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DIFENDERE LA VERA FEDE

IL CREDO NICENO-COSTANTINOPOLITANO

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    (Gino61)
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    00 27/08/2009 12:40

    ...Una, santa, cattolica e apostolica...”

     

     

     

     

    Perché il nostro antico Credo definisce la Chiesa una? Perché ha come origine Dio che è uno, e inoltre perché Gesù volle fondare una sola Chiesa. Si legge nel Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica che la Chiesa ha “come fondatore e capo Gesù Cristo, che ristabilisce l’unità di tutti i popoli in un solo corpo” (CCCC 161). La Chiesa dunque non solo è una, ma grazie allo Spirito che la anima è anche unificante. Si può dire che è unificante proprio in quanto una, ossia proprio in quanto attinge, tramite Cristo, direttamente all’unità di Dio. Oltre a questo, oltre cioè ad essere una ed unificante, la Chiesa è anche unica. “Essa ha una sola fede, una sola vita sacramentale, un’unica successione apostolica, una comune speranza e la stessa carità” (CCCC 161). Grazie a quest’unica fede, “l’unica Chiesa di Cristo, come società costituita e organizzata nel mondo, sussiste (subsistit in) nella Chiesa Cattolica, governata dal successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui. Solo per mezzo di essa si può ottenere la pienezza dei mezzi di salvezza, poiché il Signore ha affidato tutti i beni della Nuova Alleanza al solo collegio apostolico, il cui capo è Pietro” (CCCC 162). Talvolta è stata fraintesa quest’espressione “subsistit in”, peraltro già presente nel Concilio Vaticano II (LG 8,2); qualcuno si è chiesto: perché invece di dire “sussiste nella” non si è semplicemente detto “è”? Non viene sminuita la piena identità tra la Chiesa Cattolica e l’unica Chiesa di Cristo? Proprio di recente, il 29 giugno 2007, una nota della Congregazione per la Dottrina della Fede ha precisato che in realtà l’uso di questa espressione “indica la piena identità della Chiesa di Cristo con la Chiesa Cattolica” (Risposte a quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la dottrina sulla Chiesa, 3). Quanto alle Chiese e Comunità separate, “quantunque crediamo che abbiano delle carenze, nel mistero della salvezza non sono affatto spoglie di significato e di peso. Poiché lo Spirito di Cristo non ricusa servirsi di esse come strumenti di salvezza, il cui valore deriva dalla stessa pienezza della grazia e della verità, che è stata affidata alla Chiesa cattolica” (Unitatis Redintegratio 3,4). Naturalmente occorre distinguere fra chiese che hanno conservato intatti i sacramenti (come quelle ortodosse), e chiese prive della successione apostolica (come quelle protestanti). Le prime “pur non essendo in perfetta comunione con la Chiesa Cattolica, restano unite ad essa per mezzo di strettissimi vincoli, quali la successione apostolica e la valida eucaristia”, le seconde, prive per loro stessa scelta del sacerdozio ordinato, “non sono Chiese in senso proprio; tuttavia i battezzati in queste comunità sono dal Battesimo incorporati a Cristo e, perciò, sono in una certa comunione, sebbene imperfetta, con la Chiesa” (Dominus Jesus 17). La Chiesa di Cristo non è quindi la somma differenziata di tutte le chiese e le comunità cristiane, accidentalmente separatesi, ma è già visibile per intero nella Chiesa Cattolica “nella quale soltanto sono rimasti e rimarranno tutti gli elementi da Cristo stesso istituiti” (Unitatis Redintegratio 3). In essa si trova “la pienezza dei mezzi di salvezza” (CCCC 165), e per questo la chiamiamo anche santa, in quanto è la santità di Dio che l’ha fondata, ed è lo Spirito Santo che la abita e la vivifica (CCCC 165). Tramite questa stessa santità i cristiani possono perseguire la propria santificazione. Il Credo chiama anche la Chiesa cattolica, che significa universale perché “è inviata in missione a tutti i popoli di ogni tempo e a qualsiasi cultura appartengano” annunziando la totalità e l’integrità della fede (CCCC 166). Nella Nuova Alleanza, destinatario della salvezza non è solo un popolo, bensì l’universalità delle genti. Il messaggio della Chiesa, che è poi il messaggio di salvezza di Gesù, può essere rettamente assimilato da qualsiasi cultura e mentalità, e nessuno è escluso dalla totalità dei benefici portati e custoditi dalla Chiesa; perché katholikòs in greco non indica solo una somma, una pluralità di destinatari, ma, per ogni destinatario, la totalità della sua persona, in tutte le variabili delle sue espressioni. Infine il nostro antico Simbolo della fede chiama la Chiesa apostolica: questo non significa solamente che, per la sua origine, discende dagli apostoli o che è costruita sul loro fondamento; ma anche che la sua attuale struttura è apostolica, “in quanto istruita, santificata e governata, fino al ritorno di Cristo, dagli Apostoli, grazie ai loro successori, i Vescovi, in comunione col successore di Pietro” (CCCC 174). Pertanto anche l’intiero insegnamento della Chiesa “è quello stesso degli Apostoli”. Sant’Ireneo da Lione (130-202), nel suo scritto Adversus Haereses, dopo aver evidenziato il valore della successione apostolica, tanto da enumerare i successori di Pietro fino al suo tempo, e dopo aver messo in risalto il primato della Chiesa di Roma “nella quale per tutti gli uomini sempre è stata conservata la Tradizione che viene dagli Apostoli”, scrive: “Tali essendo dunque le prove, non si deve cercare presso altri la Verità, che è facile prendere dalla Chiesa, poiché gli apostoli ammassarono in lei, come in un ricco tesoro, nella maniera più piena, tutto ciò che riguarda la Verità, affinché chiunque vuole prenda da lei la bevanda della Vita”.
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    00 27/08/2009 12:40

    “Professo un solo Battesimo per il perdono dei peccati...”

     

     

     

     

    La Terra era informe e deserta, e le tenebre ricoprivano l’abisso, e lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque” (Gn 1,2). Fin dall’inizio la colomba dello Spirito cercava la propria immagine nell’acqua che aveva creato. “In principio Dio creò il cielo e la terra” (Gn 1,1), e in Eden fu posto l’uomo, sua immagine. Ma nell’uomo si riflette anche la libertà di Dio, e di conseguenza anche la libertà di sceglierlo come Padre. In verità, Dio era già “padre naturale” dell’uomo, ma nel suo amore non voleva che questa condizione non venisse scelta con consapevolezza, fatta propria come risposta a questo amore. Questa figliolanza non solo era un Suo diritto, ma era anche l’unica scelta ragionevole per l’uomo, se nella stessa Luce voleva vivere. Assenza di Dio poteva significare solamente assenza di Luce, e quindi tenebra. E poiché Dio è Bene perfetto e senza macchia, e non ama le mescolanze, “separò la luce dalle tenebre” (Gn 1,5). Ma “le tenebre ricoprivano l’abisso” (Gn 1,2), e pertanto scegliere le tenebre anziché la Luce, avrebbe certamente comportato la disperazione dell’abisso, la lontananza senza limiti. E così fu; una distanza incolmabile, che comportò non solo la perdita della figliolanza con Dio e della Sua immagine, ma anche una discendenza di peccato, perché chi nasce dalle tenebre vive nelle tenebre. Affinché questa discendenza si purificasse, nei giorni di Noè venne completamente immersa nell’acqua: “poche persone, otto in tutto, furono salvate. Figura, questa, del battesimo” (1Pt 3,20-21). Salvate dall’annunzio di una colomba, uscirono dalle acque, e dalla loro discendenza fu generato Abramo, che attraversò l’acqua del Giordano (Gn 32,11); la valle del Giordano “era un luogo irrigato da ogni parte” (Gn 13,10). Abramo seppe accettare il sacrificio del suo figlio per riacquistare la paternità di Dio, e i suoi figli, numerosi come le stelle cielo, costellarono la storia. Attraversarono anch’essi di nuovo le acque, sotto la guida di Mosè. “Sia il firmamento in mezzo alle acque, per separare le acque dalle acque” (Gn 1,6). E così, attraverso il Mar Rosso, si diressero verso la Terra Promessa, immagine dell’Eden perduto, dissetandosi dall’acqua che sgorgava dalla roccia nel deserto (Es 17,1-7). Fino ai giorni in cui, in quella stessa terra, il sacrificio trattenuto di Abramo fu portato a termine dal Padre, che avendo fermato la mano di Abramo, non fermò quella sull’Ultimo Agnello, come a voler dire: “Sarò Io a sacrificare mio figlio”. Anche Gesù, dopo aver attraversato il deserto, attraversò le acque del Giordano, e dinanzi al Battista ricevette la colomba dello Spirito. Giovanni aveva battezzato con acqua, invitando alla penitenza: era una preghiera penitenziale, non un sacramento, preparava il cuore dell’uomo, ma non toglieva i peccati. Per togliere i peccati era necessario il Cristo: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato dal mondo! Ecco colui del quale io dissi: Dopo di me viene un uomo che mi è passato avanti, perché era prima di me. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare con acqua perché egli fosse fatto conoscere a Israele. ...Ho visto lo Spirito Santo scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui. Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua mi aveva detto: L’uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo” (Gv 1,29-33). Questo stesso battesimo, ora sacramento, Gesù lo consegnò alla sua chiesa: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo” (Mt 28,19). Da allora, Egli ancora toglie i peccati dal mondo, ma lo fa tramite la sua Chiesa, roccia da cui sgorga l’acqua nel deserto. “Chi ha sete venga a Me e beva, chi crede in Me; come dice la Scrittura, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno” (Gv 7,37-38). Il santo Battesimo non venne mai interrotto, perché chi non ne attraversa le acque non può salvarsi: “In verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio (Gv 3,5). E poiché questo sacramento proviene da Dio che è uno, anche il battesimo è uno solo. “Le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un solo luogo” (Gn 1,9). In esso siamo strappati dalle tenebre e restituiti alla luce. Tramite questo sacro segno il cristiano è invitato a far proprio l’invito del profeta Isaia: “Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, le tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te” (Is 60,1-2). Il battesimo rimette il tralcio, staccato dal peccato, nella sua vite che è Cristo. Da Lui, tramite l’immersione, il cristiano non solo riceve la vera vita, ma la trasmette agli altri: “Chi beve dell’acqua che Io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che Io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna” (Gv 4,14). Ecco perché, come il profeta, il credente grida al suo prossimo: “O voi tutti assetati venite all’acqua!” (Is 55,1). Egli sa che dall’acqua del costato di Cristo, come da una roccia, sgorga di nuovo la vita che si riproduce, e annuncia il miracolo operato dallo Spirito affinché di nuovo “le acque brulichino di esseri viventi” (Gn 1,20).

     

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    00 27/08/2009 12:41

    “Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà

     

     

     

     

    Dice il Signore Dio a queste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete. Metterò su di voi i nervi e farò crescere su di voi la carne, su di voi stenderò la pelle e infonderò in voi lo spirito e rivivrete: saprete che io sono il Signore” (Ez 37,5-6). La profezia di Ezechiele (598 a.C.), passando attraverso la risurrezione di Cristo, diventerà promessa escatologica per tutti i credenti. Sarà proprio il Figlio di Dio, infatti, a identificarsi con la risurrezione stessa: “Io sono la risurrezione e la vita” (Gv 11,25). Risurrezione, vita: le due realtà “aspettate” dal nostro Credo. Dicendo “aspetto la risurrezione”, diciamo, infatti, lo stesso che “aspetto Cristo”. E dicendo “aspetto la vita”, diciamo ancora “aspetto Cristo”. L’antichissimo Simbolo degli Apostoli, rispetto a quello di Nicea-Costantinopoli, sottolinea ancora di più la fisicità della nostra futura risurrezione, chiamandola “risurrezione della carne”. Scrive il profeta Ezechiele: “Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi resusciterò dai vostri sepolcri, o popolo mio” (Ez 37,13). E, quasi a voler fugare ogni perplessità, Dio conclude: “L’ho detto e lo farò” (Ez 37,14).

    Allo stesso modo, il Simbolo degli Apostoli, sottolinea però anche la dimensione spirituale di questa risurrezione, affermando che la vita del “mondo che verrà”, e da noi nel Credo attesa, non è la vita di questo mondo, ma è “la vita eterna”. Perché “chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno” (Gv 11,25-26). L’apostolo Giovanni vide, in visione, la realizzazione di questa promessa, e così la descrive nel libro dell’Apocalisse: “Vidi poi un grande trono bianco e Colui che sedeva su di esso. Dalla sua presenza erano scomparsi la terra e il cielo senza lasciar traccia di sé. Poi vidi i morti, grandi e piccoli, ritti davanti al trono. Furono aperti i libri, e fu aperto anche un altro libro, quello della vita. I morti vennero giudicati in base a quanto scritto in quei libri ciascuno secondo le sue opere. Il mare restituì i morti che esso custodiva, e la morte e gli Inferi resero i morti da loro custoditi, e ciascuno venne giudicato secondo le sue opere” (Ap 20,11-13). Successivamente l’apostolo descrive anche, dopo la scomparsa del cielo e della terra, la venuta del “mondo che verrà”: “Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c’era più. Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo” (Ap 21,1-3). Ecco la “dimora di Dio con gli uomini”, ove “non vi sarà più notte, e non avranno più bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà” (Ap 22,5). Si legge nel Catechismo degli Adulti della C.E.I.: “Con la letteratura sapienziale e apocalittica la speranza si estende anche ai morti: i giusti continuano a vivere nell’amicizia di Dio e nell’ultimo giorno risorgeranno con il corpo a nuova vita, mentre crollerà il vecchio mondo e dalle sue rovine ne germoglierà uno più bello. Intanto bisogna essere fedeli e perseveranti” (CdA 1173). L’attesa della realizzazione di questa stupenda promessa non deve vederci inattivi ed inoperosi, perché “ciò che è dono della Provvidenza è anche frutto della libera cooperazione dell’uomo. Gli uomini contribuiscono a preparare il futuro e a disegnarne la figura” (CdA 1179). Quest’insegnamento era già stato messo in luce dal Concilio Vaticano II: “Ignoriamo il tempo in cui saranno portati a compimento la terra e l’umanità, e non sappiamo il modo con cui sarà trasformato l’universo... Tuttavia l’attesa di una terra nuova non deve indebolire, ma piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo dell’umanità nuova, che già riesce a offrire una certa prefigurazione che adombra il mondo nuovo” (Gaudium et Spes 39). La profezia del libro dell’Apocalisse che annuncia: “Tergerà ogni lacrima dai loro occhi” (Ap 21,4), può già cominciare a compiersi fin da ora con i nostri gesti di amore e di carità, verso i fratelli che vanno custoditi come sentinelle, perché, se si risvegliano nella fede, si affiancheranno a noi e ci supereranno. Profeta non è, infatti, solo colui che vede il futuro, ma anche colui che ce lo fa vedere, che lo incarna, lo vive, lo anticipa, facendo suo il richiamo udito da Ezechiele: “Profetizza allo spirito, profetizza figlio dell’uomo e annunzia allo spirito: Dice il Signore Dio: Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti, perché rivivano” (Ez 37,9).
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    (Gino61)
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    00 27/08/2009 12:41

    “Amen”

     

     

     

     

    Amen: così sia, cosi è, così credo. Il nostro antico Simbolo della Fede termina, come del resto anche la Bibbia, con la parola ebraica Amen, la cui radice si rifà alla stessa radice della parola credere. L’Amen finale della nostra Professione di Fede richiama quindi la stessa parola con cui inizia: Credo. Credere significa dire Amen alle promesse di Dio, fidarsi totalmente di Lui, essergli solidale e fedele (CCC 1064). Gesù Cristo stesso è l’Amen, come scrive l’apostolo Giovanni nel libro dell’Apocalisse: “Così parla l’Amen, il Testimone fedele e verace, il Principio della creazione di Dio” (Ap 3,14). L’Amen ci rimanda quindi al principio della creazione, per riconoscere le nostre radici e ripercorrere la storia della salvezza. Oltre alla nostra fiducia in Dio, l’Amen esprime anche la sua fiducia in noi, la sua fedeltà, la speranza che quanto promesso si realizzi. La virtù cristiana della speranza non è un semplice desiderare o auspicarsi, ma attesa certa. Quando Maria riceve l’annuncio dell’Incarnazione, ella non vive la speranza come semplice desiderio di una probabilità, ma attende, sa. Allo stesso modo il cristiano, col suo Amen, attende in modo certo che tutto si compia, perché già “tutto è compiuto” (Gv 19,30). Fecondato dal Credo anch’egli attende, e, portando in grembo Cristo, sa che Egli viene. Tutta la Chiesa, anzi tutta la creazione, Lo ha in gestazione, vivendo continuamente le doglie del parto (Rm 8,22). Il Dio dell’Amen non manca alla parola data. Questo lo crediamo e lo speriamo. “Spe salvi facti sumus”, nella speranza siamo stati salvati, scrive San Paolo (Rm 8,24). “Speranza, di fatto, è una parola centrale della fede biblica, al punto che in diversi passi le parole ‘fede’ e ‘speranza’ sembrano interscambiabili” (Enciclica Spe Salvi, 2). E questa speranza noi cristiani la esprimiamo col nostro Amen a Cristo. Scrive San Paolo ai Corinzi: “Tutte le promesse di Dio in lui sono diventate ‘sì’, Per questo sempre attraverso di lui sale il nostro ‘Amen’ per la sua gloria” (2Co 1,20). Il momento liturgico in cui facciamo nostre queste promesse, e ci impegniamo a realizzarle anche con la nostra vita, è il Credo, il nostro Amen a Dio. “La vita cristiana di ogni giorno sarà allora l’Amen all’«Io credo» della professione di fede” (CCC 1064). Riconoscendosi nei contenuti del Credo, il cristiano ne assume la forma, incarna la missione di Cristo nella sua storia. Sant’Agostino (354-430), la cui vita è attraversata proprio dal Concilio di Costantinopoli del 381 che regala alla cristianità la formula definitiva e completa del Simbolo della Fede, scrive nei suoi Sermoni: “Il Simbolo sia per te come uno specchio. Guardati in esso, per vedere se tu credi tutto quello che dichiari di credere e rallegrati ogni giorno per la tua fede” (Sermones, 58,11,13). E se davvero il cristiano, col suo Amen, dice questo sì a Dio, allora tutta la sua vita proclama: “Grazie Signore per avermi pensato fin dagli inizi, per aver creato l’Universo, e, in esso, gli uomini a immagine di te; grazie per il tuo piano di salvezza che fin dal giorno della prima caduta ci ha mostrato i segni della tua misericordia; grazie per i patriarchi ed i profeti da Te inviati, per il dono delle Scritture che nei secoli ci hanno illuminato e guidato; grazie per la Tua venuta sulla Terra, per le parole di luce e di vita con cui ci hai ammaestrati, per come ci hai amati e fatti tuoi discepoli; grazie per la Tua opera di redenzione che hai attuato attraverso la Croce e la tua Risurrezione; grazie per l’immenso dono della Chiesa, in cui hai riposto ogni tesoro di salvezza; grazie per la saggezza donata ai suoi Padri, per mezzo dei quali lo Spirito Santo ha continuato a parlarci; grazie per il mistero di sapienza custodito nella Tradizione, che attraverso il Magistero giunge fino a me; grazie per il dono di tutti i santi e sante che nei secoli hanno riflesso la tua immagine ed il tuo volto; grazie per il dono della vita, naturale e spirituale, per i miei talenti innati e per tutti i carismi dello Spirito; grazie per il dono soprannaturale dei tuoi Sacramenti, nei quali hai racchiuso, coi tuoi meriti, la Grazia santificante; grazie per avermi reso compartecipe al tuo disegno di salvezza, perché tu ami attraverso di me, annunci attraverso di me, salvi attraverso di me; nella speranza della vita eterna. Amen”.
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    Caterina63
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    Sesso: Femminile
    00 06/10/2012 23:50
    [SM=g1740733] Sua Santità Benedetto XVI, Papa di Roma, e Sua Santità Bartolomeo I, Patriarca ecumenico, recitano insieme il Simbolo Niceno-Costantinopolitano. Basilica vaticana, 29 giugno 2008.

    www.gloria.tv/?media=245490




    1. Πιστεύομεν εἰς ἕνα Θεόν,
    Πατέρα Παντοκράτορα,
    ποιητὴν οὐρανοῦ καὶ γῆς,
    ὁρατῶν τε πάντων καὶ ἀοράτων.

    2. Καὶ εἰς ἕνα Κύριον Ἰησοῦν Χριστόν,
    τὸν Υἱὸν τοῦ Θεοῦ τὸν μονογενῆ,
    τὸν ἐκ τοῦ Πατρὸς γεννηθέντα πρὸ πάντων τῶν αἰώνων·
    φῶς ἐκ φωτός,
    Θεὸν ἀληθινὸν ἐκ Θεοῦ ἀληθινοῦ,
    γεννηθέντα οὐ ποιηθέντα,
    ὁμοούσιον τῷ Πατρί,
    δι' οὗ τὰ πάντα ἐγένετο.

    3. Τὸν δι' ἡμᾶς τοὺς ἀνθρώπους
    καὶ διὰ τὴν ἡμετέραν σωτηρίαν
    κατελθόντα ἐκ τῶν οὐρανῶν
    καὶ σαρκωθέντα ἐκ Πνεύματος Ἁγίου
    καὶ Μαρίας τῆς Παρθένου
    καὶ ἐνανθρωπήσαντα.

    4. Σταυρωθέντα τε ὑπὲρ ἡμῶν ἐπὶ Ποντίου Πιλάτου,
    καὶ παθόντα
    καὶ ταφέντα.
    Καὶ ἀναστάντα τῇ τρίτῃ ἡμέρᾳ
    κατὰ τὰς Γραφάς.
    Καὶ ἀνελθόντα εἰς τοὺς οὐρανοὺς
    καὶ καθεζόμενον ἐv δεξιᾷ τοῦ Πατρός.
    Καὶ πάλιν ἐρχόμενον μετὰ δόξης
    κρῖναι ζῶντας καὶ νεκρούς,
    οὗ τῆς βασιλείας οὐκ ἔσται τέλος.

    5. Καὶ εἰς τὸ Πνεῦμα τὸ Ἅγιον,
    τὸ κύριον καὶ τὸ ζωοποιόν,
    τὸ ἐκ τοῦ Πατρὸς ἐκπορευόμενον,
    τὸ σὺν Πατρὶ συμπροσκυνούμενον καὶ συνδοξαζόμενον,
    τὸ λαλῆσαν διὰ τῶν προφητῶν.

    6. Εἰς μίαν, Ἁγίαν, Καθολικὴν καὶ Ἀποστολικὴν Ἐκκλησίαν.

    7. Ὁμολογοῦμεν ἓν βάπτισμα εἰς ἄφεσιν ἁμαρτιῶν.

    8. Προσδοκοῦμεν ἀνάστασιν νεκρῶν.

    9. Καὶ ζωὴν τοῦ μέλλοντος αἰῶνος.

    10.Ἀμήν..

    *********

    1. Credo in un solo Dio,
    Padre onnipotente,
    creatore del cielo e della terra,
    di tutte le cose visibili ed invisibili.

    2. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo,
    unigenito Figlio di Dio,
    nato dal Padre prima di tutti i secoli:
    Dio da Dio,
    Luce da Luce,
    Dio vero da Dio vero,
    generato, non creato,
    della stessa sostanza del Padre;
    per mezzo di lui tutte le cose sono state create.

    3. Per noi uomini
    e per la nostra salvezza
    discese dal cielo
    e per opera dello Spirito Santo
    si è incarnato nel seno della Vergine Maria
    e si è fatto uomo.

    4. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato,
    morì
    e fu sepolto.
    Il terzo giorno è risuscitato,
    secondo le Scritture,
    è salito al cielo,
    siede alla destra del Padre.
    E di nuovo verrà, nella gloria,
    per giudicare i vivi e i morti,
    e il suo regno non avrà fine.

    5. Credo nello Spirito Santo,
    che è Signore e dà la vita,
    e procede dal Padre [e dal Figlio] ,
    e con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato,
    e ha parlato per mezzo dei profeti.

    6. Credo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica.

    7. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati.

    8. Aspetto la risurrezione dei morti

    9. e la vita del mondo che verrà.

    10.Amen.





    [SM=g1740720]


    [SM=g1740738]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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