Scusa, Alex, ti abbiamo mentito: non è vero che non abbiamo bisogno di Dio… Siamo noi a dovergli chiedere scusa: scusa per avergli chiesto un ruolo non suo, scusa per aver aumentato le sue fragilità e i suoi bisogni, scusa per avergli fatto credere che il bene che gli volevamo era direttamente proporzionale alle medaglie che vinceva. Dobbiamo chiedergli scusa, perché l’abbiamo costretto a cercare l’olimpo degli dei, indistruttibili e incorruttibili. Scusaci Alex, se puoi, e di una cosa ti preghiamo: non mollare, non diventare un altro Pantani. Tu ci hai insegnato quanto l’uomo sia fragile, sia indifeso, sia poca cosa. Come diceva San Filippo Neri: “l’uomo da solo non ce la fa”. Adesso non lasciamolo solo, perché solo fino ad ora è stato.
di Riccardo Rodelli
(foto e scelta dei brani biblici a cura di A.Margheriti Mastino)
Povero Schwazer! Usato e scaricato. In realtà, quell’uomo dai lineamenti spigolosi, rientranti certamente negli studi morfologici criminali di Lombroso, ci ha insegnato o forse solo ricordato una cosa: gli atei non esistono.
Non esistono perché l’uomo ha costante bisogno di modelli, di immagini positive con cui misurarsi. Da quando tramite l’iconografia abbiamo incominciato a disegnare il divino, l’uomo ha voluto rappresentare esteriormente quello che vedeva interiormente. Gli atei non esistono. Esistono uomini che ripudiando l’idea di Dio, abbracciano feticci di sabbia e terra, li idolatrano, segnando la morte per entrambi. E, sì, Schwazer è una nostra vittima. E’ vittima di una società che ha bisogno di modelli, sui quali ricavare business, e il dio denaro e l’agnello d’oro sono presenti ora come tremila anni fa, quando il popolo di Israele dimenticava la voce di Dio e si innamorava del metallo luccicante.
PERCHÉ ACCONTENTARSI DI COPIE SE ABBIAMO A DISPOSIZIONE L’ORIGINALE?
Ma se l’uomo ha bisogno di modelli intonsi, vergini senza macchia, solo apparentemente perfetti, perché non cerca ciò che è veramente perfetto, vergine e senza peccato? E’ questa la grande contraddizione in cui l’ateo si sconfessa e ci parla della sua fede non ancora matura. Se la religione parla di Dio, forse prima ancora ci parla dell’umanità. Ed ecco perché la religione, qualunque essa sia, permette all’uomo innanzitutto di guardarsi allo specchio, perché nel rapporto religioso esiste un Io e un Tu. In particolare, nel cristianesimo, esiste Dio Padre ed esiste il figlio, esiste il Creatore ed esiste la creatura. Tutta la nostra crescita è segnata necessariamente da rapporti a due, da rapporti biunivoci. Padre e figlio, madre e figlia, sposo e sposa, amico e amica. L’uomo vive immerso in rapporti di legame affettivo.
DIO “SPOSTATO” E L’IDOLATRIA AVANZA
La sinistra "cerimonia" d'apertura dei giochi
Gran parte dei filosofi, quando affrontavano il problema di Dio non lo risolvevano all’origine, ma lo spostavano solo di posto. Feuerbach sosteneva che Dio era solo una proiezione dell’uomo che soffre e che è diviso e fratturato al suo interno, verso un’immagine perfetta di sé stesso. Questo dimostra quanto Dio non venga eliminato ma soltanto relativizzato e banalizzato nell’uomo generico, oppure nell’idea sommaria di giustizia, o in quella di bellezza, oppure in quella della gioia. L’idolatria è proiezione esterna di un’idea interiore che affonda le proprie radici nel profondo solco del cuore umano, l’orgoglio; l’idea di concepire il mondo e tutto quanto in esso vive secondo un progetto tutto nostro. D’altronde la madre di tutte le tentazione è: “Diventerete come Dio” (Gn. 3,5).
SE IL CORPO APPARTIENE ALL’UOMO PERCHÉ SCHWAZER NON PUÒ FARE COME VUOLE?
Ma a noi di diventare come Dio non interessa. A noi interessa l’esortazione di Gesù a diventare perfetti come il Padre. Gesù, a differenza del demonio, ci indica una strada non segnata dalla menzogna. Noi non siamo chiamati ad essere dei: esiste una perfezione umana che non corrisponde all’essere Dio. Due nature differenti, tutto qui. Noi siamo chiamati ad essere perfetti come il Padre, ma non ad essere Dio. Dio è uno e Trino.
Schwazer non è chiamato ad essere Dio, ad essere esempio, ma forse esempio lo è solo nella misura in cui l’uomo moderno crede unicamente negli esempi positivi, perché idealizza il bene e stigmatizza con grandi strilli il male del mondo, ma questo male, in fondo, non lo prende sul serio.
Non lo prende sul serio quando cerca di riabilitare Morgan dopo che si era dichiarato eroinomane, non lo prende sul serio quando vittimizza Battisti, non lo prende sul serio quando permette la morte di Eluana Englaro e la morte di milioni di bambini tramite le varie pratiche abortive. Per l’uomo di oggi, il bene e il male sono soggetti al cambio del vento, mutano a secondo del fine che vuole raggiungere. Per cui, perché mai Schwazer che voleva solo vincere – perché se non lo avesse fatto sarebbe stato soggetto ad una gogna mediatica di eguale cattiveria – ma di diverso contenuto, dovrebbe essere accusato? Se la donna sessantottina gridava: “il corpo è mio e ci faccio quello che voglio”, uccidendo in questo caso una vittima innocente, perché l’atleta altoatesino, non può gridare: “il corpo e mio e mi sparo tutto l’Epo che voglio?”
L’UOMO NON È UN’IDEA. E THIBON DICE…
La questione quindi non è comprendere ciò che è bene o male. Questo problema a mio avviso è secondario e successivo alla risoluzione di un altro problema; è subordinato alla risposta alla prima domanda che i filosofi precristiani si ponevano: chi è l’uomo? Con il peccato originale si confondono le nature, si scambiano i ruoli, si sovverte l’ ordine naturale. L’uomo prima non aveva bisogno di conoscere il bene e il male, perché era perfettamente conscio del suo rapporto diretto con il Dio che l’aveva amato e creato. L’uomo si preoccupa del bene e del male, perché, perdendo il riferimento a Dio, ha bisogno di binari all’interno dei quali muoversi. Per questo ritengo che la prima risposta da dare sia sull’identità dell’uomo. L’atleta è uno sportivo, è un corridore, è un personaggio pubblico, è un appassionato di colline e di kinder pinguì, ma è un uomo. Noi lo abbiamo fatto diventare idea. E quando l’idea ci tradisce facciamo come scrive Gustave Thibon nel, Ritorno al Reale: “L’uomo può avere quattro atteggiamenti di fronte al suo ideale, alla sua stella.
Può, in primo luogo, conformare i suoi sentimenti e la sua condotta al suo ideale. Così fanno gli eroi e i santi. Può anche capitare che la condotta dell’individuo contraddica il suo ideale. In questo caso sono possibili due esiti.
Il vecchio buon Gustave Thibon, il filosofo "contadino", il gran cattolico che alla gloria del mondo... ha preferito il lavoro della terra
O l’uomo che cede rinnega puramente e semplicemente il suo ideale, e per giustificare il suo cedimento, dichiara impossibile o illusorio tale ideale; vendica sull’oggetto tradito il proprio tradimento. Può così digerire e dormire in pace: poiché l’ideale da cui è decaduto è diventato menzogna, la sua caduta è diventata verità! Codesti “realisti” codesti distruttori di illusioni si dicono sinceri. Ma restano pur sempre mentitori nella misura in cui erigono a legge generale, a globale condanna di un ideale, il loro individuale fallimento. Oppure (giacché la scelta tra queste reazioni dipende dal modo di essere individuale e anche dallo spirito dei tempi: vi sono epoche in cui si tende all’ipocrisia, altre in cui si tende al cinismo, e l’uno e l’altra possono d’altronde mescolarsi molto bene nella stessa anima, in un Russeau, per esempio), l’uomo tanto più esalta a parole il suo ideale, quanto più lo tradisce nei fatti. L’ideale in questo caso esiste solo a titolo di compensazione e di alibi. Esso d’altronde è ipertrofico e tanto puro, tanto rigoroso da divenire irreale e impraticabile. Così Russeau disertore dai propri doveri paterni, magnifica un sovraumano ideale di educazione; George Sand, amante perversa e volubile, presenta in Mauprat un’ideale di fedeltà coniugale spinto sino al più gustoso irrealismo.
Ma esiste un altro tipo di coloro “che dicono e non fanno”. E’ quello delle anime nobili, ma deboli e divise, le quali nonostante le smentite della loro esperienza interiore, persistono nell’amare e nel difendere il loro ideale. Tali uomini non voglio consentire- come i cinici e i “realisti” di cui ho parlato- ad universalizzare i loro fallimenti e i loro peccati personali; restano fedeli alla verità con il pensiero e con il desiderio; si rifiutano di negare e di lodare ciò che hanno tradito. Atteggiamento scomodo e umiliante, fedeltà eroica alla luce: questi uomini non soffiano sulla lampada che illumina la loro miseria e la condanna. E’ certamente preferibile essere del tutto fedeli alla verità e conformare le proprie azioni ai propri principi; ma, in caso di cedimento, val meglio ancora rispettare l’ideale da cui si è decaduti, che non trascinarlo, con la falsa sincerità dell’orgoglio, nel proprio individuale fallimento.
Tali uomini non portano il loro ideale come una maschera, sull’esempio dei compensatori romantici; essi lo vivono nel proprio cuore come una piaga”.
SCUSA, ALEX, TI ABBIAMO MENTITO: NON È VERO CHE NON ABBIAMO BISOGNO DI DIO
Ed è proprio quello che noi abbiamo fatto con Alex. Siamo noi a dovergli chiedere scusa: scusa per avergli chiesto un ruolo non suo, scusa per aver aumentato le sue fragilità e i suoi bisogni, scusa per avergli fatto credere che il bene che gli volevamo era direttamente proporzionale alle medaglie che vinceva. Dobbiamo chiedergli scusa, perché l’abbiamo costretto a cercare l’olimpo degli dei, indistruttibili e incorruttibili. Scusaci Alex, se puoi, e di una cosa ti preghiamo: non mollare, non diventare un altro Pantani. Tu ci hai insegnato quanto l’uomo sia fragile, sia indifeso, sia poca cosa. Come diceva San Filippo Neri: “l’uomo da solo non ce la fa”.
Adesso non lasciamolo solo, perché solo fino ad ora è stato.
Fraternamente CaterinaLD
"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)