(Vocazione e vita- simposio)
La Chiesa, allora..... impone l'obbligo del celibato ai preti? Domanda sbagliata. In realtà è esattamente il contrario: la Chiesa chiama agli ordini sacri solo chi ha la vocazione al celibato.
Allora la vocazione al celibato è più importante della vocazione sacerdotale? No, è la vocazione alla totale consacrazione a Dio - insita nel celibato - che precede e avvalora la vocazione al sacerdozio, altrimenti saremo solo dei funzionari investiti di un pubblico ministero. No grazie! Il sacerdote non è un funzionario. O siamo amici di Dio rinunciando ad avere una moglie, dei figli, dei piaceri e degli interessi terreni, o non siamo niente, altre alternative non ce ne sono.......Un giorno parlavo con un amico pastore della Chiesa anglicana, sposato, e veramente una gran brava persona, finendo su questo discorso del celibato cattolico ed effettivamente la sua richiesta di spiegazioni era volta a capire che differenza ci fosse fra lui pastore sposato che si dedicava quotidianamente alla sua comunità, e me prete cattolico che faccio lo stesso ma con, diceva lui, l'umiliazione della solitudine. L'umiliazione della solitudine, questa frase mi riempì il cuore di Pace immensa e profonda, ma come spiegarlo al mio amico senza rischiare un incidente diplomatico, come fargli capire che si stava sbagliando?? Mentre pregavo in cuore lo Spirito a darmi la risposta giusta, gli suona il cellulare, risponde e lo vedo agitato: < Scusami, ci sentiamo domani, devo scappare, si è presentato in anticipo il notaio, sai, stiamo comprando casa, capirai con 4 figli quella dove stiamo non basta più, e serve la mia firma! >
Per un attimo ho pensato di chiedergli: < Ma dove corri?! E se avanti avevi a te un moribondo, un battesimo da dare, un povero da coccolare, che fai gli dici che non hai tempo perchè devi comprare casa? > Ma non l'ho fatto, era troppo preso da quel problema che non avrebbe dato peso al pensiero che volevo trasmettergli!
Diceva Carlo Carretto: < NON è vero che mancano vocazioni, è vero invece che mancano vocazioni al celibato! >
Qui non stiamo a discutere sulle brave persone che ci sono fra i Pastori Riformati, o fra i Preti Cattolici, ma di ben altro. Un bravo e santo cristiano lo è anche un padre di famiglia, una casalinga, una impiegata, chiunque può diventare santo, e chiunque può evangelizzare, il punto non è questo, qui si parla di vocazione al sacerdozio, così come esiste la vocazione matrimoniale, o la vocazione ad un progetto!
Purtroppo gli esseri umani hanno un'abilità straordinaria nel fabbricarsi le catene. Cristo ci libera e noi - incapaci di usare la libertà - ci costruiamo nuove catene nascondendole - è questa la cosa più triste - sotto il manto di valori reali ma tutt'altro che vissuti. Questa è la migliore pedagogia verso l'ateismo e l'immoralità. C'è ancora tanto lavoro da fare se vogliamo che le comunità ecclesiali si fondino sulla forza dell'amore e della responsabilità e non su obblighi imposti dall'alto e dall'esterno. Anche questa è una ragione che mi spinge a credere che la nostra storia cristiana sia ancora tutta da costruire. Tuttavia la vocazione al celibato resta veramente una fonte di ricchezza inesauribile, non è un caso che lo stesso Vangelo suggerisce a chi resta vedovo/a di non risposarsi, o che suggerisca "un celibato apposta per il Regno dei cieli" (Mt.19,10), una famiglia, per quanto la possiamo amare è pur sempre una sorta di catena per l'uomo che è chiamato al servizio di Dio; se invece è chiamato a vivere la vocazione del Matrimonio, allora la loro collaborazione sarà preziosa e potrà diventare tanto perfetta da diventare santi, e perciò chiaro che non si può essere un marito-prete; nè tanto meno un prete-marito semplicemente perchè egli ha la Chiesa quale Sposa e Dio quale Soggetto della sua vocazione.
E' questione di capire bene che cosa sia e quale differenza intercorra fra le due vocazioni: matrimonio e sacerdozio, sono appunto due vocazioni, ecco che si diventerà operai della vigna soltanto a metà, perchè l'altra metà di un prete sposato sarà sempre dovuta alla moglie e ai figli che ne avrebbero tutto il diritto. Un prete, invece, NON ha diritti, ma è un servo di Cristo, a volte gli viene negata anche la dignità, non importa, egli è in Grazia del Sacramento dell'Ordine "un altro Cristo" e come tale, pronto, come il Maestro, a salire sulla Croce.
Quando si parla di vocazione al celibato in molti sorge spontanea una domanda: ma come è possibile? Come è possibile cosa? Andiamo, non facciamo gli ingenui, va bene amare Dio e il prossimo, però siamo anche uomini, abbiamo le nostre esigenze... E qui vorrei essere particolarmente incisivo, stile militare. Chi parla così non ha le idee chiare su molte cose. Se uno ha messo dei compartimenti stagni fra la sua vita di fede, la sua affettività e la sua sessualità è una sorta di dissociato, non ha capito cose che sono fondamentali. È proprio questo il punto, uno dei punti fondamentali. L'amore di Dio abbraccia tutta la nostra vita, tutta la nostra persona, affettività e sessualità incluse. Forse quelli che hanno sentito dire qualcosa di Freud proporranno subito la storiella della "sublimazione". No, non si tratta di sublimare. Cosa significa sublimare? Per esempio... siccome non ha trovato una moglie ha dedicato tutta la sua vita alla musica... No, si tratta di integrare. L'amico di Dio si dona totalmente a Dio perché Dio viva e operi pienamente in lui. Francesco di Assisi ha dato tutto di sé a Dio, anche la sua affettività. Il suo non era un amore disincarnato, astratto e puramente spirituale o castrante che è cosa ben diversa, ma umano, concreto e soprannaturale al tempo stesso. È lo Spirito che ci aiuta a realizzare tutto questo, senza di Lui a ben poco servirebbe la nostra disciplina....Perché Don Bosco non è rimasto nella sacrestia ma ha infastidito tanti benpensanti - anche ecclesiastici - della sua epoca? Gli amici di Dio - si sa - sono fatti cosí! L'amore non si può mettere in scatola, nè rilegare alle esigenze di una famiglia, prima o poi infrange tutte le regole (quelle umane). Se guardiamo con attenzione, nella vita dei santi ci sono sempre pizzichi di follia, però la loro follia è piú sana della nostra "normalità", per non dire della nostra aurea mediocrità!
La vocazione, come chiamata all'amore, implica un dialogo personale che è difficile portare in pubblico; anzi, oltre un certo limite è impossibile perché - come dice la Scrittura - bisogna "tenere nascosto il segreto del re" (Tb 12,7). Ovviamente in un'epoca che ama i livellamenti, le desacralizzazioni, le demitizzazioni, le dietrologie, etc... questa prospettiva non piace. Chissà perché c'è una gran voglia di normalità, di uniformità o... di qualunquismo, o di proselitismo?
È invece no! Il discorso sulla vocazione rifugge dalle banalizzazioni, anche perché la posta in gioco è davvero alta.
Se la maggior parte dei giovani cerca "l'altra metà" in un ragazzo o in una ragazza, il giovane (o anche il meno giovane) che si sente chiamato trova la sua ragione di vita in... Abbiamo il coraggio di dirlo? Il coraggio di usare una parola grossa, davvero grossa? Ce l'abbiamo! La ragione di vita non sta in una creatura finita e limitata ma in Dio stesso. L'altra "metà", anzi il "Tutto" dell'uomo di Dio è Dio stesso. Proprio cosí. E se non fosse cosí ci sarebbe da chiedersi su cosa può reggersi una vita senza questo singolare, straordinario, unico, incredibile quanto si vuole, ma autentico rapporto di amore. La filantropia è una gran bella cosa ma non si può vivere di sola filantropia. La vocazione sacerdotale ha una dimensione verticale che sfocia nell'orizzontale (se è autentica). È una donazione totale quindi che innesca un rapporto incomparabilmente piú grande di quello che può scaturire tra un uomo e una donna. E' di questo che sono invidiosi molti pastori di un protestantesimo falso nella sua dimensione di chiusura e di concreta lotta alla divisione. Ma la vocazione è un rapporto che si fonda radicalmente sull'amore e sulla bontà e gratuità di Dio. Solo nella misura in cui la persona si fonda radicalmente in Lui è capace di incarnarlo nella sua vita. Il nostro Partner, colui che completa il nostro essere è Dio stesso. Bella presunzione non è vero? Si, se questo discorso avesse come fondamento le proprie qualità umane. Il fatto è che questo discorso si fonda sull'amore di Dio stesso che chiama l'uomo a questa dimensione mediante la Consacrazione Sacerdotale. Noi siamo testimoni dell'amore di Dio, non del nostro amore. Che sia capace di amare come vorrebbe il Vangelo è tutto da dimostrare e sarà da dimostrare fino all'ultimo, ma che creda nell'amore di Dio per me, per noi è tutt'altra cosa. La nostra forza non si fonda su di noi ma su di Lui...la nostra forza non cercherà appagamenti rientrando la sera a casa e trovando una moglie pronta a soddisfare le nostre quotidiane fatiche perchè ciò che il prete si attende è l'appagamento promesso nel Regno dei cieli in questa qualità-vocazione creata dal Cristo: non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi! Amen!