DIFENDERE LA VERA FEDE

La Chiesa Cattolica NON fu MAI antisemita!

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    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 08/01/2009 17:09
    BASTA CON IL VITTIMISMO e con le false accuse!
    In questo Thread verranno postati diversi argomenti interessati a chiarire la posizione della Chiesa la quale non fu mai antisemita come le si accusa....
    Il vecchio ANTIGIUDAISMO presente fin dalle Lettere Apostoliche inserite nel Testo Sacro non costituiscono quell'antisemitismo nato in ambiente ILLUMINSTA FRANCESE del 1700 e che ebbe nel tanto osannato Voltaire la maggiore diffusione fino a quegli estremismi definiti poi RAZZISMO che nulla hanno a che vedere con la condanna della Chiesa verso chiunquenegava non solo il Cristo, ma lo denigrava (il Talmud ne è un esempio)[SM=g7574]


    Per UN CORRETTO GIUDIZIO STORICO[SM=g7831]

    PREMESSA

    Precetti del Talmud circa i cristiani
    art II: I cristiani sono da evitare perché immondi[SM=g7564]

    (e attenzione perchè questa affermazione del Talmud...E' IDENTICA IN UN PASSO DEL CORANO....i cristiani li sono da ABBATTERE PERCHE' INFEDELI...) e tuttavia attenzione anche al fatto che il Talmud è una sorta di magistero, di tradizione del mondo ebraico, ma NON è la Bibbia.....[SM=g7831]  

    Baba mezia 114 bis: " Gli ebrei sono chiamati uomini, i popoli del mondo non sono chiamati uomini ma bestie."[SM=g7581]

    Per distinguere gli abusi compiuti dai cristiani dalle false accuse alla
    Chiesa, occorre fare un onesto DISCERNIMENTO
    ....[SM=g7831]

    Nota storica sui rapporti fra ebrei e cristiani

    (il cristiano non è superiore al non cristiano perché non commette peccati
    ma più semplicemente perché non li giustifica, e si sforza di combatterli e ne chiede perdono. Inoltre il cristiano si lascia possedere DALLA VERITA')

    La Chiesa chiede perdono, ma di cosa?[SM=g7609]


    La Chiesa, essendo MADRE, chiede perdono, nell'anno Santo del Giubileo del 2000, per le azioni di tanti suoi figli quando essi hanno esercitato forme di violenza nella correzione degli errori anche là dove, tali errori, non calpestavano i diritti degli altri né minacciavano la pace pubblica.


    La Chiesa non entra nel merito delle vicende storiche ma si limita a dire
    che: «l'individuazione delle colpe del passato di cui fare ammenda implica
    anzitutto un corretto giudizio storico,
    che sia alla base anche della
    valutazione teologica.
    Ci si deve domandare: che cosa è precisamente
    avvenuto? Che cosa è stato propriamente detto e fatto? Solo quando a questi
    interrogativi sarà stata data una risposta adeguata, frutto di un RIGOROSO
    GIUDIZIO STORICO, ci si potrà anche chiedere se ciò che è avvenuto, che è
    stato detto o compiuto può essere interpretato come conforme o no al
    Vangelo, e, nel caso non lo fosse, se i figli della Chiesa che hanno agito così avrebbero potuto rendersene conto a partire dal contesto in cui operavano. Unicamente quando si perviene alla certezza morale che quanto è stato fatto contro il Vangelo da alcuni figli della Chiesa ed a suo nome avrebbe potuto essere compreso da essi come tale ed evitato, può aver significato per la Chiesa di oggi fare ammenda di colpe del passato» (1).

    Per UN CORRETTO GIUDIZIO STORICO:
    quali sono stati i rapporti fra gli ebrei e i cristiani?

    1) Le origini del conflitto fra ebrei e cristiani.

    Nei primi secoli di storia della Chiesa furono i cristiani a subire persecuzioni da parte degli ebrei. Nel '34 viene lapidato il diacono Stefano, presente Paolo, che approvava questa decisione (2). Paolo ricorda di aver dato il suo «voto» nei processi per mettere a morte i «santi» cioè i cristiani (3).

    Nel '62 vengono lapidati, a Gerusalemme, Giacomo il Minore e altri cristiani per ordine del sommo sacerdote Ananos e del sinedrio. Quando i governatori romani sono presenti, la persecuzione giudaica contro i cristiani viene impedita ed esplode regolarmente in quelle occasioni in cui è assente l'autorità romana: in questi casi i sommi sacerdoti responsabili vengono destituiti dall'autorità di Roma.
    I romani sono decisi a non cedere più come
    al tempo di Cristo alle pressioni del Sinedrio, essi non accettano più di
    considerare i cristiani come eversori dell'autorità politica
    . L'accusa,
    infatti, costruita dai grandi sacerdoti contro Gesù era estremamente abile
    perché utilizzando l'ambiguità insita nelle attese messianiche - attese
    messianiche note ai romani e di cui essi avevano timore - combinava l'accusa di violazione della legge giudaica (quella di essersi fatto Figlio di Dio) con l'accusa politica (di essersi fatto re). I governatori e i procuratori romani dichiarano esplicitamente che la controversia fra i cristiani e i giudei è una controversia strettamente religiosa, senza implicazioni politiche
    e dichiarano che non vogliono essere strumentalizzati
    dalle autorità religiose ebraiche
    .

    Quando la provincia della Giudea ritorna autonoma con Agrippa I, la
    persecuzione legale dei cristiani ritorna possibile: è di questo periodo la
    condanna a morte di Giacomo Maggiore e l'arresto di Pietro (4).

    (In questi frangenti storici nessuno ha mai chiesto "perdono" alla Chiesa)

    2) Le origini delle mitologie antigiudaiche[SM=g7574]

    Con la dispersione degli ebrei nel mondo (la Diaspora) iniziano i difficili problemi di convivenza con le popolazioni locali dove essi si stabiliscono. (Nell'Anno 100 d.C giù di li, gli Ebrei nell'incontro di Jamnia eliminano dal contesto delle Scritture la Bibbia più comunemente conosciuta comela LXX -Settanta- perchè trascritta in greco e chiudono il loro Canone all'esclusivo uso delle Scritture in lingua ebraica. La Chiesa dal canto suo usa la LXX, problema che seppur non ufficialmente vedrà l'utilizzo del Canone come oggi lo conosciamo e che venne protestato solo da Lutero 1500 anni dopo...)

    Gli ebrei rappresentano, in molti casi, una sorta di corpo estraneo, un vero e proprio stato che non si integra nel compatto tessuto medioevale.

    In questo contesto filtra il mito pagano antigiudaico dell'omicidio rituale
    diffuso nella città di Alessandria d'Egitto e riferito da Giuseppe Flavio nel testo Contra Apionem.

    La struttura del mito dell'omicidio rituale è questa: in occasione della Pasqua ebraica viene ucciso un bambino per utilizzare il suo sangue a scopo rituale, o a scopi medicinali e magici. La prima accusa documentata di omicidio rituale, con le prime persecuzioni popolari, si ha a Fulda, in Germania, nel 1235.
    Ma per questo rimandiamo alla lettura del libro Pasque di Sangue, di Toaff figlio del Rabbino di Roma Toaff, un libro che fece discutere e che venne ritirato dal mercato oscurando invece alcune verità storiche rinfacciate alla Chiesa e che nel libro di Toaff, censurato, trovano una loro onesta collocazione....[SM=g7574]


    L'imperatore Federico II dichiara ufficialmente falsa l'accusa. Nel 1247, a
    Valreas, nuova accusa di omicidio rituale: gli ebrei si appellano al Papa
    Innocenzo IV che condanna la falsa accusa in termini precisi
    . Alle soglie del trecento nuove accuse di omicidio rituale nei confronti del quartiere ebraico di Barcellona: anche qui viene riconosciuta l'innocenza degli ebrei.
    Le bolle papali continuano a condannare la falsa credenza nell'omicidio rituale attribuito agli ebrei ma questo non impedisce, purtroppo, il diffondersi di questo - mito - e non impedisce le conseguenti sollevazioni popolari le quali portano spesso alla espulsione degli ebrei per motivi di ordine pubblico. Papi come Innocenzo IV, Gregorio IX, Gregorio X, Martino V e Niccolò V si opposero espressamente alla falsa credenza nell'omicidio rituale.
    Tale particolare è riportato anche nel libro di Toaff (il figlio) "Pasque di sangue" che dunque, pur riconoscendo il dramma di alcune piccole comunità ebraiche incolpate di tali delitti e comunque sia non del tutte innocenti come spiega appunto il libro non per nulla censurato, Toaff riconosce che la Chiesa ha sempre UFFICIALMENTE RIFIUTATO di dare credito e continuità a tali accuse...Censurato dunque per quale motivo?
    Non sarà forse per continuare ad alimentare, al contrario, l'accusa di antisemitismo della Chiesa?

    Nel 1554 la terribile accusa di omicidio rituale fa la sua apparizione anche
    a Roma, centro della Cristianità, e proprio alla vigilia dell'avvento al soglio pontificio di Paolo IV, uomo privo di ogni moderazione, dal carattere rigido, irruento e incapace di dominarsi, ossessionato da uno zelo religioso e violento, privo di compassione verso se stesso e gli altri: i suoi provvedimenti politici, esageratamente rigorosi e autoritari, fecero tanto soffrire sia gli ebrei che il popolo romano. Questo il fatto. Viene scoperto nel camposanto di Roma, durante la settimana santa, il cadavere crocifisso di un bambino. Il popolo aizzato da un ebreo convertito, Hananel da Foligno, accusa gli ebrei (accusa dunque non mossa dalla chiesa...). La folla invoca il massacro o l'espulsione degli ebrei. Il cardinale Alessandro Farnese scopre i veri colpevoli, due spagnoli che avevano agito per denaro e in odio agli ebrei. Il nuovo Papa, Paolo IV, punisce con la morte i colpevoli. L'ordine pubblico è salvo ma sarà, per gli ebrei, un ordine all'interno del ghetto e per i romani un ordine di tipo calvinista che giunge perfino a proibire ogni forma di divertimento lecito.
    Quando Paolo IV muore, nel 1559, il popolo romano si solleva e ne impedisce
    i funerali. Il palazzo dell'inquisizione viene invaso e dato alle fiamme, le insegne abbattute e la statua di Paolo IV frantumata e gettata nel Tevere.
    Tutta la città è in preda a forti subbugli. La salma stessa del pontefice deve essere sottratta al furore del popolo e viene nascosta nei sotterranei della basilica vaticana (5).

    Nel 1840 il mito dell'omicidio rituale è ancora vivo. Un gruppo di ebrei viene accusato a Damasco dell'omicidio rituale di un frate e del suo domestico. Un recente studio dello storico israeliano Jonathan Frankel, su questo celebre caso giudiziario e che ebbe grande risonanza internazionale,
    mostra come le forze - liberali - e - progressiste -, dalla Francia di Luigi Filippo al giovane Karl Marx, considerano gli accusati pregiudizialmente
    colpevoli mentre è la diplomazia cattolica asburgica a esigere e ad ottenere finalmente il più scrupoloso rispetto dei diritti degli imputati. [SM=g7574]
    Frankel cita un discorso particolarmente violento e ottuso di Marx, discorso del
    1847, il quale sostiene che anche i cristiani «macellavano esseri umani e consumavano vera carne e sangue umano nell'eucaristia» (6).

     (quanta pazienza!)

    Con l'arrivo della peste in Europa nasce il secondo mito antigiudaico: sono gli ebrei che diffondono la malattia. Fin dalla primavera del 1348 il percorso della peste è accompagnato dalle sollevazioni popolari contro gli ebrei. La Chiesa, con Clemente VI, condanna con molta forza, nel luglio del 1348 e nell'ottobre dello stesso anno, questa falsa credenza. L'erudito Konrad di Magenberg nella sua opera del 1349-51, Das Buch der Natur, in cui affronta il problema della peste, dimostra che la mortalità per peste colpisce sia i cristiani che gli ebrei.

    Nonostante le condanne e le spiegazioni, le violenze popolari contro gli ebrei continuano ad accompagnare la comparsa dell'epidemia. Le continue tensioni fra le popolazioni e gli ebrei portano alle espulsioni: in molti casi, a partire dal 1400, in Spagna e poi in Germania e a Venezia nel 1516, le espulsioni vengono sostituite con il ghetto. Il ghetto è un quartiere riservato agli ebrei dove sono obbligati ad abitare e dove i cancelli
    vengono chiusi dopo il tramonto. I cancelli o le mura del ghetto rappresentano, per gli ebrei, anche una protezione della loro identità:
    chiudono il quartiere alle pressioni, agli influssi e alle suggestioni del mondo esterno. L'istituzione del ghetto fu vista dagli ebrei anche come una
    difesa della loro autonomia e della loro identità. A Mantova e a Verona, per
    esempio, l'anniversario della creazione del ghetto era celebrato dagli ebrei con feste e preghiere di ringraziamento.

    Nel 1215, per evitare illeciti contatti sessuali tra ebrei e cristiani, viene introdotto il segno distintivo per gli ebrei: provvedimento di origine mussulmana. Tale provvedimento fu largamente disatteso in Europa e applicato
    soprattutto in Francia e in Inghilterra.

    3) Motivi concreti dell'antipatia verso gli ebrei

    Un autentico ebreo errante, Salomon ibn Varga, che scrisse la prima opera di
    storia ebraica dai tempi di Giuseppe Flavio, stampata per la prima volta in Turchia nel 1554, dice che nessun uomo di buon senso odia gli ebrei ad eccezione del volgo: «per questo c'è una ragione: l'ebreo è arrogante e cerca sempre di dominare
    [...]» (7).

    Lo storico Paul Johnson dice che gli ebrei agirono da - lievito - nei movimenti che cercavano di distruggere il monopolio della Chiesa: il movimento albigese e quello hussita, il Rinascimento e la Riforma. Egli dice che essi furono intellettualmente sovversivi (8). (Non dimentichiamo che anche per i Protestanti di Lutero e di Calvino, l'antisemitismo era fin anche peggiorato..)

    Il prestito a interesse (l'usura), esercitato dagli ebrei e vietato in quel tempo ai cristiani, era un motivo di continua tensione con le popolazioni. Successive bolle papali stabilirono che l'interesse non doveva superare il 20 %: il che non era poco. In una economia essenzialmente agricola bastavano due annate cattive per mettere interi villaggi alla mercé dei prestatori di denaro.

    Il prestito resta un'attività tipica degli ebrei. Secondo alcuni storici il
    divieto di possedere terreni avrebbe indotto gli ebrei a questo rapporto
    privilegiato con il denaro. La storica Anna Foa fa notare che l'allontanamento dalla terra fu imposto agli ebrei solo alla fine del medioevo e riguardava soltanto la proprietà del latifondo, non il possesso
    di piccoli appezzamenti di terreno. Il divieto del latifondo era volto ad
    impedire agli ebrei di possedere schiavi cristiani perché la coltivazione
    del latifondo prevedeva l'utilizzazione del lavoro servile.

    4) Gli ebrei e la Chiesa

    Scrive Anna Foa che gli ebrei, da secoli, erano abituati a vedere nel papato un protettore contro arbìtri e violenze e per questo si rivolgevano spesso al Papa per chiedere aiuto e protezione. Nel 1493 gli ebrei, espulsi dalla Spagna, venivano accolti a Roma dal Papa.

    Alla fine del VI secolo gli ebrei di Marsiglia lamentarono che il Vescovo aveva tentato di convertirli con la forza: Papa Gregorio Magno riafferma la condanna della forza. Quando le sinagoghe palermitane e cagliaritane vengono trasformate in Chiese, Gregorio condanna la negazione della libertà religiosa e impone ai vescovi di risarcire gli ebrei della perdita subita.

    Nel 1236 l'ebreo convertito Nicholas Donin indirizza a Papa Gregorio IX un memoriale contro il Talmud per quelle parti in cui esso contiene insulti e bestemmie contro Cristo, e dove la Vergine Maria è descritta come una prostituta che attraverso un incontro occasionale con un soldato romano avrebbe concepito il tal Gesù detto poi il Cristo.
    (particolare descritto in Pasque di Sangue)

    Il Papa impartiva l'ordine di confiscare i libri e di sottoporli ad esame: la confisca fu eseguita solo in Francia
    .
    L'intervento non era orientato alla soppressione del libro ma alla censura,
    cioè alla eliminazione delle parti considerate blasfeme. Papa Innocenzo IV, invocato dagli ebrei, interveniva successivamente e scriveva a Luigi IX:
    «
    poiché i maestri ebrei del tuo regno ci hanno esposto [...] che senza quel libro che in ebraico chiamano Talmud, non possono comprendere la Bibbia e le altre ordinanze della loro legge secondo la loro fede, noi che secondo il mandato divino siamo tenuti a tollerare che essi osservino questa loro legge, abbiamo ritenuto giusto rispondere loro che [...] non vogliamo privarli ingiustamente dei loro libri» (9).


    All'inizio del secolo XI si diffondono accuse di alto tradimento contro gli ebrei: corrono voci che essi complottino con i mussulmani. Anche la paura della fine del mondo nell'anno mille ha la sua parte: la figura dell'anticristo viene messa in relazione agli ebrei (da parte di gruppi cristiani millenaristi). Con la prima crociata si verifica una grande esplosione di antisemitismo. San Bernardo di Chiaravalle dichiara esplicitamente: «chiunque metterà le mani su un ebreo per ucciderlo farà un peccato tanto enorme come se oltraggiasse la persona stessa di Gesù» (10).

    L'imperatore Barbarossa mediante un editto stabilisce che la mano di chi
    ferisce un ebreo deve essere tagliata e per l'uccisione degli ebrei viene stabilita la pena di morte
    .

    Affinché gli ebrei non siano oppressi essi vengono elevati al rango di ciambellani imperiali. L'arcivescovo di Magonza dispone che la crociata di chi uccide un ebreo sia invalida, cioè che non abbia alcuna virtù espiatrice
    (11).[SM=g7574]

    5) L'Inquisizione spagnola CHE NON E' ASSOLUTAMENTE QUELLA AVVIATA DALLA CHIESA[SM=g1740729]

    Gli ebrei si erano rifugiati nella penisola iberica dopo la caduta dell'impero Romano.
    L'invasione dei visigoti, da poco convertiti al cristianesimo, che li costringevano a battesimi forzati (sempre condannati dai vari Papi) li aveva spinti tra i mussulmani del sud.
    Gli ebrei rimasti con i visigoti avevano accettato il cristianesimo ma
    continuavano in segreto ad osservare le loro leggi: comincia a nascere il
    cosiddetto ebreo segreto più tardi chiamato marrano.

    Nel 711 i mussulmani invasori della Spagna si mostrano più tolleranti dei
    visigoti. Gli ebrei devono pagare una tassa, portare un segno distintivo e a
    loro è vietato montare a cavallo e portare armi. Gli ebrei finiscono per avere in mano il commercio, le finanze e l'intera amministrazione. Quando la
    penisola fu riconquistata dai cristiani, gli ebrei, come già sotto i mussulmani, hanno cariche fondamentali: appaltatori generali delle imposte, funzionari, tesorieri di corte.

    Gli ebrei concorrono direttamente alla costruzione delle strutture amministrative e finanziarie dello stato Spagnolo ricoprendo un ruolo che non ha paralleli negli altri stati moderni. Fino al XII secolo sono proprietari di terre e produttori di vino ma il prestito è l'attività fondamentale ed è anche quella che crea maggiore attrito con il mondo circostante.

    Le comunità ebraiche aragonesi e castigliane godono di piena autonomia
    giudiziaria: hanno il diritto di esercitare pieni poteri giudiziari sia in materia civile che in materia criminale
    .

    Nel 1391, con la morte improvvisa di Giovanni I di Castiglia, a Siviglia scoppiano tumulti popolari contro gli ebrei che si estendono a tutta la Castiglia e alla Catalogna. Le alte gerarchie ecclesiastiche e le autorità civili hanno una posizione di dura condanna e tentano di fermare le violenze popolari ma non riescono a mantenere l'ordine pubblico.


    Molti responsabili delle violenze agli ebrei vengono arrestati e condannati
    all'impiccagione
    ma il popolo insorge liberando i prigionieri e attaccando
    le case dei patrizi
    . Scrive Anna Foa che gli eventi del 1391 sono stati interpretati come l'espressione di «[...] una crisi essenzialmente sociale ed economica, una lotta delle classi popolari contro quelle privilegiate [...]. In sostanza, quella del 1391 sarebbe stata una delle numerose crisi rivoluzionarie - dal tumulto fiorentino dei Ciompi ai moti dei lollardi in
    Inghilterra - che nella seconda metà del trecento agitarono l'intera Europa»
    (12).

    Questa situazione di guerra civile metteva in crisi un regno giovane come quello della Spagna dove su un totale di appena 6 milioni di abitanti c'erano almeno centomila ebrei e oltre trecentomila mussulmani: nessun altro paese aveva minoranze così consistenti.

    Scrive Rino Cammilleri che «il giovane regno [...] già all'indomani della sua faticosa unificazione rischiava di deflagrare in una guerra civile di tutti contro tutti» (13).

    Le continue violenze popolari fanno molti morti fra gli ebrei sia di religione giudaica che «conversos», cioè convertiti al cattolicesimo. Non bisogna dimenticare i grandi santi spagnoli di quel periodo che sono di origine ebraica: Teresa d'Avila, Giovanni d'Avila, Giovanni di Dio, Ignazio di Loyola, Juan de la Cruz. A questo punto nasce l'inquisizione spagnola -sottratta all'autorità pontificia e strumento dell'autorità politica -, richiesta insistentemente al re da molti autorevoli conversos per smascherare i falsi convertiti in modo da evitare un bagno di sangue. I conversos dominano l'economia, la cultura e anche le cariche ecclesiastiche.
    L'inquisizione, colpendo una piccola percentuale di falsi convertiti certifica che tutti gli altri conversos - che sono la maggioranza - sono veri spagnoli e veri cattolici che nessuno ha il diritto di attaccare con la violenza. Dal momento in cui nasce l'inquisizione i promotori dei tumulti anti-giudaici vengono colpiti e in pochi anni i tumulti spariscono.
    L'inquisizione viene affidata ad ebrei convertiti come Tomàs de Torquemada e
    il suo successore Diego Deza (14).




    NOTE

    (1) Commissione teologica internazionale, Memoria e riconciliazione: la
    Chiesa e le colpe del passato, «L'Osservatore Romano», Documenti,
    supplemento a «L'Osservatore Romano» n.10, 10 marzo 2000, p.5, n.4.

    (2) Atti da 6,8 a 8,3.

    (3) Atti 16,10.

    (4) Cfr. Marta Sordi, I cristiani e l'impero romano, Jaca Book, Milano 1983,
    pp.13-28.

    (5) Cfr. Paolo IV, pp.329-334, in Battista Mondin, Dizionario enciclopedico
    dei Papi, Città Nuova, Roma, 1999.

    (6) Cfr. Massimo Introvigne, Il caso di Damasco: i cattolici, antisemitismo
    e politica negli anni 1840, Cristianità n.279-280, luglio-agosto 1998, p.
    18.

    (7) Cfr. Rino Cammilleri, Storia dell'Inquisizione, Newton, Roma 1997, p.51.

    (8) Cfr. Rino Cammilleri, Ibidem, p.37.

    (9) Cfr. Anna Foa, Ebrei in Europa dalla peste nera all'emancipazione,
    Laterza, Bari 1999, p.31.

    (10) Cfr. AAVV, Gli ebrei nella cristianità, p.149, in 100 punti caldi della
    storia della Chiesa, Paoline, Cinisello Balsamo (Milano) 1986.

    (11) Cfr. Joseph Lortz, Storia della Chiesa, vol. I, Paoline, Roma 1980, p.
    628, 630-631.

    (12) Anna Foa, op. cit., p. 94.

    (13) Rino Cammilleri, op. cit., p.36.

    (14) Cfr. Massimo Introvigne, L'Inquisizione fra miti e interpretazioni,
    intervista con lo storico Jean Dumont, Cristianità n.131, Piacenza, marzo
    1986, pp.11-13.


    Due parole sul termine PERFIDI....


    "La Chiesa, nel magistero della sua fede e nella testimonianza dei suoi santi, non ha mai dimenticato che “ogni singolo peccatore è realmente causa e strumento delle sofferenze” del divino Redentore [Catechismo Romano, 1, 5, 11;]. Tenendo conto del fatto che i nostri peccati offendono Cristo stesso, la Chiesa non esita ad imputare ai cristiani la responsabilità più grave nel supplizio di Gesù, responsabilità che troppo spesso essi hanno fatto ricadere unicamente sugli Ebrei:

    È chiaro che più gravemente colpevoli sono coloro che più spesso ricadono nel peccato. Se infatti le nostre colpe hanno tratto Cristo al supplizio della croce, coloro che si immergono nell'iniquità crocifiggono nuovamente, per quanto sta in loro, il Figlio di Dio e lo scherniscono con un delitto ben più grave in loro che non negli Ebrei. Questi infatti - afferma san Paolo non avrebbero crocifisso Gesù se lo avessero conosciuto come re divino. Noi cristiani, invece, pur confessando di conoscerlo, di fatto lo rinneghiamo con le nostre opere e leviamo contro di lui le nostre mani violente e peccatrici.

    E neppure i demoni lo crocifissero, ma sei stato tu con essi a crocifiggerlo, e ancora lo crocifiggi, quando ti diletti nei vizi e nei peccati [San Francesco d'Assisi, Admonitio, 5, 3]".

    Catechismo della Chiesa Cattolica 598



    ..........

    Queste parole del Catechismo Cattolico CHE RICHIAMANO L'ESPRESSIONE USATA DALLO STESSO CONCILIO DI TRENTO..[SM=g7574] .ci rammentano la  storia del nostro passato...passato in cui la Chiesa ha dovuto, pian piano, camminare con gli uomini di ogni tempo nel bene come nel male, nella buona e nella cattiva sorte.....

    Si legge spesso in particolare il cosiddetto "deicidio" ( cioè solo gli ebrei sarebbero responsabili della morte di Cristo ).
    Qui si confondono le opinioni di certi teologi con la dottrina autentica della Chiesa.
    La dottrina della Chiesa ha sempre detto che Gesù è stato ucciso dai nostri peccati: vedi catechismo di Trento.[SM=g7574]

    Ma è in Atti degli Apostoli la frase STRUMENTALIZZATA con la quale Pietro nell'accusare di DEICIDIO coloro che furono coinvolti MATERIALMENTE con la passione e crocifissione, passa AL PERDONO, ossia, rammenta ad essi che ciò che hanno fatto è diventato UN DONO, IL DONO DELL'AMORE DI DIO ed ha aperto gli occhi all'Uomo che si riconosce peccatore....[SM=g7554]

    Perché Gesù è morto in croce?

    Da chi è stato ucciso Gesù?

    Perché i giudei erano perfidi?


    1) GESU' HA ASSUNTO SU DI SE' I PECCATI DI TUTTI GLI UOMINI E DI TUTTI I TEMPI

    Nostro Signore Gesù Cristo assume su di sé i peccati di tutti gli uomini e di tutti i tempi
    ( CFR Giovanni Paolo II Salvifici Doloris, lettera apostolica sul senso cristiano della sofferenza umana, 11 febbraio 1984, n.17 ).

    In ogni peccato sono presenti due caratteristiche: l'illusione e la
    sofferenza che può giungere sino alla morte. Gesù Cristo, vero Dio e vero
    uomo, non può assumere su di sé il peccato come illusione perché Colui che è
    Via, Verità e Vita non può illudersi, non può confondere il male con il bene.

    Insegna Giovanni Paolo II:" Come rottura con Dio, il peccato è l'atto di disobbedienza di una creatura che, almeno implicitamente, rifiuta colui dal quale è uscita e che la mantiene in vita; è, dunque, un atto suicida. Poiché col peccato l'uomo rifiuta di sottomettersi a Dio, anche il suo equilibrio interiore si rompe e proprio al suo interno scoppiano contraddizioni e conflitti. Così lacerato, l'uomo produce quasi inevitabilmente una
    lacerazione nel tessuto dei suoi rapporti con gli altri uomini e col mondo creato"
    ( Giovanni Paolo II, Reconciliatio et Paenitentia, esortazione apostolica
    post-sinodale sulla riconciliazione e la penitenza nella missione della
    Chiesa oggi, 2 dicembre 1984, n.15).

    Gesù assume volontariamente su di sé solo le conseguenze del peccato e cioè la sofferenza e la morte. Ha preso su di sé le lacrime degli innocenti che sono perseguitati, torturati e uccisi, delle persone che marciscono nei campi di concentramento, ha preso su di sé il dolore degli ammalati, degli anziani abbandonati, dei bambini sfruttati, venduti e uccisi, il dolore dei profughi e di tutte le vittime della violenza e della guerra, l'infelicità eil tormento di coloro che sono caduti nel vizio e in tutte le molteplici forme di dipendenza. Ha preso su di sé tutte le sofferenze morali e
    psicologiche, tutte le angoscie e le tristezze e, infine, ha preso su di sé
    l'immensa sofferenza di tutta l'umanità per il distacco da Dio avvenuto con il peccato originale. Scrive il Papa:" Dopo le parole nel Getsemani vengono le parole pronunciate sul Golgota, che testimoniano questa profondità -unica nella storia del mondo - del male della sofferenza che si prova.
    Quando Cristo dice:- Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?-, le sue
    parole non sono solo espressione di quell'abbandono che più volte si faceva
    sentire nell'Antico Testamento, specialmente nei Salmi e, in particolare, in
    quel salmo 22, dal quale provengono le parole citate. Si può dire che queste
    parole sull'abbandono nascono sul piano dell'inseparabile unione del Figlio
    col Padre, e nascono perché il Padre - fece ricadere su di lui l'iniquità di
    tutti noi- e sulla traccia di ciò che dirà San Paolo:- Colui che non aveva
    conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore-. Insieme con
    questo orribile peso, misurando l'intero male di voltare le spalle a Dio, contenuto nel peccato, Cristo, mediante la divina profondità dell'unione filiale col Padre, percepisce in modo umanamente inesprimibile questa sofferenza che è il distacco, la ripulsa del Padre, la rottura con Dio. Ma proprio mediante tale sofferenza egli compie la Redenzione, e può dire spirando:- Tutto è compiuto -."
    ( Salvifici doloris, op. cit., n.18 ).

    2) GESU' E' STATO UCCISO DAI NOSTRI PECCATI[SM=g1740720]

    Scrive il Catechismo di Trento(1546): " In Gesù Cristo Nostro Signore si verificò questo di speciale: che morì quando volle morire e sostenne una morte non già provocata dalla violenza altrui, ma una morte volontaria, di cui aveva egli stesso fissato il luogo e il tempo. Aveva scritto infatti Isaia: è
    stato sacrificato perché lo ha voluto ( Isa LIII,7 ). E il Signore stesso disse di sé prima della passione: Io do la mia vita per riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie; ma io la do da me stesso e sono padrone di darla, e padrone di riprenderla ( Giov., X, 17,18 ).(...)

    Chi indaghi la ragione per la quale il Figlio di Dio affrontò la più acerba delle passioni, troverà che, oltre la colpa ereditaria dei
    progenitori, essa deve riscontrarsi principalmente nei peccati commessi
    dagli uomini dall'origine del mondo sino ad oggi, e negli altri che saranno
    commessi fino alla fine del mondo
    . Soffrendo e morendo, il Figlio di Dio
    nostro salvatore mirò appunto a redimere ed annullare le colpe di tutte le età, dando al Padre soddisfazione cumulativa e copiosa. Per meglio valutarne
    l'importanza, si rifletta che non solamente Gesù Cristo soffrì per i peccatori, ma che in realtà i peccatori furono cagione e ministri di tutte le pene subìte. Scrivendo agli Ebrei, l'Apostolo ci ammonisce precisamente:
    pensate a Colui che tollerò tanta ostilità dai peccatori, e l'animo vostro
    non si abbatterà nello scoraggiamento. ( Ebr.XII,3 ).

    Più strettamente sono avvinti da questa colpa coloro, che più di frequente
    cadono in peccato. Perché se i nostri peccati trassero Gesù Cristo Nostro
    Signore al supplizio della Croce, coloro che si tuffano più ignominiosamente
    nell'iniquità, di nuovo, per quanto è da loro, crocifiggono in sé il Figlio
    di Dio e lo disprezzano ( ib. VI, 6 ). Delitto ben più grave in noi che negli Ebrei. Questi, secondo la tesimonianza dell'Apostolo, se avessero conosciuto il Re della gloria, non l'avrebbero giammai crocifisso ( I Cor.II,8 ); mentre noi, pur facendo professione di conoscerlo, lo rinneghiamo con i fatti, e quasi sembriamo alzar le mani violente contro di Lui ".
    ( Catechismo Tridentino, catechismo ad uso dei parroci, pubblicato dal Papa
    S. Pio V per decreto del Concilio di Trento, trad. italiana a cura del P. Tito S. Centi, O.P., ed. Cantagalli Siena 1981, p. 79 e pp.82-83 ).

    3) LA MORTE DI GESU' E' UN ATTO DI OBBEDIENZA AL PADRE


    La filosofia greca, attraverso Platone, anticipa l'immagine dell'uomo
    sommamente giusto.

    Nella sua opera dedicata allo stato ideale, Platone giunge alla con­clusione che la rettitudine di un uomo può risultare davvero perfetta soltanto se egli accetta di subire ogni ingiustizia per amore della verità, poiché solo allora sa­rebbe evidente che un tale uomo vive non in funzione di una utilità o di un pia­cere ma soltanto per amore della verità.

    Scrive Platone che l'uomo sommamente giusto deve essere " (...) un uomo
    semplice e nobile il quale, come dice Eschilo, - non vuole sem­brare, ma
    essere buono. Bisogna dunque togliergli l'apparenza della giustizia; giacché
    se apparrà esser giusto, avrà onori e doni per l'apparir egli tale, e non risulterebbe chiaro se fosse giusto per amor della giustizia o dei doni e degli onori. Perciò va spogliato di tutto fuorché della giustizia stessa:
    (...) abbia egli massima fama di ingiustizia, affinché sia messo alla prova
    (..); vada innanzi irremovibile sino alla morte, sembrando per tutta la vita essere ingiusto ed essendo invece giusto (...): flagellato, torturato,legato (...) e infine, dopo aver sofferto ogni martirio, sarà crocifisso "

    ( Platone, La Repubblica, libro II°, n. 165-220, Sansoni "70, pag.46-48).

    Questo ragionamento, scritto ben quattrocento anni prima di Cristo, non
    può non commuovere ogni cristiano
    . [SM=g1740717]

    Qui il pensiero filosofico, nel suo
    estremo sforzo razionale, teso a comprendere come possa essere collaudata la rettitudine di un uomo perfettamente giusto, riesce ad intuire e a presagire che il perfetto giusto, nel mondo, non potrà che essere il giusto
    crocifisso, il quale accetta di subire ogni ingiustizia unicamente per amore
    della giustizia.

    Il massimo sforzo del pensiero razionale si incontra con la follia della croce: l'uomo perfetto e quindi l'uomo senza peccato può essere soltanto l'uomo della croce ed è la croce, accettata per amore della verità, a rivelare la per­fezione dell'uomo.

    L'intuizione filosofica di Platone finisce per coincidere con la profezia
    biblica di Isaia:

    "Disprezzato e reietto dagli uomini,

    uomo dei dolori che ben conosce il patire

    come uno davanti al quale ci si copre la faccia,

    era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.

    Eppure, egli si è caricato delle nostre sofferenze,

    si è addossato i nostri dolori,

    e noi lo giudicavamo castigato,

    percosso da Dio e umiliato." ( Is 53, 3-4)


    Il perdono cristiano, che deve essere concesso solo a chi è vera­mente
    pentito ( Lc 17,3) non esclude la giustizia
    .[SM=g7831]

    Dio stesso con il battesimo e la confessione ci rimette la colpa ma non il
    castigo temporale meritato per la colpa. La misericordia di Dio ha
    perdonato la colpa, ma la giustizia di Dio ha mantenuto il castigo meritato per il peccato e infatti gli uomini continuano ad essere soggetti alla pena delle tentazioni, alla pena del dolore, della malattia e della morte fisica.

    Per salvare gli uomini Dio ha stabilito il sacrificio della vita per il Figlio prediletto. L'analisi del peccato indica che, ad opera del diavolo, vi sarà lungo la storia una costante pressione al rifiuto di Dio fino all'odio (e al rifiuto delle Sue Leggi): amore di sé fino al disprezzo di Dio, come dice S. Agostino.

    La giustizia di Dio ha stabilito per la redenzione il processo in­verso:
    l'amore di Dio fino al disprezzo di sé da parte del Figlio prediletto ( cfr
    Dominum et vivificantem n.38, Is 53,2-6, Salvifci doloris n.17).

    La morte di Gesù è un atto di obbedienza al Padre. Giuda, i capi della Sinagoga, Pilato e i carnefici non hanno su Cristo alcun potere tranne quello che Lui stesso vuole concedere e solo quando è venuta l'ora decisa dal Padre.[SM=g1740721]

    La vita, dice Gesù, " nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso,
    poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio". ( Gv 10, 18).

    Per dimostrare la sua potenza, Gesù, in un primo momento, fa stramazzare
    al suolo tutti quelli che sono venuti ad arrestarlo nel Gethzemani ( Gv 18,4-6 ). Il - calice - della passione è il destino che gli ha riservato il Padre: nella letteratura biblica il calice è il simbolo del destino perché i nomi degli interessati che venivano tirati a sorte erano posti dentro un calice.

    Il sacrificio della vita è stato voluto dal Padre e Gesù, come uomo, solo
    a Dio chiede di togliere tale pena:" Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!"( Mt 26, 39).

    La morte di Gesù, oltre che essere un atto di amore per noi e un atto di
    condivisione dell'umana sofferenza ( cfr Salvifici do­loris n.16) è un atto di obbedienza al Padre


    4) PERCHE' I GIUDEI ERANO PERFIDI?[SM=g7574]

    "Pochi sanno che Pio XII è stato il primo Papa, dopo più di dieci secoli, ad inserire nella liturgia dei miglioramenti in favore degli Ebrei. E che lo hafatto anche su
    esplicita richiesta di Eugenio Zolli: che fu Rabbino di Roma che poi si convertì al cattolicesimo.

    Fin dal
    pontificato di Gregorio Magno, nella celebrazione del Venerdì Santo si faceva
    riferimento ai perfidi Judaei [in corsivo nel testo] e alla perfidia Judaica [idem]. Come tutti i filologi sanno, il termine perfidi in latino ha soltanto il significato di miscredenti, riferito acoloro che non vogliono accettare la fede cristiana. Nessuno ha mai detto "perfido" ad un giudeo, nel termine che si traduce oggi.[SM=g1740730]

    Gli dicevano "perfidus", cioè "che non crede" nella seconda Persona della Santissima Trinità. Infatti i giudei non credono nella seconda Persona della Santissima Trinità. Ma con l'introduzione dei messalini in lingua volgare e le traduzioni, quel perfidi [idem] latinosi era trasformato nell'inglese perfidious [idem], nel francese perfide[idem], nel tedesco
    treulos [idem], nell'olandese trouweloos [idem],nell'italiano perfidi [idem].


    Da una constatazione si era cioè passati a una condanna morale. Zolli chiese a Pio XII di cancellare l'espressione. Il Papa rispose che il significato della parola latina non conteneva un giudizio morale, ma soltanto la constatazione che i giudei rifiutano la fede cristiana ed erano dunque infedeli [idem]. Ma fece fare una precisazione sull'argomento dalla Sacra Congregazione dei Riti, pubblicata il 10 giugno 1948. Dunque i perfidi Judaei [idem] erano soltanto i giudei infedeli e non perfidi [idem].

    L'espressione sarà definitivamente abolita da GiovanniXXIII. Oggi nella
    liturgia del Venerdì Santo i cristiani pregano soltanto"per gli Ebrei", senza l'aggiunta di aggettivi". (A. Tornielli, Pio XII,Casale Monferrato, Ed. San Paolo, 2001, p. 260 - 261).

    "Già Pio XII, verso al fine del suo pontificato, il 27 novembre 1955, aveva introdotto un piccolo ma
    significativo cambiamento nella liturgia in favore degli ebrei, reinserendo, nel rito del Venersì Santo, la genuflessione anche al momento della preghiera per i "giudei", caduta in disuso dai tempi del Medio Evo. La formula era però rimasta quella di sempre, "oremus properfidis Iudaeis" , anche se Papa Pacelli, nel giugno1948, aveva fatto pubblicare una precisazione della Sacra Congregazione deiriti nella quale si specificava che quel "perfidi" aveva esclusivamente il significato latino di "miscredenti", cioè coloro che non
    vogliono accettarela fede cristiana. Giovanni XXIII, che già durante la
    Settimana Santa del1959 aveva fatto cadere l'uso dell'aggettivo "perfidi",
    il 25 luglio 1960approva le nuove rubriche del breviario e del messale che
    eliminano definitivamente questa formula.
    Tra le carte del Pontefice, il segretario Loris Capovilla ha scovato un piccolo appunto nel quale si legge:
    "Da vario tempo veniamo interessaticirca il "pro perfidi Judaeis" nella liturgia del venerdì Santo. Ci risultada testimonianza sicura che il nostro predecessore Pio XII di s. m.personalmente aveva già tolto tale aggettivo nella preghiera sua, accontentandosi di dire: Oremus... etiam pro judaeis" [in corsivo neltesto]. Essendo questo anche il nostro pensiero, disponiamo che colla prossima Settimana Santa la duplice supplicazione venga così
    ridotta". E'interessante notare come Roncalli faccia risalire l'abitudine a
    non pronunciar epiù il "perfidis" al predecessore Pacelli, attribuendo alla decisione di cancellare l'espressione dal messale il segno della continuità". (A. Tornielli, Pap Giovanni XXIII, Milano, Il Giornale, 2003,pp. 196 - 197).

    ( B. M. Bruti )



    [Modificato da Caterina63 14/03/2014 10:50]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 08/01/2009 18:01
    LA QUESTIONE DELLA LEGGE
    Possiamo dire serenamente  che la discussione sulla Legge l'abbia risolta Cristo stesso quando ne parla abbondantemente nei Vangeli....

    Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento” (Mt 5,17).

    Romani 11,25-33

    25 Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, questo mistero, perché non siate presuntuosi: l'indurimento di una parte di Israele è in atto fino a che saranno entrate tutte le genti.
    26 Allora tutto Israele sarà salvato come sta scritto:
    Da Sion uscirà il liberatore,
    egli toglierà le empietà da Giacobbe.
    27 Sarà questa la mia alleanza con loro
    quando distruggerò i loro peccati.
    28 Quanto al vangelo, essi sono nemici, per vostro vantaggio; ma quanto alla elezione, sono amati, a causa dei padri,
    29 perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!

    30 Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia per la loro disobbedienza,
    31 così anch'essi ora sono diventati disobbedienti in vista della misericordia usata verso di voi, perché anch'essi ottengano misericordia.
    32 Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia!
    33 O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!



    L'Apostolo Paolo annuncia che da Sion verrà ancora una salvezza ANCHE PER L'ISRAELE che ancora non crede, e sarà frutto della fedeltà misericordiosa di Dio verso il suo Popolo. Da questa profezia san Paolo esce con un grido vibrante di speranza che invita TUTTI I CRISTIANI A PREGARE E SUPPLICARE DIO che avvenga presto quanto da Lui promesso.....
    Non saranno le nostre parole, nè i sermoni, nè gli ammonimenti a convertire, ma ciò che dice qui Paolo chiaramente
    :

    Quanto al vangelo, essi sono nemici, per vostro vantaggio; ma quanto alla elezione, sono amati, a causa dei padri,

    nella catechesi Cristiana e prettamente CATTOLICA questo "vantaggio" di cui parla Paolo non deve farci divenire PRESUNTUOSI e dunque nessun cattolico, anche tradizionalista, o progressista che sia, può presumere la salvezza d'Israele per mezzo di conversioni FORZATE......perchè sarà Dio stesso ad applicare il Suo divin Progetto.....a noi chiede che tale "vantaggio" sia ORANTE, OPERANTE PER MEZZO DELLA TESTIMONIANZA E DELLE BUONE OPERE.......APPLICANDO IL DIALOGO DELLA CARITA' FRATERNA.....ecco il prodigio del Documento del Concilio NOSTRA AETATE:
    che il santo Padre Benedetto XVI ha donato al Presidente dello Stato d'Israele.....[SM=g1740721] 

    Prima di parlare del testo conciliare citato....

    Giova ricordare che il vero antisemitismo, basato su un pregiudizio di razza, nasce nel ‘700, e uno dei suoi “profeti” fu il “tollerante” Voltaire. [SM=g1740729]

    Agli ebrei il padre del secolo dei Lumi dedicô una voce apposita nel suo Dizionario filosofico in cui sospetta che si cibino di carne umana, li accusa di non essere in grado di rispettare la disciplina militare, li considera dediti soltanto al commercio e all’usura.

    Inoltre Voltaire nega che l’ebraismo possa produrre arte o filosofia, mentre giudica le donne ebree inclini ad accoppiarsi con cavalli e asini. Lottando contro l’oscurantismo, il teorico della Tolleranza cosi descrive il popolo ebraico: «Non troverete in loro che un popolo ignorante e barbaro, che unisce da tempo la più sordida avarizia alla più detestabile superstizione e al più invincibile odio per tutti i popoli che li tollerano e li arricchiscono». La tolleranza illuminista è stata stretta parente dell’antisemitismo e anche dell’odio verso i cristiani
    .[SM=g7574] 

    Voltaire riconosceva il profondo legame tra ebrei e cristiani[SM=g7574] 

    Articolo citato:
    Reazioni sbagliate al discorso del Papa ad Auschwitz dell'Ebreo Giorgio Israel,professore ordinario presso il Dipartimento di Matematica dell'Università di Roma "La Sapienza" e direttore del Centro di Ricerche in Metodologia della Scienza dell'Università di Roma "La Sapienza" e che ha inviato questo testo su Il Foglio, 30 maggio 2006

    Dunque...

    Il testo di Voltaire qui proposto costituisce la voce Juifs nel "Dictionnaire philosophique", quale venne pubblicata nell`edizione delle "Oeuvres complètes" di Voltaire a cura di A. Beuchot (Paris, 1826-1840). Opera misconosciuta e trascurata, questo "Juifs" rappresenta una macchia nel percorso illuministico del "padre della tolleranza". Ed è insolito vedere l`anticonformista Voltaire fare incetta, pur fra qualche lampo del consueto genio di scrittore, di tutto l`armamentario della propaganda antisemita più vieta, domandandosi fra l`altro "se gli Ebrei hanno mangiato carne umana" e se "le donne ebree ebbero rapporti con dei caproni".

    Alla radice di quest`odio, come evidenzia Elena Lowenthal nel suo commento, il fatto che il popolo ebraico continui, nonostante le mille traversie e la Diaspora a perpetuarsi, a restare fedele alla propria legge e alle proprie tradizioni, che il pensatore francese giudica alla stregua di sciocche superstizioni, ostacoli obsoleti sulla strada dei lumi.
    Al luogo comune, che pone nell`età medievale le radici dell`antisemitismo, questo testo poco noto, al pari degli scritti antigiudaici di Lutero, suggerisce di collocarle in tempi più recenti. E soprattutto in due personaggi che in qualche modo avversarono ed attaccarono la cristianità medievale e sono ritenuti fautori del progresso e della tolleranza e padri fondatori della modernità: Martin Lutero e Voltaire, per l'appunto![SM=g7574]


    Veniamo ora alla Nostra Aetate....[SM=g1740722] 

    come nasce?

    Riassumiamo alcuni punti fondamentali sia della Patristica quanto del Magistero della Chiesa di sempre[SM=g7574] :

    1) la religione Cristiana è inseparabile da quella ebraica;

    2) Gesù è Ebreo, Maria  sua Madre è Ebrea, la geneaologia descritta da Matteo riporta da Giuseppe la discendenza del re Davide al quale è legato indissolubilmente tutta la storia della Salvezza;

    3) Gesù obbedisce alla circoncisione, tutta la predicazione e la stessa vita di Gesù si attiva e si consuma in uno scenario prettamente giudaico. Non c'è dissociazione con il mondo ebraico attenzione, bensì IL COMPLETAMENTO DELLA LEGGE, Gesù non si dissocia dall'ebraimo dall'ebraismo ma lo porta a compimento, completa le Profezie, realizza le Profezie che lo riguardano, concretizza le attese del Popolo dell'Antica Alleanza sigillando la Nuova Alleanza;

    4) Gesù assume su di sè il Sacerdozio regale; mantiene il Sacrificio diventando Egli stesso il Sacrificio UNICO E PERFETTO a Dio gradito; Gesù completa la Legga, rompe ogni schiavitù e la Legge diventa DONO E REGOLA DI SALVEZZA non già di terrore, un esempio concreto è il quadro con la donna adultera che stava per essere lapidata: egli non abolisce la Legge, ma ELEVA LA DIGNITA' DELLA VITA UMANA richiamando alle coscienze e al perdono;

    5) il Popolo ebraico NON ha rinnegato nella sua totalità il Cristo! Gli stessi Apostoli chiamati da Gesù sono ebrei, tutte le prime comunità cristiane sono definite "giudaiche-cristiane"; gli Apostoli decidono che la Circoncisione per i pagani (non ebrei) che si convertivano non era necessaria, iniziano da qui le divisioni e la giovane Chiesa si ALLARGA uscendo fuori dagli schemi ebraici per cominciare ad assumere un olto tutto suo, QUELLO DEL CRISTO la cui Chiesa ne è il Corpo;

    6) la Diaspora non comincia con l'avvento del Cristo nè per colpa dei cristiani, essa era già iniziata secoli prima dell'Incanazione di Dio; la stessa distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70 d.C. non è attribuibile ai Cristiani, il Tempio subì la distruzione quando morì sulla Croce IL SACERDOTE REGALE, da qui cambia tutto, da qui inizia il cammino della Chiesa con Gesù quale Sacerdote attraverso i "Suoi" attraverso coloro che lo accoglieranno senza più distinzione fra razza popolo, lingua o Nazione, da qui crollano tutte le frontiere, da qui si avvia il Nuovo Popolo redento, da qui nascono anche molte incomprensioni...

    7) non si può negare totalmente che tutto il Popolo ebraico abbia rinnegato Cristo; molte sono le conversioni illustri e meno illustri; non si può attribuire a tutto il Popolo ebraico la morte del Cristo (come spiegato appunto anche al Concilio di Trento!);

    Alla luce di tutto questo e di altro ancora, al contrario delle ignobili accuse contro Pio XII, fu invece sotto il suo Pontificato che si diede l'avvio al dialogo aperto e franco con il mondo Ebraico. Lo testimoniano molti Rabbini, compreso quello di Roma Eugenio Zolli, compreso lo storico Jules Isaac...che incontrò a Roma Pio XII al quale consegnò un Dossier per omprendere in quale modo gli Ebrei e i Cattolici potessero cominciare a parlarsi dopo secoli di incomprensioni....[SM=g7831]


    Nascono così:

     

    1.  Ricordare che è lo stesso Dio vivente che parla a tutti noi nell’Antico come nel Nuovo Testamento.

    2.  Ricordare che Gesù è nato da una madre ebrea, della stirpe di Davide e del popolo d’Israele, e che il suo amore ed il suo perdono abbracciano il suo popolo ed il mondo intero.

    3.  Ricordare che i primi discepoli, gli apostoli, ed i primi martiri, erano ebrei.

    4.  Ricordare che il precetto fondamentale del cristianesimo, quello dell’amore di Dio e del prossimo, promulgato già nell’Antico Testamento e confermato da Gesù, obbliga cristiani ed ebrei in ogni relazione umana senza eccezione alcuna.

    5.  Evitare di sminuire l’ebraismo biblico nell’intento di esaltare il cristianesimo.

    6.  Evitare di usare il termine «giudei» nel senso esclusivo di «nemici di Gesù» o la locuzione «nemici di Gesù» per designare il popolo ebraico nel suo insieme.

    7.  Evitare di presentare la passione in modo che l’odiosità per la morte inflitta a Gesù ricada su tutti gli ebrei o solo sugli ebrei. In effetti non sono tutti gli ebrei che chiesero la morte di Gesù. Né sono solo gli ebrei che ne sono responsabili, perché la croce, che ci salva tutti, rivela che Cristo è morto a causa dei peccati di tutti noi.
    Ricordare a tutti i genitori e educatori cristiani la grave responsabilità in cui essi incorrono nel presentare il vangelo e sopratutto il racconto della passione in un modo semplicista. In effetti, essi rischiano in questo modo di ispirare, lo vogliano o no, avversione nella coscienza o nel subcosciente dei loro bambini o uditori. Psicologicamente parlando, negli animi semplici, mossi da un ardente amore e da una viva compassione per il Salvatore crocifisso, l’orrore che si prova in modo così naturale verso i persecutori di Gesù, si cambierà facilmente in odio generalizzato per gli ebrei di tutti i tempi, compresi quelli di oggi.

    8.  Evitare di riferire le maledizioni della Scrittura ed il grido della folla eccitata: «che il suo sangue ricada su noi e sui nostri figli», senza ricordare che quel grido non potrebbe prevalere sulla preghiera infinitamente più potente di Gesù: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno.»

    9.  Evitare di dare credito all’empia opinione che il popolo ebraico è riprovato, maledetto, riservato a un destino di sofferenza.

    10. Evitare di parlare degli ebrei come se essi non fossero stati i primi ad appartenere alla chiesa




    Le basi per la Nostra Aetate erano state così gettate...[SM=g1740717]


    DICHIARAZIONE
    NOSTRA AETATE
    SULLE RELAZIONI DELLA CHIESA
    CON LE RELIGIONI NON-CRISTIANE


    Introduzione


    1. Nel nostro tempo in cui il genere umano si unifica di giorno in giorno più strettamente e cresce l'interdipendenza tra i vari popoli, la Chiesa esamina con maggiore attenzione la natura delle sue relazioni con le religioni non-cristiane. Nel suo dovere di promuovere l'unità e la carità tra gli uomini, ed anzi tra i popoli, essa in primo luogo esamina qui tutto ciò che gli uomini hanno in comune e che li spinge a vivere insieme il loro comune destino.


    I vari popoli costituiscono infatti una sola comunità. Essi hanno una sola origine, poiché Dio ha fatto abitare l'intero genere umano su tutta la faccia della terra hanno anche un solo fine ultimo, Dio, la cui Provvidenza, le cui testimonianze di bontà e il disegno di salvezza si estendono a tutti finché gli eletti saranno riuniti nella città santa, che la gloria di Dio illuminerà e dove le genti cammineranno nella sua luce.


    Gli uomini attendono dalle varie religioni la risposta ai reconditi enigmi della condizione umana, che ieri come oggi turbano profondamente il cuore dell'uomo: la natura dell'uomo, il senso e il fine della nostra vita, il bene e il peccato, l'origine e lo scopo del dolore, la via per raggiungere la vera felicità, la morte, il giudizio e la sanzione dopo la morte, infine l'ultimo e ineffabile mistero che circonda la nostra esistenza, donde noi traiamo la nostra origine e verso cui tendiamo.


    Le diverse religioni


    2. Dai tempi più antichi fino ad oggi presso i vari popoli si trova una certa sensibilità a quella forza arcana che è presente al corso delle cose e agli avvenimenti della vita umana, ed anzi talvolta vi riconosce la Divinità suprema o il Padre. Questa sensibilità e questa conoscenza compenetrano la vita in un intimo senso religioso.

    Quanto alle religioni legate al progresso della cultura, esse si sforzano di rispondere alle stesse questioni con nozioni più raffinate e con un linguaggio più elaborato. Così, nell'induismo gli uomini scrutano il mistero divino e lo esprimono con la inesauribile fecondità dei miti e con i penetranti tentativi della filosofia; cercano la liberazione dalle angosce della nostra condizione sia attraverso forme di vita ascetica, sia nella meditazione profonda, sia nel rifugio in Dio con amore e confidenza.

    Nel buddismo, secondo le sue varie scuole, viene riconosciuta la radicale insufficienza di questo mondo mutevole e si insegna una via per la quale gli uomini, con cuore devoto e confidente, siano capaci di acquistare lo stato di liberazione perfetta o di pervenire allo stato di illuminazione suprema per mezzo dei propri sforzi o con l'aiuto venuto dall'alto. Ugualmente anche le altre religioni che si trovano nel mondo intero si sforzano di superare, in vari modi, l'inquietudine del cuore umano proponendo delle vie, cioè dottrine, precetti di vita e riti sacri.
     

    La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini.

    Tuttavia essa annuncia, ed è tenuta ad annunciare, il Cristo che è « via, verità e vita » (Gv 14,6), in cui gli uomini devono trovare la pienezza della vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato con se stesso tutte le cose.

    Essa perciò esorta i suoi figli affinché, con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e della collaborazione con i seguaci delle altre religioni, sempre rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano, conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano in essi.


    La religione musulmana


    3. La Chiesa guarda anche con stima i musulmani che adorano l'unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini. Essi cercano di sottomettersi con tutto il cuore ai decreti di Dio anche nascosti, come vi si è sottomesso anche Abramo, a cui la fede islamica volentieri si riferisce. Benché essi non riconoscano Gesù come Dio, lo venerano tuttavia come profeta; onorano la sua madre vergine, Maria, e talvolta pure la invocano con devozione. Inoltre attendono il giorno del giudizio, quando Dio retribuirà tutti gli uomini risuscitati. Così pure hanno in stima la vita morale e rendono culto a Dio, soprattutto con la preghiera, le elemosine e il digiuno.

    Se, nel corso dei secoli, non pochi dissensi e inimicizie sono sorte tra cristiani e musulmani, il sacro Concilio esorta tutti a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà.


    La religione ebraica


    4. Scrutando il mistero della Chiesa, il sacro Concilio ricorda il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo.

    La Chiesa di Cristo infatti riconosce che gli inizi della sua fede e della sua elezione si trovano già, secondo il mistero divino della salvezza, nei patriarchi, in Mosè e nei profeti.

    Essa confessa che tutti i fedeli di Cristo, figli di Abramo secondo la fede, sono inclusi nella vocazione di questo patriarca e che la salvezza ecclesiale è misteriosamente prefigurata nell'esodo del popolo eletto dalla terra di schiavitù. Per questo non può dimenticare che ha ricevuto la rivelazione dell'Antico Testamento per mezzo di quel popolo con cui Dio, nella sua ineffabile misericordia, si è degnato di stringere l'Antica Alleanza, e che essa stessa si nutre dalla radice dell'ulivo buono su cui sono stati innestati i rami dell'ulivo selvatico che sono i gentili.

    La Chiesa crede, infatti, che Cristo, nostra pace, ha riconciliato gli Ebrei e i gentili per mezzo della sua croce e dei due ha fatto una sola cosa in se stesso. Inoltre la Chiesa ha sempre davanti agli occhi le parole dell'apostolo Paolo riguardo agli uomini della sua razza: « ai quali appartiene l'adozione a figli e la gloria e i patti di alleanza e la legge e il culto e le promesse, ai quali appartengono i Padri e dai quali è nato Cristo secondo la carne» (Rm 9,4-5), figlio di Maria vergine.

    Essa ricorda anche che dal popolo ebraico sono nati gli apostoli, fondamenta e colonne della Chiesa, e così quei moltissimi primi discepoli che hanno annunciato al mondo il Vangelo di Cristo.


    Come attesta la sacra Scrittura, Gerusalemme non ha conosciuto il tempo in cui è stata visitata; gli Ebrei in gran parte non hanno accettato il Vangelo, ed anzi non pochi si sono opposti alla sua diffusione. Tuttavia secondo l'Apostolo, gli Ebrei, in grazia dei padri, rimangono ancora carissimi a Dio, i cui doni e la cui vocazione sono senza pentimento. Con i profeti e con lo stesso Apostolo, la Chiesa attende il giorno, che solo Dio conosce, in cui tutti i popoli acclameranno il Signore con una sola voce e « lo serviranno sotto uno stesso giogo » (Sof 3,9).


    Essendo perciò tanto grande il patrimonio spirituale comune a cristiani e ad ebrei, questo sacro Concilio vuole promuovere e raccomandare tra loro la mutua conoscenza e stima, che si ottengono soprattutto con gli studi biblici e teologici e con un fraterno dialogo.

    E se autorità ebraiche con i propri seguaci si sono adoperate per la morte di Cristo, tuttavia quanto è stato commesso durante la sua passione, non può essere imputato né indistintamente a tutti gli Ebrei allora viventi, né agli Ebrei del nostro tempo.


    E se è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli Ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla sacra Scrittura. Curino pertanto tutti che nella catechesi e nella predicazione della parola di Dio non si insegni alcunché che non sia conforme alla verità del Vangelo e dello Spirito di Cristo.


    La Chiesa inoltre, che esecra tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del patrimonio che essa ha in comune con gli Ebrei, e spinta non da motivi politici, ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell'antisemitismo dirette contro gli Ebrei in ogni tempo e da chiunque. In realtà il Cristo, come la Chiesa ha sempre sostenuto e sostiene, in virtù del suo immenso amore, si è volontariamente sottomesso alla sua passione e morte a causa dei peccati di tutti gli uomini e affinché tutti gli uomini conseguano la salvezza. Il dovere della Chiesa, nella sua predicazione, è dunque di annunciare la croce di Cristo come segno dell'amore universale di Dio e come fonte di ogni grazia.


    Fraternità universale


    5. Non possiamo invocare Dio come Padre di tutti gli uomini, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni tra gli uomini che sono creati ad immagine di Dio. L'atteggiamento dell'uomo verso Dio Padre e quello dell'uomo verso gli altri uomini suoi fratelli sono talmente connessi che la Scrittura dice: « Chi non ama, non conosce Dio » (1 Gv 4,8).

    Viene dunque tolto il fondamento a ogni teoria o prassi che introduca tra uomo e uomo, tra popolo e popolo, discriminazioni in ciò che riguarda la dignità umana e i diritti che ne promanano.


    In conseguenza la Chiesa esecra, come contraria alla volontà di Cristo, qualsiasi discriminazione tra gli uomini e persecuzione perpetrata per motivi di razza e di colore, di condizione sociale o di religione. E quindi il sacro Concilio, seguendo le tracce dei santi apostoli Pietro e Paolo, ardentemente scongiura i cristiani che, « mantenendo tra le genti una condotta impeccabile » (1 Pt 2,12), se è possibile, per quanto da loro dipende, stiano in pace con tutti gli uomini, affinché siano realmente figli del Padre che è nei cieli .


    28 ottobre 1965









     

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    Sesso: Femminile
    00 08/01/2009 18:14

    GESU' NEL TALMUD

    Nelle fonti ebraiche rabbiniche troviamo alcuni accenni a Gesù. Il passo più interessante è riportato nel Talmud e, sebbene alcuni vi vedano riferimenti ad un personaggio diverso da Gesù, la maggioranza degli studiosi non ha dubbi che ci si riferisca a lui:
    Viene tramandato: Alla vigilia (del ðabbât e) della pasqua si appese Jçðu (han-n? srî = il nazareno). Un banditore per quaranta giorni andò gridando nei suoi confronti: “Egli (Ješu han-nôsrî) esce per essere lapidato, perché ha praticato la magia e ha sobillato [hissit] e deviato [hiddia h] Israele. Chiunque conosca qualcosa a sua discolpa, venga e l'arrechi per lui”. Ma non trovarono per lui alcuna discolpa, e lo appesero alla vigilia del (ðabbât e) della pasqua.
    Ulla [un rabbino del IV secolo] disse: “Credi tu che egli (Jçðu han-n? srî) sia stato uno, per il quale si sarebbe potuto attendere una discolpa? Egli fu invece un mesît [uno che conduce all'idolatria] e il Misericordioso ha detto: Tu non devi avere misericordia e coprire la sua colpa [Dt 13,9]!”: Con Jçðu fu diverso, poiché egli stava vicino al regno [malkut] (Talmud Babilonese Sanhedrin 43a).
     


    Il testo conferma la datazione evangelica della passione (Gv 19, 14. 31), alla vigilia della Pasqua, che in quella circostanza cadeva di sabato. L'accusa è quella di "magia" (riferimento negativo alla pretesa dei miracoli) e di incitamento alla deviazione dalla retta fede. "Appendere", una parafrasi del verbo "crocifiggere" è usata, come in alcuni passi del NT, ad indicare la crocifissione.


    Il bando di 40 giorni, chiaramente non fondato storicamente, potrebbe essere un tentativo di ribattere ad accuse sulla brevità e rapidità del processo a Gesù a Gerusalemme. Il passaggio dalla lapidazione, proposta inizialmente, alla crocifissione finale suppone un passaggio dalla giustizia ebraica a quella romana.


    Un secondo brano ci riporta alla polemica con i cristiani:

    Abbahu dice: “Se qualcuno ti dice “Io sono Dio ('anî' el)”, egli è un mentitore; (se ti dice) “Io sono il figlio dell'uomo ('anî ben-'a dâm)”, alla fine egli dovrà pentirsene; (se ti dice) “Io ascenderò al cielo”, lo dice e non lo può fare” (Talmud Palestinese, Ta'anit II, 1, 65b).


      Abbahu è un rabbino vissuto a Cesarea nel III secolo. Il testo riporta in chiave polemica affermazioni sulla identità di Gesù.


    Un terzo brano ci fa intravedere una discussione sulla interpretazione della Torah:
    Rabbi Eliezer disse: una volta camminavo al mercato superiore di Sefforis e incontrai uno dei discepoli di Gesù il Nazareno (Ješu han-nôsrî), chiamato Giacobbe del villaggio di Sekhanja. Egli mi disse: “Nella vostra Torah è scritto: “Non porterai il denaro di una prostituta nella casa del Signore” (Dt 23,19). Com'è? Non si può con esso costruire un cesso per il sommo sacerdote?”. Io non gli risposi. Ed egli mi disse: “Così mi ha insegnato Gesù il Nazareno: “Fu raccolto a prezzo di prostitute e in prezzo di prostitute tornerà” (Mi 1,7); da un luogo di sozzura è venuto e in un luogo di sozzura andrà”. La parola mi piacque; perciò io fui arrestato a motivo di eresia (minut) (Talmud B abilonese Ab. Zarâ 16b).


    R. Eliezer ben Hyrkanos, maestro del famoso R. Aqiba, è scomunicato per un certo tempo dalla sinagoga, perché apprezza una interpretazione troppo libera della Torah data da un cristiano a Sefforis, vicino Nazareth.

    Furono gli Ebrei a "scomunicare" i Cristiani.....[SM=g7574]

    L'ALLONTANAMENTO DEI CRISTIANI DALLE SINAGOGHE [SM=g7831]

    Il Talmud babilonese (TB Ber. 28b-29a) ci attesta che la preghiera ebraica delle "Diciotto Benedizioni" fu composta a Jamnia verso la fine del I secolo d.C. La primitiva recensione palestinese di questa preghiera ebraica ci da testimonianza della cosiddetta "scomunica" verso i cristiani, della quale troviamo, forse, traccia anche in alcuni versetti neotestamentari (Gv 9, 22: "Infatti i Giudei avevano già stabilito che se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga").

    E' la Birkat ham-minim ("benedizione dei minim"), dodicesima delle "Diciotto Benedizioni":
    "Che per gli apostati non ci sia speranza; sradica prontamente ai nostri giorni il regno dell'orgoglio; e periscano in un istante i nazareni e gli eretici ("minim"): siano cancellati dal libro dei viventi e con i giusti non siano iscritti. Benedetto sei tu, Yahweh, che pieghi i superbi!" [SM=g7564]


    L'apologeta cristiano Giustino, alla metà del II secolo, nel "Dialogo con il giudeo Trifone" ne conferma l'esistenza affermando:
    "Voi nelle vostre sinagoghe maledite coloro che si son fatti cristiani" (Dial. 96 e 107).


    L'importanza dell'uso di questa formula è attestato da un altro passo del Talmud babilonese:
    "Se qualcuno commette un errore in una qualunque benedizione, lo si lasci continuare; ma se si tratta della benedizione dei "minim", lo si richiama al proprio posto, poiché lo si sospetta di essere lui steso un "min" (TB Ber. 29 a).


      L'espressione "min" (plurale "minim") vuol dire letteralmente "quelli di un genere a parte". Probabilmente include le posizioni di più gruppi ritenuti eterodossi dal giudaismo rabbinico, ma comprende sicuramente anche i cristiani, chiamati nella "benedizione" i "nazareni".


    Questo lo si evince anche da un midrash a Gen 1, 26 che, riferendosi all'interpretazione cristiana primitiva che vede nel plurale della creazione dell'uomo "facciamo" l'opera delle tre persone della Trinità della Trinità, così afferma:
    "Quando Mosè scrivendo la Torah arrivò (a questo passo) esclamò: Signore dell'Universo, quale argomento dai ai "minim"! E l'Eterno gli rispose: Continua a scrivere; e quelli che si ingannano, peggio per loro" (midrash di Gen. R. su Gen 1, 26).

    http://www.santamelania.it/



    Giornalista e studioso di religioni comparate dedicò la vita al riavvicinamento tra il popolo di Israele e la Chiesa


    Ben Chorin, l'ebreo
    che elogiò l'Eucaristia


    di Cristiana Dobner

    Uno sguardo ebraico su Gesù, Maria e Paolo non era proprio abituale nella seconda metà del secolo scorso. Un giornalista e studioso di religioni comparate seppe gettarlo e configurarlo in una trilogia che successivamente raggiunse i lettori tedeschi rispettivamente nel 1967, 1970 e 1971, e successivamente tradotta in varie lingue, che costituisce l'espressione di un pensiero completo, quasi a tutto tondo, su Gesù, la madre Maria e Paolo apostolo delle genti.


    Chi ne è l'autore? Ogni pensiero infatti affonda le sue radici nel terreno particolare della vita di ciascuno e ne è espressione ed emanazione. L'autore fu un personaggio che giocò la sua vita sull'utopia del dialogo ebraico cristiano, credendoci e non soltanto seguendo una moda, magari momentanea, investendo tempo ed energie per conoscere, apprezzare e confrontare le due religioni. Fritz Rosenthal nacque a Monaco di Baviera nel 1913 in una famiglia di commercianti ebrei assimilati, dopo il ginnasio studiò all'università lettere e religioni comparate. All'incombere della furia nazista nel 1933 il giovane universitario fu a più riprese arrestato dalla Gestapo, decise perciò di seguire il suo maestro Martin Buber e di "salire" a Gerusalemme.

    Qui cambiò il suo nome e divenne Shalom Ben Chorin ("Pace figlio della libertà"). Praticò il giornalismo fino al 1970, mentre successivamente fu docente a Gerusalemme, Tubinga e Monaco. Fondò nel 1958 la prima Comunità ebraica liberale, ancora oggi guidata dal figlio Tovia, la Congregazione 'Or Hadash, la prima sinagoga riformata in Israele, presente anche in Austria.


    Superando pregiudizi e fraintendimenti, in un clima in cui gli echi del nazismo ancora non si erano spenti, e sempre attento alla sua patria d'origine e alla sua lingua tedesca, lo studioso, facendo suo un detto di Alfred Kerr "che cosa è una casa, una patria? È infanzia, la nenia, la forzatura della lingua e la costrizione del ricordo", privò il termine della pretta appartenenza politica, che tanto fu devastante per l'Europa e il mondo con la sua connotazione di nazionalsocialismo, ed aderì nel 1975 all'Unione di Scrittori di lingua tedesca d'Israele, diventandone uno dei quindici membri fondatori.


    Shalom Ben Chorin, vivendo appassionatamente quanto il suo nome significava riuscì, conclusa la guerra, a dimostrarsi uno dei "pontieri", uno dei grandi costruttori di ponti, precursori in quello che, abitualmente, viene definito il dialogo ebraico-cristiano. Egli fu membro infatti del gruppo di lavoro ebraico-cristiano del Consiglio della Chiesa protestante di Germania. Lavoro di costruzione da pontieri e lavoro di smistamento di rovine smantellate:  bisognava eliminare il tentativo sempre sospettato, quasi sotteso, di una missione verso o contro gli ebrei.


    La produzione letteraria e teologica di Shalom Ben Chorin - in una prosa dinamica e ricca di battute - tradotta in varie lingue, gli valse molti riconoscimenti, fra cui la laurea honoris causa dalle università di Monaco (1988) e di Bonn (1993). Si spense a Gerusalemme nel 1999.
    Nel 1922 Joseph Gedaliah Klausner aveva pubblicato il volume Jeshu ha-nozri, Gesù il nazareno, che segnò una svolta nella considerazione da parte del mondo ebraico di Colui che i cristiani considerano il Messia, il Figlio di Dio. È ben noto infatti quanto si trova scritto nel Talmud.


    Il volume dedicato a Paolo, apostolo delle genti contiene la riflessione su Paolo, l'apostolo delle genti, e si snoda in nove capitoli ancorati alla conoscenza della problematica e ruotanti sul perno di Gesù Risorto nel contesto storico delle grandi città Gerusalemme, Atene, Roma che costituiscono il fondale della vita di Saul, divenuto Paolo, che "annuncia Gesù di Nazaret come il Cristo della sua esperienza di Damasco". Quindi la risurrezione per l'autore è considerata significante in primo luogo partendo da Paolo, mentre storicamente è dubbiosa. Gesù è altro, "è per me un fratello eterno; non solo fratello nell'umanità, fratello nell'ebraismo. Io sento la sua mano fraterna che mi prende perché io lo segua, una mano umana, quella che porta i segni del più grande dolore (...) È la mano di un grande testimone di fede in Israele; la sua fede, la sua incondizionata, la sua assoluta fiducia in Dio Padre, la sua prontezza ad umiliarsi completamente sotto la volontà di Dio, è l'atteggiamento che Gesù ha vissuto per noi e che può unirci, ebrei e cristiani, la fede di Gesù ci unisce (...), ma la fede in Gesù ci divide".


    Ben Chorin accostando i Vangeli con "l'intuizione", che non significa fantasia ma frequentazione assidua e familiarità con i testi dalla propria sensibilità e tradizione religiosa, priva però di pregiudizi, avverte come sia la fede ebraica a vivere in Gesù; è un ebreo perseguitato ed infine ucciso che nella sua vita richiama al Regno di Dio, un profeta come Elia ed Eliseo.


    Non solo è un maestro della legge come i tannaiti (maestri ebrei dei primi secoli dell'era cristiana), che prediligevano le parabole. La peculiarità di Gesù è il suo rivolgersi agli am ha-arez, agli incolti, cioè al popolo della terra. Al centro della sua predicazione splende l'amore, a sua volta centro della Torah, della legge, con molte analogie alla linea della scuola farisaica di Hillel.


    Paolo, ebreo della diaspora da Tarso Cilicia, fariseo e civis Romanus, si muove in tre mondi e con tre lingue:  l'ebraico, il greco e il latino e in frontiere geografiche precise, patisce le pressioni storiche e politiche del clima esasperato del primo secolo:  Paolo ebreo è in polemica con gli ebrei.


    Shalom Ben Chorin ritiene che Paolo paghi un altissimo prezzo per annunciare il "Servo di Jahweh" (Isaia 49, 6):  riconoscendolo in Gesù Cristo, rinuncia proprio al cuore dell'ebraismo, alla Legge. Paolo stando "fra Israele e i pagani" e volendo unire "spesso operò separando". Ne seguirono fraintendimenti che pesarono sulle vicende storiche delle due religioni e sui loro rapporti. Soltanto chiarendoli ed eliminandoli sarà possibile ottenere "uno sguardo libero" gettato su entrambi:  Israele e la Chiesa.


    L'approfondimento quindi di questo pensatore/pontiere può oggi, dopo tanto cammino percorso insieme e tanti incontri significativi, segnare una pietra miliare. Lo aveva intuito e dimostrato Bernard Dupuy nella sua presentazione in un'edizione francese cogliendo l'ottica dell'autore, per il quale gli scritti di Paolo si possono leggere solo a partire dai profeti d'Israele e gli appelli lanciati agli ebrei suoi contemporanei emergono, in qualche modo, dalla profezia. L'audacia di Paolo fu somma in tempo di profezia chiusa e suscitò stupore e reazioni vive nelle autorità; proponeva opinioni umane, pur tuttavia affondate nella Scrittura. Paolo richiama che, nella Bibbia, è Dio che parla e agisce, non possiamo catturare Dio a nostro profitto, come neppure possiamo comprenderlo e tentare di circoscriverlo, c'è sempre un istante in cui bisogna cedere davanti a Lui, nessuna autorità può interporsi.


    Shalom Ben Chorin viveva in sintonia con Gesù Cristo che "ha incontrato Paolo davanti a Damasco. Sempre e sempre lo incontro, sempre e sempre dialoghiamo, avendo in comune l'origine ebraica e la speranza ebraica del regno. E da quando io dall'Europa cristiana sono venuto a risiedere nell'ebraico Israele, mi è venuto ancora più vicino, perché io vivo nella sua terra e tra il suo popolo, e i suoi detti e le sue parabole mi sono così vicini e pieni di calore umano come se tutto ciò fosse accaduto qui, oggi".


    L'apostolo delle genti Paolo di Tarso altro non ha mai voluto dopo l'incontro con Gesù Cristo Risorto sulla via di Damasco. "Quando io nel banchetto pasquale sollevo il calice e spezzo il pane non lievitato" osservava Ben Chorin nel Seder Pesach, "allora faccio quel che egli ha fatto, e so di essergli più vicino di qualche cristiano che celebra il mistero dell'Eucaristia in modo del tutto staccato dalla sua origine ebraica".


    Una visione nuova la si può costruire solo conoscendo e conoscendoci. Shalom Ben Chorin è perfettamente consapevole che, dopo la Shoah "la consolazione non può mai più risolversi nel dolce alone di parole confortanti, deve sussistere nel mantenimento delle contraddizioni".


    Il ramo di mandorlo che troviamo nel profeta Geremia, però, veglia e si distende sui rapporti ebraico-cristiani. Shalom Ben Chorin non lo affermò in un momento in cui le offensive belliche si erano placate ma nel 1942, il tragico anno per il popolo di Israele colpito dall'infuriare della Shoah, ed è, ancor oggi, un invito a perseverare nei momenti bui e difficili rivolto da una persona che ne visse la catastrofe e ne fu testimone:


    Amici, che il ramo di mandorlo
    di nuovo fiorisca e germogli
    non forse è un segno
    che l'amore rimane?
    Che la vita non finisca
    anche se il molto sangue grida
    non conta poco
    in questo torbidissimo tempo
    Migliaia ne calpesta la guerra
    un mondo scompare
    Allora la vittoria fiorita della vita
    lieve oscilla nel vento
    Amici, che il ramo di mandorlo
    oscilli fiorito,
    rimane per noi un segno: 
    la vita vince



    (©L'Osservatore Romano - 31 maggio 2008)

    OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II 
    NELLA CELEBRAZIONE IN RICORDO DI 
    ABRAMO, "PADRE DI TUTTI I CREDENTI"

    23 febbraio 2000

    1. "Io sono il Signore che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questo paese... In quel giorno il Signore concluse questa alleanza con Abràm: Alla tua discendenza io do questo paese dal fiume d'Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate" (Gn 15, 7. 18)

    Prima che Mosè udisse sul monte Sinai le note parole di Jahvé: "Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù" (Es 20, 2), il Patriarca Abramo aveva già sentito queste altre parole: "Io sono il Signore che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei". Dobbiamo, pertanto, dirigerci col pensiero verso tale luogo importante nella storia del Popolo di Dio, per cercarvi i primordi dell'alleanza di Dio con l'uomo. Ecco perché, in quest'anno del Grande Giubileo, mentre risaliamo col cuore agli inizi dell'alleanza di Dio con l'umanità, il nostro sguardo si volge verso Abramo, verso il luogo dove egli avvertì la chiamata di Dio e ad essa rispose con l'obbedienza della fede. Insieme con noi, anche gli ebrei e i musulmani guardano alla figura di Abramo come ad un modello di incondizionata sottomissione al volere di Dio (cfr Nostra aetate, 3).


    L'autore della Lettera agli Ebrei scrive: "Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava" (11, 8). Ecco: Abramo, nominato dall'Apostolo "nostro Padre nella fede" (cfr Rm 4,11-16), credette a Dio, si fidò di Lui che lo chiamava. Credette alla promessa. Dio disse ad Abramo: "Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò. Farò di te un grande popolo e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e diventerai una benedizione... in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra" (Gn 12, 1-3). Stiamo forse parlando del tracciato di una delle molteplici migrazioni tipiche di un'epoca in cui la pastorizia era una fondamentale forma di vita economica? E' probabile. Sicuramente, però, non si trattò solo di questo. Nella vicenda di Abramo, da cui prese inizio la storia della salvezza, possiamo già percepire un altro significato della chiamata e della promessa. La terra, verso la quale si avvia l'uomo guidato dalla voce di Dio, non appartiene esclusivamente alla geografia di questo mondo. Abramo, il credente che accoglie l'invito di Dio, è colui che si muove nella direzione di una terra promessa che non è di quaggiù.


    2. Leggiamo nella Lettera agli Ebrei: "Per fede Abramo, messo alla prova, offrì Isacco e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unico figlio, del quale era stato detto: In Isacco avrai una tua discendenza che porterà il tuo nome" (11,17-18). Ecco l'apogeo della fede di Abramo. Abramo viene messo alla prova da quel Dio nel quale aveva riposto la sua fiducia, da quel Dio dal quale aveva ricevuto la promessa concernente il lontano futuro: "In Isacco avrai una tua discendenza che porterà il tuo nome" (Eb 11, 18). E' chiamato, però, ad offrire in sacrificio a Dio proprio quell'Isacco, il suo unico figlio, a cui era legata ogni sua speranza, conforme del resto alla divina promessa. Come potrà compiersi la promessa che Dio gli ha fatto di una numerosa discendenza, se Isacco, l'unico figlio, dovrà essere offerto in sacrificio?


    Mediante la fede, Abramo esce vittorioso da questa prova, una prova drammatica che metteva in questione direttamente la sua fede. "Egli pensava infatti - scrive l'Autore della Lettera agli Ebrei - che Dio è capace di far risorgere dai morti" (11, 19). In quell'istante umanamente tragico, in cui era ormai pronto ad infliggere il colpo mortale a suo figlio, Abramo non cessò di credere. Anzi, la sua fede nella promessa di Dio raggiunse il culmine. Pensava: "Dio è capace di far risorgere dai morti". Così pensava questo padre provato, umanamente parlando, oltre ogni misura. E la sua fede, il suo totale abbandono in Dio, non lo deluse. Sta scritto: "per questo lo riebbe" (Eb 11, 19). Riebbe Isacco, poiché credette a Dio fino in fondo e incondizionatamente.


    L'Autore della Lettera sembra esprimere qui qualcosa di più: tutta l'esperienza di Abramo gli appare un'analogia dell'evento salvifico della morte e della risurrezione di Cristo. Quest'uomo, posto all'origine della nostra fede, fa parte dell'eterno disegno divino. Secondo una tradizione, il luogo dove Abramo fu sul punto di sacrificare il proprio figlio, è lo stesso sul quale un altro padre, l'eterno Padre, avrebbe accettato l'offerta del suo Figlio unigenito, Gesù Cristo. Il sacrificio di Abramo appare così come annuncio profetico del sacrificio di Cristo. "Dio infatti - scrive san Giovanni - ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (3, 16). Il Patriarca Abramo, nostro padre nella fede, senza saperlo introduce in un certo qual senso tutti i credenti nel disegno eterno di Dio, nel quale si realizza la redenzione del mondo.


    3. Un giorno Cristo affermò: "In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono" (Gv 8, 58), e queste parole destarono lo stupore degli ascoltatori che obiettarono: "Non hai ancora cinquant'anni e hai visto Abramo?" (Gv 8, 57). Chi reagiva così, ragionava in modo meramente umano, e per questo non accettò quanto Cristo diceva. "Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti; chi pretendi di essere?" (Gv 8, 53). Ad essi Gesù replicò: "Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegrò" (Gv 8, 56). La vocazione di Abramo appare completamente orientata verso il giorno di cui parla Cristo. Qui non reggono i calcoli umani; occorre applicare la misura di Dio. Solo allora possiamo comprendere il giusto significato dell'obbedienza di Abramo, che "ebbe fede sperando contro ogni speranza" (Rm 4, 18). Sperò di diventare padre di numerose nazioni, ed oggi sicuramente gioisce con noi perché la promessa di Dio si compie lungo i secoli, di generazione in generazione.


    L'aver creduto, sperando contro ogni speranza, "gli fu accreditato come giustizia" (Rm 4, 22), non soltanto in considerazione di lui, ma anche di noi tutti, suoi discendenti nella fede. Noi "crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore" (Rm 4, 24), messo a morte per i nostri peccati e risorto per la nostra giustificazione (cfr Rm 4, 25). Questo, Abramo non lo sapeva; mediante l'obbedienza della fede, egli tuttavia si dirigeva verso il compimento di tutte le promesse divine, animato dalla speranza che esse si sarebbero realizzate. Ed esiste forse promessa più grande di quella compiutasi nel mistero pasquale di Cristo? Davvero, nella fede di Abramo Dio onnipotente ha stretto un'alleanza eterna con il genere umano, e definitivo compimento di essa è Gesù Cristo. Il Figlio unigenito del Padre, della sua stessa sostanza, si è fatto Uomo per introdurci, mediante l'umiliazione della Croce e la gloria della risurrezione, nella terra di salvezza che Dio, ricco di misericordia, ha promesso all'umanità sin dall'inizio.


    4. Modello insuperabile del popolo redento, in cammino verso il compimento di questa universale promessa, è Maria, "colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore" (Lc 1,45).

    Figlia di Abramo secondo la fede oltre che secondo la carne, Maria ne condivise in prima persona l'esperienza. Anche Lei, come Abramo, accettò l'immolazione del Figlio, ma mentre ad Abramo il sacrificio effettivo di Isacco non fu richiesto, Cristo bevve il calice della sofferenza sino all'ultima goccia. E Maria partecipò personalmente alla prova del Figlio, credendo e sperando ritta accanto alla croce (cfr Gv 19,25).


    Era l'epilogo di una lunga attesa. Formata nella meditazione delle pagine profetiche, Maria presagiva ciò che l'attendeva e nell'esaltare la misericordia di Dio, fedele al suo popolo di generazione in generazione, esprimeva la propria adesione al suo disegno di salvezza; esprimeva in particolare il suo "" all'evento centrale di quel disegno, il sacrificio di quel Bimbo che portava in grembo. Come Abramo, accettava il sacrificio del Figlio.


    Noi oggi uniamo la nostra voce alla sua, e con Lei, la Vergine Figlia di Sion, proclamiamo che Iddio si è ricordato della sua misericordia, "come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo ed alla sua discendenza, per sempre" (Lc 1,55).



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    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 08/01/2009 18:46
    L'eredità di Abramo - dono di Natale

     Card. Joseph Ratzinger





    Per Natale ci scambiamo dei doni, per dare gioia gli uni agli altri e partecipare così alla gioia che il coro degli angeli annunziò ai pastori, richiamando alla memoria il regalo per eccellenza che Dio fece all'umanità donandoci suo Figlio Gesù Cristo. 

    Ma questo è stato preparato da Dio in una lunga storia, nella quale — come dice sant'Ireneo — Dio si abitua a stare con l'uomo e l'uomo si abitua alla comunione con Dio. Questa storia comincia con la fede di Abramo, Padre dei credenti, Padre anche della fede dei cristiani e per la fede nostro Padre. Questa storia continua nelle benedizioni per i patriarchi, nella rivelazione a Mosè e nell'esodo di Israele verso la terra promessa. 


    Una nuova tappa si apre con la promessa a Davide ed alla sua stirpe di un regno senza fine. I profeti a loro volta interpretano la storia, chiamano a penitenza e conversione e preparano così il cuore degli uomini a ricevere il dono supremo. Abramo, Padre del popolo di Israele, Padre della fede, è così la radice della benedizione, in lui "si diranno benedette tutte le famiglie della terra" (Gen 12, 3). 

    Compito del popolo eletto è quindi donare il loro Dio, il Dio unico e vero, a tutti gli altri popoli, e in realtà noi cristiani siamo eredi della loro fede nell'unico Dio. La nostra riconoscenza va dunque ai nostri fratelli ebrei che, nonostante le difficoltà della loro storia, hanno conservato, fino ad oggi, la fede in questo Dio e lo testimoniano davanti agli altri popoli che, privi della conoscenza dell'unico Dio, "stavano nelle tenebre e nell'ombra della morte" (Lc 1, 79).


    Il Dio della Bibbia degli ebrei, che è Bibbia — insieme al Nuovo Testamento — anche dei cristiani, a volte di una tenerezza infinita, a volte di una severità che incute timore, è anche il Dio di Gesù Cristo e degli apostoli. 

    La Chiesa del secondo secolo dovette resistere al rifiuto di questo Dio da parte degli gnostici e soprattutto di Marcione, che opponevano il Dio del Nuovo Testamento al Dio demiurgo creatore, da cui proveniva l'Antico Testamento, mentre la Chiesa ha sempre mantenuto la fede in un Dio solo, creatore del mondo e autore di ambedue i testamenti. 


    La coscienza neotestamentaria di Dio che culmina nella definizione giovannea "Dio è amore" (1 Giov 4, 16) non contraddice il passato, ma compendia piuttosto l'intera storia della salvezza, che aveva come protagonista iniziale Israele. Perciò nella liturgia della Chiesa dagli inizi e fino ad oggi risuonano le voci di Mosè e dei profeti; il salterio di Israele è anche il grande libro di preghiera della Chiesa. Di conseguenza la Chiesa primitiva non si è contrapposta a Israele, ma credeva con tutta semplicità di esserne la continuazione legittima. 


    La splendida immagine di Apocalisse 12, una donna vestita di sole coronata di dodici stelle, incinta e sofferente per i dolori del parto, è Israele che dà la nascita a colui "che doveva governare tutte le nazioni con scettro di ferro" (Sal 2, 9); e tuttavia questa donna si trasforma nel nuovo Israele, madre di nuovi popoli, ed è personificata in Maria, la Madre di Gesù. Questa unificazione di tre significati — Israele, Maria, Chiesa — mostra come, per la fede dei cristiani, erano e sono inscindibili Israele e la Chiesa.


    Si sa che ogni parto è difficile. Certamente fin dall'inizio la relazione fra la Chiesa nascente ed Israele fu spesso di carattere conflittuale. La Chiesa fu considerata da sua madre figlia degenere, mentre i cristiani considerarono la madre cieca ed ostinata. Nella storia della cristianità le relazioni già difficili degenerarono ulteriormente, dando origine in molti casi addirittura ad atteggiamenti di antigiudaismo, che ha prodotto nella storia deplorevoli atti di violenza.
     

    Anche se l'ultima esecrabile esperienza della shoah fu perpetrata in nome di un'ideologia anticristiana, che voleva colpire la fede cristiana nella sua radice abramitica, nel popolo di Israele, non si può negare che una certa insufficiente resistenza da parte di cristiani a queste atrocità si spiega con l'eredità antigiudaica presente nell'anima di non pochi cristiani. 


    Forse proprio a causa della drammaticità di quest'ultima tragedia, è nata una nuova visione della relazione fra Chiesa ed Israele, una sincera volontà di superare ogni tipo di antigiudaismo e di iniziare un dialogo costruttivo di conoscenza reciproca e di riconciliazione. Un tale dialogo, per essere fruttuoso, deve cominciare con una preghiera al nostro Dio perché doni prima di tutto a noi cristiani una maggiore stima ed amore verso questo popolo, gli israeliti, che "possiedono l'adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse, i patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen." (Rom 9, 4-5), e ciò non solo nel passato, ma anche presentemente "perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili" (Rom 11, 29).

    Pregheremo egualmente perché doni anche ai figli d'Israele una maggiore conoscenza di Gesù di Nazareth, loro figlio e dono che essi hanno fatto a noi. Poiché siamo ambedue in attesa della redenzione finale, preghiamo che il nostro cammino avvenga su linee convergenti.


    È evidente che il dialogo di noi cristiani con gli ebrei si colloca su un piano diverso rispetto a quello con le altre religioni. La fede testimoniata nella Bibbia degli ebrei, l'Antico Testamento dei cristiani, per noi non è un'altra religione, ma il fondamento della nostra fede. Perciò i cristiani — ed oggi sempre più in collaborazione con i loro fratelli ebrei — leggono e studiano con tanta attenzione, come parte del loro stesso patrimonio, questi libri della Sacra Scrittura


    È vero che anche l'Islam si considera figlio di Abramo e ha ereditato da Israele e dai Cristiani il medesimo Dio, ma esso percorre una strada diversa, che ha bisogno di altri parametri di dialogo.


    Per ritornare allo scambio di doni natalizi con cui ho cominciato questa meditazione dobbiamo prima di tutto riconoscere che tutto ciò che noi abbiamo e facciamo è un dono di Dio, che si ottiene per mezzo della preghiera umile e sincera, un dono che deve essere condiviso tra etnie diverse, tra religioni in ricerca di una maggiore conoscenza del mistero divino, tra nazioni che cercano la pace e popoli che vogliono stabilire una società in cui regni la giustizia e l'amore.

    Questo è il programma tracciato dal Concilio Vaticano II per la Chiesa del futuro e noi cattolici chiediamo al Signore di aiutarci a perseverare su questa via.

    29 Dicembre 2000


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    Elezione e gelosia [SM=g7831]


     Fu l'Assemblea Jamnia che, nell'anno 90, allontanò dalla Sinagoga gli Ebrei che erano diventati discepoli di Cristo.

    Molto tempo prima, nel 50 o 60 A.D., Paolo di Tarso cercò di suscitare "gelosia" nei suoi fratelli Farisei contro i pagani che invece erano seguaci del Messia. Come egli scrisse ai Romani (11,14) "egli sperava di eccitare quelli della sua razza alla gelosia"


    Con i suoi scritti egli ci suggerisce di emulare gli ebrei nella fedeltà alla elezione operata dal Dio vivente. La "gelosia" che Paolo esige non è l'invidia arrogante ed omicida, non si tratta dell'invidia assassina che si impadronì dei figli di Giacobbe nei confronti del loro fratello Giuseppe (Genesi 37), ma la divina gelosia che costituisce l'aspetto ardente della predilezione d'amore.

    Per l'apostolo Paolo, essa costituisce addirittura la chiave di lettura per la storia, per l'elezione, per il Patto, per la salvezza: "riserbare l'eletto" come "resto" per la "riconciliazione del mondo". In questo "resto" e nel "mettere da parte" le Scritture, specialmente i Profeti Isaia (11,1; 60,21) e Daniele (11,7) ci rivelano l'azione di Dio del tagliare e prendere un germoglio proveniente dalla santa radice, per riconciliare il mondo e guidarlo dalla morte alla vita (cf. Romani 11,15)

    Il duplice significato del termine gelosia nella Bibbia dove si descrive e l'umana presunzione e la premura divina nei confronti dell'uomo, ci induce ad una doppia lettura della Scrittura e ad un doppio comportamento nei confronti della Storia.

    Tra gli uomini la gelosia è la parodia dell'amore, che ha lo scopo di legare e, alla fine, allontana.

    La gelosia di Dio è testimonianza dell'assolutezza nell'amore, di preferenza nella scelta, di intransigenza nella fedeltà, persino qualora si fosse abbandonati. L'umana gelosia vuole distruggere l'oggetto dell'amore; la gelosia di Dio supera la punizione e alla fine ristabilisce la vita eterna.


    Quello che accadde tra Ebrei e Cristiani durante i passati 20 secoli è tragedia di umana gelosia che assunse l'aspetto di divina gelosia. Questo fervore geloso, che era troppo umano, assunse diversi aspetti a seconda che le parti in causa fossero Ebrei o Cristiani. [SM=g7831]

    1. La gelosia Cristiana nei confronti di Israele prese molto rapidamente la forma di una rivendicazione di una eredità: liberandosi semplicemente dell'altro che è così vicino eppure così diverso. La sostituzione di Giacobbe con Esaù - il figlio più giovane con il più vecchio - fu usata come giustificazione. Ma allora cosa dire di Giuseppe, che i suoi fratelli pretendono di assassinare? Essi volevano far sparire il più giovane così da trattenere per sé il privilegio dell'amore del proprio padre. E così chi si identifica in queste figure bibliche?

      Parecchie parabole di Gesù trattano dell'eredità e della sua appropriazione. Una di queste storie è particolarmente sinistra. È il caso dell'assassinio del diletto Figlio, il più grande ed unico, giacché il primogenito è per definizione l'unico. Questa parabola (Marco 12, 1-12) si riferisce all'omicidio di questo Figlio ad opera di coloro ai quali era stato chiesto soltanto di prendersi cura della vigna. Il punto è che loro vogliono impadronirsene. A chiunque ascolti questa storia oggi, il suo significato appare sorprendentemente ambivalente, in quanto può essere interpretato come premonitore dell'assassinio di Gesù o di Israele, l'unico Figlio.

      I pagani diventati Cristiani ebbero accesso alle Sacre Scritture ed alle celebrazioni ebraiche. Ma l'invidia, atteggiamento troppo umano, li indusse ad escludere ed estromettere gli Ebrei. Nei loro primi tentativi di evangelizzazione, gli apostoli Pietro e Paolo intesero dividere con i pagani la grazia ricevuta dalla gente ebraica. Con la celebrazione dell'adempimento delle promesse del Messia, i primi apostoli generosamente avevano concesso ai pagani di mantenere una diversa condizione (Atti 15, 5-35) insieme con gli Ebrei. Ma il numero e la potenza dei pagani ammessi alla Chiesa del Messia sconvolse l'ordine rovesciato di distribuzione della salvezza. Questo movimento mirava a privare l'esistenza giudaica dei suoi concreti, carnali e storici contenuti, arrivando a considerare la vita della Chiesa fino alla storia più recente, come il compimento ultimo della speranza e della vita ebrea. Così fu sviluppata la teoria della sostituzione.

      Quando si parla di Ebrei e non-Ebrei, Paolo ha affermato: "Non esistono Ebrei e Greci, schiavi e liberi, maschi e femmine" (Lettera ai Galati 3,28 - Cf. anche 1Corinzi 12,13). Egli non ignorava l'oneroso tempo storico e l'attesa. Ma in questa abbagliante prospettiva egli annunciava il compimento del disegno di Dio e l'assunzione di tutti alla gloria della benedizione. "Gli Ebrei" e "le Nazioni" sono categorie bibliche. E allora dove sono i Cristiani? L'antica eloquenza distingueva tra Cristiani Ebrei e Cristiani Gentili. Possiamo reperire tracce di ciò nel vecchio mosaico romano di S. Sabina (422-430 A.D.).

      Roma - S. Sabina 
      particolare mosaico V Sec.

      Si possono vedere due figure su entrambi i lati della consacrazione: sono anziane donne velate con in mano un libro e sotto, rispettivamente, questa didascalia: "Ecclesia ex circumcisione - la Chiesa della circoncisione" e "Ecclesia ex gentibus - la Chiesa dei gentili".

      La Chiesa della circoncisione sopravvisse come poté. Ma allorché Costantino garantì ai Cristiani una tolleranza che equivaleva ad un riconoscimento della cristianità nella vita dello stato ed il cristianesimo divenne la religione dell'Impero, gli Ebrei furono brutalmente respinti. Questa era una maniera semplicistica e brutale per negare alla redenzione il tempo e il travaglio del parto che essa richiede, tenendo conto del tempo necessario al suo completamento "un'ora o un giorno nessuno lo sa" (Matteo 24,36). La mitologia della sostituzione del popolo Cristiano al posto del popolo Ebreo favorì una segreta, inestinguibile invidia legittimando la captazione dell'eredità d'Israele, di cui possono essere offerti innumerevoli esempi
      [4]

      Questa rivalità tra fratelli costituì una particolare svolta nei rapporti tra Ebrei e Cristiani durante il Medioevo e persino in tempi moderni [5]. I dotti sapevano che le Sacre Scritture furono ricevute dagli ebrei, ed anche la Rivelazione e, persino in maniera più essenziale, la fonte di salvezza. Nell'antichità parecchi teologi cristiani appresero la lingua ebraica in modo da leggere la Bibbia nella sua lingua originale e raccogliere dai rabbini l'insegnamento delle tradizioni più antiche.

      Ma contemporaneamente, l'invidia aggiunse agli scontri con gli Ebrei, che non accettavano Gesù come Messia, ulteriori pregiudizi. Questa invidia indusse molti cristiani a partecipare a polemiche appassionate, che alla fine alimentarono l'anti-semitismo, preparando le sue sanguinarie, tragiche manifestazioni con le infami calunnie di assassini rituali come con parecchie altre orribili menzogne che hanno contraddistinto il nostro secolo, come "il protocollo dei savi di Sion" e la letteratura antisemita

    2. Si può dire che molti Ebrei ricambiarono e risposero con uguale ostilità. [6] Quei Cristiani erano solo gentili! Le loro rivendicazioni senza fondamento! Tutto quello che li riguardava e li sfiorava rientrava nella categoria dell'impurità. Comportamento sensato, a quel tempo e nella situazione di esilio in cui si trovavano, sarebbe stato di ignorarli e di rigettarli nello stesso vuoto spirituale degli altri pagani: perché, pensavano gli Ebrei, la cristianità più di ogni altra religione non-ebrea avrebbe diritto a qualche speciale considerazione?

      Tutto ciò che peculiarmente rappresentava la fede cristiana poteva solo essere compreso come foriero di violenza e morte, le cui vittime erano gli Ebrei. I relativi simboli non avrebbero potuto più significare in alcun modo misericordia, perdono o amore. Essi erano soltanto orribili disegni che era meglio non guardare, nemmeno degni di essere pensati o menzionati, in quanto presentimenti di morte e di suprema empietà!

      Tuttavia questo parallelismo circa gli atteggiamenti spirituali cristiani ed ebrei non potrebbe essere sviluppato oltre, poiché l'equilibrio politico era vistosamente impari. La reciprocità per ciò che attiene la mancanza di comprensione e disprezzo è eloquente. Ciò che è significativo sono le affinità e le contraddizioni che possono essere scorte nel rapporto sia degli Ebrei che dei Cristiani con la storia universale.



    3. del Cardinale Jean Marie Lustiger, Arcivescovo di Parigi

       

      Roma - S. Sabina -  Mosaico V Sec.
      Ecclesia ex circumcisione - Ecclesia ex gentibus

      Ebrei e Cristiani ieri - il Mosaico del V Secolo
      S. Sabina sull'Aventino - Roma

      Sopra l'ingresso della Basilica, nella navata centrale, si può ammirare il mosaico di dedica della Basilica, collocato in quel sito secondo l'uso antico. Esso costituisce un importante documento storico. Una larga fascia racchiude i sette versi dell'iscrizione a lettere d'oro su fondo azzurro; il testo dice:

      QUANDO CELESTINO AVEVA IL SOMMO GRADO DELLA DIGNITÀ APOSTOLICA E RIFULGEVA NEL MONDO INTERO COME IL PRIMO DEI VESCOVI QUESTA MERAVIGLIA È STATA CREATA DA UN PRETE DI ROMA ORIUNDO DI ILLIRIA PIETRO UOMO BEN DEGNO DI PORTARE TALE NOME PERCHÉ DALLA NASCITA NUTRITO NELL'AULA DI CRISTO RICCO PER I POVERI POVERO PER SE STESSO IL QUALE FUGGENDO I BENI DELLA VITA PRESENTE HA BEN MERITATO SPERARE DI RICEVERE LA VITA FUTURA

      Ai lati del mosaico, due figure femminili sono rappresentate quasi di fronte con movimento convergente verso il centro; sotto i loro piedi si legge a destra:"ECCLESIA EX GENTIBUS", a sinistra: "ECCLESIA EX CIRCUMCISIONE".

      La prima è vestita di sottoveste bianca, tunica purpurea ed ha il capo coperto di cuffia e velo purpureo attorcigliato intorno alle spalle e alle vita e tiene in mano un codice aperto nel gesto di chi parla. È il codice del Nuovo Testamento.

      La seconda è vestita di sottoveste bianca, di tunica purpurea, ma, a differenza della precedente, invece della cuffia, ha il capo coperto da un sottovelo bianco e da un velo purpureo. Anch'essa regge in mano un codice: è l'Antico Testamento.

      Nuovo e Antico Testamento non si oppongono, ma sono fonti dalle quali attinge l'unica Chiesa Cristiana di cui è pastore il Pontefice romano, come dimostrano e la posizione delle figure relativamente al testo e la preposizione grammaticale "EX".

      L'alta spiritualità del mosaico dedicatorio ne completa l'eccezionale valore storico.




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      PARIGI, venerdì, 12 settembre 2008 (ZENIT.org).- Essere antisemita equivale ad essere anticristiano. E' quanto ha detto Benedetto XVI in un discorso pronunciato  venerdì sera, presso la nunziatura apostolica di Parigi, di fronte ai rappresentanti della comunità ebraica.

      Il Papa ha scelto il giorno del suo arrivo in Francia per questo incontro di carattere privato per rispettare lo shabbat, la festa del riposo che viene osservata ogni settimana dagli ebrei.

      Nel suo discorso il Pontefice ha ripetuto “con forza” quanto già affermato da Papa Pio XI nel 1938: “Spiritualmente, noi siamo semiti”.


      *************************

      Questa visita del Papa e le sue parole hanno suscitato, a mio parere, reazioni fondamentaliste perchè ancora una volta si strumentalizzano certi interventi del Pontefice ognuno per tirare l'acqua al proprio mulino, ma nessuno che spiega MAI cosa significa per noi cattolici essere semiti....e la differenza che c'è fra l'antisemitesmo e l'antigiudaismo.....  Occhi al cielo

      Non confondiamo il nostro essere semiti PER LA FEDE COMUNE DI ABRAMO con l'ANTIGIUDAISMO scaturito dalle predicazioni degli Aposotli e dai Padri della Chiesa successivamente NON per perseguitare l'Ebreo, MA PROPRIO PER EVANGELIZZARE CHE IL MESSIA E' VENUTO.... Occhiolino

      Nel primo aspetto si è sviluppato l'ANTISEMISETISMO, ossia coloro che odiano proprio la fede di Abramo IN QUESTO DIO UNICO CHE SI E' RIVELATO e di conseguenza arrivano ad odiare TUTTI I FIGLI DI ABRAMO, SIA CARNALI(=EBREI) SIA SPIRITUALI(=NOI, I CRISTIANI-CATTOLICIun esempio per tutti è Voltaire che odiava sia i cristiani quanto gli Ebrei a causa della nostra fede in Dio, è stato un profondo ANTISEMITA,  ma pochi studiosi lo dicono.... Occhiolino

      altra cosa è il giudaismo e l'antigiudaismo, in questo caso Paolo perseguitava i cristiani...e perseguitava i giudei che si convertivano a Cristo....dopo la sua conversione è diventato ANTIGIUDAICO ossia SI E' CONVERTITO......ABBANDONANDO IL GIUDAISMO...essere antigiudaici, per i Padri della Chiesa significava proprio quell'abbandonare l'incredulità verso l'Incarnazione proprio perchè provenienti entrambi da quella fede comune nel Dio di Abramo che aveva annunciato l'arrivo di Cristo......

      La differenza è enorme, e quando si tratta di commentare certi interventi dei Pontefici si evita accuratamente di fare questa distinzione per molti insignificante, per noi invece, fondamentale e chiarificatrice....[SM=g7574]



       

      Qual'è il rapporto di ieri ma anche di oggi fra la Chiesa e l'Ebraismo?
      Possiamo due risposte....la prima la prendiamo da san Paolo dalla Lettera ai Romani:

       
      16 Ma non tutti hanno obbedito al vangelo. Lo dice Isaia: Signore, chi ha creduto alla nostra predicazione?
      17 La fede dipende dunque dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo.

       

      11,1 Io domando dunque: Dio avrebbe forse ripudiato il suo popolo? Impossibile! Anch'io infatti sono Israelita, della discendenza di Abramo, della tribù di Beniamino.
      2 Dio non ha ripudiato il suo popolo, che egli ha scelto fin da principio. O non sapete forse ciò che dice la Scrittura, nel passo in cui Elia ricorre a Dio contro Israele?
      3
      Signore, hanno ucciso i tuoi profeti,
      hanno rovesciato i tuoi altari
      e io sono rimasto solo e ora vogliono la mia vita
      .
      4 Cosa gli risponde però la voce divina?
      Mi sono riservato settemila uomini, quelli che non hanno piegato il ginocchio davanti a Baal.
      5 Così anche al presente c'è un resto, conforme a un'elezione per grazia.
      6 E se lo è per grazia, non lo è per le opere; altrimenti la grazia non sarebbe più grazia.


      7 Che dire dunque? Israele non ha ottenuto quello che cercava; lo hanno ottenuto invece gli eletti; gli altri sono stati induriti,
      8 come sta scritto:
      Dio ha dato loro uno spirito di torpore,
      occhi per non vedere e orecchi per non sentire,
      fino al giorno d'oggi
      .


       
      28 Quanto al vangelo, essi sono nemici, per vostro vantaggio; ma quanto alla elezione, sono amati, a causa dei padri, 29 perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! 30 Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia per la loro disobbedienza, 31 così anch'essi ora sono diventati disobbedienti in vista della misericordia usata verso di voi, perché anch'essi ottengano misericordia. 32 Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia!
      14 Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. 15 Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto. 16 Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non aspirate a cose troppo alte, piegatevi invece a quelle umili. Non fatevi un'idea troppo alta di voi stessi.

       
      **********************

       
      Le parole di san Paolo sono chiarissime.....necessitano di meditazione più che di spiegazioni.....[SM=g7574]
      e c'è anche un altra risposta......ossia il rapporto..... I RAPPORTI UMANI FRA NOI(=LA CHIESA) E IL POPOLO EBRAICO...... seguendo proprio le parole di san Paolo esso non può che essere fatte che di CARITA', BENEVOLENZA, PIETA' CRISTIANA (NON PIETISMO) ED EVANGELIZZAZIONE........
      Ma che cos’è l’ebraismo?
      ce lo facciamo dire dalle parole del Rabbino di Roma Toaff
      :
      «Il culto del sangue e del suolo», ossia un popolo che ha una comunanza etnica (l’elemento necessario ed essenziale), dalla quale deriva un modo di pensare e di vivere, ossia una filosofia che può essere religiosa o meno (l’elemento secondario e accidentale).
      Quest’opinione, che potrebbe sembrare un po’ razzista, è espressa invece dall’autorevole insegnamento di Elio Toaff rabbino capo (quando scriveva) di Roma: «Gli ebrei - domanda Alain Elkann - sono un popolo o una religione? Sono un popolo - risponde Toaff - che ha una religione» (26).
      Gli ebrei sono uniti non tanto dalla lingua e neppure dalla religione poiché «non tutti gli ebrei sono religiosi…, ma il legame esiste in quanto appartenenti al popolo ebraico» (27).

      Per quanto riguarda Cristo e il cristianesimo Toaff continua: «L’epoca messianica è proprio il contrario di quello che vuole il cristianesimo: noi vogliamo riportare Dio in terra, e non l’uomo in cielo. Noi non diamo il regno dei cieli agli uomini, ma vogliamo che Dio torni a regnare in terra (…) La speranza dell’ebraismo è di arrivare a questa grande religione universale, [tuttavia] la religione ebraica è per il popolo ebraico e ‘basta’» (28).

      La legge ebraica, secondo Toaff, «non parla mai dell’aldilà. (…) gli atti, le opere hanno maggior valore della fede (…) se non c’è la fede e l’individuo si comporta bene si salva ugualmente» (29).

      Note:
      26) A. Elkann-E. Toaff, «Essere ebreo», Milano, Bompiani, 1994, pagina 13.
      27) Ivi, pagina 14.
      28) Ivi, pagine 40 e 59.
      29) Ivi, pagine 86-88.

               
      Da queste parole appare chiaro che esistono DUE ASPETTI DIVERSI in questo rapporto fra i cristiani e gli ebrei..... uno l'ha descritto san Paolo e il Rabbino Toaff indirettamente lo conferma: essi non riconoscono proprio questo Messia.... e la stessa filosofia di vita (spirituale) che viviamo è decisamente diversa.... tuttavia, e questo è il secondo aspetto, è lo stesso san Paolo che ci dice quale tipo di rapporto avere gli uni con gli altri....
      Oggi vi è un pò di confusione..... e lo diceva lo stesso Ratzinger nell'omelia del 2000 sopra riportata:
      << Forse proprio a causa della drammaticità di quest'ultima tragedia (l'Olocausto), è nata una nuova visione della relazione fra Chiesa ed Israele, una sincera volontà di superare ogni tipo di antigiudaismo e di iniziare un dialogo costruttivo di conoscenza reciproca e di riconciliazione. Un tale dialogo, per essere fruttuoso, deve cominciare con una preghiera al nostro Dio perché doni prima di tutto a noi cristiani una maggiore stima ed amore verso questo popolo, gli israeliti, che "possiedono l'adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse, i patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen." (Rom 9, 4-5), e ciò non solo nel passato, ma anche presentemente "perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili" (Rom 11, 29).

      continua........
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 08/01/2009 18:49
    La conclusione che ci offre lo stesso san Paolo e che la stessa Chiesa insegna è dunque il seguente:
    il Popolo Ebraico è e resta nel Progetto di Dio il Popolo AMATO e scelto da Dio.... tuttavia attualmente UNA PARTE DI ESSO E' NEMICO AL VANGELO PERCHE' HA RIFIUTATO LA SALVEZZA(=il Cristo), ma questa contrarietà E' STATA POSTA DA DIO A NOSTRO VANTAGGIO perchè la misericordia che ci è stata usata Dio LA POSSA RIVERSARE ANCHE SU QUANTI NON HANNO CREDUTO a cominciare dal Suo Popolo........per questo, continua san Paolo e lo sottolinea Ratzinger, COMPITO NOSTRO è quello di avere con gli Enrei questo rapporto:
    14 Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. 15 Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto. 16 Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non aspirate a cose troppo alte, piegatevi invece a quelle umili. Non fatevi un'idea troppo alta di voi stessi.
    12 Quindi ciascuno di noi renderà conto a Dio di se stesso. 13 Cessiamo dunque di giudicarci gli uni gli altri; pensate invece a non esser causa di inciampo o di scandalo al fratello.
    22 La fede che possiedi, conservala per te stesso davanti a Dio. Beato chi non si condanna per ciò che egli approva. 23 Ma chi è nel dubbio, mangiando si condanna, perché non agisce per fede; tutto quello, infatti, che non viene dalla fede è peccato.

    15,1 Noi che siamo i forti abbiamo il dovere di sopportare l'infermità dei deboli, senza compiacere noi stessi. 2 Ciascuno di noi cerchi di compiacere il prossimo nel bene, per edificarlo. 3 Cristo infatti non cercò di piacere a se stesso, ma come sta scritto: gli insulti di coloro che ti insultano sono caduti sopra di me.

    4 Ora, tutto ciò che è stato scritto prima di noi, è stato scritto per nostra istruzione, perché in virtù della perseveranza e della consolazione che ci vengono dalle Scritture teniamo viva la nostra speranza. 5 E il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti ad esempio di Cristo Gesù, 6 perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo.

    19 La fama della vostra obbedienza è giunta dovunque; mentre quindi mi rallegro di voi, voglio che siate saggi nel bene e immuni dal male. 20 Il Dio della pace stritolerà ben presto satana sotto i vostri piedi. La grazia del Signor nostro Gesù Cristo sia con voi.

    Ma senza mai dimenticare che tale OBBEDIENZA E' VERA SOLO ALLA LUCE  di quanto dice qui, ai Galati:

    8 Orbene, se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema! 9 L'abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi predica un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema! 10 Infatti, è forse il favore degli uomini che intendo guadagnarmi, o non piuttosto quello di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se ancora io piacessi agli uomini, non sarei più servitore di Cristo!

    PREDICARE dunque....evangelizzare ma alla maniera apostolica, come ci insegna la Chiesa.....usando la carità, l'Amore, LA PAZIENZA, il Perdono, LA CROCE.....


    [SM=g1740722]
    Due antichi e poco conosciuti documenti sulla tolleranza (della Chiesa e del Papa) nei confronti delle convinzioni religiose di altri
    :[SM=g1740722]

    Alessandro II (1061-1073) - Lettera Licet ex (1065) al Principe Landolfo di Benevento
    Gregorio I Magno (590-604) - Lettera Qui sincera al vescovo Pascasia di Napoli (602)

    GREGORIO I MAGNO

    (3 Settembre 590 - 12 Marzo 604)

    Lettera "Qui sincera"
    al vescovo Pascasio di Napoli, nov. 602

    Testo originale latino
    .........................................................................


     


    De tolerantia persuasionis religiosae aliorum

    Qui sincera intenzione extraneos ad christianam religionem, ad fidem cupiunt rectam adducere, blandimentis debent, non asperitatibus, studere, ne quorum mentem reddita piana ratio poterat provocare, pellat procul adversitas. Nam quicumque aliter agunt et eos sub hoc velamine a consueta ritus sui volunt cultura sospendere, suas illi magis quam Dei probantur causas attendere. 

    Iudaei siquidem Neapolim habitantes questi Nobis sunt asserentes, quod quidam eos a quibusdam feriarum suarum solemnibus irrationabiliter nitantur arcere, ne illis sit licitum, festivitatum suarum solemnia colere, sicut eis nunc usque et parentibus eorum longis retro temporibus licuit observare vel colere. 

    Quod si ita se veritas habet, supervacuae rei videntur operam adhibere. Nam quid utilitatis est, quando, etsi contra longum usum fuerint vetiti, ad fidem illis et conversionem nihil proficit? Aut cur Iudaeis, qualiter caeremonias suas colere debeant, regulas ponimus, si per hoc eos lucrari non possumus? Agendum ergo est, ut ratione potius et mansuetudine provocati sequi nos velint, non fugere, ut eis ex eorum Codicibus ostendentes quae dicimus ad sinum matris Ecclesiae Deo possimus adiuvante convertire. 

    Itaque fraternitas tua eos monitis quidem, prout potuerit Deo adiuvante, ad convertendum accendat et de suis illos solemnitatibus inquietari denuo non permittat, sed omnes festivitates feriasque suas, sicut hactenus ... tenuerunt, liberam habeant observandi celebrandique licentiam.


    Traduzione

    Tolleranza dell'altrui convinzione religiosa 


    Coloro che con sincera intenzione desiderano portare alla retta fede quanti sono lontani dalla religione cristiana, debbono provvedere con (parole) attraenti, e non aspre, che un sentire ostile non allontani coloro la cui mente avrebbe potuto essere stimolata dall'adduzione di una chiara motivazione. Infatti chiunque agisca diversamente e li voglia con questo pretesto allontanare dal culto consueto del loro rito, dimostra di impegnarsi maggiormente per i propri interessi che per quelli di Dio. 

    Alcuni giudei appunto, che abitano a Napoli, si sono lamentati presso di Noi, asserendo che qualcuno si sforza irrazionalmente di impedire loro la celebrazione di alcune loro feste, che ad essi (cioè) non sia permesso di celebrare le loro feste come finora a loro e in tempo lontano addietro ai loro antenati era lecito osservare e celebrare. 


    Se la verità sta in questo modo, evidentemente prestano opera per una causa totalmente inutile. Infatti che cosa porta di utilità impedire un'antica usanza, se ciò a loro non giova nulla per la fede e la conversione? O perché stabilire per i giudei regole come debbano celebrare le loro festività, se con ciò non possiamo guadagnarli (alla fede)? Si deve perciò piuttosto agire in modo che, provocati dalla ragione e dalla mansuetudine, vogliano seguirci, non fuggire, affinché, mostrando loro dai loro Scritti ciò che noi affermiamo, li possiamo con l'aiuto di Dio convertire (portandoli) nel grembo della madre chiesa. 


    Perciò la tua fraternità, per quanto con l'aiuto di Dio potrà, li sproni con moniti alla conversione e non permetta che vengano di nuovo disturbati per via delle loro festività, ma abbiano la libera concessione di osservare e di celebrare tutte le loro ricorrenze e feste, come finora ... hanno fatto.

    ______________________________


    secondo documento:

    ALESSANDRO II
    (1° Ottobre 1061 - 21 Aprile 1073)

    Lettera "Licet ex"
    al principe Landolfo di Benevento, anno 1065


    In latino

    Licet ex devotionis studio non dubitamus procedere, quod nobilitas tua Iudaeos ad christianitatis cultum disponit adducere, tamen quia id inordinato videris studio agere, necessarium duximus, admonendo tibi litteras nostras dirigere.

    Dominus enim noster Iesus Christus nullum legitur ad sui servitium violenta coëgisse, sed humili exhortatione, riservata unicuique proprii arbitrii libertate, quoscumque ad vitam praedestinavit aeternam non iudicando, sed, proprium sanguinem fundendo ab errore revocasse. ...

    Item beatus Gregorius, ne eadem gens ad fidem vioientiâ trahatur, in quadam sua epistola interdicit."


    TRADUZIONE


    Quantunque noi non dubitiamo affatto che proceda dal fervore della pietà il tuo nobile proposito di condurre i giudei al culto della cristianità, tuttavia poiché sembra che tu lo faccia con disordinato fervore, abbiamo ritenuto necessario indirizzarti la nostra lettera a modo di ammonizione.

    Si legge, infatti, che il Signore nostro Gesù Cristo non ha ridotto con la violenza nessuno al suo servizio, ma con l'umile esortazione, avendo lasciato a ciascuno la libertà del proprio arbitrio, non giudicando ma effondendo il proprio sangue, ha distolto dall'errore tutti coloro che ha predestinato alla vita eterna. ...

    Così pure il beato Gregorio in una sua lettera proibisce che questo stesso popolo sia condotto alla fede con la violenza.

    ___________________

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    [Modificato da Caterina63 08/01/2009 18:52]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 15/01/2009 17:15

    Antisemitismo, davvero tutta colpa dei cattolici?

    di Franco Cardini


    Non c'è dubbio che il mondo dei cristiani abbia, nei confronti di quello degli ebrei, molte e gravi responsabilità. Ne abbiamo riflettuto tutti anche di recente, a proposito del cinquantenario della fine dell'incubo di Auschwitz. Certo, molti cattolici — e anche i vertici della stessa Chiesa — sapevano qualcosa della crudeltà del sistema concentrazionario.
     
    Forse perfino dello sterminio: e hanno taciuto. Perché molti cattolici erano filonazisti, perché c'era il rischio di attirare anche sulla Chiesa delle persecuzioni, perché era obiettivamente difficile esser creduti. Oggi sappiamo bene che, mentre quasi tutti i tedeschi ignoravano, i governi inglesi e statunitensi sapevano tutto: e hanno taciuto. Ma questo non scagiona i cattolici.


    Antica colpa, del resto, la loro. Certo, con l'antisemitismo — che è una dottrina del tutto "laica", con pretese di scientificità biologica — non c'entrano. C'entrano però con l'antigiudaismo, la giudeofobìa, l'antipatia storico-culturale nei confronti degli ebrei, le interdizioni antigiudaiche della legislazione medievale, i pogrom dei crociati del 1096, il crescere delle leggende contro gli ebrei (la profanazione dell'ostia, l'infanticidio rituale e via dicendo), la cacciata degli ebrei dalla Francia, dall'Inghilterra e dalla Spagna fra Tre e Quattrocento, la ferocia degli scritti antiebraici di Lutero, il mantenimento delle interdizioni antigiudaiche del Sette-Ottocento.


    Ma Patrizia Reinach Sabbadini, nella Lettera ai gentili, va oltre. Essa individua, alla base dei rapporti fra cristiani ed ebrei, un costante pregiudizio antigiudaico che sarebbe il fondamento storico-popolare su cui è cresciuto l'antisemitismo.


    Il che, a onor del vero, contrasta con l'evidenza storica: tanto che sono state storicamente le critiche "razionali" mosse agli ebrei dal Voltaire a essere riprese dagli antisemiti fra Otto e Novecento: e il Voltaire, nella sua critica contro l'irrazionalità di miti e di tradizioni religiose, accomunava ad esempio ebraismo e Chiesa cattolica. Strano che la Reinach Sabbadini ignori le accuse che da Lutero ai nazisti sono state mosse alla Chiesa cattolica, rea di essere "giudaizzante". Strano che eviti di contestualizzare storicamente l'antigiudaismo degli apologisti, motivato dalla necessità di ben distinguere tra cristiani ed ebrei (i quali fra I e IV secolo evidentemente si somigliavano troppo) e di evidenziare come i Padri della Chiesa e tutto l'Alto Medioevo siano invece tornati alla piena coscienza della continuità tra il Vecchio e il Nuovo Israele.


    Ora, non è senza interesse e senza divertimento che un cristiano può leggere il pamphlet anticristiano della Reinach Sabbadini. Ma lo si legge — diciamo la verità — anche con rammarico: ché, se un cristiano osasse scrivere sull'ebraismo tante e tali inesattezze quante essa ne scrive sul cristianesimo, si beccherebbe una pesante accusa di antisemitismo che lo condannerebbe forse per sempre alla morte civile.


    Del resto, le genericità dell'autrice non hanno per obiettivo il solo cristianesimo. Come si può ad esempio dire che al "paganesimo" mancarono sempre, "in campo morale, la sicurezza, la purezza, l'elevatezza e l'indipendenza"? A quale paganesimo si allude? Si ignorano forse stoicismo, scetticismo, neoplatonismo, orfismo, misteri eleusini, mithraismo?


    Peggio che andar di notte dinanzi alla protesta di Gesù di voler adempiere la legge ebraica (ma ciò polemicamente si definisce "pretesa di esserle superiore").

    Gesù calunnia o dimentica la legge?, si chiede l'autrice scandalizzata sì dall'idea che i cristiani potessero accusare gli ebrei di deicidio, ma del tutto disposta ad ammettere poi che Gesù fosse un millantatore e stupita che si possa pensare a Lui come al Salvatore. Che, in materia di etnocentrismo e d'incapacità di comprensione dell'Altro, è un bel punto fermo.


    La verità si potrebbe forse coglier in tutti i suoi aspetti rileggendo Il Vangelo del ghetto d'un intelligente studioso, il rabbino Riccardo di Segni. Le storie ebraiche sull'impostore Gesù, spesso magari divertenti, non meraviglieranno certo chi ben conosce le sofferenze che le comunità ebraiche dovevano sopportare da parte dei cristiani: ma davvero è da meravigliarsi che esse provocassero odio e indignazione?

    Quello fra ebrei e cristiani nell'ancien régime è stato un discorso fra sordi: non però tra sordi alla pari, ché questi avevano la società e il potere nelle mani e quelli no. Ma quando nella storia si danno un persecutore e un perseguitato, si può ben avere maggior comprensione per il secondo: non si può tuttavia sostenere ch'egli abbia sempre e comunque ragione.


    Ma l'ebraismo era concreta adesione alla realtà storica, continua la Reinach Sabbadini, laddove il cristianesimo fu utopìa della carità universale. Il fallimento del cristianesimo, essa commenta, è "l'impossibile amore universale"; non accettando di ammettere ch'esso è irraggiungibile, il cristianesimo ha dato la colpa del suo insuccesso all'ebraismo come "nemico religioso". E per questa via è pervenuto all'intolleranza.


    A questo si giunge attraverso il sistematico misconoscimento della storia e la programmatica negazione del fatto evidente che il cristianesimo, rampollato dall'ebraismo, ha nondimeno accolto altre sollecitazioni e altre tradizioni. Ancora una volta, il cristianesimo è solo imputato, l'ebraismo solo giudice.
    Si può dialogare, in queste condizioni?[SM=g1740729]


    convergo la vostra attenzione, per ulteriori approfondimenti, in questo Thread:
    Pregare per gli Ebrei è un dovere Cristiano

    [SM=g1740750] [SM=g7182] [SM=g1740720] [SM=g7182]

    Chi, invece, ha interesse a nscondere la VERITA'?[SM=g1740730]

    Lascio a voi ogni commento......questo testo è scritto da Lutero.......

    Martin Lutero

    Ammonimento ai Giudei

    (15 febbraio 1546)


    Dopo essere stato qui in questo periodo e aver predicato, ora devo rientrare a casa e forse non potrò più predicare, per cui voglio benedirvi e pregarvi di seguire con diligenza ciò che vi insegnano i vostri predicatori e pastori fedelmente sulla grazia di Dio: siate frequenti nella preghiera. Che Dio vi protegga da tutti i ‘sapienti’ e cavillosi che disprezzano l’insegnamento del Vangelo: è già molto il danno che essi hanno provocato e ne vorrebbero fare ancora.


    Per di più nella vostra regione avete ancora Giudei, che fanno gravi danni
    . Ora vogliamo comportarci con loro cristianamente e offrire la fede cristiana, perché vogliano accettare il Messia, che è pur sempre loro consanguineo: nato dalla loro carne, dal loro sangue e vera stirpe di Abramo, di cui si vantano, anche se io temo che il sangue giudeo sia ormai diventato acquoso e inquinato.

    Questo dovete offrire loro e cioè che si vogliano convertire al Messia e si facciano battezzare, dimostrando così la loro serietà: se non si comportano così non dobbiamo tollerarli. E' Cristo che ci ordina di farci battezzare e di credere in Lui. E se ora non riusciamo a credere con fermezza come dovremmo, Dio avrà tuttavia pazienza con noi.


    Ora invece con i Giudei accade che essi bestemmiano e oltraggiano ogni giorno il nostro Signore Gesù. Intanto lo fanno e noi sappiamo che non possiamo sopportare ciò. Infatti se tollero chi oltraggia, bestemmia e maledice il mio Signore Cristo, mi rendo partecipe di peccati altrui, mentre ne ho a sufficienza dei miei. Quindi, o miei Signori, non dovreste tollerarli, ma espellerli. Se però i Giudei si convertono, lasciano la loro usura e accettano Cristo, dobbiamo considerarli nostri fratelli.


    In altra maniera non andrà, poiché la fanno troppo grossa.

    Sono i nostri pubblici nemici, non la smettono di bestemmiare il nostro Signore Gesù Cristo, chiamano puttana la Vergine Maria e Cristo figlio di puttana e li chiamano mostri, bastardi. E se potessero ucciderci tutti, lo farebbero volentieri, anzi lo fanno spesso, specialmente quelli che si spacciano per medici – anche se ogni tanto aiutano – poiché alla fine il diavolo aiuta a mettere il sigillo. Così i Giudei conoscono anche la medicina che viene praticata nella terra di Roma; i Welschen, gl’italiani, sanno bene come si produce un veleno che fa morire in un’ora, un mese, un anno: l’arte la conoscono.


    Siate dunque decisi con loro, poiché non sanno fare altro che bestemmiare il nostro amato Signore Gesù Cristo in modo mostruoso e vogliono privarci del nostro corpo, della nostra vita, del nostro onore e dei nostri beni.

    Ciò nonostante vogliamo esprimere loro l’amore cristiano e pregare per loro, che si convertano, accettino il Signore, che dovrebbero onorare davanti a noi.

    Chi non vuole fare questo, è indubbiamente un malvagio giudeo,
    che non smetterà di bestemmiare Cristo, di approfittare di te e, dove può, di uccidere.


    Perciò vi prego di non essere partecipi di peccati altrui. Ne avete a sufficienza di pregare Dio, affinché sia benevolo con voi e vi guidi, così come pure io prego ogni giorno e mi sottometto alla protezione del Figlio di Dio. E lui che io considero e onoro come mio Signore, a Lui mi rivolgo e in Lui mi rifugio, mentre il diavolo, il peccato e altre sventure mi tentano. Poiché è Lui la mia protezione, come ci sono cielo e terra, e la mia chioccia, sotto la quale mi rifugio davanti all’ira di Dio. Perciò io non voglio avere più nulla in comune con i Giudei, sopportare coloro che bestemmiano e oltraggiano il nostro amato Redentore.


    Ho voluto dare alla fine questo ammonimento a voi come tedesco, perché non vi facciate partecipi di peccati altrui. Poiché io ho buone intenzioni e sono un bravo fedele, sia verso i Signori sia verso i sudditi. Se i Giudei vogliono convertirsi a noi e rinunciare alle loro bestemmie e a ciò che comunque hanno fatto, li perdoneremo: se però no, non li tollereremo né sopporteremo tra di noi.



    www.amiciziacristiana.it/ammonimentoaigiudei.doc -


    [SM=g7574] [SM=g7574] [SM=g7574] [SM=g7574] [SM=g7574] [SM=g7574]

    [Modificato da Caterina63 15/01/2009 18:03]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    00 28/03/2009 11:14
    ...vediamo se riesco a spiegare un pensiero che mi frulla nella testa da tempo.....e condividerlo con voi che in molte cose ne sapete più di me, abbiate solo pazienza di leggere fino in fondo... [SM=g1740733]

    è da un pò di tempo che cerco di spiegarmi l'atteggimento della Chiesa nei confronti di Israele, dell'Israele POLITICA attenzione...e cerco di capire non solo il Nostra Aetate (che riguarda per altro tutte le religioni), ma la nuova politica della Chiesa, perchè di questo si tratta: l'aver assunto una NUOVA POLITICA..
    Poi naturalmente mi sono organizzata nella ricerca storica del magistero del passato sulle questioni politiche, culurali e di convivenza con gli Ebrei da sempre all'interno di decisioni storiche prese dalla Chiesa....e, come ebbi modo di spiegare in un altro interento qui sulla differenza fra antisemitismo e giudaismo, inutile nascondere (non qui, intendo i Media che ne parlano) che l'atteggiamento della Chiesa nei confronti del popolo ebraico in quanto tale (non dunque a riguardo di una politica sionista) è sempre stata TOLLERANTE...mai vendicativa come invece le si attribuisce sulla questione del deicidio...e a darcene prova è proprio il famoso libro Pasque di Sangue (ve lo ricordate?) nel quale è l'autore stesso (figlio di Toaff Rabbino di Roma) che scagiona la Chiesa e i Pontefici dalle accuse di antisemitismo...anzi, dal libro emerge chiaramente una costante presa di posizione dei Pontefici IN DIFESA spesso di piccoli gruppi ebrei accusati, appunto, di praticare gli infanticidi....

    (riepilogo il materiale riportato qui sopra nel thread)

    Nel 1247, a Valreas, nuova accusa di omicidio rituale: gli ebrei si appellano al Papa Innocenzo IV che condanna la falsa accusa in termini precisi. Alle soglie del trecento nuove accuse di omicidio rituale nei confronti del quartiere ebraico di Barcellona: anche qui viene riconosciuta l'innocenza degli ebrei.
    Le bolle papali continuano a condannare la falsa credenza nell'omicidio rituale attribuito agli ebrei ma questo non impedisce, purtroppo, il diffondersi di questo - mito - e non impedisce le conseguenti sollevazioni popolari le quali portano spesso alla espulsione degli ebrei per motivi di ordine pubblico. Papi come Innocenzo IV, Gregorio IX, Gregorio X, Martino V e Niccolò V si opposero espressamente alla falsa credenza nell'omicidio rituale.

    tutto questo è riportato nel libro....

    La vera ragione per cui il libro venne ritirato è, a mio parere e dopo averlo letto ben due volte...non tanto perchè accusa un gruppo di ebrei di infanticidi o svela le bestemmie pronunciate nel Talmud...quanto perchè svela che la Chiesa non fu mai antisemita e che i Pontefici difendevano gli ebrei coinvolti proprio per evitare LA GENERALIZZAZIONE dei fatti e per evitare un accanimento dei cattolici contro di loro...

    Se leggiamo la storia di san Pio V vi è narrato un episodio davvero significativo...
    Antonio-Michele( Michele nome assunto da frate) Ghilsieri, quando era un frate (domenicano) aveva stretto amicizia con il rabbino di Roma, frate Michele, con la sua passione di predicatore aveva quasi convertito il rabbino il quale gli fece questa battuta che si rivelò poi una profezia: "Semmai ti facessero Papa, mi farò battezzare da te"....in verità il Rabbino lo disse prchè mai avrebbe pensato che l'amico frate sarebbe potuto diventare Papa, ma la Provvidenza che sa sempre meravigliare e stupire, chiama al soglio di Pietro proprio Michele Ghilsieri....
    Il rabbino di Roma si sentiva in debito...e Papa Pio V, un vero santo, gli spiega che NON DOVEVA sentirsi obbligato a convertirsi per una promessa fatta, ma che mediante quella promessa fatta doveva impegnarsi A CERCARE LA VERITA'....
    E così finì che il Rabbino di Roma si fece battezzare da san Pio V in san Pietro, davanti all'Urbe e il Papa gli fece come dono IL SUO COGNOME...cioè, poichè il Rabbino non aveva un cognome, il Papa gli donò il suo...


    Se poi andiamo a studiare come nasce il ghetto di Roma.... anche qui la verità dei fatti fa comprendere che esso non fu una imposizione dei Pontefici per PUNIRE O MALTRATTARE gli ebrei, al contrario....furono gli Ebrei A CHIEDERE AL PAPA di poter avere una sorta di privacy, si direbbe oggi, nel cuore di Roma perchè gli ebrei NON potessero contaminarsi con i cristiani...

    Precetti del Talmud circa i cristiani
    art II: I cristiani sono da evitare perché immondi

    l'unico modo dnque, per gli ebrei, per NON contaminarsi con noi nell'Urbe era inevitabilmene quello di crearsi un ghetto....

    Le continue tensioni fra le popolazioni e gli ebrei portano alle espulsioni: in molti casi, a partire dal 1400, in Spagna e poi in Germania e a Venezia nel 1516, le espulsioni vengono così sostituite con il ghetto. Il ghetto è un quartiere riservato agli ebrei dove sono obbligati ad abitare e dove i cancelli vengono chiusi dopo il tramonto. I cancelli o le mura del ghetto rappresentano, per gli ebrei, anche una protezione della loro identità:
    chiudono il quartiere alle pressioni, agli influssi e alle suggestioni del mondo esterno.

    L'istituzione del ghetto fu vista dagli ebrei anche come una
    difesa della loro autonomia e della loro identità. A Mantova e a Verona, per esempio, l'anniversario della creazione del ghetto era celebrato dagli ebrei con feste e preghiere di ringraziamento
    .

    Nel 1215, per evitare illeciti contatti sessuali tra ebrei e cristiani, viene introdotto in accordo con i Rabbini, il segno distintivo per gli ebrei: provvedimento di origine mussulmana. Tale provvedimento fu largamente disatteso in Europa e applicato soprattutto in Francia e in Inghilterra.

    E potremo continuare....e solo per dimostrare l'atteggiamento BENEVOLO e costante della Chiesa verso il popolo ebreo in quanto tale....

    Ma...da dopo il Concilio, ancor peggio che nell'800 e ancor prima nel '700... si amplificano nei cattolici i famosi SENSI DI COLPA.... verso il popolo ebreo giudicando la Chiesa di antisemitismo, di nefandezze contro di loro, di persecuzioni....

    Sensi di colpa generati non soltanto dall'ignoranza storica e dei fatti...ma anche dal famoso "Mea Culpa" di Giovanni Paolo II per il quale lo stesso Ratzinger, sentitosi a disagio, dovette fare un documento di accompagnamento che ne spiegasse le ragioni e specificando che tale Mea culpa NON riguardava IL MAGISTERO della Chiesa, ma bensì "alcuni atteggiamenti persecutori di cristiani che agirono nella Chiesa in discordanza con il magistero..."


    Inoltre, tale Mea culpa, non riguardava solamente i cattolici, ma TUTTI i cristiani anche non cattolici) in varie epoche storiche che nel Nome di Cristo ne approfittarono per seminare paure ed imporre eventuali conversioni....

    Un autentico ebreo errante, Salomon ibn Varga, che scrisse la prima opera di storia ebraica dai tempi di Giuseppe Flavio, stampata per la prima volta in Turchia nel 1554, dice che nessun uomo di buon senso odia gli ebrei ad eccezione del volgo: «per questo c'è una ragione: l'ebreo è arrogante e cerca sempre di dominare [...]» (Cfr. Rino Cammilleri, Storia dell'Inquisizione, Newton, Roma 1997, p.51.).

    Lo storico Paul Johnson dice che gli ebrei agirono da - lievito - nei movimenti che cercavano di distruggere il monopolio della Chiesa: il movimento albigese e quello hussita, il Rinascimento e la Riforma. Egli dice che essi furono intellettualmente sovversivi (p.37). Non dimentichiamo che anche per i Protestanti di Lutero e di Calvino, l'accanimento contro gli ebrei era decisamente più violento e marcato..

    Il prestito a interesse (l'usura), esercitato dagli ebrei e vietato in quel tempo ai cristiani, era un motivo di continua tensione con le popolazioni. Successive bolle papali stabilirono che l'interesse non doveva superare il 20 %: il che non era poco. In una economia essenzialmente agricola bastavano due annate cattive per mettere interi villaggi alla mercé dei prestatori di denaro.

    Il prestito resta un'attività tipica degli ebrei. Secondo alcuni storici il
    divieto di possedere terreni avrebbe indotto gli ebrei a questo rapporto
    privilegiato con il denaro. La storica Anna Foa fa notare che l'allontanamento dalla terra fu imposto agli ebrei solo alla fine del medioevo e riguardava soltanto la proprietà del latifondo, non il possesso
    di piccoli appezzamenti di terreno.
    Il divieto del latifondo era volto ad
    impedire agli ebrei di possedere schiavi cristiani perché la coltivazione del latifondo prevedeva l'utilizzazione del lavoro servile
    .

    Ma i cattolici, dopo il Concilio....si sentono in colpa, di che cosa e per cosa non è ben chiaro neppure a loro che parlano senza conoscere la storia o parlano per sentito dire, esprimendo continui giudizi di sorta contro una Chiesa DEL PASSATO (ecco la rottura vera, altro che Liturgia e Messe, queste furono solo l'apice) da dimenticare, da cancllare appunto con un "Mea Culpa"....

    Nel 1236 l'ebreo convertito Nicholas Donin indirizza a Papa Gregorio IX un memoriale contro il Talmud per quelle parti in cui esso contiene insulti e bestemmie contro Cristo, e dove la Vergine Maria è descritta come una prostituta che attraverso un incontro occasionale con un soldato romano avrebbe concepito il tal Gesù detto poi il Cristo.
    (particolare descritto in Pasque di Sangue)

    Il Papa, allora, impartiva l'ordine di confiscare i libri e di sottoporli ad esame: la confisca fu eseguita solo in Francia.
    L'intervento
    non era orientato alla soppressione del libro ma alla censura,
    cioè alla eliminazione delle parti considerate blasfeme
    . Papa Innocenzo IV, invocato dagli ebrei, interveniva successivamente e scriveva a Luigi IX:
    «poiché i maestri ebrei del tuo regno ci hanno esposto [...] che senza quel libro che in ebraico chiamano Talmud, non possono comprendere la Bibbia e le altre ordinanze della loro legge secondo la loro fede, noi che secondo il mandato divino siamo tenuti a tollerare che essi osservino questa loro legge, abbiamo ritenuto giusto rispondere loro che [...] non vogliamo privarli ingiustamente dei loro libri» (Cfr. Anna Foa, Ebrei in Europa dalla peste nera all'emancipazione, Laterza, Bari 1999, p.31.).

    Gli ebrei concorrono direttamente alla costruzione delle strutture amministrative e finanziarie dello stato Spagnolo ricoprendo un ruolo che non ha paralleli negli altri stati moderni. Fino al XII secolo sono proprietari di terre e produttori di vino ma il prestito è l'attività fondamentale ed è anche quella che crea maggiore attrito con il mondo circostante.

    Le comunità ebraiche aragonesi e castigliane godono di piena autonomia giudiziaria: hanno il diritto di esercitare pieni poteri giudiziari sia in materia civile che in materia criminale.

    Nel 1391, con la morte improvvisa di Giovanni I di Castiglia, a Siviglia scoppiano tumulti popolari contro gli ebrei che si estendono a tutta la Castiglia e alla Catalogna. Le alte gerarchie ecclesiastiche e le autorità civili hanno una posizione di dura condanna e tentano di fermare le violenze popolari ma non riescono a mantenere l'ordine pubblico.

    L'inquisizione viene affidata ad ebrei convertiti come Tomàs de Torquemada e il suo successore Diego Deza

    Molti responsabili delle violenze agli ebrei vengono arrestati e condannati
    all'impiccagione ma il popolo insorge liberando i prigionieri e attaccando le case dei patrizi. Scrive Anna Foa che gli eventi del 1391 sono stati interpretati come l'espressione di «[...] una crisi essenzialmente sociale ed economica, una lotta delle classi popolari contro quelle privilegiate [...]. In sostanza, quella del 1391 sarebbe stata una delle numerose crisi rivoluzionarie - dal tumulto fiorentino dei Ciompi ai moti dei lollardi in Inghilterra - che nella seconda metà del trecento agitarono l'intera Europa»
    (Anna Foa, op. cit., p. 94).

    Questa situazione di guerra civile metteva in crisi un regno giovane come quello della Spagna dove su un totale di appena 6 milioni di abitanti c'erano almeno centomila ebrei e oltre trecentomila mussulmani: nessun altro paese aveva minoranze così consistenti.

    Abbahu è un rabbino vissuto a Cesarea nel III secolo. Il testo riporta in chiave polemica affermazioni sulla identità di Gesù.

    Un terzo brano ci fa intravedere una discussione sulla interpretazione della Torah:
    Rabbi Eliezer disse: una volta camminavo al mercato superiore di Sefforis e incontrai uno dei discepoli di Gesù il Nazareno (Ješu han-nôsrî), chiamato Giacobbe del villaggio di Sekhanja. Egli mi disse: “Nella vostra Torah è scritto: “Non porterai il denaro di una prostituta nella casa del Signore” (Dt 23,19). Com'è? Non si può con esso costruire un cesso per il sommo sacerdote?”. Io non gli risposi. Ed egli mi disse: “Così mi ha insegnato Gesù il Nazareno: “Fu raccolto a prezzo di prostitute e in prezzo di prostitute tornerà” (Mi 1,7); da un luogo di sozzura è venuto e in un luogo di sozzura andrà”. La parola mi piacque; perciò io fui arrestato a motivo di eresia (minut) (Talmud B abilonese Ab. Zarâ 16b).

    R. Eliezer ben Hyrkanos, maestro del famoso R. Aqiba, è scomunicato per un certo tempo dalla sinagoga, perché apprezza una interpretazione troppo libera della Torah data da un cristiano a Sefforis, vicino Nazareth.

    L'apologeta cristiano Giustino, alla metà del II secolo, nel "Dialogo con il giudeo Trifone" ci conferma quanto segue:
    "Voi nelle vostre sinagoghe maledite coloro che si son fatti cristiani" (Dial. 96 e 107).


    Furono gli Ebrei, in verità, a "scomunicare" i Cristiani..e pochi guardano la storia sotto questa prospettiva...


    ma i cattolici si sentono in colpa e vivono SENSI DI COLPA....

    Un accenno piccolo per la questione del deicidio....

    Scrive il Catechismo di Trento(1546): " In Gesù Cristo Nostro Signore si verificò questo di speciale: che morì quando volle morire e sostenne una morte non già provocata dalla violenza altrui, ma una morte volontaria, di cui aveva egli stesso fissato il luogo e il tempo. Aveva scritto infatti Isaia: è stato sacrificato perché lo ha voluto ( Isa LIII,7 ). E il Signore stesso disse di sé prima della passione: Io do la mia vita per riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie; ma io la do da me stesso e sono padrone di darla, e padrone di riprenderla ( Giov., X, 17,18 ).(...)

    Chi indaghi la ragione per la quale il Figlio di Dio affrontò la più acerba delle passioni, troverà che, oltre la colpa ereditaria dei progenitori,
    essa deve riscontrarsi principalmente nei peccati commessi dagli uomini dall'origine del mondo sino ad oggi, e negli altri che saranno
    commessi fino alla fine del mondo
    . Soffrendo e morendo, il Figlio di Dio
    nostro salvatore mirò appunto a redimere ed annullare le colpe di tutte le età, dando al Padre soddisfazione cumulativa e copiosa. Per meglio valutarne l'importanza, si rifletta che non solamente Gesù Cristo soffrì per i peccatori, ma che in realtà i peccatori furono cagione e ministri di tutte le pene subìte. Scrivendo agli Ebrei, l'Apostolo ci ammonisce precisamente:
    pensate a Colui che tollerò tanta ostilità dai peccatori, e l'animo vostro
    non si abbatterà nello scoraggiamento. ( Ebr.XII,3 ).

    In tal senso, come spiegato dal Concilio di Trento, va inteso il passo dell'accusa di deicidio che riscontriamo in Atti 2....inoltre la frase STRUMENTALIZZATA, con la quale Pietro nell'accusare di DEICIDIO coloro che furono coinvolti MATERIALMENTE con la passione e crocifissione, passa AL PERDONO, ossia, rammenta ad essi che ciò che hanno fatto è diventato UN DONO, IL DONO DELL'AMORE DI DIO ed ha aperto gli occhi all'Uomo che si riconosce peccatore....di conseguenza chiunque NON si riconosce peccatore è doppiamente responsabile moralmente del deicidio....

    e per concludere, un accenno brevissimo sul termine PERFIDI....

    Pochi sanno che Pio XII è stato il primo Papa, dopo più di dieci secoli, ad inserire nella liturgia dei miglioramenti in favore degli Ebrei. E che lo hafatto anche su esplicita richiesta di Eugenio Zolli: che fu Rabbino di Roma che poi si convertì al Cristo (storia riportata in un libro dallo stesso Zolli e vietato nell'ambiente ebraico).

    Fin dal pontificato di Gregorio Magno, nella celebrazione del Venerdì Santo si faceva riferimento ai perfidi Judaei [in corsivo nel testo] e alla perfidia Judaica [idem]. Come tutti i filologi sanno, il termine perfidi in latino ha soltanto il significato di miscredenti, riferito a coloro che non vogliono accettare la fede cristiana. Nessuno ha mai detto "perfido" ad un giudeo, nel termine che si traduce oggi.

    Gli dicevano "perfidus", cioè "che non crede" nella seconda Persona della Santissima Trinità. Infatti i giudei non credono nella seconda Persona della Santissima Trinità. Ma con l'introduzione dei messalini in lingua volgare e le traduzioni, quel perfidi [idem] latinosi era trasformato nell'inglese perfidious [idem], nel francese perfide[idem], nel tedesco
    treulos [idem], nell'olandese trouweloos [idem],nell'italiano perfidi [idem].


    Da una constatazione si era cioè passati a una condanna morale. Zolli chiese a Pio XII di cancellare l'espressione. Il Papa rispose che il significato della parola latina non conteneva un giudizio morale, ma soltanto la constatazione che i giudei rifiutano la fede cristiana ed erano dunque infedeli [idem]. Ma fece fare una precisazione sull'argomento dalla Sacra Congregazione dei Riti, pubblicata il 10 giugno 1948. Dunque i perfidi Judaei [idem] erano soltanto i giudei infedeli e non perfidi [idem].

    L'espressione sarà definitivamente abolita da GiovanniXXIII. Oggi nella
    liturgia del Venerdì Santo i cristiani pregano soltanto"per gli Ebrei", senza l'aggiunta di aggettivi".

    Il resto lo spiega chiaramente san Paolo ai Romani....

    Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento” (Mt 5,17).

    Romani 11,25-33

    25 Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, questo mistero, perché non siate presuntuosi: l'indurimento di una parte di Israele è in atto fino a che saranno entrate tutte le genti.
    26 Allora tutto Israele sarà salvato come sta scritto:
    Da Sion uscirà il liberatore,
    egli toglierà le empietà da Giacobbe.
    27 Sarà questa la mia alleanza con loro
    quando distruggerò i loro peccati.
    28 Quanto al vangelo, essi sono nemici, per vostro vantaggio; ma quanto alla elezione, sono amati, a causa dei padri,
    29 perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!

    30 Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia per la loro disobbedienza,
    31 così anch'essi ora sono diventati disobbedienti in vista della misericordia usata verso di voi, perché anch'essi ottengano misericordia.
    32 Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia!
    33 O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!

    Dunque gli Ebrei sono amati da Dio quanto alla elezione a causa dei padri, ma essi SONO NEMICI DEL VANGELO per notro vantaggio...

    Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!

    Ora veniamo ai giorni nostri.....[SM=g1740733]

    Dico subito che ci sono rimasta malissimo quando il Papa Benedetto XVI ha scritto nella Lettera ai Vescovi che gli Ebrei l'avrebbero DIFESO dopo l'implosione (notare, implosione e non esplosione) del caso Williamson...
    Il Papa stesso appare contraddirsi poichè da una parte riconosce come "suo errore" l'aver sottovalutato internet quale strumento immediato per le notizie, dall'altra parte però ignora che proprio in internet abbiamo avuto subito le notizie di una alzata di scudi contro il Papa proprio dagli Ebrei i quali dovendo incontrarsi con lui a fine gennaio, DISERTARONO perfino l'incontro spostandolo a "momento migliore"....

    Studiando approfonditamente l'atteggiamento (attraverso i suoi scritti specialmente "La Chiesa, Israele e le religioni del mondo" un libro che non si capisce perchè la san Paolo non pubblica più...sic!) di Benedetto XVI fin da quando era vescovo, si percepisce in lui una persona davvero straordinaria ed equilibrata...ciò che in apparenza può sembrare a primo impatto una sorta di compromesso, in verità si sta rivelando un gioco di EQUILIBRIO causato e generato DALL'APOSTASIA DELL'EUROPA nei confronti del cristianesimo e di Dio stesso e dall'apostasia di non pochi cattolici...

    Cosa voglio dire con questo?

    A me sembra sempre più verosimile che la Chiesa sia stata costretta in qualche modo a modificare la propria POLITICA (parliamo di politica della Chiesa poichè come abbimo dimostrato il Magistero in sè e l'atteggiamento di tutti i Pontefici, non è mai cambiato a favore di un rapporto di rispetto verso gli Ebrei) nei confronti del giudaismo POLITICO per diversi motivi e aspetti che "prima" non c'erano...e dunque anche a causa della grave apostasia verificatasi nel mondo e all'interno stesso della Chiesa...

    Nel Natale 2000 Ratzinger in una omelia ne spiega un piccolo aspetto che è quello legato alla Shoah....non spetta a me fare lo storico per sentenziare sui numeri, su quanti forni c'erano o non c'erano... a me basta conoscere la storia di san Massimiliano Kolbe, della Edith Stein...per comprendere molto più semplicemente che cosa sia accaduto, il dramma che molti hanno vissuto e fermarmi per questo davanti al Crocefisso...

    Disse così Ratzinger in questa predica:

    Forse proprio a causa della drammaticità di quest'ultima tragedia, è nata una nuova visione della relazione fra Chiesa ed Israele, una sincera volontà di superare ogni tipo di antigiudaismo e di iniziare un dialogo costruttivo di conoscenza reciproca e di riconciliazione. Un tale dialogo, per essere fruttuoso, deve cominciare con una preghiera al nostro Dio perché doni prima di tutto a noi cristiani una maggiore stima ed amore verso questo popolo, gli israeliti, che "possiedono l'adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse, i patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen." (Rom 9, 4-5), e ciò non solo nel passato, ma anche presentemente "perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili" (Rom 11, 29).


    ....dunque: "Forse proprio a causa ", c'è una causa che ha costetto la Chiesa ad un giro di boa...tale giro di boa, intesa appunto per quel che riferisce, ossia che gli atleti tornano "indietro"...potrebbe essere a mio parere una scelta indispensabile per la Chiesa, anche se al momento non tutto riusciamo a compendere di quanto sta avvenendo, sta di fatto comunque la si pensi, che tale giro di boa sta riportando il Pontefice stesso ad un atteggiamento UGUALE ASSUNTO DAI SUOI PREDECESSORI durante i periodi di forte crisi storiche dove al centro delle discussioni c'erano gli Ebrei...ma con una differenza... ossia, la falsa opinione PASTORALE secondo la quale non sarebbe più necessario predicare Cristo agli Ebrei... qui sta a mio parere il nodo del problema....
    Non può esistere un dialogo costruttivo con nessuno se al centro del dialogo non si pone IL CRISTO.....

    Papa Giovanni XXIII, ben disse inaugurando il Concilio: «ut iterum magisterium ecclesiasticum . . . affirmaretur»; «fu nostro proposito, così si esprimeva, nell’indire questa grandissima assemblea, di riaffermare il magistero ecclesiastico» (A.A.S. 1962, p. 786). «Ciò che più importa al Concilio ecumenico, Egli continuava, è questo: che il sacro deposito della dottrina cristiana sia più efficacemente custodito ed esposto» (ibid. p. 790).

    Appare evidente che i conti non tornano!

    Nello spiegare il "Mea Culpa" del suo Predecessore, così spiegava Ratzinger, da poco eletto Pontefice, ai sacerdoti nel suo viaggio in Polonia:
    «Crediamo che la Chiesa è santa ma in essa vi sono uomini peccatori. Bisogna respingere il desiderio di identificarsi soltanto con coloro che sono senza peccato. Come avrebbe potuto la Chiesa escludere dalle sue file i peccatori? È per la loro salvezza che Gesù si è incarnato, è morto ed è risorto». (..)
    «Occorre perciò imparare a vivere con sincerità la penitenza cristiana. Praticandola, confessiamo i peccati individuali in unione con gli altri, davanti a loro e a Dio. Conviene tuttavia guardarsi – ha aggiunto – dalla pretesa di impancarsi con arroganza a giudici delle generazioni precedenti, vissute in altri tempi e in altre circostanze. Occorre umile sincerità per non negare i peccati del passato, e tuttavia non indulgere a facili accuse in assenza di prove reali o ignorando le differenti pre-comprensioni di allora». Non ci si può ergere a giudici severi del passato adottando le categorie del presente per condannare senza appello chi ci ha preceduto. «Inoltre – ha concluso – chiedendo perdono del male commesso nel passato dobbiamo anche ricordare il bene compiuto con l’aiuto della grazia divina che, pur depositata in vasi di creta, ha portato frutti spesso eccellenti».

    L'insegnamento di Ratzinger non è cambiato...
    dal libro del card. J. Ratzinger
    “La Chiesa, Israele e le religioni del mondo” edito dalla san Paolo ed. del 2000 E NON PIU' IN COMMERCIO (chissà perchè)

    (cap. IV Il dialogo delle religioni e il rapporto tra Ebrei e Cristiani, paragrafo 7 “Tesi conclusive” )
    (…)leggiamo:

    "Ebbene, diciamolo subito francamente: chi volesse puntare all’unificazione delle religioni come risultato del dialogo interreligioso, può restarne deluso. Nelle nostre circostanze storiche una cosa simile è difficilmente possibile e forse non è nemmeno auspicabile.
    E allora? Desidero fare tre osservazioni.

    Nessuna rinuncia della verità[SM=g1740730]

    La prima:
    l’incontro tra le religioni non può avvenire nella rinuncia alla verità, ma è possibile solo mediante il suo approfondimento. Lo scetticismo non unisce. E nemmeno il puro pragmatismo unisce. Ambedue le posizioni non fanno che aprire la porta alle ideologie che, poi, si presentano in maniera ancora più sicura di sé.
    La rinuncia alla verità e alla convinzione non innalza l’uomo, ma lo consegna al calcolo utile, privandolo della sua grandezza.
    Vanno incoraggiati invece il rispetto profondo per la fede dell’altro e la disponibilità a cercare in ciò che incontriamo come estraneo, la verità che ci può concernere e può correggerci e farci progredire.
    Va incoraggiata la disponibilità a cercare, dietro alle manifestazioni che ci possono sembrare strane, il significato più profondo che si cela in esse.
    Va inoltre incoraggiata la disponibilità ad abbandonare la restrittezza del nostro modo di intendere la verità, così da comprendere meglio ciò che ci appartiene, imparando a capire l’altro e lasciandoci così guidare sulla strada del Dio più grande – nella convinzione di non possedere pienamente la verità su Dio e di essere sempre dinanzi a essa persone che imparano, pellegrini alla sua ricerca, su una strada che mai avrà fine.

    Seconda osservazione:
    se le cose stanno così, se bisogna cioè cercare sempre il positivo anche nell’altro e se, quindi, anche l’altro deve diventare per me un aiuto sulla strada verso la verità, non può e non deve mancare però l’elemento critico.
    La religione custodisce la preziosa perla della verità, ma al tempo stesso la occulta ed è sempre esposta al rischio di perdere la propria natura.
    La religione può ammalarsi e divenire un fenomeno distruttivo.
    Essa può e deve portare alla verità, ma può anche allontanare l’uomo da essa.
    La critica della religione presente nell’Antico Testamento oggi non ha affatto perso la sua fondatezza. Può risultare relativamente facile porsi in un atteggiamento critico nei confronti di un'altra religione, ma dobbiamo anche essere pronti ad accogliere critiche rivolte a noi stessi, alla nostra stessa religione.
    La fede senza la religione è irreale, essa implica la religione. Ma anche fra i cristiani la religione può corrompersi e trasformarsi in superstizione, cioè, che la religione concreta, in cui la fede viene vissuta, deve essere continuamente purificata a partire dalla verità che si manifesta nella fede e che, d’altra parte, nel dialogo fa nuovamente riconoscere il proprio mistero e la propria infinitezza.

    ...e infine
    Terza osservazione:
    significa questo che la missione deve venir meno ed essere sostituita dal dialogo, in cui ciò che conta non è la verità ma l’aiutarsi reciprocamente a diventare migliori cristiani, ebrei, musulmani, induisti o buddhisti?
    Rispondo di no![SM=g1740722]
    Questa sarebbe infatti la completa assenza di convinzioni, in cui – con il pretesto di convalidare ciò che ciascuno ha di meglio – non prenderemmo sul serio né noi né gli altri e rinunceremmo definitivamente alla verità.
    La risposta mi sembra piuttosto che missione e dialogo non devono più essere forme contrapposte, ma compenetrarsi reciprocamente.
    Il dialogo non è un intrattenimento senza scopo, ma ha di mira la persuasione, la scoperta della verità, altrimenti è senza valore. Dall’altro canto la missione in futuro non può più essere compiuta come se si comunicasse con un soggetto fino a quel momento privo di qualunque conoscenza di Dio, a cui deve credere.
    All’altro non si dice qualcosa di completamente ignoto (lo tesso nostro Dio non è un Dio "ignoto"), ma si dischiude la profondità nascosta di ciò che egli ha già sperimentato in qualche modo nella sua fede.
    Questa è certamente un’eventualità reale e lo sarà forse sempre di più in un mondo che in molte parti sta diventando ateo".


    *******************************

    ecco...come spiegavo parlando di CAUSA trovo in questa espressione di Ratzinger una conferma:
    "un’eventualità reale e lo sarà forse sempre di più in un mondo che in molte parti sta diventando ateo"

    è l'ateismo, e nella Chiesa l'apostasia, la causa principale per cui Essa ha adottato dei "modi diversi" per rapportarsi con l'altro....ebreo o musulmano che sia, il problema di oggi, legato a questo mometo storico è l'apostasia per molti cattolici e l'ateismo dell'Occidente...è una urgenza storica...E' UN MOMENTO STORICO...
    Il tutto infatti, è comprensibile alla luce della Riforma nella Riforma che Benedetto XVI sta compiendo nella Chiesa a sottolineare appunto una urgenza per frenare questa emorragia causata dalla mancanza di SANGUE=EUCARESTIA=SACRO=SACRAMENTI....

    Vorrei concludere questa esposizione con alcuni pensieri di Cheserton spiegati dal cardinale G. Biffi...[SM=g1740733]

    dice Chesterton, anzi profetizzava: < La Chiesa aveva ragione nel rifiutare anche le eccezioni, e le eccezioni sono diventate una regola…..>
    Per Chesterton vi è una certezza…che la conseguenza più deleteria della scristianizzazione dell’Europa non è stato a causa dello smarrimento etico seppur esso gravissimo, ma è stato LO SMARRIMENTO DELLA RAGIONE: < Il mondo moderno – dice - ha subito un tracollo mentale, molto più consistente di quello morale….>
    Bè possiamo dire effettivamente che subendo un tracollo mentale e venendo meno la ragione, il tracollo etico e morale ne sono una conseguenza….


    In tal senso, spiega Chesterton, il cristiano spesso ha sostituito la speranza evangelica con un ansioso ottimismo mondano: < Non vuol più accettare la dottrina cattolica che la vita umana è una battaglia; VUOLE SOLO SENTIRSI DIRE….CHE E’ UNA VITTORIA! >.
    O almeno, spiega il card. Biffi, vuole persuadersi, il cristiano e cattolico, che tra la verità e l’errore, tra il bene e il male, tra Cristo e Belial è come se si fosse firmato un armistizio!!! Nulla di più è, naturalmente, falso!


    Un altro aspetto che il card. Biffi analizza attraverso i pensieri di Chesterton è l’Ortodossia ed eterodossia… In nome dell’irenismo, specifica il card. Biffi, E’ DIFFICILE DIVENTARE ERETICI ed è straordinariamente paradossale che anzi, oggi, praticamente non ci siano più eretici e questo perché va sbiadendosi il confine tra l’ortodossia e l’eterodossia e, incomprensibile è che oggi nessuna asserzione è più condannabile, di conseguenza viviamo nel paradosso che pur vivendo in una epoca culturalmente eretica, l’eretico non esiste più….

    Ma per Chesterton l’ortodossia è l’unica garanzia per la nostra salvezza! Essa è inconfondibile, è l’unico magistero affidabile dando, invece, all’eresia, una visione positiva, per lui le eresie “sembrano persino corrispondere alla verità e talvolta sono vere, ma nel senso limitato in cui una verità non è la Verità !” L’eresia, afferma a ragione Chesterton, è quella verità che trascura tutte le altre verità che conducono in sostanza alla vera ed unica Verità!

    E’ per questo che Chesterton arriva a concepire la bellezza insita nella Chiesa Cattolica da lui ritenuta l’unico baluardo rimasto a difesa dell’uomo autentico, dell’uomo “normale” e dice: “ La Chiesa… è il luogo dove tutte le verità si danno appuntamento” esse vengono spurgate, ragionate, discusse, corrette, esse diventano una verità nell’ortodossia che è poi quella espressione felice di san Paolo della “Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno DELLA VERITA’” (1Tm.3,15)



    [SM=g1740722]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 21/01/2010 19:09
    Alla vigilia dell'istituzione del ghetto

    Quando il Papa e i cardinali indagano



    Pubblichiamo la sintesi della relazione di apertura del colloquio organizzato dall'ambasciata di Israele presso la Santa Sede e dai Cattolici Amici d'Israele in occasione della visita di Benedetto XVI alla comunità ebraica.

    di Anna Foa


    Nella storia dei rapporti tra Papi ed ebrei compresa tra il vi secolo, con Gregorio Magno, e la caduta del potere temporale nel 1870, esiste una continuità di lungo respiro, interrotta però da momenti di crisi in cui muta in maniera più o meno sostanziale il rapporto teologico della Chiesa con la diversità ebraica e in cui i criteri stessi su cui si basa la convivenza sociale si modificano. Più che di una convivenza, infatti, si tratta di un equilibrio, quello tra la città e la piccola minoranza ebraica, che si fonda, ben più che sulle dinamiche sociali della città, sulla scelta del mantenimento della presenza ebraica attuata dalla Chiesa fin dal vi secolo per motivi sostanzialmente religiosi e a lungo mai rimessa in discussione.

    In questo senso, la minoranza ebraica, quasi a condividere la doppia natura del potere papale, universalistica e statale, è da una parte una microsocietà minoritaria, simile sotto tanti aspetti alle microsocietà di altra natura di cui è popolata la città, in cui gli ebrei romani vivono a stretto contatto con il mondo cristiano, di cui condividono la lingua e della cui società sono in una certa misura partecipi, dall'altra una minoranza religiosa, l'unica tollerata dalla Chiesa in quanto minoranza e l'unica quindi con cui la Chiesa si misuri costantemente nel suo rapporto teologico con la diversità. I due fondamenti su cui si basa la convivenza sono da una parte la presenza, dall'altra, condizione ineliminabile che la consente, la subordinazione.

    Uno dei periodi di maggior crisi del rapporto tra Chiesa ed ebrei è quello che copre gli ultimi decenni del Quattrocento - cioè il momento in cui nel vicino regno di Spagna si sceglie la strada della conversione più o meno forzata, dell'Inquisizione, delle leggi di limpieza de sangre e poi dell'espulsione, - per arrivare fino alla metà del Cinquecento, quando Roma attua la scelta di chiudere gli ebrei nel ghetto. Anzi, potremmo dire che proprio il ghetto è il risultato di questa trasformazione e che gli equilibri che si costituiscono nel ghetto e col ghetto non sono gli stessi di quelli del periodo che lo precede.

    È stato detto da alcuni studiosi che la scelta del ghetto fu una scelta di compromesso, sia pur un compromesso diverso da quello che già nel 1516 a Venezia aveva dato origine al primo ghetto in Italia:  là, un compromesso tra presenza e assenza, qui tra espulsione e presenza.
    E infatti, per la prima volta nella lunga storia della presenza ebraica a Roma, una presenza codificata nella sua inferiorità e sottomissione ma pur sempre fino ad allora mai rimessa in discussione, Roma sembra ripensare, sotto l'influsso della scelta spagnola, il fondamentale paradigma della presenza.
     
    Certo, la politica iberica implicava molti aspetti che Roma non poteva accettare:  la conversione forzata, in Portogallo l'uso della forza assoluta e quindi la conversione canonicamente illegale, l'espulsione e la conseguente rinuncia alla conversione. Infatti, in Spagna non c'erano più ebrei da convertire, erano stati tutti cacciati, e il compito dell'Inquisizione non era quello di convertire gli ebrei bensì quello di controllare la sincerità dei conversos. Non solo, ma le leggi di limpieza avevano posto una pesante ipoteca sulla possibilità stessa di conversione, mettendo in discussione dal punto di vista del sangue quelle già avvenute.

    Una scelta davvero radicale, che Roma non poteva condividere ma che non manca di esercitare attrattive oltre che reazioni negative, agitando così a Roma le acque fino ad allora più o meno tranquille del rapporto tra Chiesa ed ebrei e che, alla lunga, spinge Roma a scegliere di risolvere una volta per tutte la questione ebraica, come aveva fatto la Spagna, ma con strategie diametralmente opposte:  la conversione, la politica volta a convertire non gli ebrei, non alcuni ebrei, ma tutti gli ebrei, invece dell'espulsione, che della conversione rappresentava la negazione di principio.

    Mentre la Spagna, infatti, aveva espulso i suoi ebrei al di fuori, disinteressandosi della loro sorte pur di salvaguardare la conversione di quanti avevano optato per il cristianesimo, Roma sceglieva di perseguire una politica di conversione mantenendo gli ebrei al suo interno, sia pur espellendoli preliminarmente dentro il ghetto. E se non pochi uomini di Chiesa, non ultimo l'illustre cardinal Caietano, sono ben consapevoli del carattere sostanzialmente anticonversionistico delle politiche spagnole, altri sentono invece la suggestione dell'esempio della penisola iberica, soprattutto nel momento in cui il peso della Spagna sul papato, a partire dal congresso di Bologna del 1530, diventa una vera e propria egemonia politica.

    Ed ecco quindi nascere dubbi sulla possibilità di conversione degli ebrei "dalla dura cervice", discussioni giuridiche volte ad approfondire la presenza. Presenza sì, ma ovunque? e doveva essere, il cuore di questa presenza, proprio il cuore della cristianità? E così, la Roma che nel 1493 aveva accolto gli ebrei cacciati dalla Spagna, nonostante le proteste degli ambasciatori dei Re Cattolici, è percorsa da inquietudini e dubbi inusuali nella sua storia.

    L'ombra onnipresente della Spagna si fa sentire, ad esempio, in un episodio avvenuto nel 1554, alle soglie della fondazione del ghetto:  l'unica accusa del sangue mai documentata a Roma, la scoperta del cadavere di un bambino crocefisso in Camposanto. Mentre un convertito ultrazelante, Chananel da Foligno, sparge il suo veleno affermando che è costume degli ebrei uccidere ritualmente un bambino a Pasqua, e il popolo si infiamma e invoca per la comunità arresti ed espulsioni collettive, il Papa e i cardinali indagano, finendo per scoprire alla fine che di un vile omicidio per denaro si trattava:  il bambino, spagnolo, era stato ucciso da due spagnoli a cui era stato affidato dal padre morente, per carpirne l'eredità e fare, contemporaneamente, accusare gli odiati ebrei del crimine. La comunità si salverà, così, dalle conseguenze di un'accusa ingiusta.

    Come non ricordare l'accusa del sangue che aveva preceduto l'espulsione dalla Spagna del 1492, quel caso del Santo Niño de la Guardia, uno dei pochi casi di accusa di omicidio rituale in cui sia stato immaginario anche il bambino ucciso? Nei decenni che precedono il ghetto, l'ideologia spagnola esercita così un'influenza tanto profonda quanto sotterranea e offre un modello di rapporto con la diversità tutto differente da quello della Chiesa. Sono gli anni in cui si elaborano le riflessioni e le innovazioni che porteranno poi, nel 1555, nel momento in cui l'impero di Carlo si avviava alla fine, alla svolta netta e definitiva della politica papale verso gli ebrei:  l'istituzione del ghetto.


    (©L'Osservatore Romano - 22 gennaio 2010)
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    00 08/02/2010 18:44
    Nasceva nel 1910 una delle principali basi sociali dello Stato di Israele

    Kibbutz da un secolo


    di Anna Foa

    Il kibbutz, l'istituzione che ha rappresentato una delle principali basi sociali dello Stato d'Israele, compie un secolo. Bisogna anche dire che dimostra tutti i suoi anni, dal momento che è, a partire dagli anni Ottanta, in grande declino, e che i kibbutzim (plurale di kibbutz) sopravvissuti alla crisi hanno mutato radicalmente sia il loro carattere collettivistico sia il loro tipo di produzione.

    Per risalire alle origini del kibbutz, bisogna tornare all'inizio del XX secolo, non al contesto europeo da cui è uscito il progetto sionista di Herzl, ma a quello russo:  a fine Ottocento, circa cinque milioni di ebrei, privi di possibilità di emancipazione politica, ristretti nelle possibilità di movimento, sottoposti a ondate di pogroms sanguinosi. All'ondata di violenze che avevano colpito le comunità ebraiche dopo l'assassinio dello zar Alessandro ii nel 1881, gli ebrei avevano risposto con l'elaborazione di un progetto di rinascita nazionale in terra d'Israele, appunto il sionismo. Il libro di Leo Pinsker, Autoemancipazione, è del 1882, precedendo quindi di oltre dieci anni Lo Stato degli ebrei di Theodore Herzl. Pinsker fu l'ispiratore di un gruppo di giovani sionisti, "Gli amanti di Sion", molti dei quali si trasferirono in terra d'Israele, allora ancora parte dell'impero Ottomano, dedicandosi all'agricoltura e fondando il primo insediamento agricolo ebraico, Rishon le Tzion. Era la prima Aliya (immigrazione, in ebraico "salita").

    Nulla di rivoluzionario, però, nella struttura sociale creata, con fattorie individuali coltivate da mano d'opera araba. Fu proprio dalla critica di questa prima forma di insediamento che nacque il progetto del kibbutz. A dar vita ai primi kibbutzim sono membri della seconda Aliya, giovani russi in fuga dai pogroms degli anni fra il 1903 e il 1906.

    Sono giovani socialisti, che vogliono portare nel nuovo mondo che stanno creando i principi della giustizia sociale e dell'uguaglianza, che vogliono combattere la proprietà privata come fonte di ogni male. Ne nasce il kibbutz, fattoria agricola collettiva fondata sull'adesione volontaria e governata da un'assemblea, in cui nulla era di proprietà dei membri del kibbutz, in cui si lavorava e si produceva in comune - questa volta non erano gli arabi a lavorare la terra, ma i membri del kibbutz - e in cui la vita stessa era organizzata su basi collettive:  la moneta non vi aveva valore, i pasti erano consumati in comune, e nei primi anni anche i bambini vivevano collettivamente, fuori dalle famiglie.
     
    Nonostante la sua impostazione socialista, di origine europea, il kibbutz nasce in terra d'Israele, come adattamento dei principi socialisti alla pratica del lavoro e alle caratteristiche stesse della terra, che non era di proprietà di nessuno in particolare, ma del popolo ebraico tutto, dal momento che veniva acquistata con le collette compiute fra gli ebrei di tutto il mondo.

    Il primo kibbutz fu Degania (in ebraico "il villaggio dei cereali"), fondato appunto cent'anni fa, nel 1910, in Galilea, sulla sponda meridionale del lago di Tiberiade, a opera di dodici giovani ebrei russi, di cui due donne.

    Uno di loro, Yoseph Baratz, avrebbe in seguito scritto la storia di quell'impresa. A Degania, che già nel 1914 aveva 50 membri, seguirono altri kibbutzim, sempre più grandi. Ein Harod, fondato nel 1921, nasce già con 250 membri. I kibbutzim sono una cinquantina nel 1940, 200 nel 1948, 250 nel 1980. Fino alla fine degli anni Cinquanta esclusivamente agricoli, essi rappresentano una fetta consistente dell'economia nazionale, anche se sono accompagnati in altri settori da un'economia di tipo tradizionale, e fin da cooperative agricole in cui è collettivizzato solo il commercio ma non la produzione, i moshavim (plurale di moshav). Molto legati nei primi anni ai partiti operai e fortemente laici, essi sono affiancati negli anni Trenta dai kibbutzim religiosi, espressione di un'ala radicale del sionismo religioso.

    Il kibbutz entra in crisi con le trasformazioni sociali ed economiche che coinvolgono il Paese a partire dalla fine degli anni Ottanta, ma anche con il declino in Occidente dell'ideologia socialista e collettivistica. Molti dei kibbutzim tuttora in vita si sono privatizzati in tutto o in parte, oltre a mutare genere di produzione, dedicandosi alla produzione di prodotti selezionati, come la frutta, e al commercio. La stessa Degania, patria di molti personaggi famosi tra cui Moshe Dayan, si è privatizzata nel 2007. La celebrazione del centenario della nascita del kibbutz punta, nell'intenzione del movimento dei kibbutzim che lo ha organizzato, a dar nuova vita all'istituzione, a favorire l'accesso di nuovi membri, a rivitalizzare insomma questa esperienza unica nella storia del mondo:  istituzioni collettivistiche fondate su basi totalmente volontarie e organizzate democraticamente, senza costrizioni o limiti alla libertà delle persone. L'unico esperimento mai riuscito di collettivizzazione del lavoro e della vita degli esseri umani.



    (©L'Osservatore Romano - 8-9 febbraio 2010)
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    00 03/03/2011 09:24
    Si riaccendono le polemiche.... ecco l'ennesima strumentalizzazione alle parole del Pontefice:


    "Papa Benedetto ha dichiarato inequivocabilmente che il popolo ebraico non era - e quindi non è - responsabile della morte di Gesù"



    si tratta del secondo volume, in uscita, del libro di Benedetto XVI sul Gesù di Nazareth...

    Sarebbe AUSPICABILE, ora.... che i tanti VATICANISTI in giro per il web, pronti a lanciare anatemi contro il mondo Tradizionale....siano altrettanto solleciti per spiegare a questi MEDIA e titoloni di giornali che la notizia, buttata così facendola apparire come una RISCRITTURA (dice Repubblica, sic!) dei Vangeli... è il solito FALSO....e la solita MANIPOLAZIONE alle parole del Papa...

    la questione del "deicidio" fu già chiarita AL CONCILIO DI TRENTO....

    598 La Chiesa, nel magistero della sua fede e nella testimonianza dei suoi santi, non ha mai dimenticato che « ogni singolo peccatore è realmente causa e strumento delle [...] sofferenze » del divino Redentore. (434) Tenendo conto del fatto che i nostri peccati offendono Cristo stesso, (435) la Chiesa non esita ad imputare ai cristiani la responsabilità più grave nel supplizio di Gesù, responsabilità che troppo spesso essi hanno fatto ricadere unicamente sugli Ebrei:

    « È chiaro che più gravemente colpevoli sono coloro che più spesso ricadono nel peccato. Se infatti le nostre colpe hanno condotto Cristo al supplizio della croce, coloro che si immergono nell'iniquità crocifiggono nuovamente, per quanto sta in loro, il Figlio di Dio e lo scherniscono con un delitto ben più grave in loro che non negli Ebrei. Questi infatti – afferma san Paolo – se lo avessero conosciuto, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria (1 Cor 2,8). Noi cristiani, invece, pur confessando di conoscerlo, di fatto lo rinneghiamo con le nostre opere e leviamo contro di lui le nostre mani violente e peccatrici ». (436)..........

    ..........

    Queste parole del Catechismo Cattolico CHE RICHIAMANO L'ESPRESSIONE USATA DALLO STESSO CONCILIO DI TRENTO.. .ci rammentano la storia del nostro passato...passato in cui la Chiesa ha dovuto, pian piano, camminare con gli uomini di ogni tempo nel bene come nel male, nella buona e nella cattiva sorte.....

    Si legge spesso in particolare il cosiddetto "deicidio" ( cioè solo gli ebrei sarebbero responsabili della morte di Cristo ).
    Qui si confondono le opinioni di certi teologi con la dottrina autentica della Chiesa.
    La dottrina della Chiesa ha sempre detto che Gesù è stato ucciso dai nostri peccati: vedi catechismo di Trento


    Studiamo ancora il Concilio di Trento.... Benedetto XVI non fa altro che ripartire da li...

    GESU' E' STATO UCCISO DAI NOSTRI PECCATI

    Scrive il Catechismo di Trento(1546): " In Gesù Cristo Nostro Signore si verificò questo di speciale: che morì quando volle morire e sostenne una morte non già provocata dalla violenza altrui, ma una morte volontaria, di cui aveva egli stesso fissato il luogo e il tempo. Aveva scritto infatti Isaia: è
    stato sacrificato perché lo ha voluto ( Isa LIII,7 ).

    E il Signore stesso disse di sé prima della passione: Io do la mia vita per riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie; ma io la do da me stesso e sono padrone di darla, e padrone di riprenderla ( Giov., X, 17,18 ).(...)

    Chi indaghi la ragione per la quale il Figlio di Dio affrontò la più acerba delle passioni, troverà che, oltre la colpa ereditaria dei progenitori, essa deve riscontrarsi principalmente nei peccati commessi dagli uomini dall'origine del mondo sino ad oggi, e negli altri che saranno commessi fino alla fine del mondo. Soffrendo e morendo, il Figlio di Dio nostro salvatore mirò appunto a redimere ed annullare le colpe di tutte le età, dando al Padre soddisfazione cumulativa e copiosa.



    e infine ancora:

    Per meglio valutarne
    l'importanza, si rifletta che non solamente Gesù Cristo soffrì per i peccatori, ma che in realtà i peccatori furono cagione e ministri di tutte le pene subìte. Scrivendo agli Ebrei, l'Apostolo ci ammonisce precisamente:
    pensate a Colui che tollerò tanta ostilità dai peccatori, e l'animo vostro non si abbatterà nello scoraggiamento. ( Ebr.XII,3 ).

    Più strettamente sono avvinti da questa colpa coloro, che più di frequente cadono in peccato. Perché se i nostri peccati trassero Gesù Cristo Nostro
    Signore al supplizio della Croce, coloro che si tuffano più ignominiosamente nell'iniquità, di nuovo, per quanto è da loro, crocifiggono in sé il Figlio
    di Dio e lo disprezzano ( ib. VI, 6 ).
    Delitto ben più grave in noi che negli Ebrei.
    Questi, secondo la tesimonianza dell'Apostolo, se avessero conosciuto il Re della gloria, non l'avrebbero giammai crocifisso ( I Cor.II,8 ); mentre noi, pur facendo professione di conoscerlo, lo rinneghiamo con i fatti, e quasi sembriamo alzar le mani violente contro di Lui ".
    ( Catechismo Tridentino, catechismo ad uso dei parroci, pubblicato dal Papa
    S. Pio V per decreto del Concilio di Trento, trad. italiana a cura del P. Tito S. Centi, O.P., ed. Cantagalli Siena 1981, p. 79 e pp.82-83 ).



    ordunque.... siano solleciti questi vaticanisti dalla penna solerte contro un certo tradizionalismo "nuovo" perchè è naturale che se nessuno parlerà, si alzeranno loro a dire che IL CONCILIO DI TRENTO LO AVEVA GIA' CHIARITO, ma detto da loro sembrerà l'ennesimo attacco al Papa, mentre il Papa non ha fatto altro che riportare la fede di Trento ai giorni nostri...





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    00 04/09/2011 18:33

    LUTERO SCONOSCIUTO(NASCOSTO):

     

    L’ANTICIPATORE DELLA “SOLUZIONE FINALE”

     

    L’ANTISEMITA E NON SOLO: “LI BRUCEREI IO STESSO”

     

    IL “SILENZIO” DEGLI ULTIMI LUTERANI… ALTRO CHE QUELLO DI PIO XII !

     

     

    di Antonio Margheriti Mastino

     

     

    QUELLA SUA VECCHIAIA UN PO’ SUINA

     

    Ma come fai a non ridere? Stavo leggendo le cronache, diciamolo, un po’ suine degli ultimi anni di Lutero. Soprattutto mi fa ridere che gli scribacchini presenti, con quella loro pignoleria tutta teutonica, annotassero ogni sciocchezza. Oltre che le perle di saggezza che l’eresiarca sempre più raramente perdeva dalla bocca, fra un bicchiere e l’altro, anche, diciamo… le perdite d’aria: dalla bocca certo, e dai restanti orifizi. Ormai anzianotto, ebbe alle calcagna uno scribacchino in particolare, che “catalogava” come un entomologo tutto quanto dicesse (e facesse) l’ex monaco, come fosse un oracolo. E spulciando fra le righe vedi il crescendo degenerativo: andando sempre più avanti dovette prender nota, questo qui pure, più di rutti, peti, e bestemmie “per far dispetto al diavolo”, che non colate di sapienza cristiana. E fra poco ve lo faccio vedere.

    Di buona forchetta (e direi, aumentando il suo peso e il suo spirito belluino, di buona “forca”) e di ottimo e abbondante bicchiere, divenne quasi subito obeso. Dice: pure san Tommaso era obeso: sì, è vero, ma dalla nascita quasi, e perchè aveva disfunzioni ghiandolari, pare. Un gruppo di sofisticati gastronomi ha studiato il suo caso e ha stabilito che l’ultima “Dieta” che dovette affrontare, fu quella di Worms, nel 1591, quando, fallito il tentativo di ricucitura con Roma, fu scomunicato e messo al bando dal papa e dell’imperatore. E infatti scrivono i buongustai di professione: “I protestanti sono passati alla storia perché contestavano la vita dispendiosa che si conduceva a Roma, ma Lutero quando si sedeva a tavola non era molto diverso dai suoi avversari. Forse perché aveva trascorso l’infanzia tra i digiuni impostigli dai teutonici genitori, e la giovinezza tra quelli previsti nel convento Agostiniano di Erfurt. Quando Lutero uscì dall’ordine Agostiniano poté dare libero sfogo alla sua ghiottoneria, che pagò con i calcoli renali, la colite e l’ulcera”. 

    Dicevo dei “bicchieri”. Un altro dato di colore del Lutero sconosciuto, cioè ad arte “nascosto”. Dipinto dagli anti-papisti come campione di mitezza e ascetismo penitenziale, dimenticarono un solo insignificante particolare: era un maledetto beone. Dice: ma no, era solo sanguigno. Eh no, ragazzi: era ‘mbriaco!… e la penitenza semmai la voleva far fare agli altri. Anche a dar retta agli “scribacchini” del Maestro risulta che, negli ultimi anni, l’alcol sempre più spesso andò prendendo nelle sue giornate il posto dello Spirito.

    Annotano gli studiosi di gastronomia di cui sopra: “Al cibo, ma soprattutto alla birra non sapeva resistere”. Si scolava parecchie pinte della bionda bevanda mentre tuonava contro il vizio nazionale dei tedeschi, e a chi gli faceva notare l’incoerenza rispondeva: “Se il buon Dio mi perdona per averlo tradito per vent’anni come monaco cattolico, può perdonarmi anche un bicchierozzo trangugiato”.

     

    HITLER: “LUTERO È IL VERO TEDESCO”

     

    Siccome la Chiesa è per tutti gli “illuminati” la titolare di ogni nefandezza, corruzione e soprattutto omicidio passato, presente e futuro, e lo è nero su bianco, stranamente solo da inizio ’700 (oralmente lo è dai tempi della Riforma sino a… Chi l’ha Visto?), vediamo un po’ da che fogna sale la predica .

    E’ bastata una mediocre commedia teatrale (opera di fantasia fatta filtrare come “opera storica” da certi segreti ma non sconosciuti uffici speciali sovietici messi su per sputtanare 24 ore su 24 la Chiesa cattolica) di un certo Hocchurth, comunista tedesco, per inventare da capo a piedi la frescaccia del “Silenzio” del Vicario. Che per essere “silenzio” ha già fatto troppo casino, a vuoto; e interi libri son stati costruiti su questo vuoto, vuoto che alimenta altro vuoto. Non un solo documento, che non fosse coniato in casa dalla STASI seduta stante, che abbia mai provato quel che insinuavano. Consapevoli della dinamica calunniosa, alla quale le cellule comuniste erano addestrate contro i “nemici del popolo”, e anche ben coscienti della maggiore efficacia e fascino sinistro delle “voci” fatte circolare ad arte senza troppi fronzoli probatori, si sono tenuti a debita distanza di sicurezza dai documenti originali dell’epoca. Che sapevano benissimo avrebbero smontato i loro teoremi: se potettero marciarci sino a tal punto è perché, almeno nei pochi paesi dove non comandavano loro, ancora su moltissimi documenti relativi alla Seconda Guerra, vigeva il segreto di Stato.

    Ma questo è un altro discorso.

    Scendiamo direttamente nella fogna, fino alle falde. Vi troveremo lì Lutero. Apriamo il tombino e risalendo tiriamoci dietro, turandoci il naso, l’olezzo di questo “arcangelo”.

    E tiriamo pure fuori dalla naftalina una domanda che da decenni inutilmente attende d’essere pronunciata.

    Signori anti-papisti, seguaci dell’arcangelo Lutero, se ancora esistete, come spiegate la faccenda dell’intera chiesa luterana, con (quasi) tutti i suoi vertici pastorali, che anima e core si schierò con Adolf Hitler? Non v’è nella città dove iniziò l’avventura luterana, nel museo che celebra l’ex agostiniano, anche una foto di un Fuhrer circondato da tutto l’establishment luterano a braccio teso, mentre Hitler proclama Lutero “vero rappresentante dello spirito tedesco”?

    Escluso che questa associazione… a delinquere sia stata un puro caso, proviamo a vedere invece da dove nasce. E sorpresa: nasce da Lutero stesso. Lasciamo la parola direttamente all’arcangelo della cosiddetta Riforma.

    Ce n’è per gli Ebrei, le donne, il papa, i contadini, gli handicappati, per tutti. Un posseduto da Patzuzu sarebbe stato più prudente. Ma scherzi a parte non è difficile scorgere l’ombra di Lui, il Principe dell’Omicidio, nell’opera e nel furor teutonicus di questo come di altri eresiarchi. Guardacaso quasi sempre di area mitteleuropea.

     

    LUTERO CONTRO I CONTADINI: “SCANNATELI TUTTI”

     

    Ecco l’edificante campionario del Lutero-pensiero. Non è difficile immaginare perchè piacesse a Hitler.

    1 “Io, Lutero, vi dico”: uccidete, straziate, sgozzate, dagli ebrei fino agli storpi, “se potessi lo farei io stesso”. Un incipit che non promette niente di buono.

    2 Lutero esortò i prìncipi a uccidere i contadini ribelli: 

    <<Ritengo che sia meglio uccidere dei contadini che i principi e i magistrati, poiché i contadini prendono la spada senza l’autorità divina. [...] Il momento è talmente eccezionale che un principe può, spargendo sangue, guadagnarsi il cielo. Perciò cari signori sterminate, scannate, strangolate, e chi ha potere lo usi. Che ognuno pugnali, picchi e strozzi chi può e se morirai, buon per te, perché non potrai trovare una morte più beata. Muori infatti nell’ubbidienza alla parola e all’ordine divino>>.

     

    Il risultato dell’intervento dei principi aizzati dallo stesso Lutero contro i contadini ribelli, è da infarto: nella battaglia finale di Frankenhausen fu atrocemente annientato un esercito di 10.000 contadini e cittadini comuni. Ma è solo la punta dell’iceberg: nella lotta campale lasciarono la pelle la bellezza di 100.000 persone, civili soprattutto. “Lasciarono la pelle” è usare un eufemismo: furono arsi vivi, trafitti, torturati, massacrati, accecati.

     

    3 Lutero esorta a perseguitare coloro che predicano una fede diversa:

    <<Se volessero predicare subito il vangelo puro, anche se fossero angeli o Gabriele che scende dal cielo … Se vogliono predicare, che dimostrino la propria vocazione o il proprio mandante … Se non lo vogliono fare, le autorità consegnino questi uomini al giusto compare, al mastro Hans (il boia) …>>

     

    LUTERO FURIOSO ANTISEMITA: CHIEDE LA SOLUZIONE FINALE!

     

    4 Lutero calunnia la popolazione ebraica e ne richiede la distruzione:

    <<Se potessi lo (il concittadino ebreo) schiaccierei e lo trapasserei con la spada nella mia rabbia… Incendiate le loro sinagoghe o le loro scuole e ciò che non brucia seppellitelo con la terra e ricopritelo di sassi, in modo che nessuno ne possa più vedere una sola pietra o una sola macchia. E lo dovremmo fare in onore di nostro Signore e della cristianità, affinché Dio veda che siamo cristiani… Che si abbattano e si distruggano anche le loro case… Questi fannulloni e saccheggiatori non meritano alcuna grazia e alcuna pietà… Vietate loro di lodare, ringraziare e pregare pubblicamente Dio quando sono vicini a noi e di insegnare, punendoli con la perdita del corpo e della vita …Questi ebrei sono una cosa talmente disperata, malvagia, avvelenata e impossessata dal diavolo che sono stati e sono da 1400 anni la nostra piaga, la nostra pestilenza e la nostra sciagura. Infine, con loro abbiamo veramente il demonio>> (Martin Lutero, Gli ebrei e le loro menzogne, Wittenberg 1543)

    Lutero arrivò ad affermare che Mosè, se “fosse stato ancora in vita, avrebbe incendiato lui stesso le scuole e le case degli ebrei”. Questo accadeva mentre nella “Roma dove siede in trono Lucifero”, gli ebrei potevano vivere una vita normale e tranquilla, portando avanti i loro mestieri, dei quali per primo il pontefice ne usufruiva, retribuendoli lautamente. E fra l’altro, il Ghetto famoso non glielo impose nessuno, lo richiesero loro stessi al papa, per “sentirsi più sicuri”, e in più ne chiesero anche la “chiusura” al tramonto: non tanto per difendersi da qualche eventuale improbabile “antisemita” nottambulo, ma piuttosto, essendo gli ebrei spesso banchieri e gioiellieri, per paura di qualche sicuro ladro notturno. Si fossero trovati male e insicuri nella città del papa, se ne sarebbero andati, come erano liberi di fare. Invece rimasero fino alla fine. E anche dopo. Anzi, le loro fortune economiche le dovevano proprio alla clientela prelatizia e cattolica, non di rado al papa stesso, il quale aveva sempre medici personali ebrei. E questo dimostra quanta fiducia ci fosse fra le due parti. Lutero di sarebbe fidato di un medico ebreo? O meglio: quale medico ebreo avrebbe accettato di curare Lutero?

    Lutero pretendeva inoltre che agli ebrei venissero sottratti tutti gli scritti religiosi, che essi venissero arrestati, che venisse sottratto loro tutto il denaro e ogni bene e infine inviati ai lavori forzati. Pari pari il programma politico di Hitler e Himmler: la Soluzione Finale! Come si dice: da niente non nasce niente, ma da cosa nasce cosa.

     

    LUTERO CONTRO TUTTI (BAMBINI HANDICAPPATI COMPRESI)

     

    5 Lutero chiama anche alla “guerra” ed esorta ad “assassinare” gli avversari turchi:

    <<… Agitate con gioia i pugni e colpite senza rimorsi, uccidete, saccheggiate e danneggiate fin che volete …>>

    6Lutero pretende la morte degli usurai:

    <<… se vengono sottoposti al supplizio della ruota e decapitati i briganti e gli assassini, quanto più si dovrebbero arrotare e svenare tutti gli usurai e cacciare, maledire e decapitare tutti gli spilorci…>>

    7 Lutero pretende la morte dei coniugi fedifraghi:

    Perché non uccidere gli adulteri?”, e la tortura per le prostitute: “Se io fossi il giudice, farei arrotare e svenare una prostituta francese velenosa come quella”. E qui rischia davvero di fare il deserto.

    8 Per Lutero le donne che avevano “facoltà magiche” dovevano essere torturate e uccise:

    <<Non lasciare in vita le maghe … E’ una legge giusta che debbano essere uccise. … Se non si faranno convertire, le darete al carnefice che le tortura>>.

    9 Circa i bambini handicappati Lutero è chiaro:

    <<E quando si parla dei bambini che assomigliano al diavolo … sono del parere… che essi siano stati rovinati dal diavolo … o che siano veri diavoli>>

    Qualcuno ha notato e scritto, ricordandosi di questo precedente storico, che nel 1940/41 molte persone handicappate che erano state affidate ad apposite istituzioni protestati (per esempio a Neuendettelsau in Baviera) furono da queste consegnate alle autorità statali; proprio perchè si rifacevano espressamente alla dottrina statale di Lutero (ubbidienza alle autorità). “I responsabili sapevano che le persone consegnate sarebbero state tutte uccise”.

    10 Infine Lutero avrebbe ucciso, va da sé, anche il papa:

    <<Il papa è il diavolo; se potessi uccidere il diavolo, perché non dovrei farlo?>>

    Ancora nelle scuole, sui libri di testo, ci insegnano quanto bravo e buono è Lutero, e della sua “civiltà” poi non ne parliamo! E manco a dirlo, di quanto è cattivo, ladro, cruento e pure un po’ zozzone il papa, qualsiasi papa. A qualcuno dei marxisti che compilano testi scolastici fosse mai venuto in mente che tale personaggio è il primo gradino, l’antesignano, l’anticipatore della futura dottrina e pratica nazista? Ma sì, ci avranno pensato di certo: solo che dinanzi al cattolicesimo, per questi marxisti, persino il nazismo è un male minore. Tanto più che all’epoca non ci pensarono due volte a farci un patto e dividersi la Polonia, guardacaso la cattolicissima fra tutte le nazioni.

    Conclude in bellezza il “vescovo” luterano della Bavaria, per sua e nostra pace deceduto nel 1999, Hermann von Loewenico: “Vogliamo conservare l’eredità storica e la tradizione luterana quale nostra patria culturale e spirituale”. Auguri e figli maschi! Purchè non handicappati…

     

    Fraternamente CaterinaLD

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    00 09/04/2012 23:02

    [SM=g1740717] [SM=g1740720] Il miracolo del crocifisso

     



    «Un argentiere romano, Antonio Bucchi, raccontò infatti che nel 1728 erano venuti nella sua bottega due ebrei, Vitale e Beniamino Campagnano, per fondere diversi oggetti di argento, tra i quali vi era un crocifisso. Bucchi li aveva sgridati e aveva domandato loro come avevano avuto quel crocifisso, ma gli ebrei gli risposero sgarbatamente che non dovevano renderne conto a lui e gettarono il sacro manufatto nel bagno di piombo liquefatto contenuto in una fornace, per farlo sciogliere con gli altri oggetti d’argento.

    Ma il crocifisso non solo non si sciolse, ma fece indurire “come un marmo” tutto il bagno di piombo, senza che ci fosse modo di liquefarlo di nuovo aumentando la quantità di fuoco sotto la fornace. Allora Bucchi rifletté che il crocifisso era stato gettato dalla mano degli ebrei e che forse questi avevano compiuto “qualche superstiziosa malìa”; decise perciò di gettare nella fornace una palma benedetta e soltanto allora il bagno riprese a squagliarsi e così tutto l’argento.

    Del “miracolo” del crocifisso l’argentiere fece una precisa relazione al collegio della sua arte, citando diversi testimoni del fatto “così stupendo”». (Marina Caffiero, Legami pericolosi. Ebrei e cristiani tra eresia, libri proibiti e stregoneria, Einaudi 2012, pag. 202).

     

    [SM=g1740771]

     

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 10/05/2012 20:51

    Il Papa agli Ebrei: la Dichiarazione Nostrae Aetate non solo assunse una netta posizione contro ogni forma di antisemitismo, ma gettò anche le basi per una nuova valorizzazione teologica del rapporto della Chiesa con l'ebraismo, e mostrò la sua fiducia nel fatto che l'apprezzamento dell'eredità spirituale condivisa da ebrei e cristiani avrebbe portato a una comprensione e a una stima reciproca sempre più grandi

    IL PAPA E L'EBRAISMO: LO SPECIALE DEL BLOG


    Vedi anche:


    Il Papa ricorda il Concilio e la Dichiarazione ''Nostra Aetate'
     

    UDIENZA ALLA DELEGAZIONE DEL "LATIN AMERICAN JEWISH CONGRESS", 10.05.2012

    Alle ore 11.45 di questa mattina, nella Sala dei Papi del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza una delegazione del "Latin American Jewish Congress".
    Pubblichiamo di seguito il saluto che il Papa rivolge ai Membri della delegazione:


    SALUTO DEL SANTO PADRE


    Cari amici ebrei,

    Sono molto lieto di dare il benvenuto a questa delegazione del Congresso Ebraico Latino-Americano. Il nostro incontro è particolarmente significativo, poiché voi siete il primo gruppo che rappresenta organizzazioni e comunità ebraiche in America Latina che incontro qui in Vaticano. In tutta l'America Latina, e specialmente in Argentina e in Brasile, ci sono comunità ebraiche dinamiche, che vivono insieme a una grande maggioranza di cattolici. A partire dagli anni del concilio Vaticano II, le relazioni tra ebrei e cattolici si sono rafforzate anche nella vostra regione, e ci sono diverse iniziative che continuano ad approfondire la reciproca amicizia.

    Come sapete, il prossimo mese di ottobre si celebra il cinquantesimo anniversario dell'inizio del concilio Vaticano II, la cui Dichiarazione Nostrae Aetate continua a essere la base e la guida dei nostri sforzi per promuovere maggiore comprensione, rispetto e cooperazione tra le nostre due comunità.
    Questa Dichiarazione non solo assunse una netta posizione contro ogni forma di antisemitismo, ma gettò anche le basi per una nuova valorizzazione teologica del rapporto della Chiesa con l'ebraismo, e mostrò la sua fiducia nel fatto che l'apprezzamento dell'eredità spirituale condivisa da ebrei e cristiani avrebbe portato a una comprensione e a una stima reciproca sempre più grandi (n. 4).

    Nel considerare i progressi compiuti negli ultimi cinquant'anni di relazioni ebreo-cattoliche, in tutto il mondo, non possiamo fare a meno di rendere grazie all'Onnipotente per questo segno evidente della sua bontà e della sua provvidenza. Con la crescita della fiducia, il rispetto e la buona volontà, gruppi che inizialmente si relazionavano con una certa sfiducia, poco a poco sono diventati interlocutori fiduciosi e amici, persino buoni amici, capaci di far fronte insieme alla crisi e di superare i conflitti in modo positivo.

    Certo resta ancora molto da fare nel superamento degli ostacoli del passato, nella promozione di migliori relazioni tra le nostre due comunità, e nella risposta alle sfide che i credenti affrontano sempre più nel mondo attuale. Tuttavia è un motivo per cui rendere grazie il fatto che siamo impegnati a percorrere insieme il cammino del dialogo, della riconciliazione e della cooperazione.

    Cari amici, in un mondo sempre più minacciato dalla perdita dei valori spirituali e morali, che sono quelli che possono garantire il rispetto della dignità umana e la pace duratura, un dialogo sincero e rispettoso tra religioni e culture è fondamentale per il futuro della nostra famiglia umana. Nutro la speranza che questa visita odierna sia fonte d'incoraggiamento e di fiducia rinnovata al momento di affrontare la sfida di costruire vincoli di amicizia e di collaborazione sempre più forti, e di rendere testimonianza profetica della forza della verità di Dio, della giustizia e dell'amore riconciliatore, per il bene di tutta l'umanità.
    Con questi sentimenti, cari amici, chiedo al tre volte Santo di benedire voi e le vostre famiglie con abbondanti doni spirituali e di guidare i vostri passi lungo il cammino della pace.
    Shalom elichém.
     

    Fraternamente CaterinaLD

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    00 20/05/2012 17:22

    domenica 20 maggio 2012

    Dialogo ebraico-cristiano. Card. Koch: risvolti ambigui e strumentalizzazioni improprie

    Il cardinale Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani e della Commissione della Santa Sede per i Rapporti Religiosi con l'Ebraismo, ha tenuto la "Berrie Lecture" invitato dal Centro Giovanni Paolo II per il dialogo interreligioso - di cui è presidente il rabbino Jack Bemporad - organizzata presso la Pontificia Università San Tommaso d'Aquino (Angelicum) di Roma, in collaborazione con la Russell Berrie Foundation. La lecture del cardinale Koch è stata dedicata a cinquant'anni di dialogo tra i cristiani ed ebrei sulla base della dichiarazione conciliare sulle religioni non cristiane Nostra Aetate. Ancora non è disponibile il testo integrale del suo intervento, ma l'Agenzia SIR, ne ha dato un resoconto qui. Da esso stralcio alcuni punti. Da notare la conquista dell'uditorio ebreo, per mezzo di slogan e di una emozionalità a buon mercato. Se ne parlo è perché la questione sta avendo eco sui media di tutto il mondo e mi sembra quindi importante che ci sia spazio anche per la nostra visuale dei fatti.
    Ritengo utile al riguardo la consultazione di un mio vecchio articolo, del quale riporto in conclusione le note finali.

    EBREI-CATTOLICI - La piaga dell'antisemitismo
    Discorso del card. Kurt Koch sullo stato del dialogo a 50 anni dal Concilio

    Nel suo lungo ed articolato intervento, il cardinale ha affermato che anche oggi "riemergono nella teologia cristiana il vetero-marcionismo e l'antigiudaismo" e "non solo da parte dei tradizionalisti ma anche all'interno dei filoni liberali della teologia attuale". Per questo, "si deve continuare ad accordare la dovuta attenzione alla richiesta da parte del Concilio Vaticano II, di favorire la comprensione reciproca e il rispetto tra ebrei e cristiani. Essa è il presupposto indispensabile per garantire che non ci sarà alcuna ricaduta in quel pericoloso estraniamento tra cristiani ed ebrei, che rimangono consapevoli della loro parentela spirituale".
     
    L'intervento del cardinale Koch era dedicato alla dichiarazione conciliare Nostra Aetate che è il "documento base" e la "Magna Charta" del dialogo della Chiesa cattolica con l'ebraismo. Il cardinale ha fatto notare come il documento conciliare non si è sviluppato a partire da un "vacuum", "dal momento che da parte cristiana vi erano già stati approcci con l'ebraismo, sia all'interno che all'esterno della Chiesa cattolica prima del Concilio. "Ma - ha aggiunto il cardinale - dopo il crimine senza precedenti della Shoah, si è fatto uno sforzo nel periodo post-bellico per avviare una riflessione circa la ridefinizione teologica del rapporto con l'ebraismo". "Dopo l'omicidio di massa degli ebrei europei pianificato ed eseguito dai nazionalsocialisti - ha proseguito Koch - iniziò un profondo esame di coscienza su come sia stato possibile un tale scenario di barbarie nell'Occidente cristiano".

    Il cardinale ha quindi posto all'assemblea di Roma una serie di interrogativi: "Dobbiamo supporre che tendenze anti-ebraiche presenti all'interno del cristianesimo per secoli sono state complici nel antisemitismo dei nazisti"? E ancora: "Tra i cristiani vi erano sia colpevoli che vittime, ma le grandi masse erano sicuramente composte da spettatori passivi che tenevano gli occhi chiusi di fronte a questa realtà brutale". "Perché la resistenza cristiana contro la brutalità senza limiti dei crimini nazisti non ha dimostrato la misura e la chiarezza che ci si sarebbe legittimamente dovuti aspettare?".

    Il dialogo e i Papi. La Shoah [ricordiamoci bene che si tratta di un fatto storico, che non può assurgere a 'luogo teologico' e nemmeno a dogma di fede, tanto da condizionare l'appartenenza alla Chiesa di chi eventualmente, senza sminuirne l'orrore, ne ridimensioni la portata] - ha detto il cardinale - "è stata certamente una delle maggiori motivazioni che hanno condotto la Chiesa cattolica a scrivere la Nostra Aetate". La dichiarazione conciliare, ha insistito Koch, "rimane la bussola fondamentale di tutti gli sforzi verso il dialogo ebraico-cattolico, e dopo 47 anni possiamo affermare con gratitudine che questa ri-definizione teologica del rapporto con l'ebraismo ha portato frutti abbondanti".

    Nel corso degli ultimi decenni, ha proseguito il card. Koch, Nostra Aetate "ha reso possibile a gruppi che inizialmente si rapportavano con scetticismo a diventare passo dopo passo partner affidabili e anche buoni amici, in grado di far fronte a crisi insieme e superare i conflitti in modo positivo". Nel delineare quindi i progressi compiuti nel dialogo, il cardinale ha parlato del contributo che il Pontificato di Giovanni Paolo II ha dato al dialogo ebraico-cattolico. Ed ha aggiunto: "Sullo sfondo di queste convinzioni teologiche non ci può sorprendere che Papa Benedetto XVI porta avanti e progredisce il lavoro di riconciliazione del suo predecessore". Ma "Mentre Papa Giovanni Paolo II ha avuto un senso raffinato per i grandi gesti e le immagini forti, Benedetto XVI si affida soprattutto al potere della parola e dell'incontro umile". [Un conto è la riconciliazione e il dialogo - avuto riguardo che il dialogo è possibile tra le culture e non tra le fedi: il punto d'incontro possono essere alcune riflessioni e accordi sulle prassi - un altro conto è la sudditanza non si capisce basata su cosa]

    Il negazionismo. Sempre il 16 maggio, si è riunita a Roma la sessione ordinaria della Congregazione per la dottrina della fede durante la quale è stata discussa anche la questione della Fraternità San Pio X. Il card. Koch ha partecipato alla sessione e rispondendo ad una domanda sul vescovo lefebvriano negazionista Richard Williamson, ha rammentato che "il Santo Padre ha parlato con chiarezza della sua posizione". "Il negazionismo - ha precisato - non è ammissibile nella Chiesa cattolica, ma anche in una sincera a onesta visione storica". [Tra l'altro ricorre costantemente questo improprio richiamo al negazionismo; mentre Mons, Williamson non ha affatto negato la shoah (fatto storico e non teologico); ne ha tuttavia ridotto la portata numerica (il che ovviamente non ne riduce l'orrore) sulla base di documenti storici da lui citati. Dichiarazione inopportuna, ma purtroppo strumentalizzata ancor oggi in maniera bieca e di parte. Tant'è che le parole del Cardinale non possono non evocare lo scandalo montato ad arte ed enfatizzato in maniera abnorme nel momento della rimozione delle scomuniche ai vescovi della FSSPX. E così viene messa volutamente benzina sul fuoco... Ci ritroviamo a vivere dei dejà vu fin troppo inquietanti -ndR]

    Forum Catholique (estratto): In compenso l'episodio ci fa apprendere due cose :
    Chi è interessato può consultare qui
    1. Il cardinal Koch non è informato sulle ricerche storiche recenti riguardo alla questione disputata e non conosce i risultati del rapporto tra l'antisemitismo nazista e l'antigiudaismo cristiano, che ha carattere esclusivamente religioso e riguarda il riconoscimento del Messia nella persona di Gesù. E così egli gioca sull'amalgama diffamatorio FSSPX= antisemita facendone un miscuglio al passaggio anti-giudaico= antisemita. Ignorando completamente che, se Hitler giunse al potere in una Germania originariamente cristiana, occorre fare una netta distinzione tra il cristianesimo dei protestanti e il cattolicesimo. Riguardo poi alla rinascita dell'antisemitismo, perché non fare un opportuno parallelismo tra il comportamento degli attuali fondamentalisti islamici e quello dei protestanti degli anni 30, invece di vedere l'antisemitismo tra i cattolici?
    2. la sua ferma opposizione all'intervento di Benedetto XVI in ordine alla riconciliazione con la FSSFX

    Nota:
    Nessuno nega che gli ebrei vadano rispettati, amati e non perseguitati. L'antisemitismo, la furia distruttrice contro un popolo è da condannare senza riserve. Questo, sembra condiviso da ogni uomo di buona volontà prima ancora che da un vero cristiano. Ciò premesso, dichiarazioni come quella della CEI nonché le altre espressioni sul valore delle false religioni presenti nella Nostra Aetate e le ulteriori posizioni nei confronti degli ebrei non sono imposte con autorità infallibile. Si tratta di posizioni "pastorali" ambigue e pericolosissime, in contrasto col Magistero precedente, perché aprono la strada all'indifferentismo ed al relativismo religioso e, peggio, al sincretismo. I guasti li abbiamo sotto gli occhi giorno dopo giorno.

    Rileviamo in particolare che l'impegno espresso con le seguenti parole: "non è intenzione della Chiesa Cattolica operare attivamente per la conversione degli ebrei" poteva esser preso da una sola persona che, nella Chiesa, gode di una tale rappresentatività che presuma parlare per l'intera Chiesa, ed è il Papa.

    L'irrevocabilità della predilezione appartiene al Nuovo Israele, cioè alla Chiesa fuori della quale la vecchia Alleanza non ha più senso né fine. I rami vecchi sono stati recisi, i nuovi sono innestati sul tronco dell'Israele di Abramo che ha creduto nel Cristo venturo. La Legge antica non ha di per sé più alcuna linfa ed i rami ed il tronco isteriliti potranno riavere vita solo dall'innesto in Cristo. L'irrevocabilità della predilezione è qui e solo qui.
    • Gli ebrei che rifiutano Cristo rifiutano la predilezione.
    • Per tornare ad essere prediletti dovranno innestarsi nella nuova storia che inizia e si perpetua con Cristo.
    • L'unico soggetto della predilezione è la Chiesa. Gli ebrei increduli restano fuori dall'irrevocabilità per loro scelta.
    L'Antica Alleanza vive, nella parte in cui doveva ancor continuare a vivere dopo la venuta di Cristo, nella Chiesa, Nuovo Israele, frutto della Nuova ed Eterna Alleanza. Vivendo solamente nell'Antica Alleanza, la fede degli ebrei non giustifica né salva, perché non è più la fede di Abramo e dei giusti che credettero nel Cristo venturo, né è quella di coloro che hanno accolto Gesù. Ma una semplice dichiarazione conciliare, come la tanto sbandierata Nostra aetate è assurta del tutto arbitrariamente a dogma di fede e un cattolico sembra non possa più parlare in questi termini, che sono veritativi, perché consegnatici dalla Tradizione perenne...



    *********************************************

    [SM=g1740771] riflettendo rispondiamo....

    Il cardinale ha quindi posto all'assemblea di Roma una serie di interrogativi: "Dobbiamo supporre che tendenze anti-ebraiche presenti all'interno del cristianesimo per secoli sono state complici nel antisemitismo dei nazisti"? E ancora: "Tra i cristiani vi erano sia colpevoli che vittime, ma le grandi masse erano sicuramente composte da spettatori passivi che tenevano gli occhi chiusi di fronte a questa realtà brutale". "Perché la resistenza cristiana contro la brutalità senza limiti dei crimini nazisti non ha dimostrato la misura e la chiarezza che ci si sarebbe legittimamente dovuti aspettare?".


    **************

    [SM=g1740733] Eminenza Reverendissima, poichè "mi" rivolge delle domande, provo a risponderLe

    allora, se Lei vuole fare lo storico, faccia lo storico, se vuole fare il Cardinale è un'altra cosa....
    Non dobbiamo supporre un bel nulla, ma avere il coraggio di dire che l'antisemitismo che portò alla tragedia dell'Olocausto cominciò con la Rivoluzione Francese e ben specificato dall'odio di Voltaire contro gli ebrei e contro i cristiani...
    Voltaire odiando gli uni, gli ebrei, mirava alla distruzione della Chiesa [SM=g1740733]

    Capisco che dirlo provocherebbe una ferita diplomatica con la Francia, ma se vogliamo dire le cose come stanno, è un conto, se si vuole continuare con la politica corretta allora è inutile fare queste domande... ed è inutile continuare a colpevolizzare i Cristiani del passato, i Cattolici del passato, la Chiesa prima del Concilio quasi ne fosse stata responsabile, dimenticando il rapporto amichevole, e che è un esempio concreto, fra san Pio V e l'allora Rabbino Capo di Roma... idem dell'amicizia con Pio XII, episodio a quanto pare che nessuno di Voi ha il coraggio di menzionare mai... e così far passare il Concilio Vaticano II come di una sorta di eroe contro la brutta matrigna Chiesa del passato, antisemita e colpevole dell'Olocausto!!

    No Eminenza!
    come Cattolica ed italiana, sono stufa di dovermi sentire dire che sono colpevole dell'Olocausto... [SM=g1740729]
    Se vogliamo fare storia, facciamo la storia, diversamente, basta con questi sensi di colpa!!
    L'Olocausto resterà una vergognosa pagina storica della nostra DISUMANITA', così come fu vergognoso l'Olocausto COMUNISTA le cui vittime sono state anche di più...

    Riguardo al negazionismo non mi risulta essere un dogma cattolico...
    storicamente parlando sono gli storici che lo attestano e nessuno potrebbe negare il tragico evento, ciò che si può discutere sono i NUMERI... e da quando in qua si diventa anatemi per questo?
    Forse che se fossero morti solo 500 ebrei sarebbe stato meno grave?
    o forse è grave perchè furono 6 milioni o 20 milioni? e i 40 milioni dei genocidi comunisti dove li mettiamo?
    due pesi due misure?
    abbiamo morti di serie a e di serie b?
    NON SI PUO' IMPORRE LA MEMORIA!!
    Reverdo Padre, ripeto, non si può imporre la memoria... [SM=g1740717] [SM=g1740720] possiamo sollecitare ad una RICONCILIAZIONE che non si ponga sui numeri (negazionismo sui numeri e non sui fatti) ma sulla GIUSTIZIA...sulla dignità umana da qualunque colore essa venga colpita e schiacciata...

    se non si cambia modo di ragionare non ne usciremo mai fuori!!
    nessuno ha diritti... la Memoria non è un diritto, il Sufragio E' DONO DI MISERICORDIA... ma se la Memoria la si vuole imporre con scomuniche ed anatemi, non ci siamo proprio! se la si vuole imporre perchè VOI, Cardinali, avete sensi di colpa, non coinvolgete TUTTA la Chiesa!
    Questa non è giustizia!

    P.S. l'antisemitismo cominciò, per la verità con LUTERO [SM=g1740733]
    ma si guarderà bene il Cardinale dal ricordarlo agli amici luterani [SM=g1740727]

    effettivamente, secondo l'interpretazione di alcuni, il Mea Cupla di Giovanni Paolo II avrebbe riguardato anche i peccati dei Cristiani della Riforma Protestante.... quindi, anche senza dirlo, i luterani sarebbero a posto...

    Eminenza!
    se vuole fare il Cardinale e parlare come Principe della Chiesa, tacerò e l'ascolterò, ma se vuole parlare da storico, la mia ragione, quella Fides et Ratio alla quale Giovanni Paolo II mi richiama, me lo impedisce...

    [SM=g1740733]




    Fraternamente CaterinaLD

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    00 14/12/2012 14:23

    Le pagine strappate di un libro da “dimenticare”:Pasque di sangue. Censurato dall’inorridita comunità ebraica

    Simone di Trento

    LE PAGINE STRAPPATE

    DI UN LIBRO DA “DIMENTICARE”

    PASQUE DI SANGUE:

    la verità sulle parti censurate del libro

    che ha fatto inorridire la comunità ebraica.

    Eppure scritto da uno storico non solo ebreo, 

    ma figlio del già rabbino capo di Roma:

    Ariel Toaff

     

    un dossier di Papalepapale

     

     L’articolo che noi presentiamo non pretende di parteggiare per gli uni o per gli altri, quanto piuttosto vuole osservare più da vicino la grave motivazione (semmai ce ne fosse stata una in forma ufficiale e che fino ad oggi non risulta esserci) che condusse al ritiro immediato di Pasque di sangue dalle librerie, sollevando un enorme polverone che si diradò soltanto con la censura di alcuni capitoli.
    Nel 1475 il piccolo Simone viene trovato morto a Trento.
    Per il suo omicidio furono processati e giustiziati 15 ebrei e il bambino venne beatificato: leggenda o verità? 
    Ariel Toaff ha avuto davvero il coraggio e il merito di aver riaperto il caso e non per vendetta, non per riaccendere le ventate idiote dell’antisemitismo, quanto piuttosto per dimostrare ancora una volta che solo con la verità, con il proprio esame di coscienza, assumendosi le proprie responsabilità e perdonando, si può davvero voltare pagina





    [SM=g1740771] CLICCATE QUI PER LEGGERE IL DOSSIER INTEGRALMENTE....



    Fraternamente CaterinaLD

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    00 27/01/2014 15:21

     


    <header>

      Perché ebrei e cristiani sono amici


    27 - 01 - 2014 Joseph Ratzinger</header>

     


    Perché ebrei e cristiani sono amici

     


    I fondamenti teologici dell'amicizia tra ebrei e cristiani spiegati da Joseph Ratzinger, quando era cardinale prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, in un intervento pubblicato sull’Osservatore Romano del 29 dicembre del 2000. Formiche.net lo ripropone per onorare la Giornata della Memoria


     


    Per Natale ci scambiamo dei doni, per dare gioia gli uni agli altri e partecipare così alla gioia che il coro degli angeli annunziò ai pastori, richiamando alla memoria il regalo per eccellenza che Dio fece all’umanità donandoci suo Figlio Gesù Cristo. Ma questo è stato preparato da Dio in una lunga storia, nella quale – come dice sant’Ireneo – Dio si abitua a stare con l’uomo e l’uomo si abitua alla comunione con Dio. Questa storia comincia con la fede di Abramo, padre dei credenti, padre anche della fede dei cristiani e per la fede nostro padre.


     


     


     


    LA RICONOSCENZA AGLI EBREI
    Questa storia continua nelle benedizioni per i patriarchi, nella rivelazione a Mosè e nell’esodo di Israele verso la terra promessa. Una nuova tappa si apre con la promessa a Davide ed alla sua stirpe di un regno senza fine. I profeti a loro volta interpretano la storia, chiamano a penitenza e conversione e preparano così il cuore degli uomini a ricevere il dono supremo. Abramo, padre del popolo di Israele, padre della fede, è così la radice della benedizione, in lui «si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gen 12, 3). Compito del popolo eletto è quindi donare il loro Dio, il Dio unico e vero, a tutti gli altri popoli, e in realtà noi cristiani siamo eredi della loro fede nell’unico Dio. La nostra riconoscenza va dunque ai nostri fratelli ebrei che, nonostante le difficoltà della loro storia, hanno conservato, fino ad oggi, la fede in questo Dio e lo testimoniano davanti agli altri popoli che, privi della conoscenza dell’unico Dio, «stavano nelle tenebre e nell’ombra della morte» (Lc 1, 79).

     

    LA CHIESA PRIMITIVA NON SI OPPONEVA A ISRAELE
    Il Dio della Bibbia degli ebrei, che è Bibbia – insieme al Nuovo Testamento – anche dei cristiani, a volte di una tenerezza infinita, a volte di una severità che incute timore, è anche il Dio di Gesù Cristo e degli apostoli. La Chiesa del secondo secolo dovette resistere al rifiuto di questo Dio da parte degli gnostici e soprattutto di Marcione, che opponevano il Dio del Nuovo Testamento al Dio demiurgo creatore, da cui proveniva l’Antico Testamento, mentre la Chiesa ha sempre mantenuto la fede in un Dio solo, creatore del mondo e autore di ambedue i testamenti. La coscienza neotestamentaria di Dio che culmina nella definizione giovannea «Dio è amore» (1Gv 4, 16) non contraddice il passato, ma compendia piuttosto l’intera storia della salvezza, che aveva come protagonista iniziale Israele. Perciò nella liturgia della Chiesa dagli inizi e fino ad oggi risuonano le voci di Mosè e dei profeti; il salterio di Israele è anche il grande libro di preghiera della Chiesa. Di conseguenza la Chiesa primitiva non si è contrapposta a Israele, ma credeva con tutta semplicità di esserne la continuazione legittima. La splendida immagine di Apocalisse 12, una donna vestita di sole coronata di dodici stelle, incinta e sofferente per i dolori del parto, è Israele che dà la nascita a colui «che doveva governare tutte le nazioni con scettro di ferro» (Sal 2, 9); e tuttavia questa donna si trasforma nel nuovo Israele, madre di nuovi popoli, ed è personificata in Maria, la Madre di Gesù. Questa unificazione di tre significati – Israele, Maria, Chiesa – mostra come, per la fede dei cristiani, erano e sono inscindibili Israele e la Chiesa.

     

    UNA RELAZIONE DIFFICILE
    Si sa che ogni parto è difficile. Certamente fin dall’inizio la relazione fra la Chiesa nascente ed Israele fu spesso di carattere conflittuale. La Chiesa fu considerata da sua madre figlia degenere, mentre i cristiani considerarono la madre cieca ed ostinata. Nella storia della cristianità le relazioni già difficili degenerarono ulteriormente, dando origine in molti casi addirittura ad atteggiamenti di antigiudaismo, che ha prodotto nella storia deplorevoli atti di violenza. Anche se l’ultima esecrabile esperienza della shoah fu perpetrata in nome di un’ideologia anticristiana, che voleva colpire la fede cristiana nella sua radice abramitica, nel popolo di Israele, non si può negare che una certa insufficiente resistenza da parte di cristiani a queste atrocità si spiega con l’eredità antigiudaica presente nell’anima di non pochi cristiani.

     

    UN DIALOGO COSTRUTTIVO
    Forse proprio a causa della drammaticità di quest’ultima tragedia, è nata una nuova visione della relazione fra Chiesa ed Israele, una sincera volontà di superare ogni tipo di antigiudaismo e di iniziare un dialogo costruttivo di conoscenza reciproca e di riconciliazione. Un tale dialogo, per essere fruttuoso, deve cominciare con una preghiera al nostro Dio perché doni prima di tutto a noi cristiani una maggiore stima ed amore verso questo popolo, gli israeliti, che «possiedono l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse, i patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen» (Rm 9, 4-5), e ciò non solo nel passato, ma anche presentemente «perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili» (Rm 11, 29). Pregheremo egualmente perché doni anche ai figli d’Israele una maggiore conoscenza di Gesù di Nazareth, loro figlio e dono che essi hanno fatto a noi. Poiché siamo ambedue in attesa della redenzione finale, preghiamo che il nostro cammino avvenga su linee convergenti.

     

    TUTTO E’ UN DONO
    Per ritornare allo scambio di doni natalizi con cui ho cominciato questa meditazione dobbiamo prima di tutto riconoscere che tutto ciò che noi abbiamo e facciamo è un dono di Dio, che si ottiene per mezzo della preghiera umile e sincera, un dono che deve essere condiviso tra etnie diverse, tra religioni in ricerca di una maggiore conoscenza del mistero divino, tra nazioni che cercano la pace e popoli che vogliono stabilire una società in cui regni la giustizia e l’amore. Questo è il programma tracciato dal Concilio Vaticano II per la Chiesa del futuro e noi cattolici chiediamo al Signore di aiutarci a perseverare su questa via.

     

    Intervento di Josefh Ratzinger pubblicato sull’Osservatore Romano del 29 dicembre 2000




      Il rabbino che si arrese a Cristo e che fece smettere di “protestare” alcuni protestanti

    Eugenio Pio Zolli, nato Israel Anton Zoller (1881–1956)

    Eugenio Pio Zolli, nato Israel Anton Zoller (1881–1956)

    Il rabbino capo di Roma durante la Seconda Guerra Mondiale, Israel Zolli, si convertì al cattolicesimo. Scelse di farsi battezzare, nel 1945, col nome di Eugenio Pio, in onore di Pio XII (al secolo Eugenio Pacelli), come segno di gratitudine per tutto quello che il Papa aveva fatto per il popolo ebraico durante la persecuzione nazista. Anche la moglie Emma e la figlia Myriam si convertirono.

    Zolli divenne un importante studioso della Sacra Scrittura. Si concentrava soprattutto sullo studio delle profezie anticotestamentarie compiutesi nella persona di Gesù Cristo. Sperava che tutto il suo popolo d’origine avrebbe riconosciuto, finalmente, in Gesù Cristo il messia promesso dal Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe.

    Verso i primi anni Cinquanta del secolo scorso – quando i suoi studi divennero famosi in tutto il mondo, ma soprattutto furono osteggiati nel novello stato israeliano –  fu contattato da alcuni pastori protestanti, i quali gli chiesero un incontro privato. Zolli era un po’ perplesso, ma accettò.

    I “buoni pastori” protestanti offrirono a Zolli ingenti somme di denaro affinché, con i suoi studi sulla Sacra Scrittura, trovasse le “prove” della falsità del primato di Pietro. Zolli rifiutò con sdegno e indicò loro la porta. I pastori, prima di lasciare la stanza, gli chiesero perché avesse “scelto” la Chiesa cattolica e non una di quelle protestanti.

    Il prof. Zolli, sorridendo, rispose: «Non voglio mettere in imbarazzo nessuno chiedendo: “Perché avete aspettato millecinquecento anni prima di protestare?”. La Chiesa cattolica fu riconosciuta nel mondo cristiano come la vera Chiesa di Cristo per quindici secoli consecutivi. E nessuno può fermarsi alla fine di questi 1500 anni e dire, solo allora, che la Chiesa cattolica non è la Chiesa di Cristo, senza mettersi in un serio imbarazzo. Posso ammettere l’autenticità di una sola Chiesa, quella annunciata a tutte le creature dai miei stessi antenati, i dodici apostoli che, come me, sono usciti dalla Sinagoga».

    BIBLIOGRAFIA

    “Il Rabbino che si arrese a Cristo”, di Judith Cabaud  (San Paolo, 2002).







    [Modificato da Caterina63 27/01/2014 20:27]
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    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    00 03/11/2016 00:04

    SULLA STRADA DI AGOSTINO
     
     
    Lutero, Agostino, gli ebrei

    L’autorità del vescovo di Ippona è un essenziale punto di riferimento per comprendere il destino e le vicende degli ebrei in seno alla cristianità. Finché essa è unanimemente riconosciuta, come accade nel primo millennio, intatta permane la consapevolezza del mistero significato dal popolo ebraico, consapevolezza che limita le tentazioni di emarginazione e distoglie da velleità di conversioni forzate

    di Massimo Borghesi

     
    1. Riforma ed antiebraismo

    Nel 1543, tre anni prima della sua morte, Lutero pubblica un saggio, Von den Juden und ihren Lügen, che esce ora in traduzione italiana, con il titolo Degli ebrei e delle loro menzogne1.
    Il libello, dal cui contenuto le comunità protestanti attuali hanno preso risolutamente le distanze, è di una violenza senza pari. «Esseri tanto disperati, cattivi, velenosi e diabolici fino al midollo sono questi ebrei, i quali in questi millequattrocento anni sono stati la nostra piaga, pestilenza, e ogni sventura, e continuano ad esserlo»2.
    Essi sono «velenose, aspre, vendicative, perfide serpi, assassini e figli del demonio, che pungono e nuocciono in segreto, non potendolo fare apertamente»3.

    Di fronte a loro l’unica terapia possibile è un’«aspra misericordia» (scharfe Barmherzigkeit)4, una durezza impietosa che si traduce, verso la fine del libello, in «senza alcuna misericordia»5.

    Le misure drastiche che il riformatore richiede alle autorità civili e religiose per ripulire la Germania dalla “piaga” giudaica prevedono una serie di punti.

    «In primo luogo bisogna dare fuoco alle loro sinagoghe o scuole; e ciò che non vuole bruciare deve essere ricoperto di terra e sepolto, in modo che nessuno possa mai più vederne un sasso o un resto»6.
    In secondo luogo «bisogna allo stesso modo distruggere e smantellare anche le loro case, perché essi vi praticano le stesse cose che fanno nelle loro sinagoghe. Perciò li si metta sotto una tettoia o una stalla, come gli zingari»7.
    In terzo luogo «bisogna portare via a loro tutti i libri di preghiere e i testi talmudici nei quali vengono insegnate siffatte idolatrie, menzogne, maledizioni e bestemmie»8. In quarto luogo «bisogna proibire ai loro rabbini – pena la morte – di continuare a insegnare»9.
    In quinto luogo «bisogna abolire completamente per gli ebrei il salvacondotto per le strade, perché essi non hanno niente da fare in campagna, visto che non sono né signori, né funzionari, né mercanti, o simili. Essi devono rimanere a casa»10.
    In sesto luogo «bisogna proibire loro l’usura, confiscare tutto ciò che possiedono in contante e in gioielli d’argento e d’oro, e tenerlo da parte in custodia»11.
    In settimo luogo «a ebrei ed ebree giovani e forti, si diano in mano trebbia, ascia, zappa, vanga, conocchia, fuso, in modo che si guadagnino il loro pane col sudore della fronte»12.

    A queste misure Lutero aggiunge il divieto di pronunciare il nome di Dio in presenza di cristiani. «Le boccaccie degli ebrei non devono, da noi cristiani, essere considerate degne di nominare il nome di Dio in nostra presenza: chiunque lo senta da un ebreo, lo segnali all’autorità, oppure gli getti addosso sterco di porco, se lo vede, e lo cacci via. E su questo punto nessuno sia misericordioso e benevolo»13. Lutero insiste a più riprese sul fatto che non si deve usare misericordia verso gli ebrei. Questi esseri «velenosi e diabolici» devono essere evitati: «Fate sì che non abbiano alcuna protezione né difesa, alcun salvacondotto, né vita in comune con noi»14.
    Lo scopo, com’è evidente, è di render loro la vita impossibile onde persuaderli ad andarsene. Per Lutero il rimedio effettivo è quello praticato dalla «saggezza comune di altre nazioni, come la Francia, la Spagna, la Boemia»15, cioè la loro definitiva cacciata dal Paese. «Io penso questo: se noi vogliamo rimanere immuni dall’empietà degli ebrei e non esserne partecipi, allora dobbiamo separarci e loro devono essere cacciati dalla nostra terra, che si ricordino della loro patria»16. Essi devono essere cacciati come «cani rabbiosi»17. «Io» scrive Lutero «ho fatto il mio dovere: qualcun altro, ora, veda di fare il suo! Io non ho colpa»18.

    Un’autoassoluzione, questa, che ha un suono cupo. Lutero, come padre spirituale della Germania moderna, ha una responsabilità gravissima nel processo di odio sviluppato verso la componente ebraica. Le pagine «sinistre»19 del suo pamphlet, le sue parole «indifendibili»20, giustificano la chiamata di correo che ne fu fatta al processo di Norimberga dal nazista Julius Streicher per il quale il dottor Martin Lutero «oggi, sarebbe sicuramente al mio posto sul banco degli accusati»21] Accusa questa che trova conferma in William Shirer, uno dei più insigni storici del nazismo22, così come, indirettamente, nel fatto che «oggi gli scritti polemici di Lutero contro gli ebrei non sono presenti in nessuna delle edizioni in tedesco contemporaneo»23 . In verità – posto che vi fosse bisogno di altri elementi per giudicare male Lutero – queste pagine sono vergognose.



    2. Oltre Agostino e la pax christiana del primo millennio

    La posizione di Lutero, che trova solo parzialmente comprensione nei pregiudizi antiebraici del tempo, è tanto più significativa quanto più si discosta da un iniziale scritto dell’autore, Dass Jesus Christus ein geborener Jude sei (Gesù Cristo è nato ebreo), del 1523, il quale, già nel titolo, indica un atteggiamento affatto ostile verso gli ebrei. Qui la diffidenza ebraica verso il cristianesimo è spiegata a partire dai limiti della cristianità che, chiusa e ostile verso il popolo ebraico, non ha manifestato il volto compassionevole di Gesù. In precedenza, nel febbraio del 1514, nel contesto della controversia sulla distruzione dei libri ebraici che tormentò il mondo tedesco del primo Cinquecento, egli si era dichiarato contrario al divieto del Talmud. La “tolleranza” del giovane Lutero dipendeva dalla sua fedeltà alla Scrittura. Come si deduce da una sua lettera a Georg Spalatin del febbraio 1514, i teologi di Colonia non potevano impedire agli ebrei di offendere Cristo e i suoi, attraverso la distruzione dei libri, poiché ciò era predetto dai profeti ed era contenuto nella Scrittura.
    La presenza della sinagoga, anche dopo la Chiesa, appare come un mistero che deve essere presente ai cristiani senza che essi pretendano di risolverlo in chiave politica. Le motivazioni luterane, come fa notare Adriano Prosperi, hanno un chiaro orientamento agostiniano. Prosperi, nella introduzione alla traduzione italiana di Degli ebrei e delle loro menzogne, mostra come il tardo Lutero, rompendo con la sua posizione iniziale, operi un «distacco dall’esegesi agostiniana»24, esegesi che aveva permesso la coabitazione tra ebrei e cristiani nel primo millennio.

    «Agostino» osserva Prosperi «aveva giustificato la permanenza storica della religione ebraica come provvidenziale funzione di testimonianza della verità nei confronti dei negatori – pagani, eretici – della continuità della tradizione biblica veterotestamentaria nella Chiesa cristiana. Ma aveva posto due condizioni a quella permanenza: l’una, che gli ebrei non dovessero essere maltrattati o uccisi per la loro colpa originaria; l’altra, che gli ebrei si sarebbero convertiti per ultimi alla fine dei tempi. Collegando il passo del Salmo 58, 15 con quello di Genesi 4, 15, aveva accostato la sopravvivenza degli ebrei come popolo unito da una religione a quella di Caino dopo l’uccisione di Abele. Il “segno” posto da Dio su Caino perché nessuno lo uccidesse era stato posto anche sugli ebrei: quel segno, secondo Agostino, era la loro religione. Accanto a questa funzione protettiva del “segno” posto sugli ebrei, Agostino aveva ripreso l’interpretazione paolina del Salmo 58, 15: convertentur ad vesperam: gli ebrei erano destinati a convertirsi per ultimi, alla fine dei tempi, in fine mundi»25. In tal modo «dall’attesa apocalittica della conversione finale e dal significato provvidenziale attribuito alla presenza ebraica era derivata per gli ebrei la garanzia di un libero esercizio della loro religione»26. 

    Il giudizio di Prosperi coincide qui con quello di Léon Poliakov per il quale, secondo «il più illustre padre della Chiesa, Agostino», gli ebrei dovevano «rimanere protetti nelle loro vite e nel loro culto, in quanto “popolo testimone della crocifissione”, per testimoniare così la verità del cristianesimo e l’errore dell’ebraismo. Così, in seguito, nel corso dei secoli, la Chiesa romana cercò di proteggere gli ebrei i quali, dal canto loro, considerarono i sovrani pontefici come l’ultima spiaggia. Ma generalmente, la condizione degli ebrei nel Medioevo non fu certo uniformemente tragica: certo, fu oscurata da sporadici massacri, da accuse di omicidio rituale ed altre ancora, ma per lo più essi vissero in accordo coi cristiani ed esercitarono (tranne l’agricoltura) i loro stessi mestieri»27.
    Questa tolleranza caratterizzò, secondo Poliakov, l’Occidente latino. «Viceversa, la Chiesa greca ortodossa, che si era debitamente astenuta dal canonizzare sant’Agostino, aveva rifiutato la sua dottrina. Per questo fatto, i primi zar rifiutarono di ammettere gli ebrei nelle loro terre e quando, nel XVIII secolo, la Russia imperiale si annetté ad ovest alcuni territori già popolati da ebrei, questi furono sottomessi a severe leggi eccezionali»28. 

    L’autorità di Agostino costituisce così, tanto per Prosperi quanto per Poliakov, un essenziale punto di riferimento per comprendere il destino e le vicende degli ebrei in seno alla cristianità. Finché essa è unanimemente riconosciuta, come accade nel primo millennio, intatta permane la consapevolezza del mistero significato dal popolo ebraico, consapevolezza che limita le tentazioni di emarginazione e distoglie da velleità di conversioni forzate.

    Come scrive Lucie Kaennel: «Fino all’XI secolo l’integrazione degli ebrei con la popolazione cristiana occidentale e con il mondo arabo spagnolo non presenta grandi difficoltà. Le comunità ebraiche godono della protezione dei sovrani. Mercanti ebrei assicurano le indispensabili relazioni fra la cristianità d’Occidente e il mondo islamico; tra le varie comunità religiose regna una relativa tolleranza»29. Tra il 1000 e il 1200 l’ebraismo diventa l’ideale punto d’incontro tra la cristianità latina e le grandi correnti del pensiero antico ed arabo-islamico, dando un apporto decisivo alla cultura medievale. È il tempo di Judah Halevi (1075-1141) e di Mosheh ben Maimôn, detto Maimonide (1135/38-1204), il più grande pensatore ebreo del Medioevo. La situazione cambia nel corso dei secoli XIII e XIV. Nello spirito nuovo, contrassegnato dalle crociate contro l’islam e gli Albigesi, matura anche un atteggiamento diverso. Nel 1290 gli ebrei vengono cacciati dall’Inghilterra, nel 1308 dalla Francia; è l’inizio di un processo che culmina, nel 1492, con la loro espulsione dalla Spagna. Non è facile spiegare i perché di questa «svolta netta rispetto al percorso segnato da Agostino»30. Amos Funkenstein chiama in causa l’indirizzo razionalistico della nuova filosofia e la maggior conoscenza del Talmud che faceva apparire gli ebrei moderni come “eretici” rispetto al deposito veterotestamentario31. Con ciò i vincoli posti da Agostino a tutela della componente ebraica venivano a cadere. 

    La cristianità, che riserra le sue file attorno alla “rivoluzione pontificia” del XII-XIII secolo, appare meno nelle vesti della Chiesa pellegrina, la civitas Dei agostiniana, che del regno compiuto. L’ansia di purificazione che la percorre si traduce, all’esterno, in una lotta serrata con l’impero, gli eretici, i non cristiani. Al fondo v’è il presagio che il tempo del mondo volge alla fine.
    «La Chiesa rinnovata» così Gioacchino da Fiore «sta entrando nell’età dello Spirito», l’epoca finale della storia. Anche Lutero condivide questa visione “apocalittica”; anche per lui è scoccata l’ora decisiva nella lotta pro o contro l’Evangelo. A partire da qui si precisa la sua concezione dell’avversario, ebreo, papista, turco, pagano, eretico32.
    Se ciò è vero, l’antiebraismo moderno, e ciò non è stato notato a sufficienza, troverebbe una chiave esplicativa nella tensione apocalitticache, a partire dal Medioevo, percorre gli animi. In ciò la rottura con la tradizione agostiniana – Gioacchino da Fiore contro Agostino33 – per la quale la civitas Dei e la civitas hominis restano perplexae sino alla fine, e il conseguente ultimatum, dato agli ebrei, di convertirsi o di andarsene dal mondo “cristiano”. 



    3. Ecclesia spiritualis. Marcionismo ed antiebraismo


    Il pregiudizio antiebraico che contrassegna la modernità segue due strade. Una è data dal ritorno all’antico contro il moderno contrassegnato dalla tradizione ebraico-cristiana. È la via del neoclassicismo tedesco che, culminante in Nietzsche, assume la forma di un ritorno al paganesimo ellenico nei suoi valori e nelle sue divinità. Questa corrente, che troverà una sua espressione radicale nella mitologia nazionalsocialista, è palese nel pensiero di Walter Otto e di Martin Heidegger. 
    L’altra strada, che percorre il sentimento antiebraico, è quella che matura a partire da un “cristianesimo spirituale” fondato sull’antitesi tra Nuovo e Antico Testamento, tra l’amore e la legge. Un’antitesi che richiama la posizione di Marcione che Agostino aveva idealmente avversato opponendosi al manicheismo.
    Nel corso del moderno la posizione marcionita è un portato della Riforma nella misura in cui la nuova Ecclesia spiritualis vede negli ebrei i rappresentanti della legge intesa come utogiustificazione. «In essi, Lutero vede la Chiesa carnale, specchio negativo per la Chiesa spirituale che ha in mente. Il pericolo che essi rappresentano va molto al di là dell’ambito ebraico. Gloriarsi della propria giustizia, praticare una religione fatta di cerimonie e di riti esteriori, è quel che fanno molti cristiani»34. L’ebreo diviene, in tal modo, il criterio di paragone, in negativo, per stabilire la vera religione. L’ebreo, al pari del cattolico, persegue l’autogiustificazione tramite le opere della legge di contro alla dottrina evangelica che richiede la giustificazione attraverso la grazia di Dio. Con ciò il legalismo romano, “papista”, viene accostato a quello ebraico.

    Il cattolicesimo è un “cristianesimo ebraico”, mondano, che ha dimenticato la giustificazione mediante la grazia. Di contro a questo cristianesimo “carnale” sta quello “spirituale” ripristinato dalla Riforma. Si può osservare come questa contrapposizione non sia solo dei riformatori. Essa è presente anche negli umanisti. Per Erasmo da Rotterdam, che dimostra nei suoi scritti «una ostilità antiebraica profondamente radicata»35 al punto da rallegrarsi dell’espulsione degli ebrei dalla Francia, l’antitesi tra ebraismo e cristianesimo è antitesi tra la carne e lo spirito, tra una ritualità esteriore e una fede interiore. 

    È la stessa contrapposizione che, in forme mutate, ritroviamo nell’illuminismo per il quale al deismo come vera religione (interiore, razionale, universale) si oppone la fede ebraica (esteriore, legalistica, particolare) fondata sulla scandalosa pretesa dell’elezione divina e sulla “schiavitù” della legge. Da questo punto di vista non deve sorprendere, anche se la cosa può risultare non facile da accettare, l’ostilità che una parte cospicua dell’illuminismo nutre verso l’ebraismo36. Dal padre della tolleranza, Voltaire37, a Gibbon, Reimarus, Kant, il risentimento antiebraico è una costante.

    Come scrive Elena Loewenthal «antisemiti lo sono stati tutti: laici e religiosi, riformatori e conservatori, reazionari e rivoluzionari. Illuministi, atei. L’antisemitismo deve molto a questi “apporti trasversali”, lo sterminio nazista trovò non scarsa legittimazione e supporto anche nel fatto che i Voltaire, i Lutero, i Kant e via di seguito non avessero mostrato particolare simpatia per il popolo eletto e disperso»38. 

    Ciò che preme qui osservare è come questa “trasversalità” non sia casuale ma l’esito consequenziale di una “religione pura” che vede nell’ebreo l’anti-tipo, il modello di una fede esteriore, politica, particolaristica, carnale. Si tratta di un antisemitismo gnostico che rilegge alla luce di Marcione la dialettica luterana tra Legge ed Evangelo, Antico e Nuovo Patto.
    È quanto emerge dagli scritti giovanili di Hegel, colmi di furore antigiudaico39, così come in una parte consistente della cosiddetta teologia liberale tesa a liberare il cristianesimo da ogni possibile dipendenza veterotestamentaria.
    Jacob Taubes in Die Politische Theologie des Paulus ha colto molto bene questa direttrice di pensiero nell’opera di Adolf von Harnack la cui riflessione, non a caso, si è misurata a lungo con la figura di Marcione40. Era il padre di Harnack, Theodosius, che in un suo studio su Lutero aveva riletto la coppia Legge-Vangelo in termini decisamente marcioniti41ï Ripresa dal figlio, questa impostazione conduceva al rifiuto dell’elemento veterotestamentario. Questo rifiuto era, secondo Taubes, «il segreto del protestantesimo tedesco liberale, che nel 1933 non fu poi in grado di superare la prova»42. 



    4. La Chiesa e Israele

    L’ideale apocalittico di una Chiesa di puri giunti all’epoca finale della storia, ideale che in forme ereticali ed utopiche solca la modernità, non può tollerare ciò che Heinrich Schlier, in una splendida conferenza del 1939, chiama il mistero di Israele, mistero fondato sul fatto che anche dopo la Chiesa «Dio non ritira la sua promessa a questo popolo»43. Ciò significa che «Israele non perirà giammai né per l’impazienza dei popoli né per la propria. Esso riposa sulla pazienza di Dio»44. Pazienza che porterà alfine alla salvezza dell’«intero Israele»45.
    Schlier, commentando Paolo, reincontra idealmente la posizione di Agostino. Ciò non è senza significato. La riattualizzazione di tale posizione, alla luce dell’intolleranza moderna e della tragedia della Shoah, assume, infatti, un valore del tutto particolare per la Chiesa e per le confessioni cristiane. 

    L’esistenza ebraica è, innanzitutto, un’ammonizione per la Chiesa. Essa le ricorda che è pellegrina, civitas Dei in senso agostiniano; non è ancora la pienezza del Regno. Come scrive Franz Rosenzweig a Eugen Rosenstock: «Noi siamo il monumento che eternamente vi ammonisce del vostro non-ancora»46. 
    La Chiesa, in secondo luogo, ha bisogno di Israele, come popolo autentico che vive l’alleanza con Dio nella storia, per non cedere alla tentazione (gnostica) della Ecclesia spiritualis.

    È questa, secondo Alain Besançon, la lezione che ne trae Vladimir Solov’ëv, nel suo Gli ebrei e la questione cristiana, scritto dopo le leggi antisemite promulgate in Russia nel 1882. «La riflessione su Israele fa intravvedere a Solov’ëv che la religione non è un messaggio, ma una storia; e non è nemmeno “evoluzione”, o schema storiosofico, ma si legge in fatti non ripetibili, quali sono stati vissuti da un popolo scelto in una regione particolare, in un tempo dato, con le sue idiosincrasie irriducibili»47. Con ciò Solov’ëv «si sbarazza dell’eresia marcionita»48 presente nel sublime tolstojano così come nel patetismo dei Fratelli Karamazov o dell’Idiota. Analogamente a Solov’ëv anche Charles Péguy, secondo von Balthasar, ha colto in Israele il modello del point d’intersection tra il tempo e l’eterno. «Il fatto che Gesù era ebreo, solidale con il popolo, con il destino degli ebrei, rimane per Péguy il punto di partenza per il giusto equilibrio fra spirituel e charnel (temporel)»49. 

    La Chiesa, da ultimo, come Chiesa pellegrina e al contempo radicata nella storia, non può non rispecchiarsi nel peculiare destino di Israele, popolo umiliato e offeso cui non è stato risparmiato nulla del dolore del mondo. Tutto ciò, dopo l’esperienza indicibile della Shoah assume un significato del tutto particolare. Come ha scritto Luigi Giussani «L’Olocausto è diventato una pedagogia per tutti i cristiani; come un marchio doloroso e ingiusto la Shoah è proposta dalla più fervida cultura ebraica come argomento cardine anche per l’umanità, quale debba essere»50. Per la Chiesa ciò significa consapevolezza, drammatica, che «la fatica della fedeltà nell’attesa di Dio si realizza anche come croce nella vita dei credenti»51. 
    La coscienza di questi tre fattori, per cui la Chiesa è itinerante nel mondo, radicata nella storia, segnata dal legno della croce, chiariscono l’importanza della figura e della realtà di Israele per la Chiesa. «Noi» affermava Pio XI opponendosi alle leggi razziali di Hitler «siamo spiritualmente degli ebrei». L’asserzione di questo grande Pontefice testimonia della consapevolezza del “mistero” di Israele, consapevolezza perdutasi nei meandri della modernità, delle sue utopie, delle sue aberrazioni. 




    NOTE

    1 M. Lutero, Degli ebrei e delle loro menzogne, introduzione di A. Prosperi, tr. it. Torino 2000.

    Op. cit., p. 200.
    Op. cit., p. 203.
    Op. cit., p. 187.
    Op. cit., p. 221.
    Op. cit., pp. 188-189.
    Op. cit., p. 190.
    Ivi.
    Op. cit., p. 191.
    10 Ivi.
    11 Op. cit., p. 192.
    12 Op. cit., p. 195.
    13 Op. cit., p. 214.
    14 Op. cit., p. 198.
    15 Op. cit., p. 196.
    16 Op. cit., p. 215.
    17 Op. cit., p. 222.
    18 Ivi.
    19 D. Garrone, introduzione a: L. Kaennel, Luther était-il antisémite?, Genève 1997; tr. it.: Lutero era antisemita?, Torino 1999, p. 14.
    20 L. Kaennel, Lutero era antisemita?cit., p. 69.
    21 Cit. in: L. Kaennel, cit., p. 21.
    22 W. L. Shirer, The Rise and Fall of the Third Reich: a History of Nazi Germany, New York 1960, p. 236. Nella traduzione tedesca (Köln 1961) il passo su Lutero è omesso. 
    23 D. Garrone, introduzione a: L. Kaennel, cit., p. 15.
    24 A. Prosperi, introduzione a: M. Lutero, cit., p. XXXVII.
    25 Ivi.
    26 Op. cit., p. XIX.
    27 L. Poliakov, introduzione a: AA. VV., Histoire de l’antisémitisme 1945-1993, Paris 1994; tr. it.: Storia dell’antisemitismo 1945-1993, Firenze 1996, p. 7.
    28 Op. cit., pp. 7-8.
    29 L. Kaennel, cit., p. 29.
    30 A. Prosperi, introduzione a: M. Lutero, cit., p. XXII.
    31 A. Funkenstein, Basic Types of Christian Ant-Jewish Polemics in the Later Middle Ages, in Viator, 2 (1971), pp. 373-382.
    32 Cfr. H. Oberman, Wurzeln des Antisemitismus. Christenangst und Judenplage im Zeitalter von Humanismus und Reformation, Berlin 1981; A. Agnoletto, La tragedia dell’Europa cristiana nel XVI secolo. Dalla giudeofobia di Lutero agli umanisti Jonas e Melantone, Milano 1996.
    33 Cfr. M. Borghesi, L’“età dello Spirito” e la metamorfosi della città di Dio, in Il Nuovo Areopago, 4 (1994), pp. 3-27.
    34 A. Prosperi, introduzione a: M. Lutero, cit., p. XXXVIII.
    35 A. Prosperi, cit., p. XXXII. Sull’argomento cfr. G. Kisch, Erasmus’ Stellung zu Juden und Judentum, Tübingen 1969.
    36 Cfr. AA. VV., Judentum im Zeitalter der Aufklärung, Bremen-Wolfenbüttel 1977.
    37 Voltaire, Juifs, introduzione di E. Loewenthal, Milano 1997.
    38 E. Loewenthal, L’illuminismo rovesciato, introduzione a: Voltaire, cit., p. XXIII.
    39 Cfr. M. Borghesi, L’età dello Spirito in Hegel. Dal Vangelo “storico” al Vangelo “eterno”, Roma 1995, pp. 169 sgg. 
    40 A. von Harnack, Marcion. Das Evangelium vom fremden Gott. Eine Monographie zur Geschichte der Grundlegung der katholischen Kirche, Leipzig 1921.
    41 Th. Harnack, Luthers Theologie mit besonderer Beziehung auf seine Versöhnungs- und Erlösungslehre, Erlangen 1862. 
    42 J. Taubes, Die politische Theologie des Paulus, München 1993; tr. it.: La teologia politica di san Paolo, Milano 1997, p. 116.
    43 H. Schlier, Die Zeit der Kirche, Freiburg-Basel-Wien 31962; tr. it.: Il tempo della Chiesa, Bologna 1965, p. 389.
    44 Op. cit., p. 390.
    45 Ivi.
    46 Fr. Rosenzweig, Gesammelte Schriften, I, The Hague 1979; tr. it. (parziale): F. Rosenzweig - E. Rosenstock, La radice che porta. Lettere su ebraismo e cristianesimo, Genova 1992, p. 111.
    47 A. Besançon, La falsification du Bien. Soloviev et Orwell, Paris 1985; tr. it.: La falsificazione del bene. Solov’ëv e Orwell, Bologna 1987, p. 64.
    48 Ivi.
    49 H. U. von Balthasar, Herrlichkeit. Eine theologische Ästhetik, vol. II/2, Laikale Stile, Einsiedeln 1969; tr. it.: Gloria. Una estetica teologica, vol. III. Stili laicali, Milano 1976, p. 393.
    50 L. Giussani, Noi siamo degli ebrei, in la Repubblica, 2 gennaio 1999.
    51 Ivi


    [Modificato da Caterina63 03/11/2016 00:20]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)