Il MESSALE TRIDENTINO È STATO ABROGATO? "IL NOVUS ORDO È STATO IMPOSTO ILLEGALMENTE DA PAOLO VI?" interessante studio del Reverendo don Antony Cekada. Via Media: sedevacantismo ben amministrato?
MAI ABROGATO!?
premessa di don Camillo
Il Messale in uso prima del 1970, non è stato mai abrogato (o meglio si dovrebbe parlare più di vigenza, di norma giuridica liturgiche che di Messale Tridentino tout court) . 7 Luglio 2007: Papa Benedetto XVI precisa che la forma antica del Rito Romano non è mai stata abrogata, e dichiara che essa, «per il suo uso venerabile e antico», dev'essere tenuta da tutti «nel debito onore». Ma se il Messale Ordinario per la Chiesa fino al 1970 (che ora è Straordinario) non è stato "mai abrogato", perchè il Papa ha fissato una data 14 settembre 2007 affinché potesse essere di nuovo utilizzato senza la pena canonica che pesava sul sacerdote che utilizzava il Messale Tridentino, che in realtà non è stato mai abrogato? E poi, Benedetto XVI dichiara solennemente che non è stato abrogato, ma come spiegarlo al Papa Paolo VI che in più riprese ha detto che in realtà è stato abrogato? Come interpretare questa sua dichiarazione, per esempio, con la famosa allocuzione al Concistoro Segreto del 24 maggio 1976 secondo la quale il Papa Paolo VI afferma: «Il nuovo Ordo è stato promulgato perché si sostituisse all’antico, dopo matura deliberazione, in seguito alle istanze del Concilio Vaticano II», e rafforza questa affermazione precisando che: «L’adozione del nuovo “Ordo Missae” non è lasciata certo all’arbitrio dei sacerdoti o dei fedeli: e l’Istruzione del 14 giugno 1971 ha previsto la celebrazione della Messa nell’antica forma, con l’autorizzazione dell’ordinario, solo per sacerdoti anziani o infermi, che offrono il Divin Sacrificio sine populo.»?Chi ha ragione Paolo VI o Benedetto XVI? Di per se Benedetto XVI dichiara il "non abrogato" ma non dimostra la sua non abrogazione. Sembra un po' come coloro che dichiarano i Documenti dell'ultimo Concilio in continuità con i precedenti (ma che in realtà non lo sono) ma non si dimostrano con documenti alla mano. Dichiarare la non abrogazione presuppone che il Papa Paolo VI non fosse Papa, e non fosse in grado di legiferare. Prima di leggere l'interessante studio del rev.don Antony Cekada vorrei fare una premessa che spero non vi annoi.
Vorrei sempre che d'ora in avanti si tenesse valido questo principio di analisi scientifica. Quando si parla di validità di un rito, di un sacramento, di una cosa qualsiasi, io mi riferirò (e sarebbe bene che anche i credenti vi si riferissero così) a tali concetti, in termini di coerenza interna, e non in termini di verità ontologica o di fede personale. Infatti ritengo che sia indispensabile, per un qualsivoglia approccio scientifico alla materia, anzitutto scindere quello che è il dato personale-privato. Credere o non credere, stimare o non stimare, avere simpatia o antipatia per qualsiasi argomento, non deve pregiudicare l'indifferenza metodologica nei confronti dell'analisi dell'argomento medesimo. Sostenere (per fare un esempio), che la Messa nuova sia invalida, perché ad uno non piace, è una idiozia. Sia perché si proietta quello che è un dato personale-privato, che è ininfluente ai fini della determinazione di una realtà che sussiste in sè, e non mediante colui che la pensa, sia perché fondamentalmente la realtà ontologica non è dimostrabile.
Questo è fondamentale da considerare (e da tenere presente per tutte le volte che si parlerà di Dio, di grazia, di validità, di efficacia, e di tutte quelle belle cose invisibili che non si sa se esistono oppure no, e se agiscono, non si sa dove, come e quando): non è possibile discettare sulla validità di un sacramento o l'efficacia di una grazia, se non in termini di coerenza interna con il sistema/paradigma di riferimento. Cioè dire, "secondo i criteri, le norme, i principi, le regole, della religione, se sussistono tali condizioni, SI DICE che avvengano tali effetti". Lo dico perchè potrà essere che per brevità, in futuro possa parlare con un linguaggio semplificato su sacramenti validi, Presenza Reale, e cose di questo tipo. Peraltro è un criterio che consiglierei anche ad un certo tipo di Tradizionalismo che ama parlare di "Messe invalide" per mancanze di "intenzioni", come prassi, nell'ambito del rito nuovo (ossia sempre, in pratica).
Non è materialmente (umanamente) possibile stabilire se un'ostia è abitata dalla divinità o meno, nè distinguerla da un'ostia di semplice pane, nè prima, nè durante, nè dopo la consacrazione. Dio non si vede. Non si vede nè con il rito vecchio, nè con il rito nuovo. Pertanto, se è vero che uno può dire che in teoria, secondo i criteri di coerenza interna, qualora manchi l'intenzione del ministro, il sacramento non si produce, non è possibile in nessun modo stabilire dove, come e quando questa fattispecie si realizzi. Sicuramente, va considerata risibile la pretesa di immunizzarsi dal difetto di intenzione, bisbigliando SOLO prima della "prima Messa" una formula di "intenzione per tutte le Messe a venire".
Tale mente riflette una mentalità giuridicista tipicamente degenerata. Il tridentinismo è vittima di una visione giuridicista fortemente farisaica, e non ho problemi ad affermare che tale visione, deriva in qualche modo dal tomismo. Infatti la scolastica in sè, è un modo sano di usare la ragione e di addivenire ad un sapere metafisico che sia complementare al sapere fisico. Purtroppo però ingenera spiacevolmente una tentazione razionalista, ossia di riuscire a inquadrare tutta la realtà incasellandola in una, due, tre, cento, mille, centomila, centomilamilioni di categorie. Purtroppo non è possibile avere questo dominio totalizzante sul reale, perchè qualche aspetto comunque sfuggirà. Tuttavia, il razionalismo, come forma mentis degenerata, prende le mosse dalla scolastica, e con la sua mania di voler definire e regolare tutto, dà origine da un lato, al giuridicismo ; dall'altro dà origine all'illuminismo, e a Kant, giacchè è proprio la perdita di vista del principio base della metafisica (esiste una realtà spirituale, e lo spirito è MISTERIOSO e come tale va considerato, SACRALE) ha lasciato scoperto un metodo nudo e crudo. Se tutto si può misurare e incasellare, se anche lo spirito può essere incasellato, allora lo spirito viene sottovalutato, parificato concettualmente a tutte le altre eventualità, ridotto a norma, a rubrica, a un Dio che esegue gli ordini riportati sul libro, che appare laddove il prete dica le determinate parole, sapendo che mentre si occlude la M di "meuM" esso è presente, mentre se si sta finendo di pronunziare la U, allora esso è assente.
E ne ho sentiti fare di ragionamenti in questa maniera. Ebbene, essere a questi livelli, significa essere già assolutamente kantiani. Che ha poi fatto Kant? Ha detto liberamente che lo spirito non può essere conosciuto, ossia ha scoperto l'acqua calda, ha detto che il re era nudo: i cattolici si rifiutavano già da secoli di conoscere lo spirito, giacché per "conoscerlo" lo avevano razionalizzato. Tuttavia mantenevano l'ipocrisia di chiamare il tutto "metafisica". Giustamente Kant riordina il tutto, e da Kant viene Hegel e da Hegel Marx. E così si scopre che Marx è l'ultimo anello che ci lega a san Tommaso. Non devono storcere il naso quelli che non vedono cosa c'entri Marx con il pensiero europeo ed occidentale. E' invece semplicemente il punto d'arrivo di questo pensiero degenerato, cui i certi cattolici con le loro manfrine hanno aperto la strada.
Non dovrebbe affatto stupire questo, perchè semplicemente è questione di tempi. L'immanentismo evolve, e se uno è metafisicamente immanentista, come questi scolastici che SANNO se una Messa è valida o invalida, perchè nei loro cervellini le regolette tric e trac hanno determinato l'onnicomprensività del reale e nulla vi sfugge, sarà poi solo questione di tempo, come è avvenuto anche per gli altri a suo tempo. E se sembra inverosimile che possa avvenire questo ricorso storico, dato che uno dice "ma già è successo storicamente questo fatto, ovviamente non si può ripetere l'errore, dato che essi esistono proprio come reazione all'errore", posso gaiamente fare l'esempio dei tradizionalisti (generici) che esistono per reagire alla degenerazione, alla sperimentazione, alla innovazione della liturgia che è avvenuta inquinando il Messale tridentino negli anni 50-60, e ora intendono andare avanti con la loro fede, facendo con 50 anni di ritardo quello che Bugnini aveva già fatto nei tempi corretti, ossia innovare il Messale vecchio, con aggiunte, sperimentazioni, reciproche fecondazioni, ecc.
Pertanto, si dica che una Messa in cui manchi l'intenzione prossima, è a rischio secondo le regole, ma non si osi dire di più, perchè nessuno ha l'intenzionometro, l'ostiometro e altri strumenti che sarebbero necessari per verificare se la grazia si produce o meno. Anche perchè ben credo che per ciò che potrebbe mancare supplisca comunque l'intenzione generale della Chiesa. Ecco.
Gli articoli che propongo sono di sedevacantisti, questo non significa che io li condivida. Condivido l'analisi, ma escludendo ciò che riguarda il sedevacantismo. Ritengo che il difetto del sedevacantismo, stando alla coerenza interna con la teologia cattolica, sia una esasperazione dell'infallibilità Papale (questo lo si evince bene leggendo l'articolo di Cekada), che non ha alcun senso. E' quindi un errore per eccesso che porta alla conseguenza di non avere mai Papi, essendo i Papi ideali come superomizzati, divinizzati, dunque inesistenti. Quello che deriva dall'attività speculativa dei sedevacantisti, è quindi una attenzione maniacale ai minimi errori del Papa e del Magistero, perchè trovare un errore diventa (nel loro razionalismo tomista-kantiano) il busillis che invalida la papità a monte. E' tutta una realtà che si regge su busillis e cavilli. Sono però piuttosto meticolosi, e anche precisi e per questa ragione sono in genere interessanti.
Di solito i sedevacantisti sono molto polemici con i "confratelli" Lefebvriani. Detto un po' alla casereccia, anche se entrambi si battono perchè ritorni in uso per tutta la Chiesa il Messale Tridentino, i sedevacantisti polemizzano con i lefevbriani perchè a dir di loro han abbandonato la purezza liturgica. I cosiddetti sedevacantisti o più propriamente quei sacerdoti che seguono la Tesi del Cassiciacum, adottano l'ultima edizione del Missale Romano propriamente integro cioè quello di San Pio V che San Pio X riformò e Pio XII editò (1952) con delle riforme legittime omogenee con il passato, che non incisero né sulla forma ne sulla sostanza. La Fraternità dopo non poche burrasche interne adottò per compromesso l'edizione del 1962, già fortemente manomessa specie nella Settimana Santa, anche se formalmente è sempre più o meno il Messale Tridentino.
Ovviamente occorre distinguere il fine per cui queste critiche vengono mosse, ossia l'obiettivo dell'articolista. Se l'obiettivo prossimo è evidenziare (per ripicca assai ridicola) le contraddizioni e gli errori del gruppo rivale (la SPX), l'obiettivo remoto è quello comunque di dimostrare che la Sede è Vacante, mediante la constatazione di errori nel Magistero. Il teorema è che il Papa non può fare alcun errore, se dunque si trova anche un solo errore, si ha la dimostrazione matematica (kantiana all'amatriciana) che il Papa in realtà, poichè sbaglia, non è Papa. Se si ignora questa scemenza, allora i testi dei sedevacantisti diventano ottime fonti di consultazione (Ricossa e Cekada sono infatti due uomini di grande spessore culturale e anche speculativo).
Logicamente nè i sedevacantisti nè la fraternità hanno capito in cosa consiste realmente la crisi della Chiesa. Nè tanto meno i tradizionalisti o meglio i conservatori alla messainlatino.it.
I sedevacantisti negano che possa esservi una crisi, e misconoscono il Papa, pur di non ammettere che esso è il latore della crisi. La crisi da "sedevacante" non è una vera crisi, giacchè è come se una classe facesse casino al cambio dell'ora, mentre non c'è nessun professore che guarda. Per loro semplicemente la "crisi" è l'interregno, che non essendo governato, appare caotico e sregolato, ma considerando che la normalità è avere la successione dei papi, e che i papi sono perfetti e bravissimi, non c'era crisi con l'ultimo Papa valido, e non ci sarà con il prossimo, che ripristinerà tutte le cose.
I Lefebvriani hanno la posizione che nella pratica è la più corretta, perchè seguono la Tradizione e rifiutano le novità incompatibili con la Tradizione. Nella teoria però è la più folle, perchè per loro il Papa è comunque Papa, e come Papa è sempre quell'"infallibile" che non deve (dovrebbe) sbagliare mai. Sono cattolici come cattolici erano 60 anni fa, solo che la Chiesa non è più quella di una volta però sempre in "questa" Chiesa si riconoscono (si vogliono riconoscere) quindi, in un certo senso, secondo la teoria (la loro stessa teoria) sono talmente romani-ortodossi ma che sembrano "gallicani", giacchè rispettano formalmente il Papa disobbedendogli praticamente e scegliendo cosa seguire e cosa no del suo proprio Magistero (che per un cattolico autentico dovrebbe essere compreso e seguito senza alcuna contestazione). Da questo punto di vista sono criticabilissimi, tanto dai modernisti che dai sedevacantisti, per lo stesso motivo. Oggi (a meno di un attesta e auspicata regolamentazione, che evidenzierebbe, non solo una crisi più che evidente, ma un radicale cambio di rotta di un Papato conciliare fuori dai binari cattolici-tradizionali) in questo momento storico non viene alcuna giustificazione razionale dalla FSSPX sul come conciliare un gallicanesimo-romano-ortodosso con il cattolicesimo officiale, su come obbedire al Papa disobbedendogli. Lo dicono, come slogan, ma alla fine non c'è altra speculazione oltre alla affermazione dello slogan (e alla gente che li segue, in genere basta e avanza).
I modernisti (in cui si ricomprendono anche i tradizionalisti motupropriati) non ammettono che vi sia crisi, poi a seconda del grado di progressismo ammettono l'evoluzione della Chiesa come un fatto positivo, oppure sostengono che essa è solo apparente, ma in ermeneutica di continuità.
La realtà di oggi è che la Chiesa è (agli occhi umani che conoscono il suo passato sembra proprio) finita, l'attuale non è più quella di prima, la religione cattolica attuale manca di coerenza interna con il suo passato, ed è da considerarsi tranquillamente una religione "diversa". Il Papa è Papa, ma non avendo altra infallibilità che quella legata alla Rivelazione, ed essendo padrone delle proprie azioni e capace di resistere alla grazia, può tranquillamente sbagliare. Non dovrebbe, perché il suo compito è quello di stare nel binario della Tradizione e farci stare anche gli altri. In passato lo hanno sempre fatto, essendo l'unica cosa che dovevano fare. Come un professore che corregge i compiti, non è infallibile se non in quanto la correttezza in sè della materia lo è. Se si fa portavoce ed espressione della fedeltà alla correttezza, sarà infallibile, altrimenti no. Generalmente i professori correggono sempre gli stessi errori e confermano sempre le stesse cose giuste, perchè si riferiscono sempre ad un unico optimum di correttezza formale. Capita comunque anche lo svarione, ma non per questo un errore del correttore, fa cambiare la materia.
Questo appare palese nell'esempio, ma per i cattolici non è palese nella loro religione. Per loro il professore che corregge in "5" il 2+2, fa veramente cambiare la realtà, rendendo vera la nuova definizione. E' il magistero Papale. Come dire: se il professore ha la penna rossa, scrive sul foglio protocollo, con l'intenzione di correggere, e volendo rendere effettiva e valida la correzione, allora si cambia la stessa matematica, poichè rispettate le condizioni, allora la sua attività definitoria diventa verità. Costruisce verità.
Permettetemi l'indugiare sulla polemica, certi cattolici lo dicono del Papa, giacchè guardano solo se sono rispettate le "condizioni" previste dal CVI per l'infallibilità. Con quelle quattro "regolette", sanno che Dio sta guidando il Papa, sanno cosa fa Dio, per 4 regoline: E' stupendo a che livelli possa arrivare la spocchia e la presunzione di questi finti devoti che hanno distrutto la religione con il razionalismo. Loro sanno cosa fa Dio con 4 regole se solo due si ottemperano, sanno che Dio non c'è. Se ci sono tutte, allora sanno che Dio c'è. Lo dice la LEGGE! Credo che abbiano mutuato questa visione razionalista-giuridicista dall'uso scriteriato del diritto romano.
I romani avevano il processo formulare. Delle tabelle che rappresentavano delle fattispecie pratiche e fisse, con nomi convenzionali da cambiare usando i nomi reali. Se Tizio è nella condizione X e Caio rispetta la condizione Y, allora si verificherà automaticamente sempre e soltanto l'effetto giuridico Z. Per cui il giudizio, era più cognitivo che altro. Bisognava verificare la sussistenza delle condizioni: il giudizio era automatico, dato dalla formula. Ma i romani avevano una concezione del diritto che era comunque anche misterica, oltre che razionale. Era una forma di religiosità-magica. La visione sacrale ce l'avevano, il raziocinio era applicato per far prima.
Usare solo criteri di riduzionismo becero e razionalista, equivale a smantellare tutta la morale, le azioni umane, ivi comprese quelle del Papa, di tutta la loro dimensione spirituale e personale. Significa arrivare a kantizzare il tomismo nella maniera più estrema. Se il Papa parla come Pastore universale, definendo, a tutta la Chiesa, una questione su fede e/o morale, allora è INFALLIBILE. E' lo stesso ragionamento, uguale, uguale, uguale. Ma qui non è in ballo la servitù d'acquedotto. Qui è in ballo la PERSONA, non una fattispecie materiale. Per cui, alle 4 regolette, si aggiungono anche il rispetto dell'intelligenza e della volontà. Forse, potremmo intendere che sono implicite nel concetto di "definire". Giacchè definire non è un atto creativo, ma delimitativo di una verità preesistente. Per cui si comprende come la verità non è creata dal Papa, ma il Papa vi si adegua, se definisce. Allora se non vuole adeguarsi, potremmo dire che non vuole "definire". Ma come lo spiegheremo quando dirà novità astruse usando il verbo "definisco"?
Bisogna abituarsi a evitare il ricorso alle sole condizioni, ma ragionare sempre tenendo conto del fatto che l'atto è anche un atto aperto alla sua spirituale personalità. Quindi più complesso, e tutto sommato indecifrabile con criteri oggettivi. Se però la verità è preesistente, ed è legata alla rivelazione, essendo la Tradizione e la Scrittura le DUE FONTI della Rivelazione (il Magistero NON E' UNA FONTE, ma è il veicolo della Tradizione, quindi è subordinato ad essa), esse saranno sempre il tornasole della bontà del magistero. Come si può sgamare il professore che corregge sbagliato, così si può sgamare il Papa che insegna sbagliato. Ma solo se uno ha un corretto ordine di idee sul Magistero, la Rivelazione, l'Infallibilità, il Primato. Detto questo se uno dice "disobbedire al Papa che ha sempre ragione è peccato", allora è uno po' sciocco. Se poi, oltre a dirlo, disobbedisce anche, è del tutto sciocco.
La crisi è quindi data dalla guida "cattiva" della Chiesa, non dalla non guida, o dall'incomprensione degli altri. La guida cattiva produce però (ha prodotto) una realtà ulteriore alla Chiesa di sempre e alla religione di sempre. La guida cattiva che si sa essere tale, si blocca nei fedeli tramite il ricorso alla Tradizione, che è anticorpo per le novità sbagliate. La disobbedienza essendo l'obbedienza subordinata alla verità, non è quindi reale. Anzi, è necessaria. La guida cattiva invece si risolve solo mediante il subentrare di una guida buona. Questo però considerando il cambio di religione avvenuto, il cambio di mentalità di tutti, il cambio di opinione comune riguardo a cose che vengono sempre più date per scontato (diritti della donna? ebrei? libertà di coscienza? libertà di religione? libertà politica? Sacra Scrittura demitizzabile? equivalenza delle religioni? collegilismo? ecc.), il cambio dell'insegnamento nelle Università e nei seminari con il conseguente cambio generazionale. I nuovi cattolici sono formati alla nuova religione, la Tradizione sembra irrimediabilmente interrotta. In queste condizioni è possibile realisticamente che vada su una guida sana? guardando oggi il collegio cardinalizio, se non fossi radicato fermamente nella Fede e nella Speranza cristiana, io non ci crederei nemmeno più.