DIFENDERE LA VERA FEDE

Il Papa indice l'Anno Santo della Misericordia 2015-2016

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    Caterina63
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    10 13/03/2015 19:34





    L'11 aprile Papa pubblica la Bolla d'indizione del Giubileo

     

    L’Anno Santo della Misericordia, che inizierà il prossimo 8 dicembre, verrà indetto ufficialmente da Papa Francesco nel pomeriggio di sabato 11 aprile, quando alle 17.30 inizierà la cerimonia della pubblicazione della Bolla d’Indizione del Giubileo.

    Il rito
    Il rito della pubblicazione, informa una nota ufficiale, “prevede la lettura di alcuni brani della Bolla davanti alla Porta Santa della Basilica Vaticana. Successivamente, Papa Francesco presiederà la celebrazione dei Primi Vespri della Domenica della Divina Misericordia, sottolineando con ciò in maniera peculiare quello che sarà il tema fondamentale dell’Anno Santo straordinario: la Misericordia di Dio”.

    Date, tempi e frutti sperati
    La bolla d’indizione di un Giubileo, “specie nel caso di un Anno Santo straordinario – prosegue la nota – oltre a indicarne i tempi, con le date di apertura e di chiusura, e le modalità principali di svolgimento, costituisce il documento fondamentale per riconoscere lo spirito con cui viene indetto, le intenzioni e i frutti sperati dal Pontefice che lo indice per la Chiesa”.

    Storia della Bolla
    Nel caso degli ultimi due Anni Santi straordinari, del 1933 e 1983, la Bolla di Indizione, viene precisato, “fu pubblicata in occasione della Solennità dell’Epifania del Signore. Per il prossimo Anno Santo straordinario, anche la scelta dell’occasione in cui avverrà la pubblicazione della Bolla manifesta chiaramente l’attenzione particolare del Santo Padre al tema della Misericordia”.

    La Bolla, che anticamente era la capsula metallica impiegata per proteggere il sigillo in cera di documento importante, in modo da attestarne l’autenticità, attualmente  indica il documento stesso, “così che oggi esso è utilizzato per tutti i documenti pontifici di particolare importanza che portano, o almeno tradizionalmente dovrebbero portare, il sigillo del Pontefice”.


    ************************************


    il 13 marzo, Papa Francesco ha annunciato l'Anno Santo della Misericordia 


    “Ho deciso di indire un Giubileo straordinario che abbia al suo centro la misericordia di Dio. Sarà un Anno Santo della Misericordia. Lo vogliamo vivere alla luce della parola del Signore: “Siate misericordiosi come il Padre. (…) Questo Anno Santo inizierà nella prossima solennità dell’Immacolata Concezione e si concluderà il 20 novembre del 2016, Domenica di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo e volto vivo della misericordia del Padre”.

    E’ l’annuncio con cui Papa Francesco conclude la sua omelia per la liturgia penitenziale celebrata questo pomeriggio nella Basilica Vaticana, un Giubileo straordinario che Francesco vede come una opportunità attraverso cui “la Chiesa possa rendere più evidente la sua missione di essere testimone della misericordia”.

    “Affido l’organizzazione di questo Giubileo al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, perché possa animarlo come una nuova tappa del cammino della Chiesa nella sua missione di portare ad ogni persona il Vangelo della misericordia, ha continuato, sono convinto che tutta la Chiesa potrà trovare in questo Giubileo la gioia per riscoprire e rendere feconda la misericordia di Dio, con la quale tutti siamo chiamati a dare consolazione ad ogni uomo e ogni donna del nostro tempo”.

    E al tema della misericordia Papa Francesco ha dedicato dedica l’intera omelia: come ricorda l’apostolo Paolo, dice, riferendosi alla prima lettura, “Dio non cessa mai di mostrare la ricchezza della sua misericordia nel corso dei secoli”. Il Vangelo, continua, “ci apre un cammino di speranza e di conforto”. E del brano che racconta l’episodio della peccatrice che lava i piedi di Gesù e li asciuga con i suoi capelli, li bacia e li unge d’olio profumato, mentre Simone, il padrone di casa che ha invitato il Maestro alla sua tavola la giudica quale peccatrice, Francesco sottolinea due parole che ritornano con insistenza: amore e giudizio.

     “C’è l’amore della donna peccatrice che si umilia davanti al Signore; ma prima ancora c’è l’amore misericordioso di Gesù per lei, che la spinge ad avvicinarsi. (…) “Ogni gesto di questa donna parla di amore ed esprime il suo desiderio di avere una certezza incrollabile nella sua vita: quella di essere stata perdonata. E questa certezza è bellissima. E Gesù le dà questa certezza: accogliendola le dimostra l’amore di Dio per lei, proprio per lei! Dio le perdona molto, tutto, perché «ha molto amato».  “Questa donna ha veramente incontrato il Signore. (…) Per lei non ci sarà nessun giudizio se non quello che viene da Dio, e questo è il giudizio della misericordia. Il protagonista di questo incontro è certamente l’amore, la misericordia,  che va oltre la giustizia”.

     Simone il fariseo, al contrario, afferma il Papa, “non riesce a trovare la strada dell’amore”(…) “Nei suoi pensieri invoca solo la giustizia e facendo così sbaglia. Il suo giudizio sulla donna lo allontana dalla verità e non gli permette neppure di comprendere chi è il suo ospite. Si è fermato alla superficie, non è stato capace di guardare al cuore”.

     “Il richiamo di Gesù spinge ognuno di noi a non fermarsi mai alla superficie delle cose, soprattutto quando siamo dinanzi a una persona. Siamo chiamati a guardare oltre, a puntare sul cuore per vedere di quanta generosità ognuno è capace. Nessuno può essere escluso dalla misericordia di Dio; tutti conoscono la strada per accedervi e la Chiesa è la casa che tutti accoglie e nessuno rifiuta. Le sue porte permangono spalancate, conclude il Papa, perché quanti sono toccati dalla grazia possano trovare la certezza del perdono”.

    Un’accoglienza che trova la sua immagine simbolica proprio nel rito iniziale del Giubileo straordinario appena annunciato: l’apertura della Porta santa della Basilica di San Pietro, l’8 dicembre prossimo.






    CELEBRAZIONE DELLA PENITENZA
    RITO PER LA RICONCILIAZIONE DI PIÙ PENITENTI
    CON LA CONFESSIONE E L'ASSOLUZIONE INDIVIDUALE

    OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

    Basilica Vaticana
    Venerdì, 13 marzo 2015

    [Multimedia]







     

    Anche quest’anno, alla vigilia della Quarta Domenica di Quaresima, ci siamo radunati per celebrare la liturgia penitenziale. Siamo uniti a tanti cristiani che, oggi, in ogni parte del mondo, hanno accolto l’invito a vivere questo momento come segno della bontà del Signore. Il Sacramento della Riconciliazione, infatti, permette di accostarci con fiducia al Padre per avere la certezza del suo perdono. Egli è veramente “ricco di misericordia” e la estende con abbondanza su quanti ricorrono a Lui con cuore sincero.

    Essere qui per fare esperienza del suo amore, comunque, è anzitutto frutto della sua grazia. Come ci ha ricordato l’apostolo Paolo, Dio non cessa mai di mostrare la ricchezza della sua misericordia nel corso dei secoli. La trasformazione del cuore che ci porta a confessare i nostri peccati è “dono di Dio”. Da noi soli non possiamo. Il poter confessare i nostri peccati è un dono di Dio, è un regalo, è “opera sua” (cfr Ef 2,8-10). Essere toccati con tenerezza dalla sua mano e plasmati dalla sua grazia ci consente, pertanto, di avvicinarci al sacerdote senza timore per le nostre colpe, ma con la certezza di essere da lui accolti nel nome di Dio, e compresi nonostante le nostre miserie; e anche di accostarci senza un avvocato difensore: ne abbiamo uno solo, che ha dato la sua vita per i nostri peccati! E’ Lui che, con il Padre, ci difende sempre. Uscendo dal confessionale, sentiremo la sua forza che ridona la vita e restituisce l’entusiasmo della fede. Dopo la confessione saremo rinati.

    Il Vangelo che abbiamo ascoltato (cfr Lc 7,36-50) ci apre un cammino di speranza e di conforto. E’ bene sentire su di noi lo stesso sguardo compassionevole di Gesù, così come lo ha percepito la donna peccatrice nella casa del fariseo. In questo brano ritornano con insistenza due parole: amore e giudizio.

    C’è l’amore della donna peccatrice che si umilia davanti al Signore; ma prima ancora c’è l’amore misericordioso di Gesù per lei, che la spinge ad avvicinarsi. Il suo pianto di pentimento e di gioia lava i piedi del Maestro, e i suoi capelli li asciugano con gratitudine; i baci sono espressione del suo affetto puro; e l’unguento profumato versato in abbondanza attesta quanto Egli sia prezioso ai suoi occhi. Ogni gesto di questa donna parla di amore ed esprime il suo desiderio di avere una certezza incrollabile nella sua vita: quella di essere stata perdonata. E questa certezza è bellissima! E Gesù le dà questa certezza: accogliendola le dimostra l’amore di Dio per lei, proprio per lei, una peccatrice pubblica! L’amore e il perdono sono simultanei: Dio le perdona molto, le perdona tutto, perché «ha molto amato» (Lc 7,47); e lei adora Gesù perché sente che in Lui c’è misericordia e non condanna. Sente che Gesù la capisce con amore, lei, che è una peccatrice. Grazie a Gesù, i suoi molti peccati Dio se li butta alle spalle, non li ricorda più (cfr Is43,25). Perché anche questo è vero: quando Dio perdona, dimentica. E’ grande il perdono di Dio! Per lei ora inizia una nuova stagione; è rinata nell’amore a una vita nuova.

    Questa donna ha veramente incontrato il Signore. Nel silenzio, gli ha aperto il suo cuore; nel dolore, gli ha mostrato il pentimento per i suoi peccati; con il suo pianto, ha fatto appello alla bontà divina per ricevere il perdono. Per lei non ci sarà nessun giudizio se non quello che viene da Dio, e questo è il giudizio della misericordia. Il protagonista di questo incontro è certamente l’amore, la misericordia che va oltre la giustizia.

    Simone, il padrone di casa, il fariseo, al contrario, non riesce a trovare la strada dell’amore. Tutto è calcolato, tutto pensato… Egli rimane fermo alla soglia della formalità. E’ una cosa brutta, l’amore formale, non si capisce. Non è capace di compiere il passo successivo per andare incontro a Gesù che gli porta la salvezza. Simone si è limitato ad invitare Gesù a pranzo, ma non lo ha veramente accolto. Nei suoi pensieri invoca solo la giustizia e facendo così sbaglia. Il suo giudizio sulla donna lo allontana dalla verità e non gli permette neppure di comprendere chi è il suo ospite. Si è fermato alla superficie – alla formalità – non è stato capace di guardare al cuore. Dinanzi alla parabola di Gesù e alla domanda su quale servo abbia amato di più, il fariseo risponde correttamente: «Colui al quale ha condonato di più». E Gesù non manca di farlo osservare: «Hai giudicato bene» (Lc 7,43). Solo quando il giudizio di Simone è rivolto all’amore, allora egli è nel giusto.

    Il richiamo di Gesù spinge ognuno di noi a non fermarsi mai alla superficie delle cose, soprattutto quando siamo dinanzi a una persona. Siamo chiamati a guardare oltre, a puntare sul cuore per vedere di quanta generosità ognuno è capace. Nessuno può essere escluso dalla misericordia di Dio. Tutti conoscono la strada per accedervi e la Chiesa è la casa che tutti accoglie e nessuno rifiuta. Le sue porte permangono spalancate, perché quanti sono toccati dalla grazia possano trovare la certezza del perdono. Più è grande il peccato e maggiore dev’essere l’amore che la Chiesa esprime verso coloro che si convertono. Con quanto amore ci guarda Gesù! Con quanto amore guarisce il nostro cuore peccatore! Mai si spaventa dei nostri peccati. Pensiamo al figlio prodigo che, quando decide di tornare dal padre, pensa di fargli un discorso, ma il padre non lo lascia parlare, lo abbraccia (cfr Lc 15,17-24). Così Gesù con noi. “Padre, ho tanti peccati…” – “Ma Lui sarà contento se tu vai: ti abbraccerà con tanto amore! Non avere paura”.

    Cari fratelli e sorelle, ho pensato spesso a come la Chiesa possa rendere più evidente la sua missione di essere testimone della misericordia. E’ un cammino che inizia con una conversione spirituale; e dobbiamo fare questo cammino. Per questo ho deciso di indire un Giubileo straordinario che abbia al suo centro la misericordia di Dio. Sarà un Anno Santo della Misericordia. Lo vogliamo vivere alla luce della parola del Signore: “Siate misericordiosi come il Padre” (cfr Lc 6,36). E questo specialmente per i confessori! Tanta misericordia!

    Questo Anno Santo inizierà nella prossima solennità dell’Immacolata Concezione e si concluderà il 20 novembre del 2016, Domenica di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo e volto vivo della misericordia del Padre. Affido l’organizzazione di questo Giubileo al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, perché possa animarlo come una nuova tappa del cammino della Chiesa nella sua missione di portare ad ogni persona il Vangelo della misericordia.

    Sono convinto che tutta la Chiesa, che ha tanto bisogno di ricevere misericordia, perché siamo peccatori, potrà trovare in questo Giubileo la gioia per riscoprire e rendere feconda la misericordia di Dio, con la quale tutti siamo chiamati a dare consolazione ad ogni uomo e ad ogni donna del nostro tempo. Non dimentichiamo che Dio perdona tutto, e Dio perdona sempre. Non ci stanchiamo di chiedere perdono. Affidiamo fin d’ora questo Anno alla Madre della Misericordia, perché rivolga a noi il suo sguardo e vegli sul nostro cammino: il nostro cammino penitenziale, il nostro cammino con il cuore aperto, durante un anno, per ricevere l’indulgenza di Dio, per ricevere la misericordia di Dio.





    [Modificato da Caterina63 01/04/2015 00:02]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 13/03/2015 20:41
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      Una Nota sull'Anno Santo della Misericordia annunciato oggi

    2015-03-13 Radio Vaticana

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    Come lo stesso Papa Francesco ha detto al termine della sua omelia per la liturgia penitenziale nella quale ha annunciato l’Anno Santo straordinario della Misericordia, la cura di questo Giubileo è affidata al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. In una nota il dicastero offre alcune informazioni utili a comprendere meglio il significato dell’annuncio:

    Papa Francesco ha annunciato oggi, 13 marzo 2015, nella Basilica di San Pietro la celebrazione di un Anno Santo straordinario. Questo Giubileo della Misericordia avrà inizio con l’apertura della Porta Santa in San Pietro nella solennità dell’Immacolata Concezione 2015 e si concluderà il 20 novembre 2016 con la solennità di Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell’Universo. All’inizio dell’anno il Santo Padre aveva detto: “Questo è il tempo della misericordia. È importante che i fedeli laici la vivano e la portino nei diversi ambienti sociali. Avanti!”

    L’annuncio è stato fatto nel secondo anniversario dell’elezione di Papa Francesco, durante l’omelia della celebrazione penitenziale con la quale il Santo Padre ha aperto l’iniziativa 24 ore per il Signore. Questa iniziativa, proposta dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, promuove in tutto il mondo l’apertura straordinaria delle chiese per invitare a celebrare il sacramento della riconciliazione. Il tema di quest’anno è preso dalla lettera di San Paolo agli Efesini “Dio ricco di misericordia” (Ef 2,4).

    L’apertura del prossimo Giubileo avverrà nel cinquantesimo anniversario della chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II, nel 1965, e acquista per questo un significato particolare spingendo la Chiesa a continuare l’opera iniziata con il Vaticano II.

    Nel Giubileo le letture per le domeniche del tempo ordinario saranno prese dal Vangelo di Luca, chiamato “l’evangelista della misericordia”. Dante Alighieri lo definisce “scriba mansuetudinis Christi”, “narratore della mitezza del Cristo”. Sono molto conosciute le parabole della misericordia presenti nel Vangelo di Luca: la pecora smarrita, la dramma perduta, il padre misericordioso.

    L’annuncio ufficiale e solenne dell’Anno Santo avverrà con la lettura e pubblicazione presso la Porta Santa della Bolla nella Domenica della Divina Misericordia, festa istituita da San Giovanni Paolo II che viene celebrata la domenica dopo Pasqua.

    Anticamente presso gli Ebrei, il giubileo era un anno dichiarato santo che cadeva ogni 50 anni, nel quale si doveva restituire l'uguaglianza a tutti i figli d'Israele, offrendo nuove possibilità alle famiglie che avevano perso le loro proprietà e perfino la libertà personale. Ai ricchi, invece, l'anno giubilare ricordava che sarebbe venuto il tempo in cui gli schiavi israeliti, divenuti nuovamente uguali a loro, avrebbero potuto rivendicare i loro diritti. “La giustizia, secondo la legge di Israele, consisteva soprattutto nella protezione dei deboli” (S. Giovanni Paolo II in Tertio Millennio Adveniente 13).

    La Chiesa cattolica ha iniziato la tradizione dell’Anno Santo con Papa Bonifacio VIII nel 1300. Bonifacio VIII aveva previsto un giubileo ogni secolo. Dal 1475 – per permettere a ogni generazione di vivere almeno un Anno Santo – il giubileo ordinario fu cadenzato con il ritmo dei 25 anni. Un giubileo straordinario, invece, viene indetto in occasione di un avvenimento di particolare importanza.

    Gli Anni Santi ordinari celebrati fino ad oggi sono 26. L’ultimo è stato il Giubileo del 2000. La consuetudine di indire giubilei straordinari risale al XVI secolo. Gli ultimi Anni Santi straordinari, del secolo scorso, sono stati quelli del 1933, indetto da Pio XI per il XIX centenario della Redenzione, e quello del 1983, indetto da Giovanni Paolo II per i 1950 anni della Redenzione.

    La Chiesa cattolica ha dato al giubileo ebraico un significato più spirituale. Consiste in un perdono generale, un'indulgenza aperta a tutti, e nella possibilità di rinnovare il rapporto con Dio e il prossimo. Così, l’Anno Santo è sempre un’opportunità per approfondire la fede e vivere con rinnovato impegno la testimonianza cristiana.

    Con il Giubileo della Misericordia Papa Francesco pone al centro dell’attenzione il Dio misericordioso che invita tutti a tornare da Lui. L’incontro con Lui ispira la virtù della misericordia.

    Il rito iniziale del giubileo è l'apertura della Porta Santa. Si tratta di una porta che viene aperta solo durante l'Anno Santo, mentre negli altri anni rimane murata. Hanno una Porta Santa le quattro basiliche maggiori di Roma: San Pietro, San Giovanni in Laterano, San Paolo fuori le mura e Santa Maria Maggiore. Il rito di aprire la Porta Santa esprime simbolicamente il concetto che, durante il Giubileo, è offerto ai fedeli un “percorso straordinario” verso la salvezza.

    Le Porte Sante delle altre basiliche verranno aperte successivamente all'apertura della Porta Santa della Basilica di San Pietro.

    La misericordia è un tema molto caro a Papa Francesco che già da vescovo aveva scelto come suo motto “miserando atque eligendo”. Si tratta di una citazione presa dalle Omelie di San Beda il Venerabile, il quale, commentando l’episodio evangelico della vocazione di San Matteo, scrive: “Vidit ergo Iesus publicanum et quia miserando atque eligendo vidit, ait illi Sequere me” (Vide Gesù un pubblicano e siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: Seguimi). Questa omelia è un omaggio alla misericordia divina. Una traduzione del motto potrebbe essere “Con occhi di misericordia”.

    Nel primo Angelus dopo la sua elezione, il Santo Padre diceva: “Sentire misericordia, questa parola cambia tutto. È il meglio che noi possiamo sentire: cambia il mondo. Un po’ di misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto. Abbiamo bisogno di capire bene questa misericordia di Dio, questo Padre misericordioso che ha tanta pazienza” (Angelus 17 marzo 2013).

    Nell’Angelus dell’11 gennaio 2015 ha affermato: “C’è tanto bisogno oggi di misericordia, ed è importante che i fedeli laici la vivano e la portino nei diversi ambienti sociali. Avanti! Noi stiamo vivendo il tempo della misericordia, questo è il tempo della misericordia”. Ancora, nel suo messaggio per la Quaresima 2015, il Santo Padre ha detto: “Quanto desidero che i luoghi in cui si manifesta la Chiesa, le nostre parrocchie e le nostre comunità in particolare, diventino delle isole di misericordia in mezzo al mare dell’indifferenza!”

     

    (Da Radio Vaticana)




    [Modificato da Caterina63 13/03/2015 20:41]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    00 14/03/2015 13:09

      Anno Santo. PapaFrancesco: la misericordia rende il mondo meno freddo

     

    14/03/2015 

    “Siate misericordiosi come il Padre”: sarà un versetto del Vangelo di Luca a fare da guida al Giubileo straordinario della misericordia, indetto ieri da Papa Francesco, nel secondo anniversario dall’inizio del suo Pontificato. L’Anno Santo si aprirà il prossimo 8 dicembre e si concluderà il 20 novembre 2016. L’iniziativa vuole invitare i fedeli di tutto il mondo a celebrare il sacramento della Riconciliazione. Il servizio di Isabella Piro:

    La misericordia rende il mondo più giusto
    “Un po’ di misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto”: è il 17 marzo 2013 quando Papa Francesco pronuncia queste parole. È il suo primo Angelus da Pontefice, che traccia così una delle linee-guida del magistero: la misericordia. D’altronde, per il Papa il tema del perdono e della riconciliazione è essenziale:  sin da vescovo, infatti, Jorge Mario Bergoglio sceglie come motto “Miserando atque eligendo”. Da Papa, poi, conia il neologismo “misericordiando”, cita la misericordia ben 31 volte nell’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium e nel Messaggio di Quaresima 2015 esorta i fedeli a diventare “isole di misericordia in mezzo al mare dell’indifferenza”.

    Terzo Giubileo straordinario dal secolo scorso
    Indetto in occasione di un avvenimento di particolare importanza, il Giubileo voluto da Papa Bergoglio è il terzo, dal secolo scorso, a carattere “straordinario”, dopo quelli del 1933 e del 1983, indetti rispettivamente da Pio XI e da Giovanni Paolo II per celebrare i 1.900 ed i 1.950 anni dalla Redenzione. Ventisei, invece, gli Anni Santi ordinari celebrati fino ad ora, per lo più a distanza di un quarto di secolo l’uno dall’altro. L’ultimo è stato il Giubileo del 2000, voluto da Giovanni Paolo II.

    L’8 dicembre, apertura della Porta Santa
    Atto simbolico del prossimo Giubileo sarà l’apertura della Porta Santa della Basilica Vaticana, che avverrà l’8 dicembre, nella solennità dell’Immacolata Concezione. Murata per tutto il resto del tempo, la Porta Santa – che in San Pietro sembra risalire al 145 – viene aperta solo in occasione dell’Anno Santo, proprio per offrire ai fedeli un percorso straordinario verso la salvezza. Secondo il rito, Papa Francesco batterà tre volte con un martello sul muro di mattoni che chiude l'accesso, per poi varcare la soglia della Basilica.

    Il Vangelo di Luca, evangelista della misericordia
    Dopo quella in San Pietro, verranno aperte anche le altre tre Porte Sante di Roma, presenti nelle Basiliche maggiori: San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore e San Paolo fuori le Mura. Durante l’Anno Santo, le letture per le domeniche del tempo ordinario saranno prese dal Vangelo di Luca, noto anche come “l’evangelista della misericordia”, colui che narra le parabole della pecorella smarrita e del figliol prodigo.

    Sulla scia di Giovanni Paolo II
    Nella successione di Pietro, Papa Francesco fa così memoria del magistero dei suoi predecessori: fu Giovanni Paolo II, infatti, a dare risalto al tema della misericordia, sia con l’Enciclica “Dives in Misericordia” del 1980, sia con l’istituzione della Domenica della Divina Misericordia, da celebrare otto giorni dopo la Pasqua. Non a caso, il Giubileo della misericordia verrà proclamato solennemente il prossimo 12 aprile, proprio nella Domenica della Divina Misericordia, con la lettura e la pubblicazione, presso la Porta Santa vaticana, della Bolla ufficiale giubilare.

    Il richiamo a Benedetto XVI
    Il richiamo a Benedetto XVI riguarda, invece, l’Anno della fede: indetto da Papa Ratzinger nel 2012, a cinquant’anni dall’apertura del Concilio Vaticano II, l’Anno della fede si è concluso il 20 novembre 2013, nella solennità del Cristo Re. Tre anni dopo, nello stesso giorno del 2016, si chiuderà il Giubileo della Misericordia, a mezzo secolo di distanza dalla conclusione del Concilio. 



    Il santo Padre Francesco: Cristo sia cuore e linfa di ogni opera di carità

    Papa Francesco parla nella Sala Clementina in Vaticano - OSS_ROM

    14/03/2015 

    Annunciare un “Vangelo senza sconti” nella vita di ogni giorno, con il coraggio e l’ottimismo tipici di un cristiano adulto nella fede. È ciò che il Papa ha augurato alla Comunità “Seguimi” – un’Associazione laicale presente in 11 Paesi – che ha voluto celebrare con Francesco in Vaticano i 50 anni di vita e di testimonianza. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Lo avevano desiderato all’alba del Concilio Vaticano II, che si preparava ad aprire ai laici nella Chiesa una nuova frontiera di protagonismo: la spinta a vivere un Vangelo “senza sconti” in famiglia, negli ambienti di lavoro, in quelli sociali. Cinquant’anni dopo, in 400 appartenenti alla Comunità “Seguimi” – circa la metà dei membri effettivi – si sono stretti attorno a Papa Francesco per celebrare il traguardo.

    Cristo è il centro, non le opere
    “È molto bello” il vostro programma di vita, ha riconosciuto il Papa. Un impegno imperniato sulla fedeltà personale ai consigli evangelici, che negli anni ha dato vita a numerose opere di carità e assistenza. Ma, come spesso accaduto in casi analoghi, Francesco ricorda che un cristiano porta Cristo, prima di ogni altra cosa.

    “Tante volte, anche nella Chiesa, crediamo di essere buoni cristiani perché facciamo opere sociali e di carità bene organizzate. Va bene, sono cose buone. Ma non dobbiamo dimenticare che la linfa che porta la vita e trasforma i cuori è lo Spirito Santo, lo Spirito di Cristo. Lasciate che Lui, il Signore, occupi il centro del vostro cuore e del vostro operare. E proprio rimanendo saldamente uniti a Lui, come tralci alla vite potete andare verso le periferie del mondo”.

    Cristiani creativi e ottimisti
    Il Papa definisce l’esperienza della Comunità “Seguimi” un “modo originale di incarnare il Vangelo”, una “via efficace per camminare nel mondo”. Celibi e sposi, che si incontrano, ciascuno nel proprio stato di vita, e condividono “un’esperienza arricchente di complementarietà”:

    “Conservate e sviluppate questa comunione fraterna e lo scambio dei doni, finalizzati alla crescita umana e cristiana di tutti, insieme alla creatività, all’ottimismo, alla gioia e al  coraggio di andare – quando è giusto – controcorrente. Siate vigilanti sul vostro cammino spirituale e aiutatevi a praticare sempre la  reciproca carità, che vuol dire difendersi dall’egoismo individualista per essere veri testimoni del Vangelo”.

    Laici in prima linea
    L’incoraggiamento finale di Francesco alla Comunità è a essere portatori di “valori cristiani”, dell’amore di Gesù in tutti i contesti della quotidianità:

    “Vi incoraggio ad essere laici in prima linea, a sentirvi parte attiva nella missione della Chiesa, a vivere la vostra secolarità  dedicandovi alle realtà proprie della città terrena: la  famiglia, le professioni, la vita sociale nelle diverse espressioni. Così potete contribuire, a modo di fermento, a immettere lo spirito del Vangelo nelle pieghe della storia con la testimonianza della fede, della speranza e della carità”.





    [Modificato da Caterina63 14/03/2015 13:13]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    00 15/03/2015 00:21
     da una e-mail che ci è arrivata qui in Difendere.... cliccare sulle immagini per ingrandirle.


    Ciao a tutti, sono elettrizzata per il nuovo Anno Santo di misericordia che il papa ha proclamato venerdì durante l'incontro penitenziale. Per me sarebbe il secondo dopo il giubileo del duemila, ma all'epoca ero piccola e non ricordo nulla, sono nata infatti nel 1995. Frequento la parrocchia e vado all'università. (...) insomma vorrei viverlo concretamente e a parte qualche consiglio che potrete darmi vorrei chiedervi che differenza c'è fra peccati mortali e veniali, se questi detti mortali sono ancora una scomunica nella chiesa perchè in parrocchia, veramente, ognuno dice la sua. Facciamo molta attività anche con la Caritas, ma di dottrina qui non se ne parla quasi mai perciò volevo chiedervi in quale senso intendere questa misericordia, Dio perdona tutto a prescindere poi da come vivo moralmente? Cosa è la misericordia, la giustizia di Dio e quindi il senso del perdono? (...) grazie Antonella L.

    ****

    Belle domande! Dico davvero, sono un ottimo inizio per prepararci a questo immenso e grande dono che Dio ci fa attraverso il suo Vicario in terra, il Santo Padre. Dobbiamo davvero approfittarne, è un'occasione più preziosa dell'oro fino....

    Inizio subito dalla differenza fra i peccati mortali e quelli veniali, ma ti indirizzo a Padre Angelo O.P. che di recente ha dato una preziosa risposta al medesimo quesito, lo trovi cliccando qui, fanne, anzi, facciamone tesoro.

    Ricordiamo inoltre che ciò che era considerato peccato ieri, o nella stessa Scrittura, lo è anche oggi, i Dieci Comandamenti - parole dettate da Dio per il nostro vero bene - valgono ieri quanto oggi, così come i moniti di Gesù sono sempre validi.

    In sostanza non è la Parola di Dio che deve adeguarsi all'uomo in ogni generazione, o alle mode del momento, ma al contrario, ogni generazione deve scoprire e conoscere la Parola di Dio e ciò che Lui ha fatto per noi, il Suo insegnamento, i Suoi consigli affinchè la nostra vita venga trasformata e possiamo godere della vera felicità.

    La Parola di Dio è fedeltà assoluta per l'uomo di ogni tempo, è l'uomo che si evolve, non Dio.

     

    Veniamo ora alla tua domanda preziosa: Dio perdona tutto a prescindere poi da come vivo moralmente?

    Ovvio che no! Ma non basta dire "no" o fermarsi a dire "Dio vieta questo, e questo e quest'altro" perché Dio non si è fatto Uomo per venire a vietarci di compiere ciò che è male (per dire e vietare ciò che è male bastava la Scrittura), ma per salvarci: « Dio dimostra il suo amore verso di noi, perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi » (Rm 5,8).

    Allora la domanda sarà: salvarci da chi e da che cosa? In che senso è "morto per noi", perchè?

    E' certo che Dio perdona tutto, ma chi vuole questo perdono deve corrispondere a quel "sia fatta la tua volontà.... rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori..." e la volontà di Dio non può mai essere o trovarsi nella connivenza con il peccato, sia esso mortale quanto veniale.

    L'Incarnazione di Dio ha come scopo principale questo rapporto d'Amore con l'uomo attraverso il quale è venuto non solo ad indicarci la via, la verità e la vita, ma a darci proprio la testimonianza di come fare: "Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi." (Gv.13,15)

    C'è dunque un "fare", quel che Dio vuole da noi,  cui dobbiamo tendere per ottenere il premio delle fatiche fatte e quindi il vero perdono.

    Fare, così, questa volontà di Dio non è un peso, non è umiliante, non toglie la nostra libertà, al contrario, la modella a "sua immagine": noi ad immagine di Dio e non il contrario. Gesù in tutti i Vangeli ci dimostra in cosa consiste la vera libertà e dunque non ci costringe, non è venuto per imporci qualcosa di opprimente o degradante, ma per salvarci è conveniente che lo ascoltiamo e ci convertiamo a Lui, anche perchè non c'è altra strada, non c'è altra via.

    Ecco allora che dobbiamo parlare del "peccato originale", la causa per cui Dio si è Incarnato. Non lo faremo qui, ma per te e per chi legge, basta andare a studiare il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) dove leggiamo:

    1849 Il peccato è una mancanza contro la ragione, la verità, la retta coscienza; è una trasgressione in ordine all'amore vero, verso Dio e verso il prossimo, a causa di un perverso attaccamento a certi beni. Esso ferisce la natura dell'uomo e attenta alla solidarietà umana. È stato definito « una parola, un atto o un desiderio contrari alla Legge eterna ».

    1850 Il peccato è un'offesa a Dio: « Contro di te, contro te solo ho peccato. Quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto » (Sal 51,6). Il peccato si erge contro l'amore di Dio per noi e allontana da lui i nostri cuori. Come il primo peccato, è una disobbedienza, una ribellione contro Dio, a causa della volontà di diventare « come Dio » (Gn 3,5), conoscendo e determinando il bene e il male. Il peccato pertanto è « amore di sé fino al disprezzo di Dio ».  Per tale orgogliosa esaltazione di sé, il peccato è diametralmente opposto all'obbedienza di Gesù, che realizza la salvezza.

    1865 Il peccato trascina al peccato; con la ripetizione dei medesimi atti genera il vizio. Ne derivano inclinazioni perverse che ottenebrano la coscienza e alterano la concreta valutazione del bene e del male. In tal modo il peccato tende a riprodursi e a rafforzarsi, ma non può distruggere il senso morale fino alla sua radice.

    1866 I vizi possono essere catalogati in parallelo alle virtù alle quali si oppongono, oppure essere collegati ai peccati capitali che l'esperienza cristiana ha distinto, seguendo san Giovanni Cassiano  e san Gregorio Magno.  Sono chiamati capitali perché generano altri peccati, altri vizi. Sono la superbia, l'avarizia, l'invidia, l'ira, la lussuria, la golosità, la pigrizia o accidia.

    E' perciò chiaro che se vogliamo essere salvati dobbiamo corrispondere alla grazia della Misericordia di Dio che ci viene donata abbondantemente dal Figlio Divino. In una parola dobbiamo convertirci, lo dice Gesù e lo ripensiamo anche nel terzo Mistero della Luce del Rosario: nell’annuncio del Regno di Dio con l’invito alla conversione. Mistero di luce è la predicazione con la quale Gesù annuncia l’avvento del Regno di Dio e invita alla conversione (cfr.Mc 1,15), rimettendo i peccati di chi si accosta a Lui con umile fiducia (cfr. Mc 2, 3-13; Lc 7, 47-48), inizio del ministero di misericordia che Egli continuerà ad esercitare fino alla fine del mondo, specie attraverso il sacramento della Riconciliazione affidato alla sua Chiesa (cfr. Gv 20, 22-23).

    E' ovvio dunque che, per ricevere questo perdono, io devo cambiare vita, devo convertirmi alle leggi di Dio che non sono fatte per distruggermi, ma piuttosto per santificarmi, devo fare uno sforzo, certo, ma devo svoltare. Facciamo un esempio: è come un automobilista che, entrato in autostrada dall'ingresso sbagliato, all'inizio pensa che tutti gli altri siano impazziti, ma poi si ferma e ragionandoci su si accorge di aver sbagliato e farà di tutto per fare una inversione immediata per evitare - se è una persona attenta e disponibile - qualche collisione.

    Ecco l'esercizio della nostra libertà messa a servizio di Dio per il nostro vero bene.

     

     

    Veniamo all'ultima tua domanda: Cosa è la misericordia, la giustizia di Dio e quindi il senso del perdono?

    Sul senso del perdono lo abbiamo specificato sopra. Quanto alla giustizia di Dio essa va di pari passo con il perdono e la stessa misericordia, non è possibile separare il perdono, la misericordia dalla giustizia di Dio. Misericordia e giustizia sono così due facce della stessa medaglia, non possono essere separate.

    Convertirsi a Dio, per esempio, è un atto di giustizia nei confronti di Colui che per prima ci ama e che ci ha creati.

    Raccomandiamo inoltre di approfondire l'enciclica di Giovanni Paolo II sulla Divina Misericordia: cliccare qui

    Nostro Signore Gesù Cristo dice che il perdono deve essere concesso solo a chi è veramente pentito:"se un tuo fratello pecca, rimproveralo; ma se si pente, perdonagli" (Lc. 17,3 ). Il rimprovero non è assenza di perdono, ma lo stesso perdonare non significa non rimproverare, non riprendere l'errante. Il perdono esige un atto giusto, forse una mamma non è amorevole verso il figlio quando lo rimprovera per delle mancanze? Il perdono non esclude la giustizia ma, anzi, la giustizia è condizione del perdono.

    Disse una volta Gesù al paralitico: «Ecco che sei guarito; non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio» (Gv.5,14). La grazia di un saper ben giudicare-discernere gli atti che compiamo o che altri compiono, serve nella vita di tutti i giorni

    Quando Gesù incontrava i peccatori, infatti, non li giudicava in quanto trattava il caso da uomo a uomo, tra pari, ma agiva come "Maestro-Rabbì" ; "la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato" (Gv.14,24), Egli faceva emergere l'errore (leggere l'episodio con l'adultera in quel "va e non peccare più" in Gv.8,1-11), rilevando l'atto sbagliato, e questo suo "sapere" convinceva, attirava le persone, così come allontanava coloro che avendo capito il problema non volevano abbandonare il proprio peccare: "cercate di uccidermi perché la mia parola non trova posto in voi..." (Gv.8,37).

    E se ricado? Rialzati! Gesù non giudica le volte che cadiamo, ma l'essere recidivi ad un atto volontario verso il peccato, qui la Misericordia si arresta davanti alla scelta, mentre si attiva nel confessionale dove veniamo perdonati ogni volta che ci pentiamo. Gesù è caduto tre volte sotto il peso dei nostri peccati raccolti in quella croce pesante, se fosse rimasto a terra cosa sarebbe stato di noi? Ecco che Lui stesso ben conosce questo peso, ma ci invita a rialzarci: non c'è resurrezione senza croce!

    Lontano da Dio siamo in balia della morte, del peccato e del male, ecco perchè Gesù, all'atto della guarigione aggiunge: ora sei guarito; ma non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio. Se scegliamo di stare lontani da Dio ci accade questo "di peggio". Ricordiamo di leggere anche la parabola del figlio che ritorna pentito alla casa del Padre (Lc.15,11-32), e quell'atto di pura misericordia di Gesù sulla Croce nel perdonare il Buon Ladrone, promettendogli il Paradiso "oggi stesso".

    Per capire allora che cosa è la vera giustizia di Dio, è necessario chiederci: che cosa è l'ingiustizia?

    Benedetto XVI l'ha spiegato bene nel Messaggio della Quaresima 2010, dove dice:

    "Molte delle moderne ideologie hanno, a ben vedere, questo presupposto: poiché l’ingiustizia viene “da fuori”, affinché regni la giustizia è sufficiente rimuovere le cause esteriori che ne impediscono l’attuazione. Questo modo di pensare - ammonisce Gesù - è ingenuo e miope. L’ingiustizia, frutto del male, non ha radici esclusivamente esterne; ha origine nel cuore umano, dove si trovano i germi di una misteriosa connivenza col male.

    Lo riconosce amaramente il Salmista: “Ecco, nella colpa io sono nato, nel peccato mi ha concepito mia madre” (Sal 51,7). Sì, l’uomo è reso fragile da una spinta profonda, che lo mortifica nella capacità di entrare in comunione con l’altro. Aperto per natura al libero flusso della condivisione, avverte dentro di sé una strana forza di gravità che lo porta a ripiegarsi su se stesso, ad affermarsi sopra e contro gli altri: è l’egoismo, conseguenza della colpa originale.

    Adamo ed Eva, sedotti dalla menzogna di Satana, afferrando il misterioso frutto contro il comando divino, hanno sostituito alla logica del confidare nell’Amore quella del sospetto e della competizione; alla logica del ricevere, dell’attendere fiducioso dall’Altro, quella ansiosa dell’afferrare e del fare da sé (cfr Gen 3,1-6), sperimentando come risultato un senso di inquietudine e di incertezza. Come può l’uomo liberarsi da questa spinta egoistica e aprirsi all’amore?

    (...) L’annuncio cristiano risponde positivamente alla sete di giustizia dell’uomo, come afferma l’apostolo Paolo nella Lettera ai Romani: “Ora invece, indipendentemente dalla Legge, si è manifestata la giustizia di Dio... per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono. Infatti non c’è differenza, perché tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù. E’ lui che Dio ha stabilito apertamente come strumento di espiazione, per mezzo della fede, nel suo sangue” (3,21-25).

    Quale è dunque la giustizia di Cristo? E’ anzitutto la giustizia che viene dalla grazia, dove non è l’uomo che ripara, guarisce se stesso e gli altri. Il fatto che l’“espiazione” avvenga nel “sangue” di Gesù significa che non sono i sacrifici dell’uomo a liberarlo dal peso delle colpe, ma il gesto dell’amore di Dio che si apre fino all’estremo, fino a far passare in sé “la maledizione” che spetta all’uomo, per trasmettergli in cambio la “benedizione” che spetta a Dio (cfr Gal 3,13-14). Ma ciò solleva subito un’obiezione: quale giustizia vi è là dove il giusto muore per il colpevole e il colpevole riceve in cambio la benedizione che spetta al giusto? Ciascuno non viene così a ricevere il contrario del “suo”?

    In realtà, qui si dischiude la giustizia divina, profondamente diversa da quella umana. Dio ha pagato per noi nel suo Figlio il prezzo del riscatto, un prezzo davvero esorbitante. Di fronte alla giustizia della Croce l’uomo si può ribellare, perché essa mette in evidenza che l’uomo non è un essere autarchico, ma ha bisogno di un Altro per essere pienamente se stesso. Convertirsi a Cristo, credere al Vangelo, significa in fondo proprio questo: uscire dall’illusione dell’autosufficienza per scoprire e accettare la propria indigenza - indigenza degli altri e di Dio, esigenza del suo perdono e della sua amicizia.

    Si capisce allora come la fede sia tutt’altro che un fatto naturale, comodo, ovvio: occorre umiltà per accettare di aver bisogno che un Altro mi liberi del “mio”, per darmi gratuitamente il “suo”. Ciò avviene particolarmente nei sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia."

     

    E il santo Padre Francesco, nell'Omelia penitenziale nella quale ha annunciato questo Anno Santo della Misericordia, ha detto:

    "Il Sacramento della Riconciliazione, infatti, permette di accostarci con fiducia al Padre per avere la certezza del suo perdono. Egli è veramente “ricco di misericordia” e la estende con abbondanza su quanti ricorrono a Lui con cuore sincero.

    Essere qui per fare esperienza del suo amore, comunque, è anzitutto frutto della sua grazia. Come ci ha ricordato l’apostolo Paolo, Dio non cessa mai di mostrare la ricchezza della sua misericordia nel corso dei secoli. La trasformazione del cuore che ci porta a confessare i nostri peccati è “dono di Dio”. Da noi soli non possiamo. Il poter confessare i nostri peccati è un dono di Dio, è un regalo, è “opera sua” (cfr Ef 2,8-10). Essere toccati con tenerezza dalla sua mano e plasmati dalla sua grazia ci consente, pertanto, di avvicinarci al sacerdote senza timore per le nostre colpe, ma con la certezza di essere da lui accolti nel nome di Dio, e compresi nonostante le nostre miserie; e anche di accostarci senza un avvocato difensore: ne abbiamo uno solo, che ha dato la sua vita per i nostri peccati! E’ Lui che, con il Padre, ci difende sempre. Uscendo dal confessionale, sentiremo la sua forza che ridona la vita e restituisce l’entusiasmo della fede. Dopo la confessione saremo rinati." (Omelia del 13.3.2015)

    Suggerisco anche questo articolo:  Risposte sul concetto di peccato e cosa dice davvero il Papa

     e questo: Il Perdono e la vera giustizia nella Dottrina Cattolica e questo: IL PECCATO ORIGINALE SPIEGATO in modo SEMPLICE

    Concludiamo con le parole di San Paolo che ci richiamo ad un vero stile di vita Cristiano:

    "Io infatti non mi vergogno del vangelo, poiché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo prima e poi del Greco.  È in esso che si rivela la giustizia di Dio di fede in fede, come sta scritto: Il giusto vivrà mediante la fede. In realtà l'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell'ingiustizia,  poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato." (Rom. 1,16-19).

    E allora: fin da ora Buon Anno Santo della Misericordia! Approfittiamone.

    Sia lodato Gesù Cristo +

    La pagina verrà aggiornata, cliccare qui per l'indice agli argomenti; e qui per l'indice alla sezione del Catechismo.


         



    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    Sesso: Femminile
    00 15/03/2015 15:57
     All' articolo di Socci che inseriamo qui per ulteriori riflessioni, è necessaria questa

    PREMESSA.....

    diciamo che nella sostanza concordo con Socci che, grazie a Dio, sa ancora parlare con il si, si- no, no, anche a rischio di essere linciato dalla chiesa GERARCHICA o dai bergogliani o francescomani   

    Quanto dice Socci è la prima impressione che ho avuto anche io appena ho ascoltato e letto la notizia attraverso le prime agenzie mediatiche.... e subito mi sono detta: "ma tu guarda il DEMONIO come ci sguazza subito subito! Un Anno Santo straordinario che Giovanni Paolo II dedicò alla REDENZIONE e che dovrebbe inserirsi immediatamente nel medesimo concetto espresso poi con il termine MISERICORDIA, perchè tale è la REDENZIONE, è pura misericordia... e allora, cosa sta cercando di filtrare il demonio?   
    cosa vuole offuscare e cosa vuole far apparire da questo annuncio? Che la MISERICORDIA E' TUTTA DI BERGOGLIO, LUI IL MISERICORDIOSO....?? "

    Sì, mi son detta, il rischio c'è ed è proprio questo..... ma sta a noi provare che i Media sbagliano, come sempre, a cominciare dal fatto che hanno completamente oscurato le altre parole usate nella stessa omelia, quelle della e sulla CONFESSIONE DEI PECCATI, del ricorso alla misericordia di Dio che si attiva solo SE PENTITI DEI PECCATI, ANDIAMO A CONFESSARCI.... e cambiamo vita, conversione.....

    Da notare infatti che subito dopo l'annuncio Radio Vaticana ha emanato una NOTA ESPLICATIVA ed è evidente che questa intendeva frenare subito i titoli mediatici sull'evento.... 
    e la Nota specificava appunto il ricorso alla CONFESSIONE DEI PECCATI, ALLA CONVERSIONE per ricevere questo atto misericordioso che è di Dio ma affidato appunto alla Chiesa nel Ministero della riconciliazione....

    Perciò, l'atteggiamento migliore all'articolo di Socci è SMENTIRE IL SUO ALLARME  e dare prova che con i Media anche lui sta sbagliando nelle conclusioni perchè quanto alle preoccupazioni ha ragione, ha ragione perchè sono i Media che stanno interpretando malamente questo evento....

    ma... NON E' "COLPA DEL PAPA" ma è colpa di chi del Papa prende quello che vuole, lo storpia e lo strumentalizza.... questo Anno Santo sarà invece una grande opportunità per chi naviga contro corrente, contro Cristo Via, Verità e Vita. restiamo con il Papa e non sbaglieremo!



    "IL PRIMO GIUBILEO DELLA STORIA CHE NON CELEBRERA’ GESU’ (E AVRA’ AL CENTRO BERGOGLIO)

cliccare sul link per leggere l'articolo: 

http://www.antoniosocci.com/il-primo-giubileo-della-storia-che-non-celebrera-gesu-e-avra-al-centro-bergoglio/#more-3593"

    IL PRIMO GIUBILEO DELLA STORIA CHE NON CELEBRERA’ GESU’ (E AVRA’ AL CENTRO BERGOGLIO)

    cliccare sul link per leggere l'articolo:

    http://www.antoniosocci.com/il-primo-giubileo-della-storia-che-non-celebrera-gesu-e-avra-al-centro-bergoglio/#more-3593 






    ANGELUS

    Piazza San Pietro
    IV Domenica di Quaresima, 15 marzo 2015

    [Multimedia]



     

    Cari fratelli e sorelle, buongiorno

    il Vangelo di oggi ci ripropone le parole rivolte da Gesù a Nicodemo: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito» (Gv 3,16). Ascoltando questa parola, rivolgiamo lo sguardo del nostro cuore a Gesù Crocifisso e sentiamo dentro di noi che Dio ci ama, ci ama davvero, e ci ama così tanto! Ecco l’espressione più semplice che riassume tutto il Vangelo, tutta la fede, tutta la teologia: Dio ci ama di amore gratuito e sconfinato.

    Così ci ama Dio e questo amore Dio lo dimostra anzitutto nella creazione, come proclama la liturgia, nella Preghiera eucaristica IV: «Hai dato origine all’universo per effondere il tuo amore su tutte le tue creature e allietarle con gli splendori della tua luce». All’origine del mondo c’è solo l’amore libero e gratuito del Padre. Sant’Ireneo un santo dei primi secoli scrive: «Dio non creò Adamo perché aveva bisogno dell’uomo, ma per avere qualcuno a cui donare i suoi benefici» (Adversus haereses, IV, 14, 1). È così, l'amore di Dio è così.

    Così prosegue la Preghiera eucaristica IV: «E quando, per la sua disobbedienza, l’uomo perse la tua amicizia, tu non l’hai abbandonato in potere della morte, ma nella tua misericordia a tutti sei venuto incontro». È venuto con la sua misericordia. Come nella creazione, anche nelle tappe successive della storia della salvezza risalta la gratuità dell’amore di Dio: il Signore sceglie il suo popolo non perché se lo meriti, ma perché è il più piccolo tra tutti i popoli, come egli dice. E quando venne “la pienezza del tempo”, nonostante gli uomini avessero più volte infranto l’alleanza, Dio, anziché abbandonarli, ha stretto con loro un vincolo nuovo, nel sangue di Gesù – il vincolo della nuova ed eterna alleanza – un vincolo che nulla potrà mai spezzare.

    San Paolo ci ricorda: «Dio, ricco di misericordia, – mai dimenticarlo è ricco di misericordia – per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo» (Ef 2,4). La Croce di Cristo è la prova suprema della misericordia e dell’amore di Dio per noi: Gesù ci ha amati «sino alla fine» (Gv 13,1), cioè non solo fino all’ultimo istante della sua vita terrena, ma fino all’estremo limite dell’amore. Se nella creazione il Padre ci ha dato la prova del suo immenso amore donandoci la vita, nella passione e nella morte del suo Figlio ci ha dato la prova delle prove: è venuto a soffrire e morire per noi. Così grande è la misericordia di Dio: Egli ci ama, ci perdona; Dio perdona tutto e Dio perdona sempre.

    Maria, che è Madre di misericordia, ci ponga nel cuore la certezza che siamo amati da Dio. Ci stia vicino nei momenti di difficoltà e ci doni i sentimenti del suo Figlio, perché il nostro itinerario quaresimale sia esperienza di perdono, di accoglienza e di carità.


    Dopo l'Angelus:

    Cari fratelli e sorelle,

    Con dolore, con molto dolore, ho appreso degli attentati terroristici di oggi contro due chiese nella città Lahore in Pakistan, che hanno provocato numerosi morti e feriti. Sono chiese cristiane. I cristiani sono perseguitati. I nostri fratelli versano il sangue soltanto perché sono cristiani. Mentre assicuro la mia preghiera per le vittime e per le loro famiglie, chiedo al Signore, imploro dal Signore, fonte di ogni bene, il dono della pace e della concordia per quel Paese. Che questa persecuzione contro i cristiani, che il mondo cerca di nascondere, finisca e ci sia la pace.

    (..)

    Sono vicino alla popolazione di Vanuatu, nell’Oceano Pacifico, colpita da un forte ciclone. Prego per i defunti, per i feriti e i senza tetto. Ringrazio quanti si sono subito attivati per portare soccorsi e aiuti.

    A tutti voi auguro una buona domenica. Per favore non dimenticate di pregare per me.


    [Modificato da Caterina63 16/03/2015 22:12]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    Caterina63
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    00 18/03/2015 23:58

      GIUBILEO
     

    Anno Santo del 2015-2016: è il 50mo anniversario del Concilio Vaticano II. Non è la prima volta che un pontefice fissa un Giubileo straordinario in una data non "tonda". Sarà dedicato alla misericordia: di fronte al dramma di una società lontana dalle chiese, il primo annuncio non può che invocare la misericordia.

    di Massimo Introvigne


    L'Anno Santo annunciato da Papa Francesco non è il primo che non cade nelle scadenze di cento, cinquanta o venticinque anni calcolati sull'inizio del secolo che corrispondono ai Giubilei ordinari, a partire dal primo indetto da Papa Bonifacio VIII per l'anno 1300. Per esempio, Pio XI fissò un Giubileo straordinario nel 1933, per il diciannovesimo centenario della Redenzione. E, sempre con riferimento alla Redenzione, san Giovanni Paolo II ne celebrò il 1950º anniversario nel 1983 con un ulteriore Giubileo straordinario. Non solo «cifre tonde», dunque, né novità senza precedenti.

    L'Anno Santo del 2015-2016, come il Papa ha annunciato, celebrerà i cinquant'anni dalla conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II e sarà dedicato alla misericordia. Senza dubbio Francesco preciserà meglio nei prossimi mesi i fini e le dimensioni dell'Anno Santo straordinario. Non è però certamente vietato ai commentatori proporre fin da ora qualche considerazione.

    Partendo dai due scopi dell'Anno Santo già indicati dal Papa, la prima considerazione fa riferimento al Concilio. Si dice spesso che quello del Concilio e della sua interpretazione non è il primo tema che sta a cuore a Francesco, mentre era centrale nel Magistero di Benedetto XVI. Francesco ha indicato in modo chiaro quale interpretazione del Concilio considera corretta e normativa in una lettera a monsignor Agostino Marchetto, di cui ha autorizzato la pubblicazione, in cui definisce il vescovo italiano «il migliore ermeneuta» del Vaticano II. Monsignor Marchetto è noto per avere posto le premesse della formula di Benedetto XVI «ermeneutica della riforma nella continuità», attraverso la critica sistematica della cosiddetta scuola di Bologna, cioè dell'interpretazione del Concilio in termini di discontinuità e di rottura rispetto al Magistero preconciliare. Nello stesso tempo, monsignor Marchetto - che ha pubblicato in questi giorni un'opera importante in tema di libertà religiosa - ha criticato le interpretazioni che vogliono una continuità senza riforma, cioè che rifiutano le novità del Concilio, di cui accettano solo quanto ripete e ripropone il Magistero precedente. Benedetto XVI, spesso male interpretato, chiedeva di accettare lealmente la riforma, interpretandola però nel senso della continuità dell'unico soggetto Chiesa. Né riforma senza continuità, secondo la scuola di Bologna, né continuità senza riforma, come vorrebbero quelli che Benedetto XVI chiamava «anticonciliaristi». 

    Nell'enciclica Caritas in veritate lo stesso Benedetto XVI ha spiegato che l'ermeneutica della riforma nella continuità non va utilizzata solo per i documenti del Vaticano II ma per tutto il Magistero della Chiesa. Mi permetto di ipotizzare che il ritorno al tema del Vaticano II con l'Anno Santo voglia pure suggerire, da parte di Papa Francesco, che la formula della riforma nella continuità - elogiata nella lettera a monsignor Marchetto - va applicata anche alle sue stesse riforme e novità, che vanno lealmente accettate e nello stesso tempo interpretate in continuità con il Magistero a lui precedente. Anche qui, né riforma senza continuità - e interpretazione delle «novità» di Papa Francesco nei termini di discontinuità e rottura che prevalgono su molta stampa - né continuità senza riforma, come vorrebbe chi critica il Papa attuale invocando più o meno strumentalmente gli insegnamenti del suo predecessore. Il Concilio e la sua ermeneutica, riproposte con l'Anno Santo, assumono valore paradigmatico come chiave di lettura anche del Magistero di Papa Francesco.

    Papa Francesco

    Secondo tema dell'Anno Santo, e tema che sarà probabilmente quello su cui più insisterà il Pontefice: la misericordia. Mi sembra riduttivo e anche un po' superficiale sostenere che l'Anno Santo della Misericordia - che peraltro inizierà dopo il Sinodo - è stato indotto per favorire la fazione che in sede sinodale propone di estendere la misericordia a certe categorie di divorziati risposati concedendo loro di accedere alla comunione. Se avesse voluto esprimere preferenze su questo tema, il Papa avrebbe avuto molti modi di intervenire, senza bisogno di mettere in moto la complessa macchina dell'Anno Santo.

    Credo che Francesco parta da una considerazione diversa. Constata, quasi sociologicamente, che la grande maggioranza degli occidentali non frequenta le chiese. Questa lontananza dalla Chiesa non riguarda solo una classe sociale. È tutta una società, tutto un mondo che è naufragato, già in quei preamboli antropologici della fede richiamati spesso dal Papa e costituiti dalla buona educazione: «permesso, grazie, scusa».

    Di fronte a questo dramma, il primo annuncio ai lontani non può che usare il linguaggio della misericordia, fatto di gesti e di atteggiamenti prima ancora che di parole. Il Papa invita a partire dalle piccole cose, dalla prima evidenza secondo cui è meglio essere buoni che cattivi, richiama spesso santa Teresina di Lisieux, e ha in comune con i suoi due predecessori il riferimento a santa Faustina Kowalska, la santa polacca della Divina Misericordia. Il primo annuncio è quello della misericordia, che ci rende capaci di essere buoni. Certo, poi vengono tante altre cose – se l’annuncio attecchisce poi deve partire la catechesi, e Francesco lo ribadisce spesso. Ma il primo annuncio è quello, semplicissimo e nello stesso tempo oggi difficile, della misericordia. 

    Questi fiumi di misericordia per Papa Francesco non sono mai privi di direzione. Sfociano in quel sacramento dimenticato e di cui il Papa parla continuamente: la confessione. Vi è qui in realtà una continuità con i predecessori. Se uno si confessa dichiara a se stesso e al mondo che non è relativista, che il bene e il male non sono uguali, che il bene si fa e del male si chiede perdono in confessionale. Il richiamo del Pontefice alla confessione è spesso commovente: «E io dico a te: se tu hai un peso sulla tua coscienza, se tu hai vergogna di tante cose che hai commesso, fermati un po’, non spaventarti. Pensa che qualcuno ti aspetta perché mai ha smesso di ricordarti; e questo qualcuno è tuo Padre, è Dio che ti aspetta! Arrampicati, come ha fatto Zaccheo, sali sull’albero della voglia di essere perdonato; io ti assicuro che non sarai deluso». 

    Francesco sa che solo una piccola percentuale dei cattolici oggi nel mondo si confessa. Considera questo problema uno dei più drammatici nella Chiesa. L'Anno Santo, lo ha già detto il Papa al momento dell'annuncio sarà il grande anno del rilancio della confessione. Se il problema è drammatico, giustifica misure straordinarie: come un Anno Santo straordinario, appunto.

    È questo che a mio avviso molti critici di Papa Francesco talora non capiscono. Teologicamente e spiritualmente la misericordia è il cuore del messaggio cristiano. Sociologicamente, è l'unico punto di partenza possibile per dialogare con chi è lontano dalla Chiesa e magari la guarda con pregiudizio. La misericordia non nega la dottrina, ma apre la porta perché sia comprensibile e compresa. La giusta insistenza sul «secondo tempo», sulla catechesi dottrinale e sulla verità, non può diventare scusa per evitare il «primo tempo», il chinarsi sulle ferite delle persone che incontriamo con il buon annuncio della misericordia. È questo l'Anno Santo straordinario.





    Giubileo, l'esegeta Crimella: "La Misericordia del Signore non è quella dello smemorato"

    Misericordia - RV

    17/03/2015

    Dall'opera evangelizzatrice di San Patrizio, vescovo e Apostolo d'Irlanda, alla leggenda del 'pozzo di San Patrizio', e dall'immagine del pozzo alla metafora biblica di questo luogo. "Attorno al pozzo sono ambientate diverse scene di fidanzamento", ricorda Don Matteo Crimella, docente di Esaegesi del Nuovo Testamento alla Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale. "Il pozzo indica poi la femminilità per eccellenza: da sempre richiama l’acqua, la vita, e insieme la penetrazione, l'idea di entrare in profondità nella relazione tra l’uomo e la donna. Evoca insomma l'unità". 

    "Se poi pensiamo al pozzo come immagine del collegamento con le viscere della terra, della discesa di Cristo agli Inferi, qui siamo di fronte al punto più basso dell’Incarnazione ma anche al punto più alto dell’Amore", sottolinea Crimella. "L’amore di Dio in Gesù arriva anche all’Inferno, il luogo dove c’è assenza di Dio. Anche lì è arrivato il Signore con la sua misericordia. Ciò significa che non esiste spazio che non possa essere visitato dall’amore di Dio". 

    All'indomani dell'annuncio di indizione del Giubileo della Misericordia, il sacerdote precisa: "La misericordia di cui parliamo è la misericordia seria, non quella dello smemorato che non fa caso alle cose, che si dimentica. La misericordia è quella di chi è attento alla verità delle cose ma le guarda dal punto di vista di Dio. In latino ci sono due termini che indicano la penitenza: paenitentia e poenitentia. Rispettivamente indichiamo la profondità, l’idea di convertirsi, di cambiare mentalità e dall'altra parte l’idea invece della pena, del castigo. Ecco - conclude il sacerdote - la penitenza a cui siamo chiamati è la prima. Questo è il grande dono della Pasqua".





    [Modificato da Caterina63 19/03/2015 16:49]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 24/03/2015 11:32

      DISCERNERE





    "L'uomo spirituale giudica ogni cosa". Eventi e parole del giorno giudicati alla luce del Vangelo del giorno

    Misericordia, Concilio Vaticano II, evangelizzazione, ecco il Papato di Francesco

    di antonelloiapicca

     

    Se mi chiedessero di riassumere in poche parole i due anni di pontificato di Papa Francesco non avrei dubbi: gli ruberei quelle che ha rivolto un paio di giorni fa ai partecipanti al Corso sul foro interno del Tribunale della Penitenzieria: “Non esiste alcun peccato che Dio non possa perdonare! Nessuno!”.

    Due anni per gridare a ogni uomo che la misericordia di Dio è infinita, perché Cristo ha portato nel suo corpo sulla Croce ogni peccato cancellandolo con il suo sangue ed è risorto per donarci una vita nuova in Lui. C’è speranza per tutti perché se “non esiste nessun peccato che Dio non possa perdonare” vuol dire che non esiste nessuno che possa restare escluso dalla sua misericordia.

    Questo è il fondamento del cristianesimo, la novità che San Paolo ha annunciato in ogni riga delle sue lettere e con ogni parola della sua predicazione. Chi non si sente perdonato da Dio vive frustrato e in continua agitazione, scontento e sempre pronto a mormorare. Accendi il televisore, sfoglia un giornale e te ne renderai conto. Ira, indignazione, scandalo e poi proteste, violenze verbali e non solo, cause in tribunale, querele, liti in famiglia, al condominio, sull’autobus, al posto di lavoro, perfino in Chiesa. Non c’è fine al fiume di male che ogni giorno investe le nostre vite.

    Non c’è argine, è inutile. Pensate che l’ideologia gender sia l’ultimo conato del demonio? No vero? Aspettate qualche anno e vi troverete in galera per il reato di “pedofobia”, perché di sicuro la pedofilia sarà sdoganata e inserita tra le leggi di uno Stato capace di recepire le conquiste civili.

    Ma questo tsunami di male non solo ti si appiccica addosso. Esso sorge anche dal nostro cuore. E monta e nessuno sa come fare per neutralizzarlo. Per questo, come già nel Giardino dell’Eden, non si può far altro che cominciare a chiamarlo bene, così si risolve il problema. Non sai come tenere tua figlia a casa il sabato sera? Non sai come impedirle di andare in vacanza con il suo ragazzino, lei che ha solo 15 anni? Semplice, basta dire che non c’è nulla di male, che deve fare le sue esperienze, che capirà da sola che cosa sia bene e cosa male.

    E così via, con divorzio, aborto ed eutanasia, nozze omosessuali, adozioni e uteri in affitto, sperimentazione genetica e lavaggio del cervello dei bambini, giochi erotici e perversi per “liberare” il genere che è in ciascuno. Infilateci quello che volete, basta dire che il male è bene e il gioco è fatto. Ma….

    Ma la gente è infelice, si suicida a vent’anni come a ottanta, si fa del male con droghe e alcool illudendosi di vincere così l’invincibile debolezza. Insoddisfatti di un sesso ridotto a sport per genitali ci si lascia assorbire dai siti porno sino a lasciarvi dentro anima e coscienza. Insomma, più si cambia l’acqua più i pesci muoiono… Più si escogitano stratagemmi per cancellare il male più esso riaffiora rabbioso. E quanto cadaveri sul ciglio della storia, accanto a te e a me, e forse lo stiamo diventando anche noi, senza accorgercene.

    Ma un morto non può mangiare. Ascoltai questa frase molti anni fa in un incontro e mi si piantò dentro come una rivelazione. Si riferiva all’episodio del Vangelo nel quale Gesù si reca a casa di Giàiro, il capo della sinagoga che lo aveva implorato per la sua figlioletta agli estremi. Mentre Gesù si incammina gli dicono che la ragazza è morta. Giunto a casa però, sorprende tutti dicendo: “La bambina non è morta, ma dorme”. Entrato nella camera dove giaceva le prende la mano e le dice: “Talità kum, – Fanciulla, io ti dico, alzati!”. Immediatamente la fanciulla si alza, comincia a camminare mentre Gesù “ordina” ai genitori “di darle da mangiare”.

    Dietro alle parole di Papa Francesco si può leggere questo brano. Neanche i morti sono esclusi dalla misericordia. “Nessuno” che si sia lasciato trascinare nella menzogna che soffoca questa società si deve sentire indegno del perdono di Dio, perché per Cristo i peccatori dormono e hanno solo bisogno che Lui li risvegli per poter mangiare la sua carne, ossia vivere nel suo amore. Ciò accade con il Sacramento della Confessione, ad esempio, che realizza la Pasqua in chi vi si accosta, l’unico argine al male, perché dopo averlo distrutto nel cuore vi deposita la vita stessa di Dio. E chi la sperimenta sa camminare attraverso le follie del mondo, senza restarne impigliato, rivelando a tutti che c’è un modo diverso di vivere, bello e felice.

    I due anni del pontificato di Papa Francesco sono stati soprattutto un annuncio gioioso della Pasqua di Cristo! La riforma della Curia? Sarà possibile solo se attingerà forza e ispirazione dalla Pasqua, capace di “riformare” i cuori prima delle strutture. Dalla Pasqua che nella misericordia fa dei cristiani delle creature nuove si potrà avviare la Chiesa sul cammino si “uscita” dalla “pastorale di conservazione” per raggiungere le “periferie esistenziali” di questa generazione. Perché altrimenti, ditemi, che ci andiamo a fare nei bassifondi morali della società? A mettere ordine e a fare pulizia a suon di leggi e moralismi?

    Impossibile, e lo dico per esperienza personale. Gli anni passati su questo fronte dell’evangelizzazione che è il Giappone, “periferia opulenta” dai bisogni infiniti, e i tempi trascorsi in Italia mi hanno convinto che o sarà misericordia, o la Chiesa non riuscirà ad attrarre a Cristo i piccoli, i poveri, i peccatori. L’annuncio del Vangelo, infatti, è essenzialmente l’annuncio del perdono dei peccati, come ha scritto il Papa all’Università cattolica argentina: “La misericordia non è solo un atteggiamento pastorale, ma è la stessa sostanza del Vangelo”. Basta leggere gli Atti degli Apostoli, paradigma di ogni missione della Chiesa nella storia. E prima ancora scrutare il ministero di Gesù: Lui ha sempre prima perdonato i peccati e poi guarito le infermità.

    Per questo le parole del Santo Padre ci introducono direttamente nel cuore di Cristo e del Padre: “Il sacramento della Riconciliazione rende presente con speciale efficacia il volto misericordioso di Dio: lo concretizza e lo manifesta continuamente, senza sosta”.

    Non è un colpo decisivo a tanto clericalismo che chiude a mille mandate le porte della Chiesa? Sono persuaso che gli eventi degli ultimi anni, anche quelli dolorosi che hanno circondato la rinuncia di Benedetto XVI, come quelli di Papa Francesco siano incastonati in un progetto meraviglioso di Dio che risale al Concilio Vaticano II.

    Non a caso, durante la celebrazione penitenziale presieduta ieri, il Papa ha messo in stretta relazione il Concilio con la Misericordia, annunciando l’indizione di un Anno Santo della Misericordia. Il Giubileo straordinario inizierà il prossimo 8 dicembre, in occasione del cinquantesimo anniversario della chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II e terminerà il 20 novembre 2016, festa di Cristo Re: “Cari fratelli e sorelle, ho pensato spesso a come la Chiesa possa rendere più evidente la sua missione di essere testimone della misericordia. È un cammino che inizia con una conversione spirituale. Per questo ho deciso di indire un Giubileo straordinario che abbia al suo centro la misericordia di Dio. Lo vogliamo vivere alla luce della parola del Signore: “Siate misericordiosi come il Padre”.

    Il Concilio appare dunque, a cinquanta anni dalla sua chiusura, il faro che illumina il cammino della Chiesa perché diventi “testimone della misericordia”. Nella storia la ricezione e l’attuazione dei Concili ha necessitato di tempi lunghi, e il Vaticano II non sembra un’eccezione. La fioritura dei carismi e dell’Iniziazione Cristiana per giovani e adulti che proprio il Papa ha benedetto e confermato, l’impulso missionario e la ritrovata centralità del Mistero Pasquale sono alcune tra le orme lasciate dallo Spirito durante il Concilio, il dono di Dio alla sua Chiesa perché sappia aprire i tesori della misericordia per ogni uomo. Per me, che sono prete grazie al Concilio e ai grandi Papi che lo hanno e lo stanno attuando, è un’emozione grande.

    E non è un caso neanche che il Papa abbia voluto affidare l’organizzazione del Giubileo al Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione, “perché possa animarlo come una nuova tappa del cammino della Chiesa nella sua missione di portare a ogni persona il Vangelo della misericordia. Sono convinto che tutta la Chiesa potrà trovare in questo Giubileo la gioia per riscoprire e rendere feconda la misericordia di Dio, con la quale tutti siamo chiamati a dare consolazione a ogni uomo e ogni donna del nostro tempo”. Concilio Vaticano II, missione, misericordia, il tripode della Chiesa di Papa Francesco!

    Gli schemi atrofizzati e obsoleti ai quali troppo spesso noi preti chiediamo le certezze che i fallimenti pastorali minano ogni giorno, sono un ostacolo per la missione della Chiesa. I nostri peccati, i miei, con l’inclinazione al protagonismo e alla vanità di fronte alla quale mi ritrovo così debole; la superbia di fronte alla storia di una missione spesso difficile e senza visibili risultati che evapora l’umiltà. L’installazione nelle proprie idee e nei propri criteri, nei progetti e nell’effimero potere sono virus sempre in agguato dei quali, lo confesso, ho sentito il bruciore più di una volta. E, soprattutto, la tentazione nascosta dietro ogni angolo, di sentirsi importante e imprescindibile per il destino eterno delle persone affidate, che ti precipita nelle crisi più nere quando scopri che l’opera è solo di Dio e non sei indispensabile. Ed è qui che il Papa mi ha aiutato tanto a non aver paura “dell’esperienza della vergogna: io, nel sentire questo peccato, quest’anima che si pente con tanto dolore o con tanta delicatezza d’animo, sono capace di vergognarmi dei miei peccati? E questa è una grazia”.

    Allora, peccatore con i peccatori, penitente con i penitenti posso ogni istante accostarmi al trono della misericordia per essere rialzato dal lettuccio dove la mia debolezza mi confina. Ed è proprio qui il segreto della vita di ogni presbitero. Abbeverarsi all’acqua viva della misericordia per sapervi condurre le pecore affidate. Quanto vere sono state sino ad oggi nella mia vita le parole di Francesco, che meraviglia sentirmele rivolgere ora, in terra di missione: “Ed è proprio a voi confessori che dico: lasciatevi educare dal Sacramento della Riconciliazione! Quanto possiamo imparare dalla conversione e dal pentimento dei nostri fratelli! Anime semplici che si abbandonano totalmente al Signore, che si fidano della Chiesa e, perciò, anche del confessore. Ci è dato anche, spesso, di assistere a veri e propri miracoli di conversione. Persone che da mesi, a volte da anni sono sotto il dominio del peccato. Essi ci spingono a fare anche noi un esame di coscienza: io, sacerdote, amo così il Signore, come questa vecchietta? Io, confessore, sono disponibile al cambiamento, alla conversione, come questo penitente? Tante volte ci edificano queste persone”.

    Ne sono testimone, ho imparato la conversione dai peccatori che si sono accostati al confessionale! Ho imparato a piangere da chi, ormai allo stremo come la figlia di Giairo, si rivolgeva a Cristo senza più difendersi. Ho imparato il suo potere assistendo ai miracoli che nessuno osava più sperare. Ho imparato la misericordia dispensandola senza alcun merito: “dobbiamo ravvivare in noi la consapevolezza che nessuno è posto in tale ministero per proprio merito; né per le proprie competenze teologiche o giuridiche, né per il proprio tratto umano o psicologico. Tutti siamo stati costituiti ministri della riconciliazione per pura grazia di Dio, gratuitamente, proprio per misericordia. Io che ho fatto questo e questo e questo, adesso devo perdonare…”. E questo ti fa finalmente libero e grato dell’onore di essere un povero strumento della misericordia di Dio, e “non dobbiamo mai perdere questo sguardo soprannaturale, che ci rende davvero umili, accoglienti e misericordiosi”.

    L’ho visto migliaia di volte, “la confessione non è una tortura”, ma un letto d’amore dove il Signore crocifisso attende la sua sposa per purificarla e renderla immacolata nel suo amore. Mi vengono i brividi nel ricordare i volti e le esperienze di tante persone incatenate a peccati atroci, a schiavitù incancrenite, tornare a brillare di una luce soprannaturale. Sì, la confessione è la migliore Spa che ci sia, l’unica beauty farm che ti rigenera sin dentro le cellule più compromesse, e ti fa bello e bella di una bellezza che non ha eguali, la stessa che rifulge sul volto di Cristo, il più bello tra i figli dell’uomo: proprio come ha detto Papa Francesco: “tutti dovrebbero uscire dal confessionale con la felicità nel cuore, con il volto raggiante di speranza, anche se talvolta – lo sappiamo – bagnato dalle lacrime della conversione e della gioia che ne deriva”.

    Per Gesù, infatti, non è il trucco, non sono le qualità a suscitare attenzioni e sguardi, perché Lui cerca la debolezza, proprio tutto quello che l’uomo disprezza, come la “figlioletta” di Giairo. Mentre attorno le voci dei parenti e degli amici ci ripetono che ogni “figlia” del nostro cuore, dei desideri di bene di amore è ormai “morta”. Parole di una logica così stringente che ci assediano anche dal nostro intimo. Il matrimonio fa acqua, i figli non ascoltano, l’irreparabile suscita “derisione”, e molti “piangono e strepitano”, inducendoci a disperare e a vestire il lutto che avvolga i fallimenti, il vero obiettivo del demonio.

    Ma Dio ha voluto aprire una porta sul nostro dolore, come ha dischiuso la pietra del sepolcro dove giaceva suo Figlio. Una porta come il fianco squarciato di Cristo crocifisso, immagine di ogni confessionale, di ciascun luogo dove un prete è disponibile ad ascoltare la nostra confessione. Su di essa ogni ministro della misericordia aiuta “i fratelli a fare esperienza di pace e di comprensione, umana e cristiana” perché ogni volta Gesù annuncia che la nostra vita “è solo addormentata, non è morta!”. Per questo Gesù “caccia via” tutti quelli che ci vogliono allontanare dalla fede, come fa Papa Francesco quando ci mette in guardia dicendoci: “né un confessore di manica larga, né un confessore rigido è misericordioso. Nessuno dei due. Il primo, perché dice: “Vai avanti, questo non è peccato, vai, vai!”. L’altro, perché dice: “No, la legge dice…”. Ma nessuno dei due tratta il penitente come fratello”.

    Invece il confessore “misericordioso” scende verso il peccatore, “lo ascolta, lo perdona, e se ne fa carico e lo accompagna, perché la conversione sì, incomincia – forse – oggi, ma deve continuare con la perseveranza…”. Fa come Gesù che entra con la sua Chiesa nella casa di Giairo “dove è la bambina”, dove cioè giacciono i peccatori. Ci porta con sé, preti e per questo “genitori” e “apostoli” suoi intimi, a cui è stata affidata la vita delle persone con la loro storia; e in noi “prende la loro mano” e sussurra quell’ “Alzati, risuscita!” con cui ristabilisce nello splendore originale della volontà del Padre ogni frammento della vita.

    Ma attenzione, il perdono dei peccati non è questione di un istante e “non bisogna confondere: Misericordia significa prendersi carico del fratello o della sorella e aiutarli a camminare. E chi può fare questo? Il confessore che prega, il confessore che piange, il confessore che sa che è più peccatore del penitente. Misericordioso è essere vicino e accompagnare il processo della conversione”. Per questo “anche il modo di ascoltare l’accusa dei peccati dev’essere soprannaturale, rispettoso della dignità e delle storia personale di ciascuno, così che possa comprendere che cosa Dio vuole da lui o da lei. Per questo la Chiesa è chiamata ad «iniziare i suoi membri – sacerdoti, religiosi e laici – all’“arte dell’accompagnamento”, perché tutti imparino sempre a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro» da “coltivare” con dedizione, cura e attenzione pastorale”.

    Mamma mia che missione ci è stata affidata! Essa è un cammino che non finisce mai, dove deporre i nostri passi insieme a quelli del gregge. Altro che clericalismo… Si tratta di camminare nella fede e nella conversione per diventare tutti insieme cristiani!

    Appare in filigrana nelle parole del Papa la comunità cristiana, perché ogni peccato, anche quello più nascosto, ferisce anche i fratelli, come ogni sussulto di conversione li attira nella stessa Grazia. Non esiste cristianesimo senza Chiesa, come non esiste Chiesa senza la misericordia alla quale ci chiama a convertirci il Papa, finestra spalancata sul Cielo: “Quando si ascoltano le confessioni sacramentali dei fedeli, occorre tenere sempre lo sguardo interiore rivolto al Cielo, al soprannaturale”. Cristo è nato, è morto ed è risorto, per prepararci un posto nel Cielo dove potremo arrivare perché Lui torna ogni giorno nella sua Chiesa, nei sacramenti che prima ci resuscitano e poi ci nutrono, nella Parola e nella predicazione, per portarci insieme ai fratelli dove Lui “è” eternamente.

     

    Articolo pubblicato su “La Croce” del 14 marzo 2015





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    00 06/05/2015 19:00




     




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