DIFENDERE LA VERA FEDE

Il Segretario personale del Papa, Benedetto XVI , mons. Georg nominato Vescovo

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    Caterina63
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    00 27/01/2009 00:04
    il nuovo Segretario del Papa che si affianca al segretario mons. Georg, è un sacerdote maltese, ottobre 2007:


    Sacerdote maltese, secondo segretario del Papa


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    Monsignor Alfred Xuereb


    CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 12 settembre 2007 (
    ZENIT.org).- Monsignor Alfred Xuereb, sacerdote di Malta, ha preso servizio come nuovo segretario personale di Papa Benedetto XVI.

    Il sacerdote maltese succede a monsignor Mieczyslaw Mokrzycki, conosciuto come “Don Mietek”, assistente personale di Papa Giovanni Paolo II dal 1996 alla sua morte e poi di Papa Benedetto XVI.

    Il presbitero polacco resterà in Vaticano per aiutare monsignor Xuereb fino al 29 settembre, quando verrà consacrato Arcivescovo coadiutore dell’Arcidiocesi di rito latino di Lviv, in Ucraina.

    Nel suo nuovo ruolo, monsignor Xuereb affiancherà monsignor Georg Gaenswein, il sacerdote tedesco che il Papa ha portato con sé nel Palazzo Apostolico come suo segretario personale.

    Oltre a gestire l’ufficio privato del Papa, i segretari personali vivono negli appartamenti papali, concelebrano la Messa con il Pontefice ogni mattina e consumano i pasti con lui.

    Entrambi i segretari accompagnano il Papa nei viaggi all’estero e almeno uno di loro si unisce al Papa nelle sue vacanze estive sulle Alpi italiane e nella residenza estiva di Castel Gandolfo.

    La notizia della nomina di monsignor Xuereb era già stata diffusa a luglio dall’arciprete della Basilica di San Giorgio, monsignor Joseph Farrugia, che ha dato l’annuncio prima della Messa Pontificale nella festa di San Giorgio.

    Monsignor Xuereb è nato il 14 ottobre 1958 ed è stato ordinate sacerdote il 26 maggio 1984. Ha celebrato la sua prima Messa solenne nella Basilica di San Giorgio nel contesto delle festività di luglio in onore del santo.

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    Da professore e studioso a segretario di un Papa: c’è stata una scuola di “etichetta papale”?, domanda Seewald. “Assolutamente no - risponde don Georg -, ho solo avuto un colloquio a quattr’occhi con il mio predecessore, Stanislao Dziwisz. E’ stato circa due settimana dopo l’elezione e l’ingresso nell’Appartamento. Mi ha messo in mano una busta in cui c’erano alcune carte e la chiave di una cassaforte, una cassaforte molto vecchia fabbricata in Germania; poi mi ha detto solo: tu adesso hai un compito molto importante e molto bello, ma molto molto difficile. L’unica cosa che ti posso dire è che il Papa non deve essere schiacciato da niente e da nessuno, come fare lo devi capire da solo”.

    ROMA, venerdì, 27 luglio 2007 (
    ZENIT.org).- Benedetto XVI ha terminato questo venerdì le sue vacanze a Lorenzago di Cadore, nelle Dolomiti, e si è trasferito nella residenza pontificia di Castel Gandolfo.

    Sono state “vacanze un po' monastico-benedettine”, ha spiegato monsignor Georg Gaenswein, suo segretario, in riferimento alle brevi uscite in montagna del Papa per dedicare la maggior parte del tempo alla preghiera, alla meditazione e al lavoro nella villa di Lorenzago, dove ha alloggiato in questi 19 giorni.

    In un’intervista concessa al quotidiano “Il Giornale”, monsignor Gaenswein ha sintetizzato così i giorni di vacanza del Papa.

    “Ogni giorno comincia con la Santa Messa, seguono il ringraziamento, il breviario e la meditazione. Poi c’è la prima colazione e dopo il Santo Padre si dedica alla lettura, allo studio, allo scrivere, alla meditazione”.

    “All’una c’è il pranzo e subito dopo il Papa fa una breve passeggiata nel parco attorno alla casa. È stato preparato un bellissimo sentiero nel bosco che circonda la residenza, con una semplice cappella-capanna, una statua della Madonna scolpita da un forestale, delle panchine di legno, dei bei vasi di fiori di gerani in diversi posti”.

    “Dopo il riposo il Santo Padre torna ai libri, ai manoscritti, allo studio, alla preghiera, al pianoforte. Ogni tanto ascolta anche un Cd con musica classica”.

    “Verso le ore 18.00 Benedetto XVI esce per fare delle passeggiate nei boschi o laghi vicini. Alle ore 19.30 si cena, poi si guarda il telegiornale e dopo un’ulteriore passeggiata nell’ambito della casa il Santo Padre si ritira”.

    Il Papa ha ricevuto anche visite per dare seguito alle principali questioni relative al governo della Chiesa, come quella del Segretario di Stato, il Cardinale Tarcisio Bertone, e quella dell'Arcivescovo di Hong Kong, il Cardinale Joseph Zen Ze-kiun.

    Dai Colli Albani di Castel Gandolfo, il Papa continua ora il suo ministero fino alla fine dell’estate, che sarà interrotta per l’incontro con i giovani italiani nel santuario di Loreto, il 1° e il 2 settembre, e il viaggio apostolico in Austria, del 7 al 9 dello stesso mese. Il 23 settembre il Papa realizzerà una visita pastorale a Velletri, vicino a Castel Gandolfo.

    Domenica prossima il Santo Padre reciterà l'Angelus dalla residenza estiva. Mercoledì prossimo, 1° agosto, celebrerà con gli Scout i cent’anni della loro creazione durante l’udienza generale del mercoledì.
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    Vogliamo essere veramente segno di contraddizione?

    Altro non vi dico (…) Non vorrei più parole, ma trovarmi nel campo della battaglia, sostenendo le pene, e combattendo con voi insieme per la verità infino alla morte, per gloria e lode del nome di Dio, e reformazione della Santa Chiesa…”
    (Santa Caterina da Siena, Lettera 305 al Papa Urbano VI ove lottò fino alla morte per difendere l’autorità del Pontefice)

    Il vero volto (trascurato dai media) di mons. Georg
    di Fra’ Sistino
    CITTA’ DEL VATICANO - Uno dei miei confratelli conosce un po’ di tedesco, così l’altra sera, dopo i Vespri, ci siamo messi tutti insieme ad ascoltare la traduzione dell’intervista che don Georg ha rilasciato al grande Peter Seewald.

    Finalmente un’intervista come si deve! Non era la prima volta che si leggevano dichiarazioni e opinioni del segretario particolare di Benedetto XVI, ma gli intervistatori si fermavano spesso in superficie. E così si parlava di “Georg il bello e sportivo”, al limite dell’uomo che tiene l’agenda, o si cercava suo tramite di “spiare” l‘intimità dell’Appartamento. Un po’ poco.

    Invece Seewald ha saputo andare oltre, ha saputo farci conoscere Monsignor Gaenswein e il suo percorso interiore, il perché di una vocazione adulta, la fatica e la consapevolezza di una scelta, la dedizione totale al Successore di Pietro, l’allegria di una vita impegnativa.


     

    Come al solito, i giornalisti italiani hanno visto solo un pezzettino di questo panorama: la difesa “d’ufficio” della Lectio Magistralis di Ratisbona. E’ certo che sui temi dottrinali il Papa e il suo segretario sono sostanzialmente d’accordo. Altrimenti il Cardinale Joseph Ratzinger non avrebbe scelto Gaenswein nel 2004 come suo braccio destro. Ma chi immaginava che, nonostante studiasse “volentieri e con facilità”, all’inizio don Georg trovasse lo studio del diritto canonico: ”Secco come una cava di pietra polverosa dove non c’è la birra, talmente secco che si muore”?

    Eppure per anni ha insegnato questa disciplina e sente molto oggi la mancanza della vita accademica e del confronto con gli studenti. Fu il relatore della tesi Winfried Aymans a fargli amare il diritto. E con successo. Da professore e studioso a segretario di un Papa: c’è stata una scuola di “etichetta papale”?, domanda Seewald. “Assolutamente no - risponde don Georg -, ho solo avuto un colloquio a quattr’occhi con il mio predecessore, Stanislao Dziwisz. E’ stato circa due settimana dopo l’elezione e l’ingresso nell’Appartamento. Mi ha messo in mano una busta in cui c’erano alcune carte e la chiave di una cassaforte, una cassaforte molto vecchia fabbricata in Germania; poi mi ha detto solo: tu adesso hai un compito molto importante e molto bello, ma molto molto difficile. L’unica cosa che ti posso dire è che il Papa non deve essere schiacciato da niente e da nessuno, come fare lo devi capire da solo”. Cosa c’è nella busta?, chiede l’intervistatore: ”Non glielo dirò. Sono cose che si tramandano da un segretario del Papa ad un altro”.

    Una risposta che bene si addice a chi, il giorno dell’elezione, si è inginocchiato davanti al nuovo Pontefice dicendo: ”Santo Padre, Le prometto la mia obbedienza, la mia fedeltà, il mio impegno in tutto quello che Lei chiederà, sono a Sua disposizione con tutte le mia forze, senza riserve”. Una tenacia che il figlio del fabbro della Foresta Nera dimostra anche nel lavoro quotidiano nell’ambiente della Curia Romana: ”Il Vaticano è anche una corte e ci sono chiacchiere e pettegolezzi da corte. Ma ci sono anche frecce che vengono scagliate in maniera consapevole e mirata. All’inizio ho dovuto imparare a conviverci”.



     

    Naturale poi la domanda successiva: il Papa ha problemi con la Curia? “Uno sguardo sulla storia dice sì, può succedere. Un punto debole sono sicuramente le indiscrezioni. Purtroppo ci sono sempre fughe di notizie sulle nomine, sull'elaborazione di documenti o sulle misure disciplinari. Non è solo spiacevole, c’è anche il pericolo che venga esercitata un'influenza dall’esterno che porta con sè irritazioni”.

    Lucido e chiaro. Del resto Monsignor Gaenswein viene da una famiglia grande e schietta, ha fatto il postino per guadagnare qualcosa, è stato il figlio maggiore con la responsabilità dei fratelli, ma ascoltava i Pink Floyd e discuteva con il padre per il taglio dei capelli. Sognava di fare l’agente di borsa, ma poi ha incontrato la teologia e ha capito che: ”Non potevo andare a velocità ridotta, o fai tutto o lasci, solo un po’ di teologia non serve a niente”.


    Peter Seewald lo “interroga” anche su ecumenismo e rapporto con le donne, sulla giornata del Papa e il modo di lavorare di Benedetto XVI, poi gli chiede come è la convivenza in Appartamento. ”La Famiglia pontificia è in realtà un’allegra convivenza internazionale: due tedeschi, un polacco e quattro italiane che prima praticamente non si conoscevano. Il primo passo importante è stato trovare un modus vivendi, ma già dopo poco tempo si è sviluppata un’atmosfera molto cordiale e familiare, la lingua comune è l’italiano. Una piccola correzione - dice don Georg - sul fatto che vediamo la televisione insieme: è pura fantasia, al massimo la sera il Santo Padre e i due segretari vedono il notiziario insieme”.

    Parla delle amicizie, del suo ritmo di lavoro, dei frutti del pontificato di Benedetto “che - dice - può portare forza e coraggio alla Fede e la consapevolezza che la Fede cattolica è una cosa grande, un dono di Dio che però non viene imposto, ma vuole essere accettato liberamente”.

    Un bell’insegnamento di stile per i giovani che magari pensano di dedicare la loro vita a Dio, o che hanno difficoltà a scegliere la strada. Grazie, don Georg, per la bella testimonianza; grazie Peter Seewald per aver saputo andare oltre la “scorza”. Quanto ai media italiani, peccato che non abbiano saputo leggere questo racconto di vita, e che chiedano a Gaenswein solo le cose che si vorrebbero sapere da un maggiordomo, mentre lui è il segretario del Papa.

    *********
    Bellissima la chiusura...non è un maggiordomo.....


    30 luglio 2007

    Intervista integrale a Mons. Georg Gänswein (traduzione completa in italiano)


    Intervista a Mons. Georg Gänswein (versione originale, in tedesco)

    Intervista a Mons. Georg Gänswein (versione francese, a cura di Ruedi)





    Cari amici, pubblichiamo la traduzione integrale, in italiano, dell'intervista che il segretario personale del Santo Padre, Mons. Georg Gänswein, ha rilasciato al giornalista-scrittore tedesco Peter Seewald al quale vanno tutti i nostri complimenti per la professionalita' e l'intelligenza dimostrata nel porre le domande.
    E' stato possibile tradurre l'intervista in italiano grazie all'enorme e faticoso lavoro del nostro amico Ruedi, che ha, a sua volta, tradotto il testo dal tedesco al francese. A Ruedi va tutta la nostra gratitudine e la nostra amicizia :-)
    Un ringraziamente anche a Luisa, la "consulente linguistica" della versione franco-italiana :-)
    Buona lettura a tutti e complimenti a Don Georg per la profondita' del suo pensiero e per la grande disponibilita'
    .
    Raffaella

    TRADUZIONE IN ITALIANO:

    Süddeutsche Zeitung – 27 juillet 2007

    Intervista a Georg Gänswein di Peter Seewald

    "Il Papa e' sempre vestito di bianco anche quando guarda la televisione"

    Quando si ha l'occasione unica di parlare con il segretario personale di Benedetto XVI, si possono anche affrontare delle questioni certamente di attualita' perche' alla fine dei conti
    Georg Gänswein abita con il Papa in una sorta di "comunita' di abitazione
    ".

    P.S. Monsignore, come sta il Papa?

    G.G. Sta bene, si sente bene, lavora molto con una grande velocita'.

    Egli utilizza la cyclette che gli ha prescitto il suo medico Buzzonetti?

    Questa bicicletta di trova nel nostro appartamento privato.

    Che cosa vuol dire?

    Essa e' gentilmente la': pronta per essere utilizzata.

    A suo tempo il cardinale Ratzinger desiderava andare in pensione, perche' si sentiva stanco.

    Con l'elezione a Papa, e' accaduto qualcosa a cui non aspirava e che non voleva.
    Ma - quando successivamente si e' a poco a poco inserito nella Volonta' di Dio - sono convinto che la Grazia di Stato ha lasciato e lascia delle tracce visibili nella persona e nell'azione.

    Come ha reagito il Papa alla notizia dell'elezione?

    Io ho raggiunto la Cappella Sistina nel momento in cui un cardinale dopo l'altro si inginocchiava davanti al Papa per prestargli giuramento di obbedienza. Il suo viso era bianco quasi come la sua veste bianca e lo zucchetto che ha sulla testa. Egli aveva un'aria estremamente commossa.

    Che cosa Le e' passato per la testa in quel momento?

    E' stato come una tempesta vorticosa, trovare dei pensieri chiari assolutamente impossibile. Anche i giorni seguenti, era come uno tsunami.

    E quando ha saputo che la Sua vita stava per cambiare radicalmente?

    E' stato cosi': al momento dell'omaggio, quando e' arrivato il mio turno dopo i cardinali, ho detto: "Santo Padre, io Le prometto obbedienza, fedelta', il mio impegno in tutto cio' che Lei mi ordina. Io mi metto a Sua disposizione con tutte le mie forze, senza limiti".

    E la risposta?

    Egli mi ha guardato, annuito con la testa e ringraziato.

    Il Suo stipendio è cambiato?

    Non guadagno ne' di piu' ne' di meno rispetto a prima. La sola differenza e' che l'indirizzo sulla mia busta-paga e' cambiato.

    Il figlio di un fabbro viene da un villaggio di 450 anime nella Foresta Nera che viaggia in elicottero accanto al Santo Padre e condivide la preoccupazione per la Chiesa Universale - ci si domanda: Perche' io? Che cosa vuole Dio da me?

    Effettivamente mi sono posto questa domanda, e non soltanto una volta. E' un lavoro che non e' prevedibile. Quando ho promesso al Santo Padre fedelta' ed obbedienza, ho cercato di rispondere a questa domanda. In questo personalmente ho visto anche io il dito di Dio che mi ha messo di fronte a questo lavoro senza sosta.

    Probabilmente Lei e' il primo segretario pontificio della storia della Chiesa che si trova egli stesso insieme al Pontefice nel mirino del pubblico: i magazines popolari adorano il « sunnyboy en soutane ». Secondo la Schweizer Weltwoche Lei sarebbe senza dubbio l'uomo in talare piu' bello che si sia mai visto in Vaticano. Donatella Versace Le ha persino dedicato una linea di moda. Lei e' infastidito per essere il "beniamino delle donne"?

    Non sono arrossito per questo, la cosa mi ha un po' irritato. Non e' offensivo e dapprima mi ha anche lusingato, non e' un peccato.
    Prima non mi ero mai confrontato cosi' direttamente e frontalmente con il mio aspetto fisico. Poi ho rimarcato che questa e' piu' che altro una manifestazione di simpatia: un bonus non un malus. Ci si puo' adattare.
    Tuttavia, mi augurerei anche che non ci si fermi all'aspetto esteriore, ma che si prenda coscienza della sostanza che sta sotto l'involucro.

    Lei riceve lettere d'amore?

    Si', di tanto in tanto.

    Lei una volta ha parlato di "invidia clericale"

    Dissi questo in relazione ad alcune frasi che mi calunniavano: "Questi vuole guadagnare potere, vuole mettersi in mostra, e cose simili. Ci sono stati e ci sono dei pettegolezzi stupidi e malevoli, alcune volte si mente spudoratamente. Ma io non me ne curo piu'.

    Anche in Vaticano?

    Il Vaticano e' anche una "Corte di Stato" e ci sono infatti i pettegolezzi di corte. Ma ci sono anche delle frecce che vengono tirate molto consapevolmente e ben indirizzate. Ho dovuto imparare a fare lo stesso.

    Sembra che Lei sia a disposizione per la sede vacante di Monaco.

    Si tratta di "uova non deposte". Deliberatamente inventate, tirate per i capelli.

    Nessuno pensava che fosse possibile che un successore di un "Papa del millennio" come Karol Wojtyla potesse avere successo cosi' in fretta. Ora tutto e' cambiato. Non solo perche' Papa Benedetto XVI attira il doppio dei visitatori e i suoi libri sono venduti in milioni di edizioni. Papa Ratzinger e' nello stesso tempo riconosciuto come uno dei pensatori piu' significativi del nostro tempo. E contrariamente al suo predecessore non e' eccessivamente criticato (FORSE IN GERMANIA, NOTA DI RAFFAELLA).Che cos'ha lui che altri non hanno?

    Il fatto di essere Papa da' ovviamente una maggiore accessibilita', una maggiore possibilita' di azione e anche una grande forza di penetrazione. Un conoscitore di cose romane ha detto una volta durante il viaggio del Papa in Baviera: Giovanni Paolo II ha aperto i cuori, Benedetto XVI li riempie. In questo c'e' del vero. Il Papa raggiunge il cuore degli uomini, si rivolge ad essi, ma non parla di lui, egli parla di Gesu' Cristo, di Dio, e in un modo moderno, comprensibile, convincente. E' questo cio' che gli uomini cercano. Benedetto XVI offre un nutrimento spirituale.

    Giovanni Paolo II voleva che il cardinale Ratzinger diventasse il suo successore?

    Su questo sono state fatte molte speculazioni. Non lo so.
    Comunque, malgrado le reiterare richieste di dimissioni di Ratzinger da Prefetto della Congregazione per la fede, egli non gli ha mai concesso il congedo dal suo incarico.

    Lei considera questo una sorta di "Argomentum e silentio", una sorta di conclusione dal silenzio?

    E' possibile. E' vero che Papa Giovanni Paolo II ha spesso detto ai suoi collaboratori piu' stretti: Vorrei vedere il cardinale Ratzinger, ho bisogno di lui come "testa teologica". Da cio' sarebbe possibile dedurre qualcosa...

    Il Palazzo Apostolico e' diventato piu' tranquillo. Benedetto XVI ha notevolmente ridotto il numero delle udienze e raramente ha ospiti a pranzo. Cio' significa che si lavora meno, giustamente sotto un tedesco?

    Non si lavora meno ma in modo piu' concentrato. Il Papa ha un lavoro rigoroso e rapido. Per fare cio' ha bisogno di tempo: per leggere, per studiare, per pregare, per riflettere, per scrivere.
    Cio' non e' possibile se non grazie ad una organizzazione rigorosa, se non si cambiano alcune cose o le si abolisce a favore di quelle piu' importanti.

    Cio' significa che il suo predecessore era un po' superato sul piano concettuale, organizzativo?

    Assolutamente no. Con Giovanni Paolo II, rispetto ai pontificati precedenti, tutto e' diventato superlativo. Pensi solo al numero delle udienze, dei viaggi, dei documenti, delle celebrazioni liturgiche o anche alle Sante Messe mattutine nella cappella privata dei Papi, dove erano sempre invitate numerose persone.
    Questo costa giorno dopo giorno una quantita' enorme di tempo, che si deve risparmiare. Per Benedetto XVI un tale ritmo sarebbe impensabile. Dopo tutto, Giovanni Paolo II non e' diventato Papa a 78 anni, ma a 58.

    Alla fine dell'era Wojtyla, parecchie cose sono rimaste in sospeso...

    E' un segreto di Pulcinella che Papa Giovanni Paolo II non si mai preoccupato molto della curia romana. Non e' una critica ma semplicemente un fatto. Il Papa attuale ha lavorato negli ultimi 23 anni al posto piu' importante della curia. Egli la conosce meglio di chiunque. Questo per lui e' un'esperienza unica ed un enorme vantaggio.

    Un Papa puo' avere dei problemi con la curia?

    Uno sguardo alla storia lo dimostra: si', puo' capitare. Un punto di debolezza e' senza dubbio l'indiscrezione. Purtroppo e' che cosi' che si hanno spesso delle fughe di notizie sulle nomine, sulla elaborazione dei documenti, sui provvedimenti disciplinari...
    Non e' solo spiacevole. Comporta anche il pericolo che sia possibile esercitare coscientemente un'influenza dall'esterno che produce irritazione.
    Un altro punto, vista la composizione internazionale della curia romana, e' che esistono delle differenti mentalita', diversi stili di lavoro, di rappresentazione, dei tempi e dei caratteri personali che si scontrano. Si arriva al punto che cio' produce delle scintille.

    In fin dei conti, e' il Papa il giudice del processo?

    Aveva dei dubbi? Il Papa incontra regolarmente in udienza i suoi principali collaboratori. Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana. In piu' i capi dicastero vengono in udienza a cadenza regolare. Questo garantisce in modo istituzionale non solo il necessario contatto personale, l'importante flusso di informazioni, ma anche lo scambio indispensabile per le due parti.
    Il Papa ascolta, domanda consiglio, riflette, decide.

    Joseph Ratzinger e' veloce nello studio dei documenti?

    Veloce come un fulmine e ha una memoria d'elefante.

    Qualcuno muove delle critiche: il Papa si troverebbe in una sorta di "splendido isolamento", dentro una gabbia dorata; che sarebbe impossibile avvicinarlo.

    E' una stupidaggine. Tutte le mattine ci sono udienze private, il pomeriggio gli incontri di lavoro con i collaboratori piu' stretti. E questo sei giorni alla settimana. In piu' ci sono parecchi incontri sia dentro sia fuori le mura del Vaticano. Gabbia dorata? Ma certo che no! Puo' darsi che tutto cio' nasconda anche una critica nei miei confronti, cioe' che io proteggerei troppo il Papa. Totalmente esagerato.

    In fondo egli e' un uomo timido. Nello stesso tempo sembra provare un certo disagio, una certa ribellione di fronte a qualcosa di troppo convenzionale, di fronte alle sciocchezze.

    Ognuno puo' rendersi conto che il Santo Padre non e' un uomo cupo, ma piuttosto riservato.

    Il Papa scrive di suo pugno i suoi testi piu' importanti, anche il discorso di Ratisbona con la citazione controversa tratta da un libro storico a proposito di una disputa con i musulmani. Perche' nessuno ha riletto il testo?

    Io considero il discorso di Ratisbona, cosi' come e' stato pronunciato, come profetico.

    Lo spavento e' stato grande, quando si e' avuta conoscenza degli attacchi del mondo musulmano?

    Abbiamo saputo di quelle reazioni per la prima volta all'aeroporto di Roma, al ritorno dalla Baviera. E' stata una grande sorpresa, anche per il Papa. Le azioni piu' violente sono nate innanzitutto dai resoconti giornalistici che avevano estrapolato una citazione dal suo contesto (CAPITO?) e l'avevano presentata come opinione personale del Papa.

    Nell'islam reale, soprattutto laddove questa religione domina lo stato e la societa', si calpestano dei diritti umani. La persecuzione dei cristiani si e' moltiplicata drammaticamente. E il Presidente della Repubblica dell'Iran ha dichiarato che e' iniziata la distruzione di Israele. La rappresentazione di un vero dialogo con l'islam non e' un po' troppo ingenua?

    Non si possono nascondere i tentativi di islamizzazione dell'occidente. E il pericolo per l'identita' dell'Europa, che vi e' legato, non deve essere negato per una malintesa idea di rispetto. I Cattolici vedono chiaramente questo pericolo e lo dicono anche. Giustamente il discorso di Ratisbona doveva contrastare una certa ingenuita'. Occorre tenere presente che non esiste un islam; esso non riconosce una voce unica vincolante per tutti i musulmani. Sotto questa nozione sono raccolte molte correnti diverse, in parte nemiche fra loro, fino a quelle estremistiche che si richiamano al Corano per le loro azioni e che ricorrono al fucile. A livello istituzionale, la Santa Sede tenta di allacciare contatti e di portare avanti il dialogo attraverso il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso.

    La famiglia pontificia e' la comunita' di abitazione piu' famosa: quattro donne che appartengono alle "Memores" di Comunione e Liberazione, due segretari ed il Papa. Essi pregano insieme, mangiano insieme e alla sera guardano insieme la televisione nel salotto. Com'e' Benedetto XVI come compagno di abitazione?

    Effettivamente la famiglia papale e' una gioisa comunita' di abitazione: due tedeschi, un polacco e quattro italiane che prima praticamente non si conoscevano. Il primo passo importante e' stato quello di trovare un modus vivendi. La parola giusta, il dare in modo giusto, il prendere in modo giusto, tacere, non tacere.
    Gia' poco tempo dopo si e' sviluppata un'atmosfera familiare molto cordiale. La lingua della comunita' dell'appartamente e' l'italiano. Il Papa e' in fin dei conti il Vescovo di Roma. Una piccola correzione a proposito del guardare la televione insieme: e' pura fantasia; il Papa ed i due segretari guardano al massimo le notizie della sera. Lo svolgimento della giornata e' ovviamente scandito dal ritmo del lavoro e delle udienze; ma noi proviamo ad introdurre di tanto in tanto delle piccole "sottolineature" personali.

    Sottilineature?

    Sottolineature forse e' un po' esagerato. Penso semplicemente al fatto che alcuni avvenimenti personali sono evidenziati come si deve, come gli onomastici e i compleanni.

    Quando guardate la tv, la sera, il Papa porta un abbigliamento "privato"?

    No, il Papa e' sempre in bianco.

    Il Papa deve portare delle scarpe Prada?

    Deve? Certo che no! Alcuni giornalisti hanno una fervida fantasia.

    Le porta allora?

    Resto in debito con Lei di una risposta.

    Come il Papa, anche Lei e' di umili origini ed entrambi siete cresciuti in un villaggio. Che cosa avete trovato nella culla?

    Sicuramente una buona dose di sana e naturale freschezza, che e' un filtro incorruttibile contro l'immoralita', poco importa sotto quali forme essa si presenta. Un istinto che aiuta a distinguere il vero dal falso.

    Eravate cinque figli a casa, il papa' fabbro, la mamma casalinga.

    Mio padre dirigeva una ditta artigianale di fabbri arrivata alla settima generazione a cui piu' tardi si e' aggiunto un negozio di macchine agricole che non ha mai fruttato molto. Quando avevo sei anni, avevamo ancora una piccola azienda agricola. A volte dovevamo parecchio "tirare la cinghia". Inoltre mio padre era molto attivo nella politica del comune e in molte associazioni. Quindi raramente rimaneva a casa la sera. Dunque nostra madre doveva caricarsi tanto piu' del dovere e del peso dell'educazione dei figli. Noi cinque figli abbiamo avuto un'infanzia spensierata. Naturalmente abbiamo spesso litigato fra di noi.

    Perche' tutto non si svolgeva secondo la testa del piu' grande?

    In quanto fratello maggiore avrei dovuto essere sempre il piu' saggio – « ilpiu' saggio cede» - ma l'indulgenza non e' esattamente il mio punto di forza.

    « Born to be wild »: era questo il Suo trucco?

    Forse nella fase fra i 15 ed i 18 anni. Ascoltavo Cat Stevens, i Pink Floyd e qualche altra celebrita' dei nostri tempi, fra cui anche i Beatles. Nello stesso tempo portavo capelli lunghi e ricci. Questo non faceva piacere a mio padre; allora ci sono state delle discussioni a proposito degli appuntamenti dal parrucchiere e della lunghezza dei capelli. Piu' tardi tutto cio' si e' calmato a favore di uno stile molto poco spettacolare.

    Lei era inquadrato politicamente?

    Non mi sono mai particolarmente esposto politicamente. I miei interessi, al di fuori delle scuola, mi spingevano verso lo sport, il football, lo sci.

    Con questo (lo sport) ha anche guadagnato il denaro per gli studi?

    No, non come maestro di sci, cosa che era solo per il club di sci del nostro villaggio. Ho lavorato per guadagnare dei soldi come postino, dapprima con la bicicletta in un piccolo paese della Foresta Nera, piu' tardi con l'automobile in campagna.

    Da un'intervista alla Radio (Vaticana), Georg Gänswein: "Ho dei sensi sani e chi ha dei sensi sani, li utilizza". Cio' viene inteso come una ricca esperienza con le ragazze.

    Ho due sorelle e parecchie cugine che mi hanno aiutato a non avere alcun problema con il genere femminile. Sono cresciuto in maniera totalmente naturale, completamente a mio agio

    Ha avuto una relazione fissa?

    Non questo. Ho avuto delle adorabili amicizie giovanili.

    Lei inizialmente voleva diventare agente di borsa.

    Inizialmente avrei dovuto rilevare la gestione dell'impresa agricola di mio padre. Ma ad un certo punto, mi interessavano molto di piu' le agitazioni della borsa. La mia rappresentazione era questa: la' si fa molto denaro e occorre essere attenti e veloci. Piu' in la', pero', quando ero piu' maturo, e' arrivato il momento in cui ho riflettuto un po' piu' intensamente. Bene! Quando ho imparato tutto questo e ho ricavato del denaro, che cosa accadra' allora? E dopo ancora? E piu' in la'? Improvvisamente alcune domande esistenziali si sono fatte strada in primo piano. Cosi' ho iniziato la ricerca e in questo modo sono caduto senza volerlo sulla filosofia e sulla teologia.

    Un processo di lunga durata.

    E faticoso. Dapprima ero immensamento attratto dal mondo teologico globale, il sacerdozio si e' aggiunto solo in un secondo tempo. Ovviamente anche il celibato era un problema. Ad un certo punto, ho pensato: tu non puoi vivere a meta' velocita', o lo fai totalmente o lasci. Un po' di teologia, non si va avanti.
    Cosi' mi sono avviato, passo dopo passo, verso il sacerdozio.

    Una citazione da una Sua omelia durante un'ordinazione sacerdotale: "Esso (il sacerdozio) ti permette di sapere che tu hai una signita' che ti distingue da tutti coloro che non sono preti...esso ti permette di avere la consapevolezza di fare qualcosa di grande, di poterlo fare..." Parole formulate in modo abbastanza rigido.

    Ripeterei queste frasi di nuovo, senza se e senza ma.

    Davvero?

    Assolutamente.

    Questo suona anche un po' romantico.

    Non sono d'accordo. Sono parole che che sono esperienza di vita e la vita non e' romantica. Le frasi che Lei ha citato, estrapolate da una omelia, possono avere l'aria un po' cerimoniosa sulla carta, ma c'e' dietro una buona parte di esperienza personale, e io non volevo nascondere al giovane prete che egli ha qualcosa di grande davanti a se', che questo costa anche qualcosa e che egli deve lasciare che gli costi qualcosa.

    Nel 1984, Lei e' stato ordinato prete, poi ha passato due anni come vicario nella Foresta Nera. Nel 1993, a Monaco, Lei ha scritto la tesi dal titolo "Essere membri della Chiesa secondo il Concilio Vaticano II". E' mai stato assalito da grandi dubbi?

    Dopo due anni come vicario, sono stato inviato a Monaco per continuare gli studi in una materia che non mi era particolarmene congeniale: il diritto canonico. Dopo un semestre, ne avevo talmente abbastanza che mi sono detto: "Ora vado dall'Arcivescovo e gli chiedo di riprendermi nella diocesi perche' non lo sopporto piu'".

    Era cosi' terribile?

    Avevo sempre studiato volentieri e con facilita', ma trovavo lo studio del diritto canonico arido come il lavoro in un posto polveroso, dove non c'e' birra. Si muore di sete. La salvezza e' arrivata dal mio "padre di dottorato" (in italiano potremmo dire relatore della tesi), il professore di diritto ecclesiastico Winfried Aymans che mi ha scelto piu' avanti come assistente. Egli mi ha parecchio aiutato ad uscire da questo terribile stallo, essendo capace di mostrarmi delle nuove prospettive. Questo mi ha davvero aiutato a non stare con le mani in mano. Gliene sono molto grato.

    Saltano sempre fuori nuovamente delle definizioni: ligio al dovere, pio, conservatore: un uomo formale e severo.

    Nel senso di "dolce nella forma e severo nel contenuto" posso anche lasciarlo dire. Quando considero qualcosa come giusta la mantengo. D'accordo: la pazienza non e' il mio forte. A volte mi mi arrabbio abbastanza facilmente. Questo puo' dare fastidio.

    Che cosa deve saper fare il segretario personale del Capo di una Chiesa con 1.1 miliardi di fedeli?

    In un certo senso, deve essere un generalista, ma nello stesso tempo si rende conto che non puo' saper fare tutto; e non deve nemmeno pretenderlo da se stesso. Egli deve fare cio' che il Papa gli chiede con tutta la forza, il cuore e l'intelligenza.

    All'inizio, c'e' un'iniziazione, per esempio una scuola di etichetta pontificia?

    Assolutamente no. La sola cosa che ho avuto e' stato un colloquio a quattr'occhi con il mio predecessore, Mons. Stanislao Dziwisz, l'attuale Arcivescovo di Cracovia. Si e'svolto due settimane dopo l'elezione del Papa e il trasloco nell'appartamento. Egli mi ha consegnato una busta nella quale erano inseriti alcuni fogli e una chiave per una cassaforte. Una cassaforte molto antica, in stile tedesco. Mi ha solo detto: "Ora tu hai un compito molto importante, molto bello ma difficilissimo. La sola cosa che posso dirti e' che il Papa non deve essere "schiacciato" da niente e da nessuno. Come si lavora, devi capirlo da solo". Punto e basta. Non ha detto altro. E' tutto come "scuola di etichetta papale".

    Che cosa conteneva la busta?

    Questo non posso svelarlo. Sono informazioni che sono trasmesse da segretario del Papa a segretario del Papa.

    Ha fatto qualche errore all'inizio?

    Mi sono presto reso conto che il ritmo che mi ero imposto era troppo elevato. Partire in pole positiom e una cosa, compiere tutti i giri e poi arrivare bene al traguardo e' un'altra cosa.
    Partenza a tutto gas, per cosi' dire. Ora si tratta di trovare il giusto ritmo. Un altro problema era la gestione delle innumerevoli richieste di udienza privata e di altri incontri, che sono tutti accompagnati di motivazioni onorevoli. Richieste senza fine <<GIUSTO un minuto>>, "solo un'eccezione", "il Papa mi conosce da tanto tempo, gli fara' piacere" e quasi sempre scritte con molto ossequio. Lì bisognava trovare il sistema di filtraggio adeguato. Dovevo trovare un filtro ancora più fine.

    Di che cosa priva il Santo Padre?

    Di niente di significativo. Tutti i testi e documenti ufficiali, tutto cio' che viene emanato dai cardinali e dai vescovi, cio' che viene dal mondo della politica e della diplomazia viene da me posto all'attenzione del Santo Padre durante gli incontri quotidiani. Oltre a cio' esiste ovviamente una enorme quantita' di lettere, richieste, domande,proposte, che egli non vede, perche' non ne ha semplicemente il tempo. Su questo il Papa mi ha accordato un margine di manovra e di discrezionalita'.

    Qualcuno prova a servirsi di Lei?

    Cio' avviene di tanto in tanto, ma so difendermi.

    Nella Sua posizione capita di "staccare"?

    E' piuttosto il contrario, cioe' si e' sepolti dal lavoro. Se c'e' un rischio, questo si chiama "isolamento". Una volta alcuni amici hanno detto che mi sono non mi faccio sentire, che mi sono allontanato da loro. Questo e' un segnale di allarme! E ho subito cercato di ricavarmi del tempo libero per prendermi cura delle mie relazioni personali e le mie amicizie. Cio' e' importante per la salute mentale.

    Quali effetti puo' avere questo Pontificato?

    Rafforzamento della fede e incoraggiamento della fede e la presa di coscienza che la fede cattolica e' qualcosa di grande, un dono di Dio, ma che non e' imposta, ma deve essere volontariamente, liberamente, accolta. In piu' ci sono attualmente delle sfide con cui la Chiesa deve confrontarsi.

    Per esempio?

    La questione di Dio, il confronto con le differenti forme di relativismo, il dialogo con l'islam, il rafforzamento della propria identita'. Il fatto e' che un continente come l'Europa non puo' vivere se si tagliano le sue radici cristiane, perche' cosi' essa perde la sua anima.

    L'annuncio de "l'unita' piena e visibile" con le Chiese Ortodosse e' la prima istanza del Pontificato di Ratzinger. Non e' una rappresentazione troppo illusoria?

    Questa non e' solamente un'istanza, e' un traguardo sempre dichiarato da allora. Il fatto e' che il Papa dichiara espressamente questa intenzione, va da se', per chi, come lui, ha contribuito fortemente ad impregnare teologicamente questo campo negli ultimi anni e decenni. Non dimentichiamo che le Chiese Ortodosse sono nella successione apostolica e che esse hanno un Magistero fondato, l'eucarestia ed anche i sette Sacramenti.
    Cio' che necessita una chiarificazione e' la questione del Primato e della giurisdizione del Papa. Ma e' uno scandalo che i Cristiani siano ancora divisi. Il ristabilimento dell'unita' intera nella fede e' sicuramente un grande obiettivo del Papa teologo.

    Papa Benedetto ha intenzione di modificare la concetto di Papato per favorire l'unita'?

    La domanda e' posta male. Non si puo' portare avanti l'ecumenismo a spese della Verita'. Un Papa non puo' semplicemente ristrutturare il Papato per ottenere piu' rapidamente certi risultati. Per il Papato si tratta di restare a garanzia della verita' in vista dell'unita'.

    Una svolta nelle relazioni della Chiesa Cattolica con Mosca, Costantinopoli e soprattutto Pechino modificherebbe drammaticamente la carta del mondo politico-religioso.

    Il dialogo ecumenico con le diverse Chiese Ortodosse e' a pieno regime e sono stati fatti dei progressi considerevoli. Ma operare per l'ecumenismo e' e resta un confronto laborioso. Questo deriva anche dal contesto di tensioni che esistono all'interno delle Chiese Ortodosse. Costantinopoli e Mosca marcano due punti delicati. Il mondo intero ha potuto assistere attraverso i media all'incontro del Papa con il Patriarca ecumenico nel novembre scorso a Istanbul. Un incontro con il Patriarca di Mosca manca ancora.

    Vede gia' il Papa presso il Patriarca russo di Mosca?

    Spero che si arrivi ad un incontro, ovunque sia.

    In occidente, la Chiesa romana attraversa una grande trasformazione. Il Cardinale di Vienna, Christoph Schönborn, parla gia' di una alternativa alla Chiesa di popolo conosciuta fino ad oggi: "una Chiesa di decisione" alla quale i fedeli affermano cosi' la loro adesione. I tempi della « pseudo-cristianita' » sono finiti?

    « Pseudo-cristianita' », questa definizione suona ingiusta e sminuente e non corrisponde nemmeno alla realta'. Cio' che si puo' percepire e' che alcuni elementi della Chiesa di popolo fondono e che si formano sempre piu' "noccioli di comunità"; questo processo e' in corso da molti anni. Il cardinale Schönborn lo descrive con la nozione di "Chiesa di decisione". Chi e' Cristiano oggi, vuole esserlo, decide di esserlo, e piu' deciso, forse piu' deciso che negli anni passati. E chi non vuole esserlo, non lo e' semplicemente, senza che questo comporti per lui delle conseguenze qualsiasi di ordine personale, sociale, politico o di altro genere.

    E' interessante constatare che molti preti della nuova generazione riscoprono i tesori spirituali, culturali ed estetici della liturgia tradizionale. Il nuovo motu proprio "Sommorum Pontificum" stabilisce che ogni prete possa celebrare la Santa Messa anche con il precedente rito tridentino. Cio' provoca delle nuove discussioni nella Casa (Chiesa)?

    E' il contrario dell'intenzione e del fine. E' desiderato che le discussioni si plachino e le divisioni e le rotture siano superate. Con il motu proprio si e' aperta una patria spirituale a dei fedeli, non poco numerosi. Sono convinto che la lettera del Santo Padre ai vescovi ,pubblicata contestualmente al motu proprio, nella quale il Papa spiega dettagliatamente le ragioni del documento, offre la chiave per una corretta comprensione.

    Il filosofo francese, Renè Girard, membro dell'Accademia di Francia, prediceva una rinascita cristiana determinata. Noi ci troviamo gia' alla vigilia di una rivoluzione della nostra cultura. Questa trasformazione farebbe impallidire persino il Rinascimento del XV secolo.

    Il fatto religioso gode attualmente di una attenzione come raramente negli anni passati. Dopo una fase di indifferenza, ci si confronta oggi di nuovo con la religione e le questioni di fede. Ho visto che giustamente molte persone giovani, che in realta' hanno o potrebbero avere tutto, si rendono conto: in effetti si puo' tutto, si puo' persino distruggere il mondo, ma non si puo' guadagnare l'anima, quando manca l'essenziale. La Chiesa Cattolica ha dei tesori da offrire, che nessun altro e' capace di offrire, di piu' grande e di piu' durevole di tutte le proposte di salute politica. Tuttavia cio' non arriva automaticamente. La fede nasce dall'ascolto, come dice San Paolo, essa deve essere annunciata.

    Gia' dopo sei settimane dalla pubblicazione. il libro del Papa su Gesu' ha venduto 1.5 miloni di copie. Si ha la sensazione che il Papa ri-vesta questo Gesu' in un modo totalmente nuovo.

    Il libro su Gesu' e' la quintessenza di un uomo che si e' occupato della figura di Gesu' di Nazaret nel corso di tutta la vita come prete, teologo, vescovo, cardinale e ora Papa. E' un immenso legato spirituale.

    Che cosa apprezza particolarmente in quest'opera?

    La sto leggendo un'altra volta. E' scritta tanto profondamente quanto comprensibilmente. E' il risultato del percorso di vita di una personalita' straordinaria. L'opera si iscrive nella tradizione dei grandi padri della Chiesa. Sono convinto che questo libro rafforzi nella fede parecchie persone, le conduce alla fede, e non solo un certo strato intellettuale, ma uomini di tutte le origini e formazioni.

    Il teologo Joseph Ratzinger fornisce una logica implacabile: Questo Gesu' e' colui che ha tutti i poteri, il Signore dell'universo, Dio egli stesso, che si e' fatto uomo. Nei fatti Gesu' dovrebbe scatenare una rivoluzione.

    Si', ma senza spargimento di sangue.

    [SM=g1740717]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 27/01/2009 00:09

    Arturo Mari (il fotografo dei Papi): quella volta in cui Benedetto XVI si tolse l'anello e suono' per me...


    «Io, a mezzo metro dai miei Papi ho fotografo la loro anima»

    Maria Pia Forte

    Arturo Mari da cinquantun anni reporter ufficiale del Vaticano «Da Pio XII a Benedetto XVI, volevo dar voce a questi uomini di fede»
    «Eravamo in montagna e il Papa era in vacanza, ma un pomeriggio gli ho detto
    : “Santità, i papi non vanno mai in ferie, e qui c'è Arturo che fa il despota e vorrebbe scattarle qualche fotografia da dare alla gente”. Così l'ho ripreso mentre faceva le cose di tutti i giorni, passeggiava, lavorava alla sua scrivania, recitava il rosario. Poi ho buttato là: “Naturalmente ogni tanto lei suona il piano...”. Lui ha sorriso, si è tolto l'anello e si è messo a suonare per me».
    Così Arturo Mari mi racconta come sono nate le foto che ritraggono papa Benedetto XVI seduto al pianoforte e che hanno fatto il giro del mondo, al pari di migliaia di altre da lui scattate.



    Arturo Mari


    Foto come quella di papa Giovanni Paolo II che abbraccia un piccolo campesino messicano slanciatoglisi incontro superando ogni sbarramento – «Riuscii a fissare quei due volti vicini, quelle due paia di occhi sorridenti», dice con orgoglio – o quella di Paolo VI sulle rive del Lago Tiberiade in Terrasanta, o di Giovanni XXIII nel carcere romano di Regina Coeli...
    Sono cinquantun anni che Arturo Mari è al servizio del Papa col suo obiettivo, anzi dei sei Papi succedutisi dal 1956 ad oggi. Classe 1939, questo signore dal volto massiccio è ufficialmente già in pensione, ma in realtà ha continuato finora a venire ogni giorno negli uffici del servizio fotografico dell'Osservatore Romano dove ci riceve. Nessuno qui vuole che se ne vada, ed egli stesso non si risolve a dare un taglio netto a un'attività che gli ha riempito tutta la vita: mezzo secolo senza mai un giorno di ferie né di malattia. «Adesso, però, lascio veramente – assicura – anche per parlare un po' di più con mia moglie, che ho sempre sacrificato...».
    Mari è un uomo sorridente e alla mano, di poche e concrete parole, un genuino «romano de Roma», anzi un «borghiciano», ossia di Borgo, di quel poco che rimane del medievale quartiere capitolino raggomitolato a ridosso del Vaticano e sventrato per far posto a via della Conciliazione: lì è nato, all'ombra del Passetto, e lì abita tuttora. «Ho percorso mezzo mondo al seguito dei papi – racconta – ma in realtà non mi sono mai mosso da Borgo». Chissà se è stata l'assidua frequentazione dei pontefici ad avergli regalato questo sguardo dolce e pensoso, un po' malinconico, come proiettato oltre le forme visibili, e queste sue maniere pacate, quasi affettuose verso l'interlocutore. «La vita mi ha dato tutto – riconosce –: una bella famiglia e un lavoro appassionante a contatto con persone eccezionali». Una vita che, di Papa in Papa, ha subito una profonda evoluzione, di pari passo con quella della Chiesa.

    Com'è possibile ricoprire per cinquantun anni un delicato incarico come il suo? Vuol dire cominciare da ragazzo...

    «Sono stato una sorta di enfant prodige. Mio padre era un fotografo amatoriale e per evitare che io passassi il tempo in strada, mi piazzava nel laboratorio fotografico di una scuola a piazza Risorgimento. A 6 anni sapevo già tutto della fotografia. Mio padre, come già mio nonno, lavorava al Vaticano, e quando avevo 16 anni il direttore dell'Osservatore Romano, il conte Giuseppe Dalla Torre, fu colpito da alcune mie fotografie e volle conoscermi. Venni qui alle undici di mattina del 9 marzo 1956 e non ne sono più uscito. Fui assunto come fotocronista e assegnato a seguire il Papa».

    Che allora era Pio XII. Che ricordi ne ha?

    «Lo rivedo, quell'uomo alto e ieratico, un giorno in cui, entrando nella Basilica di San Pietro, spalancò le braccia, come nella fotografia che lo riprende nel quartiere San Lorenzo bombardato dagli Alleati: un gesto ampio, protettivo... Era un Papa che veniva dalla guerra. Altri tempi. Non usciva quasi mai dal Vaticano, e quando nel '57 andò a inaugurare il nuovo centro della Radio Vaticana a Santa Maria di Galeria, alle porte di Roma, sembrò che andasse dall'altra parte del mondo».

    Dall'altra parte del pianeta lei ci sarebbe andato veramente con Paolo VI...

    «Già. Con lui nel 1970 volammo fino in Asia Orientale e in Australia. E nel '64 eravamo stati a Gerusalemme, primo viaggio in aereo di un Papa. Atterrammo ad Amman, in Giordania. Che emozione. Era un uomo timido e schivo, e la gente l'ha capito poco, invece ha fatto tanto».

    E, dato che stiamo passando in rassegna i suoi sei Papi, come ricorda il suo predecessore Giovanni XXIII?

    «Era un Papa diverso dagli altri, capace di darti una pacca affettuosa sulla spalla. Ma dietro la sua bonarietà di modi era severo, intransigente sulle questioni di fondo. Con lui si cominciò a uscire di più dal Vaticano: inaugurò le visite alle parrocchie, andò all'Ospedale del Bambin Gesù, a Regina Coeli, si spinse fino ad Assisi e Loreto».

    Dopo Paolo VI venne il brevissimo pontificato di Giovanni Paolo I.

    «Sì. Gli feci alcune fotografie nei Giardini Vaticani, e una di esse, che lo ritrae di spalle mentre s'incammina in un viale, sembra quasi un malinconico presagio della sua fine imminente».

    Qual è il pontefice che ha lasciato una più marcata impronta in lei?

    «Senza dubbio. Giovanni Paolo II. Ho passato ventisette anni della mia vita e carriera proprio accanto a lui, in giro per il mondo. E quando per ventisette anni stai sempre a mezzo metro da una persona, diventi per forza partecipe della sua anima. Quello che ho vissuto al suo fianco non lo dimenticherò mai. Mi ricordo quella volta in cui, nel reparto oncologico del Bambin Gesù, una signora gli porse un bambino di pochi mesi, urlandogli disperata: “Salvalo, salvalo”. Il Papa lo prese fra le sue braccia, lo strinse, poi lo restituì alla madre, e questa sorrise. Sono scene che ti s'incidono dentro. E poi gli incontri con i lebbrosi, con gli abitanti delle baraccopoli, il contatto con tanta gente. Anche gli ultimi momenti di Papa Wojtyla li ho sempre negli occhi. Sei ore prima che morisse, il suo segretario mi chiamò. Fu un trauma rivederlo steso in quel letto, pieno di tubi. Aveva la testa girata, ma quando don Stanislaw gli disse “Arturo è qui”, si voltò verso di me e sorridendo mi sussurrò: “Arturo, grazie”. Nel suo sguardo c'era qualcosa di speciale, come se già vedesse qualcos'altro. Si stava preparando per un altro incontro».

    Cosa ci può raccontare di Benedetto XVI? Com'è?

    «Pieno di delicatezza e sensibilità. Appena eletto, quando mi ha visto mi ha fatto una carezza su una mano, come per rassicurarmi. È un lavoratore accanito: malgrado i suoi ottant'anni, non si riposa mai, a parte qualche passeggiata in giardino o il tempo di recitare il rosario. Il suo tavolo è sempre sommerso dalle carte. Nessuno sa quanto lavorino i pontefici: altro che vita da Papa! Tutti i problemi vanno a finire sulla loro scrivania. Stando vicino ai papi, ci si rende conto che sono uomini come tutti: uomini di fede. E soffro, quando vengono attaccati».

    È per questo che le sue foto «parlano» alla gente, sanno cogliere sempre uno sguardo, un gesto, un momento particolare, per cui sembra di essere stati anche noi vicini al Papa?

    «Per ottenere questo risultato, bisogna instaurare un'intesa con la persona fotografata, bisogna lavorare col cuore. Se non avessi lavorato così, a forza di riprendere cerimonie che si ripetono sempre uguali, avrei fatto solo una “zuppa”».

    Il suo unico figlio, che si chiama Rugel Juan Carlos perché sua moglie è spagnola, è stato ordinato sacerdote nello scorso aprile da papa Ratzinger. È contento di questa sua scelta?

    «Ne sono orgoglioso».

    © Copyright L'Eco di Bergamo, 26 luglio 2007


    Di seguito vengono riportati due interventi del cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, in occasione degli 80 anni di Benedetto XVI che ci aiutano a conoscere meglio la personalita' del nostro Papa.
    Raffaella


    INTERVENTO DEL CARD. TARCISIO BERTONE IN OCCASIONE DELL'80° GENETLIACO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

    Ho la gioia e l'onore di presentare a Sua Santità i più fervidi voti augurali per il Suo 80° genetliaco e per il secondo anniversario della Sua elezione alla Sede di Pietro. Lo faccio anzitutto a nome mio personale, ma anche a nome dei collaboratori della Segreteria di Stato che si stringono con affetto, in questa singolare ricorrenza, a Colui che la Provvidenza divina ha scelto per condurre la Barca di Pietro attraverso le onde non di rado agitate dell'oceano di questo nostro mondo. Mi rivolgo a Lui, a Benedetto XVI, dalle colonne di questo Suo Quotidiano, che dal 1861 informa ogni giorno sull'attività del Successore di Pietro e rende noti all'opinione pubblica mondiale i Suoi insegnamenti.

    Iddio ha voluto che le due felici ricorrenze - il genetliaco e l'anniversario della Sua elezione alla Cattedra di Pietro - si succedessero nel brevissimo volgere di soli tre giorni, in questo periodo dell'anno nel quale la Chiesa è in festa per la Santa Pasqua, così che esse vengano particolarmente irradiate dalla luce di Cristo risorto.

    Ottanta anni di vita! Dal cuore di tutti i cattolici sale il rendimento di grazie a Dio, che nel 1927 chiamò all'esistenza l'amato nostro Pontefice; il pensiero va naturalmente ai Suoi genitori e ai Suoi familiari, che dal Cielo si uniscono alla nostra festa di famiglia. Lo sguardo si allarga ed abbraccia l'intero arco degli otto decenni trascorsi. Quanti incontri, quante persone conosciute, quanto lavoro svolto in ottanta anni! Questo felice traguardo, se ai nostri giorni non è più eccezionale, fa pur sempre pensare ad un lungo cammino e ad una speciale benevolenza del Signore per chi vi giunge, tanto più se, come in questo caso, in buona salute. Come non rallegrarsi e non riconoscere che tutto proviene dalla bontà del Celeste Datore di ogni bene? E che dire delle molteplici doti umane e spirituali che rendono sempre più apprezzato il Suo ministero a servizio della Chiesa?

    Per chi ha avuto e ha la fortuna di star accanto a Benedetto XVI - e a me è dato questo singolare privilegio - il Suo esempio e i Suoi insegnamenti costituiscono una costante lezione di vita. Conservo il ricordo di tanti significativi momenti vissuti lavorando al Suo fianco alla Congregazione per la Dottrina della Fede, rivelatori dell'attrazione che ha sempre esercitato verso adulti e giovani; questi ultimi in maniera particolare. Mi è capitato spesso, lungo la giornata di lavoro, di accompagnarlo mentre attraversava Piazza San Pietro per raggiungere la sua abitazione in Piazza della Città Leonina. Molte persone si accostavano a lui per salutarlo, per baciargli l'anello e chiedere una benedizione. Acconsentiva sempre con tanta dolcezza. Ricordo un episodio: una sera tardi, a notte ormai inoltrata, un gruppo di una quarantina di giovani tedeschi si accorse che colui che stava attraversando Piazza San Pietro era il Cardinale Ratzinger. Lo circondarono con grande affetto e gli proposero di fare un canto in suo onore. Nel silenzio della piazza si levò un bel canto polifonico a voci miste. Vidi che dalla finestra illuminata dello studio papale si spostò lievemente la tenda e apparve discreta e timidamente curiosa la figura bianca del Papa che scrutava la piazza. Esclamai: "Il Papa ci sta ascoltando!". Fu uno dei tanti momenti in cui si manifestò quella speciale sintonia fra Giovanni Paolo II e il Cardinale Ratzinger. Sintonia, richiamata da quel canto, di amore e di benevolenza verso i giovani, dei quali si sperimenta tutt'ora la continuità.

    In Lui doni di natura e di grazia si intrecciano e sono avvalorati dall'umiltà e dalla semplicità che così squisitamente distinguono il Suo tratto personale. Ne deriva una riconosciuta autorevolezza, grazie all'acuta genialità del ricercatore e teologo, coraggioso e intrepido nel difendere la verità del Vangelo, unita alla consapevolezza di essere un "umile servitore nella vigna del Signore", sempre pronto all'ascolto e al dialogo, testimone incessante della gioia e profeta di Dio che è Amore.

    In questi due anni di pontificato, i tratti della Sua personalità, prima noti solo ai Suoi amici, vanno sempre più conquistando la simpatia di vicini e lontani, adulti e giovani, attenti ad ascoltarlo, colpiti dalla chiarezza e dall'incisività dei Suoi discorsi. Basti considerare gli Angelus domenicali e le Udienze generali del mercoledì sempre molto affollate, e il Suo soffermarsi, al termine, nel salutare le persone che possono avvicinarlo: si intrattiene con ciascuno prendendo il tempo necessario, senza fretta, come fosse amico da sempre.

    Tanti giovani mi hanno testimoniato che a casa scaricano da internet i suoi discorsi, li rileggono e li meditano per farne esperienza di vita. Come quel giovane dirigente di banca che è venuto a parlarmi e mi ha detto: "Sono impressionato dagli appelli di Benedetto XVI. Non posso lasciarlo solo. Ho deciso di rinunciare alla promozione in banca e di entrare in Seminario". Non ho potuto che congratularmi e benedire il suo nuovo cammino.

    A chi Gli ha chiesto il perché della sua prima enciclica dedicata alla carità: Deus caritas est, ha così risposto: "Volevo manifestare l'umanità della fede". C'è infatti nel Suo pontificato l'idea di una religione lieta, sentita per l'aldiquà e per l'aldilà, vissuta con i sensi e con la ragione; prospettiva credibile se a guidare l'intero servizio ecclesiale è l'inno della carità dell'apostolo Paolo. L'azione pratica è insufficiente se in essa non si rende presente l'amore per l'uomo. Questa Sua sicura indicazione di rotta, suscitata dallo Spirito che soffia dove vuole, interessa non solo le nostre storie personali, ma anche la vita della Chiesa e perfino la regolazione della società civile. A Ratzinger, studioso e teologo, è sempre piaciuta la Pentecoste che, a differenza della Torre di Babele, simbolo biblico di una globalizzazione tecnica priva di anima che porta alla disperazione umana, inaugura una globalizzazione capace di far parlare le persone senza negare la loro singolarità di storia e di cultura.

    Come Suo Segretario di Stato, posso testimoniare come Egli porta avanti il peso che Iddio ha posto sulle Sue spalle, un peso che va oltre le forze umane: il mandato cioè di reggere il gregge di Cristo come Pastore della Chiesa universale, grazie al Suo saldo radicamento in Cristo, sostenuto da una intensa vita di preghiera e di unione personale con Dio.

    A due anni di distanza, ripenso al solenne inizio del Suo pontificato. Sento risuonare nella Piazza San Pietro l'acclamare della folla alle Litanie dei Santi: "Tu illum adiva!". Continua, o Dio, ad assistere il Successore di San Pietro! Unita e Concorde la Chiesa intera si stringe quest'oggi al Suo amato e venerato Padre nella fede come la prima Comunità faceva nei momenti importanti con l'apostolo Pietro, ed invocando l'intercessione materna della Vergine Santa, supplica il Signore affinché conservet Eum, vivificet Eum et beatum faciat Eum in terra.

    Oggi, con rinnovato entusiasmo intendiamo manifestare, ancora una volta, il desiderio e l'impegno di ascoltarLa attentamente, di servirLa docilmente, di accompagnarLa fedelmente.

    Auguri, beatissimo Padre!

    (L'Osservatore Romano del 16 aprile 2007)

    [Modificato da Caterina63 27/01/2009 01:13]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    00 05/06/2009 17:39

    Il venticinquesimo di sacerdozio
    di due collaboratori del Pontefice [SM=g1740722] 
     
    Sacerdoti da venticinque anni. Monsignor Georg Gänswein, segretario particolare di Benedetto XVI, e monsignor Alfred Xuereb, della segreteria particolare del Pontefice, hanno celebrato, nei giorni scorsi, il giubileo della loro ordinazione.

                              mons. Alfred Xuereb mons. Georg Ganswein

    Monsignor Georg Gänswein è stato ordinato presbitero a Friburgo, in Brisgovia, il 31 maggio del 1984. Omnia possum in eo, qui me confortat, la frase contenuta nella lettera dell'apostolo Paolo ai Filippesi (4, 13), è stata scelta da monsignor Gänswein per esprimere, nel ricordo dell'anniversario, il senso della sua missione sacerdotale.

    Monsignor Alfred Xuereb ha ricevuto l'ordinazione presbiterale a Gozo, Malta, il 26 maggio del 1984.

    Per sintetizzare i suoi venticinque anni di ministero, monsignor Xuereb ha scelto una frase tratta dagli insegnamenti di Benedetto XVI:  "Non cerco di essere compreso dal mondo, ma di essere di Cristo nella verità".


    (©L'Osservatore Romano - 1-2 giugno 2009)


    [SM=g1740717] [SM=g1740720] [SM=g1740717]

    [SM=g1740737]

    [SM=g1740750] [SM=g1740738]

    Fraternamente CaterinaLD

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    00 24/08/2009 18:00

    Monsignor Gänswein
    celebra nella sua terra natale
    i venticinque anni di messa


    Festa in famiglia per monsignor Georg Gänswein, segretario particolare di Benedetto XVI, che domenica 23 agosto, nella sua cittadina natale di Riedern, in Germania, ha celebrato il venticinquesimo di ordinazione sacerdotale. Alla messa, presieduta nella chiesa di Sankt Leodegar, hanno partecipato numerosi fedeli, amici e familiari di monsignor Gänswein, tra i quali la mamma Gertrud mons. Georg(nella foto).


    (©L'Osservatore Romano - 24-25 agosto 2009)

     Auguri di cuore......
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 22/01/2010 18:47
    Con la partecipazione di Benedetto XVI
    I lavori del Consiglio di cardinali
    per lo studio
    dei problemi organizzativi
    ed economici della Santa Sede


    Nei giorni 20 e 21 gennaio, si è svolta in Vaticano la riunione del Consiglio di cardinali per lo Studio dei problemi organizzativi ed economici della Santa Sede, presieduta dal segretario di Stato, il cardinale salesiano Tarcisio Bertone, con all'ordine del giorno la discussione del bilancio preventivo consolidato della Santa Sede e del bilancio preventivo del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano per l'anno 2010.

    Vi hanno preso parte i cardinali: Joachim Meisner, arcivescovo di Köln (Repubblica Federale di Germania); Antonio María Rouco Varela, arcivescovo di Madrid (Spagna); Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano (Italia); il francescano Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban (Sud Africa); Anthony Olubunmi Okogie, arcivescovo di Lagos (Nigeria); Juan Luis Cipriani Thorne, arcivescovo di Lima (Perú); il sulpiziano Marc Ouellet, arcivescovo di Québec (Canada); Odilo Pedro Scherer, arcivescovo di São Paulo (Brasile); Agostino Vallini, vicario generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma.

    Erano assenti per inderogabili impegni pastorali i cardinali Jorge Liberato Urosa Savino, arcivescovo di Caracas (Venezuela), e Nicholas Cheong Jinsuk, arcivescovo di Seoul (Corea).
    La Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede era rappresentata dal presidente, l'arcivescovo scalabriniano Velasio De Paolis, dal prelato segretario, il vescovo Vincenzo Di Mauro, e dal ragioniere generale, dottor Stefano Fralleoni.
    Il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano era rappresentato dal presidente della Commissione cardinalizia per lo Stato della Città del Vaticano, cardinale Giovanni Lajolo, e dal segretario generale, arcivescovo Carlo Maria Viganò.
    Per l'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica sono intervenuti il cardinale Attilio Nicora, presidente, e il segretario, arcivescovo Domenico Calcagno.

    Su invito del cardinale segretario di Stato, sono stati convocati ed ascoltati, per quanto di loro competenza, il gesuita Federico Lombardi, e il dottor Alberto Gasbarri, rispettivamente, direttore generale e direttore amministrativo della Radio Vaticana.
    Dopo l'introduzione del cardinale segretario di Stato, il quale ha esposto il senso e lo scopo della riunione, l'arcivescovo De Paolis ha illustrato il bilancio preventivo consolidato della Santa Sede per l'anno 2010. L'area di consolidamento riguarda gli Organismi facenti parte della Curia Romana, a eccezione della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, la quale ha una propria amministrazione, e le Istituzioni "mediatiche" collegate con la Santa Sede, vale a dire la Radio Vaticana, la Tipografia Vaticana Editrice "L'Osservatore Romano", il Centro Televisivo Vaticano e la Libreria Editrice Vaticana.

    Il risultato di esercizio preventivato riflette la speranza di possibili andamenti economici e finanziari che, nonostante il quadro generale di perdurante difficoltà, indicano qualche leggero miglioramento.

    Tra i costi, la voce più consistente è quella inerente alla retribuzione del personale dipendente, che si attesta a 2.668 unità. Benché se ne preveda il contenimento, il relativo onere finanziario è ugualmente in crescita a motivo dell'adeguamento degli stipendi al costo della vita. Vi sono poi le spese relative alla Radio Vaticana e alle altre istituzioni mediatiche, le quali, peraltro, devono essere considerate nel quadro dell'attività missionaria della Santa Sede. Pur tenendo conto dell'attuale situazione economica mondiale, è stata rilevata la necessità pastorale di suscitare una maggior attenzione dei fedeli, più sensibili a contribuire a progetti specifici e a loro più prossimi, per le strutture della Chiesa che prestano servizi di ordine generale.

    Monsignor De Paolis ha poi illustrato il bilancio preventivo per l'anno 2010 del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. Questo Ente, com'è noto, cura la gestione territoriale e fornisce la necessaria struttura di supporto alla Santa Sede. Dai dati sottoposti all'attenzione dei membri del Consiglio emerge che l'Amministrazione in parola, la quale, peraltro, provvede in modo autonomo al proprio finanziamento, ha sostanzialmente superato le difficoltà degli esercizi precedenti, riacquistando un assetto che permette di guardare con maggior fiducia al futuro.

    A carico del Governatorato, oltre ai costi connessi alle attività istituzionali dello Stato, vi sono gli oneri derivanti dalla manutenzione degli immobili e degli impianti. Per il periodo in esame, è prevista l'attività di 1.884 dipendenti.
    I Bilanci sono stati sottoposti a verifica e controllo da parte della Prefettura degli Affari Economici.

    Durante i lavori del Consiglio, il Santo Padre ha fatto graditissima visita ai partecipanti, ascoltando con vivo interesse le loro osservazioni e ringraziando tutti gli intervenuti per la preziosa collaborazione offerta alla Sede Apostolica.


    (©L'Osservatore Romano - 23 gennaio 2010)

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    00 04/10/2010 22:24

    Ratzinger raccontato dal suo segretario:
    “Non è uguale a Giovanni Paolo II ma è il suo più grande devoto. Al centro del suo pensiero il rapporto tra scienza e Fede”


                                     Pope Benedict XVI (L) is assisted by his personal secretary Georg Gaenswein as he leads his Angelus prayer from the balcony of his summer residence in Castelgandolfo, south of Rome July 25, 2010.

    CITTA’ DEL VATICANO - "Papa Benedetto XVI non e' uguale a Giovanni Paolo II: Dio non ama la ripetizione e le fotocopie".

    E infatti, Papa Wojtyla non era uguale a Giovanni Paolo I, e questi non era uguale a Paolo VI, il quale non era uguale a Giovanni XXIII, "eppure tutti hanno amato Cristo appassionatamente e hanno servito fedelmente la sua Chiesa: Deo gratias!".
     
    Lo ha dichiarato Monsignor Georg Gaenswein, segretario particolare di Papa Ratzinger, ritirando il Premio ‘Capri San Michele’, ricevuto per il suo libro "Benedetto XVI urbi et orbi.

                                                                       

    Con il Papa a Roma e per le vie del mondo", edito dalla Lev. "Il fatto veramente singolare ed edificante - per don Georg - e' che Papa Benedetto XVI si e' presentato al mondo come il primo devoto del suo predecessore; e' un atto di grande umilta', che stupisce e suscita commossa ammirazione".

    "E' davvero meraviglioso - ha commentato il sacerdote tedesco - il fatto che un Papa attribuisca all'intercessione del proprio predecessore il primo dono del suo pontificato: la pace del cuore in mezzo alla bufera inattesa delle emozioni". Secondo don Georg, "Papa Benedetto XVI ha dato alla Chiesa e al mondo una stupenda lezione di stile pastorale: chi inizia un servizio ecclesiale non deve cancellare le tracce di chi ha lavorato precedentemente, ma deve porre umilmente i propri piedi sulle orme di chi ha camminato e faticato prima di lui. Se accadesse sempre cosi', sarebbe salvo tanto patrimonio di bene, che invece viene spesso demolito e dilapidato".
     
    "Il Papa ha raccolto questa eredita' e la sta elaborando - ha rimarcato il segretario particolare - con il suo stile mite e riservato, con le sue parole pacate e profonde, con i suoi gesti misurati ma incisivi". "Benedetto XVI non teme i confronti e i dibattiti. Chiama per nome le insufficienze e gli errori dell'Occidente, critica quella violenza che pretende di avere una giustificazione religiosa", ha proseguito Monsignor Gaenswein.

    Il Pontefice, ha osservato il prelato in un breve discorso pubblicato dall'Osservatore Romano, "non smette mai di ricordarci che si voltano le spalle a Dio con il relativismo e l'edonismo non meno che con l'imposizione della religione attraverso la minaccia e la violenza. Al centro del pensiero del Papa sta la questione del rapporto tra fede e ragione; tra religione e rinuncia alla violenza".
     
    "Dalla sua prospettiva, la rievangelizzazione dell'Europa e di tutto il mondo sara' possibile - ha spiegato don Georg - quando gli uomini comprenderanno che fede e ragione non sono in contrasto, ma in relazione tra loro". Per il Papa, infatti, "una fede che non si misura con la ragione diviene essa stessa irragionevole e priva di senso. E al contrario, una concezione della ragione che riconosce unicamente cio' che e' misurabile non basta per comprendere l'intera realta'. La ragione deve lasciare spazio alla fede e la fede deve rendere testimonianza alla ragione, perche' entrambe non si sminuiscano nel ristretto orizzonte della propria ontologia".

    A Benedetto XVI, ha aggiunto don Georg, "in fondo interessa riaffermare il nocciolo della fede cristiana: l'amore di Dio per l'uomo, che trova nella morte in croce di Gesu' e nella sua risurrezione l'espressione insuperabile. Questo amore e' l'immutabile centro sul quale si fonda la fiducia cristiana nel mondo, ma anche l'impegno alla misericordia, alla carita', alla rinuncia alla violenza". "Non a caso - infatti - la prima enciclica di Benedetto XVI e' intitolata ‘Deus caritas est’, "Dio e' amore".

    E' un segno evidente; di piu', una frase programmatica del suo pontificato. Benedetto XVI vuole far risplendere il fascino del messaggio cristiano". "E' questo - ha concluso don Georg - che, piu' di ogni altra cosa, caratterizza il pontificato del Papa teologo. Nella sua prospettiva, sta qui la forza e anche la possibilita' di futuro per la fede. Il messaggio del successore di Pietro e' tanto semplice quanto profondo: la fede non e' un problema da risolvere, e' un dono che va scoperto nuovamente, giorno per giorno. La fede dona gioia e pienezza".

    Benedict's personal secretary, Monsignor Georg Gaenswein, right, helps Pope Benedict XVI change his Saturno hat with a cap during his general audience, in St Peter's Square at the Vatican, Wednesday, Aug. 4, 2010. About 50.000 altar boys and altar girls coming from 17 countries gathered Wednesday in St' Peter Square at the Vatican to attend the audience.

    Pope Benedict XVI's personal secretary George Gaenswein, right, hands the pontiff the red "Saturno" hat at the weekly general audience, in St. Peter's Square at the Vatican, Wednesday, Oct. 7, 2009.

    don Georg


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    00 24/11/2010 12:45

    Una ferale notizia: è morta una delle Memores della Famiglia pontificia. Il cordoglio del blog

    Papa, muore una delle Memores della Famiglia pontificia

    Marinella Bandini

    Roma, 24 nov (Il Velino)

    È morta all’alba di oggi una delle quattro Memores Domini che formano la Famiglia Pontificia (ossia prestano servizio al santo Padre nel suo appartamento). Manuela Camagni – questo il suo nome – è stata investita nella serata di ieri da un’auto, riportando un grave trauma cranico. Ogni tentativo di operarla è stato inutile, e alle prime luci di questa mattina è deceduta. Non si conoscono ancora particolari sulle esequie. Originaria di Cesena, Manuela aveva prestato il suo servizio anche a Tunisi, al tempo in cui era vescovo monsignor Fouad Twal, attuale patriarca latino di Gerusalemme.

    Oltre alle quattro laiche consacrate di Comunione e liberazione - insieme a Manuela, Loredana, Cristina e Carmela - fanno parte della 'famiglia' del Papa il segretario personale Georg Gaenswein e il vice-segretario Alfre Xuereb. Alla vita quotidiana nella 'famiglia pontificia' sono dedicati alcuni passaggi del libro-intervista Luce del mondo presentato ieri in Vaticano.



    Il blog si unisce al dolore della famiglia e del Santo Padre.
    Mi dispiace davvero tantissimo
    .
    R.
    [Modificato da Caterina63 27/11/2010 19:42]
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    00 30/11/2010 19:32
    Il messaggio di Benedetto XVI letto da monsignor Gänswein durante i funerali di Manuela Camagni
    Quel servizio discreto e prezioso nella casa del Papa

    Sono state celebrate nel pomeriggio di lunedì 29 novembre, a San Piero in Bagno di Romagna, le esequie di Manuela Camagni. Pubblichiamo il messaggio scritto per l'occasione da Benedetto XVI e letto all'inizio del rito liturgico dal suo segretario particolare monsignor Georg Gänswein.

    Cari fratelli e sorelle,
    volentieri avrei presieduto le Esequie della cara Manuela Camagni, ma - come potete immaginare - non mi è stato possibile. Tuttavia, la comunione in Cristo permette a noi cristiani una reale vicinanza spirituale, in cui condividiamo la preghiera e l'affetto dell'anima. In questo vincolo profondo saluto tutti voi, in modo particolare i familiari di Manuela, i vescovi presenti, i sacerdoti, i Memores Domini, gli amici.

    Vorrei qui offrire molto brevemente la mia testimonianza su questa nostra Sorella, che è partita per il Cielo. Molti di voi conoscono Manuela da lungo tempo. Io ho potuto beneficiare della sua presenza e del suo servizio nell'appartamento pontificio, negli ultimi cinque anni, in una dimensione familiare. Per questo desidero ringraziare il Signore per il dono della vita di Manuela, per la sua fede, per la sua generosa risposta alla vocazione. La divina Provvidenza l'ha condotta a un servizio discreto ma prezioso nella casa del Papa. Lei era contenta di questo, e partecipava con gioia ai momenti di famiglia: alla santa Messa del mattino, ai Vespri, ai pasti in comune e alle varie e significative ricorrenze di casa.

    Il distacco da lei, così improvviso, e anche il modo in cui ci è stata tolta, ci hanno dato un grande dolore, che solo la fede può consolare. Molto sostegno trovo nel pensare alle parole che sono il nome della sua comunità: Memores Domini. Meditando su queste parole, sul loro significato, trovo un senso di pace, perché esse richiamano ad una relazione profonda che è più forte della morte. Memores Domini vuol dire: "che ricordano il Signore", cioè persone che vivono nella memoria di Dio e di Gesù, e in questa memoria quotidiana, piena di fede e d'amore, trovano il senso di ogni cosa, delle piccole azioni come delle grandi scelte, del lavoro, dello studio, della fraternità. La memoria del Signore riempie il cuore di una gioia profonda, come dice un antico inno della Chiesa: "Jesu dulcis memoria, dans vera cordis gaudia" (Gesù dolce memoria, che dà la vera gioia del cuore).

    Ecco, per questo mi dà pace pensare che Manuela è una Memor Domini, una persona che vive nella memoria del Signore. Questa relazione con Lui è più profonda dell'abisso della morte. È un legame che nulla e nessuno può spezzare, come dice san Paolo: "(Nulla) potrà mai separarci dall'amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore" (Rm 8, 39). Sì, se noi ricordiamo il Signore, è perché Lui, prima ancora, si ricorda di noi. Noi siamo memores Domini perché Lui è Memor nostri, ci ricorda con l'amore di un Genitore, di un Fratello, di un Amico, anche nel momento della morte. Sebbene a volte possa sembrare che in quel momento Lui sia assente, che si dimentichi di noi, in realtà noi siamo sempre presenti a Lui, siamo nel suo cuore. Ovunque possiamo cadere, cadiamo nelle sue mani. Proprio là, dove nessuno può accompagnarci, ci aspetta Dio: la nostra Vita.

    Cari fratelli e sorelle, in questa fede piena di speranza, che è la fede di Maria presso la croce di Gesù, ho celebrato la santa Messa di suffragio per Manuela la mattina stessa della sua morte. E mentre accompagno con la preghiera il rito cristiano della sua sepoltura, imparto con affetto ai familiari, alle consorelle e a tutti voi la mia Benedizione.


    (©L'Osservatore Romano - 1 dicembre 2010)

    [SM=g1740720]

    L'omelia di Benedetto XVI alla messa in suffragio di Manuela Camagni
    Nella memoria di Dio


    Nella cappella Paolina, Benedetto XVI ha presieduto giovedì mattina, 2 dicembre, la messa in suffragio di Manuela Camagni. Hanno concelebrato l'arcivescovo Fernando Filoni, sostituto della segreteria di Stato, don Julián Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, i monsignori Georg Gänswein, segretario particolare del Pontefice, Alfred Xuereb, della Segreteria particolare, Ettore Balestrero, sotto-segretario per i rapporti con gli Stati, Fortunatus Nwachukwu, capo del Protocollo, Alberto Ortega, della segreteria di Stato, e Alain de Raemy, cappellano della Guardia Svizzera Pontificia. Hanno partecipato alla celebrazione l'arcivescovo James Michael Harvey, prefetto della Casa pontificia, il vescovo Paolo De Nicolò, reggente della Prefettura, il medico personale del Papa, Patrizio Polisca, il comandante della Guardia Svizzera Pontificia, colonnello Daniel Rudolf Anrig, il direttore del Corpo della Gendarmeria vaticana, Domenico Giani, il direttore del nostro giornale. Con loro, le tre "Memores Domini" dell'appartamento pontificio, Loredana, Cristina e Carmela, suor Birgit Wansing, del movimento di Schönstatt, e suor Christine Felder, della Famiglia Spirituale L'Opera; il personale laico dell'appartamento e dell'anticamera. Erano inoltre presenti uomini e donne dell'associazione "Memores Domini" che vivono a Roma - tra loro anche Cristiana Maraviglia, del direttivo nazionale - e numerose religiose residenti in Vaticano. Il rito è stato diretto da monsignor Guido Marini, maestro delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice, coadiuvato da monsignor Enrico Viganò, cerimoniere pontificio. Hanno scandito i vari momenti della liturgia i canti del quartetto della cappella Sistina diretto da don Massimo Palombella.

    Cari Fratelli e Sorelle,
    negli ultimi giorni della sua vita, la nostra cara Manuela parlava del fatto che il 29 novembre sarebbe appartenuta da trent'anni alla comunità dei Memores Domini. E lo disse con grande gioia, preparandosi - così era l'impressione - a una festa interiore per questo cammino trentennale verso il Signore, nella comunione degli amici del Signore. La festa, però, era altra da quella prevista: proprio il 29 novembre l'abbiamo portata al cimitero, abbiamo cantato che gli Angeli la accompagnassero in Paradiso, l'abbiamo guidata alla festa definitiva, alla grande festa di Dio, alle Nozze dell'Agnello.

    Trent'anni in cammino verso il Signore, entrando alla festa del Signore. Manuela era una "vergine saggia, prudente", portava l'olio nella sua lampada, l'olio della fede, una fede vissuta, una fede nutrita dalla preghiera, dal colloquio con il Signore, dalla meditazione della Parola di Dio, dalla comunione nell'amicizia con Cristo. E questa fede era speranza, saggezza, era certezza che la fede apre il vero futuro. E la fede era carità, era darsi per gli altri, vivere nel servizio del Signore per gli altri. Io, personalmente, devo ringraziare per questa sua disponibilità a mettere le sue forze al lavoro nella mia casa, con questo spirito di carità, di speranza che viene dalla fede.

    È entrata nella festa del Signore come vergine prudente e saggia, perché era vissuta non nella superficialità di quanti dimenticano la grandezza della nostra vocazione, ma nella grande visione della vita eterna, e così era preparata all'arrivo del Signore.

    Trent'anni Memores Domini. San Bonaventura dice che nella profondità del nostro essere è iscritta la memoria del Creatore. E proprio perché questa memoria è iscritta nel nostro essere, possiamo riconoscere il Creatore nella sua creazione, possiamo ricordarci, vedere le sue tracce in questo cosmo creato da Lui. Dice inoltre san Bonaventura che questa memoria del Creatore non è solo memoria di un passato, perché l'origine è presente, è memoria della presenza del Signore; è anche memoria del futuro, perché è certezza che veniamo dalla bontà di Dio e siamo chiamati a giungere alla bontà di Dio. Perciò in questa memoria è presente l'elemento della gioia, la nostra origine nella gioia che è Dio e la nostra chiamata ad arrivare alla grande gioia.

    E sappiamo che Manuela era una persona interiormente penetrata dalla gioia, proprio da quella gioia che deriva dalla memoria di Dio. Ma san Bonaventura aggiunge anche che la nostra memoria, come tutta la nostra esistenza, è ferita dal peccato: così la memoria è oscurata, è coperta da altre memorie superficiali, e non possiamo più oltrepassare queste altre memorie superficiali, andare fino in fondo, fino alla vera memoria che sostiene il nostro essere. Perciò, a causa di questo oblio di Dio, di questa dimenticanza della memoria fondamentale, anche la gioia è coperta, oscurata. Sì, sappiamo che siamo creati per la gioia, ma non sappiamo più dove si trova la gioia, e la cerchiamo in diversi luoghi. Vediamo oggi questa ricerca disperata della gioia che si allontana sempre più dalla sua vera fonte, dalla vera gioia. Oblio di Dio, oblio della nostra vera memoria. Manuela non era di quelli che avevano dimenticato la memoria: è vissuta proprio nella viva memoria del Creatore, nella gioia della sua creazione, vedendo la trasparenza di Dio in tutto il creato, anche negli avvenimenti quotidiani della nostra vita, e ha saputo che da questa memoria - presente e futuro - viene la gioia.

    Memores Domini. I Memores Domini sanno che Cristo, nella vigilia della Sua passione, ha rinnovato, anzi ha elevato la nostra memoria. "Fate questo in memoria di me", ha detto, e così ci ha dato la memoria della sua presenza, la memoria del dono di sé, del dono del suo Corpo e del suo Sangue, e in questo dono del suo Corpo e Sangue, in questo dono del suo amore infinito, tocchiamo di nuovo con la nostra memoria la presenza di Dio più forte, il suo dono di sé. In quanto Memor Domini, Manuela ha vissuto proprio questa memoria viva, che il Signore con il suo Corpo si dona e rinnova il nostro sapere di Dio.

    Nella controversia con i Sadducei circa la risurrezione, il Signore dice a costoro, che non credono in essa: ma Dio si è chiamato "Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe". I tre fanno parte del nome di Dio, sono iscritti nel nome di Dio, stanno nel nome di Dio, nella memoria di Dio, e così il Signore dice: Dio non è un Dio dei morti, è un Dio dei vivi, e chi fa parte del nome di Dio, chi sta nella memoria di Dio, è vivo. Noi uomini, con la nostra memoria, possiamo purtroppo conservare solo un'ombra delle persone che abbiamo amato. Ma la memoria di Dio non conserva solo ombre, è origine di vita: qui i morti vivono, nella sua vita e con la sua vita sono entrati nella memoria di Dio, che è vita. Questo ci dice oggi il Signore: Tu sei iscritto nel nome di Dio, tu vivi in Dio con la vita vera, vivi dalla fonte vera della vita.

    Così, in questo momento di tristezza, siamo consolati. E la liturgia rinnovata dopo il Concilio, osa insegnarci a cantare "Alleluia" anche nella Messa per i Defunti. È audace questo! Noi sentiamo soprattutto il dolore della perdita, sentiamo soprattutto l'assenza, il passato, ma la liturgia sa che noi siamo nello stesso Corpo di Cristo e viviamo a partire dalla memoria di Dio, che è memoria nostra. In questo intreccio della sua memoria e della nostra memoria siamo insieme, siamo viventi. Preghiamo il Signore che sempre più possiamo sentire questa comunione di memoria, che la nostra memoria di Dio in Cristo diventi sempre più viva, e così possiamo sentire che la nostra vera vita è in Lui e in Lui restiamo tutti uniti. In questo senso, cantiamo "Alleluia", sicuri che il Signore è la vita e il suo amore non finisce mai. Amen.


    (©L'Osservatore Romano - 3 dicembre 2010)


    C’e’ un pezzo di Puglia nell’appartamento del Papa
    Antonio Di Muro

    C’è un pezzo di Puglia nelle stanze vaticane. O meglio in quelle “intime” occupate dallo stesso Pontefice Benedetto XVI, il quale, dopo la sua elezione, ha praticamente mandato in soffitta tutto lo staff di assistenza del suo predecessore, Giovanni Paolo II, che aveva in “distacco”, come si dice tecnicamente, alcune suore polacche.

    Sono due donne pugliesi consacrate al Signore, Loredana ed Carmela, che assistono il Pontefice nella ordinarietà della sua giornata.
    Donne consacrate significa che non sono suore, ma persone che hanno fatto regolare voto di castità e di povertà ed hanno deciso di servire la Chiesa mettendosi gratuitamente al servizio delle sue varie articolazioni. Pur avendo da cardinale considerazione per le suore polacche e avendo origini tedesche, l’attuale Pontefice ha ritenuto di affidare i compiti più strettamente personali alle italiane, tra le quali grande considerazione godono le nostre due pugliesi. Loredana organizza la cucina e prepara i piatti serviti al Pontefice e agli ospiti tutti i giorni, puntando sulla pasta al curry, i rigatoni al prosciutto, la pasta con salmone e zucchine. Tiene personalmente i contatti con il supermercato del Vaticano e sceglie le verdure che giungono dagli orti di Castelgandolfo.

    Carmela, invece, aiuta in cucina ed è specializzata nella confezione dei dolci che piacciono di più a Ratzinger sin da quando era cardinale: strudel, tiramisù alla frutta, alle crostate. Cura anche la stanza di Benedetto XVI e il suo guardaroba. Le riservatissime maglie vaticane non hanno consentito di sapere di più sul queste due donne consacrate del movimento di Comunione e Liberazione (Le “ Memores Domini”), che, tra l’altro, sono tenute per la loro regola al nascondimento, come dire apparire il meno possibile in pubblico,
    Anche se si tratta di lavori che non richiedono una particolare specializzazione, fonti vaticane fanno sapere che le due pugliesi sono tenute in buona considerazione dai colleghi dei servizi e dallo stesso Pontefice per la loro dedizione e serietà nel lavoro di assistenza e per quelle frequenti, gradite incursioni nei menù della profumata cucina pugliese.

    Queste sottolineature appartengono alla torinese “La stampa”, per cui c’è da ritenere che non vi sia esagerazione all’insegna di una qualsiasi forma di captatio benevolentiae. Una volta tanto questi tartassati meridionali finiscono nella buona cronaca settentrionale per comportamenti lodevoli, motivo per il quale c’è da sperare che qualcuno si possa finalmente convincere che anche dalle nostre parti vi possono essere persone che meritano la massima serie. Se anche il Pontefice si affida ai loro servigi!

    www.lucerabynight.it/zoom.asp?id=23394





    [Modificato da Caterina63 28/04/2011 16:23]
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    00 07/12/2010 00:13
    [SM=g1740733] Dedichiamo uno spazio anche a mons. Guido Marini che si occupa delle Celebrazioni Liturgiche del Pontefice.....un indispoensabile collaboratore....


    Profilo
    Officiali
    Pubblicazioni-Interviste

    Approfondimenti
    Studi

    Antichissimo è l'ufficio dei Magistri Caerimoniarum Apostolicarum. Dal sec. XV in poi acquistarono notevole fama dopo che alcuni di loro incominciarono a scrivere i loro Diari (Giovanni Burckard, Paride de Grassis), funzione che i successivi Prefetti e Maestri delle Cerimonie Pontificie hanno continuato fino al presente, conservando i loro scritti in apposito archivio. Dopo diversi provvedimenti della Camera Apostolica (4 genn. 1533, 11 giu. 1550 e 15 sett. 1560), Pio IV con Breve Apostolico del 10 magg. 1563 confermava alcuni diritti dei Magistri nostri Caerimoniarum, già riconosciuti a Romanis Pontificibus ab immemoriali tempore.


    In virtù dei successivi regolamenti approvati dai Pontefici, e ultimamente da Benedetto XV, il 25 giu. 1917, i Magistri Caerimoniarum S.R.E. et Sedis Apostolicae formavano un Collegium presieduto dal Praefectus, nominato dal Sommo Pontefice con speciale Breve Apostolico, spettando al medesimo i gradi di Prelato Domestico (oggi Prelato d'Onore di Sua Santità) e di Protonotario Apostolico ad instar (oggi Protonotario Apostolico Soprannumerario). Gli altri Maestri delle Cerimonie avevano il grado di Cubicularii intimi (oggi Cappellani di Sua Santità) ad vitam. Eletto il Sommo Pontefice, facevano le veci dei Camerieri Segreti Partecipanti (poi Prelati di Anticamera) fino alla nomina dei nuovi. Il Praefectus ed il secondo Maestro delle Cerimonie, entrambi participantes, erano addetti alla Persona del Sommo Pontefice; tutti gli altri, non participantes, si distinguevano in tre ex numero, e sette supernumerarii. Erano consultori nati della S. C. dei Riti pro re liturgica e considerati Rituum Ecclesiae Latinae Custodes (in Privilegia et iura, praeeminentiae et distinctiones Magistrorum Caerimoniarum S. R. E. et Sedis Apostolicae, della S. C. Cerimoniale, 6 nov. 1801).

    La Prefettura o Collegio delle Cerimonie Pontificie venne ristrutturato in occasione della riforma della Curia Romana del 1967 e in particolare del Regolamento dell'Ufficio delle Cerimonie Pontificie del 1970. La Prefettura allora assunse il titolo di Ufficio per le Cerimonie Pontificie. Secondo tale Regolamento i Cerimonieri Pontifici erano in numero di dodici (otto effettivi e quattro addetti).

    A seguito della riforma del Concilio Vaticano II, l'Ufficio per le Cerimonie Pontificie ha assunto una importanza sempre maggiore nel settore della pastorale liturgica. Le celebrazioni presiedute dal Santo Padre, infatti, sono chiamate a essere, anche per l’incidenza dei mass-media, un punto di riferimento esemplare per l’attuazione della riforma liturgica secondo gli insegnamenti conciliari, in continuità con l’intera tradizione ecclesiale e in conformità al più recente magistero dei Sommi Pontefici.

    La Costituzione Apostolica Pastor Bonus, del 28 giu. 1988, sempre in conformità con i principi del rinnovamento liturgico promosso dal Concilio Vaticano II, ha operato un significativo cambiamento nei confronti del precedente Ufficio per le Cerimonie Pontificie con la costituzione del nuovo « Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice ». Non si tratta di semplice mutamento di denominazione, ma di un nuovo Istituto della Curia Romana, dotato di propria autonomia (art. 2, § 3), avendo una sua configurazione giuridica che lo diversifica dagli altri Istituti della Curia Romana, con legislazione propria e proprie esclusive competenze.

    Secondo la Costituzione spetta all'Ufficio preparare tutto quanto è necessario per le celebrazioni liturgiche e le altre sacre celebrazioni, alle quali presiede, partecipa o assiste il Sommo Pontefice oppure, in suo nome o per suo mandato, un Cardinale o un Prelato, predisponendo tutto ciò che è necessario o utile per il loro degno svolgimento e per l'attiva partecipazione dei fedeli. Rientra nella sua competenza la celebrazione del Concistoro e la direzione delle celebrazioni liturgiche del Collegio Cardinalizio durante la Sede vacante. Tra i diversi compiti dell'Ufficio, risulta di particolare cura quello della preparazione e pubblicazione dei testi per le celebrazioni, che favoriscono sommamente la partecipazione degna e attiva dei fedeli.

    All'Ufficio è preposto il Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie, con la qualifica di Prelato Superiore della Curia Romana: egli è nominato dal Sommo Pontefice, dura in carica cinque anni e può essere confermato (art. 182). Spetta al Maestro curare la preparazione e lo svolgimento di tutte le celebrazioni liturgiche pontificie e, in specie, di quelle che avvengono nelle visite pastorali del Sommo Pontefice alle parrocchie e alle istituzioni della diocesi di Roma e nei viaggi apostolici in Italia e all’estero, tenendo anche presente le peculiarità proprie delle celebrazioni papali.

    I Cerimonieri Pontifici assistono il Sommo Pontefice nelle funzioni sacre e, in particolari circostanze, anche i Cardinali (concistori, presa di possesso del Titolo cardinalizio, Messa o altra sacra funzione celebrata con speciale solennità, missioni pontificie). Ad ogni Cardinale, dal momento della sua creazione in Concistoro, viene assegnato dal Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie un Cerimoniere. Inoltre, i Cerimonieri Pontifici hanno il compito di preparare e guidare, sotto la direzione del Maestro, le ordinazioni dei Vescovi e le benedizioni degli Abati che abbiano luogo in Roma e siano impartite per mandato del Santo Padre, ed altre celebrazioni che fossero stabilite dal Maestro.

    Sede Vacante, i Cerimonieri Pontifici, in forza della Costituzione Apostolica del Papa Paolo VI Romano Pontifici eligendo, del 1 ott. 1975, prestano servizio nelle Congregazioni dei Cardinali, ed entrano in Conclave per assolvere i compiti loro propri. In forza del loro ufficio, sono notai; perciò compilano a tutti gli effetti giuridici i documenti delle funzioni a cui prendono parte d'ufficio, gli atti del Conclave e lo stesso atto di elezione del Sommo Pontefice.

    A seguito del Chirografo del 14 genn. 1991, con il quale Giovanni Paolo II ha adattato alle esigenze odierne la struttura per la cura spirituale nella Città del Vaticano, le mansioni che erano proprie del Sagrista della Casa Pontificia sono passate al Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie, il quale è pertanto responsabile della Sagrestia Pontificia e delle Cappelle del Palazzo Apostolico.

    Officium de Liturgicis Celebrationibus Summi Pontificis

    Mons. MARINI GUIDO, Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie


    Cerimonieri Pontifici

    Mons.               Camaldo Francesco
    " Viganò Enrico
    " Krajewski Konrad
    " Stefanetti Pier Enrico
    " Sanchirico Stefano
    " Ravelli Diego Giovanni
    " Karcher Guillermo Javier
    " Agostini Marco
    " Kwambamba Masi Jean-Pierre
    " John Richard Cihak

     


    Officiali

    Mons.            Viganò Enrico
    " Krajewski Konrad
    Rev. Peroni Vincenzo
    Rev.da Sr. Ruiz Mata María Trinidad, R.S.J.G.
    " Sr. Morigi Maria Pia, P.D.D.M.
    " Sr. Laureti Maria Priscilla, M.D.R.
    Sig. Passeri Giuseppe


    Addetti alla Sagrestia Pontificia

    Rev.                P. Paolo Benedik, O.S.A., Custode del Sacrario Apostolico
    " Fr. Tocto Oblitas Einer, O.S.A.
    " P. Daleng Edward, O.S.A.


    Consultori

    Rev.             Bux Nicola
    " Gagliardi Mauro
    " Silvestre Valór Juan José
    " P. Lang Uwe Michael, C.O.
    " P. Gunter Paul, O.S.B.

    * * *

    Sig.             Goettsche James Edward, Organista titolare della Basilica di San Pietro in Vaticano e per le Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice  

    Gli uffici sono in 00120 Città del Vaticano, Palazzo Apostolico Vaticano (tel. 06.69.88.32.53; 06.69.88.52.64; fax 06.69.88.54.12).
                                                             

                                               

    Mons. Maestro è domiciliato in 00120 Città del Vaticano.

    ___________________________

    PUBBLICAZIONI


    si legga anche qui:

    Cosa veste il Papa per la Liturgia?

    e qui:

    Mons. Guido Marini, spiega la partecipazione dei Fedeli alla Liturgia (importante)



    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 05/02/2011 15:40
    [SM=g1740733] La laurea honoris causa in «Relazioni internazionali»
     
                                  

    dall’Università per gli stranieri di Perugia è solo l’ultimo dei tanti titoli del curriculum di monsignor Georg Gaenswein, il segretario particolare di Benedetto XVI, abituato a seguire silenziosamente il suo Papa e così schivo a prendere la parola in pubblico. 

    ... nell’aula magna dell’Ateneo umbro, il dottor Georg, ha tenuto una lectio magistralis sul tema «Relazione tra Chiesa e Stato in Italia.
    La libertas



    Mons. Georg Gaenswein: «Perugia mi ha aperto gli occhi e il cuore»

    Laurea honoris causa a don Georg Gaenswein: «Italia impolverata, c’è bisogno di pulizia»

    «Perugia mi ha aperto gli occhi e il cuore»

    Uomo del diritto e della pace ed esperto di umanità. E’ il ritratto che il professor Marco Impagliazzo, prorettore dell’Università per Stranieri di Perugia, ha fatto nella sua Laudatio di monsignor Georg Gaenswein, segretario particolare di Benedetto XVI, questa mattina nelle sale che lo hanno visto come alunno per ricevere la laurea Honoris Causa in «Sistemi di comunicazione nelle relazioni internazionali».

    Il rettore: un onore e un privilegio Aprendo la cerimonia il rettore dell’Università Stefania Giannini ha definito «un onore e un privilegio» il conferimento della laurea Honoris Causa a monsignor Gaenswein. Il segretario particolare del Papa che, come detto, poco più di vent’anni fa scelse l’Università per Stranieri del capoluogo umbro per il suo percorso di apprendimento dell’italiano. «Oggi scegliamo, quindi, di onorare un ex alunno – ha detto il rettore -, che ha dimostrato meriti speciali nelle diverse dimensioni della vita e della carriera: nell’attività scientifica, da studioso precoce e brillante di diritto canonico, nella comunità e nella gerarchia ecclesiastica, per quel ruolo delicato e complesso di segretario particolare di Papa Benedetto XVI che l’ha reso noto al mondo, nella società, infine, dentro e fuori i confini dello Stato Vaticano, ove si è fatto discreto, quanto efficace portatore, a fianco del Papa, di un costante messaggio di pace e di costruzione del dialogo. In tempi amari di crescente e allarmante conflittualità»

    La lectio doctoralis I rapporti tra Stato e Chiesa e la libertas Eccleasiae nel Concordato del 1929 e negli Accordi di revisione del 1984 sono stati i temi centrali della lectio doctoralis tenuta da monsignor Gaenswein. L’esemplarità dell’Italia per quanto riguarda i rapporti Stato-Chiesa regolati dal Concordato è stata sottolineata da monsignor Gaenswein nel corso della lectio. «Lo sviluppo della libertas Ecclesiae nella relazione fra Stato e Chiesa in Italia è stato incoraggiato dall’evoluzione ordinamentale italiana nel segno di una sempre più accentuata valorizzazione dell’autonomia ecclesiastica», ha affermato infatti il prelato tedesco sottolineando che «se è vero che lo sviluppo della libertas Ecclesisae negli accordi di attuazione del dettato concordatario appare indubbiamente condizionato dalle evoluzioni ordinamentali in atto va però sottolineato come tale risultato, sia stato notevolmente favorito proprio dal paradigma strutturale dell’Accordo 1984».

    IL TESTO COMPLETO DELLA LECTIO DOCTORALIS

    Sana laicità Secondo il segretario del Papa, «si è dunque di fronte ad una realtà in cui i fattori dominanti sono in costante evoluzione». Si tratta, ha aggiunto, di «dinamiche, ‘inter’ ed ‘infra’ ordinamentali, che non possono venire trascurate se non si intenda affrontare il rischio di porre in ombra alcuni degli elementi più significativi per ricostruire l’avvenuto sviluppo degli accordi, ma anche e soprattutto per comprendere le future linee evolutive, tanto nel loro insieme quanto nei singoli settori». «Il Concordato del 1929 e gli Accordi del 1984 – ha concluso Gaenswein – offrono un quadro giuridico per realizzare quelle sana laicità di cui parla il Santo Padre e che rafforza l’identità dell’Italia, un Paese a cui mi sento tanto legato e a cui faccio auguri di ogni bene, quando si compiono i 150 anni della sua Unità».

    Non parlo di politica né italiana né vaticana Un concetto sul quale monsignor Gaenswein è tornato durante la conferenza stampa che è seguita alla cerimonia: «Auguro all’Italia per i suoi 150 anni – ha rimarcato ai giornalisti sostenendo di non voler rispondere a domande sull’attualità – unità vera interna ed esterna. Forse ci vuole una pulizia interna, perché le radici ci sono, ma c’è un po’ di polvere». Frasi che, come ha tenuto a precisare subito dopo, non vanno interpretate alla luce dei fatti di attualità, così come non vi è da cercare nessuna «allusione di attualità» nella sua lectio. «Non prendo posizione nei confronti dell’attuale politica italiana e la stessa cosa vale anche per la politica vaticana» ha poi ricordato Gaenswein: «Io non faccio nessuna affermazione riguardo alla politica attuale», ha ripetuto in risposta il segretario particolare del Papa ad un cronista che gli chiedeva un commento a proposito della manifestazione delle donne che si è tenuta domenica e del rinvio a giudizio del premier Berlusconi.

    Perugia mi ha aperto occhi e cuore sull’Italia Alla domanda su cosa lo avesse spinto a rompere il tradizionale riserbo dei segretari dei papi e a tenere la lectio di questa mattina sui rapporti tra Chiesa e Stato in Italia, monsignor Georg ha risposto: «Il tema è attuale, interessante, decisivo e mi piace». «Perugia – ha poi raccontato don Georg – mi ha aperto gli occhi e il cuore sull’Italia, non solo sulla lingua, sulla sua cultura, musica, storia. Ho cercato di scoprire le radici italiane, anche attraverso iniziative che ho vissuto qui: corsi, escursioni, pellegrinaggi, grazie alle quali ho trovato le radice sane della penisola italiana e ne ho imparato la bellezza». «La lectio magistralis – ha raccontato – è stata un’esperienza bellissima, sia per la preparazione che per la declamazione, è stata una grande emozione, sono contentissimo, emozionato e felice di essere qui».

    Italia, paese di bellezza e burocrazia Alla domanda se ci sia qualcosa di non gradito nell’italianità, il segretario del Papa ha risposto: «Qualche volta ho un po’ di problemi con la burocrazia, naturalmente anche in Germania c’è la burocrazia ma qui è abbastanza ostacolante e a volte mi chiedo come sia possibile che un paese così bello e ricco di doti umane, naturali e sovrannaturali, finisca a litigare su cose di poca sostanza». Gaenswein ha concluso con l’augurio che l’Italia riscopra le sue radici e «con le sue radici trovi la pace e queste portino il frutti nel futuro».

                
    [Modificato da Caterina63 16/02/2011 09:39]
    Fraternamente CaterinaLD

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    00 04/04/2011 00:33

    Un libro di Stefano e Roberto Calvigioni. Sport all'ombra del Cupolone. Il testo della prefazione di Mons. Georg Gänswein (O.R.)

    Un libro di Stefano e Roberto Calvigioni

    Sport all'ombra del Cupolone

    Viene presentato lunedì pomeriggio, 4 aprile, presso la Radio vaticana, il volume di Stefano e Roberto Calvigioni Lo sport in Vaticano (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2011, pagine 184, euro 16). Ne pubblichiamo la prefazione scritta dal segretario particolare di Benedetto XVI.

    di mons.Georg Gänswein

    Il libro Lo sport in Vaticano è un'opera straordinaria e, oserei dire, sensazionale, nella sua unicità. Straordinaria perché, se sono ben informato, è la prima volta che un testo letterario viene dedicato espressamente alla realtà dello sport nel più piccolo Stato del mondo. Unica, perché con la combinazione di testi magisteriali, testimonianze personali, immagini e fotografie, riesce a far immergere il lettore in una realtà ampiamente sconosciuta della vita quotidiana del Vaticano.

    Diviso in 10 capitoli, lo scritto riassume, da una parte, una sintesi dell'autorevole voce dei Papi riguardo allo sport e sviluppa, dall'altra, in modo cronologico, il magistero pontificio su questo argomento. Si potrebbe rimanere felicemente sorpresi per quante volte i Romani Pontefici si siano espressi circa lo scopo, la meta, la natura e l'esercizio dello sport. In numerosi messaggi, udienze, discorsi, viene esposta proprio la linea del magistero pontificio relativa a questa materia.

    Fu Papa Leone XIII che inserì lo sport tra i nuovi strumenti di comunicazione di massa e i movimenti cattolici italiani dettero vita, nei primi anni del ventesimo secolo, a una propria organizzazione che ebbe in Papa Pio X un convinto assertore ed uno strenuo sostenitore. Il suo discorso ai giovani italiani l'8 ottobre 1905 lo potremmo quasi considerare una magna charta: «... ammiro e benedico di cuore tutti i vostri giochi e passatempi, la ginnastica, il ciclismo, l'alpinismo, la nautica, il podismo, le passeggiate, i concorsi e le accademie, alle quali vi dedicate; perché gli esercizi materiali del corpo influiscono mirabilmente sugli esercizi dello spirito; perché questi trattenimenti richiedono pur lavoro, vi toglieranno dall'ozio che è padre dei vizi; e perché finalmente le stesse gare amichevoli saranno in voi una immagine dell'emulazione dell'esercizio della virtù».

    Durante il pontificato successivo di Pio XI, il Papa alpinista e scalatore, furono molti gli incontri del Pontefice con il mondo dello sport. Analogamente si può dire di Papa Pacelli che durante un incontro con gli sportivi romani nel maggio 1945 sottolineava: «Ora qual è, in primo luogo, l'ufficio e lo scopo dello sport, sanamente e cristianamente inteso, se non appunto di coltivare la dignità e l'armonia del corpo umano, di sviluppare la salute, il vigore, l'agilità e la grazia?». Rappresentano un suggestivo ricordo della memoria storica le fotografie di Papa Pio XII con alcuni sportivi, famosi e meno famosi.

    Anche i Papi Giovanni XXIII e Paolo VI hanno rivolto la loro voce al mondo dello sport ed hanno incontrato i protagonisti di questa realtà tante volte in Vaticano.
    Con Papa Giovanni Paolo II comincia una novità assoluta: il Papa è sportivo nel duplice significato di appassionato e di praticante. Numerose fotografie danno testimonianza visibile di questa nuova realtà. Tutti noi ricordiamo Papa Wojtyła come sciatore.

    Il Pontefice ha inoltre incontrato atleti famosi e non famosi, ricchi e poveri, squadre calcistiche, tennisti, nuotatori, ciclisti, organizzazioni e dirigenti sportivi. In uno dei suoi numerosi interventi Papa Wojtyła disse: «La giusta pratica dello sport deve essere accompagnata dalla temperanza e dall'educazione alla rinuncia; con molta frequenza essa richiede altresì un buono spirito di squadra, atteggiamenti di rispetto, apprezzamento delle altrui qualità, onestà nel gioco e umiltà per riconoscere i propri limiti...» (Pentecoste 2004).

    Ricordiamo ben 120 discorsi e messaggi di questo Papa sullo sport nel corso del suo lungo pontificato.
    Anche l'attuale Papa Benedetto XVI presta molta attenzione ai valori del mondo sportivo. Ricorda che il gioco insegna disciplina e rigore offrendo la possibilità di vincere e di ricevere libertà. Come gioco di squadra poi, porta l'uomo ad una convivenza disciplinata.

    In modo dettagliato e metodologico vengono poi descritti i diversi tipi di sport praticati attualmente nella Città del Vaticano: il tiro a volo, il judo, il gioco del calcio, il gioco del tennis e il ciclismo. Nell'ultima parte troviamo delle significative riflessioni sulle prospettive future della pratica sportiva nella città del Vaticano e, infine, preziose osservazioni sui mass media del Vaticano e lo sport.

    Mentre vogliamo sottolineare che il libro merita un'attenta ed appassionata lettura, agli autori va riconosciuto il vanto di essersi occupati per primo di un lato del Vaticano finora quasi sconosciuto. Per tal motivo essi meritano una significativa lode, sincero rispetto e riconoscimento per aver dedicato parte del proprio tempo a questa materia interessante ed importante per la vita quotidiana nella Città del Vaticano.

    (©L'Osservatore Romano 3 aprile 2011)



    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    00 16/04/2011 12:48

    Benedetto XVI agli occhi del suo segretario personale
    (traduzione da Google del testo che troverete qui )

    Confessioni di mons.
    Georg Gänswein, il segretario personale del cardinale Ratzinger e Papa Benedetto XVI.

                 mons. Georg segretario di Benedetto XVI


    Wlodzimierz Redzioch: - Per sei anni ha vissuto nel Palazzo Apostolico con  Chi sono i membri e come è organizzato il lavoro in tutto l'appartamento papale 'famiglia papale.'?

    Rev. Mons.. Georg Gänswein: - Ci sono sette persone nell'appartamento papale: '. Memores Domini' il Santo Padre, due segretari e quattro donne dalla associazione di vita consacrata L'organizzazione del lavoro è molto semplice, poiché tutti sanno cosa fare e ognuno fa il suo posto di lavoro.
    Ecco perché tutto è in ordine.

    - Come funziona il lavoro di Benedetto XVI?

    - Il Santo Padre è un uomo infaticabile, molto concentrati sul lavoro ed è disciplinato.
    Ma il Papa risponde a questa domanda nella sua intervista rilasciata a Peter Seewald.
    Permettetemi di citare le parole del Papa, 'Non ci sono tante cose da fare che si può lavorare per tutto il tempo. Ed è un errore. Non è con l'attivismo seguente che si può preservare la «consideratio», la prospettiva, intuito, sguardo profondo, il tempo interiore di essere  con Dio, per esaminare le questioni con Lui e attraverso di Lui, le cose più esigenti e trattare con loro, ci vuole la Preghiera. Questo è il motivo perchè i giorni del Papa sono riempiti con la meditazione, la lettura della Bibbia, il Rosario, riflettendo su Dio. Non si può lavorare su semplici atti. Ho anche letto, per quanto posso, ma la ricordo sempre come la sfida di San Bernardo che ci invita a non perdere il tempo solo in attivismo '(si possono leggere queste parole in un'intervista del Papa).

    Per quanto riguarda il lavoro del Santo Padre c'è il mito che Benedetto XVI vive e lavora in isolamento nel Palazzo Apostolico, che ha perso il contatto con la realtà del mondo contemporaneo ...

    - Questi sono solo dicerie che non hanno nulla a che fare con la realtà. E 'sufficiente guardare il programma quotidiano del Papa - Quante riunioni, quanti compiti!
    Inoltre, i comunicati ufficiali in 'L'Osservatore Romano' non dire di molti posti di lavoro del Santo Padre - queste attività vengono svolte con molta discrezione.

    Non è il mito solo legate alla vita del papa. Un'altra mostra di Benedetto XVI come 'il cardinale panzer,' una guardia fredda e implacabile della dottrina cattolica, la cui timidezza è considerato come l'arroganza e l'orgoglio.
    Come si può confutare l'opinione che danno al Santo Padre?

    - Ha ragione parlando di falsi miti che sono anche sleali. Essi derivano da pregiudizi e non diventano vere solo perché qualcuno li tiene a ripetere. Tuttavia, coloro che guardano alle attività del Santo Padre, senza pregiudizi, può venire a un proprio giudizio e vero.
    Dopo sei anni del suo pontificato, questo falso mito è stato smentito da Benedetto XVI, grazie al suo calore e la semplicità spontanea e naturale, è riuscito a vincere i cuori della gente senza sforzo.

    Recentemente in Italia è stato pubblicato un libro scritto da due esperti del Vaticano che hanno analizzato gli attacchi contro Benedetto XVI. I giornalisti affermano che non solo il Santo Padre nemici interni, ma anche due gruppi di nemici esterni lo hanno contestato. Il primo gruppo comprende coloro che non sono d'accordo con l'interpretazione del Papa del Concilio Vaticano II perché vedono il Concilio come una rottura con la tradizione, l'altro gruppo comprende tutti coloro che criticano il Papa per la sua fedeltà a 'Humanae vitae' e concorso il Magistero della Chiesa in riferimento alla morale e la bioetica.
    Siete d'accordo con tale analisi degli attacchi contro Benedetto XVI?

    - Non ho partecipato a queste divagazioni giornalistico e intellettuale riguardante presunti amici e nemici del papa. Quello che conta è la trasparenza del messaggio papale, nonché il linguaggio unico e convincente del Magistero.
    Tutte le altre cose sono speculazioni.

    Parlando di attacchi contro il Papa non può omettere lo scandalo connessi con gli abusi sessuali del minore hanno commesso alcuni sacerdoti.
    Come è Benedetto XVI vivendo questa tragedia?

    - E 'stato un momento molto doloroso e difficile. Il Santo Padre ha parlato apertamente a Seewald. Vi rimando al libro, ma vorrei citare almeno alcune frasi del papa. Tra le altre cose, dice che per lui la questione non sembra del tutto inaspettata. Lavorando nella Congregazione per la Dottrina della Fede ha affrontato alcuni casi americani, sapeva anche come la situazione si andava sviluppando in Irlanda. Senza dubbio tale scala del problema è stata ancora una scossa straordinaria. [...] Vedendo come un sacerdozio sporcato, e di conseguenza tutta la Chiesa è stata danneggiata in qualcosa che era una cosa più profonda per lei - si dovrebbe veramente fare con esso un profondo esame di coscienza, il Papa lo aveva ribadito allora da cardinale, e lo ribadisce anche oggi, dobbiamo sperare che tutti lo ascoltino.
    Ma era anche importante non perdere di vista la nostra chiara del bene che è nella Chiesa, e di non usare queste cose terribili facendo offuscare il bene che c'è nella Chiesa.

    Chesterton ha sostenuto che la democrazia possa essere introdotto nella Chiesa, a condizione che tutte le precedenti generazioni di credenti sarebbero stati ammessi al voto. Sto pensando a questa riflessione di Chesterton, quando oggi i sostenitori di 'democratizzazione' della Chiesa accusano Benedetto XVI che si è trasformato da un teologo progressista a un papa-tradizionalista.
    Benedetto XVI è un tradizionalista?

    - E 'ancora un altro luogo comune ben indossato. E 'sufficiente conoscere gli scritti del Professore e il Cardinale Ratzinger e ora il Vescovo di Roma per trattare questa banale come un pregiudizio comune. La realtà è completamente diversa. Se qualcuno ha gli occhi, li usi per vedere!
    Se qualcuno ha ragione, non ci si dimentichi che un Papa è pur sempre colui che custodisce il Deposito della fede e della Tradizione, forse sarebbe più opportuno capire che il termine tradizionalista, è un pò ambiguo e fa passare il Papa per uno fermo al passato, ma non è così, il Papa sta cercando solo di riportare alla luce quella Tradizione di autenticità della fede che purtroppo altri hanno cercato di cancellare, ma questo non significa essere tradizionalista! Con poco che conosco di Chesterton non mi sembra che lui intendesse democraticizzare la Chiesa, egli stesso difende il magistero di san Tommaso d'Aquino, sarebbe incoerente pretendere di sostenere lui e poi cadere negli errori delle pretese dei modernisti.
    La democrazia appartiene agli Stati, nella Chiesa sarebbe impossibile un concetto del genere perchè c'è l'Eucarestia nella quale la Chiesa si fa ed è comunione; la Chiesa avanza per la comunione nei singoli ruoli, la democratizzazione con noi non c'entra nulla
    .

    Molti ambienti vedono la Chiesa cattolica come un nemico politico e ideologico.
    Ecco perché non tutte le persone riescono a capire che la Chiesa non difende gli interessi politici e ideologici, ma vuole solo portare le persone di tutte le epoche a Dio, e mostrare loro la via della salvezza... La pensa anche lei così?

    - E' vero. La Chiesa non dovrebbe lasciare il suo modo sotto la pressione di poteri esterni o interni. Ciò che alcuni ambienti vorrebbero attribuire alla Chiesa non è né una norma né un criterio di attività della Chiesa. Non è nulla di nuovo che la Chiesa non è stata ben compresa. Le ideologie semplicemente scompaiono come sono emerse, ma rimane la Chiesa.
    Ma la Chiesa deve però essere fedele al suo Signore e al suo messaggio della Buona Novella, che dovrebbe essere proclamato 'se è conveniente o non conveniente.' Per questo però è necessario che quando un Papa viene eletto, lo si ascolti e lo si aiuti e sostenga in questo ministero.

     Nel mondo contemporaneo ci sono forze che fanno del loro meglio per rendere le persone più felici, ma così perdono la loro fede in Dio, in particolare nel Dio Salvatore, Gesù Cristo.
    Perché la gente non si rende conto che senza la fede la loro vita diventano insensata e molti poi aspettano con rassegnazione o inventandosi qualche nuova fede, non comprendono che solo la vera fede può davvero far cambiare e allora, come si fa per attendere l'incontro con il Padre?

    - Non ho dubbi che ci sono forze che si oppongono alla Chiesa e al suo Fondatore. Ma credo che, nonostante tutto, molta gente sta oggi comprendendo il messaggio del Successore di San Pietro molto bene. E il messaggio è semplice e allo stesso tempo profondo: la fede non è un problema che dovrebbe essere risolto, ma è un dono che deve essere scoperta ogni giorno. La fede dà gioia e pienezza. Questa fede è l'uomo quando la sua immagine è riflessa da quella di Gesù Cristo. In lui Dio nascosto divenne visibile e percepibile.
    Nella sua straordinaria grandezza di Dio si offre a noi nel suo Figlio. Non è possibile una fede diversa, chi persegue strade diverse, se lo fa con sincerità ed onestà, alla fine non può non incontrarsi con il Risorto, diversamente c'è l'illusione, la delusione dalla quale giunge lo sconforto, e proprio su questi aspetti Benedetto XVI punta le sue Catechesi e gli Angelus.

    Quali sono le sfide più importanti della Chiesa cattolica si trova ad affrontare all'inizio del nuovo millennio?

    - E 'la questione dei rapporti tra fede e ragione, tra religione e il rifiuto della violenza. In altre parole, è la conferma della nostra fede: l'amore di Dio per l'uomo, la massima espressione che è la morte. Cristo sulla croce e la risurrezione.
    Questo amore è il fondamento immutabile su cui si basa la fiducia cristiana e impegno per la carità, l'amore e il rifiuto della violenza. In questo contesto ogni religione seria, ma anche chi si dice ateo e cerca tuttavia la ragione della verità, non può che ritrovarsi alla fine davanti alla Chiesa e con tutta onestà scegliere se rifiutare il Cristo, Dio fatto uomo, o proseguire per conto proprio.

    La gente sperava che il pontificato di Benedetto XVI, portasse a una rinascita della Chiesa cattolica in Germania. Ha avuto luogo?
    Qual è la sua opinione sulla situazione della Chiesa in Germania, dopo questi sei anni di pontificato di Benedetto XVI?

    - Negli ultimi anni la fede e la Chiesa hanno dovuto affrontare - per varie ragioni - molte sfide. Il Papa è stato informato molto bene perché ha mantenuto contatti con molte persone in Germania.
    Dobbiamo sperare che la visita del Santo Padre, che si terrà nel settembre 2011 sarà utile e far rivivere la loro vita spirituale, così come dare loro nuova energia e speranza per la ri-evangelizzazione.

    Subito dopo la sua elezione al papato di Benedetto XVI si è affacciato nella Loggia delle Beatitudini e disse la famosa frase sulla sua Predecessore, 'Cari fratelli e sorelle, dopo il grande Papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno eletto me, un semplice, umile
    operaio nella vigna del Signore. 'Quali erano i rapporti tra Giovanni Paolo II e il cardinale Joseph Ratzinger?

    - Mi ricordo le parole pronunciate da Benedetto XVI durante la messa di conclusione del conclave il 20 aprile 2005, il giorno successivo dopo essere stato eletto, 'Nella mia anima ci sono due sentimenti contrastanti in queste ore. Da un lato, un senso di inadeguatezza e di umano turbamento per la responsabilità che ieri mi è affidata, quale Successore dell'apostolo Pietro in questa Sede di Roma, per quanto riguarda la Chiesa universale. D'altra parte, sento viva in me una profonda gratitudine a Dio, che - come la liturgia ci fa cantare - non abbandona il suo gregge, ma lo conduce attraverso i tempi, sotto la guida di coloro che Egli stesso ha eletto vicari del suo Figlio e ha costituito pastori. Carissimi, questa intima riconoscenza per un dono della divina misericordia prevale nel mio cuore nonostante tutto. Io considero questo fatto una grazia speciale ottenutami dal mio venerato Predecessore, Giovanni Paolo II.
    Mi sembra di sentire la sua mano forte che stringe la mia, mi sembra di vedere i suoi occhi sorridenti e di ascoltare le sue parole, rivolte particolarmente a me in questo momento: 'Non abbiate paura!'

    Qualcuno ha affermato che Giovanni Paolo II ha aperto il cuore della gente, e oggi Benedetto XVI li riempie.
    Sei d'accordo con questa affermazione?

    - Giovanni Paolo II è stato sicuramente una grande personalità e influente, anche all'appello al popolo attraverso il linguaggio dei gesti.
    Benedetto XVI è un papa della parola, la sua forza è parola, egli è prima di tutto un teologo che 'parla' di Dio. Quel che posso dire è che sulla scia di san Tommaso d'Aquino Benedetto XVI è colui che parla con Dio e parla di Dio. Ogni Pontefice ha il proprio carisma, il Signore plasma i Suoi Servi, plasma coloro che si lasciano plasmare da Lui e così poi si serve di loro per avanzare nella storia degli uomini di ogni tempo fino al Suo ritorno.

    I polacchi amano il successore di Giovanni Paolo II - si possono vedere i pellegrini polacchi, con bandiere polacche ad ogni udienza, durante ogni visita apostolica. osservatori imparziali, credo che Benedetto XVI può essere amato di più in Polonia che nella sua patria.
    Quali sentimenti ha Benedetto XVI per la Chiesa polacca?

    - Direi che è l'amore reciproco - I polacchi amano il Papa e che ama i credenti polacchi.
    Io sono un testimone oculare in ogni occasione in cui il Santo Padre incontra la religiosità polacca. Senza dubbio che la provenienza di un Pontefice rende quei cittadini orgogliosi di avere un Papa che ben conosce la loro cultura, la lingua, le preoccupazioni, la propria storia, ma poi è importante che si rammenti l'universalità del Pontefice che non appartiene più a quella data nazione che gli ha dato la nascita fisica, ma che è di tutta la Chiesa e che si unisce all'elenco dei successori di Pietro provenienti da ogni parte del mondo. Quando Benedetto XVI è andato in Polonia è stato un tributo di affetto filiale, il Papa a sua volta è davvero un Padre per ogni Nazione, la Chiesa aveva da sempre abbattuto ogni frontiera prima che ciò accadesse in questo secolo, per questo essa è Cattolica, cioè universale e Benedetto XVI è davvero preoccupato affinchè tutti i cattolici sparsi nel mondo, non si sentano mai orfani e non si rinchiudano nelle loro nazionalità, ma che che trovino nella Chiesa quella ecclesialità che è la Famiglia dei credenti in Cristo, il Popolo Santo che ha nel Vicario di Cristo la massima espressione della paternità di Dio.

    "Niedziela" 16/2011

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 30/07/2011 16:25
    E don Georg compie 55 anni
     
    mons. Georg

     
    Monsignor Georg Ganswein, il segretario personale di Benedetto XVI, compie  55 anni. (il 30 luglio)

    Nei primi anni del pontificato di papa Ratzinger la figura di Monsignor Ganswein è rimasta piuttosto dietro le quinte, soprattutto rispetto all’attivismo del suo predecessore, quel don Stanislaw Dziwisz che, negli ultimi anni del ’regnò di Wojtyla aveva assunto un ruolo rilevante nei rapporti fra Giovanni Paolo II e il mondo esterno.

    Georg, che aveva alle spalle rigorosi studi teologici, è balzato più che altro agli onori delle cronache  mondane, per qualche immagine che lo ritraeva mentre giocava a tennis in pantaloncini o partecipava a qualche ricevimento nei salotti  romani. Eppure, come ricorda una nota dell’Adn Kronos, la sua carriera all’interno della Curia romana andava avanti da tempo: dal 1995 era stato fra i collaboratori della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, per trasferirsi l’anno dopo all’ex Sant’Uffizio su indicazione di Ratzinger, insegnando nel frattempo diritto canonico alla Pontificia  università della Santa Croce, l’ateneo romano dell’Opus Dei.

    Fin dall’inizio, come egli stesso spiegò in un’intervista concessa qualche anno fa alla Radio Vaticana per farsi conoscere, uno dei suoi compiti principali è stato quello di “proteggere” il Papa dall’enorme quantità di documenti, lettere, richieste che gli arrivano. In questo senso deve svolgere un lavoro di filtro, cercando di sottoporre a Benedetto XVI solo le questioni realmente importanti o che richiedono la sua diretta approvazione. È  un lavoro non solo di responsabilità ma che, evidentemente, dimostra  la piena fiducia di cui gode da parte del Pontefice.

    Nel tempo la sua immagine è divenuta familiare in tutte le grandi celebrazioni presiedute dal Papa: quando discretamente, sistema una falda dell’abito sollevata dal vento, sostiene il  Pontefice se è affaticato e così via. Tuttavia il tema del rapporto  con i media, è stato decisivo nell’”apprendistato” di personalità  pubblica di Monsignor Ganswein.

    Dopo il primo anno di pontificato, infatti, don Georg spiegava  quanto facesse fatica ad abituarsi alle luci della ribalta, alle  curiosità dei giornali dovute anche al suo aspetto fisico prestante, un’invadenza che gli provocava imbarazzo e qualche fastidio. Quindi  raccontava che ciò che gli mancava era fare un po’ di sport. Quanto  al resto, la sua era stata una vita normale, almeno fino all’elezione  di Ratzinger: il forte legame con la famiglia, l’interesse per qualche ragazza quando era giovane e poi gli studi teologici. Ma dopo oltre  sei anni di pontificato, spesso passando attraverso tempeste e  critiche, il segretario del Pontefice ha assunto un ruolo pubblico  più forte e anche il rapporto con la stampa è assai più dinamico.

    Recentemente ci sono state almeno due sue uscite significative: l’ultima al fianco del ministro dell’Economia Giulio Tremonti  in un incontro organizzato, a giugno, all’Università cattolica di  Roma; e poi a Perugia, nel febbraio scorso, l’intervento pubblico forse più significativo svolto dal Segretario del Pontefice. Don  Georg, che in quell’occasione riceveva la laurea honoris causa

    dall’università per stranieri di Perugia, tenne un lungo intervento  sui rapporti fra Stato e Santa Sede in Italia arrivando a proporre uno statuto speciale per Roma che comprendesse la sua natura di capitale  del cattolicesimo. Ma per la verità don Georg dovette già farsi  sentire nel novembre del 2006, quando protestò per la satira  giudicata irriverente del comico Maurizio Crozza che su La7 imitava il Pontefice, mentre Fiorello faceva il verso proprio a lui, il  segretario del Papa.

    *****************************

    AUGURI DA PARTE NOSTRA mons. Georg e grazie per le attenzioni con le quali protegge e aiuta il nostro amato Pontefice.... i nostri Auguri saranno un  impegno nel ricordarla nella Preghiera, specialmente nel santo Rosario....






    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    00 18/04/2012 15:10
    [SM=g1740717] [SM=g1740720] Un grande abbraccio al Santo Padre Benedetto XVI.
    E una grande Lode alla Divina Provvidenza per averlo donato alla Chiesa e al mondo intero!
    www.gloria.tv/?media=280411

    Viva il Papa


    [SM=g1740734]

    [SM=g1740757]

    Intervista a monsignor Georg Gaenswein sul rapporto del Papa con gli operatori dell'informazione


    Succedeva quando Joseph Ratzinger era semplicemente il cardinale e ora, sette anni di pontificato, questo atteggiamento non è cessato.
    Chi lo conosce e conosce i suoi scritti e la sua teologia, si chiede se il ritratto fornito dai media non sia una «caricatura».

    Monsignor Georg Gaenswein chiede anche ai media di «correggere le distorsioni, per quanto possibile».



    Alla giornalista Angela Ambrogetti il segretario ha affermato: «Il Papa non sembra neanche essere troppo preoccupato dell’ immagine che alcuni media danno di lui, come di una persona fredda e conservatrice. “L’immagine che già da cardinale e poi, con un piccolo intervallo, anche come papa Benedetto è stata offerta è in buona parte una distorsione- spiega don Georg- Buona parte della stampa, non solo di lingua tedesca ma nel mondo, soprattutto di lingua inglese, sia in Gran Bretagna che in America del Nord, parzialmente anche in paesi di lingua francese e alla fine anche in Italia, ha creato quasi una caricatura sia della persona che delle sue idee».

    [SM=g1740738]

    Pubblicato su Gente numero 17 - 24.04.2012

    Non ci saranno festeggiamenti solenni in Vaticano per il compleanno del Papa. Piuttosto una festa in famiglia. Lo racconta il segretario privato di Benedetto XVI che il 16 aprile festeggia 85 anni e tre giorni dopo, il 19 aprile, inizia il suo ottavo anno come Papa. “ Il 16 aprile è lunedì un giorno di lavoro, ma avrà un carattere molto bavarese. Il Palazzo Apostolico probabilmente per un po’ di tempo sarà molto bavarese. Il Santo Padre ha detto: “Per favore, per il mio 85° compleanno non voglio una grande celebrazione!” Una festa semplice e poi il 20 aprile un regalo speciale. “Ci sarà la Gewandhaus Orchestra di Lipsia ad offrire un concerto di compleanno per il Santo Padre, che è stato annunciato già tre anni fa. Questo ovviamente sarà aperto non solo per la curia, ma anche un po’ per tutti”.

    Tra i regali per il suo compleanno sicuramente uno che sarà molto apprezzato è il libro che ha curato proprio il suo segretario per l’editore tedesco Media Maria. 200 pagine nella quali venti vips tedeschi raccontano Benedetto XVI a modo loro. Uomini politici e sportivi come Franz Beckenbauer e la sciatrice Maria Riesch Höfl, e poi il cardinale di Monaco di Baviera Reinhard Marx, l’ Abate benedettino Notker Wolf, il ministro della Turingia, protestante, Peter Gauweiler, il ministro Wolfgang Schäuble e tanti altri. Una occasione per don Georg di raccontare un po’ della sua vita con il Papa e di rivelare qualche piccolo segreto. Il segretario del Papa appare raramente in pubblico se non vicino al Papa, anzi, come ama ricordare “il mio posto è sempre qualche passo indietro al Santo Padre”. “Non è stato un lavoro su commissione- spiega don Georg- Il libro non è stato fatto perché dall’alto si è detto 'ci serve musica positiva dalla Germania verso Roma'. L’occasione del compleanno del Papa mi ha convinto di scrivere un contributo è anche di essere curatore. I contributi sono molto diversi e formano un mosaico di prospettive diverse. L’unica richiesta era di riuscire a scrivere con un po’ di simpatia.”

    Gänswein fa il punto dopo sette anni di pontificato e parla di un “Papa della parola”, la sua sincerità, la sua semplicità e il suo coraggio sono stati spesso frantesi, dice don Georg, perché “chiama gli errori con il loro nome.” Monsignor Gänswein è un collaboratore del Papa da quando Ratzinger era Prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede. Di quel tempo ha dei ricordi particolari: “Il Santo Padre ha una grande dolcezza. Nella Congregazione avevo molti contatti con lui nel lavoro quotidiano: E oggi, quando vedo come Papa Benedetto XVI tratta le persone nelle varie circostanze, non solo nelle udienze, o nelle occasioni pubbliche, ma anche in privato, è chiaro che ha un unico atteggiamento ed è la delicatezza, e la dolcezza. Non mi ha mai detto: così non va, ha sbagliato. Anche se magari è così. Piuttosto fa una proposta: si potrebbe fare così o così. In realtà è una critica severa nella sostanza ma “suavissime in modo”. Questo lo posso sottoscrivere, e vi invito a fare questa esperienza” dice sorridendo don Georg. Certo la sua vita ora è molto diversa rispetto a quando era cardinale. “ Desiderava che Giovanni Paolo II lo liberasse dall’incarico da Prefetto, ma non è stato così.”

    E il suo sogno qual era? “Pensava: sta arrivando il giorno in cui poter realizzare il grande desidero di scrivere l’opera della vita, un libro sul Signore Gesù Cristo. Come prete, vescovo, cardinale, prefetto, curatore d’anime, credente in Cristo. Ma quando è stato eletto Papa ha detto che ormai era probabile che questo sogno non si realizzasse più. Durante i primi mesi è stato come uno tsunami.” Poi come è stato possibile trovare il tempo di scrivere tre libri ? “ I ritmi sono diventati più stabili e gli impegni più concreti. I ritmi delle giornate sono diventati più chiari. Il martedì è il giorno prima dell’udienza generale. Fin dai tempi di Paolo VI non ci sono udienze, il Papa prepara la catechesi per l’udienza generale. Tutti gli altri giorni sono occupati. Poi naturalmente ci sono le ferie, la pausa dopo Pasqua, il periodo da metà luglio fino ad agosto quando arriva l’appuntamento con lo Schuelerkreis a Castel Gandolfo. Momenti più o meno brevi in cui il Santo Padre si prende del tempo per scrivere.” Ma qual è il segreto per trovare il tempo ? “Come trova il tempo, quanto tempo gli serve, come ce la fa con le forze, è un segreto che naturalmente non posso svelare. Una cosa è chiara. Per molte persone scrivere è un peso, una grande sfida. Papa Benedetto invece quando scrive, ritrova la libertà e le forze. E’ un’esperienza che negli ultimi sette anni ho potuto fare, con grande gratitudine e grande sorpresa.”

    Il Papa non sembra neanche essere troppo preoccupato dell’ immagine che alcuni media danno di lui, come di una persona fredda e conservatrice. “L’immagine che già da cardinale e poi, con un piccolo intervallo, anche come papa Benedetto è stata offerta è in buona parte una distorsione- spiega don Georg- Buona parte della stampa, non solo di lingua tedesca ma nel mondo, soprattutto di lingua inglese, sia in Gran Bretagna che in America del Nord, parzialmente anche in paesi di lingua francese e alla fine anche in Italia, ha creato quasi una caricatura sia della persona che delle sue idee. Chi conosce la persona di Benedetto XVI, chi conosce le idee del papa, e legge, vede e sente quello che viene pubblicato, si chiede se non si tratta di un altro film. E’ un dato di fatto che potrei confermare con casi concreti. Perciò chiedo ai media di correggere le distorsioni, per quanto è possibile.” Eppure c’è chi sostiene che dopo Giovanni Paolo II, papa carismatico amato dalle folle, Benedetto XVI abbia quasi fatto un passo indietro. Anche se nei viaggi si vede l’entusiasmo che crea il Papa tra i giovani e i fedeli, come in Spagna, in Africa e recentemente in America Latina.
    “Il pontificato di Giovanni Paolo II non è pensabile senza la teologia di Joseph Ratzinger.”

    E monsignor Gänswein aggiunge: “ Per tutto quello che riguardava la teologia, Giovanni Paolo II si affidava completamente al cardinale Ratzinger. E ora ne è diventato il successore. Ma certo non è stato organizzato in anticipo. Il pontificato di Benedetto XVI ha una continuità interiore con quello di Giovanni Paolo II e porta avanti ciò che è stato iniziato dal Papa polacco.” Il segretario del Papa nega che a Benedetto XVI non vengano trasmesse le notizie negative. Ratzinger legge le notizie buone e quelle cattive tutti i giorni in una rassegna stampa. “Il capo della Chiesa ha imparato ad affrontare le critiche, le sa inquadrare, e accettare le critiche.” E aggiunge: “Ma bisogna distinguere tra ciò che viene pubblicato, che si legge, e ciò che arriva tramite altri canali. Non si cerca la salvezza nell’opinione pubblica o nella stampa. E’ un elemento importante, da prendere seriamente, ma non orienta la navigazione della nave vaticana.”

    Pubblicato su Gente numero 17 - 24.04.2012





    [SM=g1740766]
    Fraternamente CaterinaLD

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    Caterina63
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    00 23/05/2012 20:51

    “PnPensa”, domani incontro
    con monsignor Gänswein

    È l'assistente fidatissimo del Santo Padre. Probabilmente non c'è persona al mondo che oggi conosca meglio di lui Benedetto XVI. Parliamo di padre Georg Gänswein, segretario personale del Papa che ha accettato di partecipare a PordenonePensa




    ***

    PORDENONE. È l'assistente fidatissimo del Santo Padre. Probabilmente non c'è persona al mondo che oggi conosca meglio di lui Benedetto XVI. Parliamo di padre Georg Gänswein, segretario personale di Joseph Ratzinger, che ha accettato di partecipare, per PordenonePensa, a un incontro aperto al pubblico (l'ingresso è libero), intitolato Vi racconto il Papa, in programma domani a Pordenone, nel cortile dell'istituto Don Bosco. L’appuntamento è per le 20.45, ma l'area sarà accessibile alle 19.45.

    L'incontro con monsignor Georg – di cui lo stesso Pontefice è certamente a conoscenza, visto che si tratta del suo inseparabile collaboratore – è realizzato da Circolo culturale Eureka e Provincia (promotori di PnPensa) assieme alla Libreria Editrice Vaticana e all'associazione pordenonese Eventi. Cade, l’appuntamento, in un momento particolare, quello delle polemiche intorno al libro Sua Santità. Le carte segrete di Benedetto XVI, firmato da Gianluigi Nuzzi per Chiarelettere: libro che ha provocato una dura reazione della Santa Sede. Monsignor Georg, 55 anni, studi di teologia a Friburgo in Brisgovia e a Roma, e di diritto canonico a Monaco di Baviera, uomo di Chiesa dall'aspetto sportivo – ha passione per lo sci, il tennis e i Pink Floyd –, sarà intervistato dal direttore di Raiuno Mauro Mazza, curatore di PnPensa. Nell’occasione l’assistente del Pontefice riceverà il premio PordenonePensa 2012, «conferito all'ospite più prestigioso e intitolato quest'anno a San Giorgio, spiegano i presidenti di Provincia e di Eureka, Alessandro Ciriani e Elena Ceolin.

    Ma perché è stato scelta PordenonePensa per un incontro pubblico con l'assistente del Papa, evento più unico che raro? «In Vaticano – spiega Pierluca Azzaro, collaboratore delle Edizioni Vaticane e docente alla Cattolica di Milano : sanno bene che in provincia esistono realtà culturali valide e ispirate alla fede, seppur non tanto note perché non celebrate, come dovrebbero, dai grandi media nazionali. È proprio il caso di PordenonePensa, ed ecco perché l'invito degli organizzatori a don Giorgio è stato accolto di buon grado». Perluca Azzaro è anche curatore del libro Gesù di Nazaret all’Università. Il libro di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI letto e commentato negli atenei italiani, che verrà presentato in anteprima assoluta durante l'incontro con don Georg.

    «Crediamo sia un libro che farà piacere al Papa – dice Azzaro –: contiene i commenti al suo libro su Gesù di Nazaret, firmati dai protagonisti della cultura italiana e europea, credenti e non credenti, da Angelo Scola a Claudio Magris, da Ludwig Müller a Marcello Pera e tanti altri. Presto – rivela il collaboratore della Libreria Editrice Vaticana – una delegazione di PordenonePensa consegnerà una copia del volume al Papa».

     
    23 maggio 2012





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    Caterina63
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    00 07/12/2012 15:13

    ALTRI ATTI PONTIFICI

    Città del Vaticano, 7 dicembre 2012 (VIS). Il Santo Padre ha nominato:

    - Il Monsignore Georg Gänswein, Prefetto della Casa Pontificia, elevandolo in pari tempo alla dignità di Arcivescovo.

    http://ais.badische-zeitung.de/piece/03/98/7d/5e/60325214.jpg

    L'Arcivescovo eletto è nato a Waldshut (Gerrmania), nel 1956 ed è stato ordinato sacerdote nel 1984. Dopo essere stato giudice del Tribunale Diocesano e collaboratore personale dell'Arcivescovo di Freiburg im Breisgau, nel 1993 è stato assunto presso la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Nel 1996 è stato trasferito alla Congregazione per la Dottrina della Fede, dove in seguito ha svolto l'ufficio di Segretario personale del Prefetto. È stato Segretario particolare di Sua Santità Benedetto XVI dalla sua elezione al Pontificato.


    http://www.forumuniversitas.org/Fotos/Noticias/Georg1.jpg









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    Caterina63
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    00 12/12/2012 10:34
    [SM=g1740738] Dedicato a Monsignore Georg Gänswein Segretario di Benedetto XVI e nuovo Arcivescovo

    Città del Vaticano, 7 dicembre 2012 (VIS). Il Santo Padre ha nominato:
    - Il Monsignore Georg Gänswein, Prefetto della Casa Pontificia, elevandolo in pari tempo alla dignità di Arcivescovo.
    Secondo quanto riportato da Radio Vaticana il santo Padre non ha nominato un nuovo Segretario di conseguenza si presume, al momento, che mons. Gänswein continuerà il suo ufficio così preziosamente portato avanti in questi 7 anni.
    Vogliamo unirci con gioia a questa nomina e rivolgere a mons. Gänswein i nostri più filiali e affettuosi auguri per i nuovi impegni assunti.
    Grazie Santo Padre!
    www.gloria.tv/?media=370515


    PAPA: DON GEORG, GLI VOGLIONO BENE ANCHE I PESCI DELLO STAGNO

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 11 dic.

    "Ogni volta quando il Papa termina la sua preghiera con un canto mariano davanti alla Madonnina, i pesci si riuniscono alla sponda del laghetto e aspettano un gesto generoso del Santo Padre". E Benedetto XVI prende da un cestino "che una mano invisibile ha preparato" pezzetti di pane, con i quali sfama i pesci (due pesciolini rossi e due grandi carpe).

    "Che gioia e che vivacita' quando arriva nell’acqua il gradito dono!”.
    Sono parole di monsignor Georg Gaenswein, che e' stato festeggiato questo pomeriggio da numerosi curiali e amici in occasione della presentazione del libro "Il mistero di un piccolo stagno" in cui la pittrice russa Natalia Tzarkova, racconta una splendida favola per bambini attraverso i suoi disegni acquerellati e dai colori vivi.

    Lo stagno, ovviamente, e' quello del Giardino della Madonnina, situato all’interno dei Giardini delle Ville Pontificie di Castel Gandolfo. E la storia e' quella di un pesciolino che attende il Papa, una vicenda tenerissima che ha commosso monsignor Gaenswein, segretario particolare del Papa e da poco anche prefetto della Casa Pontificia, fino a convincerlo a scriverne la prefazione, nella quale confida che il Giardino della Madonnina e' uno dei posti privilegiati per la preghiera di Benedetto XVI.
    Il protagonista del libro presentato oggi pomeriggio da don Georg e' Bianco, un pesciolino rosso chiamato cosi' proprio in onore del Pontefice.
    Una mattina si sveglia presto e coglie nell'acqua il riflesso della statua della Madonna, che il suo pesce papa' gli spiega chiamarsi "Signora delle Grazie". E poi si emoziona all'arrivo del Papa, che prima snocciola il rosario, e poi getta dei pezzetti di pane. Comincia cosi' l'attesa, ogni giorno, l'emozione di vedere di nuovo quella figura avvicinarsi.
    Ma ogni tanto il Papa cambia il percorso della sua passeggiata, ogni tanto parte e poi torna. E poi a un certo punto, se ne va piu' a lungo del solito, resta a Roma per i lunghi mesi dell'inverno. Bianco ovviamente non lo sa, il suo mondo e' lo stagno. Non dorme, si consuma nell'attesa del ritorno della figura vestita di bianco. Ed ecco che arriva un gatto, l'animale che Benedetto XVI ama piu' di tutti. Questi non prova a mangiare i pesci, non infila le zampe nell'acqua per attaccarli. Beve un po' di acqua dello stagno, e fa a Bianco una importante rivelazione.

    [SM=g1740717]

    "E' un libro - commenta il sito cattolico Korazym.org - da leggere, ma anche e soprattutto da guardare (l'autrice e' considerata una delle massime eredi della scuola delle arti figurative russe). E magari da leggere ad alta voce ai piu' piccoli. Per raccontare loro la vita semplice del Papa, lontana dai clamori dei riflettori. Una vita fatta di preghiera e, perche' no, di un po' di tempo passato davanti a un piccolo stagno a dar da mangiare ai pesci rossi".
    "Non e' un segreto - ha sottolineato da parte sua il neo arcivescovo Gaenswein - che il nostro Papa ama le creature e piu' sono piccole piu' le ama. Con questo pesciolino rosso ha avuto un contatto molto intenso e poi alla fine quale animale riesce a consolare il pesciolino rosso? E' un animale che in modo particolare sta a cuore al nostro Santo Padre". "Chi legge queste trenta pagine - ha aggiunto don Georg riferendosi al libro della pittrice russa che ha accettato di presentare - lo si puo' fare in venti minuti, legge una volta, una seconda una terza volta e poi comincia a capire che il messaggio non e' neanche cio' che si legge ma il messaggio e' tra le righe.

    Davanti ad un pubblico di prelati, amici e giornalisti, don Georg ha raccontato questa sera anche qualcosa della sua esperienza di vice parroco in un piccolo paese della Foresta Nera, dove 28 anni fa era stato vice parroco: "un impegno importante - ha detto - che diventava anche un impegno di cuore, anzi una cosa che mi sta molto a cuore, era la vita pastorale per i bambini e la confessione che devo fare e' la seguente: non e' mai facile preparare una omelia, qualche volta si riesce meglio, qualche volta di meno, dipende da diverse cose. Ma preparare una omelia per i bambini e' massacrante perche' i piccoli non ti perdonano niente: le lacune logiche ti fanno cadere nella trappola, la superficialita' te le fanno capire subito e non ti perdonano se tu non sei sincero. Se sei sincero ti perdonano tutto, ma se non sei sincero hai perso una volta per tutte. E il bello di preparare e anche di tenere l’omelia per i bambini e' che non si predica soltanto per i bambini, ma anche per gli adulti e non mai visto gli adulti cosi' attenti come quando sono presenti alla messa per i bambini".




    [SM=g1740717]


    [SM=g1740757]


    [Modificato da Caterina63 12/12/2012 14:37]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    Caterina63
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    00 06/01/2013 11:22
    6 Domenica
    Santa Messa nella Solennità dell'Epifania del Signore
    Basilica Vaticana, ore 9.00
    CAPPELLA PAPALE





    OMELIA DEL SANTO PADRE


    Cari fratelli e sorelle!

    Per la Chiesa credente ed orante, i Magi d’Oriente che, sotto la guida della stella, hanno trovato la via verso il presepe di Betlemme sono solo l’inizio di una grande processione che pervade la storia. Per questo, la liturgia legge il Vangelo che parla del cammino dei Magi insieme con le splendide visioni profetiche di Isaia 60 e del Salmo 72, che illustrano con immagini audaci il pellegrinaggio dei popoli verso Gerusalemme.

    Come i pastori che, quali primi ospiti presso il Bimbo neonato giacente nella mangiatoia, personificano i poveri d’Israele e, in genere, le anime umili che interiormente vivono molto vicino a Gesù, così gli uomini provenienti dall’Oriente personificano il mondo dei popoli, la Chiesa dei gentili – gli uomini che attraverso tutti i secoli si incamminano verso il Bambino di Betlemme, onorano in Lui il Figlio di Dio e si prostrano davanti a Lui.

    La Chiesa chiama questa festa “Epifania” – l'apparizione, la comparsa del Divino. Se guardiamo il fatto che, fin da quell’inizio, uomini di ogni provenienza, di tutti i Continenti, di tutte le diverse culture e tutti i diversi modi di pensiero e di vita sono stati e sono in cammino verso Cristo, possiamo dire veramente che questo pellegrinaggio e questo incontro con Dio nella figura del Bambino è un’Epifania della bontà di Dio e del suo amore per gli uomini (cfr Tt 3,4).

    Seguendo una tradizione iniziata dal Beato Papa Giovanni Paolo II, celebriamo la festa dell’Epifania anche quale giorno dell’Ordinazione episcopale per quattro sacerdoti che d’ora in poi, in funzioni diverse, collaboreranno al Ministero del Papa per l’unità dell’unica Chiesa di Gesù Cristo nella pluralità delle Chiese particolari.

    Il nesso tra questa Ordinazione episcopale e il tema del pellegrinaggio dei popoli verso Gesù Cristo è evidente. Il Vescovo ha il compito non solo di camminare in questo pellegrinaggio insieme con gli altri, ma di precedere e di indicare la strada. Vorrei, però, in questa liturgia, riflettere con voi ancora su una domanda più concreta.
    In base alla storia raccontata da Matteo possiamo sicuramente farci una certa idea di quale tipo di uomini debbano essere stati coloro che, in seguito al segno della stella, si sono incamminati per trovare quel Re che, non soltanto per Israele, ma per l’umanità intera avrebbe fondato una nuova specie di regalità. Che tipo di uomini, dunque, erano costoro? E domandiamoci anche se, malgrado la differenza dei tempi e dei compiti, a partire da loro si possa intravedere qualcosa su che cosa sia il Vescovo e su come egli debba adempiere il suo compito.
    Gli uomini che allora partirono verso l’ignoto erano, in ogni caso, uomini dal cuore inquieto. Uomini spinti dalla ricerca inquieta di Dio e della salvezza del mondo. Uomini in attesa, che non si accontentavano del loro reddito assicurato e della loro posizione sociale forse considerevole. Erano alla ricerca della realtà più grande. Erano forse uomini dotti che avevano una grande conoscenza degli astri e probabilmente disponevano anche di una formazione filosofica.
    Ma non volevano soltanto sapere tante cose. Volevano sapere soprattutto la cosa essenziale. Volevano sapere come si possa riuscire ad essere persona umana. E per questo volevano sapere se Dio esista, dove e come Egli sia. Se Egli si curi di noi e come noi possiamo incontrarlo. Volevano non soltanto sapere. Volevano riconoscere la verità su di noi, e su Dio e il mondo. Il loro pellegrinaggio esteriore era espressione del loro essere interiormente in cammino, dell’interiore pellegrinaggio del loro cuore. Erano uomini che cercavano Dio e, in definitiva, erano in cammino verso di Lui. Erano ricercatori di Dio.


    Ma con ciò giungiamo alla domanda: come dev’essere un uomo a cui si impongono le mani per l’Ordinazione episcopale nella Chiesa di Gesù Cristo?
    Possiamo dire: egli deve soprattutto essere un uomo il cui interesse è rivolto verso Dio, perché solo allora egli si interessa veramente anche degli uomini.
    Potremmo dirlo anche inversamente: un Vescovo dev’essere un uomo a cui gli uomini stanno a cuore, che è toccato dalle vicende degli uomini. Dev’essere un uomo per gli altri. Ma può esserlo veramente soltanto se è un uomo conquistato da Dio. Se per lui l’inquietudine verso Dio è diventata un’inquietudine per la sua creatura, l’uomo.
    Come i Magi d’Oriente, anche un Vescovo non dev’essere uno che esercita solamente il suo mestiere e non vuole altro. No, egli dev’essere preso dall’inquietudine di Dio per gli uomini. Deve, per così dire, pensare e sentire insieme con Dio. Non è solo l’uomo ad avere in sé l’inquietudine costitutiva verso Dio, ma questa inquietudine è una partecipazione all’inquietudine di Dio per noi.

    Poiché Dio è inquieto nei nostri confronti, Egli ci segue fin nella mangiatoia, fino alla Croce.
    “Cercandomi ti sedesti stanco, mi hai redento con il supplizio della Croce: che tanto sforzo non sia vano!”, prega la Chiesa nel Dies irae. L’inquietudine dell’uomo verso Dio e, a partire da essa, l’inquietudine di Dio verso l’uomo devono non dar pace al Vescovo.
    È questo che intendiamo quando diciamo che il Vescovo dev’essere soprattutto un uomo di fede. Perché la fede non è altro che l’essere interiormente toccati da Dio, una condizione che ci conduce sulla via della vita.
    La fede ci tira dentro uno stato in cui siamo presi dall’inquietudine di Dio e fa di noi dei pellegrini che interiormente sono in cammino verso il vero Re del mondo e verso la sua promessa di giustizia, di verità e di amore.
    In questo pellegrinaggio, il Vescovo deve precedere, dev’essere colui che indica agli uomini la strada verso la fede, la speranza e l’amore. Il pellegrinaggio interiore della fede verso Dio si svolge soprattutto nella preghiera. Sant’Agostino ha detto una volta che la preghiera, in ultima analisi, non sarebbe altro che l’attualizzazione e la radicalizzazione del nostro desiderio di Dio.
    Al posto della parola “desiderio” potremmo mettere anche la parola “inquietudine” e dire che la preghiera vuole strapparci alla nostra falsa comodità, al nostro essere chiusi nelle realtà materiali, visibili e trasmetterci l’inquietudine verso Dio, rendendoci proprio così anche aperti e inquieti gli uni per gli altri. Il Vescovo, come pellegrino di Dio, dev’essere soprattutto un uomo che prega.
    Deve vivere in un permanente contatto interiore con Dio; la sua anima dev’essere largamente aperta verso Dio. Le sue difficoltà e quelle degli altri, come anche le sue gioie e quelle degli altri le deve portare a Dio, e così, a modo suo, stabilire il contatto tra Dio e il mondo nella comunione con Cristo, affinché la luce di Cristo splenda nel mondo.

    Torniamo ai Magi d’Oriente. Questi erano anche e soprattutto uomini che avevano coraggio, il coraggio e l’umiltà della fede. Ci voleva del coraggio per accogliere il segno della stella come un ordine di partire, per uscire – verso l’ignoto, l’incerto, su vie sulle quali c’erano molteplici pericoli in agguato. Possiamo immaginare che la decisione di questi uomini abbia suscitato derisione: la beffa dei realisti che potevano soltanto deridere le fantasticherie di questi uomini. Chi partiva su promesse così incerte, rischiando tutto, poteva apparire soltanto ridicolo. Ma per questi uomini toccati interiormente da Dio, la via secondo le indicazioni divine era più importante dell’opinione della gente. La ricerca della verità era per loro più importante della derisione del mondo, apparentemente intelligente.

    Come non pensare, in una tale situazione, al compito di un Vescovo nel nostro tempo? L’umiltà della fede, del credere insieme con la fede della Chiesa di tutti i tempi, si troverà ripetutamente in conflitto con l’intelligenza dominante di coloro che si attengono a ciò che apparentemente è sicuro. Chi vive e annuncia la fede della Chiesa, in molti punti non è conforme alle opinioni dominanti proprio anche nel nostro tempo. L’agnosticismo oggi largamente imperante ha i suoi dogmi ed è estremamente intollerante nei confronti di tutto ciò che lo mette in questione e mette in questione i suoi criteri.

    Perciò, il coraggio di contraddire gli orientamenti dominanti è oggi particolarmente pressante per un Vescovo. Egli dev’essere valoroso. E tale valore o fortezza non consiste nel colpire con violenza, nell’aggressività, ma nel lasciarsi colpire e nel tenere testa ai criteri delle opinioni dominanti.

    Il coraggio di restare fermamente con la verità è inevitabilmente richiesto a coloro che il Signore manda come agnelli in mezzo ai lupi. “Chi teme il Signore non ha paura di nulla”, dice il Siracide (34,16). Il timore di Dio libera dal timore degli uomini. Rende liberi!


    In questo contesto mi viene in mente un episodio degli inizi del cristianesimo che san Luca narra negli Atti degli Apostoli. Dopo il discorso di Gamaliele, che sconsigliava la violenza verso la comunità nascente dei credenti in Gesù, il sinedrio chiamò gli Apostoli e li fece flagellare. Poi proibì loro di predicare nel nome di Gesù e li rimise in libertà. Luca continua: “Essi allora se ne andarono via dal sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù. E ogni giorno … non cessavano di insegnare e di annunciare che Gesù è il Cristo” (At 5,40ss). Anche i successori degli Apostoli devono attendersi di essere ripetutamente percossi, in maniera moderna, se non cessano di annunciare in modo udibile e comprensibile il Vangelo di Gesù Cristo.

    E allora possono essere lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per Lui. Naturalmente vogliamo, come gli Apostoli, convincere la gente e, in questo senso, ottenerne l’approvazione. Naturalmente non provochiamo, ma tutt’al contrario invitiamo tutti ad entrare nella gioia della verità che indica la strada. L’approvazione delle opinioni dominanti, però, non è il criterio a cui ci sottomettiamo. Il criterio è Lui stesso: il Signore. Se difendiamo la sua causa, conquisteremo, grazie a Dio, sempre di nuovo persone per la via del Vangelo. Ma inevitabilmente saremo anche percossi da coloro che, con la loro vita, sono in contrasto col Vangelo, e allora possiamo essere grati di essere giudicati degni di partecipare alla Passione di Cristo.


    I Magi hanno seguito la stella, e così sono giunti fino a Gesù, alla grande Luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (cfr Gv 1,9). Come pellegrini della fede, i Magi sono diventati essi stessi stelle che brillano nel cielo della storia e ci indicano la strada. I santi sono le vere costellazioni di Dio, che illuminano le notti di questo mondo e ci guidano. San Paolo, nella Lettera ai Filippesi, ha detto ai suoi fedeli che devono risplendere come astri nel mondo (cfr 2,15).

    Cari amici, ciò riguarda anche noi. Ciò riguarda soprattutto voi che, in quest’ora, sarete ordinati Vescovi della Chiesa di Gesù Cristo. Se vivrete con Cristo, a Lui nuovamente legati nel Sacramento, allora anche voi diventerete sapienti. Allora diventerete astri che precedono gli uomini e indicano loro la via giusta della vita. In quest’ora noi tutti qui preghiamo per voi, affinché il Signore vi ricolmi con la luce della fede e dell’amore. Affinché quell’inquietudine di Dio per l’uomo vi tocchi, perché tutti sperimentino la sua vicinanza e ricevano in dono la sua gioia.

    Preghiamo per voi, affinché il Signore vi doni sempre il coraggio e l’umiltà della fede. Preghiamo Maria che ha mostrato ai Magi il nuovo Re del mondo (Mt 2,11), affinché ella, quale Madre amorevole, mostri Gesù Cristo anche a voi e vi aiuti ad essere indicatori della strada che porta a Lui.

    Amen.


    AUGURI MONS GEORG!!



    [Modificato da Caterina63 06/01/2013 11:38]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 06/01/2013 11:28

    [SM=g1740758] LO STEMMA SCELTO DA MONS. GEORG E' OMAGGIO AL GRANDE PONTEFICE, DOTTORE DELLA CHIESA, PAPA BENEDETTO XVI [SM=g1740721]  


         http://www.korazym.org/images/stories/santino%20georg.jpg


    Sarà un futuro nel segno di Benedetto XVI, quello di Georg Gaenswein? Sì, a giudicare dalla scelta dello stemma episcopale del segretario particolare di Sua Santità, che domani sarà ordinato vescovo. Lo stemma è diviso in due parti: sulla sinistra, la riproduzione esatta dello stemma di Benedetto XVI – la conchiglia di Sant’Agostino, l’orso di San Corbiniano e il moro incoronato dello stemma dei vescovi di Frisinga, che per Ratzinger era espressione dell’universalità della Chiesa; sulla destra il drago in campo azzurro con la stella. Il campo azzurro con la stella di Betlemme è un chiaro riferimento mariano. Il drago è usato in araldica per rappresentare la fedeltà, la vigilanza e il valore militare. Ma in araldica ecclesiastica ricorda il drago contro cui combatté San Giorgio. Il drago sputa fuoco verso la “casa “ del Papa, ma viene trafitto da una lancia che proviene dalla stella di Betlemme. Il motto è “Testimonium perhibere veritati”, “Rendere testimonianza alla verità”. Tutto, insomma, lascia intendere che Gaenswein voglia dare al suo ministero episcopale l’impronta di Benedetto XVI. L’immagine che viene fuori dallo stemma e dal motto è quella di un collaboratore fedele, leale e vigile. Non solo: si pone come difensore di un Papa continuamente messo sotto attacco in questi ultimi anni.
    [SM=g1740721]

    E lo fa utilizzando un privilegio araldico di cui godono i Prefetti della Casa Pontificia, ovvero di far "inquartare" (cioè, dividere lo scudo dello stemma in quarti) nel suo scudo lo stemma del Papa regnante. Non lo aveva fatto il suo diretto predecessore James Michael Harvey - ora cardinale e arciprete della Basilica di San Paolo Fuori Le Mura - e non lo aveva fatto nemmeno Stanislaw Dziwisz, lo storico segretario di Giovanni Paolo II (che però era Prefetto aggiunto). Lo aveva fatto, invece, Dino Monduzzi, che aveva preceduto Harvey come Prefetto della Casa Pontificia: lo stemma di Giovanni Paolo II era inquartato nel suo stemma episcopale.

    Con la sua scelta araldica, Gaenswein si rappresenta in contrasto netto con molto di quello che è stato scritto e detto di lui durante il periodo dello scandalo di Vatileaks. Scandalo da cui don Giorgio (come si fa chiamare a Roma) è uscito più forte di prima, con la promozione ad arcivescovo e la nomina a Prefetto della Casa Pontificia. Gaenswein è ormai il solo filtro per l’accesso diretto a Benedetto XVI. E questo nonostante i vari attacchi che si sono succeduti contro di lui, specialmente in ambiente tedesco. È ancora ulteriormente significativo che il primo nome segnalato da Gaenswein per l’abbraccio della pace dopo l’ordinazione sia quello di mons. Robert Zoelltisch, presidente della Conferenza Episcopale Tedesca. Spesso, nell’ambiente tedesco più “fedele” a Roma, Zoellitsch è stato dipinto come un vescovo in balia di correnti progressiste. Ma è considerato comunque – nell’ambiente tedesco vaticano che circonda il pontefice – un vescovo fedele, il cui vero problema è di aver fatto un salto di carriera più grande di lui. Il fatto che sia stato chiamato da Gaenswein per l’abbraccio della pace sta a testimoniare anche una premura, da parte del neo-arcivescovo, di tenere buoni rapporti con il clero tedesco. Un clero cui Gaenswein non è mai stato simpatico. Non è forse un caso che è soprattutto dalla Germania che sono venuti gli attacchi più forti verso la figura del segretario del Papa, addirittura “promosso” vescovo dai media tedeschi almeno una dozzina di volte in sempre diverse diocesi della Germania, con l’intento di promuoverne l’allontanamento dall’Appartamento Pontificio.

    Tra i vescovi scelti per l’abbraccio della pace, c’è anche Gehrard Ludwig Mueller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, vicinissimo al pensiero di Benedetto XVI, di cui sta curando l’opera omnia e di cui ha ereditato la casa in piazza della Città Leonina. Una presenza che segnala ancora di più la volontà di mantenere forte il legame con il Papa. E poi, Charles J. Brown, divenuto nunzio apostolico in Irlanda dopo una carriera non diplomatica in Congregazione per la Dottrina della Fede: una nomina che fu caldeggiata fortemente dallo stesso Gaenswein. Quale sarà il futuro di Gaenswein? La nomina episcopale apre per lui nuovi orizzonti. Il suo ruolo nella Fondazione Joseph Ratzinger si avvia a diventare fondamentale.
    Per un vescovo che nasce come difensore del Papa, quale cosa migliore che difenderne attivamente il pensiero e fare in modo che gli studi di Joseph Ratzinger siano perpetuati e interpretati nel giusto modo? Allora, si può ipotizzare per Gaenswein un futuro da presidente della Fondazione, impegnato con Mueller a pubblicare e ri-editare l’opera omnia del Pontefice. Un lavoro che, per quanto riguarda la traduzione italiana, Mueller sta facendo in collaborazione stretta e fruttuosa con la Libreria Editrice Vaticana. D’altronde, lo stesso motto scelto da Gaenswein richiama quello di Benedetto XVI, Cooperatores Veritatis, cooperatori della verità. Il suo, “Rendere testimonianza alla verità”, vuole in qualche modo stare a significare una vicinanza e fedeltà al Pontefice “cooperatore” della verità.


    Non solo: l’espressione fu utilizzata da Pio XII nella sua prima enciclica Summus Pontificatus, in cui scrisse: “Di nulla ci sentiamo più debitori al nostro ufficio e anche al nostro tempo come di ‘rendere testimonianza alla verità’”. Quello di Gaenswein non è però un motto particolarmente originale. Ed è curioso notare come prima di lui lo abbia utilizzato John Charles McQuaid, vescovo di Dublino morto nel 1973, che era stato accusato di abusi sessuali (accusi che poi sono stati completamente smentiti). E oggi lo stesso motto lo ha scelto Piotr Jarecki, ausiliare di Varsavia, recentemente arrestato per guida in stato di ebbrezza. I precedenti non sono di buon auspicio per il segretario del Papa. Ma c’è da starne certi: con la sua meticolosità, precisione, fedeltà e amore per il Pontefice, Georg Gaenswein andrà oltre i cattivi auspici.
    http://www.korazym.org/images/stories/0000000stemmagg.jpg


         





    http://d3.yimg.com/sr/img/1/2a75abe7-5375-3ffd-86e1-a6613d87e156


    [SM=g1740738]

    [Modificato da Caterina63 06/01/2013 14:07]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    Caterina63
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    00 06/01/2013 21:00
    [SM=g1740717] Tratto dal fascicolo del CD "The Priests"
    "Si tratta di un pezzo musicale di Edward Elgar che può andare a testa alta sia nella parte ecclesiastica che nella controparte orchestrale laica...
    Una traduzione approssimativa del testo sarebbe:
    - Contemplate il Grande Sacerdote, che nei suoi giorni ha servito il Signore, e che è stato appena trovato".
    Il testo proviene dalla Liturgia delle Ore, che è recitato ad intervalli regolari ogni giorno dal Clero e dalle Comunità religiose di tutto il mondo.
    Di solito la si canta all'ordinazione di un Vescovo nella sua Cattedrale".
    e noi vogliamo dedicarlo di cuore a mons. Georg Gaenswin, nuovo Vescovo, e un grazie al Santo Padre Benedetto XVI.

    www.gloria.tv/?media=381102




    [SM=g1740738]


    [SM=g1740757]

    Fraternamente CaterinaLD

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    Caterina63
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    00 07/01/2013 16:46



    grazie papino

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    00 05/04/2013 13:54
    [SM=g1740771]notizia curiosa...

    http://www.korazym.org/images/stories/santino%20georg.jpg

    Risolto nel più clamoroso e spettacolare dei modi possibili il giallo della cosiddetta «Tavola Sordi», il dipinto quattrocentesco di proprietà del grande attore scomparso e attribuito a Francesco di Giorgio Martini. La tavola si trova nell’appartamento pontificio in Vaticano.

    DONAZIONE - Fu Aurelia Sordi, la sorella dell’attore, a chiedere e ottenere udienza da papa Benedetto XVI mercoledì 4 febbraio 2009. Fu un’udienza riservatissima, nemmeno «L’Osservatore Romano» ne dette notizia. Aurelia Sordi regalò l’opera al Papa che decise subito di collocarla nel suo appartamento privato. Il legame di Joseph Ratzinger con quell’opera doveva essere fortissimo: monsignor Georg Ganswein, il suo segretario particolare, prefetto della Casa pontifica, la usò sull’invito che spedì a parenti ed amici per la sua ordinazione episcopale ad arcivescovo titolare eletto di Urbisaglia.

    LA STORIA - La vicenda della Tavola Sordi è lunga. Giovedì l’ex sindaco di Roma ed ex ministro per i Beni e le attività culturali, Francesco Rutelli. Raccontava al Corriere della Sera , molto preoccupato, questa storia legata al carattere del grande attore, al suo rapporto con Roma e alla nebulosa che ora circonda il destino della sua ricchissima eredità: «Sordi ed io alla fine degli anni Novanta eravamo diventati grandi amici, festeggiavamo il nostro compleanno insieme, io sono nato il 14 giugno e lui era nato il 15. Comunque, un giorno mi invitò a casa sua e mi mostrò con orgoglio la splendida tavola dicendomi: «È il pezzo a cui tengo di più, sono legatissimo a questo gioiello. Sappi che, quando non ci sarò più, voglio che sia regalata a Roma, alla nostra città. Deciderai poi tu dove...». La tavola ha una storia illustre: venne esposta nel 1894 alla Royal Academy di Londra già con l’attribuzione a Francesco di Giorgio Martini, quasi certamente l’autore (tra mille dibattiti) della «Città ideale» esposta a Berlino alla Gemäldegalerie: sue madonne analoghe a questa sono esposte al Metropolitan musem di New York, alla Pinacoteca nazionale di Siena. Secondo la ricostruzione dei prestigiosi antiquari Apolloni di via del Babuino a Roma, l’opera venne comprata da Sordi negli anni Cinquanta.

    VOLONTA' - L’attore non lasciò nulla di scritto ma la sua volontà era inequivocabilmente nota. Lo dimostrerà il fatto che, quando Alberto Sordi nel 2003 morirà, sarà proprio la sorella Aurelia a contattare (qualche anno dopo) Francesco Rutelli, diventato nel frattempo ministro per i Beni e le attività culturali. Racconta ancora l’ex ministro: «La signora Aurelia mi confermò con lucidità e precisione che la volontà del fratello era di regalare la Pala a Roma. Fu così gentile da permettere di far visionare l’opera dagli esperti del ministero. Chiesi di esaminarla a due personaggi di indiscutibile valore, come l’allora direttore generale del ministero e oggi sottosegretario Roberto Cecchi e come Cristina Acidini, soprintendente per il Polo museale fiorentino». Acidini e Cecchi studiarono con attenzione l’opera: una relazione di otto pagine, del 17 marzo 2008, riporta le caratteristiche storico-artistiche e strutturali della tavola. Alla fine si può leggere: «L’attribuzione a Francesco di Giorgio Martini può essere confermata precisando che, alla luce degli studi più recenti, egli fu probabilmente responsabile del disegno e della stesura pittorica delle due figure principali, Madonna e Gesù Bambino, mentre delegò la dipintura delle figure secondarie a un assistente, indicato convenzionalmente come "Fiduciario di Francesco"». Nel documento l’opera viene indicata come «Tavola Sordi», nome ormai «storicizzato» con mezzo secolo di possesso. Rutelli immaginò di collocarla al Museo nazionale di Arte antica di palazzo Barberini. Da quel momento nessuna notizia della Tavola.

    ELEZIONI - Nella primavera 2008, alle elezioni vinse il centrodestra, la macchina ministeriale si arenò e, con tutta probabilità, il fascicolo si perse semplicemente perché mancava l’interesse che Rutelli personalmente aveva nei confronti del vecchio amico. Forse qui nasce la decisione di Aurelia Sordi di regalare la Tavola a Papa Benedetto XVI: Rutelli, che ignorava come tutti la destinazione, aveva inviato nei giorni scorsi una e-mail a Roberto Cecchi suggerendogli l’opportunità che il ministero avvii «una procedura per l’apposizione del vincolo per cautelarsi dalla dispersione o da una anomala destinazione». Perché? Persone amiche dell’ex ministro e che avevano visto recentemente casa Sordi («non faccio nomi per riservatezza», spiega Rutelli) non avevano trovato traccia della Tavola. Cecchi si è mosso subito, girando il dossier a Daniela Porro, nuova soprintendente al Polo museale romano. Ora il clamoroso sviluppo chiude ogni congettura: la Tavola è nell'appartamento papale. Chissà se papa Francesco l’ha già vista. E chissà cosa deciderà di farne ora, sapendo che la volontà di Sordi era di regalarla a Roma.

    Paolo Conti5 aprile 2013 | 11:59

    [SM=g1740733]


    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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