card. Baldisseri, ed il Papa avevano risposto con chiarezza la mattina seguente, martedì 6 ottobre. Quindi, chi ha dato a distanza di giorni questo testo e questa lista di firme da pubblicare, ha compiuto un atto di disturbo non inteso dai firmatari. Occorre perciò non lasciarsene condizionare”.

    Al Sinodo, ampia collaborazione e clima positivo
    “Si possono fare osservazioni sulla metodologia del Sinodo, che è nuova – spiega ancora padre Lombardi – Ciò non stupisce, ma una volta che è stata stabilita, ci si impegna ad attuarla nel migliore dei modi”. Tanto che “vi è una vastissima collaborazione per far progredire bene il cammino del Sinodo”.

    “Il clima generale dell’Assemblea è senz’altro positivo”.

    Card. Napier non mette in discussione diritto del Papa di scegliere Commissione per Relazione finale
    Poi, padre Lombardi si fa portavoce di una dichiarazione del card. Napier, a proposito di una sua affermazione riportata erroneamente in un’intervista:

    “A proposito della composizione della Commissione di dieci membri nominata dal Papa per l’elaborazione della Relazione finale del Sinodo, è stato scritto erroneamente: ‘Napier mette in questione il diritto di Papa Francesco di fare questa scelta’. Il cardinale Napier mi ha detto di correggere, affermando esattamente il contrario, cioè: ‘Napier non mette in questione il diritto di Papa Francesco di scegliere questa Commissione’ “.

    La questione del legame tra vocazione e vita familiare
    Al briefing in Sala Stampa è intervenuto anche il rev. Jeremias Schröder, arciabate presidente della Congregazione benedettina di Sant'Ottiliain, in rappresentanza dei dieci superiori generali partecipanti al Sinodo, il quale si è soffermato sulla questione del legame tra la vocazione e la vita familiare:

    “Tanti giovani monaci non provengono più da famiglie cattoliche ben formate, ma spesso il cammino vocazionale è, allo stesso tempo, un cammino catechetico, cioè l’avvicinarsi alla fede poi comporta anche la riflessione sulla vocazione. In questo ambito, stiamo vedendo cambiamenti profondi nella base sociale delle nostre vocazioni”.

    Il tema del diaconato femminile
    Rispondendo, poi, alla domanda di un giornalista sul tema del diaconato femminile, dibattuto in Aula, il rev. Schröder ha spiegato:

    “Io sono rimasto impressionato, perché mi è parso un tema audace ed anche, per me, convincente, tanto che io potrei immaginare un simile cammino. Ma ho avuto l’impressione che questo argomento, per ora, non abbia avuto una grande eco in Aula. Abbiamo ascoltato un’opinione, ma per il momento rimane lì”.

    Testimonianza dal Rwanda: la famiglia aiuta a ricostruire il Paese dopo genocidio
    Tra i partecipanti al briefing, anche Thérèse Nyirabukeye, consulente e formatrice per la Federazione africana dell'azione familiare, presente al Sinodo in veste di uditrice. Originaria del Rwanda, la sig.ra Thérese ricorda il genocidio vissuto dal Paese vent’anni fa e sottolinea l’importanza della famiglia nel processo di ricostruzione nazionale perché, spiega, la famiglia è testimone di amore e riconciliazione. Un’altra uditrice, infine, la sig.ra Moira McQueen, esprime soddisfazione il ruolo che viene dato agli uditori durante i lavori sinodali: “Siamo ascoltati – dice – e possiamo intervenire. E questo è un processo democratico”.



    [Modificato da Caterina63 13/10/2015 18:38]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    Sesso: Femminile
    00 13/10/2015 12:54

     La puntata (finale?) sulla questione della Lettera.... dopo la risposta (vedi sopra) di Lombardi arriva la replica provata di Sandro Magister.....

      La lettera dei tredici cardinali al papa. Seconda puntata della storia

    Sicuro il testo e sicuri i nomi dei firmatari, salvo approssimazioni marginali. Certissima, soprattutto, la posta in gioco: il controllo delle procedure, decisive per l'esito del sinodo 

    di Sandro Magister


    __________


    ROMA, 14 ottobre 2015 – Due giorni fa, il servizio messo in rete di prima mattina da www.chiesa è scoppiato come una bomba dentro e fuori il recinto del sinodo sulla famiglia:

    > Tredici cardinali hanno scritto al papa. Ecco la lettera

    Nelle ore successive, quattro dei tredici cardinali indicati nel servizio come firmatari della lettera hanno negato d'averla sottoscritta. Nell'ordine: i cardinali Angelo Scola, André Vingt-Trois, Mauro Piacenza e Péter Erdõ.

    Ma nel pomeriggio due cardinali di primo piano, entrambi presenti nell'elenco di www.chiesa, hanno detto di aver effettivamente firmato una lettera a papa Francesco.

    Il primo è stato il cardinale australiano George Pell, prefetto in Vaticano della segretaria per l'economia, indicato come colui che avrebbe personalmente consegnato la lettera al papa. E l'ha fatto con un comunicato sul "National Catholic Register":

    > A spokesperson for Cardinal Pell...


    Nel comunicato, Pell dice che "sembra vi siano errori sia nel contenuto [della lettera] che nell'elenco dei firmatari".

    Ma torna a insistere su due delle "preoccupazioni" affidate all'attenzione del papa nella lettera pubblicata da www.chiesa.

    La prima a proposito di coloro – una "minoranza" – che nel sinodo "vogliono cambiare gli insegnamenti della Chiesa sulle dovute disposizioni necessarie per la ricezione della comunione", quando invece "non esiste una possibilità di cambiamento della dottrina".

    La seconda riguardo "la composizione del comitato di redazione della 'Relatio finalis' e la procedura con la quale sarà presentata ai padri sinodali e votata".

    Anche nel suo intervento in aula nel tardo pomeriggio di lunedì 5 ottobre Pell aveva dato voce a queste e alle altre "preoccupazioni" esplicitate nella lettera, in particolare circa l'"Instrumentum laboris" posto a base della discussione e la natura della "Relatio finalis".

    E l'indomani mattina, martedì 6 ottobre, sia Francesco sia il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del sinodo, erano intervenuti alla riapertura dei lavori in aula proprio per replicare punto per punto – in sostanza negativamente – sulle questioni che la lettera aveva sollevato. 

    Dopo Pell, nel pomeriggio di lunedì 12 ottobre, l'altro cardinale intervenuto a confermare d'aver firmato una lettera al papa è stato l'arcivescovo di Durban, Sudafrica, Wilfrid Fox Napier, uno dei quattro presidenti delegati del sinodo, in un'intervista a John Allen, Michael O'Loughlin e Inés San Martín su "Crux", il portale d'informazione sulla Chiesa del "Boston Globe":

    > Cardinal clash on doubts about process at the Synod of Bishops

    Napier ha detto che la lettera da lui firmata era "differente" da quella pubblicata e riguardava specificamente la commissione di dieci membri nominata dal papa per l'elaborazione della relazione finale.

    Ma nel resto dell'intervista ha fatto sue con impressionante franchezza proprio tutte quelle "preoccupazioni" di tanti padri sinodali di cui la lettera apparsa su www.chiesa era portatrice.

    Ecco nel box qui di seguito come "Crux" ha riportato le parole del cardinale, compresa una correzione da lui successivamente fatta introdurre, evidenziata in maiuscolo:

    ----------

    Napier è convinto che alcune delle critiche hanno fondamento.

    Tra l'altro, egli contesta la composizione del comitato di dieci membri per la redazione della relazione finale.

    “Io sarei proprio d’accordo" con le preoccupazioni circa “la scelta delle persone che scriveranno il documento finale”, ha detto Napier, aggiungendo che egli in realtà NON contesta “il diritto di papa Francesco di scegliere in questo”.

    “Per avere un’espressione equa degli interessi del sinodo, [come per esempio] di ciò che la Chiesa in Africa davvero vorrebbe veder accadere", ha detto, allora dovrebbero essere scelte persone diverse.

    “Noi non vorremmo rivedere in quel comitato lo stesso tipo di persone che erano già lì la volta precedente e che ci hanno causato il dolore che abbiamo avuto”, ha detto, riferendosi alla controversa relazione intermedia del sinodo del 2014, che sembrava abbracciare una linea progressista su alcune questioni dibattute.

    Napier ha anche detto di essere preoccupato che il documento preparatorio del sinodo, conosciuto come “Instrumentum laboris”, abbia troppa influenza sul risultato finale, invece che il contenuto effettivo dei lavori del sinodo.

    “È come se il testo base resti l''Instrumentum laboris', non quello che viene fuori delle discussioni del gruppo, cioè le preoccupazioni che devono essere portate in primo piano come proposte per il documento finale da consegnare al papa”, ha detto.

    Napier ha detto che la valanga di richieste da parte dei media sulle procedure sinodali riflette le preoccupazioni reali all'interno dell’aula.

    “L'incertezza è abbastanza generalizzata, altrimenti tutti voi non porreste le stesse domande”, ha detto.

    Napier ha detto che neanche i partecipanti al sinodo capiscono bene come il documento finale del sinodo sarà plasmato, né ciò che Francesco intende fare con esso, un’incertezza che rende legittime le preoccupazioni circa il risultato.

    “Questo tipo di incertezza mi preoccupa: in che direzione vanno veramente i lavori se non si sa qual è l’obiettivo?”, ha detto.

    Alla domanda se lui teme che il risultato finale sia già stato determinato, Napier ha risposto solo che “a questo punto è difficile dirlo".

    ----------

    La sera di lunedì 12 ottobre le cose stavano dunque a questo punto.

    Ma quando a Roma era quasi mezzanotte, a New York è esploso un secondo clamoroso "scoop", questa volta sul prestigioso settimanale dei gesuiti della Grande Mela, "America", voce nobile del cattolicesimo progressista americano in campo teologico, culturale e politico:

    > Thirteen Cardinals, Including Di Nardo and Dolan, Challenged Pope’s Decisions on Synod

    L'autore del servizio è Gerard O'Connell, il vaticanista e corrispondente da Roma della testata, irlandese, professionista di riconosciuta autorevolezza nonché marito della giornalista argentina Elisabetta Piqué, amica e biografa autorizzata di Jorge Mario Bergoglio.

    Con tranquilla sicurezza, dopo "aver appreso da fonti informate", i gesuiti di New York confermano fin nel titolo che la lettera consegnata al papa il giorno d'apertura dei lavori sinodali era effettivamente sottoscritta da tredici cardinali, tutti padri sinodali, due dei quali degli Stati Uniti, gli arcivescovi di New York e di Houston.

    E nel corpo dell'articolo forniscono l'elenco completo dei tredici cardinali, che rispetto a quello pubblicato due giorni prima da www.chiesa ha quattro nomi nuovi, al posto dei quattro che avevano smentito d'aver firmato.

    I quattro nomi nuovi sono dello statunitense Daniel N. Di Nardo, del keniano John Njue, del messicano Norberto Rivera Carrera e dell'italiano Elio Sgreccia.

    Il giorno dopo uno di questi, Rivera Carrera, dichiarerà però anche lui di non aver firmato la lettera.

    E di conseguenza la lista provvisoria dei firmatari è ora la seguente, a parziale correzione di quella data inizialmente da www.chiesa.

    In ordine alfabetico:

    - Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, Italia, teologo, già primo presidente del Pontificio istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia;
    - Thomas C. Collins, arcivescovo di Toronto, Canada;
    - Daniel N. Di Nardo, arcivescovo di Galveston-Houston e vicepresidente della conferenza episcopale degli Stati Uniti;
    - Timothy M. Dolan, arcivescovo di New York, Stati Uniti;
    - Willem J. Eijk, arcivescovo di Utrecht, Olanda;
    - Gerhard L. Müller, già vescovo di Ratisbona, Germania, dal 2012 prefetto della congregazione per la dottrina della fede;
    - Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban, Sudafrica, presidente delegato del sinodo in corso come già della precedente sessione dell'ottobre 2014;
    - John Njue, arcivescovo di Nairobi, Kenya;
    - George Pell, arcivescovo emerito di Sydney, Australia, dal 2014 prefetto in Vaticano della segreteria per l'economia;
    - Robert Sarah, già arcivescovo di Konakry, Guinea, dal 2014 prefetto della congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti;
    - Elio Sgreccia, Italia, presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita;
    - Jorge L. Urosa Savino, arcivescovo di Caracas, Venezuela.

    Quanto al contenuto della lettera, "America" ne riporta numerose citazioni. E tutte corrispondono perfettamente al testo pubblicato da www.chiesa.

    Il quale testo è stato dato per "autentico", poche ore dopo lo "scoop" di "America", anche dal quotidiano di Buenos Aires "La Nación", con la firma di Elisabetta Piqué, secondo quanto "saputo da buone fonti del Vaticano":

    > Una carta aumenta las intrigas en el sínodo

    Il che non vieta che la lettera effettivamente consegnata al papa possa includere qualche minima variante. Di forma, non di sostanza.

    Perché la sostanza resta quella che il comunicato del cardinale Pell e più ancora l'intervista del cardinale Napier hanno confermato: una diffusa e crescente inquietudine tra molti padri sinodali per l'insistenza nell'imporre loro come base di discussione un documento, l'"Instrumentum laboris", che ogni giorno di più si rivela inadeguato, e il timore che esso invada con le proprie ambiguità anche la "Relatio finalis", la cui stesura è nelle mani di una commissione tutta nominata dall'alto, con la prevalenza schiacciante dei novatori.

    Al posto di una "Relatio finalis" lunga, discorsiva e ancora condizionata dall'"Instrumentum laboris", insidiosa e complicata nel momento di passare ai voti, col rischio di doverla approvare o respingere in blocco, molti padri sinodali preferirebbero infatti che alla fine si voti punto per punto su sintetiche e chiare "propositiones", nelle quali semplicemente far confluire i risultati della discussione in corso, come si è fatto in tanti sinodi del passato e in certa misura anche nel sinodo del 2014.

    Questa inquietudine ha covato sotto la cenere, durante tutta la prima settimana del sinodo, compressa da chi detiene il controllo sulle procedure, in primis papa Francesco e i due segretari generale e speciale.

    Ma proprio l'uscita alla luce del sole della lettera dei tredici cardinali – con il conseguente esplodere della discussione – ha di fatto restituito ai padri sinodali una più concreta possibilità di governare in prima persona i processi e gli approdi di questo decisivo summit della Chiesa mondiale.

    __________


    Nella conferenza stampa di martedì 13 ottobre, il direttore della sala stampa vaticana Federico Lombardi ha letto una dichiarazione a proposito della lettera dei tredici cardinali, in pratica prendendone atto:

    "Chi ha diffuso questa lettera giorni dopo [la sua consegna al papa] ha compiuto un atto di disturbo non voluto da chi l'ha scritta… Che si possano fare osservazioni sulla metodologia del sinodo, che è nuova, non stupisce, ma una volta stabilita, c'è l'impegno di tutti ad applicarla nel migliore dei modi. Alcuni dei 'firmatari' sono anche moderatori eletti dei circoli minori e vi lavorano intensamente, e il clima generale è positivo… Continuiamo a lavorare senza farci confondere".

    __________


    I precedenti servizi di www.chiesa sul sinodo in corso:

    > Tredici cardinali hanno scritto al papa. Ecco la lettera (12.10.2015)

    > Sinodo. Un tweet non fa primavera (10.10.2015)

    > Sinodo. Il primo colpo a segno è dei conservatori (8.10.2015)

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    La lettera dei tredici cardinali ha dato spunto ai fautori più agguerriti di un cambio di paradigma nella dottrina e nella pastorale del matrimonio di esercitarsi con polemiche sfrenate direttamente contro chi l'ha scritta e firmata.

    Un esempio eclatante di invettiva contro i padri sinodali "avversari di papa Francesco" è il commento di Massimo Faggioli, professore di storia del cristianesimo alla University of St. Thomas a Minneapolis e membro di spicco della cosiddetta "scuola di Bologna", apparso il 13 ottobre sull'edizione italiana di Huffington Post:

    > L'attacco a Francesco: la lettera dei tredici (e non solo)

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    Gli ultimi tre precedenti servizi di www.chiesa:

    12.10.2015
    > Tredici cardinali hanno scritto al papa. Ecco la lettera
    Ma Francesco ha respinto in blocco le loro richieste. E intanto dal programma del sinodo è sparita la "Relatio finalis"

    10.10.2015
    > Sinodo. Un tweet non fa primavera
    Mai così segreti i lavori dell'assise. Inservibili le notizie fornite dai canali ufficiali. Inesistenti le traduzioni per i padri che non conoscono l'italiano. Il simbolico gesto di rottura dei vescovi polacchi.............

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    NOTIZIE CHE I MEDIA NON DICONO DAL SINODO:
    un parroco di Trieste scrive al Papa e con sua sorpresa il Papa gli telefona, parlano della vita parrocchiale e dopo qualche tempo il Papa chiama questo parroco tra i padri sinodali.... 
    la bellezza di tutto ciò sta nel cuore dei problemi discussi dal parroco, nulla di ideologico ma al contrario problemi concreti visti alla luce del Vangelo.... di cui però nulla è stato fatto trapelare dai Media....

     


    Sinodo. Parroco invitato dal Papa: famiglie ritrovino calore

    Il Sinodo sulla famiglia in Vaticano - OSS_ROM

    Il Sinodo sulla famiglia in Vaticano - OSS_ROM

    13/10/2015

    Altra sfida da raccogliere per la Chiesa è il rapporto famiglia-lavoro. Se ne discute al Sinodo in Vaticano dove viene evidenziata la duplice problematica rappresentata da un lato dalla piaga della disoccupazione e dall’altro dal “troppo lavoro” che spesso minaccia la vita familiare. Ne parla al microfono del nostro inviato Paolo Ondarzadon Roberto Rosa, parroco di San Giacomo Apostolo a Trieste, nominato personalmente dal Papa tra i Padri sinodali:

    R. – É stata una cosa imprevista, iniziata con una lettera che io ho inviato al Papa nei primi giorni di agosto su alcune questioni pastorali. Gli ho scritto senza neppure pensare che l’avrebbe letta. Qualche giorno dopo mi è giunta una telefonata diretta di Papa Francesco, il quale aveva la mia lettera in mano e assieme abbiamo parlato di alcuni problemi pastorali, della famiglia. Poi ci siamo salutati. Qualche giorno dopo, mi è arrivata la nomina, inaspettata, di partecipare come padre sinodale a questo Sinodo sulla famiglia.

    D. – Qui al Sinodo, quindi, porta i problemi concreti vissuti dalla gente che frequenta la sua parrocchia e che lei sperimenta ogni giorno…

    R. – È quello che io posso portare; l’esperienza di una vita quotidiana accanto alle persone, alle famiglie, soprattutto portando quella che è la bellezza dell’amore umano vissuto nella famiglia, ma anche quelli che sono i problemi delle famiglie di oggi.

    D. – Quali sono i problemi delle famiglie, oggi, che lei ritiene più urgenti?

    R. – Prima di tutto, quello del lavoro. Molte volte manca un lavoro continuativo per cui la famiglia soffre di questa mancanza, perché quando manca il lavoro, manca il pane e quindi la dignità. Poi, dall’altra parte invece, c’è anche un assolutizzare il lavoro, quando entrambi i genitori lavorano per stare meglio dal punto di vista economico, per avere di più, però poi trascurano quella che è l’intimità della vita famigliare, come lo stare a tavola insieme, non c’è tempo... I figli – lo vedo in parrocchia – risentono di questa assenza dei genitori dovuta tante volte al lavoro. Tante famiglie giovani vedono che i loro genitori sono stanchi, parlano poco…

    D. – Rimane poco tempo, poca energia da dedicare alla famiglia?

    R. – Poca energia da dedicare alla famiglia, per cui i giovani hanno l’impressione che la famiglia sia qualcosa che stanchi. Quando, poi, la famiglia diventa un albergo, non ci si parla, non ci si vuole bene, non ci perdona, non ci si accoglie, c’è veramente il rischio anche di arrivare qualche volta alla separazione.

    D. – Turni, spesso anche scomodi, a cui sempre più frequentemente vengono sottoposti molti lavori. Ad esempio, il lavoro domenicale: penso agli esercizi commerciali o addirittura al lavoro notturno. Anche queste sono cose che vanno a incidere sull’equilibrio della famiglia, sulla serenità, sulla condivisione in famiglia...

    R. – Si pensi per esempio all’impossibilità, qualche volta, di celebrare la festa in famiglia anche dal punto di vista cristiano: si è lì, come se fosse un giorno come tutti gli altri, perché magari la mamma lavora in un supermercato, il papà è impegnato da un’altra parte, i figli non riescono nemmeno a venire in chiesa, non possono muoversi. Qualche volta, c’è la fortuna di avere i nonni anche e soprattutto per la trasmissione della fede.

    D. – Lo stato delle cose oggi porta anche ad un confronto tra generazioni lontane, i nonni e i nipoti proprio per questo motivo, dettato dal lavoro, dall’impossibilità dei genitori a seguire come prima, come una volta, i propri figli…

    R. – Certamente. È una fortuna avere i nonni che aiutano a legare la famiglia, a tenerla unita. Molte volte sono loro che portano i ragazzi in parrocchia, a scuola, che li seguono, sempre in contatto con i genitori. Per cui, in questo momento sono figure che vanno valorizzate.

    D. – Tornando al tema del lavoro, il Sinodo che prospettive può offrire? La Chiesa può aiutare nello stabilire un rapporto equilibrato con la dimensione del lavoro?

    R. – Penso di sì. Ma direi che la Chiesa, soprattutto, dovrebbe proporre a quelli che sono imprenditori cattolici, impegnati nell’area del commercio, nei supermercati per fare un esempio, a fare una scelta coraggiosa: vivere la domenica e farla vivere anche ai loro dipendenti. Va riscoperto il valore del lavoro, che chiaramente è uno strumento per portare avanti la propria famiglia – "ora et labora", noi siamo stati creati da Dio anche per lavorare – però, il fine ultimo della nostra vita non è il lavoro, è la festa. Direi che il Signore ci ha creati per la domenica. È lì che c’è il senso di tutto il lavoro.

    D. – C’è un cammino da percorrere che è controcorrente rispetto a quello che la società a volte impone con i suoi ritmi e con le sue regole?

    R. – Certo, il Vangelo va sempre controcorrente, è sempre una grande novità che rende più bella la vita degli uomini, del mondo, della Chiesa. Quindi riscoprire il Vangelo della vita, di una vita piena!






    MIRABILE INTERVENTO, A NOME DELLA CHIESA POLACCA, DI MONS STANISLAW GADECKI AL SINODO

    Sabato 10 ottobre, 2015

    Desidero sottolineare innanzitutto che questo discorso non è solo la mia opinione personale, ma rappresenta il parere di tutta la Conferenza episcopale polacca.

    1. E 'ovvio, che la Chiesa del nostro tempo deve - nello spirito della misericordia - sostenere i divorziati che vivono nuove unioni civili, prendersi cura di loro con un amore speciale in modo che non si sentano tagliati fuori da la Chiesa quando in realtà, come battezzati, hanno il dovere di prendere parte alla vita della Chiesa.
    Lasciate quindi che siano incoraggiati ad ascoltare la Parola di Dio, a prendere parte al sacrificio della Santa Messa, a perseverare nella preghiera, a sostenere le opere di carità e di iniziative comuni per la giustizia, ad educare i figli nella fede cristiana così come a coltivare uno spirito di penitenza con atti di penitenza, in modo che in questo modo, giorno dopo giorno, possono lavorare per la grazia di Dio. Lasciate che la Chiesa mostri se stessa come una Madre misericordiosa e in questo modo li fortifichi nella fede e nella speranza. (Papa Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 84)

    2. Tuttavia la Chiesa, nell'insegnamento della somministrazione della Comunione ai divorziati che vivono nuove unioni civili, non può piegarsi alla volontà della persona, ma alla volontà di Cristo (cfr Paolo VI, "Discorso alla Rota Romana," 28.01 0,1978; Papa Giovanni Paolo II, "Discorso alla Rota Romana," 1992/01/23, 1996/01/29).
    La Chiesa non può permettersi di essere subordinata nè a falsi sentimentalismi nei confronti delle persone nè a falsi, anche se popolari, modelli di pensiero.

    Convenire sul fatto che coloro che vivono more uxorio ["come se fossero sposati"] in unioni non sacramentali potrebbero essere in grado di ricevere la Santa Comunione è contro la Tradizione della Chiesa. Già fin dai primi sinodi Elwira, Arles, Neocezaria, che ha avuto luogo negli anni 304-319, i documenti confermano la dottrina della Chiesa, (cioè) che i divorziati risposati non possono ricevere la Santa Comunione.
    La base di questo assunto sta nel fatto che il loro stato e il modo di vita è oggettivamente una negazione del vincolo di amore tra Cristo e la Chiesa ", che si esprime e realizza nell'Eucaristia" (Papa Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio , 84;. por 1 Kor 11, 27-29, Benedetto XVI, Sacramentum caritatis, 29; Francesco, Angelus, 16 Agosto 2015).

    3. L'Eucaristia è il sacramento per i battezzati che vivono in uno stato di grazia sacramentale. Concedere Il permesso di ricevere la Santa Comunione a coloro che non sono in stato di grazia arrecherebbe un danno immenso alla grazia santificante, non solo nel ministero pastorale per le famiglie, ma anche nella dottrina della Chiesa.
    In realtà la decisione di dare loro la Santa Comunione aprirebbe le porte a questo sacramento a tutti coloro che vivono in peccato mortale. Di conseguenza questo cancellerebbe il significato del sacramento della penitenza e distorcerebbe il senso della vita vissuta in stato di grazia. E ' inoltre necessario sottolineare che la Chiesa non può accettare il cosiddetto gradualismo della legge. (Papa Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 34).

    ( fonte Church Militant)

     
    foto di Hermann Sta.
     

    [Modificato da Caterina63 13/10/2015 19:37]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    Sesso: Femminile
    00 15/10/2015 13:36

      Synod15 – 8a Congregazione generale: Relazioni dei Circoli minori sulla seconda parte dell’Instrumentum laboris, 14.10.2015







    Relatio – Circulus Italicus “A”

    Moderator: Card. MONTENEGRO Francesco

    Relator: Rev.do P. ARROBA CONDE, C.M.F. Manuel Jesús

    La riflessione del Circolo Italicus A sulla Seconda Parte dell’Instrumentum laboris è stata ampia e ha affrontato sia i singoli punti sia l’architettura del testo in generale, proponendo anche una riorganizzazione interna dei contenuti per una sua migliore comprensione.

    Si è valutato il fatto che questa parte espone in maniera sintetica l’insegnamento della Chiesa sul matrimonio e la famiglia in prospettiva pastorale. Per questo è importante che i contenuti siano esposti nella maniera più leggibile e organica possibile. Questa esigenza ha trovato concordi la quasi totalità dei membri del circolo. Varie poi sono state le ipotesi di approccio e le preferenze.

    Una delle soluzioni suggerite è recuperare (riunificando i testi) quell’unità che presentava la Parte Seconda della Relatio Synodi, di cui si apprezzava l’ordine espositivo, con contenuti sintetici ma completi. Recuperare la sequenzialità dei testi della Relatio Synodi non impedisce di inserire quelli nuovi proposti nell’Instrumentum laboris, ben consapevoli che si tratta di testi che sintetizzano le risposte degli episcopati nella fase preparatoria di questa assemblea ordinaria.

    Alcuni vorrebbero porre a fondamento del discorso sulla vocazione familiare il tema della sacramentalità del matrimonio, sottolineando anche che per gli sposi cristiani l’alleanza coniugale è segno dell’unione di Cristo con la Chiesa, e che la grazia sacramentale trasforma dal di dentro l’amore tra l’uomo e la donna. Altri hanno sottolineato l’esigenza di armonizzare l’attenzione alla sacramentalità del matrimonio con l’obiettivo di rivolgere a tutti, anche ai non credenti in Cristo, la proposta evangelica, secondo gli obiettivi che hanno guidato la convocazione delle due assemblee sinodali, nella convinzione che il Signore abbia depositato nel cuore di ogni persona il “desiderio di famiglia”, quel suo “sogno” manifestato sin dall’opera della creazione.

    Come già era accaduto rispetto ai testi e temi trattati nella Prima Parte, i Padri del circolo hanno trovato molto utile avvalersi delle catechesi di Papa Francesco nell’esigenza di armonizzare la valorizzazione della sacramentalità del matrimonio e l’attenzione alla sua dimensione creaturale. E’ sembrato particolarmente adatto il commento del Santo Padre ad un brano della lettera agli efesini, laddove il Papa afferma: "San Paolo, parlando della nuova vita in Cristo, dice che i cristiani – tutti – sono chiamati ad amarsi come Cristo li ha amati, cioè «sottomessi gli uni agli altri» (Ef 5,21), che significa al servizio gli uni degli altri. E qui introduce l’analogia tra la coppia marito-moglie e quella Cristo-Chiesa. É chiaro che si tratta di un’analogia imperfetta, ma dobbiamo coglierne il senso spirituale che è altissimo e rivoluzionario, e nello stesso tempo semplice, alla portata di ogni uomo e donna che si affidano alla grazia di Dio" (Catechesi 6 maggio 2015).

    Inserire questo riferimento è servito anche ad affrontare un altro genere di difficoltà richiamata da alcuni Padri, che avevano espresso preoccupazione per il linguaggio utilizzato in certi passaggi non del tutto chiari e di difficile lettura. Tra questi rischi meritano menzione quello di confondere il progetto della proposta cristiana con un ideale astratto; oppure che l’attenzione alle difficoltà specifiche del nostro tempo rispetto agli impegni familiari e matrimoniali possa prestare il fianco a qualche fraintendimento. L’attenzione ad evitare tale eventuale difficoltà ha portato a formulare alcuni modi sul testo, col desiderio di utilizzare comunque un linguaggio capace di muovere gli uomini e donne della nostra era a comprendere facilmente che il Vangelo della famiglia è una Buona Notizia di salvezza, rivolta a loro.

    Altre osservazioni generali, che non sono state tradotte in modi precisi, ma che si propongono all’attenzione della commissione di redazione, riguardano la necessità di arricchire il testo con un maggior afflato biblico e patristico, e la cura per presentare sempre la Chiesa in questa parte come Maestra e come Madre, portatrice di un annuncio che da Speranza.

    Particolare menzione merita, tra le osservazioni generali, quelle riguardanti il tema della misericordia. Sul punto è parso importante, in linea con quanto espresso dal Santo Padre, rendere esplicito il vincolo tra la celebrazione dei Sinodi sulla famiglia e l’imminente apertura del anno giubilare sulla misericordia. In relazione a ciò sono stati fatti due principali richiami: collocare nell’introduzione il riferimento a questo vincolo; e dire con chiarezza che è la certezza del perdono che permette la franchezza della confessione: la percezione del peccato si desta davanti all’amore gratuito di Gesù.

    In questa linea il circolo ha accolto presto e unanimemente l’idea di completare i testi dell’Instrumentum laboris sulla presentazione della dottrina inserendovi la dimensione spirituale e pneumatologica, accogliendo la sensibilità più propria della tradizione orientale. Questa proposta si è tradotta in un modo concreto, che ha soddisfa anche le richieste di altri padri di rendere più esplicito il primato della grazia, il riconoscimento del peccato e la necessità di incoraggiare cammini di conversione, ricordando che la verità evangelica sulla famiglia si incarna nella vita degli sposi per opera dello Spirito Santo, Spirito di amore divino che eleva l’amore umano della coppia alla realtà del Sacramento.

    Si è ritenuto importante avvertire che la grazia non agisce solo nel momento della celebrazione del sacramento del matrimonio, ma accompagna gli sposi durante tutta la vita, poiché è sacramento permanente in analogia con l’Eucarestia; che lo stesso Spirito Santo si offre come fondamento delle finalità e proprietà del matrimonio, e conferma le promesse nuziali nella realtà della vita familiare, la cui crescita nella grazia necessita, per maturare, l’aiuto dei Sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia. Si è fatto cenno anche alla guida spirituale; il circolo si è orientato nell’idea di formulare proposte sul punto piuttosto nella terza parte del documento.

    [01695-IT.01] [Testo originale: Italiano]

     

    Relatio – Circulus Italicus “B”

    Moderator: Card. MENICHELLI Edoardo

    Relator: Card. PIACENZA Mauro

    Dalla discussione sulla II parte è unanimemente emersa l’esigenza di intervenire sul testo per porre ordine costruttivamente fra i diversi paragrafi e meglio valorizzarne i contenuti. Si è rilevata una difficile composizione fra il nuovo titolo – «La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo» – che comporta una non insignificante trasformazione del tema, e il documento base oggetto della discussione, soprattutto in questa parte.

    Per alcuni nn. si è chiesta la loro caduta e per alcuni altri si è chiesto che i redattori armonizzino i contenuti con quanto già espresso altrove. Tutte le indicazioni contenute nei modi, così come quelle dei tagli, sono motivate dall’intento di pervenire ad una maggiore coesione ed incisività dei testi.

    Si è rilevata la necessità di assumere, nella descrizione e nella valutazione delle esperienze, uno stile e un criterio sapienziale. Inoltre, riguardo la titolazione di alcune parti, che vanno sotto il termine di “problema”, si consiglia di rappresentarle con una terminologia positiva.

    Come nella I parte, anche per questa sezione sembra doveroso segnalare la penuria di riferimenti alla Parola di Dio e alla pressoché totale carenza di riferimenti alla Tradizione della Chiesa. Per una base biblica fondante e pastoralmente fruibile si potrebbe rimandare a Genesi, tenendo presente che Gesù stesso rimanda a quel testo “In principio…”. Pertanto è stato proposto e consegnato alla Segreteria una proposta specifica che amplia i contenuti del n. 44: “La famiglia nel disegno salvifico di Dio”.

    Nell’intento di perseguire maggior chiarezza e coerenza di linguaggio, nonché maggior logica nei contenuti del II cap., si suggerisce di titolare “la vocazione della famiglia oggi” e di procedere mediante una tripartizione ( 1. La famiglia nel progetto di Dio; 2. La vocazione della famiglia nella Chiesa; 3. La famiglia in cammino verso la sua pienezza), e all’interno di essa potrebbero venire riorganizzati e chiariti i contenuti del testo.

    Il tema del rapporto matrimonio – giovani interpella l’intera azione pastorale della Chiesa. Si tratta di saper comunicare la bellezza attraente del matrimonio a fronte delle previsioni timorose espresse nella diffusa “cultura del provvisorio”.

    Ancora i Padri del Circolo hanno preso in considerazione il fatto che, soprattutto nella teologia orientale, risulta inconcepibile parlare della famiglia senza dire nulla circa il celibato per il Regno. Il matrimonio non è l’unica possibilità per la persona. Forse un cenno di questo tipo potrebbe trovare posto subito dopo aver parlato della indissolubilità. Infatti non c’è un unico modo per fare famiglia, c’è anche una forma che si può chiamare “famiglia discepolare”. Quando Gesù ha dato la Buona Notizia sul Matrimonio, ha anche aperto la prospettiva sul discepolato. È da raccomandare un'alleanza rinnovata tra le diverse forme di vocazione all'amore: la vita matrimoniale, la vita sacerdotale, la vita consacrata. Nella comunione delle vocazioni si attua uno scambio fecondo di doni, che ravviva e arricchisce la comunità ecclesiale. Viviamo un tempo che chiede la capacità di “stare vicino”, di accompagnare, di accogliere, di perdonare. Famiglia e vita consacrata possono allora imparare ad accompagnarsi e sostenersi reciprocamente, aiutandosi nelle rispettive difficoltà, anche sperimentando forme nuove di comunione e condivisione.

    Ripetutamente nel testo compaiono i termini “natura” e “naturale”, di grande rilevanza nella tradizione filosofica e teologica cristiana, concepiti nell’ottica della creazione. A proposito si suggerisce di non trascurare la considerazione sul fatto che tale terminologia, negli ambienti culturali con cui si dialoga, non è univoca e risulta di difficile comprensione per la gente comune; quindi non di facile utilizzazione a livello pastorale.

    Poiché l’istituto del Sinodo difficilmente potrebbe rispondere all’esigenza di ordinare in un documento esaustivo la complessa e diversificata dottrina sul Matrimonio e sulla famiglia, emerge la necessità, da una parte di domandare un documento magisteriale che possa rispondere a questa esigenza, dall’altra l’impegno a verificare i risvolti pastorali attinenti alla tematica. A questo proposito, i Padri esprimono la necessità di considerare la missione propria della mediazione pastorale nella trasmissione della Dottrina. Diventa necessario e urgente vigilare sui linguaggi adoperati e valutare la effettiva comprensibilità di quanto espresso. La Verità cristiana è la Persona di Cristo che ha scelto di nascere, crescere, vivere in una famiglia e, fino ad oggi, non smette di comunicare il suo annuncio, ma non potrebbe accontentarsi che esso sia solamente ben formulato: deve poter veramente «irrigare la terra» ( Is 55,10). Obiettivo di un’azione pastorale efficace sarebbe quello di aiutare le famiglie a entrare nel mistero della Famiglia di Nazareth, nella sua vita nascosta, feriale e comune, come è quella della maggior parte delle nostre famiglie, con le loro pene e le loro semplici gioie; vita intessuta di serena pazienza nelle contrarietà, di rispetto per la condizione di ciascuno, di quell’umiltà che libera e fiorisce nel servizio, vita di fraternità, che sgorga dal sentirsi parte di un unico corpo, e questo benedetto dal Signore!

    [01696-IT.01] [Testo originale: Italiano]

    Relatio – Circulus Italicus “C”

    Moderator: Card. BAGNASCO Angelo

    Relator: S.E. Mons. BRAMBILLA Franco Giulio

    I Padri del Circulus Italicus (C) hanno sentito in modo speciale che la seconda parte è il cuore pulsante della vocazione e della missione della famiglia. Per far brillare la bellezza e la forza trasformatrice del messaggio cristiano sul matrimonio e sulla famiglia desiderano che il Sinodo torni alla sorgente zampillante del messaggio di Gesù, alla sua eco nella Chiesa e alla sua capacità di accompagnare le tappe della vita di famiglia. È possibile raccogliere il ricco dibattito emerso nel gruppo attorno a tre cerchi concentrici, che sono come le tre onde generate dal sasso gettato nel mare della storia dalla venuta di Cristo.

    Il primo cerchio ci fa ascoltare la parola che è Gesù e l’insegnamento di Gesù sul matrimonio e la famiglia. Questa parola è centrata sull’eloquenza dell’incarnazione del Verbo. Gesù nasce e cresce in una famiglia. Il fatto dell’incarnazione del Verbo in una famiglia umana, anzi nella famiglia di Nazareth, è il sasso che sommuove con la sua novità la storia del mondo. Dobbiamo immergerci nel mistero della nascita di Gesù, del sì di Maria all’annuncio dell’angelo che fa germinare la Parola nel suo grembo, dell’assenso di Giuseppe che fa la sua parte dando il nome a Gesù e prendendo con sé Maria, del riconoscimento dei Magi e delle trame di Erode, della partecipazione di Gesù alla vicenda del suo popolo esiliato, perseguitato e fuggiasco, dell’attesa di Zaccaria e della gioia di Giovanni Battista, della trasmissione della benedizione di generazione in generazione, dell’accoglienza del resto di Israele nei pastori, in Simeone e Anna, della presentazione al tempio di Gesù che compie la promessa, della perdita e ritrovamento di Gesù che vuole «essere nella relazione col Padre suo» (Lc 2,49). E, poi, bisogna stare nei trenta interminabili anni dove Gesù ha sillabato la preghiera e la tradizione religiosa del suo popolo per educare la fede dei padri e far lievitare quella fede a dire il mistero del Regno. Questo è il mistero del Natale e il segreto di Nazareth che tanto hanno affascinato Francesco, Teresa del Bambino Gesù e Charles de Foucauld! Questa, più che la “sacra” famiglia, è la famiglia “santa e santificata” dall’incarnazione di colui che è il Figlio del Padre, il figlio di Maria e Giuseppe.

    A questo evento deve essere ricondotta sempre di nuovo la parola di Gesù sul matrimonio e la famiglia. Essa di fronte alla concessione di Mosè, rimanda “al principio” della creazione e anticipa “il compimento” della sua croce e risurrezione. Il richiamo “al principio” è fatto da Gesù per far memoria che “maschio e femmina li creò”, che “la donna è donata all’uomo” come compagna messa accanto dalla tenerezza benevolente di Dio e che l’uomo deve lasciare la sua prima casa per costruire una nuova storia nell’una caro. Così anche le nozze di Cana “danno inizio” al ministero di Gesù, mentre Gesù stesso versa il “vino nuovo” negli otri d’acqua di chi non ha più nulla per dar gioia al proprio cammino. Si comprende perché le esigenze del Regno, che si fa prossimo e compie il tempo, richiedono la conversione, la fede e la sequela. Amare il padre e la madre, la marito e la moglie e i figli più di Cristo, non fa vivere la famiglia nella luce della Pasqua. Il cammino della croce sta dunque al centro anche della Parola di Gesù sul matrimonio e la famiglia, nel senso che questi beni, pur grandi e sacri, vanno configurati al mistero della Nuova Alleanza, che porta a compimento l’antica, di cui l’amore sponsale è immagine privilegiata. È questa la pedagogia divina, lo stile della vita di famiglia e la pienezza sacramentale di cui si parla nel primo capitolo.

    Il secondo cerchio ci fa sentire l’insegnamento di Gesù nell’eco della Parola della Chiesa degli Apostoli e del Magistero attuale. I Padri hanno molti insistito a questo proposito che il legame Cristo-Chiesa-Eucaristia (il “mistero grande”) sia pensato nella sua ricchezza dentro l’azione vivente dello Spirito Santo. Cristo fa della Chiesa il suo corpo attraverso il dono di sé nel corpo eucaristico, così che tutte le membra comunicano a Cristo nello Spirito e lo comunicano al mondo nella varietà delle diverse membra, apprezzando e stimando quelle che lo trasmettono con fedeltà e generosità, e avendo cura di quelle deboli e ferite, perché tutti dicono e donano, a loro modo, Gesù al mondo e il mondo a Cristo. I Padri hanno proposto di mettere in continuità i numeri 47.49.50.52 e 54 per far sentire nella voce della Chiesa dal Concilio a Paolo VI, da Giovanni Paolo II a Benedetto e Francesco, l’eco della Chiesa degli apostoli e della grande tradizione. In questo modo si possono raccogliere e descrivere nel secondo capitolo con semplicità le caratteristiche “specifiche” dell’alleanza sponsale: la santità, l’unità, la fedeltà, la fecondità nella vita di famiglia e la generatività nell’educazione, nella società e nel mondo. Si propone poi di collegare gli altri numeri (48.51.53.55) mettendo in luce il punto focale del Sinodo: il valore evangelizzante del matrimonio e della famiglia. Esso comincia con lo stile di testimonianza della vita quotidiana familiare vissuta e pregata nella fede, viene trasmessa in famiglia attraverso la vita pratica e la catechesi, valorizza le figure che sono presenti nello spazio familiare (la mamma, il papà, i fratelli, i nonni, i parenti, ecc.) perché si aprano alla comunità, alla scuola e alla vita civile. Si è molto insistito perché la comunità cristiana diventi una “famiglia di famiglie”, misuri la propria azione pastorale sullo stile delle famiglie e con esse trasmetta una forza umanizzante alla vita del mondo, superando l’attuale deriva individualista.

    Il terzo cerchio fa risuonare e riascoltare il vangelo di Gesù nelle tappe della vita di famiglia. La parabola che si snoda nel terzo capitolo mette a confronto la bellezza e la verità del disegno creaturale sulla famiglia, incentrato sulla grazia del mistero pasquale di Gesù, e la cura amorevole e misericordiosa che la Chiesa deve avere nell’accompagnare le famiglie nelle diverse età della loro vicenda. Anche qui i Padri hanno suggerito di leggere in sequenza almeno i nn. 56.58. 60.62 che disegnano teologicamente l’arco delle età della vita di famiglia. Hanno chiesto poi di ordinare di seguito lo sguardo, lo stile e i gesti di accompagnamento della famiglia. Anzitutto la grazia e le fatiche che la aprono alla comunità cristiana e che stimolano la comunità cristiana a prendersi a carico le tappe di vita della famiglia, considerandola un bene essenziale per la Chiesa stessa e accompagnandola nei diversi passaggi promettenti e faticosi del suo cammino. Un particolare impegno poi va dato al percorso di “iniziazione dei giovani” al matrimonio e alla famiglia. Un lungo cammino che deve iniziare già nel momento adolescenziale e giovanile con l’educazione degli affetti, nel sostenere durante il periodo del fidanzamento il senso della scelta di vita, nell’aiutare a discernere e a vivere nella fede questo passaggio decisivo, nel preparare al matrimonio come punto di partenza della vita insieme, nella prossimità alla vita dei primi anni del matrimonio. Solo con questa costante presenza si può esorcizzare la sfiducia verso l’alleanza coniugale, per un verso desiderata, per l’altro temuta o rinviata. Forse già qui si dovrà inserire un cenno tematico, quasi una sorta di indice, anche per le altre età della vita. La stagione della famiglia quando i figli partono, il momento della crisi e delle ferite, il tempo della malattia e della sofferenza e il compito dell’accudimento degli anziani. In questo capitolo – è stato detto – non si tratta di delineare subito le azioni pastorali, ma di descrivere uno stile nuovo della Chiesa “al fianco” delle famiglie, uno stile di prossimità contagiosa e di tenerezza forte ed esigente. Anche i modi sono stati presentati in questo orizzonte.

    Termino con una raccomandazione forte che il nostro circolo consegna ai Padri: questa parte è il cuore palpitante del Sinodo. Deve far circolare la linfa vitale del Vangelo dentro il corpo della Chiesa e della famiglia, per irradiarne l’energia e la vitalità anche nella vita civile e sociale, soprattutto nel mutamento della sensibilità attuale tutta concentrata sui diritti dell’individuo. È una sfida impossibile? Se facciamo eco alla Parola di Gesù, se la viviamo nel cuore della Chiesa, se la attuiamo con uno sguardo di tenerezza misericordiosa sulle stagioni della vita familiare, non faremo altro che far brillare il mistero del Natale e della Pasqua nella vita degli uomini delle donne di oggi.

    [01697-IT.01] [Testo originale: Italiano]


    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    00 16/10/2015 10:10
      EDITORIALE
    Prima comunione
     

    L'enfatizzazione dell'episodio del bambino che dà parte della sua ostia ai genitori divorziati risposati, al fine di rivendicare una sorta di "diritto alla Comunione", mette a nudo il fatto che il vero problema dietro alle tematiche del Sinodo è l'Eucarestia.

    di Riccardo Cascioli

    Se non altro appare chiaro che il problema vero di questo Sinodo è l’Eucarestia. E prima di parlare di accesso alla comunione dei divorziati risposati (e perché non di tutti coloro che, essendo in peccato mortale, non sono riconciliati?) sarebbe senz’altro meglio chiarirsi se si crede ancora che nell’Eucarestia c’è la presenza reale di Cristo. 

    Il resoconto fatto ieri in conferenza stampa da don Manuel Dorantesed, collaboratore in lingua spagnola di padre Federico Lombardi, riguardo al racconto fatto in aula di un bambino che durante la Prima Comunione ha dato un pezzetto della sua ostia ai genitori divorziati risposati, è al proposito esemplare. Ammesso che l’episodio sia vero, non deve scandalizzare tanto il gesto del bambino, un “incidente” evidentemente indotto dall’amore per i genitori e dalla testa piena di chiacchiere sentite sulla presunta esclusione dei propri genitori dalla Chiesa. Si potrebbe al massimo notare che se si desse l’Ostia sulla lingua anziché in mano, certi “incidenti” si eviterebbero. Ma non è questo il punto che qui interessa.

    Il problema vero è che ci sia un prete o un vescovo che racconti l’episodio per dargli un connotato positivo a supporto dell’accesso alla comunione dei divorziati risposati. E ancora più grave – ai limiti dell’incredibile – è che ci sia un portavoce del Sinodo che riporti questo racconto come «molto emotivo», lasciando intendere che almeno un buon numero di padri sinodali si siano “inteneriti” nell’ascoltarlo; il tutto senza che né il portavoce vaticano padre Federico Lombardi né nessun’altro dei presenti abbia avuto nulla da eccepire.

    Ovviamente la vicenda viene raccontata – e amplificata al massimo dalla grande stampa – come l’emergere dei “veri cristiani”, aperti e misericordiosi, contro i severi e arcigni “dottori della Legge”, che si comportano da «ufficiali di immigrazione che devono controllare perennemente l’integrità di chi si avvicina» (altro intervento in aula riportato in conferenza stampa).

    In realtà la vera differenza sta tra chi ancora crede a ciò che la Chiesa ha sempre creduto – ovvero che quel pezzo di pane sia davvero il corpo di Cristo – e chi ha invece ormai ridotto l’accesso alla comunione a uno dei tanti diritti civili della nostra epoca, e che – come Pannella e Bonino insegnano - usa la tipica tattica dei “casi pietosi” per far approvare questo diritto.

    Di pietoso in effetti c’è soltanto lo spettacolo di una Chiesa ridotta a mendicare l’approvazione del mondo, disponibile per questo a gettare e calpestare ciò che ha di più caro.

    Siamo certi che la maggioranza dei padri sinodali non si sarà affatto commossa alle parole di quel povero prete, e sarà sobbalzata nel vedere come la segreteria del Sinodo abbia deciso di giocare in modo spregiudicato questo episodio. Motivo in più per aspettarsi una risposta chiara e decisa che mostri al popolo cattolico che, accada quel che accada, ci sono almeno dei pastori su cui fare affidamento.

     





    <header class="entry-header">

    Il bambino, il papà divorziato e l’Ostia divina. Emozioni al Sinodo.

    </header>

    Con l’aneddotto del bambino che spezza l’ostia per il padre divorziato risposato, il briefing ha rasentato lo storytelling.

    di Lorenzo Bertocchi (16-10-2015)

    Il racconto del bambino che ha spezzato l’ostia per darla al padre che, in quanto divorziato risposato, non avrebbe potuto riceverla, ha sollevato fiumi di inchiostro. E di buoni sentimenti.

    Roberto Rosa parroco di San Giacomo a Trieste.
    Mons. Roberto Rosa, parroco di San Giacomo a Trieste.

    Il racconto l’ha offerto ai padri sinodali il parroco di Trieste, don Roberto Rosa, direttamente nominato dal Papa per partecipare al Sinodo. L’invito papale era arrivato inaspettato dopo che il Santo Padre aveva letto uno scritto di don Roberto proprio sul tema dell’Eucaristia ai divorziati-risposati, uno scritto, ca va sans dire, possibilista rispetto al rinnovamento della prassi attualmente in vigore. Una prassi, urge ricordarlo, che è disciplina direttamente connessa alla legge divina su due sacramenti, Matrimonio ed Eucaristia.

    La vicenda del bambino è uscita al briefing di ieri, inserita nei resoconti che vengono forniti ai cronisti rispetto al dibattito in aula. Resoconti che sono rigorosamente senza il riferimento al padre sinodale che li ha pronunciati e, molte volte, vengono riporati dai collaboratori di P. Lombardi preannunciandoli con un imparziale: “quello che mi ha colpito”. Curiosamente nel sinodo che “non si deve appiattire sul tema dei divorziati risposati”, ieri è sembrato che in aula non si sia parlato d’altro.

    Con l’aneddotto del bambino che spezza l’ostia per il padre divorziato risposato, il briefing ha rasentato lo storytelling. Infatti, i commenti a seguire si sono buttati tutti sull’aspetto più sentimentale della vicenda. Molti hanno parlato di “commossa partecipazione” dei padri in aula, altri hanno sottolineato questa sofferenza dei figli per genitori divorziati risposati che non possono accedere alla Santa Eucaristia.

    Al netto della buona fede del bambino, e del rispetto dovuto ai suoi nobili sentimenti, rimane il fatto che quanto raccontato da don Rosa è un abuso liturgico, tecnicamente una profanazione rispetto al Corpo e al Sangue del Signore realmente presente. Viene da chiedersi quale catechesi abbia ricevuto il bambino rispetto all’eucaristia e anche al dono del timor di Dio. Quest’ultimo, che è dono dello Spirito, “è il sentimento sincero e trepido che l’uomo prova di fronte alla «tremenda maiestas» di Dio (Giovanni Paolo II, Angelus 11-06-1989). Un dono che permette di far crescere il senso del mistero di Dio presente tra noi specialmente nell’Eucaristia, qualcosa che precede qualsiasi altra considerazione. Anche al Sinodo a volte sembrano, invece, prevalere considereazioni di carattere sociologico-pastorale, che poi finiscono per sbattere rovinosamente di fronte alla presenza sacramentale di Cristo nell’Eucaristia e nel matrimonio.

    Ma è inutile provare ad entrare nel merito, perché ormai anche il sinodo, volente o nolente, cede a certo emozionalismo. Lo scrittore cattolico John Waters lo ricordava recentemente in una bella intervista concessa al settimanale Tempi. Parlando della sua battaglia condotta in Irlanda per la verità del matrimonio in occasione del referendum sulle unioni omosessuali, Waters ha rilevato un problema importante.

    “Abbiamo capito”, ha dichiarato Waters, “che nei dibattiti i fatti reali e gli argomenti di ragione non contano nulla: contano solo le emozioni e i fatti inesistenti che la propaganda fa credere alla gente. Noi uscivamo dai primi dibattiti dicendoci “è andata bene, li abbiamo messi alle strette coi nostri argomenti”, ma non era così. Quando credi di aver vinto un confronto coi tuoi argomenti di ragione, hai sicuramente perso, perché oggi il mondo vive esclusivamente in una dimensione emozionale”.

    Fonte: sinodo2015.lanuovabq.it










    Tagespost: c'è un Sinodo parallelo
     
    “L’incertezza sull’esito di queste tre settimane di negoziati è resa ancora maggiore dal fatto che nel Residence del Vaticano, Santa Marta, ha luogo una specie di “Sinodo parallelo”: papa Francesco si incontra con partecipanti al Sinodo e con ospiti esterni per parlare con essi individualmente".
     
     
    13/10/2015
     

    Il Tagespost di oggi, in un articolo di Guido Horst ,  offre un interessante scorcio di come viene vissuto il Sinodo da parte di papa Francesco.   

    E addirittura parla di “Sinodo parallelo” che avrebbe luogo a Santa Marta, con principale protagonista il Papa.  

    Ma ecco una traduzione dell’articolo del giornale cattolico tedesco: “…C’è chi dice che, per quanto i due fronti si scontrino l’uno contro l’altro – e nessuno finora ha negato che questi fronti esistano – quello che appare sostanzialmente nella Sala del Sinodo – tutte queste cose non raggiungono il pubblico…Solo nei prossimi giorni emergerà quanti Padri sinodali desiderano cambiare la prassi della Chiesa. Come il cardinale Luis Antonio Tagle di Manila, uno dei quattro presidenti del Sinodo, ha detto qualche giorno fa davanti ai giornalisti: i trecento vescovi non si sono riuniti per non decidere nulla”.  

    Ed ecco un brano che appare di un interesse particolare: “L’incertezza sull’esito di queste tre settimane di negoziati è resa ancora maggiore dal fatto che nel Residence del Vaticano, Santa Marta, ha luogo una specie di “Sinodo parallelo”: papa Francesco si incontra con partecipanti al Sinodo e con ospiti esterni per parlare con essi individualmente. Alla fine toccherà al Papa prendere una decisione sulle questioni ancora aperte e comunicare la sua decisione all’intera Chiesa in un testo conclusivo. Questo, comunque, è per ora il più grande interrogativo che incombe sull’intero Sinodo.” 

    Sembra davvero, come scrivono alcuni commentatori sui social network, che il Sinodo 2015 non abbia nulla da invidiare, quanto a curiosità e a colpi di scena mediatici, alle fiction televisive... 






    Sinodo. I coniugi Diaz: accompagnare con amore le famiglie ferite

    Laici al Sinodo - OSS_ROM

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    16/10/2015 

    35 anni di matrimonio, 4 figli, da 15 anni sono impegnati con successo nella pastorale familiare in Colombia con la fondazione “Uomini e Donne del futuro”. Parliamo di Isabel e Humberto Diaz Victoria, una coppia di uditori al Sinodo, membri della Commissione per la Famiglia della Conferenza episcopale colombiana. Al microfono del nostro inviato Paolo Ondarzaraccontano i percorsi da loro proposti alle coppie in difficoltà:

     

    R. – (Isabel) Nosotros, primero, aprendimos un poco en nuestra experencia...
    Noi abbiamo anzitutto imparato dalla nostra stessa esperienza: al terzo anno di matrimonio abbiamo avuto una crisi... E Dio ci ha aiutato ad affrontare questa crisi e ce l’abbiamo fatta a superarla. Ora, dopo questa esperienza, cerchiamo di aiutare anche le altre famiglie, lavorando con gruppi di uomini, gruppi di donne, con coppie e con famiglie, in cui ci sono anche giovani e bambini. Facciamo degli incontri con un’esperienza profonda di guarigione interiore, vedendo i talenti che ciascuno di noi ha e come si sta vivendo la propria vita di fede.

    D. – Per fare un esempio: voi aiutate anche coppie che hanno avuto esperienza di infedeltà…

    R. – (Humberto) Es esto un flagelo que hay en el mundo y que necesita mucho apoyo…
    Questo è un flagello che c’è nel mondo e che ha bisogno di molto sostegno. Quando viaggiamo e incontriamo coppie, molti ci chiedono proprio riguardo al tema dell’infedeltà. Questo ci ha portato a creare tutto un sistema di ascolto che permette di confrontarsi e trovare vie alternative di riconciliazione tra le coppie che cadono nell’infedeltà.

    R. – (Isabel) Tenemos un curso muy especial para las personas que han caído en la infidelidad. ...
    Abbiamo dei corsi speciali per le persone che sono cadute nell’infedeltà ed altri per coloro che hanno subito l’infedeltà, perché entrambe hanno bisogno di essere risanati dalle ferite che portano dentro; entrambi hanno bisogno di ricostruirsi, entrambi hanno sofferto e soffrono… E questo cerchiamo di farlo in modi diversi, che Dio ci ha permesso, anche con due libri che abbiamo scritto: “Famiglie vittoriose” e, l’altro, “Dammi la tua mano, prendi la mia”.

    D. – “Famiglie vittoriose”, così che le difficoltà, le infedeltà e tutti gli altri problemi non rappresentano la parola definitiva di una via di coppia…

    R. – (Humberto) Sì, tenemos testimonios de muchas parejas …
    Sì, abbiamo testimonianze di molte coppie che hanno vissuto un momento come il nostro e che in un momento di difficoltà hanno potuto ristabilire le relazioni. Altre coppie sembrava non avessero alcuna  speranza: hanno lottato, hanno compiuto un processo, nel quale è stata analizzata la relazione, la storia personale… E oggi sono coppie che aiutano altre coppie, che stanno anche evangelizzando altre famiglie.

    D. – Voi aiutate anche le coppie divorziate?

    R. – (Isabel) Sì, tambien. Las escuchamos, ...
    Sì, anche. Le ascoltiamo, le guidiamo, affinché compiano il cammino di risanamento, crescendo alla luce del Vangelo e comprendendo anche se possono uscire da questa situazione, anche attraverso il Tribunale ecclesiale. Ogni caso è specifico… Però le ascoltiamo, le consigliamo, le guidiamo e le orientiamo affinché riorganizzino il loro progetto di vita.

    D. – Si parla molto di crisi della famiglia e poco, invece, degli aspetti positivi della famiglia…

    R. – (Humberto) Gracias por tocar este tema, porque creo que es una misión …
    Grazie per affrontare questo tema, perché credo che noi abbiamo, come famiglia e come cattolici questa missione di annunciare la bellezza di essere famiglia. In questo momento ci confrontiamo con il fatto che i giovani non vogliono sposarsi: perché? Perché non hanno modelli che li attiri, che richiami la loro attenzione. Ma esistono! Sono molte le famiglie nel mondo che hanno buone relazioni, che hanno costruito famiglie sane e che possono darne testimonianza. Quindi invitiamo tutte le famiglie a mostrare come sia bella e quale ricchezza abbia la nostra missione: la nostra missione è costruire una casa, formare una famiglia, sposarci ed avere figli …

    D. – Sempre più frequentemente la società contemporanea ci mostra un’immagine del conflitto tra uomo e donna. Ma mai si sottolinea che la complementarietà tra uomini e donne è un fondamento del Vangelo…

    R. – (Isabel) Sì. Precisamente la complementariedad, la reciprocidad es uno de los elementos del Evangelio …
    Sì. La complementarietà, la reciprocità è uno degli elementi del Vangelo. A volte alcuni mezzi di formazione o sistemi economici vogliono rompere la famiglia, sostenendo come sia impossibile che un uomo e una donna possa andare bene insieme… Ma questa complementarietà, questo costruire progetti insieme è una bellezza ed è parte del Vangelo.

    D. – Il mondo ha bisogno della buona notizia sul matrimonio, anche parlare di castità prematrimoniale. C’è bisogno di parlare di questo? Il mondo ha bisogno di questo messaggio?

    R. – (Humberto) Sì, naturalmente que se necesita …
    Sì, certo che c’è bisogno che i giovani prendano anche questo come modello di preparazione, in modo sano, in modo che gli permetta di comunicare. Quando si inizia una relazione e si arriva ad una intimità sessuale prima del matrimonio, questo ostacola anche il processo stesso di conoscenza della persona e impedisce che si conoscano altri aspetti della persona, la sua essenza. E’ molto importante che si affronti anche questo aspetto e che si lavori maggiormente in quella che è la preparazione al matrimonio.

    D. – Di che cosa ha bisogno oggi la famiglia? Cosa chiedere alla Chiesa?

    R. – (Humberto) Quiero pedir acompanamiento, ...
    Chiedo accompagnamento, che vuol significare avere una pastorale della famiglia nella quale si includano e si portino tutte quelle persone che stanno soffrendo, affinché non si aspetti che siano in crisi per dare loro aiuto.











    Ouellet: raggiungere divorziati risposati, ma senza cambiare dottrina

    Il cardinale Ouellet - AP

    Il cardinale Ouellet - AP

    16/10/2015

    Al Sinodo si dibatte sull’ammissibilità di una via penitenziale per i divorziati risposati in vista di una loro partecipazione ai Sacramenti. Dal cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, l’invito a non tradire la dottrina e a considerare con attenzione l’effettiva validità di matrimoni contratti dai divorziati risposati civilmente. Ascoltiamo il porporato al microfono di Paolo Ondarza:

    http://media02.radiovaticana.va/audio/audio2/mp3/00498722.mp3 

    R. – Il Santo Padre ci ha detto all’inizio che il Sinodo non cambierà la dottrina, ma cerca una pastorale adeguata. Quindi, per raggiungere i divorziati risposati ci vuole un dialogo, un chiarimento. Si discute su questa via penitenziale. Io penso che si debba chiarire bene la questione del matrimonio valido: se il matrimonio è nullo, si deve chiarire attraverso le procedure giudiziarie; altrimenti, se il vincolo coniugale e sacramentale indissolubile c’è, lì non possiamo – senza cambiare la dottrina – proporre un accesso ai sacramenti, perché è un punto dottrinale. Ma certamente tante persone che sono divorziate e risposate non hanno chiarito bene a loro stessi cosa è accaduto nella loro vita. In questo senso, bisogna condurre un dialogo per ascoltare bene la loro storia, verificare veramente la sacramentalità del vincolo.  

    D. – E’ importante, dal suo punto di vista, riproporre quanto contenuto nell’Esortazione apostolica “Familiaris consortio”, quando si dice che lo stato di un divorziato risposato contraddice oggettivamente l’unione tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall’Eucaristia?

    R. – Sì, la posizione di “Familiaris consortio” è la dottrina tradizionale della Chiesa che è stata confermata da San Giovanni Paolo II e anche da Papa Benedetto. Quando ci riferiamo alla dottrina ci riferiamo a questo: questa è la norma che ci permette di costruire e di cercare una pastorale, cioè andare incontro alle persone che si trovano in queste situazioni e offrire loro una riconciliazione; se non sarà totalmente sacramentale, almeno si potranno ricostruire i legami con la comunità ecclesiale. Come il Papa ha ripetuto parecchie volte, non si deve ridurre tutto alla questione “dare o non dare la Comunione”. Questo è un modo sbagliato di presentare questa problematica.


    D. – I giornali danno ampio risalto all'episodio, riferito dall’Aula del Sinodo, di un bambino, figlio di divorziati risposati, che all’atto della Comunione ha spezzato l’Eucaristia per condividerla con i genitori: episodio commovente. Che cosa viene a dire alla riflessione sulla misericordia qui, all’Aula del Sinodo?

    R. – E’ un fatto bellissimo: il gesto di quel bambino è bellissimo e ci fa toccare il dolore di non poter ricevere la Comunione. Ma non dobbiamo dimenticare che i genitori che sono lì continuano ad essere uniti alla comunità, ad ascoltare insieme la Parola, a offrire il Santo Sacrificio … cioè, c’è tutta una comunione ecclesiale reale che si vive anche da parte delle famiglie che si trovano in situazioni difficili.

    D. – Può rappresentare addirittura un esempio di catechesi in famiglia, di come portare la croce, quella di un genitore divorziato e risposato civilmente che non riceve la Comunione? Un esempio per i propri figli?

    R. – Certamente. Se la Chiesa non autorizza la Comunione, non è perché pensa che questo peccato non possa mai essere perdonato. Dio perdona il peccato dei divorziati e risposati, lo perdona: su questo non c’è dubbio e la Chiesa lo proclama. Ma la Chiesa celebra e rispetta nel Sacramento dell’Eucaristia Cristo sposo nel suo dono alla Chiesa; allora, la Chiesa chiede ai suoi figli di partecipare a questo rispetto e quando c’è questa contraddizione (nella donazione matrimoniale; ndr) perché c’è un secondo partner, chiede l’astensione dalla Comunione: questa è espressione del rispetto della Chiesa per il suo Sposo divino. Non è che la persona non è mai perdonata o che non sia in comunione con Dio: al contrario. Il sacrificio che deve fare di non ricevere la Comunione e di trovarsi in qualche modo a disagio è anche un modo di essere unito a Cristo crocifisso …







    [Modificato da Caterina63 16/10/2015 19:41]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    Sesso: Femminile
    00 17/10/2015 13:11

      Francesco a chiusura del Sinodo: Chiesa viva la bellezza del "camminare insieme"


    Papa Francesco al 50.mo del Sinodo - AFP

    Papa Francesco al 50.mo del Sinodo - AFP





    17/10/2015 




    “Chiesa e Sinodo sono sinonimi”, perché “la Chiesa non è altro che il camminare insieme” del Popolo di Dio. E’ uno dei passaggi forti dell’appassionato discorso di Papa Francesco in Aula Paolo VI, in occasione del 50.mo anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi da parte del Beato Montini. In un intervento tra i più importanti del Pontificato, Francesco ha sottolineato che “in una Chiesa sinodale, anche l’esercizio del primato petrino potrà ricevere maggiore luce” ed ha auspicato, riprendendo laEvangelii gaudium, una “salutare decentralizzazione” giacché il Papa non deve sostituire gli episcopati locali “nel discernimento di tutte le problematiche” dei loro territori. Il servizio di Alessandro Gisotti:


    “Camminare Insieme”. Papa Francesco ha sviluppato il suo discorso concentrandosi su cosa voglia dire per il Vescovo di Roma essere una Chiesa in cammino. Dal Concilio Vaticano II all’attuale Sinodo sulla famiglia, ha rilevato, “abbiamo sperimentato in modo via via più intenso la necessità e la bellezza di camminare insieme". Ed ha rammentato che fin dall’inizio del suo Pontificato ha voluto valorizzare il Sinodo “che costituisce una delle eredità più preziose” del Concilio.


    Il cammino della sinodalità è ciò che Dio chiede alla Chiesa
    Francesco ha quindi ricordato che Paolo VI intendeva col Sinodo “riproporre l’immagine del Concilio ecumenico e rifletterne lo Spirito e il metodo”. Ancora, ha ripreso le parole di Giovanni Paolo II che pensava ad un miglioramento dello strumento sinodale così che la “collegiale responsabilità pastorale” possa “esprimersi nel Sinodo ancor più pienamente”:

    “Dobbiamo proseguire su questa strada. Il mondo in cui viviamo, e che siamo chiamati ad amare e servire anche nelle sue contraddizioni, esige dalla Chiesa il potenziamento delle sinergie in tutti gli ambiti della sua missione. Proprio il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio. Quello che il Signore ci chiede, in un certo senso, è già tutto contenuto nella parola 'Sinodo'. Camminare insieme - Laici, Pastori, Vescovo di Roma - è un concetto facile da esprimere a parole, ma non così facile da mettere in pratica”.

    Fidarsi del fiuto del Popolo di Dio
    Francesco ha quindi messo l’accento sul “fiuto” che il Popolo di Dio ha nel “discernere le nuove strade che il Signore dischiude alla Chiesa”. Il Popolo di Dio, ha ripreso, è santo in ragione dell’unzione ricevuta da Dio che lo rende “infallibile in credendo”. E’ stata questa “convinzione – ha spiegato a guidarmi quando ho auspicato che il Popolo di Dio venisse consultato nella preparazione del duplice appuntamento sinodale sulla famiglia”.

    “Certamente, una consultazione del genere in nessun modo potrebbe bastare per ascoltare il sensus fidei. Ma come sarebbe stato possibile parlare della famiglia senza interpellare le famiglie, ascoltando le loro gioie e le loro speranze, i loro dolori e le loro angosce? Attraverso le risposte ai due questionari inviati alle Chiese particolari, abbiamo avuto la possibilità di ascoltare almeno alcune di esse intorno a delle questioni che le toccano da vicino e su cui hanno tanto da dire”.

    Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto
    “Una Chiesa sinodale – ha proseguito il Papa – è una Chiesa dell'ascolto, nella consapevolezza che ascoltare ‘è più che sentire’. È un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare. Popolo fedele, Collegio episcopale, Vescovo di Roma: l'uno in ascolto degli altri e tutti in ascolto dello Spirito Santo”, per conoscere ciò che Egli “dice alle Chiese”. Il Sinodo dei Vescovi, ha proseguito Francesco, “è il punto di convergenza di questo dinamismo di ascolto condotto a tutti i livelli della vita della Chiesa”. Il cammino sinodale inizia “ascoltando il Popolo” e “prosegue ascoltando i Pastori”.

    “Attraverso i Padri sinodali, i Vescovi agiscono come autentici custodi, interpreti e testimoni della fede di tutta la Chiesa, che devono saper attentamente distinguere dai flussi spesso mutevoli dell'opinione pubblica. Alla vigilia del Sinodo dello scorso anno affermavo: «Dallo Spirito Santo per i Padri sinodali chiediamo, innanzitutto, il dono dell'ascolto: ascolto di Dio, fino a sentire con Lui il grido del Popolo; ascolto del Popolo, fino a respirarvi la volontà a cui Dio ci chiama»”.

    Chiesa e Sinodo sono sinonimi, camminare assieme al Gregge di Dio
    Infine, ha detto, “il cammino sinodale culmina nell'ascolto del Vescovo di Roma, chiamato a pronunciarsi come ‘Pastore e Dottore di tutti i cristiani’: non a partire dalle sue personali convinzioni, ma come supremo testimone” della fede di tutta la Chiesa. Il fatto che il Sinodo “agisca sempre cum Petro et sub Petro - dunque non solo cum Petro, ma anche sub Petro – ha detto ancora – non è una limitazione della libertà, ma una garanzia dell'unità”.

    “La sinodalità, come dimensione costitutiva della Chiesa, ci offre la cornice interpretativa più adeguata per comprendere lo stesso ministero gerarchico. Se capiamo che, come dice San Giovanni Crisostomo, ‘Chiesa e Sinodo sono sinonimi’ - perché la Chiesa non è altro che il ‘camminare insieme’ del Gregge di Dio sui sentieri della storia incontro a Cristo Signore - capiamo pure che al suo interno nessuno può essere ‘elevato’ al di sopra degli altri. Al contrario, nella Chiesa è necessario che qualcuno ‘si abbassi’ per mettersi al servizio dei fratelli lungo il cammino”.

    Francesco ha quindi ribadito che Gesù ha costituito la “Chiesa ponendo al suo vertice il Collegio apostolico nel quale l’Apostolo Pietro è la roccia”. Ma in questa Chiesa, ha detto, “come in una piramide capovolta, il vertice si trova al di sotto della base. Per questo coloro che esercitano l’autorità si chiamanoministri: perché secondo il significato originario della parola sono i più piccoli fra tutti”. E, ha affermato, “in un simile orizzonte, lo stesso Successore di Pietro altri non è” che il “servo dei Servi di Dio”. “Non dimentichiamolo mai – ha avvertito – per i discepoli di Gesù, ieri oggi e sempre, l’unica autorità è l’autorità del servizio, l’unico potere è il potere della Croce”.

    Necessario procedere in una salutare “decentralizzazione”
    In una Chiesa sinodale, ha poi detto il Papa, il Sinodo dei Vescovi è solo “la più evidente manifestazione di un dinamismo di comunione che ispira tutte le decisioni ecclesiali”. Il primo livello di esercizio della sinodalità, ha detto, si realizza nelle Chiese particolari in quegli organismi di comunione che devono rimanere “connessi col basso e partono dalla gente, dai problemi di ogni giorno”, il secondo livello si manifesta in particolare nelle conferenze episcopali:

    “In una Chiesa sinodale, come ho già affermato, ‘non è opportuno che il Papa sostituisca gli Episcopati locali nel discernimento di tutte le problematiche che si prospettano nei loro territori. In questo senso, avverto la necessità di procedere in una salutare decentralizzazione’”.

    Primato petrino riceve maggiore luce da una Chiesa sinodale
    L’ultimo livello, ha quindi sottolineato, è quello della Chiesa universale e il Sinodo dei Vescovi, “rappresentando l’episcopato cattolico, diventa espressione della collegialità episcopale all’interno di una Chiesa tutta sinodale”. L’impegno a “edificare una Chiesa sinodale”, “missione alla quale tutti siamo chiamati”, ha constatato, “è gravida di implicazioni ecumeniche”. Francesco ha così richiamato Giovanni Paolo II quando poneva l’urgenza di una “conversione del papato”:

    “Sono persuaso che, in una Chiesa sinodale, anche l'esercizio del primato petrino potrà ricevere maggiore luce. Il Papa non sta, da solo, al di sopra della Chiesa; ma dentro di essa come Battezzato tra i Battezzati e dentro il Collegio episcopale come Vescovo tra i Vescovi, chiamato al contempo - come Successore dell'apostolo Pietro - a guidare la Chiesa di Roma che presiede nell'amore tutte le Chiese”.

    Chiesa sinodale aiuterà anche società civile a costruire fraternità
    Il nostro sguardo, ha concluso Francesco, “si allarga anche all'umanità”. Una Chiesa sinodale, ha detto, “è come vessillo innalzato tra le nazioni (cfr. Is 11, 12) in un mondo che - pur invocando partecipazione, solidarietà e trasparenza nell'amministrazione della cosa pubblica - consegna spesso il destino di intere popolazioni nelle mani avide di ristretti gruppi di potere”:

    “Come Chiesa che 'cammina insieme' agli uomini, partecipe dei travagli della storia, coltiviamo il sogno che la riscoperta della dignità inviolabile dei popoli e della funzione di servizio dell'autorità potranno aiutare anche la società civile a edificarsi nella giustizia e nella fraternità, generando un mondo più bello e più degno dell'uomo per le generazioni che verranno dopo di noi”.




    COMMEMORAZIONE DEL 50° ANNIVERSARIO DELL'ISTITUZIONE DEL SINODO DEI VESCOVI

    DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

    Aula Paolo VI 
    Sabato, 17 ottobre 2015

    [Multimedia]



     

    Beatitudini, Eminenze, Eccellenze, Fratelli e Sorelle,

    mentre è in pieno svolgimento l’Assemblea Generale Ordinaria, commemorare il cinquantesimo anniversario dell'istituzione del Sinodo dei Vescovi è per noi tutti motivo di gioia, di lode e di ringraziamento al Signore. Dal Concilio Vaticano II all'attuale Assemblea, abbiamo sperimentato in modo via via più intenso la necessità e la bellezza di "camminare insieme".

    In tale lieta circostanza desidero rivolgere un cordiale saluto a Sua Eminenza il Cardinale Lorenzo Baldisseri, Segretario Generale, con il Sotto-Segretario Sua Eccellenza Monsignor Fabio Fabene, gli Officiali, i Consultori e gli altri Collaboratori della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, quelli nascosti, che fanno il lavoro di ogni giorno fino a tarda serata. Insieme a loro, saluto e ringrazio della loro presenza i Padri sinodali e gli altri Partecipanti all'Assemblea in corso, nonché tutti i presenti in quest'Aula.

    In questo momento vogliamo anche ricordare coloro che, nel corso di cinquant'anni, hanno lavorato al servizio del Sinodo, a cominciare dai Segretari Generali che si sono succeduti: i Cardinali Władysław Rubin, Jozef Tomko, Jan Pieter Schotte e l'Arcivescovo Nikola Eterović. Approfitto di tale occasione per esprimere di cuore la mia gratitudine a quanti, vivi o defunti, hanno contribuito con un impegno generoso e competente allo svolgimento dell'attività sinodale.

    Fin dall'inizio del mio ministero come Vescovo di Roma ho inteso valorizzare il Sinodo, che costituisce una delle eredità più preziose dell'ultima assise conciliare[1]. Per il Beato Paolo VI, il Sinodo dei Vescovi doveva riproporre l'immagine del Concilio ecumenico e rifletterne lo spirito e il metodo[2]. Lo stesso Pontefice prospettava che l'organismo sinodale «col passare del tempo potrà essere maggiormente perfezionato»[3]. A lui faceva eco, vent'anni più tardi, San Giovanni Paolo II, allorché affermava che «forse questo strumento potrà essere ancora migliorato. Forse la collegiale responsabilità pastorale può esprimersi nel Sinodo ancor più pienamente»[4]. Infine, nel 2006, Benedetto XVI approvava alcune variazioni all'Ordo Synodi Episcoporumanche alla luce delle disposizioni del Codice di Diritto Canonico e del Codice dei Canoni delle Chiese orientalipromulgati nel frattempo[5].

    Dobbiamo proseguire su questa strada. Il mondo in cui viviamo, e che siamo chiamati ad amare e servire anche nelle sue contraddizioni, esige dalla Chiesa il potenziamento delle sinergie in tutti gli ambiti della sua missione. Proprio il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio.

    ***

    Quello che il Signore ci chiede, in un certo senso, è già tutto contenuto nella parola "Sinodo". Camminare insieme – Laici, Pastori, Vescovo di Roma – è un concetto facile da esprimere a parole, ma non così facile da mettere in pratica.

    Dopo aver ribadito che il Popolo di Dio è costituito da tutti i battezzati chiamati a «formare una dimora spirituale e un sacerdozio santo»[6], il Concilio Vaticano II proclama che «la totalità dei fedeli, avendo l'unzione che viene dal Santo (cfr 1 Gv 2,20.27), non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa sua proprietà mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il Popolo, quando "dai Vescovi fino agli ultimi Fedeli laici" mostra l'universale suo consenso in cose di fede e di morale»[7]. Qual famoso infallibile “in credendo”.

    Nell'esortazione apostolica Evangelii gaudium ho sottolineato come «il Popolo di Dio è santo in ragione di questa unzione che lo rende infallibile “in credendo”»[8], aggiungendo che «ciascun Battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione e sarebbe inadeguato pensare ad uno schema di evangelizzazione portato avanti da attori qualificati in cui il resto del Popolo fedele fosse solamente recettivo delle loro azioni»[9]. Il sensus fidei impedisce di separare rigidamente tra Ecclesia docens ed Ecclesia discens, giacché anche il Gregge possiede un proprio "fiuto" per discernere le nuove strade che il Signore dischiude alla Chiesa[10].

    È stata questa convinzione a guidarmi quando ho auspicato che il Popolo di Dio venisse consultato nella preparazione del duplice appuntamento sinodale sulla famiglia, come si fa e si è fatto di solito con ogni “Lineamenta”. Certamente, una consultazione del genere in nessun modo potrebbe bastare per ascoltare il sensus fidei. Ma come sarebbe stato possibile parlare della famiglia senza interpellare le famiglie, ascoltando le loro gioie e le loro speranze, i loro dolori e le loro angosce[11]? Attraverso le risposte ai due questionari inviati alle Chiese particolari, abbiamo avuto la possibilità di ascoltare almeno alcune di esse intorno a delle questioni che le toccano da vicino e su cui hanno tanto da dire.

    Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell'ascolto, nella consapevolezza che ascoltare «è più che sentire»[12]. È un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare. Popolo fedele, Collegio episcopale, Vescovo di Roma: l'uno in ascolto degli altri; e tutti in ascolto dello Spirito Santo, lo «Spirito della verità» (Gv 14,17), per conoscere ciò che Egli «dice alle Chiese» (Ap 2,7).

    Il Sinodo dei Vescovi è il punto di convergenza di questo dinamismo di ascolto condotto a tutti i livelli della vita della Chiesa. Il cammino sinodale inizia ascoltando il Popolo, che «pure partecipa alla funzione profetica di Cristo»[13], secondo un principio caro alla Chiesa del primo millennio: «Quod omnes tangit ab omnibus tractari debet». Il cammino del Sinodo prosegue ascoltando i Pastori. Attraverso i Padri sinodali, i Vescovi agiscono come autentici custodi, interpreti e testimoni della fede di tutta la Chiesa, che devono saper attentamente distinguere dai flussi spesso mutevoli dell'opinione pubblica. Alla vigilia del Sinodo dello scorso anno affermavo: «Dallo Spirito Santo per i Padri sinodali chiediamo, innanzitutto, il dono dell'ascolto: ascolto di Dio, fino a sentire con Lui il grido del Popolo; ascolto del Popolo, fino a respirarvi la volontà a cui Dio ci chiama»[14]. Infine, il cammino sinodale culmina nell'ascolto del Vescovo di Roma, chiamato a pronunciarsi come «Pastore e Dottore di tutti i cristiani»[15]: non a partire dalle sue personali convinzioni, ma come supremo testimone della fides totius Ecclesiae, «garante dell'ubbidienza e della conformità della Chiesa alla volontà di Dio, al Vangelo di Cristo e alla Tradizione della Chiesa»[16].  

    Il fatto che il Sinodo agisca sempre cum Petro et sub Petro - dunque non solo cum Petro, ma anche sub Petro - non è una limitazione della libertà, ma una garanzia dell'unità. Infatti il Papa è, per volontà del Signore, «il perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità tanto dei Vescovi quanto della moltitudine dei Fedeli»[17]. A ciò si collega il concetto di «ierarchica communio», adoperato dal Concilio Vaticano II: i Vescovi sono congiunti con il Vescovo di Roma dal vincolo della comunione episcopale (cum Petro) e sono al tempo stesso gerarchicamente sottoposti a lui quale Capo del Collegio (sub Petro)[18].

    ***

    La sinodalità, come dimensione costitutiva della Chiesa, ci offre la cornice interpretativa più adeguata per comprendere lo stesso ministero gerarchico. Se capiamo che, come dice san Giovanni Crisostomo, «Chiesa e Sinodo sono sinonimi»[19] - perché la Chiesa non è altro che il "camminare insieme" del Gregge di Dio sui sentieri della storia incontro a Cristo Signore - capiamo pure che al suo interno nessuno può essere "elevato" al di sopra degli altri. Al contrario, nella Chiesa è necessario che qualcuno "si abbassi" per mettersi al servizio dei fratelli lungo il cammino.

    Gesù ha costituito la Chiesa ponendo al suo vertice il Collegio apostolico, nel quale l'apostolo Pietro è la «roccia» (cfr Mt 16,18), colui che deve «confermare» i fratelli nella fede (cfr Lc 22,32). Ma in questa Chiesa, come in una piramide capovolta, il vertice si trova al di sotto della base. Per questo coloro che esercitano l'autorità si chiamano "ministri": perché, secondo il significato originario della parola, sono i più piccoli tra tutti. È servendo il Popolo di Dio che ciascun Vescovo diviene, per la porzione del Gregge a lui affidata, vicarius Christi[20], vicario di quel Gesù che nell'ultima cena si è chinato a lavare i piedi degli apostoli (cfr Gv13,1-15). E, in un simile orizzonte, lo stesso Successore di Pietro altri non è che il servus servorum Dei[21].

    Non dimentichiamolo mai! Per i discepoli di Gesù, ieri oggi e sempre, l'unica autorità è l'autorità del servizio, l'unico potere è il potere della croce, secondo le parole del Maestro: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo» (Mt 20,25-27). Tra voi non sarà così: in quest'espressione raggiungiamo il cuore stesso del mistero della Chiesa – “tra voi non sarà così” – e riceviamo la luce necessaria per comprendere il servizio gerarchico.

    ***

    In una Chiesa sinodale, il Sinodo dei Vescovi è solo la più evidente manifestazione di un dinamismo di comunione che ispira tutte le decisioni ecclesiali.

    Il primo livello di esercizio della sinodalità si realizza nelle Chiese particolari. Dopo aver richiamato la nobile istituzione del Sinodo diocesano, nel quale Presbiteri e Laici sono chiamati a collaborare con il Vescovo per il bene di tutta la comunità ecclesiale[22], ilCodice di diritto canonico dedica ampio spazio a quelli che si è soliti chiamare gli "organismi di comunione" della Chiesa particolare: il Consiglio presbiterale, il Collegio dei Consultori, il Capitolo dei Canonici e il Consiglio pastorale[23]. Soltanto nella misura in cui questi organismi rimangono connessi col "basso" e partono dalla gente, dai problemi di ogni giorno, può incominciare a prendere forma una Chiesa sinodale: tali strumenti, che qualche volta procedono con stanchezza, devono essere valorizzati come occasione di ascolto e condivisione.

    Il secondo livello è quello delle Province e delle Regioni Ecclesiastiche, dei Concili Particolari e in modo speciale delle Conferenze Episcopali[24]. Dobbiamo riflettere per realizzare ancor più, attraverso questi organismi, le istanze intermedie della collegialità, magari integrando e aggiornando alcuni aspetti dell'antico ordinamento ecclesiastico. L'auspicio del Concilio che tali organismi possano contribuire ad accrescere lo spirito della collegialità episcopale non si è ancora pienamente realizzato. Siamo a metà cammino, a parte del cammino. In una Chiesa sinodale, come ho già affermato, «non è opportuno che il Papa sostituisca gli Episcopati locali nel discernimento di tutte le problematiche che si prospettano nei loro territori. In questo senso, avverto la necessità di procedere in una salutare "decentralizzazione"»[25].

    L'ultimo livello è quello della Chiesa universale. Qui il Sinodo dei Vescovi, rappresentando l'episcopato cattolico, diventa espressione della collegialità episcopale all'interno di una Chiesa tutta sinodale[26]. Due parole diverse: “collegialità episcopale” e “Chiesa tutta sinodale”. Esso manifesta la collegialitas affectiva, la quale può pure divenire in alcune circostanze "effettiva", che con­giunge i Vescovi fra loro e con il Papa nella sollecitudine per il Popolo di Dio[27].

    ***

    L'impegno a edificare una Chiesa sinodale – missione alla quale tutti siamo chiamati, ciascuno nel ruolo che il Signore gli affida – è gravido di implicazioni ecumeniche. Per questa ragione, parlando a una delegazione del patriarcato di Costantinopoli, ho recentemente ribadito la convinzione che «l'attento esame di come si articolano nella vita della Chiesa il principio della sinodalità ed il servizio di colui che presiede offrirà un contributo significativo al progresso delle relazioni tra le nostre Chiese»[28].

    Sono persuaso che, in una Chiesa sinodale, anche l'esercizio del primato petrino potrà ricevere maggiore luce. Il Papa non sta, da solo, al di sopra della Chiesa; ma dentro di essa come Battezzato tra i Battezzati e dentro il Collegio episcopale come Vescovo tra i Vescovi, chiamato al contempo – come Successore dell'apostolo Pietro – a guidare la Chiesa di Roma che presiede nell'amore tutte le Chiese[29].

    Mentre ribadisco la necessità e l'urgenza di pensare a «una conversione del papato»[30], volentieri ripeto le parole del mio predecessore il Papa Giovanni Paolo II: «Quale Vescovo di Roma so bene [...] che la comunione piena e visibile di tutte le comunità, nelle quali in virtù della fedeltà di Dio abita il suo Spirito, è il desiderio ardente di Cristo. Sono convinto di avere a questo riguardo una responsabilità particolare, soprattutto nel constatare l'aspirazione ecumenica della maggior parte delle Comunità cristiane e ascoltando la domanda che mi è rivolta di trovare una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all'essenziale della sua missione, si apra ad una situazione nuova»[31].

    Il nostro sguardo si allarga anche all'umanità. Una Chiesa sinodale è come vessillo innalzato tra le nazioni (cfr Is 11,12) in un mondo che – pur invocando partecipazione, solidarietà e trasparenza nell'amministrazione della cosa pubblica – consegna spesso il destino di intere popolazioni nelle mani avide di ristretti gruppi di potere. Come Chiesa che "cammina insieme" agli uomini, partecipe dei travagli della storia, coltiviamo il sogno che la riscoperta della dignità inviolabile dei popoli e della funzione di servizio dell'autorità potranno aiutare anche la società civile a edificarsi ne

    lla giustizia e nella fraternità, generando un mondo più bello e più degno dell'uomo per le generazioni che verranno dopo di noi[32]. Grazie.

     

     


     
    [1] Cfr FRANCESCO, Lettera al Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, Em.mo Card. Lorenzo Baldisseri, in occasione dell'elevazione alla dignità episcopale del Sotto-Segretario, Rev.mo Mons. Fabio Fabene, 1° aprile 2014.

    [2] Cfr BEATO PAOLO VI, Discorso per l'inizio dei lavori della I Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi30 settembre 1967.

    [3] BEATO PAOLO VI, Motu proprio Apostolica sollicitudo,15 settembre 1965, Proemio.

    [4] SAN GIOVANNI PAOLO II, Omelia nella conclusione della VI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi29 ottobre 1983.

    [5] Cfr AAS 98 (2006), 755-779.

    [6] CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Cost. dogm. Lumen gentium (21 novembre 1964), 10.

    [7] Ibid., 12.

    [8] FRANCESCO, Esort. ap. Evangelii gaudium24 novembre 2013, 119.

    [9] Ibid., 120.

    [10] Cfr FRANCESCO, Discorso in occasione dell'Incontro con i Vescovi responsabili del Consiglio Episcopale Latinoamericano (C.E.L.A.M) in occasione della Riunione generale di CoordinamentoRio de Janeiro, 28 luglio 2013; ID., Discorso in occasione dell'Incontro con il Clero, persone di vita consacrata, e membri di consigli pastoraliAssisi, 4 ottobre 2013.

    [11] Cfr. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. past. Gaudium et spes7 dicembre 1965, 1.

    [12] Ibid., 170.

    [13] CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium12.

    [14] FRANCESCO, Discorso in occasione della Veglia di preghiera in preparazione al Sinodo sulla famiglia4 ottobre 2014.

    [15] CONC. ECUM. VAT. I, cost. dogm. Pastor Aeternus, 18 luglio 1870, cap. IV: Denz. 3074. Cfr. anche CODEX IURIS CANONICI,can. 749, § 1.

    [16] FRANCESCO, Discorso per la Conclusione della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi, 18 ottobre 2014.

    [17] CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium23. Cfr anche CONC. ECUM. VAT. I, Cost. dogm. Pastor Aeternus, Prologo:Denz. 3051.

    [18] Cfr. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium22; Decr. Christus Dominus28 ottobre 1965, 4.

    [19] SAN GIOVANNI CRISOSTOMO, Explicatio in Ps. 149: PG 55, 493.

    [20] Cfr CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium27.

    [21] Cfr FRANCESCO, Discorso per la Conclusione della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi18 ottobre 2014.

    [22] Cfr CODEX IURIS CANONICI, cann. 460-468.

    [23] Cfr ibid., cann. 495-514.

    [24] Cfr ibid., cann. 431-459.

    [25] FRANCESCO, Esort. ap. Evangelii gaudium16. Cfr ibid, 32.

    [26] Cfr CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Christus Dominus, 5; CODEX IURIS CANONICI, cann. 342-348.

    [27] Cfr SAN GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. postsinod. Pastores gregis16 ottobre 2003, 8.

    [28] FRANCESCO, Discorso alla Delegazione Ecumenica del Patriarcato di Costantinopoli27 giugno 2015.

    [29] Cfr SANT'IGNAZIO DI ANTIOCHIA, Epistula ad Romanos, Proemio: PG 5, 686.

    [30] FRANCESCO, Esort. ap. Evangelii gaudium32.

    [31] SAN GIOVANNI PAOLO II, Lett. enc. Ut unum sint25 maggio 1995, 95.

    [32] Cfr FRANCESCO, Esort. ap. Evangelii gaudium186-192; Lett. enc. Laudato si'24 maggio 2015, 156-162.

       





    [Modificato da Caterina63 17/10/2015 14:37]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
    Post: 39.989
    Sesso: Femminile
    00 20/10/2015 13:39
    L'indissolubilità del matrimonio è un dogma di fede
     

    Tra i tanti messaggi usciti in questi giorni dal Sinodo non mancano quelli che, pur essendo presentati come meri adattamenti “pastorali” alla mutata situazione sociologica, propongono in realtà un radicale cambiamento della dottrina dogmatica e morale della Chiesa. Dottrina che nella sua presunta astrazione viene contrapposta all’azione pastorale, cioè alla vita reale. 

    di Antonio Livi

    Tra i tanti messaggi usciti in questi giorni dal Sinodo non mancano quelli che, pur essendo presentati come meri adattamenti “pastorali” alla mutata situazione sociologica, propongono in realtà un radicale cambiamento della dottrina dogmatica e morale della Chiesa, in particolare per quanto riguarda i sacramenti del Battesimo, della Penitenza, del Matrimonio e dell’Eucaristia. Le obiezioni che sono state sollevate da importanti Pastori all’interno del Sinodo (basi pensare al Prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, cardinal Gerhard Müller), preceduti e seguiti da autorevoli teologi all’esterno di esso, non sono certamente dettati da pregiudizi ideologici o da prese di posizione conservatrici, ma solo dalla doverosa difesa di quegli elementi essenziali del dogma e della morale cattolica che l’azione pastorale non può mai obliterare, ma deve invece sempre riproporre opportunamente ed efficacemente affinché il Popolo di Dio li comprenda, li ami e li viva in ogni tempo e in ogni luogo.  

    La replica a tali obiezioni è spesso sconcertante. Gli autori delle proposte più inquietanti vanno ripetendo che le riforme da loro richieste non toccano la dottrina, oppure che la pastorale non deve essere “condizionata” dalla dottrina, essendo questa fatta di nozioni astratte, di per sé lontane dalla vita reale, lì dove sono impegnati gli “operatori della pastorale”. In ambedue i casi, quando dicono “dottrina” non si sa mai a che cosa si riferiscono concretamente. Devo dire che, anche in questo caso, uno dei peggiori guai derivanti dalle polemiche sulle riforme che il Sinodo dovrebbe introdurre nella prassi della Chiesa è proprio la crescente confusione dei termini (non sociologici, ma teologici) della questione e di conseguenza la sostanziale ambiguità del discorso. Lo ha deprecato persino uno dei circuli minores del Sindo che si sta svolgendo in questi giorni, quello denominato “Anglicus D” e moderato dal cardinale canadese Thomas Collins, quando si è espresso contro l’Instrumentum laboris (il testo che fa da guida ai lavori sinodali) lamentando che in questo documento «non si trova alcuna definizione di matrimonio» e che questa è «una grave mancanza che provoca ambiguità in tutto il testo».

    Io, per amore di chiarezza (prerequisito di ogni confronto di opinioni, specie in teologia), preferisco parlare semplicemente di “dogma”, come ho fatto in varie pubblicazioni recenti che entrano nel vivo del dibattito attuale (prima Dogma e liturgia, poi Dogma e spiritualità e infine Dogma e pastorale, edite tutte e tre dalla Leonardo da Vinci). E per “dogma” intendo (e ho buoni motivi per credere che tutti dovrebbero intenderlo così) la fede della Chiesa, ossia la dottrina cattolica certa, in quanto garantita dal Magistero e proposta a tutti i fedeli in termini espliciti e definitivi come verità rivelata da Dio, prima con Profeti e poi con Cristo Gesù. Nella nozione di “dogma” rientrano dunque:

    1) Le formule liturgiche che costituiscono il “Credo”, ossia la solenne professione di fede dellaChiesa; si tratta dei “simboli”, come sono quelli che si recitano nella celebrazione eucaristica (il Simbolo degli Apostoli e il Simbolo Niceno-costantinopolitano) e altri ancora, come il Simbolo Atanasiano (che espone in modo dettagliato i termini del mistero trinitario).

    2) I libri dell’Antico e del Nuovo Testamento, ossia la Sacra Scrittura, il cui contenuto è considerato dalla Chiesa come «la Parola di Dio messa per iscritto», nel senso che essa ha come autori gli agiografi, i quali però esprimono fedelmente ciò che Dio stesso ha loro ispirato. Nella Sacra Scrittura ciò che è esplicitamente insegnato da Dio appartiene al dogma in modo immediato; ciò che invece richiede di essere esplicitato o interpretato appartiene al dogma in modo mediato, ossia quando la Chiesa si pronuncia autorevolmente sulla sua corretta interpretazione, essendo il Magistero, per espressa disposizione di Cristo stesso, garante della divina ispirazione della Scrittura e sua infallibile.

    3) Le formule dogmatiche emanate dal mistero ecclesiastico in forma solenne (concili ecumenici, speciali pronunciamenti del Papa ex cathedra)  o anche in forma ordinaria, quando però la dottrina è esposta come definitiva e irriformabile.

    Un esempio assolutamente pertinente, nel  contesto delle discussioni in atto nel Sinodo sulla famiglia, è la norma morale circa l’indissolubilità del matrimonio, già come contratto naturale, e pertanto ancora di più come sacramento della Nuova Legge, ossia quando si tratta di un matrimonio tra battezzati. La norma si trova espressamente enunciata da Cristo stesso nei Vangeli, in termini tali da non richiedere alcuna interpretazione del suo significato essenziale e della sua portata pratica. La Chiesa, infatti, l’ha recepita alla lettera, inserendola in un coerente corpus dottrinale, costituito da documenti del magistero solenne (come quelli del Concilio di Trento) e del magistero ordinario (dall’enciclica Casti connubii di Pio XI all’enciclica Familiaris consortio di Giovanni Paolo II), sulla base del quale sono state promulgate le vigenti leggi della Chiesa (vedi il Codice di Diritto Canonico del 1983). 

    Lo stesso dicasi della necessità di non avere compromessi con il peccato al momento di accostarsi alla comunione eucaristica, come ammonisce in termini perentori san Paolo. Insomma, la materia matrimoniale ha nella Sacra Scrittura e nel Magistero una formulazione precisa e definitiva: siamo in presenza di articuli fidei, ossia di elementi essenziali della dottrina cattolica certa e definita, ragione per cui ipotizzare una prassi pastorale in contrasto con essa significa, non solo ignorare ma proprio contraddire  il dogma cattolico, quali che siano gli argomenti dialettici con cui si cerca di dissimulare tale contraddizione. 

    Tra gli argomenti dialettici più spesso adoperati c’è la pretesa necessità di superare, con una prassi attenta alla concretezza delle situazioni esistenziali, quello che sarebbe il limite della dottrina sul matrimonio, ossia la sua “astrattezza” e la sua “lontananza dalla vita”. Parlare i questi termini costituisce  una vera e propria assurdità dal punto di vista teologico. In teologia tutti dovrebbero sapere che la verità rivelata ha un carattere intrinsecamente ed eminentemente pragmatico: è una “verità che salva”, è la misericordia di Dio che viene incontro all’uomo, incapace di salvarsi con le sole risorse della sua intelligenza e della sua volontà, mostrandogli la meta cui deve giungere e fornendogli i mezzi per raggiungerla. In teologia tutti – ripeto - dovrebbero sapere che la verità rivelata non è qualcosa di meramente teorico e distante dalla vita, visto che tutti citano le parole stesse di Gesù, il Rivelatore del Padre, che dice di sé: «Io sono la via, la verità e la vita». 

    Per di più, come faceva notare già nel Medioevo Tommaso d’Aquino, la rivelazione contiene non solo verità metafisiche (la Trinità, le due nature nell’unica Persona di Cristo, l’azione carismatica dello Spirito Santo che santifica tutti i fedeli e assicura alla Chiesa l’infallibilità e l’indefettibilità) ma anche verità storiche, ben in evidenza nel Credo (la creazione, il peccato originale, il diluvio universale, la vocazione di Abramo, la liberazione del popolo di Israele dalla cattività in Egitto, e finalmente, «giunta la pienezza dei tempi», la nascita del Salvatore da Maria Vergine, la sua Passione, morte e resurrezione, la sua Ascensione in Cielo).
    Quando la Chiesa celebra l’Eucaristia, non solo contempla la verità metafisica della “Presenza reale” di Cristo sotto le specie del pane e del vino, ma fa anche “memoria” degli eventi salvifici realizzati da Dio nella “storia della salvezza” e che culminano, appunto, nel Sacrificio della Croce. Dunque, che il dogma sia astratto e lontano dalla vita reale, non lo possono certamente pensare né i Pastori, se sono fedeli al loro compito di “maestri della fede”, né i teologi se sono fedeli al loro compito ecclesiale di interpretazione razionale della fede che essi professano assieme a tutti gli altri fedeli.


    _______________________

    leggi anche; 

    Santi genitori e santi figli. Ecco dove trovarli

    di Angelo Busetto




    Napier, la voce della verità sulla lettera dei tredici cardinali

     

    C'è voluto questo arcivescovo sudafricano per chiarire pubblicamente le vere ragioni della lettera, di cui è uno dei firmatari. Tutto nasce nel sinodo del 2014 e nelle manovre di alcuni per forzarne gli esiti. Ecco testuali le sue parole 

    di Sandro Magister
    http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351162 



    ROMA, 21 ottobre 2015 – Già quattro giorni prima che la lettera dei tredici cardinali a Francesco diventasse di dominio pubblico, veniva additato tra i "cospiratori" che volevano sabotare il sinodo e colpire lo stesso papa:

    > La lettera dei tredici cardinali. Un antefatto chiave

    E dopo la pubblicazione della lettera, l'aggressione contro di lui e gli altri firmatari è continuata con ancor più virulenza, con il fattivo sostegno dei gestori vaticani dell'informazione sinodale.

    Finché è venuto il giorno, ieri, martedì 20 ottobre, in cui il cardinale Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban, Sudafrica, ha finalmente potuto dire la sua verità, sul sinodo e sulla lettera dei tredici al papa, nella cornice ufficiale della quotidiana conferenza stampa moderata da padre Federico Lombardi:

    > Press briefing...

    Alla conferenza stampa Napier è intervenuto in qualità di copresidente delegato del sinodo. Una presenza obbligata. Ed era la prima volta che uno dei tredici firmatari della lettera compariva nella sala stampa vaticana, dopo l'esplosione del caso.

    Una domanda "ad hoc" per lui non poteva mancare. E infatti è arrivata, puntuale e polemica, ad opera di un giornalista di punta del cattolicesimo "liberal" americano, Robert Mickens, fondatore e direttore di "Global Pulse Magazine".

    La domanda di Mickens e la risposta del cardinale Napier, entrambe pronunciate in inglese, sono integralmente trascritte e tradotte più sotto. Ma per meglio capirle occorre premettere qualche annotazione.

    Il libro che Mickens sospetta sia stato ispirato dal cardinale Napier è "The Rigging of a Vatican Synod?", del vaticanista Edward Pentin del "National Catholic Register", edito la scorsa estate in forma di E-Book da Ignatius Press: una ricostruzione dettagliata della "manipolazione" del sinodo del 2014.

    E infatti, nella sua risposta, per spiegare i moventi della lettera dei tredici cardinali, Napier parte proprio dalle manovre che lui stesso scoperse e smascherò pubblicamente nel sinodo dello scorso anno.

    Di quelle manovre, Napier ricorda la dinamica essenziale. Si svilupparono in particolare nella scrittura e nella pubblicazione della "Relatio" di metà sinodo e poi ancora nella redazione della "Relatio" finale.

    L< commissione incaricata di redigere le due "Relatio", tutta nominata da papa Francesco, era allora composta dai seguenti padri sinodali:

    - Cardinale Péter Erdõ, relatore generale del sinodo;
    - Cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale;
    - Bruno Forte, segretario speciale;
    - Cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del pontificio consiglio per la cultura;
    - Cardinale Donald W. Wuerl, arcivescovo di Washington;
    - Victor Manuel Fernández, Argentina;
    - Carlos Aguiar Retes, Messico;
    - Peter Kang U-Il, Corea;
    - Adolfo Nicolás Pachón, preposito generale dei gesuiti.

    Forte, Wuerl e Fernández furono i più attivi e spregiudicati nello spingere avanti la loro "agenda", come Napier la chiama oggi. Ma le reazioni dell'aula sinodale furono talmente forti da indurre Francesco a includere lo stesso Napier e un vescovo australiano, Denis J. Hart, nella commissione, nella fase finale del sinodo.

    Anche quest'anno la commissione per la stesura della "Relatio" finale è stata tutta nominata da Francesco, che vi ha ricollocato di nuovo i tre suddetti, uno dei quali, Wuerl, è stato anche, nei giorni scorsi, il più offensivo nell'attaccare pubblicamente i tredici firmatari della lettera al papa, Napier compreso:

    > Cardinal Wuerl Calls Out Pope’s Opponents

    Non sorprende, quindi, che Napier riconduca proprio agli avvenimenti dell'ottobre 2014 le "preoccupazioni" sottoposte quest'anno all'attenzione del papa nella lettera dei tredici cardinali, perché le forzature di allora non si ripetano oggi. 

    Napier giudica positiva la risposta ottenuta da Francesco, già il giorno dopo la consegna della lettera.

    Ma fa anche capire che proprio l'aver risvegliato l'attenzione del sinodo sui rischi esposti nella lettera ha giocato a favore di un più corretto svolgimento dei lavori, dato il conseguente maggiore controllo esercitato da tutti sulla commissione che ha il compito di scrivere la "Relatio".

    Ma lasciamo la parola al botta e risposta tra Mickens e Napier. 

    __________


    MICKENS – Cardinale Napier, lei ha raccomandato un libro scritto da uno dei nostri colleghi, al quale suppongo che lei abbia collaborato, che in sostanza accusa la segreteria del sinodo e altri di aver manipolato il sinodo. Tredici cardinali hanno scritto una lettera al papa all'inizio di questa assemblea esprimendo preoccupazioni riguardo a irregolarità nella procedura. Lei se ne è dissociato? O forse può chiarire se ha collaborato anche a questa lettera? Oggi ci ha appena detto che la procedura le piace. Che cosa è cambiato dall'ultima assemblea a questa? È bastato che il papa abbia garantito che va bene? Oppure ha qualche altro motivo? Poiché non sembra che le procedure siano cambiate drasticamente. Ci può almeno spiegare che cosa è cambiato nella sua testa, al punto che ora può dirsi soddisfatto rispetto all'ultima assemblea? Grazie.

    NAPIER – Penso che la prima cosa da dire è che nel precedente sinodo c’erano alcuni singoli elementi che erano motivo di preoccupazione. E uno in particolare è stato il presentare la relazione intermedia come se fosse venuta dal sinodo, come se facesse parte della deliberazione del sinodo. E questo non era vero, perché noi abbiamo ricevuto il documento circa un'ora dopo che voi dei media l’avevate ricevuto. E solo allora abbiamo cominciato a leggerlo.
    E quel documento già diceva delle cose che io sapevo erano state dette nell’aula da due o tre persone al massimo. Ma era presentato come se quelle fossero la riflessione del sinodo. Ora questo certamente dava l'impressione che il sinodo fosse spinto in una certa direzione. Ho anche fatto parte della commissione che ha redatto il documento finale. E ci sono state anche lì alcune materie che ancora una volta venivano spinte in una certa direzione.
    Quindi, in questo senso una particolare ideologia, o agenda, o come la si vuole chiamare, sembrava essere all’opera. E la lettera alla quale lei fa riferimento era una lettera privata di cardinali e vescovi al papa ed è stata anch'essa scritta nello spirito di ciò che papa Francesco aveva detto all'inizio del sinodo dello scorso anno, quando disse: "Per favore parlate apertamente e onestamente, ma ascoltate con umiltà". Ed era rivolta a lui in questo spirito.
    Papa Francesco ha subito risposto con il discorso che ha fatto il giorno dopo, penso, che aveva ricevuto la lettera. E questo ha poi fatto una differenza enorme nel grado di sicurezza e di fiducia, perché le preoccupazioni sono state prese in considerazione, se ne è preso cura, e quindi da lì in poi tutti siamo andati avanti a lavorare nel sinodo a tutto vapore. E penso che questo è ciò che ho sperimentato, ed è il motivo per cui ritengo che questo sinodo riprende da dove quella prima settimana del sinodo precedente l'aveva lasciato, quando eravamo tutti ottimisti e impazienti di lavorare davvero sulle questioni, insieme, come una squadra, con quella sinodalità – il papa è così appassionato di usare questa parola –: collegialità e sinodalità, lavorando insieme come colleghi nella direzione di ciò che è meglio per la Chiesa.


    __________


    Sui retroscena del sinodo del 2014 e sul ruolo svolto allora dal cardinale Napier:

    > La vera storia di questo sinodo. Regista, esecutori, aiuti
     (17.10.2014)

    __________


    I precedenti servizi di www.chiesa sul sinodo in corso:

    > Sinodo. Il "cospiratore" che fa tutto alla luce del sole
     (19.10.2015)

    > La lettera dei tredici cardinali. Un antefatto chiave (15.10.2015)

    > La lettera dei tredici cardinali al papa. Seconda puntata della storia(14.10.2015)

    > Tredici cardinali hanno scritto al papa. Ecco la lettera (12.10.2015)

    > Sinodo. Un tweet non fa primavera
     (10.10.2015)

    > Sinodo. Il primo colpo a segno è dei conservatori (8.10.2015)

     



    __________

    21.10.2015


     
     ATTENTI..... ANCHE QUESTO SITO VI CHIEDE SEMPRE DI VERIFICARE LE FONTI QUANDO SI PARLA DEL PAPA E DELLA CHIESA....

    Lombardi: notizia su salute Papa infondata, irresponsabile, inqualificabile

     

    Padre Lombardi - AP

    Padre Lombardi 

     

    21/10/2015 

     

    Totalmente infondata, gravemente irresponsabile e non degna di attenzione: così il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha definito la notizia su una presunta patologia che avrebbe colpito il Papa: notizia diffusa da un organo di stampa italiano. Padre Lombardi, all’inizio del briefing odierno sul Sinodo, ha ribadito con forza la sua smentita, già diffusa ieri sera, dopo le verifiche fatte con le fonti opportune, compreso il Santo Padre. Ma ascoltiamo la sua dichiarazione:

    “Nessun medico giapponese è venuto in Vaticano a visitare il Papa; non vi sono stati esami del tipo indicati dall’articolo. Gli uffici competenti mi hanno confermato che non vi sono stati voli di elicotteri arrivati in Vaticano dall’esterno, neppure nel mese di gennaio… Perlomeno ... se non erano fantasmi, non si sono visti! Posso confermare che il Papa gode di buona salute… Se eravate in Piazza stamattina lo avete visto anche voi. E se correte dietro di lui nei viaggi lo sapete. Al più ha qualche problema alle gambe, ma la testa mi sembra assolutamente perfetta!

    Ribadisco che la pubblicazione avvenuta è un grave atto di responsabilità, assolutamente ingiustificabile e inqualificabile. Ed è ingiustificabile anche continuare ad alimentare simili informazioni infondate. Per cui ci si augura che questa vicenda si chiuda - quindi - immediatamente.



    Piccola osservazione. Lo stesso quotidiano che ha pubblicato le notizie "scoop" sul Papa questa mattina, ha pubblicato vicino una intervista al prof. Maira, a proposito di tumori celebrali… Il prof. Maira mi ha telefonato, di sua iniziativa, questa mattina, dicendomi che si trovava a New York, che non sapeva nulla di nulla. Una gentile giornalista gli ha fatto una intervista generica sui tumori celebrali, senza dirgli assolutamente nulla del contesto per cui gliela faceva e in cui sarebbe stata pubblicata. Egli ha risposto a delle domande generiche sui tumori celebrali, ma poi ha visto – con sua enorme sorpresa – com’era stata collocata e presentata questa mattina. Questo è un piccolo particolare, tanto per capire il tipo di contesto in cui abbiamo avuto questa notizia, questa mattina”.



     






    ECCEZIONALE UDIENZA di oggi DEL PAPA 

    SUL VALORE DELLA FEDELTA'....


    dice il Papa: Ai nostri giorni, l’onore della fedeltà alla promessa della vita famigliare appare molto indebolito. (...)
    libertà e fedeltà non si oppongono l’una all’altra, anzi, si sostengono a vicenda, sia nei rapporti interpersonali, sia in quelli sociali. Infatti, pensiamo ai danni che producono, nella civiltà della comunicazione globale, l’inflazione di promesse non mantenute, in vari campi, 
    e l’indulgenza per l’infedeltà alla parola data e agli impegni presi!....
    Sì, cari fratelli e sorelle, la fedeltà è una promessa di impegno che si auto-avvera, crescendo nella libera obbedienza alla parola data.

    (...) E dico “miracolo”, perché la forza e la persuasione della fedeltà, a dispetto di tutto, non finiscono di incantarci e di stupirci. L’onore alla parola data, la fedeltà alla promessa, non si possono comprare e vendere. Non si possono costringere con la forza, ma neppure custodire senza sacrificio.

    (..) Se san Paolo può affermare che nel legame famigliare è misteriosamente rivelata una verità decisiva anche per il legame del Signore e della Chiesa, vuol dire che la Chiesa stessa trova qui una benedizione da custodire e dalla quale sempre imparare, prima ancora di insegnarla e disciplinarla. La nostra fedeltà alla promessa è pur sempre affidata alla grazia e alla misericordia di Dio. 

    L’amore per la famiglia umana, nella buona e nella cattiva sorte, è un punto d’onore per la Chiesa! Dio ci conceda di essere all’altezza di questa promessa. E preghiamo anche per i Padri del Sinodo: il Signore benedica il loro lavoro, svolto con fedeltà creativa, nella fiducia che Lui per primo, il Signore - Lui per primo! -, è fedele alle sue promesse. Grazie. 

      E ai polacchi (ma anche a noi) ha detto:

    domani celebriamo la memoria di San Giovanni Paolo II, il Papa della famiglia. Siate suoi buoni seguaci nella premura per le vostre famiglie e per tutte le famiglie, specialmente quelle che vivono nel disagio spirituale o materiale. 
    La fedeltà all’amore professato, alle promesse fatte e agli impegni che derivano dalla responsabilità siano la vostra forza. Per l’intercessione di San Giovanni Paolo II preghiamo che il Sinodo dei Vescovi, che sta per concludersi, rinnovi in tutta la Chiesa il senso dell’innegabile valore del matrimonio indissolubile e della famiglia sana, basata sull’amore reciproco dell’uomo e della donna, e sulla grazia divina. Benedico di cuore voi, qui presenti, e tutti i vostri cari. Sia lodato Gesù Cristo!


     




    [Modificato da Caterina63 23/10/2015 18:45]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    00 21/10/2015 17:32
    I Padri del Sinodo
     

    «Schiacciante maggioranza contro la comunione ai divorziati risposati, secondo un osservatore nell’aula del Sinodo». Così il giornalista francese Sebastien Maillard (lavora al quotidiano cattolico La Croix) ha riassunto la giornata dei lavori di ieri al Sinodo. E dopo gli oltre 700 emendamenti sulle prime tre parti dell’Instrumentum da parte dei circoli minori, è probabile che ci sia davvero tale maggioranza dei Padri contraria all’Eucaristia per i divorziati risposati.

    di Lorenzo Bertocchi


    Le relatio dei circoli minori sulla terza parte dell’Instrumentum laboris dovevano essere presentate ieri, invece, lo saranno oggi. I lavori si sono protratti oltre il previsto, ma una cosa la possiamo affermare: dopo gli oltre 700 modi, cioè emendamenti e precisazioni, piovuti sulle prime due parti dell’Instrumentum, ce ne sono tantissimi anche sulla discussa terza parte, quella che contiene gli elementi più dibattuti dentro e fuori l’Aula del Sinodo.

    Ieri, dopo il consueto briefing con la stampa, il giornalista francese Sebastien Maillard (lavora al quotidiano cattolico La Croix) ha twittato 85 caratteri di fuoco. «Schiacciante maggioranza contro la comunione ai divorziati risposati, secondo un osservatore nell’aula del Sinodo», così ha buttato il sasso nel mare social. Visto il numero ingente di modi presentati dai circoli anche sulla terza parte dell’Instrumentum laboris, è probabile che ci sia davvero una maggioranza dei padri che esclude il cambiamento dell’attuale prassi per l’accesso all’Eucaristia dei divorziati risposati. Questo, ovviamente, sarà tutto da verificare. Una certa garanzia che i vari modi presentati verranno ben tenuti in considerazione in sede di stesura del documento finale è data dal fatto che gli stessi relatori dei vari circoli, tra cui anche monsignor Chaput, monsignor Kurtz, i cardinali Coleridge e Piacenza, hanno lavorato fino a tardi per lo “scrutinio” di tutti i modi presentati. 

    Un'altra voce piuttosto insistente riguarda la possibile soluzione dei nodi del Sinodo con una sorta di “devolution” verso le Chiese locali. Appare significativo quanto ricordato ieri in sala stampa dal cardinale Wilfried Napier, uno dei quattro presidenti delegati. «Il Sinodo darà grande impulso alle Chiese locali per garantire buoni matrimoni attraverso una buona preparazione, ma anche un chiaro insegnamento». Questa, senza lanciarci in improbabili pronostici, potrebbe essere la via definitiva che imboccherà il Sinodo. E cioè, per dirla con uno slogan, «devoluzione pastorale, ma non dottrinale», una via che non manca di sollevare forti perplessità anche in molti padri sinodali, una via che sarà tutta da decifrare. Soprattutto rispetto alle questioni più complesse e delicate per la fede. 

    Significativo a questo proposito è quanto ha dichiarato il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli. «La Dottrina», ha detto a Radio Vaticana, «riguarda l’indissolubilità del matrimonio, ma la parte pastorale è quella che vive e si relativizza anche alle situazioni, naturalmente con un principio, come diceva anche Papa Benedetto XVI quando parlava del Concilio: “C’è una continuità, non c’è una contraddittorietà all’interno della Dottrina». A questo dobbiamo aggiungere che ancora ieri pomeriggio dentro l’Aula non si aveva totale certezza di come sarà votato il documento finale sabato prossimo. É di qualche giorno fa la voce che il Papa potrebbe anche istituire una commissione per approfondire ancora sui temi più controversi, per arrivare poi alla sua decisione finale durante l’Anno giubilare che è ormai alle porte. Su questo, ci dicono dall’Aula, «le dicerie vanno e vengono». Comunque, il segretario generale, cardinale Lorenzo Baldisseri, ha recentemente dichiarato che si andranno a votare i singoli paragrafi, così come fu nel 2014.

    Un'altra questione di cui si discute molto riguarda l’interpretazione mediatica del Sinodo. La voce più forte l’hanno sollevata coloro che ritenevano i cardinali “conservatori”, e ambienti a loro legati, come i veri responsabili di indebite pressioni mediatiche. L’apice si è toccato con la vicenda della lettera dei 13 cardinali, una lettera che, invece, sembra aver dato i suoi effetti positivi. Almeno a sentire il cardinale Napier, uno dei firmatari della lettera, che innanzitutto ribadisce che non c’è stato nessun tentativo di condizionare il Sinodo, ma i firmatari hanno agito «nello spirito che ha chiesto il Papa», vale a dire quello di «parlare con sincerità e ascoltare con umiltà». 

    Questo, ha detto ancora Napier, ha determinato la risposta del Papa in aula che ha sgomberato il campo da ogni ambiguità, soprattutto ha marcato la differenza rispetto al Sinodo del 2014. «Io», ha detto il cardinale sudafricano, nel 2014 «ero anche nella commissione per la redazione del documento finale e sembrava che si spingesse in una certa direzione, sembrava esserci una ideologia o agenda particolare». Quindi, a sentire Napier, sembra proprio che le preoccupazioni della lettera dei 13 cardinali fossero più che legittime, e hanno sortito il loro effetto rendendo i lavori più trasparenti e collegiali. 

       


    Relazioni Circoli minori su terza parte Instrumentum laboris

    Circoli minori - OSS_ROM

    Circoli minori - OSS_ROM

    21/10/2015 

    Al Sinodo dei vescovi sulla famiglia si lavora, oggi, alla preparazione della Relazione finale che verrà presentata e votata in Aula sabato prossimo. Spetterà poi al Papa decidere se renderla pubblica o meno. Ieri pomeriggio, intanto, i tredici Circoli minori hanno presentato le loro Relazioni sulla terza parte dell’Instrumentum laboris, dedicata al tema “La missione della famiglia oggi”. Il servizio di Isabella Piro:

    Il Sinodo è ancora in cammino
    C’è ancora molta strada da fare e le vie da percorrere sono tante: così, in sintesi, si può riassumere quanto emerge dalla terza tornata di relazioni dei Circoli minori. Due, in particolare, le tematiche più dibattute, intorno alle quali si riscontrano approcci diversi: da una parte, la questione dei divorziati risposati e del loro accesso ai Sacramenti, dall’altra quella delle persone con tendenze omosessuali.

    Divorziati risposati: accompagnamento, ma secondo approcci diversi
    Nel primo caso, in generale c’è accordo sulla necessità di accompagnare ed accogliere le famiglie ferite, secondo una “pedagogia della misericordia” che eviti atteggiamenti settari e sposi la pastorale con la dottrina, senza “annacquarla”. Restano però aperte tante possibilità su come mettere in pratica tale atteggiamento: c’è chi suggerisce l’analisi dei singoli casi, affidata alla responsabilità del vescovo o delle Conferenze episcopali locali, nell’ottica del decentramento e secondo opportuno discernimento; chi ribadisce che la questione è dottrinale e quindi di competenza di un Concilio e non di un Sinodo; chi ipotizza un Foro interno specifico; chi guarda ai processi di nullità matrimoniali – resi più brevi dal Motu proprio di Papa Francesco “Mites Iudex” – come esempio di un’efficace vicinanza alle persone in difficoltà, che permetta di non derogare alla dottrina.

    Auspicato intervento del Papa, per dare “un colpo d’ala” a famiglie ferite
    Altre proposte per i divorziati risposati puntano sulla loro comunione spirituale e sulla così detta “via penitenziale”, anche se alcuni preferiscono chiamarla “via della riconciliazione” o anche “itinerario di carità”. Consapevoli della complessità della questione, i Padri Sinodali si richiamano alla funzione consultiva, e non deliberativa, dell’Assemblea episcopale. Di qui, l’auspicio di un intervento specifico del Papa, anche in vista del Giubileo della misericordia, affinché – sottolinea in particolare qualche Circolo – il Pontefice crei un’apposita Commissione incaricata di approfondire questo tema, dando così “un colpo d’ala” alle famiglie ferite. E comunque i Circoli minori ribadiscono: il Sinodo non si giudica solo dal tema dei divorziati risposati.

    Le persone con tendenze omosessuali: tema del Sinodo o no?
    Anche sul tema delle persone con tendenze omosessuali si registrano approcci diversi: fermo restando la necessità di accogliere tali persone senza discriminarle, da alcune parti si sottolinea che tale questione non rientra nella tematica del Sinodo e che quindi andrebbe trattata – suggerisce un Circolo – in un meeting sinodale separato. In ogni caso, comune è la posizione dei Circoli nel respingere l’adozione di bambini per le coppie omosessuali e l’equiparazione tra il matrimonio e le unioni gay.

    Famiglia, soggetto di evangelizzazione. Più preparazione per matrimonio
    Queste, dunque, le tematiche più discusse. Ma altrettante, se non di più, sono quelle sulle quali i tredici Circoli minori si trovano d’accordo: la prima riguarda la capacità della famiglia di essere soggetto, e non solo oggetto, di evangelizzazione, e quindi la necessità che la Chiesa rilanci e sostenga di più questa sua dimensione. Poi, il tema della preparazione al matrimonio: tutte le Relazioni ribadiscono il bisogno di percorsi formativi accurati, incentrati sulla Parola di Dio e suddivisi in tre fasi temporali: remoti, prossimi ed immediatamente a ridosso delle nozze.

    Chiesa rinnovi il suo linguaggio, senza snaturare i suoi insegnamenti
    Altro punto evidenziato dalla maggior parte delle Relazioni, quello del linguaggio: la Chiesa deve rinnovarlo – dicono i Circoli – trasformarlo da statico a dinamico, per rendere più accessibili a tutti i suoi insegnamenti, senza snaturarli, ed aprire così un nuovo dialogo con le famiglie. Ad esempio: per i divorziati risposati non si parli più di “esclusione” dal Sacramento eucaristico, bensì di “astensione”. Ancora: le tredici Relazioni ribadiscono l’importanza di evidenziare la bellezza e la gioia della sessualità e della corporeità all’interno della vita coniugale, così come di ricordare gli insegnamenti dell’Enciclica “Humanae Vitae” di Paolo VI, a proposito della generatività e della castità. A tal proposito, in particolare, si sottolinea il bisogno di approfondire i temi della genitorialità responsabile e dell’educazione dei figli.

    Matrimoni misti, un’opportunità di dialogo interreligioso
    Un altro argomento molto presente in diverse Relazioni riguarda le adozioni, con il suggerimento di valorizzarle maggiormente e di dare risalto alla tutela dei bambini. Ancora: molti Circoli minori si soffermano sui matrimoni misti e suggeriscono di evidenziarne gli aspetti positivi, come la loro apertura al dialogo interreligioso, mentre da più parti si auspica una maggiore attenzione alle tematiche familiari legate al dramma della malattia e della morte. Riguardo, poi, alle coppie conviventi o sposate civilmente, i Padri Sinodali ne ribadiscono l’irregolarità, ma suggeriscono comunque di puntare su quegli aspetti positivi che possano portarle al matrimonio sacramentale.

    Attenzione ai padri separati, spesso vittime di povertà
    Da segnalare, inoltre, alcune proposte singole: porre maggiore attenzione ai padri separati o divorziati, spesso nuove vittime della povertà; apprezzare il coraggio delle donne vittime di violenza che decidono di dare alla luce i loro figli, nonostante i pregiudizi sociali che spesso che le colpiscono; dare voce a chi è costretto all’incesto o cade preda della tratta di esseri umani; non dimenticare le famiglie di rifugiati, di migranti o di chi vive tra guerre e conflitti.

    Instrumentum laboris necessita di maggiore organicità
    Infine, i Circoli minori definiscono la terza parte dell’Instrumentum laboris eccessivamente disorganica e ne suggeriscono in parte la riorganizzazione, in parte la riscrittura, in vista della Relazione finale da consegnare al Papa.






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    EL FRANCISCO DESCONOCIDO

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    Qual è il vero pensiero di papa Francesco sulla questione omosessuale? Lo rivelò l’allora cardinale Bergoglio nei suoi dialoghi con il rabbino Skorka.

    Siamo troppo abituati a leggere i titoli e ciò che riportano certi Media, da aver dimenticato il ricorso alle “fonti originali” nelle quali spesso, il soggetto di cui si vuole interpretare il pensiero distortamente, ha invece parlato esprimendolo chiaramente.

    Lo abbiamo detto diverse volte e ci piace ripeterlo, questo Blog non è contro il Papa, ma ha scelto nella maniera più semplice ed inoffensiva di raccontare – nelle e dalle cronache appunto – certi gesti, atti, o espressioni improvvisate di Bergoglio che spesso fuoriescono da certa canonicità creando imbarazzi, ambiguità ed anche false interpretazioni.

    Skorka-and-Francis-photo-credit-León-Muicey-2E allora, per essere ogni tanto anche noi, non chiari ma di più, chiarissimi, vi offriamo un dialogo originale ed integro, ossia, senza alcun nostro intervento, dal libro Il Cielo e la terra, un dialogo tra l’allora cardinale Bergoglio e il suo amico rabbino della comunità ebraica in Argentina Abraham Skorka.

    Qui emerge, integralmente, il pensiero di Jorge Mario Bergoglio, oggi Papa Francesco e che per quanto i modernisti e progressisti si affrettino a definirlo “cambiato, modificato”, a noi risulta invece persistere e ad essere più valorizzato oggi che è diventato il Vicario di Cristo.

    Non vi anticipiamo altro, ciò che segue è quanto il Papa ritiene importante ancora oggi.

    A. Skorka: Tornando al tema principale, la legge ebraica proibisce le relazioni tra uomini. La Bibbia afferma in modo chiaro che gli uomini non devono avere relazioni simili a quelle tra uomo e donna. Da lì discende tutto un modo di vedere le cose. L’ideale dell’essere umano, a partire dalla Genesi, è l’unione di un uomo e una donna. La legge ebraica è chiara in proposito: l’omosessualità non è prevista. D’altro canto, io rispetto qualsiasi individuo che mantenga un atteggiamento di pudore e intimità sul tema. Riguardo alla nuova legge, non mi convince dal punto di vista antropologico. Nel rileggere Freud e Lévi-Strauss, quando menzionano gli elementi che formano quella che conosciamo come cultura, e il valore che danno al divieto delle relazioni incestuose e all’etica sessuale, come numi del processo di civilizzazione, mi preoccupano i risultati che cambiamenti del genere possono produrre in seno alla nostra società.

    J.M. Bergoglio: Concordo in pieno. Per definire il tema utilizzerei l’espressione «regresso antropologico», perché significherebbe indebolire un’istituzione millenaria che si è forgiata in accordo con la natura e l’antropologia. Cinquant’anni fa il concubinato non era comune quanto adesso. Era un termine chiaramente dispregiativo. Poi le cose sono cambiate. Oggi convivere prima di sposarsi, sebbene non sia giusto dal punto di vista religioso, non ha più il peso sociale negativo di cinquant’anni fa. È un fatto sociologico che non ha senz’altro la pienezza né la grandezza del matrimonio, istituto millenario degno di essere difeso.

    Ecco perché abbiamo lanciato un monito sulla sua possibile svalorizzazione. Prima di modificare la giurisprudenza su un certo ambito occorre riflettere sulle possibili implicazioni. Anche per noi è importante quanto appena messo in evidenza da lei, ossia la base del diritto naturale menzionato nella Bibbia, l’unione dell’uomo e della donna. L’omosessualità è sempre esistita. L’isola di Lesbo, per esempio, era nota per ospitare donne omosessuali. Ma non era mai successo nella storia che si cercasse di darle lo stesso status del matrimonio. Veniva tollerata oppure non tollerata, era apprezzata o non apprezzata, ma mai equiparata. Sappiamo che durante alcuni cambiamenti epocali il fenomeno dell’omosessualità registrava una crescita. Ma nella nostra epoca è la prima volta che si pone il problema giuridico di assimilarla al matrimonio, cosa che giudico un disvalore e un regresso antropologico. Uso queste parole perché il tema trascende la questione religiosa, è prettamente antropologico. Di fronte a un’unione privata, non c’è un terzo o una società danneggiati. Se invece le si attribuisce la categoria di matrimonio e le si dà accesso all’adozione, ciò implica il rischio di danneggiare dei bambini. Ogni individuo ha bisogno di un padre maschio e una madre femmina che lo aiutino a plasmare la propria identità.

    Insisto, la nostra opinione sul matrimonio fra persone dello stesso sesso non ha un fondamento religioso, ma antropologico. Quando Mauricio Macri, sindaco di Buenos Aires, non è ricorso in appello contro la sentenza pronunciata da un giudice di prima istanza che autorizzava le nozze omosessuali, sentii che dovevo dire qualcosa, per dare un orientamento, e mi vidi obbligato a esprimere la mia opinione. È stata la prima volta in diciotto anni da vescovo che ho richiamato l’attenzione di un pubblico funzionario. Se si analizzano le mie dichiarazioni di allora, non ho mai parlato di omosessuali né ho usato termini dispregiativi nei loro confronti. La prima dichiarazione diceva che quella sentenza era preoccupante perché denotava una certa contraddizione con la legge, dato che un giudice di prima istanza non può toccare il codice civile, mentre in quel caso lo faceva.

    Inoltre, ammonivo sul fatto che un sindaco, custode della legalità, si esprimesse contro il ricorso in appello su tale verdetto. Macri rispose che quelle erano le sue convinzioni. Io le rispetto, ma un sindaco non dovrebbe trasferire le sue opinioni personali nella legge. Ripeto, non ho mai usato parole irriguardose nei confronti degli omosessuali, mi sono limitato a porre l’accento su una questione legale.


    Sulla questione delle adozioni a “coppie” omosessuali, il card. Bergoglio spiegava: «In genere si sostiene che per un bambino sarebbe meglio essere cresciuto da una coppia di persone dello stesso sesso, piuttosto che vivere in un orfanotrofio o in un istituto per minori. Va da sé che nessuna delle due situazioni è ottimale. Il problema è che lo Stato non fa ciò che dovrebbe. Occorre guardare i casi dei bambini che vivono in certi istituti dove si fa di tutto salvo recuperarli. Devono essere le ONG, le diverse confessioni religiose o altri tipi di organizzazioni a farsi carico di questi minori. Si dovrebbero anche snellire le pratiche di adozione, al momento eterne, affinché questi bambini possano trovare una famiglia disposta ad accoglierli. Ma una mancanza da parte dello Stato non giustifica un’altra mancanza dello stesso Stato. Occorre affrontare il problema di fondo. Più che una legge che consenta l’adozione alle persone dello stesso sesso, è necessario migliorare le norme sull’adozione, eccessivamente burocratiche e la cui attuale applicazione favorisce la corruzione».

    A. Skorka: Concordo, è necessario migliorare la legge sull’adozione. Adottare un bambino, come insegnano i saggi del Talmud, è un precetto della massima importanza. La legislazione in materia dovrebbe prevedere celerità ed efficienza nell’analisi dei singoli fattori della procedura. Tornando al tema del matrimonio, anche qui c’è una dimensione che non possiamo accantonare, per quanto sia ovvia: quella dell’amore. Non a caso la Bibbia ricorre all’immagine degli innamorati per definire l’ultimo passo verso la ricerca di Dio. Un razionalista come Maimonide, il filosofo aristotelico del XII secolo, definiva l’amore tra Dio e l’uomo in termini paragonabili all’unione tra uomo e donna. L’omosessuale ama qualcuno che conosce, un suo pari. È facile per un uomo conoscere un altro uomo, laddove conoscere una donna è molto più complesso, perché occorre decifrarla. Un uomo può sapere alla perfezione quello che prova un altro uomo, o una donna quel che succede nel corpo e nella mente di un’altra donna. Scoprire l’altro sesso, invece, è un’autentica sfida.

    J.M. Bergoglio: Parte della grande avventura, per riprendere le sue parole, consiste proprio nel decifrarsi a vicenda. Un sacerdote di mia conoscenza diceva che Dio ci ha fatti uomo e donna perché amassimo e ci amassimo. Di solito, nell’omelia per il matrimonio dico allo sposo che deve rendere lei più donna, e alla sposa che deve rendere lui più uomo. Nella Bibbia, Dio si mostra come educatore. «Io ti ho portato sulle spalle, ti ho insegnato a camminare», è scritto. Dovere del credente è far crescere i propri cuccioli, per così dire. Ogni uomo e ogni donna hanno il diritto di educare i figli ai propri valori religiosi. L’influenza dello Stato nella privazione di questa formazione può portare a fenomeni come il nazismo, dove i giovani erano indottrinati secondo valori estranei a quelli dei genitori. I totalitarismi tendono a offuscare l’educazione per tirare acqua al proprio mulino.





      QUESTO SI CHE ME GUSTA MUCHO   
    Oh!!!! ora si che ci siamo e che i conti  tornano!!
     

    Se di “novità” si vuol parlare nel Pontificato di Papa Francesco, non è nella dottrina ma NEL METODO E NEI MODI … e a meno che non abbiamo un Papa schizofrenico come io non credo affatto, sono certi giornalisti e certo clero progressista e pure modernista ad attribuire al Papa le loro schizofrenie dottrinali……
    mentre il Papa Francesco sta dimostrando PERSEVERANZA DOTTRINALE alla quale richiede semplicemente “modi nuovi e misericordiosi” per applicarla e lo ha detto ieri all’udienza di mercoledì, chiedendo a noi di pregare affinchè il sinodo RICONOSCA LA DOTTRINA DI CRISTO VERSO I CONIUGI E IL MATRIMONIO, ecco le sue parole nel ricordare che oggi è la memoria di San Giovanni Paolo II 

    “Carissimi, domani celebriamo la memoria di San Giovanni Paolo II, il Papa della famiglia. Siate suoi buoni seguaci nella premura per le vostre famiglie e per tutte le famiglie, specialmente quelle che vivono nel disagio spirituale o materiale. La fedeltà all’amore professato, alle promesse fatte e agli impegni che derivano dalla responsabilità siano la vostra forza. Per l’intercessione di San Giovanni Paolo II preghiamo che il Sinodo dei Vescovi, che sta per concludersi, rinnovi in tutta la Chiesa il senso dell’innegabile valore del matrimonio indissolubile e della famiglia sana, basata sull’amore reciproco dell’uomo e della donna, e sulla grazia divina. Benedico di cuore voi, qui presenti, e tutti i vostri cari. Sia lodato Gesù Cristo!”











    [Modificato da Caterina63 22/10/2015 11:51]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    00 23/10/2015 16:16
    [SM=g1740722]

    PRIMA DELL'EPILOGO SINODALE, LA PAROLA A RATZINGER: «ECCO I PADRI CHE TOLGONO I PECCATI DEL MONDO»

    da «Una compagnia sempre riformanda», discorso tenuto dal cardinale Joseph Ratzinger al Meeting di Rimini del 1990


    Ratzinger, Meeting di Rimini 1990//Discorso di Sua Eminenza il Card. Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

    "Gli sbarramenti che la Chiesa innalza si presentano quindi come doppiamente pesanti, poiché penetrano fin nella sfera più personale e più intima. Le norme di vita della Chiesa sono infatti ben di più che una specie di regole del traffico, affinché la convivenza umana eviti il più possibile gli scontri. Esse riguardano il mio cammino interiore, e mi dicono come devo comprendere e configurare la mia libertà. Esse esigono da me decisioni, che non si possono prendere senza il dolore della rinuncia. Non si vuole forse negarci i frutti più belli del giardino della vita? Non è forse vero che con la ristrettezza di così tanti comandi e divieti ci viene sbarrata la strada di un orizzonte aperto? E il pensiero, non viene forse ostacolato nella sua grandezza, come pure la volontà? Non deve forse la liberazione essere necessariamente l'uscita da una simile tutela spirituale? E l'unica vera riforma, non sarebbe forse quella di respingere tutto ciò? Ma allora cosa rimane ancora di questa compagnia?

    L'amarezza contro la Chiesa ha però anche un motivo specifico. Infatti, in mezzo ad un mondo governato da dura disciplina e da inesorabili costrizioni, si leva verso la Chiesa ancora e sempre una silenziosa speranza: essa potrebbe rappresentare in tutto ciò come una piccola isola di vita migliore, una piccola oasi di libertà, in cui di tanto in tanto ci si può ritirare. "


    e ancora leggiamo [SM=g1740733]


    «Là dove il perdono, il vero perdono pieno di efficacia, non viene riconosciuto o non vi si crede, la morale deve venir tratteggiata in modo tale che le condizioni del peccare per il singolo uomo non possano mai propriamente verificarsi.
    A grandi linee si può dire che l’odierna discussione morale tende a liberare gli uomini dalla colpa, facendo sì che non subentrino mai le condizioni della sua possibilità. Viene in mente la mordace frase di Pascal: “Ecce patres, qui tollunt peccata mundi”! Ecco i padri, che tolgono i peccati del mondo. Secondo questi “moralisti”, non c’è semplicemente più alcuna colpa. Naturalmente, tuttavia, questa maniera di liberare il mondo dalla colpa è troppo a buon mercato. Dentro di loro, gli uomini così liberati sanno assai bene che tutto questo non è vero, che il peccato c’è, che essi stessi sono peccatori e che deve pur esserci una maniera effettiva di superare il peccato.

    Anche Gesù stesso non chiama infatti coloro che si sono già liberati da sé e che perciò, come essi ritengono, non hanno bisogno di lui, ma chiama invece coloro che si sanno peccatori e che perciò hanno bisogno di lui. La morale conserva la sua serietà solamente se c’è il perdono, un perdono reale, efficace; altrimenti essa ricade nel puro e vuoto condizionale. Ma il vero perdono c’è solo se c’è il “prezzo d’acquisto”, l’“equivalente nello scambio”, se la colpa è stata espiata, se esiste l’espiazione. La circolarità che esiste tra “morale-perdono-espiazione” non può essere spezzata; se manca un elemento cade anche tutto il resto.

    E proprio per la circolarità tra “morale-perdono-espiazione”, pur nella difficoltà di comunicare, ricorda che alla Chiesa non basta rimettere tutto alla giustizia terrena, perché il proprio della Chiesa è l’ordine della grazia, che va al di là della legge, e significa “fare penitenza, riconoscere ciò che si è sbagliato, aprirsi al perdono, lasciarsi trasformare”».

    www.youtube.com/watch?v=DAfBfpOSIok


    qui invece troverete il testo integrale
    difenderelafede.freeforumzone.leonardo.it/d/8746849/Non-di-una-Chiesa-pi%C3%B9-umana-abbiamo-bisogno-ma-di-una-Chiesa-DIVINA-Ratzinger-1990-/discussi...










    [SM=g1740736]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    00 24/10/2015 20:32

      Ecco il testo integrale del discorso con cui Francesco ha concluso il Sinodo sulla famiglia: «Il primo dovere della Chiesa non è quello di distribuire condanne e anatemi, ma è quello di proclamare la misericordia di Dio, di chiamare alla conversione e di condurre tutti gli uomini alla salvezza del Signore»


    PAPA FRANCESCO

    Care Beatitudini, Eminenze, Eccellenze, cari fratelli e sorelle,
    vorrei innanzitutto ringraziare il Signore che ha guidato il nostro cammino sinodale in questi anni con lo Spirito Santo, che non fa mai mancare alla Chiesa il suo sostegno.

    Ringrazio davvero di cuore S. Em. il Cardinale Lorenzo Baldisseri, Segretario Generale del Sinodo, S. Ecc. Mons. Fabio Fabene, Sotto-segretario, e con loro ringrazio il Relatore S. Em. il Cardinale Peter Erdő e il Segretario Speciale S. Ecc. Mons. Bruno Forte, i Presidenti delegati, gli scrittori, i consultori, i traduttori e tutti coloro che hanno lavorato instancabilmente e con totale dedizione alla Chiesa: grazie di cuore

    Ringrazio tutti voi, cari Padri Sinodali, Delegati Fraterni, Uditori, Uditrici e Assessori,
    Parroci e famiglie, per la vostra partecipazione attiva e fruttuosa.
    Ringrazio anche gli “anonimi” e tutte le persone che hanno lavorato in silenzio contribuendo generosamente ai lavori di questo Sinodo.

    Siate sicuri tutti della mia preghiera, affinché il Signore vi ricompensi con l’abbondanza dei suoi doni di grazia!

    Mentre seguivo i lavori del Sinodo, mi sono chiesto: che cosa significherà per la Chiesa concludere questo Sinodo dedicato alla famiglia?
    Certamente non significa aver concluso tutti i temi inerenti la famiglia, ma aver cercato di illuminarli con la luce del Vangelo, della tradizione e della storia bimillenaria della Chiesa, infondendo in essi la gioia della speranza senza cadere nella facile ripetizione di ciò che è indiscutibile o già detto.

    Sicuramente non significa aver trovato soluzioni esaurienti a tutte le difficoltà e ai dubbi che sfidano e minacciano la famiglia, ma aver messo tali difficoltà e dubbi sotto la luce della Fede, averli esaminati attentamente, averli affrontati senza paura e senza nascondere la testa sotto la sabbia.

    Significa aver sollecitato tutti a comprendere l’importanza dell’istituzione della famiglia e del Matrimonio tra uomo e donna, fondato sull’unità e sull’indissolubilità, e ad apprezzarla come base fondamentale della società e della vita umana.

    Significa aver ascoltato e fatto ascoltare le voci delle famiglie e dei pastori della Chiesa che sono venuti a Roma portando sulle loro spalle i pesi e le speranze, le ricchezze e le sfide delle famiglie di ogni parte del mondo.

    Significa aver dato prova della vivacità della Chiesa Cattolica, che non ha paura di scuotere le coscienze anestetizzate o di sporcarsi le mani discutendo animatamente e francamente sulla famiglia.

    Significa aver cercato di guardare e di leggere la realtà, anzi le realtà, di oggi con gli occhi di Dio, per accendere e illuminare con la fiamma della fede i cuori degli uomini, in un momento storico di scoraggiamento e di crisi sociale, economica, morale e di prevalente negatività.

    Significa aver testimoniato a tutti che il Vangelo rimane per la Chiesa la fonte viva di eterna novità, contro chi vuole “indottrinarlo” in pietre morte da scagliare contro gli altri.

    Significa anche aver spogliato i cuori chiusi che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa, o dietro le buone intenzioni, per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite.

    Significa aver affermato che la Chiesa è Chiesa dei poveri in spirito e dei peccatori in ricerca del perdono e non solo dei giusti e dei santi, anzi dei giusti e dei santi quando si sentono poveri e peccatori.

    Significa aver cercato di aprire gli orizzonti per superare ogni ermeneutica cospirativa o chiusura di prospettive, per difendere e per diffondere la libertà dei figli di Dio, per trasmettere la bellezza della Novità cristiana, qualche volta coperta dalla ruggine di un linguaggio arcaico o semplicemente non comprensibile.

    Nel cammino di questo Sinodo le opinioni diverse che si sono espresse liberamente – e purtroppo talvolta con metodi non del tutto benevoli – hanno certamente arricchito e animato il dialogo, offrendo un’immagine viva di una Chiesa che non usa “moduli preconfezionati”, ma che attinge dalla fonte inesauribile della sua fede acqua viva per dissetare i cuori inariditi.

    E – aldilà delle questioni dogmatiche ben definite dal Magistero della Chiesa – abbiamo visto anche che quanto sembra normale per un vescovo di un continente, può risultare strano, quasi come uno scandalo, per il vescovo di un altro continente; ciò che viene considerato violazione di un diritto in una società, può essere precetto ovvio e intangibile in un’altra; ciò che per alcuni è libertà di coscienza, per altri può essere solo confusione.

    In realtà, le culture sono molto diverse tra loro e ogni principio generale ha bisogno di essere inculturato, se vuole essere osservato e applicato. Il Sinodo del 1985, che celebrava il 20° anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II, ha parlato dell’inculturazione come dell’«intima trasformazione degli autentici valori culturali mediante l’integrazione nel cristianesimo, e il radicamento del cristianesimo nelle varie culture umane». L’inculturazione non indebolisce i valori veri, ma dimostra la loro vera forza e la loro autenticità, poiché essi si adattano senza mutarsi, anzi essi trasformano pacificamente e gradualmente le varie culture.

    Abbiamo visto, anche attraverso la ricchezza della nostra diversità, che la sfida che abbiamo davanti è sempre la stessa: annunciare il Vangelo all’uomo di oggi, difendendo la famiglia da tutti gli attacchi ideologici e individualistici.

    E, senza mai cadere nel pericolo del relativismo oppure di demonizzare gli altri, abbiamo cercato di abbracciare pienamente e coraggiosamente la bontà e la misericordia di Dio che supera i nostri calcoli umani e che non desidera altro che «TUTTI GLI UOMINI SIANO SALVATI» (1 Tm 2,4), per inserire e per vivere questo Sinodo nel contesto dell’Anno Straordinario della Misericordia che la Chiesa è chiamata a vivere.

     

    Cari Confratelli,

    l’esperienza del Sinodo ci ha fatto anche capire meglio che i veri difensori della dottrina non sono quelli che difendono la lettera ma lo spirito; non le idee ma l’uomo; non le formule ma la gratuità dell’amore di Dio e del suo perdono. Ciò non significa in alcun modo diminuire l’importanza delle formule, delle leggi e dei comandamenti divini, ma esaltare la grandezza del vero Dio, che non ci tratta secondo i nostri meriti e nemmeno secondo le nostre opere, ma unicamente secondo la generosità illimitata della sua Misericordia (cfr Rm 3,21-30; Sal 129; Lc 11,37-54). Significa superare le costanti tentazioni del fratello maggiore (cfr Lc 15,25-32) e degli operai gelosi (cfr Mt 20,1-16). Anzi significa valorizzare di più le leggi e i comandamenti creati per l’uomo e non viceversa (cfr Mc 2,27).

     

    In questo senso il doveroso pentimento, le opere e gli sforzi umani assumono un significato più profondo, non come prezzo dell’inacquistabile Salvezza, compiuta da Cristo gratuitamente sulla Croce, ma come risposta a Colui che ci ha amato per primo e ci ha salvato a prezzo del suo sangue innocente, mentre eravamo ancora peccatori (cfr Rm 5,6).

    Il primo dovere della Chiesa non è quello di distribuire condanne o anatemi, ma è quello di proclamare la misericordia di Dio, di chiamare alla conversione e di condurre tutti gli uomini alla salvezza del Signore (cfr Gv 12,44-50).

    Il beato Paolo VI, con parole stupende, diceva: «Possiamo quindi pensare che ogni nostro peccato o fuga da Dio accende in Lui una fiamma di più intenso amore, un desiderio di riaverci e reinserirci nel suo piano di salvezza [...]. Dio, in Cristo, si rivela infinitamente buono [...]. Dio è buono. E non soltanto in sé stesso; Dio è – diciamolo piangendo – buono per noi. Egli ci ama, cerca, pensa, conosce, ispira ed aspetta: Egli sarà – se così può dirsi – felice il giorno in cui noi ci volgiamo indietro e diciamo: Signore, nella tua bontà, perdonami. Ecco, dunque, il nostro pentimento diventare la gioia di Dio».

    Anche san Giovanni Paolo II affermava che «la Chiesa vive una vita autentica quando professa e proclama la misericordia […] e quando accosta gli uomini alle fonti della misericordia del Salvatore, di cui essa è depositaria e dispensatrice».

    Anche Papa Benedetto XVI disse: «La misericordia è in realtà il nucleo centrale del messaggio evangelico, è il nome stesso di Dio [...] Tutto ciò che la Chiesa dice e compie, manifesta la misericordia che Dio nutre per l’uomo. Quando la Chiesa deve richiamare una verità misconosciuta, o un bene tradito, lo fa sempre spinta dall’amore misericordioso, perché gli uomini abbiano vita e l’abbiano in abbondanza (cfr Gv 10,10)».

    Sotto questa luce e grazie a questo tempo di grazia che la Chiesa ha vissuto, parlando e discutendo della famiglia, ci sentiamo arricchiti a vicenda; e tanti di noi hanno sperimentato l’azione dello Spirito Santo, che è il vero protagonista e artefice del Sinodo. Per tutti noi la parola “famiglia” non suona più come prima, al punto che in essa troviamo già il riassunto della sua vocazione e il significato di tutto il cammino sinodale.

    In realtà, per la Chiesa concludere il Sinodo significa tornare a “camminare insieme” realmente per portare in ogni parte del mondo, in ogni Diocesi, in ogni comunità e in ogni situazione la luce  la luce del Vangelo, l’abbraccio della Chiesa e il sostegno della misericordia di Dio!
    Grazie!




    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 24/10/2015 23:02

    Synod15 – XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi: Statistiche, 24.10.2015


    Alcuni dati statistici (al 24 ottobre, mattina)

    Il Canale Synod15.vatican.va (accessibile dal Sito vatican.va e dalla pagina web della Sala Stampa)

    Statistiche “Live tweeting” di @HolySeePress dal 2 al 23 ottobre

    Si riportano di seguito alcuni dati statistici relativi all’Assemblea ordinaria del Sinodo sulla Famiglia, aggiornati a questa mattina:

    Alcuni dati statistici (al 24 ottobre, mattina)

    Partecipanti al Sinodo con diritto di parola 
    Padri Sinodali: 270 
    Delegati Fraterni: 14 
    Uditori e Uditrici: 51 (17 coppie e 17 singoli)

    Numero di interventi effettivi 
    Padri Sinodali: 328 interventi (di questi, 70 sono interventi liberi) 
    Uditori e Uditrici: 17 coppie e 16 interventi singoli 
    Delegati Fraterni: 13 
    Inoltre: 51 interventi a proposito della Relazione Finale.

    Numero di ore di Congregazione generale: 54 ore 
    Numero di ore di Circoli minori: 
    36 ore

    Conferenze stampa e briefing: 19, con 46 ospiti in totale: 
    - 40 Padri Sinodali (
    di cui 4 Presidenti Delegati) 
    provenienti da: Europa 18 – Africa 5 – Asia 5 – America 10 – Oceania 2 
    - 2 Delegati fraterni 
    - 2 coppie e 2 interventi di singoli di Uditori e Uditrici

    Pubblicazione di Bollettini “Synod15”: 30, tra cui 
    - 6 interventi del Santo Padre (di cui 2 omelie) 
    -1 Relazione del Segretario Generale Card. Baldisseri 
    - 1 Relazione del Relatore Generale Card. Erdő 
    - 39 Relazioni dei Circoli Minori 
    - 12 interventi Delegati Fraterni (+ 1 fuori bollettino) 
    - 33 interventi di Uditori e Uditrici (17 coppie e 16 singoli) 
    - Commemorazione 50° Sinodo: 1 discorso Papa; 1 relazione commemorativa; 1 introduzione e 5 comunicazioni dai diversi continenti

    Accrediti 
    464
     persone accreditate per seguire l’Assemblea ordinaria del Sinodo sulla Famiglia, di cui:

    - 227 per il settore video 
    - 194 tra redattori, addetti stampa, ecc

    - 43 fotografi di agenzie, carta stampata e web 
    provenienti da: 
    Europa (366); America del Nord (54); America Latina (35); Asia (5) Africa (3); Oceania (1)

    L’Ufficio Accrediti ha rilasciato circa 100 autorizzazioni per accedere all’Augustinianum dove sono stati intervistati circa 40 Padri sinodali.

    [01817-IT.01]

    Il Canale Synod15.vatican.va (accessibile dal Sito vatican.va e dalla pagina web della Sala Stampa)

    Quest’anno il Vatiblog Synod15, canale a cura della Sala Stampa della Santa Sede, è stato suddiviso in sei canali linguistici distinti: italiano, inglese, francese, spagnolo, portoghese e cinese.

    Il supporto tecnico del Vatiblog è stato a cura del Servizio Internet Vaticano.

    In tutto il corso del Sinodo sono state diffuse in streaming su Synod15 ben 41 trasmissioni in diretta, che comprendono le dirette di celebrazioni ed eventi prodotte dal CTV, tutte le conferenze stampa e briefing avvenuti nella Sala Stampa, e le trasmissioni quotidiane in francese realizzate da RV, RCF e La Croix.

    I contributi redazionali del Vatiblog Synod15 sono stati realizzati, oltre che dalla Sala Stampa della Santa Sede (pubblicazione di tutti i Bollettini relativi al Sinodo), da sei redazioni della RV, dal Centro Televisivo Vaticano, da Salt and Light col supporto di Rome Reports.

    In totale – fino a giovedì 22 ottobre - sono stati pubblicati 446 servizi audio prodotti da RV, 123 servizi video prodotti da CTV, Saltandlighttv e Rome Reports.

    Tutti i Briefing della Sala Stampa sui lavori del Sinodo sono stati mandati in diretta streaming video dalla RV sul canale YouTube/Vatican, sul Vatican Player e sulle APP della RV; e in differita audio sul canale 5 del sito web della RV, sul Canale Italia 105 in FM e in digitale Dab+

    La Redazione Francese della RV, in collaborazione con l’emittente RCF e il giornale La Croix, ha prodotto uno Speciale sul Sinodo di 20’, dal lunedì al venerdì alle 19.10, con la partecipazione di Padri Sinodali. La trasmissione è stata trasmessa dalla Regia 9 della RV in diretta audio da RCF e in diretta streaming video sul Canale YouTube/Radiovaticanavideo.

    [01818-IT.01] [Testo originale: Italiano]

    Statistiche “Live tweeting” di @HolySeePress dal 2 al 23 ottobre

    L'account ha mandato circa 2000 tweet durante le dirette degli eventi coperti, in 3 lingue: inglese, spagnolo e italiano. Sono stati tradotti nelle tre lingue tutti i tweet degli interventi dei Padri Sinodali, esperti, uditori e delegati fraterni intervenuti durante i briefing. L'account ha inoltre rilanciato i contenuti della pagina ufficiale del Sinodo synod15.vatican.va

    Eventi coperti fino al 23 ottobre: Veglia di preghiera a Piazza san Pietro con Papa Francesco, Messa iniziale del Sinodo e successivo Angelus, relazioni iniziali, primo intervento del Santo Padre nell’Aula Sinodale, inizio lavori del #Synod15 con Papa Francesco, Messa di canonizzazione e successivo Angelus di domenica 18 ottobre, tutti i briefing delle 13. Verrà seguita anche la Messa di chiusura del Sinodo e la giornata finale dei lavori.

    Nel periodo di tempo analizzato, l'account @HolySeePress ha raccolto i seguenti numeri (dati aggiornati al 23 ottobre):

     2,2 milioni di visualizzazioni 
     1481 followers in più 
     7600 retweet 
     4174 tweet aggiunti ai preferiti 
     2883 click sui link tweetati e collegati al canale synod15.vatican.va

    Questa la distribuzione geografica del pubblico organico:






    Pubblichiamo di seguito il testo della Relazione finale del Sinodo dei Vescovi al Santo Padre Francesco, al termine della XIV Assemblea generale ordinaria (4-25 ottobre 2015) sul tema “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”.

    INDICE

    INTRODUZIONE

    I PARTE
    LA CHIESA IN ASCOLTO DELLA FAMIGLIA

    Capitolo I
    La famiglia e il contesto antropologico-culturale

    Il contesto socio-culturale
    Il contesto religioso
    Il cambiamento antropologico
    Le contraddizioni culturali
    Conflitti e tensioni
    Fragilità e forza della famiglia

    Capitolo II
    La famiglia e il contesto socio-economico

    La famiglia insostituibile risorsa della società
    Politiche in favore della famiglia
    Solitudine e precarietà
    Economia ed equità
    Povertà ed esclusione
    Ecologia e famiglia

    Capitolo III
    Famiglia, inclusione e società

    La terza età
    La vedovanza
    L’ultima stagione della vita e il lutto in famiglia
    Persone con bisogni speciali
    Le persone non sposate
    Migranti, profughi, perseguitati
    Alcune sfide peculiari
    I bambini
    La donna
    L’uomo
    I giovani

    Capitolo IV
    Famiglia, affettività e vita

    La rilevanza della vita affettiva
    La formazione al dono di sé
    Fragilità e immaturità
    Tecnica e procreazione umana
    La sfida per la pastorale

    II PARTE
    LA FAMIGLIA NEL PIANO DI DIO

    Capitolo I
    La famiglia nella storia della salvezza

    La pedagogia divina
    L’icona della Trinità nella famiglia
    La famiglia nella Sacra Scrittura
    Gesù e la famiglia

    Capitolo II
    La famiglia nel Magistero della Chiesa

    L’insegnamento del Concilio Vaticano II
    Paolo VI
    Giovanni Paolo II
    Benedetto XVI
    Francesco

    Capitolo III
    La famiglia nella dottrina cristiana

    Matrimonio nell’ordine della creazione e pienezza sacramentale
    Indissolubilità e fecondità dell’unione sponsale
    I beni della famiglia
    Verità e bellezza della famiglia

    Capitolo IV
    Verso la pienezza ecclesiale della famiglia

    L’intimo legame tra Chiesa e famiglia
    La grazia della conversione e del compimento
    La misericordia nel cuore della rivelazione

    III PARTE
    LA MISSIONE DELLA FAMIGLIA

    Capitolo I
    La formazione della famiglia

    La preparazione al matrimonio
    La celebrazione nuziale
    I primi anni della vita familiare
    La formazione dei presbiteri e di altri operatori pastorali

    Capitolo II
    Famiglia, generatività, educazione

    La trasmissione della vita
    La responsabilità generativa
    Il valore della vita in tutte le sue fasi
    Adozione e affido
    L’educazione dei figli

    Capitolo III
    Famiglia e accompagnamento pastorale

    Situazioni complesse
    Accompagnamento in diverse situazioni
    Discernimento e integrazione

    Capitolo IV
    Famiglia ed evangelizzazione

    La spiritualità familiare
    La famiglia soggetto della pastorale
    Il rapporto con le culture e con le istituzioni
    L’apertura alla missione

    CONCLUSIONE

    Preghiera alla Santa Famiglia






    [Modificato da Caterina63 24/10/2015 23:02]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    00 25/10/2015 12:30

    SANTA MESSA PER LA CONCLUSIONE 
    DELLA XIV ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI

    OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

    Basilica Vaticana
    XXX Domenica del Tempo Ordinario, 25 ottobre 2015

    [Multimedia]










     

    Tutte e tre le Letture di questa domenica ci presentano la compassione di Dio, la sua paternità, che si rivela definitivamente in Gesù.

    Il profeta Geremia, in pieno disastro nazionale, mentre il popolo è deportato dai nemici, annuncia che «il Signore ha salvato il suo popolo, il resto d’Israele» (31,7). E perché lo ha fatto? Perché Lui è Padre (cfr v. 9); e come Padre si prende cura dei suoi figli, li accompagna nel cammino, sostiene «il cieco e lo zoppo, la donna incinta e la partoriente» (31,8). La sua paternità apre loro una via accessibile, una via di consolazione dopo tante lacrime e tante amarezze. Se il popolo resta fedele, se persevera a cercare Dio anche in terra straniera, Dio cambierà la sua prigionia in libertà, la sua solitudine in comunione: ciò che oggi il popolo semina nelle lacrime, domani lo raccoglierà nella gioia (cfr Sal 125,6).

    Con il Salmo abbiamo manifestato anche noi la gioia che è frutto della salvezza del Signore: «La nostra bocca si riempì di sorriso, la nostra lingua di gioia» (v. 2). Il credente è una persona che ha sperimentato l’azione salvifica di Dio nella propria vita. E noi, Pastori, abbiamo sperimentato che cosa significhi seminare con fatica, a volte nelle lacrime, e gioire per la grazia di un raccolto che sempre va oltre le nostre forze e le nostre capacità.

    Il brano della Lettera agli Ebrei ci ha presentato la compassione di Gesù. Anche Lui “si è rivestito di debolezza” (cfr 5,2), per sentire compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore. Gesù è il sommo sacerdote grande, santo, innocente, ma al tempo stesso è il sommo sacerdote che ha preso parte alle nostre debolezze ed è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato (cfr 4,15). Per questo è il mediatore della nuova e definitiva alleanza che ci dà la salvezza.

    Il Vangelo odierno ci collega direttamente alla prima Lettura: come il popolo d’Israele è stato liberato grazie alla paternità di Dio, così Bartimeo è stato liberato grazie alla compassione di Gesù. Gesù è appena uscito da Gerico. Nonostante abbia appena iniziato il cammino più importante, quello verso Gerusalemme, si ferma ancora per rispondere al grido di Bartimeo. Si lascia toccare dalla sua richiesta, si fa coinvolgere dalla sua situazione. Non si accontenta di fargli l’elemosina, ma vuole incontrarlo di persona. Non gli dà né indicazioni né risposte, ma pone una domanda: «Che cosa vuoi che io faccia per te?» (Mc 10,51). Potrebbe sembrare una richiesta inutile: che cosa potrebbe desiderare un cieco se non la vista? Eppure, con questo interrogativo fatto “a tu per tu”, diretto ma rispettoso, Gesù mostra di voler ascoltare le nostre necessità. Desidera con ciascuno di noi un colloquio fatto di vita, di situazioni reali, che nulla escluda davanti a Dio. Dopo la guarigione il Signore dice a quell’uomo: «La tua fede ti ha salvato» (v. 52). È bello vedere come Cristo ammira la fede di Bartimeo, fidandosi di lui. Lui crede in noi, più di quanto noi crediamo in noi stessi.

    C’è un particolare interessante. Gesù chiede ai suoi discepoli di andare a chiamare Bartimeo. Essi si rivolgono al cieco usando due espressioni, che solo Gesù utilizza nel resto del Vangelo. In primo luogo gli dicono: “Coraggio!”, con una parola che letteralmente significa “abbi fiducia, fatti animo!”. In effetti, solo l’incontro con Gesù dà all’uomo la forza per affrontare le situazioni più gravi. La seconda espressione è “Alzati!”, come Gesù aveva detto a tanti malati, prendendoli per mano e risanandoli. I suoi non fanno altro che ripetere le parole incoraggianti e liberatorie di Gesù, conducendo direttamente a Lui, senza prediche. A questo sono chiamati i discepoli di Gesù, anche oggi, specialmente oggi: a porre l’uomo a contatto con la Misericordia compassionevole che salva. Quando il grido dell’umanità diventa, come in Bartimeo, ancora più forte, non c’è altra risposta che fare nostre le parole di Gesù e soprattutto imitare il suo cuore. Le situazioni di miseria e di conflitto sono per Dio occasioni di misericordia. Oggi è tempo di misericordia!

    Ci sono però alcune tentazioni per chi segue Gesù. Il Vangelo di oggi ne evidenzia almeno due. Nessuno dei discepoli si ferma, come fa Gesù. Continuano a camminare, vanno avanti come se nulla fosse. Se Bartimeo è cieco, essi sono sordi: il suo problema non è il loro problema. Può essere il nostro rischio: di fronte ai continui problemi, meglio andare avanti, senza lasciarci disturbare. In questo modo, come quei discepoli, stiamo con Gesù, ma non pensiamo come Gesù. Si sta nel suo gruppo, ma si smarrisce l’apertura del cuore, si perdono la meraviglia, la gratitudine e l’entusiasmo e si rischia di diventare “abitudinari della grazia”. Possiamo parlare di Lui e lavorare per Lui, ma vivere lontani dal suo cuore, che è proteso verso chi è ferito. Questa è la tentazione: una “spiritualità del miraggio”: possiamo camminare attraverso i deserti dell’umanità senza vedere quello che realmente c’è, bensì quello che vorremmo vedere noi; siamo capaci di costruire visioni del mondo, ma non accettiamo quello che il Signore ci mette davanti agli occhi. Una fede che non sa radicarsi nella vita della gente rimane arida e, anziché oasi, crea altri deserti.

    C’è una seconda tentazione, quella di cadere in una “fede da tabella”. Possiamo camminare con il popolo di Dio, ma abbiamo già la nostra tabella di marcia, dove tutto rientra: sappiamo dove andare e quanto tempo metterci; tutti devono rispettare i nostri ritmi e ogni inconveniente ci disturba. Rischiamo di diventare come quei “molti” del Vangelo che perdono la pazienza e rimproverano Bartimeo. Poco prima avevano rimproverato i bambini (cfr 10,13), ora il mendicante cieco: chi dà fastidio o non è all’altezza è da escludere. Gesù invece vuole includere, soprattutto chi è tenuto ai margini e grida a Lui. Costoro, come Bartimeo, hanno fede, perché sapersi bisognosi di salvezza è il miglior modo per incontrare Gesù.

    E alla fine Bartimeo si mette a seguire Gesù lungo la strada (cfr v. 52). Non solo riacquista la vista, ma si unisce alla comunità di coloro che camminano con Gesù. Carissimi Fratelli sinodali, noi abbiamo camminato insieme. Vi ringrazio per la strada che abbiamo condiviso con lo sguardo rivolto al Signore e ai fratelli, nella ricerca dei sentieri che il Vangelo indica al nostro tempo per annunciare il mistero di amore della famiglia. Proseguiamo il cammino che il Signore desidera. Chiediamo a Lui uno sguardo guarito e salvato, che sa diffondere luce, perché ricorda lo splendore che lo ha illuminato. Senza farci mai offuscare dal pessimismo e dal peccato, cerchiamo e vediamo la gloria di Dio, che risplende nell’uomo vivente.



    ANGELUS

    Piazza San Pietro
    Domenica, 25 ottobre 2015

    [Multimedia]



     

    Cari fratelli e sorelle! 

    Questa mattina, con la Santa Messa celebrata nella Basilica di San Pietro, si è conclusa l’Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia. Invito tutti a rendere grazie a Dio per queste tre settimane di lavoro intenso, animato dalla preghiera e da uno spirito di vera comunione. E’ stato faticoso, ma è stato un vero dono di Dio, che porterà sicuramente molto frutto.

    La parola “sinodo” significa “camminare insieme”. E quella che abbiamo vissuto è stata l’esperienza della Chiesa in cammino, in cammino specialmente con le famiglie del Popolo santo di Dio sparso in tutto il mondo. Per questo mi ha colpito la Parola di Dio che oggi ci viene incontro nella profezia di Geremia. Dice così: «Ecco, li riconduco dalla terra del settentrione e li raduno dalle estremità della terra; fra loro sono il cieco e lo zoppo, la donna incinta e la partoriente: ritorneranno qui in gran folla». E il profeta aggiunge: «Erano partiti nel pianto, io li riporterò tra le consolazioni; li ricondurrò ai fiumi ricchi d’acqua per una strada dritta in cui non inciamperanno, perché io sono un padre per Israele» (31,8-9).

    Questa Parola di Dio ci dice che il primo a voler camminare insieme con noi, a voler fare “sinodo” con noi, è proprio Lui, il nostro Padre. Il suo “sogno”, da sempre e per sempre, è quello di formare un popolo, di radunarlo, di guidarlo verso la terra della libertà e della pace. E questo popolo è fatto di famiglie: ci sono «la donna incinta e la partoriente»; è un popolo che mentre cammina manda avanti la vita, con la benedizione di Dio.

    E’ un popolo che non esclude i poveri e gli svantaggiati, anzi, li include. Dice il profeta: «Fra loro sono il cieco e lo zoppo». E’ una famiglia di famiglie, in cui chi fa fatica non si trova emarginato, lasciato indietro, ma riesce a stare al passo con gli altri, perché questo popolo cammina sul passo degli ultimi; come si fa nelle famiglie, e come ci insegna il Signore, che si è fatto povero con i poveri, piccolo con i piccoli, ultimo con gli ultimi. Non lo ha fatto per escludere i ricchi, i grandi e i primi, ma perché questo è l’unico modo per salvare anche loro, per salvare tutti: andare con i piccoli, con gli esclusi, con gli ultimi.

    Vi confesso che questa profezia del popolo in cammino l’ho confrontata anche con le immagini dei profughi in marcia sulle strade dell’Europa, una realtà drammatica dei nostri giorni. Anche a loro Dio dice: «Erano partiti nel pianto, io li riporterò tra le consolazioni». Anche queste famiglie più sofferenti, sradicate dalle loro terre, sono state presenti con noi nel Sinodo, nella nostra preghiera e nei nostri lavori, attraverso la voce di alcuni loro Pastori presenti in Assemblea. Queste persone in cerca di dignità, queste famiglie in cerca di pace rimangono ancora con noi, la Chiesa non le abbandona, perché fanno parte del popolo che Dio vuole liberare dalla schiavitù e guidare alla libertà.

    Dunque, in questa Parola di Dio, si rispecchia sia l’esperienza sinodale che abbiamo vissuto, sia il dramma dei profughi in marcia sulle strade dell’Europa. Il Signore, per intercessione della Vergine Maria, ci aiuti anche ad attuarla in stile di fraterna comunione.


    Dopo l'Angelus:

    Cari fratelli e sorelle,

    saluto tutti voi, fedeli romani e pellegrini di diversi Paesi.

    In particolare saluto la Hermandad del Señor de los Milagros di Roma [in spagnolo: quanti peruviani ci sono in piazza!], che con tanta devozione ha portato in processione l’Immagine venerata a Lima, nel Perù, e dovunque vi sono emigrati peruviani. Grazie della vostra testimonianza!

    Saluto i pellegrini musicisti della “Musikverein Manhartsberg”, provenienti dalla diocesi di Vienna; e l’Orchestra di Landwehr, Friburgo (Svizzera), che ieri sera ha tenuto un concerto di beneficenza.

    Saluto l’Associazione Volontari Ospedalieri “San Giovanni” di Lagonegro, e il gruppo della Diocesi di Oppido Mamertina-Palmi.

    Auguro a tutti una buona domenica. E, mi raccomando, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci.

         






    [Modificato da Caterina63 25/10/2015 12:59]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    Sesso: Femminile
    00 25/10/2015 19:18
      Un Marco Tosatti intelligente, affidabile e serio   comunque è quanto abbiamo detto in altro spazio qui e non dimentichiamo che i titoloni italiani sono diretti magistralmente dal vaticaninsider, per nulla affidabile e di certo rigore modernista.... oserei dire che la presentazione più omogenea e seria è questa: 
    Il Daily Telegraph :
    “Il Sinodo si è concluso. Niente di sostanziale è cambiato. L’insegnamento cattolico rimane lo stesso. E così dovrebbe essere. I termini della salvezza non cambiano a seconda delle circostanze presenti. E’ della Chiesa cattolica che parliamo, non di un partito politico. Sui divorziati risposati è stato lavorato un certo grado di compromesso affermando che quelli in questa situazione devono essere reintegrati nella Chiesa, ma fermandosi prima di permettere la piena Comunione”.


     


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    IL SINODO È FINITO. LE “SINODATE” ANCHE?

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    È finalmente finito il sinodo ordinario sulla famiglia, non senza prima aver introdotto la nuova dottrina delle “attenuanti”

    Immaginiamo di ascoltare quale sottofondo le parole di Mina in “parole, parole, parole, soltanto parole, parole” d’amor…, per comprendere quanto di sentimentalismo, la nuova dottrina del momento, ha impregnato e accompagnato ogni mirabile sforzo nella conclusione dei lavori del Sinodo 2015 (cliccare qui per leggere la relatio finale).

    È finita per ora! E sarebbe da cantare il Te Deum… a proposito, una volta si cantava al termine delle grandi assise sinodali, ma già, questa è la chiesa dell’ “ammmmore” e della tenerezza, il Te Deum la offuscherebbe!

    12176132_10206826203165382_91232364_oMa come è finita? Non certo come hanno intitolato i mass-media e c’era da aspettarselo: silenzio assoluto sui temi fondamentali quali il “no” deciso all’unanimità sulle unioni omosessuali e il fatto che nessuna decisione è stata presa a riguardo della comunione ai divorziati-risposati.

    Un “no” deciso anche a riguardo dell’uso dei contraccettivi di ogni specie e risma ed anzi, c’è stato un inaspettato (ma era certamente da noi sperato) appoggio e sostegno sia all’Humanae vitae di Paolo VI quanto allaFamiliaris consortio di Giovanni Paolo II e dove leggiamo testualmente:

    43. Il Beato Paolo VI, sulla scia del Concilio Vaticano II, ha approfondito la dottrina sul matrimonio e sulla famiglia.In particolare, con l’Enciclica Humanae Vitae, ha messo in luce il legame intrinseco tra amore coniugale e generazione della vita:«l’amore coniugale richiede dagli sposi che essi conoscano convenientemente la loro missione di paternità responsabile, sulla quale oggi a buon diritto tanto si insiste e che va anch’essa esattamente compresa. […] L’esercizio responsabile della paternità implica dunque che i coniugi riconoscano i propri doveri verso Dio, verso se stessi, verso la famiglia e verso la società, in una giusta gerarchia dei valori» (HV, 10).

    44. Nella Lettera alle famiglie Gratissimam Sane e soprattutto con l’Esortazione Apostolica Familiaris Consortio, Giovanni Paolo II ha indicato la famiglia come “via della Chiesa”, ha offerto una visione d’insieme sulla vocazione all’amore dell’uomo e della donna, ha proposto le linee fondamentali per la pastorale della famiglia e per la presenza della famiglia nella società.

    Dunque le linee fondamentali per una corretta pastorale restano quelle gettate e segnalate in questi grandi documenti, anche a dispetto di certi preti che ultimamente hanno lavorato sodo contro, ingannando molti lettori sulla presunta “superata” disciplina della Chiesa incisa in questi testi e generando molta confusione.

    Non pochi presunti “vaticanisti” hanno scoperto l’acqua calda. Per loro la novità del Sinodo sta nel fatto che i Vescovi, finalmente, hanno inventato una nuova dottrina, quella delle ATTENUANTI.

    Ma le “attenuanti” la Chiesa le ha sempre tenute in considerazione tanto che, non per nulla, ha da secoli  istituito il Tribunale detto prima della Sacra Rota. Il punto da approfondire sarebbe allora valutare in che modo la Chiesa ha fatto uso di questo Tribunale ieri e di come lo sta usando oggi. Quali e dove gli usi e gli abusi e fino a che punto la Chiesa può spingersi.

    Dal canto suo il testo finale sinodale dice:

    82. Per tanti fedeli che hanno vissuto un’esperienza matrimoniale infelice, la verifica dell’invalidità del matrimonio rappresenta una via da percorrere.

    Non è una novità è la strada che la Chiesa ha sempre tenuto in considerazione.

    Ma è ovvio che il passaggio da questo Tribunale, per i risposati che volessero accedere alla Comunione, è obbligatorio semplicemente perché la Chiesa non può sostenere due matrimoni.

    Resta allora il problema di quei matrimoni che il Tribunale reputa validi, cosa fare con i risposati le cui seconde nozze restano illecite e ricadono nel sesto comandamento?

    Qui le parole dei Padri sinodali e del papa si sciolgono in uno tsunami di grandi proporzioni: il “caso per caso”, le attenuanti, l’ammmmore, la misericordia come se prima, in passato, avessimo avuto una Madre cattiva e matrigna mentre oggi abbiamo finalmente una Madre misericordiosa….

    La loro colpa è anche nell’uso di un linguaggio assolutamente inadatto a comprendere la portata della legge di Dio e alla disobbedienza di questa. Si ha paura di dire le cose come stanno e il papa continua ad accusare di rigidità quanti usassero le parole contenute nella Dottrina per spiegare a queste persone come stanno realmente le cose. Ed è certo che modificare l’uso del linguaggio finisce inevitabilmente per nascondere la dottrina o metterla a tacere, con i risultati che stiamo appunto vedendo.

    12171975_10206826203125381_1015138795_oMa i Padri sinodali hanno difeso la HV e la FC, dunque le chiacchiere mediatiche o dei vari vaticanisti di turno, stanno a zero.

    Quando si cita o si difende un Documento lo si intende nella sua integrità e i padri lo hanno detto che nella FC ci sono “le linee fondamentali per la pastorale della famiglia”. Non si tratta perciò di un solo paragrafo, ma di tutto l’insieme.

    Il n. 53 del testo finale sinodale, dice:  “Lo sguardo di Cristo, la cui luce rischiara ogni uomo (cf. Gv 1,9; GS, 22) ispira la cura pastorale della Chiesa verso i fedeli che semplicemente convivono o che hanno contratto matrimonio soltanto civile o sono divorziati risposati. Nella prospettiva della pedagogia divina, la Chiesa si volge con amore a coloro che partecipano alla sua vita in modo imperfetto: invoca con essi la grazia della conversione…”. LA GRAZIA DELLA CONVERSIONE… questo è l’approdo dell’accompagnamento e del cammino per queste persone a cui si riferiscono i padri sinodali.

    La confusione, cari Padri, nasce dall’aver abbandonato quel saggio consiglio del Nostro Signore Gesù Cristo: “Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno…” (Mt.5,37), che sapeva senza dubbio quel che diceva e che per aver obbedito la Chiesa si è trovata bene in campo dottrinale in questi duemila anni mentre, è inutile nasconderselo, i problemi di oggi che non sono solo di natura sociale e culturale del nostro tempo, hanno origine anche dal nuovo linguaggio del mondo che è quello della politica corretta, quello della paura di cosa poi diranno i mass-media, quello del “se dico così” almeno continueranno a darmi l’ottoxmille, quello del compromesso con il mondo.

    Come conclusione delle nostre riflessioni vogliamo condividervi quelle di un “nonno di strada” che esprime cinque punti semplici e nodali di cui uno indiscutibile,apparso qui su La nuova bussola quotidiana.

    Riportiamo qui solo alcuni punti che facciamo completamente nostri:

    1. Non sento, in questo periodo, l’invito primario a convertirsi a Cristo, anche e forse soprattutto quando si parla di famiglia.
    2. In questo contesto pluriforme, non sento più parlare della virtù della castità, neppure da parte di tanti padri sinodali. Hanno forse vergogna della integralità di Cristo, di fronte ad un mondo che assume altri criteri molto più sbrigativi e istintivi? Stanno forse dimenticando che è possibile a Dio ciò che sembra impossibile agli uomini?
    3. Giustamente questo giornale ha rilevato che nel Sinodo pare che si parli molto poco del peccato originale, senza del quale non si capiscono tante cose. Teniamo  presente, ad esempio, che la maggioranza dei divorziati non ha nessuna intenzione di comunicarsi dopo la rottura del matrimonio. Ho l’impressione che, su questo specifico tema, molti non abbiano a cuore la “misericordia”, ma altro.
    4. Ma oggi è molto difficile sentire parlare di sacrificio, oltre che di peccato originale. Probabilmente, qualche teologo inorridirà di fronte a quanto ho qui espresso. Pazienza, sono pronto a correggermi. Solo sul punto n. 1 non si può discutere, anche se è quello più messo sotto silenzio.

    Te Deum laudamus, dunque, anche questa è finita, ad ogni giorno basta la sua pena, andiamo ora a raccogliere i cocci per riportare in prima linea il valore del contenuto dottrinale del Vangelo per la salvezza delle nostre anime e di quelle del nostro prossimo.


    APPROFONDIMENTI:






    Sinodo sulla famiglia
     

    Sono tantissime le persone che accorrono, nelle città in cui fanno sosta, a pregare sull'urna con le spoglie dei genitori di Santa Teresa di Lisieux, canonizzati lo scorso 18 ottobre, durante il Sinodo. Perché è questa la bellezza della famiglia cattolica, che attrae: perché la santità è la risposta più adeguata alle sfide  della famiglia. Ma è ciò che purtroppo il Sinodo dei vescovi non ha comunicato, dando invece l'idea di una Chiesa che cede alle logiche del mondo.

     

    - «No alla spiritualità del miraggio», di M. Introvigne
    - Il Sinodo finisce con un compromesso, di L. Bertocchi

    di Riccardo Cascioli


    Il vero Sinodo? Quello di Luigi e Zelia Martin
    di Riccardo Cascioli26-10-2015
    Luigi e Zelia Martin

    «Mamma ha vissuto la Speranza cristiana: questa speranza era veramente il clima di famiglia. In casa non si sentiva parlare che della vita eterna, non c’era che questa che contasse. Nell’educazione dei suoi figli, la sua preoccupazione dominante era il Cielo e il distacco dalle cose della terra: ella ce ne parlava sempre».

    «Un mese dopo l’entrata al Carmelo di Teresa, nel maggio 1888, alla grata del parlatorio papà disse: “Figlie mie, ritorno ora da Alencon dove ho ricevuto nella chiesa di Notre-Dame, tali grandi grazie e consolazioni che ho fatto questa preghiera: ‘Mio Dio è troppo!... Sì, sono troppo felice, non si può andare in cielo così. Voglio soffrire qualcosa per voi… E mi sono offerto…”. La parola Vittima morì sulle labbra. Non osò pronunciarla davanti a noi, ma noi abbiamo compreso».

    Questo è come Celina, sorella di santa Teresina e una delle cinque figlie suore, ricorda i suoi genitori Luigi e Zelia Martin, i primi coniugi santi, canonizzati da papa Francesco lo scorso 18 ottobre, nel mezzo del Sinodo sulla famiglia. Due brevi passaggi, ma che possono dare l’idea di che cosa sia una famiglia cattolica. Non un ideale astratto, ma una fede vissuta quotidianamente tra gioie e sofferenze grandi, con un amore reciproco che riflette l’Amore di Dio. Una famiglia in cui si impara che l’unica cosa che conta davvero è camminare verso la santità.

    È questa la bellezza che attira le persone. Dovunque l’urna con le reliquie dei coniugi Martin faccia sosta (Roma, Lisieux, ieri a Monza, oggi a Como) il popolo accorre numeroso e desideroso: per pregarli, per imparare a vivere così, per condividere per qualche momento quell’esperienza di Cielo, di eternità, che tutti noi – consapevoli o no – desideriamo: per noi stessi e per le nostre famiglie così imperfette.

    È la bellezza della famiglia cristiana di cui il mondo, tutto il mondo, ha bisogno e che al mondo avremmo desiderato mostrare in questi due anni di Sinodo continuo sulla famiglia. Se è vero – come ha ricordato papa Francesco facendo eco ai suoi predecessori – che sulla famiglia si gioca il futuro del mondo e se è vero che mai come oggi la famiglia è minacciata, questa della santità è la risposta più adeguata, quella che va alla radice del problema.

    Invece, bisogna riconoscere che la percezione comune – mondiale - dopo questa maratona sinodale è di una Chiesa cattolica sostanzialmente avvitata sulla comunione ai divorziati risposati. È vero, l’immagine non è completamente corretta, perché la Relatio finale contiene molti punti dedicati alla riproposizione dei fondamenti di una famiglia – uomo e donna sposati in un matrimonio indissolubile e aperti alla vita – ma la responsabilità non è tutta dei media, è in buona parte dei portavoce del Sinodo che di giorno in giorno si sono alternati per la conferenza stampa quotidiana, e che hanno corroborato questa immagine.

    Ad ogni modo ciò che è passato nell’opinione pubblica – piaccia o meno - non è una proposta concreta, una luce a cui guardare per illuminare il cammino di famiglie ordinarie, di coppie in difficoltà, di uomini e donne che devono fare i conti con i cocci che sono l’unica cosa che resta del loro matrimonio, di giovani che vivono in culture che esigono forme disumane di rapporto. No, è stata trasmessa invece l’immagine di una Chiesa che cede alla logica del mondo, che ragiona come il mondo: comunione ai divorziati risposati sì o no? Unioni gay sì o no? Coppie di fatto buone oppure no? 

    Non una Chiesa più che mai decisa a indicare la strada della santità, unica risposta adeguata alle attese del mondo e valida in ogni circostanza, soprattutto le più dolorose; ma una Chiesa preoccupata di mettere a posto le coscienze delle persone, anche quando è la coscienza stessa a gridare l’inadeguatezza della risposta.
    Non una Chiesa che costringe a guardare in alto, ma che invece si preoccupa essenzialmente di risolvere i problemi.

    Questa è una Chiesa che interessa ai media, perché parla la loro lingua, la lingua di un potere a cui è rimasta solo la Chiesa cattolica da omologare; basta guardare l’entusiasmo con cui i giornaloni laicisti stanno accompagnando e tifando per una presunta rivoluzione, per «la nuova Chiesa» come l’ha definita un padre sinodale (e non parliamo della sguaiatezza di certi vaticanisti ben accreditati, clicca qui). Ma è una Chiesa che interessa molto meno al popolo, che invece accorre assetato laddove passano le spoglie dei coniugi Martin.

    Se questo è il punto, passa in secondo piano anche la disputa sulle interpretazioni della Relatio finale del Sinodo (probabilmente alla fine ognuno farà come vuole); anche l’ennesima vergognosa manipolazione con i giornaloni di cui sopra, che annunciano festosi la comunione per i divorziati risposati anche se di comunione in tutta la Relatio non si parla affatto; anche la constatazione di una profonda divisione nella Chiesa; anche l’attesa per le decisioni del Papa.

    Diversi vescovi si sono sforzati di raccontare quanto è stata bella l’esperienza del Sinodo, e non lo mettiamo in dubbio. Ma il popolo cristiano, confuso dai suoi pastori, fa affidamento sulle coppie già beatificate e sui santi Luigi e Zelia Martin, la cui canonizzazione – evento extrasinodale - si dimostrerà il punto più alto del Sinodo.

    - «No alla spiritualità del miraggio»di M. Introvigne
    - Il Sinodo finisce con un compromesso, di L. Bertocchi





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    Sinodo. Voti rovesciati?

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    Abbiamo ricevuto la lettera di una persona esperta di numeri, matematica, percentuali e lettura delle stesse che ci offre un’interpretazione interessante della recente votazione sulla Relazione Finale al Sinodo dei vescovi. È interessante, perché offre un’interpretazione completamente diversa da quella finora accreditata su chi ha votato pro e/o contro, e perché.

    di Marco Tosatti (26-10-2015)

    Abbiamo ricevuto la lettera di una persona esperta di numeri, matematica, percentuali e lettura delle stesse che ci offre un’interpretazione interessante della recente votazione sulla Relazione Finale al Sinodo dei vescovi. È interessante, perché offre un’interpretazione completamente diversa da quella finora accreditata su chi ha votato pro e/o contro, e perché. E l’immagine che ne esce è profondamente diversa dal panorama corrente. E che sposta l’interesse dal tema dei divorziati risposati a quello delle unioni omosessuali e sull’ideologia gender, dove il testo è molto netto, con grande maggioranza di consensi L’autore, che come abbiamo detto è un esperto di questi temi, fa riferimento ai risultati pubblicati dal sito ufficiale della Santa Sede. Ma ecco il testo:

    e436890c-61b8-3649-a9ad-f334f1ab02f6«Se si analizza il voto per paragrafi, si nota che, indubbiamente, i padri sinodali che si sono opposti alle formule non sono stati pochi (il massimo è il 31% di “no” sul par. 85). Tuttavia, siamo lontanissimi dalla spaccatura che i media riportano, quando affermano che sul tema dei divorziati-risposati il testo è passato per un solo voto. Ebbene, che significa che meno di un terzo dei padri ha votato “no”? Che la frangia vittoriosa dei “si” è proprio quella dei “conservatori”, ossia di coloro che hanno voluto un testo che non dicesse proprio nulla di nuovo rispetto al magistero (è stato giustamente richiamata la Familiaris consortio, che viene riproposta nei paragrafi 84 e 85). (N.D.R. E forse sulla stessa linea può essere letta la dichiarazione del card. Pell, secondo cui è significativo che nel testo non si parli assolutamente di Comunione).

    Che l’ala della “discontinuità” sia uscita sconfitta e abbia, scontenta, votato “no” lo si capisce se si va a vedere quali sono gli altri paragrafi rispetto ai quali il dissenso è alto e supera il 10%. Si tratta, anzitutto, del paragrafo 76, che ha messo una pesante pietra tombale sulla “via ecclesiale” all’ideologia gender e sulle ipotizzate aperture della Chiesa alla ideologia gay.

    Siccome è un paragrafo lapidario e radicale, è matematico che quel 14% di no sia venuto tutto dall’ala “aperturista”. Possiamo dunque assumere che il 31% di no al paragrafo 85 ed il 27% di no al paragrafo 84 siano costituiti per circa metà, del dissenso manifestato da coloro che non hanno digerito il paragrafo 76. La restante metà, è fatta in parte, ancora una volta, da “aperturisti delusi” e in piccola parte da quei padri conservatori che, pur approvando la sostanza dei paragrafi 84 e 85, hanno però disapprovato il fatto che il loro senso non sia stato più chiaramente esplicitato, per evitare che taluni possano maliziosamente o involontariamente fraintenderlo.

    Come faccio ad affermare ciò?

    Lo faccio analizzando il voto relativo al paragrafo 86. Il paragrafo 86, infatti, è la chiave per leggere correttamente il n. 84 ed il n. 85, laddove esso prescrive che “… siccome nella legge non vi è gradualità…” allora occorre che “… il discernimento non possa prescindere dalle esigenze di verità e di carità del Vangelo…”. Si tratta di dottrina tradizionale allo stato puro, che i più preoccupati tra i conservatori dell’effetto mediatico, volevano fosse inserita nel corpo del n. 85, per evitare che coloro che, nell’epoca di Twitter, non riescono a leggere più di dieci righe alla volta, non cadessero nell’equivoco o non “ci marciassero” (come diciamo a Roma). E quindi, il voto negativo sul n. 86 è sostanzialmente, ancora una volta, un dissenso tutto degli “innovatori”.

    Riassumendo, quindi, la situazione della Relatio Finalis sui temi della morale coniugale più seguiti dal vasto pubblico, è ragionevole ritenere sia quella seguente:

    a) La posizione sulla disciplina dei sacramenti per i divorziati risposati è in linea col magistero precedente, ed è stata sostenuta a maggioranza larghissima (stimo il 75%) dei padri sinodali. Un voto nel solco della continuità e, in tal senso, un voto a larga prevalenza conservatrice.

    b) La posizione è stata avversata da una minoranza (stimo il 25%) di “aperturisti” o “innovatori”. Si tratta di una percentuale fisiologica, non patologica.

    c) La posizione è stata avversata da una piccolissima minoranza di padri conservatori (5%), che pur non essendo in dissenso sulla sostanza, hanno avuto perplessità circa la forma.

    Poi vi è la chiusura sul tema gay, che è quasi da concilio ecumenico e resterà nella storia della Chiesa. È il vero evento che, silenzioso come una grande stella che esplode lontano di giorno, ma della quale poi ci si accorge nella notte, conferma che la Chiesa è il segno di contraddizione di sempre e che nella tempesta mantiene il suo corso”.

    Fonte: lastampa.it


    ____________________________________

    Anche noi qui siamo dello stesso parere.....





    [Modificato da Caterina63 26/10/2015 16:32]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
    Post: 39.989
    Sesso: Femminile
    00 26/10/2015 23:05

      Cardinale Burke: La 'Relatio finalis' manca di chiarezza sulla indissolubilità del matrimonio


     

    Su NCRegister la reazione del Cardinale Raymond Leo Burke.

    La 'Relatio finalis' manca di chiarezza
    sulla indissolubilità del matrimonio
     
    Il cardinale Raymond Burke, cardinalis patronus dei Cavalieri di Malta ed ex prefetto della Segnatura Apostolica, ha condiviso con il New Catholic Register la sua reazione iniziale alla Relazione finale del Sinodo sulla Famiglia.
     
    Egli si concentra sui punti 84-86 sul divorzio e sul nuovo matrimonio, affermando che questa sezione è di «preoccupazione immediata a causa della sua mancanza di chiarezza su una questione fondamentale della fede: l'indissolubilità del vincolo matrimoniale, che sia la ragione che la fede, insegnano a tutti gli uomini». Egli dice anche che il modo in cui viene utilizzata la citazione di  Familiaris consortio è «ingannevole».
    Di seguito il commento del cardinale.
    * * *

    L'intero documento richiede un attento studio, al fine di capire esattamente quali consigli si stanno offrendo al Romano Pontefice, in accordo con la natura del Sinodo dei Vescovi, «nella salvaguardia e nell’incremento della fede e dei costumi, nell’osservanza e nel consolidamento della disciplina ecclesiastica» (can 342).
     
    La sezione intitolata «Discernimento e integrazione» (paragrafi 84-86), tuttavia, è immediatamente fonte di preoccupazione, per la sua mancanza di chiarezza su una questione fondamentale della fede: l'indissolubilità del vincolo matrimoniale, che sia la ragione che la fede insegnano a tutti gli uomini.
     
    In primo luogointegrazione, è un termine mondano teologicamente ambiguo. Non vedo come possa essere «la chiave di accompagnamento pastorale di coloro che vivono unioni matrimoniali irregolari». La chiave interpretativa della loro cura pastorale deve essere la comunione fondata sulla verità del matrimonio in Cristo, che deve essere onorato e praticato, anche se una delle parti del matrimonio è stata abbandonata a causa del peccato dell'altra parte. La grazia del sacramento del santo matrimonio rafforza il coniuge abbandonato a vivere con fedeltà il vincolo matrimoniale, continuando a cercare la salvezza del partner che ha abbandonato l'unione matrimoniale. Ho conosciuto, fin dalla mia infanzia, e continuo a incontrare cattolici fedeli i cui matrimoni, in qualche modo, sono stati rotti, ma che, credendo nella grazia del Sacramento, continuano a vivere nella fedeltà al loro matrimonio. Essi guardano alla Chiesa per questo accompagnamento che li aiuta a rimanere fedeli alla verità di Cristo nella loro vita.
     
    In secondo luogo, la citazione del no. 84 di Familiaris consortio è fuorviante. All'epoca del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia del 1980, come in tutta la storia della Chiesa, c'è sempre stata la pressione di ammettere il divorzio a causa delle situazioni dolorose di unioni irregolari, cioè coloro le cui vite non sono secondo la verità di Cristo sul matrimonio, come Egli chiaramente l'ha annunciata nei Vangeli (Mt 19, 3-12; Mc 10, 2-12). Mentre, nel n. 84, Papa San Giovanni Paolo II riconosce le diverse situazioni di coloro che vivono in una unione irregolare ed esorta i pastori e l'intera comunità ad aiutarli come veri fratelli e sorelle in Cristo in forza del Battesimo, e conclude: «La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati». Lui ricorda poi la ragione della prassi: «dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell'unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall'Eucaristia». Egli nota giustamente che una prassi diversa indurrebbe i fedeli «in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull'indissolubilità del matrimonio».
     
    In terzo luogo, la citazione del Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 1735) per quanto riguarda l'imputabilità deve essere interpretata nei termini della libertà «che rende l'uomo responsabile dei suoi atti, nella misura in cui sono volontari» (CCC, n. 1734). L'esclusione dai Sacramenti di coloro che vivono unioni matrimoniali irregolari non costituisce un giudizio circa la loro responsabilità per la rottura del vincolo matrimoniale a cui sono legati. È piuttosto il riconoscimento oggettivo del legame. La dichiarazione del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi del 24 GIUGNO 2000, anch'essa citata, è in completo accordo con l'insegnamento costante e la prassi della Chiesa in materia, citando il no. 84 di Familiaris Consortio. Quella dichiarazione chiarisce anche la finalità della conversazione con un prete in foro interno, e cioè nelle parole di Papa san Giovanni Paolo II, «una forma di vita non più in contraddizione con l'indissolubilità del matrimonio» (Familiaris Consortio, n. 84). La disciplina della Chiesa già offre assistenza pastorale per coloro che vivono unioni irregolari che per seri motivi - quali, ad esempio, l'educazione dei figli - non possono soddisfare l'obbligo della separazione, «assumono l'impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi» in fedeltà alla verità di Cristo (Familiaris Consortio, n. 84).

    [Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
     




    Il Sinodo fallito: tutti sconfitti, a cominciare dalla morale cattolica

    croppedimage701426-sinodo-papa(Roberto de Mattei) All’indomani del XIV Sinodo sulla famiglia, tutti sembrano aver vinto. Ha vinto Papa Francesco, perché è riuscito a trovare un testo di compromesso tra le opposte posizioni; hanno vinto i progressisti perché il testo approvato ammette alla Eucarestia i divorziati risposati; hanno vinto i conservatori, perché il documento non contiene un riferimento esplicito alla comunione ai divorziati e rifiuta il “matrimonio omosessuale” e la teoria del gender.

    Per capire meglio come sono andate in realtà le cose, bisogna partire dalla sera del 23 ottobre, quando è stata consegnata ai Padri sinodali la relazione finale elaborata da una commissione ad hoc sulla base degli emendamenti (modi) alla Instrumentum laboris, proposti dai gruppi di lavoro divisi per lingua (circuli minores).

    Con grande sorpresa dei Padri sinodali il testo loro consegnato giovedì sera era solo in lingua italiana, con assoluto divieto di comunicarlo non solo alla stampa, ma anche ai 51 uditori e agli altri partecipanti all’assemblea. Il testo non teneva alcun conto dei 1355 emendamenti proposti nel corso delle tre settimane precedenti e riproponeva sostanzialmente l’impianto dell’Instrumentum laboris, compresi i paragrafi che avevano suscitato in aula le più forti critiche: quelli sull’omosessualità e sui divorziati risposati. La discussione era fissata per la mattina seguente, con la possibilità di preparare nuovi emendamenti solo in nottata, su di un testo presentato in una lingua padroneggiata solo da una parte dei Padri. Ma la mattina del 23 ottobre, papa Francesco, che ha sempre seguito con attenzione i lavori, si è trovato di fronte a un inatteso rifiuto del documento redatto dalla commissione. Ben 51 Padri sinodali intervenivano nel dibattito, la maggior parte dei quali contrari al testo avallato dal Santo Padre. Tra questi i cardinali Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi; Joseph Edward Kurtz, Presidente della Conferenza Episcopale americana; Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza Episcopale italiana; Jorge Liberato Urosa Savino, Arcivescovo di Caracas; Carlo Caffarra, Arcivescovo di Bologna; e i vescovi Zbigņevs Gadecki, Presidente della Conferenza Episcopale polacca; Henryk Hoser, Arcivescovo-Vescovo di Warszawa-Praga; Ignace Stankevics, Arcivescovo di Riga; Tadeusz Kondrusiewicz, Arcivescovo di Minsk-Mohilev; Stanisław Bessi Dogbo, Vescovo di Katiola (Costa d’Avorio); Hlib Borys Sviatoslav Lonchyna, Vescovo di Holy Family of London degli Ucraini Bizantini, e tanti altri, tutti esprimendo, con toni diversi, il loro disaccordo dal testo.

    Il documento non poteva essere certo ripresentato il giorno successivo in aula, con il rischio di venire messo in minoranza e di produrre una forte spaccatura. La soluzione di compromesso veniva trovata seguendo la via tracciata dai teologi del “Gemanicus”, il circolo che includeva il cardinale Kasper, icona del progressismo, e il cardinale Müller, prefetto della Congregazione della Fede. La commissione tra venerdì pomeriggio e sabato mattina rielaborava un nuovo testo, che veniva letto in aula la mattina di sabato 24 e poi votato, nel pomeriggio, ottenendo per ognuno dei 94 paragrafi la maggioranza qualificata dei due terzi, che sui 265 padri sinodali presenti era pari a 177 voti

    Nel briefing di sabato il cardinale Schönborn ne aveva anticipato la conclusione per quanto riguarda il punto più discusso, quello sui divorziati risposati: «Se ne parla, se ne parla con grande attenzione, ma la parola chiave è “discernimento”, e vi invito tutti a pensare che non c’è un bianco o nero, un semplice sì o no, è da discernere, e questa è proprio la parola di san Giovanni Paolo II nella Familiaris consortio: l’obbligo di esercitare un discernimento perché le situazioni sono diverse e l’esigenza di questo discernimento il Papa Francesco, buon gesuita, l’ha imparata da giovane: il discernimento è cercare di capire quale è la situazione di tale coppia o tale persona».

    Discernimento e integrazione è il titolo dei numeri 84, 85 e 86. Il paragrafo più controverso, il n. 86, che contiene una apertura verso i divorziati risposati e la possibilità per loro di accostarsi ai sacramenti – pur senza menzionare esplicitamente la comunione – è stato approvato con 178 voti a favore, 80 contrari e 7 astenuti. Un solo voto in più rispetto al quorum dei due terzi.

    _Papa sinodo-2L’immagine di papa Francesco non esce rafforzata, ma appannata e indebolita al termine dell’assemblea dei vescovi. Il documento che egli aveva avallato è stato infatti apertamente respinto dalla maggioranza dei Padri sinodali, il 23 mattina, che è stata la sua “giornata nera”.
    Il discorso conclusivo di papa Bergoglio non ha espresso alcun entusiasmo per la Relatio finale, ma una reiterata riprovazione contro i Padri sinodali che avevano difeso le posizioni tradizionali. Perciò, ha detto tra l’altro il Papa la sera di sabato, «concludere questo Sinodo significa anche aver spogliato i cuori chiusi che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa, o dietro le buone intenzioni, per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite. (…) Significa aver cercato di aprire gli orizzonti per superare ogni ermeneutica cospirativa o chiusura di prospettive, per difendere e per diffondere la libertà dei figli di Dio, per trasmettere la bellezza della Novità cristiana, qualche volta coperta dalla ruggine di un linguaggio arcaico o semplicemente non comprensibile». Parole dure, che esprimono amarezza e insoddisfazione: non certo quelle di un vincitore.

    Sono stati sconfitti anche i progressisti, perché non solo ogni riferimento positivo all’omosessualità è stato rimosso, ma anche l’apertura ai divorziati risposati è molto meno esplicita di quanto essi avessero voluto. Ma i conservatori non possono cantare vittoria. Se 80 Padri sinodali, un terzo dell’assemblea, hanno votato contro il paragrafo 86, vuol dire che esso era insoddisfacente. Il fatto che per un voto questo paragrafo sia passato non cancella il veleno che esso contiene.

    Secondo la Relatio finale, la partecipazione alla vita ecclesiale dei divorziati risposati può esprimersi in “diversi servizi”: occorre perciò «discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate. Essi non solo non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare come membra vive della Chiesa» (n. 84); «il percorso di accompagnamento e discernimento orienta questi fedeli alla presa di coscienza della loro situazione davanti a Dio. Il colloquio col sacerdote, in foro interno, concorre alla formazione di un giudizio corretto su ciò che ostacola la possibilità di una più piena partecipazione alla vita della Chiesa e sui passi che possono favorirla e farla crescere» (n. 86).

    Ma che cosa significa essere “membra vive” della Chiesa, se non trovarsi in stato di grazia e ricevere la Santa Comunione? E la “più piena partecipazione alla vita della Chiesa” non include, per un laico, la partecipazione al sacramento dell’Eucarestia? Si dice che le forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale, possono essere superate, “caso per caso”, seguendo una “via discretionis”. Può essere superata l’esclusione dalla comunione sacramentale? Il testo non lo afferma, ma non lo esclude. La porta non è spalancata, ma socchiusa, e dunque non si può negare che essa sia aperta.

    La Relatio non afferma il diritto dei divorziati risposati a ricevere la comunione (e dunque il diritto all’adulterio), ma nega di fatto alla Chiesa il diritto di definire pubblicamente adulterio la condizione dei divorziati risposati, lasciando la responsabilità della valutazione alla coscienza dei pastori e degli stessi divorziati risposati. Per riprendere il linguaggio della Dignitatis Humanae, non si tratta di un diritto “affermativo” all’adulterio, ma di un diritto “negativo” di non essere impediti ad esercitarlo, ovvero di un diritto alla “immunità da ogni coercizione in materia morale”. Come nella Dignitatis Humanae viene cancellata la distinzione fondamentale tra il “foro interno”, che riguarda la salvezza eterna dei singoli fedeli, e il “foro esterno” relativo al bene pubblico della comunità dei fedeli. La comunione infatti non è un atto solo individuale, ma un atto pubblico compiuto di fronte alla comunità dei fedeli. La Chiesa, senza entrare nel foro interno, ha sempre proibito la comunione dei divorziati risposati perché si tratta di peccato pubblico, commesso in  foro esterno. La legge morale viene assorbita dalla coscienza che diviene un nuovo luogo, non solo teologico e morale, ma canonico. La Relatio finalis si integra bene, sotto questo aspetto, con i due motu proprio di Papa Francesco, di cui lo storico della scuola di Bologna ha sottolineato il significato sul Corriere della Sera del 23 ottobre: “Restituendo ai vescovi il giudizio sulla nullità Bergoglio non ha cambiato lo status dei divorziati, ma ha fatto un silenzioso, enorme atto di riforma del papato”.

    L’attribuzione al vescovo diocesano della facoltà, come giudice unico, di istruire discrezionalmente un processo breve e arrivare alla sentenza è analoga alla attribuzione al vescovo del discernimento sulla condizione morale dei divorziati risposati. Se il vescovo locale riterrà che il percorso di crescita spirituale e di approfondimento di una persona che vive in una nuova unione è compiuto, questa potrà ricevere la comunione. Il discorso di papa Francesco del 17 ottobre al Sinodo indica nella “decentralizzazione” la proiezione ecclesiologica della morale “caso per caso”. Il Papa ha affermato che “al di là delle questioni dogmatiche ben definite dal Magistero della Chiesa – abbiamo visto anche che quanto sembra normale per un vescovo di un continente, può risultare strano, quasi come uno scandalo, per il vescovo di un altro continente; ciò che viene considerato violazione di un diritto in una società, può essere precetto ovvio e intangibile in un’altra; ciò che per alcuni è libertà di coscienza, per altri può essere solo confusione. In realtà, le culture sono molto diverse tra loro e ogni principio generale ha bisogno di essere inculturato, se vuole essere osservato e applicato”.

    La morale dell’inculturazione, che è quella del “caso per caso” relativizza e dissolve la legge morale che, per definizione è assoluta e universale. Non vi è né buona intenzione, né circostanza attenuante che possono trasformare un atto buono in cattivo o viceversa. La morale cattolica non ammette eccezioni: o è assoluta e universale, oppure non è una legge morale.  Non hanno torto, dunque, quei giornali che hanno presentato la Relatio finale con questo titolo: “Cade il divieto assoluto di comunione ai divorziati risposati”.

    La conclusione è che ci troviamo di fronte ad un documento ambiguo e contraddittorio che permette a tutti di cantare vittoria; anche se nessuno ha vinto. Tutti sono stati sconfitti, a cominciare dalla morale cattolica che esce profondamente umiliata dal Sinodo sulla famiglia conclusosi il 24 ottobre.

    (Roberto de Mattei)







    «No alla comunione ai divorziati risposati, nemmeno caso per caso»

    Ottobre 27, 2015 George Pell
     
     

    Al termine del Sinodo sulla famiglia, che si è chiuso il 25 ottobre, il cardinale George Pell, prefetto della Segreteria per l’Economia della Santa Sede, ha rilasciato un’ampia intervista al National Catholic Register.

    Interrogato sulla presunta apertura della Chiesa cattolica a dare la comunione ai divorziati risposati «caso per caso», risponde:

    «Nel testo non c’è ambiguità. Si può dire che i paragrafi 84-86 sono insufficienti, ma non ambigui. Se si legge attentamente il paragrafo 85, è molto chiaro. La base per tutti i discernimenti deve essere “l’insegnamento complessivo” di Giovanni Paolo II. Poi si ripete che la base per il discernimento è l’insegnamento della Chiesa. Molti padri sinodali avrebbero voluto che si specificasse in modo più esplicito, ma da nessuna parte si fa menzione della Comunione ai divorziati risposati».

    Poi ha aggiunto:

    «Non c’è niente nel testo che giustifichi l’idea che la Chiesa darà la Comunione ai divorziati risposati giudicando caso per caso. Il testo può piacere o meno, si può pensare che sia buono, pessimo o indifferente, ma almeno leggiamolo bene e giudichiamolo per quello che dice. (…) Non c’è niente in questi paragrafi che sia eretico od opposto alla pratica corrente della Chiesa».

    da Tempi.it





    [Modificato da Caterina63 27/10/2015 21:05]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
    Post: 39.989
    Sesso: Femminile
    00 29/10/2015 01:34

    I lavori nell'Aula del Sinodo
     

    C’è una metodologia pastorale che si caratterizza dal partire dal positivo anche nelle situazioni più difficili per arrivare a trovare anche «nelle famiglie patchwork esempi di generosità sorprendente». Di questa metodologia sono interpreti il cardinale Christoph Schönborn e una parte dei Padri del Sinodo. 
    Nella sua ambiguità, tale metodo vuole fondare teologicamente e pastoralmente un approccio che eviti di affrontare ciò che non va, l’irregolarità, il peccato.



         di padre Riccardo Barile O.P.


    Nelle coppie irregolari etero e anche in quelle omo ci sono tanti atti buoni perché nessuno nella vita - per fortuna! - pecca al 100%. Da qui si sta facendo strada in modo trasversale una metodologia pastorale o nuovo approccio, che si caratterizza dal partire dal positivo: «dal desiderio profondo inscritto nel cuore di ognuno ... vedere quello che c’è di positivo nelle situazioni più difficili ... spesso nelle famiglie patchwork si trovano esempi di generosità sorprendente ... i veri cristiani sanno guardare e discernere in una coppia, in un’unione di fatto, dei conviventi, gli elementi di vero eroismo, di vera carità, di vero dono reciproco, anche se dobbiamo dire: non è ancora una piena realtà del sacramento». Chi fa altrimenti corre il rischio di parlare «con una lingua fatta di concetti vacui», mentre invece «bisogna staccarsi dai nostri libri per andare in mezzo alla folla e lasciarsi toccare dalla vita delle persone».

    Il cardinale Christoph Schönborn in una recente intervista a Civiltà Cattolica (Quaderno 3966 del 26.09.2015) - le citazioni precedenti sono sue - ha anche formulato il principio teologico ecclesiale del metodo positivo: come secondo la Lumen Gentium 8 «l’unica Chiesa di Gesù Cristo sussiste nella Chiesa cattolica» sussistendo però al di fuori dei suoi confini visibili elementi di verità e di santificazione, così, analogamente, il vero matrimonio sussiste nel sacramento della Chiesa, ma al di fuori di esso ci sono «elementi del matrimonio che sono segnali di attesa, elementi positivi». 

    Il presente intervento non è una polemica verso il cardinale Schönborn - che nell’intervista in più passi è dottrinalmente ineccepibile, moralmente esigente e pastoralmente equilibrato, tranne che nella ipotesi di riservare a un confessore/direttore spirituale il giudizio sull’ammissione ai sacramenti in casi limite (suppongo di coppie che praticano una vita sessuale, altrimenti il problema non si porrebbe) -, ma l’intervista è citata perché esprime una tendenza trasversale con molta chiarezza e anche con una gradevole dose di pathos.

    A questo punto è opportuno passare a una minima digressione sulla comunicazione. In uno scritto o discorso articolato è, infatti, abbastanza evidente che: esiste una verità delle singole proposizioni e una dell’insieme e non è detto che coincidano; esiste una verità del testo e una verità della recezione, che talvolta non coincidono; esiste una verità teorica che giustifica il dire certe cose e un’opportunità pastorale che sconsiglia di divulgarle (chi scrive è un domenicano e non dovrebbe mai sostenere l’ultima contrapposizione - dire, ma non in pubblico -, che è alquanto gesuitica, ma siccome oggi i gesuiti vanno di moda... . Ecco, leggendo la motivata giustificazione del metodo positivo, mentre le singole frasi sono accettabili, l’insieme genera un sottile disagio di trovarsi fuori strada, per non parlare poi di come il discorso potrebbe essere recepito.

    Il “partire dal positivo” è senz’altro un metodo valido, ma, senza la dichiarazione esplicita del peccato dal quale ritrarsi - per lo meno il “peccato oggettivo” come è formulato nella “dottrina” -, il metodo unicamente positivo rischia di non arrivare mai a indurre alla conversione, cioè rischia di fallire; inoltre oggi si basa su due discorsi equivocamente proposti come novità mentre non lo sono. Quali sono le novità che non sono tali? 

    La prima è l’esigenza di accogliere coppie irregolari etero e, a un diverso livello, omo. Gli ultimi decenni del recente Magistero sono talmente zeppi di affermazioni in tal senso che dispensano dalla documentazione, se non per concludere che questa, oggi come oggi, non è una via nuova. 

    Più intrigante il secondo equivoco, e cioè che nelle persone di cui sopra ci sono dei valori e degli atti positivi: affermazione contestualizzata nel gioioso stupore di aver finalmente scoperto qualcosa che da anni - da secoli? - ci era vicino e non abbiamo visto... Ahimè, non è vero che non l’abbiamo visto! Da sempre la rivelazione, la sana ragione, la Chiesa, la teologia ecc. hanno insegnato che il male assoluto non esiste perché il male è privazione del bene e dunque sussiste in qualcosa di bene (San Tommaso I-II, q 43, a 1.3; D 3251) e così neppure i demoni hanno una “inclinazione naturale” verso qualche male e dunque non sono “naturalmente” cattivi (I-II, q 63, a 4). Passando dai demoni agli uomini, il Magistero ha dichiarato errata la proposizione giansenistica di Baio († 1589) secondo il quale «tutte le opere degli infedeli sono peccati e le virtù dei filosofi sono vizi» (D 1925). A questo punto figurarsi se - da sempre - non si è pensato che anche chi vive in situazioni irregolari compie alcuni atti buoni e non solo in relazione a Dio e agli altri, ma anche a “l’altro” o a “l’altra”!

    Ma la questione non è questa, bensì quella di un tipo di vincolo relazionale che cristianamente non è ammesso ed è peccato. 
    Ed è per questo che sino a poco tempo fa si è parlato di irregolari, di conversione, di astensione dai rapporti sessuali quando la convivenza non può essere prudentemente sciolta ecc.: non perché si fosse tanto antievangelici da non praticare l’accoglienza o tanto giansenisti da non ammettere atti buoni in queste persone!
    Ci si potrebbe allora domandare come mai si fanno questi discorsi inutili. Una prima risposta è: perché si vuol dire altro. Dunque, invece di scomodare l’accoglienza e la presenza di molti atti buoni nelle coppie irregolari, sarebbe più onesto dichiarare: «Io sono (noi siamo) per l’ammissione alla comunione delle coppie irregolari, omo comprese, purché vivano con una certa stabilità con lo stesso partner... un rito sacramentale delle nozze omo no, le seconde nozze perdurante il primo vincolo restano un cantiere aperto, per tutti poi gli irregolari una benedizione all’inizio della nuova convivenza non farebbe male, anzi». Questo sarebbe un parlare chiaro e onesto.

    Una seconda risposta sembra scontata: si vuole fondare teologicamente e pastoralmente un approccio che eviti di affrontare ciò che non va, l’irregolarità, il peccato. 

    E qui, in altri campi, la situazione diventerebbe comica. 

    Sarebbe come se uno, affetto da un cancro alla prostata, andasse da un urologo e questi gli proponesse: «Lasciamo stare il cancro. In realtà lei digerisce quasi bene: cerchiamo di partire dal positivo ottimizzando la sua digestione con qualche farmaco». Chi andrebbe una seconda volta da un simile dottore? 
    Eppure tante proposte pastorali, tanti articoli di riviste pastorali, qualche teologo... Dicevamo che il metodo unicamente positivo rischia di non arrivare mai a indurre alla conversione, cioè rischia di fallire. Ovvio che il traguardo della conversione suppone che la situazione attuale si configuri come un “peccato oggettivo” dal quale uscire. Per cui partire dal positivo è vero e opportunamente pastorale solo se è accompagnato dalla manifestazione del negativo, della irregolarità, del peccato ecc., sempre fatta salva la buona fede o una soggettività che fa fatica a discernere la propria situazione di fronte a Dio.

    Una cosa, infatti, è l’itinerario di Paolo: «dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la meta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù» (Fil 3,13-14); un’altra cosa invece sono inviti che presuppongono sì un itinerario, ma di conversione: «se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo» (Lc 13,3.5), «non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio» (Gv 5,14), «va’ e d’ora in poi non peccare più» (Gv 8,11), «tornate indietro dal vostro cammino perverso e dalle vostre opere malvagie» (Zc 1,4). 

    Nel primo caso c’è un procedere in linea retta, nel secondo caso un cambio di direzione. Ora, non far emergere la dottrina sul male di certe relazioni affettive e vitali, pone tutti e senza distinzione - cristiani ferventi, convivenze etero irregolari, convivenze omo - nella situazione di san Paolo proteso verso il meglio e già in una situazione buona senza richiedere ad alcuno un cambiamento di rotta. E questo è pastoralmente deviante
    Per non parlare poi della ingiustizia e della umiliazione che si infligge a quanti con sforzo si stanno adeguando alla legge di Dio e che devono sempre tacere perché a ogni loro parola scatta l’accusa di moralisti, ipocriti, ingiustamente divisori della Chiesa e dell’umanità in buoni e cattivi ecc.

    Ma perché ci sia un cambiamento di rotta occorre aiutare a capire che qualcosa non è a posto con Dio/Cristo/Chiesa a livello di “peccato” e non solo a livello dei buoni rapporti umani con il coniuge precedente o con l’attuale. 
    È vero, ciò crea una certa tensione, ma è benefica perché richiama alla conversione e mantiene nella verità. San Gregorio Magno spiega che «il rimprovero è una chiave. Apre,  infatti, la coscienza a vedere la colpa, che spesso è ignorata anche da quello che l’ha commessa» (LdO, Uff. lett., II lett. Domenica XXVII ord.),  nel nostro caso apre anche alla prospettiva di un nuovo traguardo, di una nuova bellezza, di una nuova pace. Poiché il fondo dell’imbuto si concretizza ecclesialmente e personalmente il più delle volte nel colloquio con un presbitero nel sacramento della Penitenza o fuori di esso, c’è da domandarsi se un prete così procedendo non risulti crudele, disumano, incapace in ogni caso di comprendere e di consolare ecc. No, perché la valorizzazione del positivo rimane: ci mancherebbe!

    Ma anche nel portare alla luce il peccato, il disordine, la brutta bestia dello intrinsece malum (per il commento a questa espressione si rilegga l’intervista citata), il presbitero resta umano se sa coniugare la preoccupazione di mantenere il “odore delle pecore” (l’espressione è di papa Francesco) restando però «modello del gregge» (1Pt 5,3) (l’espressione è dello Spirito Santo e dunque ha una marcia in più), cioè la fraternità e la paternità.  

    La fraternità ammettendo la difficoltà per tutti e anche per lui di vivere casti e di aver in ogni caso trovato Gesù Cristo che sostiene la fragilità; la paternità dettando le regole e ricostituendo un mondo ordinato nel quale reinserirsi, ma insieme manifestando l’amore del Padre che segue tutti e ognuno con la sua provvidenza in vista della salvezza e solo per questo. A meno che uno sia pregiudizialmente maldisposto, questo amore, che passa attraverso la pazienza dell’ascolto e la preghiera, si percepisce e risulta una preziosa consolazione anche umana.

     

     








    EDITORIALE
    Padri del Sinodo
     

    Dieci giorni fa Vatican Insider pubblicava un’intervista al teologo domenicano Giovanni Cavalcoli e la stessa intervista è stata ripresentata, con altri elementi, su Avvenire alla vigilia della conclusione del Sinodo. I due testi contengono affermazioni abbastanza forti destinate a far discutere anche dopo il Sinodo.

    di padre Riccardo Barile O.P.

    Dieci giorni fa Vatican Insider, il sito di informazione religiosa a cura di Andrea Tornielli pubblicava un’intervista al teologo domenicano nonché docente emerito padre Giovanni Cavalcoli e la stessa intervista è stata ripresentata - con tagli ma anche con elementi nuovi - su Avvenire di sabato 24 ottobre alla vigilia della conclusione del Sinodo. I due testi contengono affermazioni abbastanza forti - di aperture, di metodo, di valutazione - che potrebbero essere esaminate alla luce del recentissimo documento sinodale. Preferisco invece valutare alcuni contenuti che sono un modo di impostare le questioni, destinato a durare nel dopo Sinodo.

    1). «Per un cattolico è assolutamente impensabile che unSinodo sotto la presidenza del Papa possa compiere un attentato alla sostanza di qualunque sacramento» (nel nostro caso del Matrimonio e dell’Eucaristia concedendo la comunione ai divorziati risposati).
    No, è pensabile perché il Sinodo non è infallibile: deve solo dare consigli al Papa.
    D’altra parte ci furono oscillazioni dottrinali nei papi Liberio († 366), Onorio I († 638), Giovanni XXII († 1334), peraltro rientrate presto attraverso il successivo Magistero della Chiesa, che è la «casa di Dio, colonna e sostegno della verità» (1Tm 3,15). Certo, il presupposto è che ciò capiti rarissimamente - di fatto con il Sinodo non è capitato! -, ma non è “assolutamente impensabile”.

    2). «La disciplina dei sacramenti è un potere legislativo che Cristo ha affidato alla Chiesa» per cui «il concedere o non concedere la comunione entra nel potere della pastorale della Chiesa e nelle norme della liturgia».
    Dunque se «la Chiesa non può mutare la legge divina che istituisce e regola la sostanza dei sacramenti, può mutare le leggi da lei emanate», nel nostro caso «l’attuale regolamento sui divorziati risposati». Naturalmente bisognerà spiegare a tanti poveretti e poverette che per secoli e con sacrificio e sino a oggi hanno obbedito a queste norme, che si è trattato solo di determinazioni transitorie, le quali ora cambiano. Cioè bisognerà prenderli in giro. Ma per fortuna non è così. Infatti, se è vero che vi sono nei sacramenti determinazioni di consuetudine ecclesiastica di per sé modificabili, il Magistero soprattutto recente ha legato la norma della non comunione ai divorziati alla “sostanza” del sacramento. 

    Seguendo il n. 84 della Familiaris consortio (22.11.1981) di Giovanni Paolo II, l’esortazione postsinodale Sacramentum caritatis (22.2.2007) ha confermato che la prassi di non ammettere alla comunione i conviventi e i divorziati risposati praticanti una attiva vita sessuale è «fondata sulla Sacra Scrittura (cf Mc 10,2.12)» e motivata dal fatto che «il vincolo coniugale è intrinsecamente connesso all’unità eucaristica tra Cristo sposo e la Chiesa sposa (cf Ef 5,31-32)», per cui la condizione dei divorziati risposati contraddice oggettivamente «quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa che è significata ed attuata nel’Eucaristia» (nn. 27, 29).
    Dunque, dato il fondamento nella Scrittura e data la motivazione simbolica determinante, come si fa a parlare di una legge solo ecclesiastica e liturgica modificabile? E poi, se si trattasse solo di una legge ecclesiastica, perché fermarsi ai divorziati risposati? Perché non ammettere all’Eucaristia ortodossi e protestanti? Sarebbe un bel modo di accelerare l’ecumenismo, tanto che, avendo raggiunto il suo traguardo, non avrebbe più ragione di essere, a meno che... a loro volta siano gli ortodossi a non ammettere alla comunione questa razza di cattolici!  

    3). «Non esistono “condizioni peccaminose”, perché il peccato è un atto, non è una condizione, né è uno stato permanente». Certo il peccato è un atto e non si prolunga indefinitamente nel tempo - per fortuna! -; esiste però un «comportamento esterno gravemente, manifestamente e “stabilmente” contrario alla norma morale» di fronte al quale la Chiesa «non può non sentirsi chiamata in causa» interdicendo la partecipazione ai sacramenti (Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia /17.4.2003/, n. 37; cf anche Can. 915). Così è per le persone delle quali si parla, ovviamente senza con ciò escluderle dalla partecipazione alla vita della Chiesa, anzi. Ma il nostro teologo sembra ignorare questa dimensione.

    4). Un’annotazione sulla coscienza raschia però il fondo del barile: «Spesso mi vengono a trovare persone divorziate e risposate. La richiesta è sempre la stessa: perché non posso fare la comunione? Allora io invito questi fedeli a guardarsi dentro, a verificare la serenità della propria coscienza. Se in buona fede avvertono di essere in pace con se stesse, con le persone a cui vogliono bene e con Dio, dico loro di stare tranquille: hanno raggiunto, anche senza sacramenti, lo stato di grazia. Questo è un mistero bellissimo». Certo che, avendo il nostro teologo spiegato che «il problema dei divorziati risposati è che l’adulterio, con l’aggravante del concubinato, è peccato mortale», con premesse del genere non è tanto facile sentirsi la coscienza tranquilla...

    Qui comunque casca l’asino, perché il Concilio di Trento, nel Decreto sulla giustificazione (13.1.1547), al capitolo IX scrive che: «Come nessun uomo religioso deve dubitare della misericordia di Dio, dei meriti di Cristo, del valore e dell’efficacia dei sacramenti, così ciascuno, riflettendo su se stesso, sulla propria debolezza e disordine, ha motivo di temere e paventare del suo stato di grazia (de sua gratia formidare et timere potest); infatti nessuno può sapere con certezza di fede, libera da ogni possibilità di errore, di avere ottenuto la grazia di Dio (cum nullus scire valeat ... se gratiam Dei esse consecutum)» (D 1534).   

    Dunque, la valutazione di essere in grazia sarà una prudente e saggia probabilità che non può essere affidata alla sola riflessione della coscienza così come è descritto sopra. Perché se è vero che «il giudizio sullo stato di grazia ... spetta soltanto all’interessato, trattandosi di una valutazione di coscienza» (Ecclesia de Eucharistia, n. 37), vige il dovere non solo di consultare la propria coscienza, ma di formarla. Giovanni Paolo II nella Veritatis splendor (6.8.1993) legge nelle parole di Gesù sull’occhio lucerna del corpo «un invito a formare la coscienza, a renderla oggetto di continua conversione alla verità e al bene ... Un grande aiuto per la formazione della coscienza i cristiani l’hanno nella Chiesa e nel suo Magistero ... la libertà della coscienza non è mai libertà “dalla” verità ...   il Magistero non porta alla coscienza cristiana verità ad essa estranee, bensì manifesta le verità che dovrebbe già possedere sviluppandole a partire dall’atto originario della fede» (n. 64).

    Se poi un prete incontra dei divorziati risposati che gli pongono delle domande, non può accontentarsi di rispondere: «Guardatevi dentro. La vostra coscienza è a posto? Allora siete a posto anche di fronte a Dio!».
    Un prete - un teologo emerito! - deve illuminare la coscienza e senza il timore di “entrare in camera da letto”. Nel Nuovo Testamento il Battista ha rimproverato Erode per ragioni matrimoniali (Mt 14,3-12; Mc 6,17-19; Lc 3,19-20); Gesù è intervenuto su matrimonio, divorzio e continenza (Mt 5,32; 19,1-12; Mc 10,1-12; Lc 16,18); gli scritti apostolici sono intervenuti su incesto (1Cor 5,1ss.), santità del matrimonio (Eb 3,4), relazioni anche intime tra i coniugi e morale domestica (1Cor 7,1-16; Ef 5,21-33; Fil 3,18-21; 1Pt 3,1-7), condizione delle vergini (1Cor 7,25ss.) e delle vedove (1Tm 5,11-14), proponendo non solo la parola autorevole del Signore, ma «un consiglio, come uno che ha ottenuto misericordia dal Signore e merita fiducia» o un «mio parere» perché «credo infatti di avere anch’io lo Spirito di Dio» (1Cor 7,25.40). Dopo aver ricevuto simili parole attualizzate all’oggi, la coscienza di conviventi “irregolari” non potrà sentirsi tranquilla e “in grazia”: piuttosto comincerà a sentirsi “nella verità”.  

    Le proposte del teologo intervistato sembrano strade poco percorribili. Alla fine però, se possono sembrare normali evoluzioni e svolte del suo pensiero, è meno comprensibile come mai affermazioni del genere abbiano trovato ospitalità generosa e acritica su Avvenire. Non si può pensare a una distrazione, perché durante il Sinodo ciò che un giornale come Avvenire pubblica in argomento non può che essere attentamente vagliato. Bisogna dunque pensare a uno stile e a una scelta di parte abbastanza determinata, comportante disinvolte revisioni di un Magistero non solo antico, ma recente. Presupponendo poi una normale dose di prudenza (umana) per cui in genere non si rischia a vuoto, bisogna concludere che per ora chi opera tali scelte ha le spalle coperte. E a questo punto, sulle coperture e su quelli che ti aspettano per “farti fuori” quando qualcosa cambierà, viene in mente il consiglio dell’Imitazione di Cristo: «Non fare gran caso se uno è per te o contro di te, ma preoccupati piuttosto che Dio sia con te in tutto quel che fai» (II,2,1). Vero. Ma qui Dio da che parte sta?

     


     


    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 30/10/2015 15:09

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    ROSS DOUTHAT, IL GIORNALISTA CHE HA MESSO A NUDO IL “PAPA-RE”

    </header>

    C’è un giornalista americano, Ross Douthat, che sta subendo da qualche tempo un vero e proprio linciaggio mediatico dai catto-progressisti del suo paese, in particolare dai gesuiti. Perché questo? Il nostro, infatti, in un editoriale del 17 ottobre, pubblicato nella sua rubrica del “New York Times”, ha avuto il coraggio di esclamare candidamente che il «re è nudo». Abbiamo perciò deciso di tradurre per voi quell’articolo, in modo che i nostri lettori possano rendersi conto non solo di quanto siano intolleranti gli attacchi che Douthat sta subendo – al quale esprimiamo la nostra solidarietà – ma anche ciò che è realmente accaduto negli ultimi due sinodi dei vescovi.

    Il complotto per cambiare il Cattolicesimo

    di Ross Douthat (17-10-2015)

    Sembra che il Vaticano abbia sempre avuto segreti e intrighi di una corte rinascimentale (in un certo senso, è ancora così).

    L’umiltà ostentata di papa Francesco, i suoi rimproveri agli alti prelati, non hanno cambiato questo del tutto; se non altro, le ambizioni del Pontefice hanno incoraggiato cospiratori e i loro sostenitori a lavorare con maggior vigore.

    E proprio adesso il capo dei cospiratori è il Papa stesso.

    _ 001 Bergoglionate -5Lo scopo di Francesco è semplice: favorire la proposta avanzata dai cardinali progressisti di permettere ai divorziati-risposati di ricevere la Comunione senza che il loro matrimonio religioso venga dichiarato nullo.

    Grazie al tacito sostegnodel Papa, questa proposta è stata la principale polemica nel sinodo dell’anno scorso, nonché di quello in corso a Roma proprio adesso.

    Ma anche se il suo scopo è chiaro, il suo percorso è decisamente torbido. Proceduralmente, i poteri del papa sono quasi assoluti. Se un domani Francesco decidesse di ammettere i divorziati-risposati alla Comunione, non vi è alcuna corte suprema che possa impedirglielo.

    Allo stesso tempo, però, il Papa non ha alcun potere di cambiare la dottrina cattolica. Questa regola non ha alcun “meccanismo” ufficiale di esecuzione – lo Spirito Santo interviene nei momenti cruciali per ripristinare l’equilibrio – ma la consuetudine vuole che la prudenza, il timore di Dio e la paura di uno scisma, frenino quei papi che potrebbero trovare un’allettante riscrittura dottrinale.

    Ed è un cambiamento di Dottrina quello che i cattolici conservatori, molto ragionevolmente, credono che essenzialmente comporti l’ammettere i divorziati-risposati alla Comunione, benché questa proposta sia favorita da Francesco.

    Se qualcuno scrivesse un libro sul potere – assoluto e limitato insieme – dell’ufficio papale, ne uscirebbe senz’altro un tomo affascinante. In un’opera del genere, le recenti manovre di Francesco meriterebbero un capitolo particolare, perché egli è chiaramente alla ricerca di un meccanismo che gli permetta di esercitare i suoi poteri senza pregiudicare la sua autorità.

    _ 001 Bergoglionate -4La chiava di questa ricerca è stato il sinodo dei vescovi.

    Il sinodo in sé non ha un ruolo dottrinale ufficiale (è un organo consultivo, ndr), ma può essere usato per proiettare un’immagine di consenso ecclesiale. Dunque, una forte dichiarazione dei padri sinodali che approvi la Comunione per i divorziati-risposati come un cambiamento puramente “pastorale”, non come un’alterazione dottrinale, renderebbe l’intenzione di Francesco più facile.

    Purtroppo tale dichiarazione si è dimostrata difficile da ottenere – perché la maggioranza dei vescovi sono conservatori tanto quanto Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, e anche perché l’argomento “pastorale” è fondamentalmente una stupidaggine.

    L’insegnamento della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio è già stato spinto verso un punto di rottura dalla recente riforma voluta da questo papa sui processi di nullità; ammettere alla Comunione chi non ha la dichiarazione di nullità, significa oltrepassare quel punto di rottura.

    Quindi, per superare la resistenza da parte della maggioranza dei vescovi, prima il sinodo dello scorso anno e adesso quello di quest’anno, debbono essere “manipolati” – prendendo in prestito un recente libro-inchiesta del vaticanista Edward Pentin – dagli organizzatori, tutti di nomina papale e sbilanciati dalla parte progressista.

    I documenti guida del sinodo sono stati preparati con questo obiettivo in mente: favorire la proposta progressista. Il Papa ha scelto gli organizzatori con questo scopo, non esitando a nominare persino un anziano cardinale coinvolto pesantemente nello scandalo degli abusi sui minori, ma comunque alleato per la causa del cambiamento.

    La Sala Stampa vaticana ha filtrato (secondo la direttiva papale) ai mass-media i dibatti sinodali, che avvenivano a porte chiuse, sempre favorendo la proposta progressista.

    I prelati incaricati di scrivere la relazione finale sono stati selezionati sempre con quest’obiettivo in mente. Lo stesso Francesco, nelle sue omelie quotidiane, ha sempre criticato il cattolicisimo dei “dottori della legge”, i moderni farisei legalisti – un preciso segnale (mal celato) del suo punto di vista.

    Anche se, in realtà, nel Nuovo Testamento (cfr. Mt 19, 1-12), furono i farisei ad ammettere il divorzio, al contrario di Gesù, che lo rifiutò.

    Eppure il piano di papa Francesco non è destinato necessariamente a riuscire.

    È stato riferito che ancora non c’è nulla di simile ad una maggioranza minima che, al sinodo, sostenga la proposta progressista; probabilmente per questo gli organizzatori scommettono più che altro sulla riuscita del documento finale. Ma i conservatori (americani, africani, polacchi, australiani) quest’anno non si sono fatti prendere di sorpresa: con uscite pubbliche e appelli privati al pontefice hanno fatto capire che non accetteranno “trucchetti”.

    L’intera situazione è ricca di ironie.

    I vecchi progressisti hanno pensato di aver colto il momento in cui avrebbero definitamente sconfitto i conservatori più giovani, credendo di possedere il futuro del cattolicesimo. I vescovi della “giovane Africa cristiana” stanno difendendo la fede cattolica del vecchio continente europeo dall’assedio dei colleghi tedeschi e italiani, stanchi del proprio patrimonio. Un papa gesuita di fatto in contrasto con la Congregazione per la Dottrina della Fede, quella che fu la Santa Inquisizione.

    Ross Doutht
    Ross Douthat

    Per un giornalista cattolico – per qualsiasi giornalista – è una storia affascinante.

    Parlando da giornalista, non so come andrà a finire.

    Parlando come cattolico, mi aspetto che il complotto, alla fine, fallisca; là dove il papa e la “fede storica” sembrano essere in caduta, la mia scommessa è sulla Fede.

    Ma per un’istituzione che misura la sua vita lungo i secoli, la “fine” può richiedere molto tempo prima che arrivi.


    © THE NEW YORK TIMES (Clicca qui per l’originale)



        “….la proposta avanzata dai cardinali progressisti di permettere ai divorziati-risposati di ricevere la Comunione senza che il loro matrimonio religioso venga dichiarato nullo.”

    Il punto chiave è proprio in questo passaggio 
    è qui la gravità non solo di una semplice proposta che un vescovo o un cardinale non dovrebbero neppure fare….. ma che stanno proprio imponendo a tutta la cattolicità andando in tal senso a modificare la dottrina del vangelo sul come e chi debba ricevere l’Eucaristia.
    Se il matrimonio precedente non viene dichiarato nullo, nessun papa può legittimare la recezione della Comunione a chi resta sposato in seconde nozze e pure civili, è proprio contro la dottrina un simile atteggiamento.
    E questo perchè, restando legittimo il vincolo sacramentale del primo matrimonio, il secondo è un adulterio, che non è una parolaccia, ma significa “FALSIFICARE”…. infatti, se quel primo vincolo non viene dichiarato nullo, la seconda unione è illegittima è FALSIFICARE quella unione che la chiesa ritiene legittima, VALIDA.
    Perciò UNO dei due matrimoni è FALSO-ADULTERARE… o è falso il primo o è falso il secondo, non si scappa, altrimenti diventa poligamia anche se uno dei due non viene più vissuto dalla coppia.
    Inoltre – il secondo matrimonio – restando in piedi e valido il primo, è solo CIVILE è come aprire le porte per la Comunione A TUTTI I CONVIVENTI… e a questo punto, perchè non darla a TUTTI anche ai protestanti o agli ortodossi? così infatti sottolineava Padre Riccardo Barile O.P. si legga  messaggio precedente.
    che dice:
    “….. dato il fondamento nella Scrittura e data la motivazione simbolica determinante, come si fa a parlare di una legge solo ecclesiastica e liturgica modificabile? E poi, se si trattasse solo di una legge ecclesiastica, perché fermarsi ai divorziati risposati? Perché non ammettere all’Eucaristia ortodossi e protestanti? Sarebbe un bel modo di accelerare l’ecumenismo, tanto che, avendo raggiunto il suo traguardo, non avrebbe più ragione di essere, a meno che… a loro volta siano gli ortodossi a non ammettere alla comunione questa razza di cattolici!”

    Io ci aggiungevo: perchè non darla a TUTTI, anche a tutti i conviventi? il matrimonio civile – per la chiesa – ha più valore di quello sacramentale?
    se così fosse c’è davvero qualcosa che non va…. e questo giornalista deve averlo fatto emergere tanto da essere perseguitato come chiunque si azzardasse a dire che “il re è nudo” 











     un riepilogo ed un epilogo di questi due sinodi  per chiudere qui questa nostra diretta.... e restare in attesa di una Esortazione del Santo Padre che chiuda, lo speriamo, ogni disputa e si mantenga sulla dottrina tramandata dalla Chiesa.....

    Kasper contro Ratzinger, la disputa che non finisce mai

    Francesco l'ha rinfocolata e il sinodo non l'ha risolta. Nei paragrafi sui divorziati risposati la parola "comunione" non c'è. Ma il papa potrebbe introdurla lui, d'autorità 

    di Sandro Magister




    ROMA, 30 ottobre 2015 – Era palpabile l'insoddisfazione di papa Francesco per come il sinodo è andato a finire. Nel discorso e nell'omelia di chiusura se l'è presa ancora una volta con l'"ermeneutica cospirativa", con l'arida "fede da tabella", con chi vuole "sedersi sulla cattedra di Mosè per giudicare con superiorità i casi difficili e le famiglie ferite":

    > Discorso del 24 ottobre

    > Omelia del 25 ottobre

    Eppure il documento finale, approvato sabato 24 ottobre, è tutto un'inno alla misericordia, dalla prima all'ultima riga:

    > Relazione finale del sinodo dei vescovi

    Solo che non c'è nemmeno una parola, in questo documento, che schiodi la dottrina e la disciplina della Chiesa cattolica da quel "no" alla comunione per i divorziati risposati che era il vero muro da abbattere nel disegno dei novatori, il varco che avrebbe portato dritto all'ammissione del divorzio e delle seconde nozze.

    *

    Due anni è durata l'impresa, dall'annuncio del doppio sinodo alla sua conclusione. E la partenza, nel febbraio 2014, era stata folgorante, col teologo e cardinale tedesco Walter Kasper, riformatore da una vita, incaricato da Francesco di dettare la linea ai cardinali riuniti in concistoro.

    La scelta di Kasper come primattore, infatti, era essa stessa un programma. Erano trent'anni che questi battagliava col suo antagonista storico, il connazionale Joseph Ratzinger, anche lui teologo e poi cardinale e infine papa, e proprio sulle due questioni capitali del sinodo ora concluso: comunione ai divorziati risposati e bilanciamento dei poteri tra Chiesa universale e Chiese locali.

    Su entrambi i fronti, Ratzinger era uscito vittorioso già da cardinale, forte dell'autorità di Giovanni Paolo II. Ma divenuto anche lui papa, non mise al bando né umiliò il suo antagonista. Anzi, se lo tenne vicino con l'incarico prestigioso di presidente del pontificio consiglio per l'unità dei cristiani.

    Finché a rimettere tutto in gioco è arrivato Francesco. E con lui Kasper è risorto come attivissimo capofila dei novatori, con Ratzinger in silenzio e in preghiera nel suo romitorio di papa emerito.

    L'errore dei novatori fu di strafare. Nel sinodo dell'ottobre 2014 infilarono nella "Relatio" di metà discussione una serie di formule ad effetto che fecero immediatamente gridare a una rivoluzione della dottrina cattolica non solo sul matrimonio ma anche sull'omosessualità.

    Ma quelle formule non riflettevano affatto quanto s'era detto in aula. Il contraccolpo fu micidiale. Due cardinali autorevolissimi, l'ungherese Péter Erdö e il sudafricano Wilfrid Fox Napier, denunciarono pubblicamente la manovra e indicarono nel segretario speciale del sinodo Bruno Forte il principale autore della forzatura. La "Relatio" finale cancellò le frasi abusive e l'omosessualità uscì dall'agenda dei lavori.

    Ma restò apertissima la questione della comunione ai divorziati risposati. E in vista della seconda e ultima sessione del sinodo papa Francesco riconfermò Forte segretario speciale e rafforzò con sue nomine mirate la squadra dei novatori.

    *

    E siamo a questo ottobre.

    La lettera che tredici cardinali di fama, tra cui Napier, consegnano il primo giorno al papa irrita il destinatario ma ottiene il risultato voluto: che non si ripetano le manovre di un anno prima.

    In aula e nei circoli linguistici appare subito largamente prevalente la linea contraria alla comunione ai divorziati risposati, con in prima fila i vescovi del Nordamerica, dell'Europa orientale e soprattutto dell'Africa.

    Le elezioni del consiglio che fa da ponte tra un sinodo e l'altro premiano con dosi massicce di voti tre dei tredici firmatari della lettera, i cardinali George Pell, Robert Sarah e Napier, più altri tre cardinali e vescovi sulla medesima linea.

    È a questo punto che nel circolo "germanicus", dominato da Kasper, matura la decisione di ripiegare su una soluzione minima, ma che è ormai l'unica ritenuta ancora presentabile in aula con probabilità di successo: quella di affidare al "foro interno", cioè al confessore assieme al penitente, il "discernimento" dei casi in cui consentire "l'accesso ai sacramenti".

    È una soluzione che lo stesso Benedetto XVI non aveva escluso, sia pure come ipotesi ancora bisognosa di "ulteriori studi e chiarificazioni". E infatti la sottoscrive nel circolo "germanicus" anche il cardinale Gerhard Müller, prefetto della congregazione per la dottrina della fede e ratzingeriano di ferro.

    Nella bozza del documento finale del sinodo, nei tre paragrafi sui divorziati risposati, la soluzione "tedesca" è trascritta in blocco. Ma con alcuni tagli chiave, gli unici capaci di farle superare la prova del voto.

    E così nel testo definitivo, approvato da più di due terzi dei padri sinodali, le parole "accesso ai sacramenti" non ci sono più, sono solo lasciate all'immaginazione. E non c'è nemmeno la parola "comunione", né alcun termine equivalente. Insomma, nessun cambio esplicito sul punto chiave.

    La decisione finale spetta a Francesco e a lui solo. Ma il sinodo che ha così fortemente voluto si è pronunciato lontano delle sue attese.

    __________


    Questa nota è uscita su "L'Espresso" n. 44 del 2015, in edicola dal 30 ottobre, nella pagina d'opinione dal titolo "Settimo cielo" affidata a Sandro Magister.

    Ecco l'indice di tutte le precedenti note:

    > "L'Espresso" al settimo cielo

    __________


    I precedenti servizi di www.chiesa sul sinodo appena terminato:

    > Chiesa sinodale. Ma a decidere tutto sarà il papa (27.10.2015)

    > Ma il sinodo dei media ha già vinto su quello reale (23.10.2015)

    > Napier, la voce della verità sulla lettera dei tredici cardinali (21.10.2015)

    > Sinodo. Il "cospiratore" che fa tutto alla luce del sole (19.10.2015)

    > La lettera dei tredici cardinali. Un antefatto chiave (15.10.2015)

    > La lettera dei tredici cardinali al papa. Seconda puntata della storia(14.10.2015)

    > Tredici cardinali hanno scritto al papa. Ecco la lettera (12.10.2015)

    > Sinodo. Un tweet non fa primavera (10.10.2015)

    > Sinodo. Il primo colpo a segno è dei conservatori (8.10.2015)

    __________


    Gli ultimi tre precedenti servizi di www.chiesa:

    27.10.2015
    > Chiesa sinodale. Ma a decidere tutto sarà il papa
    La parola "comunione" nemmeno c'è, nel testo approvato dal sinodo che riguarda i divorziati risposati. Ma in pratica ciascuno fa già come vuole. Lo spirito vale più della lettera, dice Francesco

    23.10.2015
    > Ma il sinodo dei media ha già vinto su quello reale
    Non importa come finirà davvero. L'opinione pubblica mondiale ha già formulato il suo verdetto. Con l'aiuto di tanti uomini di Chiesa

    21.10.2015
    > Napier, la voce della verità sulla lettera dei tredici cardinali
    C'è voluto questo arcivescovo sudafricano per chiarire pubblicamente le vere ragioni della lettera, di cui è uno dei firmatari. Tutto nasce nel sinodo del 2014 e nelle manovre di alcuni per forzarne gli esiti. Ecco testuali le sue parole

    __________



     

    [Modificato da Caterina63 31/10/2015 09:18]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 21/12/2015 17:18

      RETROSCENA
     

    A due mesi dalla chiusura del Sinodo ordinario 2015 e i rumors che provengono dal Vaticano parlano di una prossima esortazione post-sinodale di papa Francesco in uscita tra febbraio e marzo 2016.

    Nell’attesa, ripercorriamo il dibattito attraverso il contributo del noto studioso cattolico americano George Weigel.

    di Lorenzo Bertocchi
    Un momento dei lavori del Sinodo sulla famiglia


    Siamo ormai a due mesi dalla chiusura del Sinodo ordinario 2015 e i rumors che provengono dal Vaticano parlano di una prossima esortazione post-sinodale di Papa Francesco che dovrebbe uscire tra febbraio e marzo 2016. Nell’attesa di avere questo documento ripercorriamo il dibattito attraverso il corposo contributo offerto dal noto studioso cattolico americano George Weigel. L’articolo appare sul numero di gennaio 2016 della rivista First Thing. Di seguito evidenziamo alcuni passaggi importanti di questo intervento.

    Alcuni padri sinodali, già prima di arrivare a Roma, «erano profondamente preoccupati a proposito del documento di lavoro (l’Instrumentum laboris) che era stato adottato». A questo proposito erano molte le domande che alimentavano questa preoccupazione: «perché un documento ecclesiale inizia con la sociologia, e non una buona sociologia, piuttosto che con la Parola di Dio?». D’altra parte, rileva Weigel, si confrontavano «il Sinodo reale, i media mainstream e il Sinodo della blogosfera. (…) I partecipanti e gli osservatori si chiedevano quali effetti avrebbero avuto il secondo e il terzo sul primo elemento». Secondo Weigel i media mainstream e la blogosfera procedevano secondo una loro pre-comprensione dell’evento: i primi impegnati a raccontare la «rivoluzione di Francesco verso una sorta di protestantesimo liberale», mentre la blogosfera si suddivideva tra chi tifava per il successo di quella presunta rivoluzione e chi, invece, «era spaventato a morte».

    Il “Sinodo reale” però ha mostrato un suo volto peculiare. «Problemi reali sono stati discussi, con reali conseguenze in gioco». Il tema fondamentale, rileva lo studioso americano, riguarda il significato di vita pastorale nella Chiesa. «Come si lega la Rivelazione ai “segni dei tempi”, che la Chiesa è stata chiamata a leggere dalla Costituzione Pastorale del Concilio Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, Gaudium et spes?». Il tutto nell’orizzonte fondamentale dell’impostazione di un corretto rapporto tra misericordia e verità. Rilevanti sono stati anche i temi posti da «quell’antica malattia conosciuta come odium theologicum.
    Alcuni Padri sinodali sono andati al Sinodo 2015, come erano andati a quello precedente, il Sinodo 2014, determinati a ri-decidere l’enciclica di Paolo VI del 1968 sui mezzi moralmente appropriati per la regolazione della fertilità (Humanae vitae) e quella di Giovanni Paolo II del 1993 sulla riforma della teologia morale cattolica (Veritatis splendor). Coloro che volevano seppellire queste due encicliche erano, per lo più, gli stessi che sostenevano la proposta Kasper per l'ammissione alla Santa Comunione dei divorziati risposati civilmente.
    Coloro che hanno trovato la proposta Kasper carente per molti motivi erano, per lo più, quelli che giudicavano Humanae vitae come profetica (…); e pensavano che Veritatis splendor aveva salvato la teologia morale cattolica dalle sabbie mobili del soggettivismo postmoderno; e credevano che i "segni dei tempi” devono essere letti attraverso la lente della Rivelazione divina, piuttosto che presi come principale strumento ermeneutico per comprendere la rivelazione oggi».

    Le preoccupazioni che in alcuni settori della Chiesa avevano preceduto il Sinodo si erano rafforzate nelle quarantotto ore che hanno preceduto l’avvio dei lavori. Oltre ai dubbi sull’Instrumentum laboris in alcuni padri si erano aggiunte le perplessità rispetto al “metodo di lavoro”. «Queste preoccupazioni hanno trovato espressione in una lettera privata data a papa Francesco, alla fine del primo giorno lavorativo del Sinodo (lunedì 5 ottobre), che è stata firmata da tredici cardinali, tra cui tre prefetti dei principali Dicasteri della Curia Romana, e dieci arcivescovi residenziali dai quattro continenti. Poiché la lettera era una missiva privata al Vicario di Cristo, i suoi firmatari non credevano che i contenuti avrebbero dovuto essere resi pubblici, anche dopo che una prima bozza della lettera è trapelata. Ma si può affermare come un dato di fatto che la lettera era del tutto rispettosa della persona e delle prerogative del Papa (…). Due giorni dopo, la maggior parte delle richieste della lettera era stata onorata. Il segretario generale ha chiarito che i padri sinodali avrebbero potuto, se lo desideravano, mettere a disposizione della stampa e delle loro diocesi i loro interventi. Le relazioni dei circoli minori sarebbero state pubblicate. Ci sarebbe stato voto sul progetto di relazione finale, paragrafo per paragrafo. La pubblicazione della Relatio rimaneva, come giusto, prerogativa del Papa (…)».

    «Se la lettera dei cardinali ha trasformato il metodo, l'introduzione all’Instrumentum laboris, il primo giorno di lavoro da parte del Relatore generale, il cardinale ungherese Péter Erdo, è stato il game-changer sostanziale. (…) Nella prima mezz'ora del suo discorso, Erdo ha impostato le discussioni del Sinodo 2015 su di una solida base costruita dalle Scritture e dal Magistero dei tre pontificati precedenti, così tacitamente ha rifiutato la falsa premessa che i padri avrebbero potuto iniziare da zero a considerare il matrimonio e la famiglia nel ventunesimo secolo». Inoltre, ha ricordato che «la misericordia e la verità non possono essere opposte (…). La misericordia di Dio», ha continuato Erdo, «offre perdono ai peccatori», ma sempre «chiama alla conversione».
    A proposito della questione dell’accesso all’eucaristia dei divorziati risposati civilmente, il cardinale Erdo ha indicato una via da seguire, «citando l’insegnamento di Giovanni Paolo II in Familiaris Conosortio n°84». In questo modo la Chiesa «riconosce la realtà della situazione alla luce della verità sul matrimonio insegnata da Cristo. Vi è, in altre parole, un vero e proprio percorso per i sacramenti ai divorziati risposati civilmente e c’è sempre stato: la via della continenza»

    Sulla questione della “gradualità” nella crescita morale individuale o di coppia, il cardinale Erdo ha rilevato che, «mentre tutti noi cresciamo nella vita di grazia, tra il vero e il falso, tra il bene ed il male, non c’è una gradualità». E anche se ci possono essere «alcuni aspetti positivi» da trovare nelle relazioni irregolari, «questo non implica» che questi rapporti «possono essere presentati come buoni». «Il cardinale Erdo poi si rivolse a un problema che molti pensavano sarebbe stato il prossimo passo per andare anche oltre la proposta Kasper: una tacita benedizione ecclesiale sulle unioni omosessuali. Esortando il rispetto e la cura pastorale sensibile per le persone che provano attrazione per lo stesso sesso, ha affermato categoricamente che "non c'è fondamento" in verità per fare qualsiasi “analogia, per quanto remota, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia».

    «Per il suo lavoro», conclude Weigel, il cardinale ungherese «ha ricevuto una calorosa ovazione, ma il cardinale Kasper, che si dice fosse un po’ stordito, non era tra quelli che applaudivano. (…) L’assemblea generale e la discussione nei circoli minori sarebbe continuata sulla base dell’Instrumentum laboris, ma l’intervento introduttivo di Erdo ha avuto il felice effetto di liberare i padri sinodali. Piuttosto che seguire pedissequamente un imperfetto Instrumentum laboris, ora potevano sondare molto più profondamente nella tradizione cristiana e nella situazione contemporanea del matrimonio e della famiglia (…) E mentre gli alleati di Kasper non avrebbero gettato la spugna, alla fine della prima giornata del Sinodo era molto più probabile che non si sarebbe ripetuta l’esperienza del Sinodo 2014 ed essere dirottato dalle preoccupazione dei padri di lingua tedesca».

    Dopo la relazione del cardinale Erdo la proposta Kasper «riapparve in forme nuove, ognuna della quali ha provocato importanti dibattiti sulle questioni più profonde, sia in assemblea generale che nei circoli minori. (…) I suoi sostenitori hanno continuato a ribadire che l'intera questione della Santa Comunione ai divorziati risposati civilmente non consisteva in un cambiamento di dottrina (il Papa aveva insistito che era “intoccabile”), ma di un cambiamento nella disciplina" o "cambiamento nella pratica pastorale». A parere di Weigel, il cuore di quello che definisce il “piano B”, era quello di chiedere alla Chiesa di «riconcepire sé stessa come una federazione di Chiese nazionali, unite simbolicamente con il successore di Pietro, ma sostanzialmente indipendenti l’una dall’altra (e da Roma), sia dottrinalmente che pastoralmente. Così le Conferenze episcopali nazionali o continentali sarebbero state abilitate a trovare soluzioni “locali” alle sfide poste dalla crisi del matrimonio e della famiglia. Nessuno che prestasse attenzione aveva qualche dubbio sulla direzione che tale decentramento avrebbe preso in certi ambienti. In Germania, Austria, Svizzera e Belgio, ad esempio, la pratica di concedere la Santa Comunione ai divorziati e risposati civilmente è già diffusa, e ciò che si cercava era un mezzo per affermare ciò che sta già accadendo». 

    «In risposta, Padri sinodali provenienti da tutto il mondo hanno sottolineato il ruolo infelice che questa opzione di ecclesiologia locale ha avuto nella frammentazione della comunione anglicana, al punto che ora è in via di disintegrazione virtuale. Un caso teologico ancora più forte contro il “Piano B” è stato avanzato dai padri sinodali che sostenevano una logica sacramentale di base: semplicemente non può essere il caso che ciò che è un sacrilegio in Polonia sia una fonte di grazia al di là del confine polacco-tedesco (…)». Con il piano A e il piano B ormai fuori gioco «è stato schierato un piano C, nella forma di un appello ai diritti della coscienza». Le argomentazioni dei seguaci della “linea Kasper” sostenevano che «l'arbitro finale della decisione in merito alla ricezione della Santa Comunione è l'individuo, affrontando la sua situazione nel santuario della coscienza, riconosciuta come inviolabile dal Concilio Vaticano II nella sua Dichiarazione sulla libertà religiosa, Dignitatis Humanae. I critici rapidamente sottolineavano, tuttavia, che la Chiesa cattolica (eDignitatis Humanae) non avevano mai considerato la "coscienza" come una facoltà libera di scegliere staccata dalla verità religiosa e morale». 

    «Poi al Piano C è stato dato il colpo di grazia in cinque minuti, sei punti di spiegazione della visione cattolica della coscienza da parte del cardinale Carlo Caffarra di Bologna , in un intervento all'assemblea generale sorprendentemente lucido». Ma, alla fine, scrive Weigel, è stato approntato un piano D: «le decisioni sull’ "accompagnamento pastorale" dei divorziati risposati civilmente dovrebbero essere prese nel "foro interno" di un penitente insieme al suo confessore.” Alcuni hanno descritto questo come "Cattolicesimo local-option" portando tutto al livello parrocchiale (…) Altri padri sinodali, meno vigili teologicamente, sembravano trovare nel Piano D un modo per essere compassionevoli senza abbandonare la dottrina essenziale (…) Alla fine la frase "foro interno" ce l'ha fatta ad entrare nella relazione finale del Sinodo. Ma è stato circoscritto in un modo che i sostenitori del piano D, ovviamente, hanno trovato inquietante (…)».

    I «Padri sinodali hanno avuto la bozza di relazione finale nel pomeriggio di giovedì 22 ottobre (memoria liturgica di san Giovanni Paolo II). Il progetto era disponibile solo in italiano. E grazie a un cambio di programma, che potrebbe essere plausibilmente interpretato come un tentativo di limitare la capacità dei padri per predisporre gravi critiche al progetto, i membri del Sinodo avevano solo dodici ore per studiare il progetto e decidere quali commenti fare su di esso in occasione dell'assemblea generale di venerdì mattina 23 ottobre, e formulare i  modi (emendamenti) che avrebbero presentato per iscritto quella mattina. Poi, il comitato di redazione tornava al lavoro venerdì pomeriggio per preparare il testo modificato che sarebbe stato votato, paragrafo per paragrafo, il sabato».
    Pur nel sostanziale apprezzamento del documento presentato, soprattutto rispetto al testo insoddisfacente dell’Instrumentum laboris, «ci sono stati problemi, e si basavano principalmente su tre punti del progetto di relazione finale: 84, 85, e 86. Gli interventi sono stati delineati e più di due dozzine di modi erano pronti a porre rimedio alle ambiguità percepite sulla natura e la direzione della cura pastorale dei divorziati risposati civilmente. Data l'ora tarda, per così dire, molti dei modi presentati venerdì mattina, e più di una ventina di interventi orali, hanno proposto di far cadere uno, due o tutti e tre i paragrafi insoddisfacenti, piuttosto che tentare di modificarli. È stato anche fatto uno sforzo per avere nella relazione finale la citazione integrale del n° 84 di Familiaris Consortio, piuttosto che in forma parziale»

    «Gli interventi e i modi sono stati in gran parte ignorati, con una sola eccezione cruciale. Il progetto di revisione sul quale i Padri sinodali hanno votato sabato pomeriggio ha ancorato il punto 85 della discussione sul "foro interno" alla tradizione della Chiesa: questo discernimento pastorale tra il penitente e il sacerdote doveva intraprendersi "secondo l'insegnamento della Chiesa", una frase inserita tra i dibattiti del venerdì e il voto di sabato. Alcuni padri hanno comunque considerato il paragrafo come non sufficientemente preciso, e solo per una manciata di voti si sono raggiunti i due terzi necessari per l'inclusione nella relazione finale.” (…) In sintesi, la relazione finale, anche se non priva di difetti, va molto lontano - e anni luce al di là dell’Instrumentum laboris – nel sostenere e celebrare la visione cattolica del matrimonio e della famiglia come una risposta luminosa alla crisi di tali istituzioni nel ventunesimo secolo. E, nonostante chi sostiene il contrario, la relazione finale non dice una sola parola per ammettere i divorziati risposati civilmente alla Santa Comunione, in assenza di un decreto di nullità».




    [Modificato da Caterina63 21/12/2015 18:06]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)