DIFENDERE LA VERA FEDE

J. Ratzinger, S.P. Benedetto XVI festeggia i suoi 60 anni di Sacerdozio 1951-2011, qui gli Auguri a Lui e a tutti i Sacerdoti

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    Caterina63
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    00 01/04/2011 13:14
    [SM=g1740738] grazie Santo Padre per il Suo impegno ed apostolato

    [SM=g1740720] e un grazie a Nostro Signore per averLa chiamata alla Vocazione sacerdotale...

    it.gloria.tv/?media=141586

    il video è senza audio, ma aiuta a meditare!




    [SM=g1740717]


    [SM=g1740757]


    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    Ordinato sacerdote il 29 giugno, Festa dei Santi Pietro e Paolo, del 1951,
    Benedetto XVI celebra quest'anno il 60esimo del suo sacerdozio.



    noi da qui vogliamo festeggiarlo e ricordarlo attraverso il suo ricco magistero non solo pontificio, ma anche di prima, e meditare così come il Signore stesso lo abbia forgiato, sostenuto ed accompagnato in tutti questi 60 anni...

    Un grazie al blog di Raffaella che raccoglie con pazienza, da molto tempo, questi testi.....

    ***

    Joseph Ratzinger presenta se stesso: discorso di Presentazione alla Pontificia Accademia delle Scienze (2000)




    Pubblichiamo il discorso di presentazione del Card. Joseph Ratzinger pronunciato in occasione della nomina, il 13 novembre del 2000, a membro della Pontificia Accademia delle Scienze. In tale occasione si chiede, infatti, che i nuovi accademici presentino se stessi.

    Tratto da Zenit.org, Edizione spagnola (Código: ZS05051611): www.zenit.org/spanish/visualizza.phtml?sid=70993
    Traduzione di Totus tuus network

    Signor Presidente, stimati colleghi,

    sono nato nel 1927 a Marktl, nella Baviera del Nord. Ho svolto i miei corsi teologici e filosofici subito dopo la guerra, dal 1946 al 1951. In tale periodo, la formazione teologica della facoltà di Monaco fu essenzialmente determinata dal movimento biblico, liturgico ed ecumenico degli anni compresi tra le due Guerre Mondiali.

    Lo studio biblico fu fondamentale ed essenziale nella nostra formazione, ed il metodo storico-critico è sempre stato molto importante per la mia formazione ed il lavoro teologico susseguente.

    In generale, la nostra formazione si orientò in senso storico e perciò, benché la mia specializzazione sia stata la teologia sistematica, la mia dissertazione dottorale e il mio lavoro post dottorale trattarono argomenti storici.

    La mia dissertazione dottorale fu incentrata sulla nozione di Popolo di Dio in sant’Agostino; in questo studio mi fu possibile osservare come sant’Agostino mantenne un dialogo con diverse forme di platonismo, il platonismo di Plotino da un lato e quello di Porfirio dall’altro.
    La filosofia di Porfirio costituì una ri-fondazione del politeismo e una fondazione filosofica delle idee della religione greca classica, combinata con elementi delle religioni orientali. Nel medesimo tempo, Agostino mantenne un dialogo con l’ideologia romana, specialmente dopo l’occupazione di Roma da parte dei Goti nel 410, e fu per questo che mi risultò assai affascinante osservare come attraverso questi diversi dialoghi e culture egli definisce l’essenza della religione cristiana. Egli vide la fede cristiana non in continuità con le religioni anteriori, ma piuttosto in continuità con la filosofia intesa come vittoria della ragione sulla superstizione. Così, anche il comprendere l’idea originale di Agostino e di molti altri Padri sulla posizione del cristianesimo in questo periodo della storia del mondo fu per me molto interessante e, se Dio me ne darà il tempo, spero di sviluppare quest’idea più avanti.

    Il mio lavoro post dottorale fu incentrato su San Bonaventura, un teologo francescano del XIII secolo. Scopersi un aspetto della teologia di san Bonaventura a quanto ne so non basato sulla letteratura precedente: la sua relazione con una nuova idea di storia concepita da Gioacchino da Fiore nel XII secolo. Gioacchino intese la storia come progressione da un periodo del Padre (un tempo difficile per gli esseri umani sotto la legge), ad un secondo periodo della storia, quello del Figlio (con maggiore libertà, più franchezza, più fratellanza), ad un terzo periodo della storia, il periodo definitivo della storia, il tempo dello Spirito Santo. Secondo Gioacchino questo doveva essere il tempo della riconciliazione universale, di riconciliazione tra l’Est e l’Ovest, tra cristiani ed ebrei, un tempo senza legge (in senso paolino), un tempo di vera fraternità nel mondo. L’interessante idea che scopersi fu che una corrente significativa di francescani era convinta che San Francesco di Assisi e l’Ordine francescano segnarono l’inizio di questo terzo periodo della storia, e fu loro ambizione l’attualizzarlo; Bonaventura mantenne un dialogo critico con tale corrente.

    Dopo il termine del mio lavoro post dottorale mi offrirono un incarico all’Università di Bonn per insegnarvi teologia fondamentale, ed in questo periodo l’ecclesiologia, la storia e la filosofia della religione erano le mie principali aree di lavoro.

    Dal 1962 al 1965 ebbi la meravigliosa opportunità di presenziare al Concilio Vaticano II come esperto; questo fu un tempo molto gratificante della mia vita, nel quale mi fu possibile essere parte di tale riunione, non solo tra vescovi e teologi, ma anche tra continenti, culture diverse e distinte scuole di pensiero e di spiritualità nella Chiesa.

    Accettai poi un incarico nell’Università di Tubinga (Tübingen), con l’intenzione di essere più vicino alla "scuola di Tubinga", la quale fece teologia in un modo storico ed ecumenico.
    Nel 1968 si produsse un’esplosione estremamente violenta di teologia marxista e per questo, quando mi offrirono un incarico nella nuova Università di Ratisbona, accettai non solo perché pensavo fosse interessante collaborare allo sviluppo di una nuova università, ma anche perché mio fratello era il direttore del coro della cappella della Cattedrale. Desideravo pure che fosse un tempo tranquillo per sviluppare il mio lavoro teologico. Là, durante il mio tempo libero, scrissi un libro sull’escatologia e uno sui principi della teologia, quali il problema del metodo teologico, il problema della relazione tra ragione e rivelazione e tra la tradizione e la rivelazione. Anche la Bibbia fu un punto di interesse primario per me.

    Quando cominciavo a sviluppare la mia personale visione teologica, nel 1977 Papa Paolo VI mi nominò arcivescovo di Monaco e perciò, come il Cardinal Martini, dovetti interrompere il mio lavoro teologico.

    Nel novembre del 1981, il santo Padre Papa Giovanni Paolo II, mi chiese di impegnarmi come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Il Prefetto della Congregazione è anche il Presidente di due importanti Commissioni: la Commissione Teologica Internazionale e la Pontificia Commissione Biblica.

    Il lavoro di questi due organismi, ognuno composto da venti o trenta professori proposti dai vescovi del mondo, si svolge in completa libertà ed agisce in connessione tra la Santa Sede e gli uffici della Curia Romana da un lato, ed il mondo teologico dall’altro. Mi è stato molto utile servire come Presidente di queste due Commissioni, perché in qualche modo mi ha permesso di mantenere il contatto con i teologi e la teologia. In questi anni, le due Commissioni hanno pubblicato un buon numero di documenti molto importanti.

    In particolare, due documenti della Commissione Biblica furono recepiti molto bene dai circoli ecumenici e dal mondo teologico in generale.
    Il primo era un documento sui metodi dell’Esegesi. Nei cinquanta anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale siamo stati testimoni di interessanti progressi nella metodologia, non soltanto con il classico metodo storico-critico, ma anche con i nuovi metodi che prendono in considerazione l’unità della Bibbia nei diversi sviluppi letterari e anche con (altri) nuovi metodi. Credo che questo documento sia davvero stato una pietra miliare: fu molto ben accolto, come ho detto, dalla comunità scientifica.

    Il secondo documento è stato pubblicato l’anno successivo e si riferisce alla relazione tra la Santa Bibbia ed il Popolo Ebreo, l’Antico testamento e il Nuovo Testamento. Si focalizza sulla questione del senso grazie al quale le due parti della Bibbia – ciascuna con parti molto diverse – possono essere considerate una sola Bibbia, e in quale senso un’interpretazione cristologica dell’Antico Testamento – non molto evidente nel testo come tale – può essere giustificata, così come il nostro rapporto con l’interpretazione giudaica dell’Antico Testamento. In questo senso, la riunificazione dei due libri è nello stesso tempo la riunificazione di due storie attraverso le loro culture e realizzazioni religiose. Speriamo che questo documento sia anche molto proficuo per il dialogo tra cristiani ed ebrei.

    La Commissione teologica ha pubblicato documenti circa l’interpretazione del dogma, le mancanze della chiesa nel passato – di somma importanza dopo le richieste di perdono fatte in varie occasioni dal Santo Padre – e altri documenti. Attualmente stiamo pubblicando un documento sul diaconato ed un altro circa la Rivelazione e l’inculturazione.

    Quest’ultimo argomento – l’incontro tra diverse culture, cioè il dialogo interculturale e interreligioso – è attualmente il tema centrale per noi nella nostra Congregazione. Dopo la scomparsa della Teologia della Liberazione negli anni successivi al 1989 si sono sviluppate nuove correnti in teologia: per esempio in America Latina esiste una teologia indigena. L’idea è quella di rifare la teologia alla luce delle culturale anteriori a Colombo. Ci stiamo anche occupando del problema di come la fede cristiana può essere presente nella grande cultura indiana con le sue ricche tradizioni religiose e filosofiche.

    Le riunioni della Congregazione per la Dottrina della Fede con vescovi e teologi, destinate a scoprire come sia possibile una sintesi interculturale nel presente senza perdere l’identità della nostra fede è per noi emozionante, ed io penso che sia un tema importante persino per quanti non sono cristiani o cattolici.

    Vi ringrazio per l’onore di essere presente tra voi.

    + Card. Joseph Ratzinger




    [Modificato da Caterina63 29/05/2011 18:09]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    Caterina63
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    00 01/04/2011 15:54
    Grazie alla trascrizione della nostra Roberta, che ringraziamo anche se non vuole, leggiamo questo bellissimo brano, "illuminante" anche oggi nonostante sia stato pronunciato nel 1977.
    Facciamo un ripasso sulle nozioni di Eucarestia, liturgia e comunione con il Papa...
    Raffaella.

    CHIESA DI OGNI LUOGO E DI OGNI TEMPO

                                                  



    Celebrazione in comunione con il Papa

    del cardinale Joseph Ratzinger

    (Predica in occasione della domenica per il Papa, 10 luglio 1977, nella Chiesa di San Michele a Monaco di Baviera)

    Nella preghiera fondamentale della Chiesa, nell'Eucarestia, il cuore della sua vita non solo si esprime, ma si compie giorno per giorno.
    L'Eucarestia ha nel più profondo di sè a che fare solo con Cristo.
    Egli prega per noi, pone la sua preghiera sulle nostre labbra, poichè solo lui sa dire: questo è il mio corpo, questo è il mio sangue.

    Ci attira dentro la sua vita, nell'atto dell'amore eterno, in cui egli si affida al Padre, così che noi, insieme con lui, consegniamo a nostra volta noi stessi al Padre e, in questo modo, riceviamo in dono proprio Gesù Cristo. L'Eucarestia è quindi sacrificio: affidarsi a Dio in Gesù Cristo e ricevere così in dono il suo amore.
    Cristo è lui che dà ed è, allo stesso tempo, il dono: per mezzo di lui, con lui e in lui noi celebriamo l'Eucarestia.

    In essa è continuamente presente e vero ciò che dice l'epistola di oggi: Cristo è il capo della Chiesa, che egli acquista mediante il suo sangue.
    Allo stesso tempo, in ogni celebrazione eucaristica, seguendo un'antichissima tradizione, diciamo: noi celebriamo insieme al nostro Papa...

    Cristo si dà nell'Eucarestia ed è presente tutto intero, in ogni luogo e, per questo, è dovunque presente, là dove viene celebrata l'Eucarestia, il mistero tutto intero della Chiesa.
    Ma Cristo è anche in ogni luogo un'unica persona e, per questo, non lo si può ricevere contro gli altri, senza gli altri.

    Proprio perchè nell'Eucarestia c'è il Cristo tutto intero, inseparato ed inseparabile, proprio per questo si rende ragione dell'Eucarestia solo se essa è celebrata con tutta la Chiesa.
    Noi abbiamo Cristo solo se lo abbiamo insieme con gli altri.
    Poichè l'Eucarestia ha a che fare solo con Cristo, essa è il Sacramento della Chiesa.

    E per questa stessa ragione essa può essere accostata solo nell'unità con tutta la Chiesa e con la sua Autorità.
    Per questo la preghiera per il Papa fa parte del canone eucaristico, della celebrazione eucaristica.
    La comunione con lui è la comunione con il tutto, senza la quale non vi è comunione con Cristo.
    La preghiera cristiana e l'atto di fede implicano l'ingresso nella totalità, il superamento del proprio limite.
    La liturgia non è l'iniziativa organizzativa di un club o di un gruppo di amici; la riceviamo nella totalità e dobbiamo celebrarla a partire da questa totalità e in riferimento ad essa.
    Solo allora la nostra fede e la nostra preghiera si pongono in maniera adeguata, quando vivono continuamente in questo atto di superamento di sè, di autoespropriazione, che arriva alla Chiesa di tutti i luoghi e di tutti i tempi: è questa l'essenza della dimensione cattolica.
    Si tratta proprio di questo, quando andiamo al di là della nostra piccola realtà, stabilendo un legame con il Papa ed entrando così nella Chiesa di tutti i popoli.

    Da Joseph Ratzinger,
    "Il Dio vicino. L'eucaristia cuore della vita cristiana", San Paolo Edizioni 2008 (Pag. 127-128)
    [Modificato da Caterina63 29/05/2011 18:54]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    Caterina63
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    00 23/05/2011 18:36
    Seppur un tantino deludente, perchè POVERO nel contenuto, ci piace segnalare che la Prolusione del Presidente della CEI appena uscita, a firma del cardinale Bagnasco, cita il Documento Universae Ecclesiae, cominciando, finalmente, a richiamare i Vescovi verso l'attenzione suscitata dal Papa con il Summorum Pontificum, dai Vescovi stessi combattuto o ignorato e dalle Prolusioni passate della CEI per nulla raccomandato.....


    il passo dice:

    Ma abbiamo almeno altri due motivi circostanziati per i quali esprimere al Papa la nostra
    gratitudine: il primo riguarda l’istruzione Universae Ecclesiae volta a dare una corretta applicazione
    del «motu proprio» Summorum Pontificum del 7 luglio 2007, e dunque al recupero più impegnativo
    e armonioso − nell’ambito delle singole Diocesi − dell’intero patrimonio liturgico della Chiesa
    universale. In sostanza, a non ferire mai la concordia di ogni Chiesa particolare con la Chiesa
    universale, operando piuttosto per unire tutte le forze e restituire alla liturgia il suo possente incanto.

    *****


    ripeto:

    e dunque al recupero più impegnativo
    e armonioso − nell’ambito delle singole Diocesi − dell’intero patrimonio liturgico della Chiesa
    universale. In sostanza, a non ferire mai la concordia di ogni Chiesa particolare con la Chiesa
    universale, operando piuttosto per unire tutte le forze e restituire alla liturgia il suo possente incanto.

    ***


    e...Cantuale Antonianum fa giustamente osservare che:

    Il primo obiettivo della normativa data dal Papa nel Motu Proprio è ribadito dall'Istruzione con limpidezza cristallina, in modo da non poter essere più equivocato da nessuno:
    a) Liturgiam Romanam in Antiquiori Usu, prout pretiosum thesaurum servandum, omnibus largire fidelibus;
    offrire a tutti i fedeli la Liturgia Romana nell’Usus Antiquior, considerata tesoro prezioso da conservare.

    ATTENZIONE:
    Non a qualche gruppo, non ai nostalgici, non ai maniaci delle cose sorpassate, ma a TUTTI i fedeli è offerto un TESORO prezioso da conservare. Non c'è altro da aggiungere.


    http://www.cantualeantonianum.com


    *********************************************

    Sarebbe un bel REGALO  da fare al Pontefice, Benedetto XVI, quello di APPLICARE LE SUE RICHIESTE IN OGNI DIOCESI E NELLE PARROCCHIE....un regalo al Papa i cui benefici verrebbero tuttavia ad alimentare la nostra fede e la nostra identità Cattolica...

    così




    Usa: le diocesi si preparano a celebrare il 60.mo di ordinazione sacerdotale di Benedetto XVI (R.V.)

    Usa: le diocesi si preparano a celebrare il 60.mo di ordinazione sacerdotale di Benedetto XVI

    Il 29 giugno prossimo, Solennità dei Santi Pietro e Paolo, Benedetto XVI festeggia 60 anni di sacerdozio.
    La Congregazione per il Clero ha invitato tutti i fedeli e i sacerdoti nel mondo a celebrare l’evento con sessanta ore di preghiera eucaristica per la santificazione del clero e per il dono di nuove vocazioni sacerdotali.
    Le celebrazioni si potrebbero concludere il 1° luglio, Festa del Sacro Cuore di Gesù e Giornata Mondiale di preghiera per i sacerdoti. La Chiesa degli Stati Uniti si sta già preparando all’appuntamento. In una lettera ai confratelli diffusa il 17 maggio, il presidente della Conferenza episcopale (Usccb) mons. Timothy Dolan sottolinea l'importanza di questa celebrazione: "Un aumento del numero e della santità dei sacerdoti al servizio delle nostre diocesi è un segno di salute e di vitalità nella Chiesa”, scrive l’arcivescovo di New York, rilevando che la preghiera per le vocazioni è “un’intenzione meritevole” che esprime in modo adeguato “la gratitudine per l'esempio e il servizio svolto da Papa Benedetto XVI". Un giudizio condiviso da mons. Robert J. Carlson , arcivescovo di St. Louis presidente della Commissione per il clero, la vita consacrata e le vocazioni della Conferenza episcopale: "Questa è un'opportunità eccezionale per rendere grazie per il nostro Papa, pregare per tutti i nostri sacerdoti e per chiedere al Signore più vocazioni sacerdotali", sottolinea il presule.
    "Il Santo Padre è stato un modello eccezionale di ministero sacerdotale e di servizio alla Chiesa. Nel suo messaggio per la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, ha ricordato ai fedeli che tutti noi abbiamo la responsabilità di pregare per le vocazioni. Questa è una grande occasione per fare proprio questo”, afferma ancora l’arcivescovo. In vista dell’evento la Commissione episcopale ha lanciato sul sito www.foryourvocation.org una speciale cartolina (prayer card) con il testo della preghiera di ringraziamento per la vocazione sacerdotale del Santo Padre Benedetto XVI. (L.Z.)

     Radio Vaticana


    L'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato ha realizzato la Medaglia Pontificia per il 60° di ordinazione di J. Ratzinger: comunicato ed immagini

    Clicca qui per leggere il testo del comunicato e qui per vedere le immagini della Medaglia.



    [Modificato da Caterina63 01/07/2011 15:34]
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    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    00 24/05/2011 15:42

    La Messa che ha allietato la sua giovinezza

    da Cordialiter:
    Don Giuliano Cingolani, del Clero Maceratese (classe 1930, ordinato nel 1949) ha celebrato la Santa Messa nel rito straordinario presso la Chiesa della Madonna della Neve a Potenza Picena per il gruppo stabile locale con il quale inizierà a collaborare. Saranno stati almeno 40 anni che don Giuliano non celebrava la Messa della sua ordinazione sacerdotale e della sua gioventù.
    Perennemente innamorato dell'ideale Evangelico don Giuliano nell'omelia ha parlato del "servizio" che i cristiani debbono soprattutto ai più poveri ed ai bisognosi di affetto. Don Giuliano, già professore di canto gregoriano al Seminario di Macerata, da anni si dedica alla cura pastorale nelle residue comunità rurali da cui, per secoli, sono nate grandi testimonianze di fede e tante vocazioni. L'affetto per coloro che con semplicità vogliono attuare l'ideale evangelico ha fatto accettare a don Giuliano la proposta di celebrare per il crescente gruppo liturgico nella forma straordinaria di Potenza Picena.



    ******************


    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    00 27/05/2011 23:07

    Prof. Ratzinger (1970): Le chiese sono diventate nostre imprese, di cui siamo orgogliosi o ci vergogniamo, tante piccole proprietà private che stanno una accanto all’altra, chiese soltanto "nostre, che noi stessi costruiamo, che sono opera e proprietà nostra, e che noi vogliamo trasformare o conservare come tali (da "Perchè siamo ancora nella Chiesa")

    Grazie al lavoro della nostra "stakanovista" Gemma leggiamo questo secondo brano tratto da "Perchè siamo ancora nella Chiesa".
    Si tratta della conferenza che l'allora professor Ratzinger tenne il 4 giugno 1970.
    Clicca qui per leggere la prima parte e qui per la terza
    .

    Da Joseph Ratzinger, Papa Benedetto XVI "Perchè siamo ancora nella Chiesa", Rizzoli 2008


    PERCHE’ SONO ANCORA NELLA CHIESA


    Una metafora per la natura della Chiesa


    Una Chiesa che venga considerata solo dal punto di vista politico, cioè contro tutta la sua storia e la sua natura, non ha alcun senso e la decisione di rimanere in essa, se è una decisione esclusivamente politica, non è leale anche se si presenta come tale.

    Ma di fronte alla situazione attuale, come si può giustificare la permanenza nella Chiesa? In altri termini: se vuole avere senso, la scelta a favore della Chiesa deve essere di carattere spirituale – ma come si può motivare una simile scelta spirituale? Vorrei dare una prima risposta di nuovo con un paragone e con il ricorso a un’affermazione fatta in precedenza per descrivere la situazione attuale.
    Avevamo detto che noi, con la nostra analisi approfondita della Chiesa, siamo arrivati talmente vicino a essa che non riusciamo più a percepirla nel suo complesso
    .
    Questo pensiero si può approfondire ricorrendo a un’immagine che i Padri della Chiesa scoprirono nella loro meditazione simbolica sul mondo e sulla Chiesa. Essi spiegarono che nella struttura del cosmo materiale il ruolo della luna è una metafora di ciò che la Chiesa rappresenta per la realizzazione della salvezza nel cosmo spirituale- religioso. Viene ripreso qui un antichissimo simbolismo della storia delle religioni (i Padri non hanno mai parlato di "teologia delle religioni", ma l’hanno attuata), in cui la luna, come simbolo tanto della fertilità e della fragilità, della morte e della caducità, quanto anche della speranza nella rinascita e nella resurrezione, era l’immagine dell’esistenza umana, "patetica e insieme consolatrice".
    Il simbolismo lunare e quello terrestre si fondono spesso: la luna, nella sua fugacità e nella sua rinascita, rappresenta il mondo dell’uomo, il mondo terreno, questo mondo che è limitato dal bisogno di ricevere e che ottiene la propria fertilità non da se stesso, ma da qualche altra parte, dal sole
    .
    In questo modo il simbolismo lunare diventa anche il simbolo dell’essere umano, così come esso si manifesta nella donna, che concepisce ed è fertile in forza del seme che riceve. I Padri applicarono il simbolismo lunare alla Chiesa soprattutto per due motivi: per la relazione luna-donna (madre) e per il fatto che la luce della luna non è luce propria, ma luce del sole, senza il quale essa sarebbe solo oscurità; la luna risplende, ma la sua luce non è sua, bensì di qualcun altro. Essa è buio e luce allo stesso tempo. In se stessa è oscurità, ma dona luminosità in virtù di un altro, di cui riflette la luce. Proprio per questo essa rispecchia la Chiesa, che illumina pur essendo essa stessa buio; non è luminosa in virtù della propria luce, ma riceve quella del vero sole, Gesù Cristo, cosicché – sebbene essa stessa sia solo terra (anche la luna non è che un’altra terra) – è tuttavia in grado di illuminare la notte della nostra lontananza da Dio - la luna narra il mistero di Cristo.
    Non si devono forzare i simboli; ciò che hanno di prezioso consiste proprio in una ricchezza di immagini che si sottrae agli schematismi logici. Tuttavia oggi, nell’epoca del viaggio sulla luna, si impone un ampliamento del paragone, con il quale si metta in evidenza, confrontando il pensiero fisico e quello simbolico, lo specifico della nostra situazione anche rispetto alla realtà della Chiesa.
    L’astronauta e la sonda lunare scoprono la luna solo come roccia, deserto, sabbia, montagne, ma non come luce. E in effetti essa è in se stessa soltanto questo: deserto, sabbia, roccia. Tuttavia, per merito di altri e in funzione di altri ancora, essa è anche luce e rimane tale anche nell’epoca dei viaggi nello spazio. E’ quindi ciò che non è in se stessa.
    L’altro, ciò che non è suo, fa comunque parte anche della sua realtà. Esiste una verità della fisica e una verità poetico-simbolica e l’una non annulla l’altra. Allora chiedo: questa non è forse un’immagine molto precisa della Chiesa?
    Chi la esplora e la percorre con la sonda spaziale, può scoprire solo deserto, sabbia, roccia, le debolezze dell’uomo, i deserti, la polvere e le altezze della sua storia. Tutto ciò le appartiene, ma non rappresenta la sua effettiva realtà
    .
    L’elemento decisivo è che essa, benché sia solo sabbia e sassi, è di certo anche luce in virtù di un altro, del Signore: ciò che non è suo, è veramente suo, la sua effettiva natura, anzi, la sua natura consiste nel fatto che essa non vale per ciò che è, bensì solo per ciò che non è suo. Essa esiste in qualcosa che è al di fuori di essa e ha una luce che, pur non essendo sua, costituisce tutta la sua essenza. Essa è "luna" -mysterium lunae – e così riguarda i credenti, perché proprio così essa è il luogo di una costante scelta spirituale.
    Poiché il significato espresso in quest’immagine mi sembra di importanza decisiva, prima di tradurlo dal linguaggio metaforico in affermazioni oggettive, vorrei chiarirlo meglio con un’altra osservazione.
    Dopo la traduzione in tedesco della liturgia, secondo l’ultima riforma, mi si presentava continuamente una difficoltà linguistica nel recitare un testo, che appartiene proprio a questo stesso contesto e che è sintomatico per ciò di cui si tratta qui.
    Nella traduzione tedesca del Suscipiat si dice: il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio "per il bene nostro e di tutta la Sua santa Chiesa"
    .
    A me veniva sempre spontaneo dire: "E di tutta la nostra santa Chiesa".
    In questa difficoltà linguistica viene alla luce tutta la problematica che stiamo trattando e diventa chiaro il fatto che siamo incorsi in una deviazione di prospettiva.
    Al posto della Sua Chiesa è subentrata la nostra e con essa le molte chiese: ognuno ha la propria.
    Le chiese sono diventate nostre imprese, di cui siamo orgogliosi o ci vergogniamo, tante piccole proprietà private che stanno una accanto all’altra, chiese soltanto "nostre, che noi stessi costruiamo, che sono opera e proprietà nostra, e che noi vogliamo trasformare o conservare come tali.

    Dietro alla "nostra Chiesa" o anche alla "vostra Chiesa" è scomparsa la "sua Chiesa".
    Ma solo quest’ultima interessa e se non esiste più anche la "nostra" Chiesa deve abdicare.
    Se fosse soltanto nostra, la Chiesa sarebbe solo un inutile gioco da bambini
    .

    Da Joseph Ratzinger, Papa Benedetto XVI "Perchè siamo ancora nella Chiesa", Rizzoli

    Fraternamente CaterinaLD

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    00 29/05/2011 18:00

    Il Papa al Sodalizio Mariano di Regensburg: Noi eravamo stati ammessi alla Congregazione, ma poco dopo iniziò la guerra contro la Russia; il seminario fu sciolto, e la Congregazione – prima che si fosse riunita, che riuscisse a radunarsi – era già stata dispersa ai quattro venti. Così ciò non è entrato come "data esteriore" della vita, ma è rimasto come "data interiore" della vita, perché da sempre è stato chiaro che la cattolicità non può esistere senza un atteggiamento mariano, che essere cattolici vuol dire essere mariani, che ciò significa l’amore per la Madre, che nella Madre e per la Madre troviamo il Signore

    Vedi anche:

    Il Papa: essere cattolici è essere mariani (Armin Schwibach)

    Il Papa riceve il sodalizio di Ratisbona: video The Vatican

    Il 28 maggio di 70 anni fa il 14enne Joseph Ratzinger entrava nella Congregazione mariana di Ratisbona, «in una epoca buia» a causa di Hitler, e «già segnata dalla guerra»

    Il Papa ricorda il "periodo buio" instaurato da Hitler (Efe)

    Nei ricordi giovanili di Benedetto XVI la scoperta del valore della devozione mariana (O.R.)

    Papa Benedetto apre "il cassetto dei ricordi" e ricorda il suo ingresso in seminario (Asca)

    Il Papa alla Congregazione mariana di Ratisbona: essere cattolici significa essere mariani. Le confidenze del Santo Padre sul suo legame con Maria ed il ricordo dei "tempi bui" della guerra

    UDIENZA A UNA DELEGAZIONE DELLA "MARIANISCHE MÄNNER-CONGREGATION "MARIÄ VERKÜNDIGUNG" DI REGENSBURG, 28.05.2011

    Alle ore 12.15 di questa mattina, nella Sala dei Papi del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza i Membri di una Delegazione della "Marianische Männer-Congregation ‘Mariä Verkündung’" (Sodalizio Mariano) di Regensburg.
    Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti:

    DISCORSO DEL SANTO PADRE

    TRADUZIONE IN LINGUA ITALIANA

    Caro Signor Presidente,
    cari sodali!

    Un cordiale "Vergelt’s Gott" ["Dio ve ne renda merito"] per la vostra visita, per il dono, per il fatto di aver tirato fuori dal cassetto una data dimenticata della mia vita.

    E’ una data, infatti, che non è semplicemente "passato": l’ammissione nella Congregazione mariana guarda al futuro, e non è mai semplicemente un fatto accaduto. Ecco che, ancora dopo 70 anni, questa data è una data dell’"oggi", una data che indica la via verso il "domani". Vi sono grato per avere "tirato fuori" questa data e ne sono contento.

    Ringrazio di cuore Lei, caro Presidente, per le Sue gentili parole che sono venute dal cuore e al cuore vanno. A quell’epoca, allora, erano tempi bui – c’era la guerra.

    Hitler aveva sottomesso uno dopo l’altro la Polonia, la Danimarca, gli Stati del Benelux, la Francia e nell’aprile del 1941 – proprio in questo periodo, 70 anni fa – aveva occupato la Jugoslavia e la Grecia. Sembrava che il Continente fosse nelle mani di questo potere che, allo stesso tempo, poneva in forse il futuro del cristianesimo.

    Noi eravamo stati ammessi alla Congregazione, ma poco dopo iniziò la guerra contro la Russia; il seminario fu sciolto, e la Congregazione – prima che si fosse riunita, che riuscisse a radunarsi – era già stata dispersa ai quattro venti. Così ciò non è entrato come "data esteriore" della vita, ma è rimasto come "data interiore" della vita, perché da sempre è stato chiaro che la cattolicità non può esistere senza un atteggiamento mariano, che essere cattolici vuol dire essere mariani, che ciò significa l’amore per la Madre, che nella Madre e per la Madre troviamo il Signore.

    Qui, attraverso le visite "ad limina" dei vescovi, sperimento costantemente come le persone – soprattutto in America Latina, ma anche negli altri continenti – possono affidarsi alla Madre, possono amare la Madre e, attraverso la Madre, poi, imparano a conoscere, a comprendere e ad amare Cristo; sperimento come la Madre continui a mettere al mondo il Signore, come Maria continui a dire "sì" e a portare Cristo nel mondo.

    Quando studiavamo, dopo la guerra – e credo che oggi non sia cambiato molto, non credo che la situazione sia molto migliorata – la mariologia che si insegnava nelle università tedesche era un po’ austera e sobria. Credo però che vi abbiamo trovato l’essenziale.

    A quel tempo, ci orientavamo a Guardini e al libro del suo amico, il parroco Josef Weiger, "Maria, Mutter der Glaubenden" (Maria, Madre dei credenti), il quale si rifà alle parole di Elisabetta: "Beata te che hai creduto!" (cfr. Lc 1,45). Maria è la grande credente. Ella ha raccolto la missione di Abramo di essere credente ed ha concretizzato la fede di Abramo nella fede in Gesù Cristo, indicando così a noi tutti la via della fede, il coraggio di affidarci a quel Dio che si dà nelle nostre mani, la gioia di essere suoi testimoni; e poi la sua determinazione a rimanere salda quando tutti sono fuggiti, il coraggio di stare dalla parte del Signore quando egli sembrava perduto, e di rendere proprio così quella testimonianza che ha portato alla Pasqua.

    Sono dunque grato di sentire che in Baviera ci sono circa 40 mila sodali; che ancora oggi ci sono uomini che, insieme a Maria, amano il Signore, che attraverso Maria imparano a conoscere e ad amare il Signore, e, come Ella, rendono testimonianza al Signore nelle ore difficili e in quelle felici; che stanno con Lui, sotto la Croce e che continuano a vivere gioiosamente la Pasqua insieme a lui.

    Ringrazio quindi voi tutti perché tenete alta questa testimonianza, perché sappiamo che ci sono uomini cattolici bavaresi che sono sodali, che percorrono questo cammino aperto dai Gesuiti nel XVI secolo, e che continuano a dimostrare che la fede non appartiene al passato, ma apre sempre ad un "oggi" e, soprattutto, ad un "domani".

    "Vergelt’s Gott für alles" [Dio vi renda merito per tutto], e Dio benedica voi tutti! Grazie di cuore.


                                             Pope Benedict XVI salutes as arrives to lead the weekly general audience in St. Peter's square at the Vatican on May 25, 2011.

                                                                      Pope Benedict XVI prays during the rosary prayer at St Mary Major Basilica in Rome on May 26, 2011.

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    00 02/06/2011 21:49
    [SM=g1740717] Il 29 giugno del 1951 il giovane Joseph Ratzinger diventava Sacerdote...
    da allora sono passati 60 anni che sono certamente impossibili da racchiudere in un video. Noi ci abbiamo provato mettendo alla base il filo conduttore della sua vocazione squisitamente MARIANA....
    Maria e la Liturgia Eucaristica sono indivisibili!

    Benedetto XVI Maria e la Liturgia nel suo 60esimo di Sacerdozio
    www.gloria.tv/?media=162534

    Movimento Domenicano del Rosario
    www.sulrosario.org
    info@sulrosario.org

    [SM=g1740738] AUGURI SANTO PADRE







    [SM=g1740733] La mariologia di Benedetto XVI prosegue nel solco Ecclesiale, papale, dei Santi e Dottori che di Maria hanno scritto tanto e, non per ultimo, il suo impegno da cardinale e Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, nel dispiegare e facilitare l'interpretazione dei Documenti del Pontefice.

    Ne è prova un bellissimo libro "Maria Chiesa nascente" del 1997 nel quale, l'allora cardinale Joseph Ratzinger, spiega nei dettagli lo sviluppo della dottrina mariana ecclesiale nel termine "Mater Ecclesiae" ed anche l'Enciclica del suo Predecessore la "Redemptoris Mater", un vero capolavoro non solo il testo originale, ma anche l'interpretazione cristologica ed ecclesiale di Ratzinger.

    Il 29 giugno del 1951, Joseph Ratzinger veniva ordinato Sacerdote e quest'anno celebra il Sessantesimo di Sacerdozio dal trono Petrino, invocando per Lui la Mater Ecclesiae e la Madonna del Santo Rosario, con affetto filiale vogliamo unirci all'evento dedicando questa breve raccolta e testimonianza.

    www.gloria.tv/?media=163782

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    AVE MUNDI SPES MARIA (sequenza)

    Ave, mundi spes, Maria, ave mitis, ave pia, ave plena gratia.
    Ave virgo singularis, quae per rubumdesignaris non passum incendia.

    Ave rosa speciosa, ave Jesse virgula.
    Cuius fructus nostri luctus relaxavit vincula.

    Ave cuius viscera, contra mortis foedera ediderunt Filium.
    Ave, carens simili, mundo diu flevili, reparasti gaudium.

    Ave virginum lucerna, per quam fulsit lux superna, his quos umbra tenuit.
    Ave virgo de qua nasci, et de cuius lacte pasci rex caelorum voluit.

    Ave gemma, caeli luminarium.
    Ave Sancti Spiritus sacrarium.

    O quam mirabilis et quam laudabilis haec virginitas.
    In qua per Spiritum facta Paraclitum fulsit foecunditas.

    O quam sancta, quam serena, quam benigna, quam amoena, esse Virgo creditur.
    Per quam servitus finitur,porta Caeli aperitur, et libertas redditur.

    O castitatis lilium, Tuum precare Filium, qui salus est humilium.
    Ne nos, pro nostro vitio, in flevili iudicio subliciat supplicio.

    Sed nos, tua sancta prece, mundans a peccati faece, collocet in lucis domo.
    Amen dicat omnis homo.

    (italiano)
    Ave speranza del mondo, Maria, ave mite, pia, ave piena di grazia.
    Ave vergine unica, preannunciata nel rovo che non subiva il fuoco.

    Ave splendida rosa, ave virgulto di Iesse. il tuo frutto ha sciolto i legami del nostra colpa.
    Ave a te, le cui viscere, contro il patto della morte, hanno generato un figlio.

    Ave, donna senza pari: hai ridato la gioia al mondo da tempo in lacrime.
    Ave lampada delle vergini, che fece rifulgere la luce divina a chi giaceva nelle tenebre.

    Ave vergine, dalla quale il re dei cieli volle nascere, e nutrirsi del suo latte.
    Ave gemma, lampadario del cielo. Ave sacrario dello Spirito Santo.

    O quanto stupenda quanto lodabile, è questa verginità!
    In essa rifulse la fecondità prodotta dallo Spirito Santo.

    O quanto santa, quanto serena quanto benigna, quanto dolce crediamo la Vergine.
    Grazie a lei la schiavitù finisce, la porta del cielo si apre e la libertà ci è ridonata.

    O giglio di castità, prega tuo Figlio, che è la salvezza di tutti,
    che per la nostra colpa, nel tremendo giudizio finale non ci infligga la condanna.

    Ma per la tua santa preghiera, liberati dalla macchia di peccato, ci accolga nella casa della luce.
    Ogni uomo dica “amen”.
    Amen.


    [SM=g1740717]


    [SM=g1740717] [SM=g1740720] [SM=g1740750] [SM=g1740752]

    [Modificato da Caterina63 06/06/2011 17:45]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    00 10/06/2011 18:06
    Omaggio per il sessantesimo di sacerdozio

    Per il Pontefice una Baviera in miniatura


    Un omaggio insolito dalla Baviera per Papa Benedetto XVI: arrivano a Roma quarantadue tipici cavalli della sua terra natale bardati a festa per trasportare sei grandi modelli delle chiese tedesche che hanno segnato la storia umana e cristiana di Joseph Ratzinger: il duomo di Monaco, quello di Frisinga, le chiese di Altötting, Birkenstein, Aschau, St. Georg von Traunstein e di Bad Tölz.

    I modelli, alti circa tre metri, sono stati appositamente costruiti dall'Unione equestre dell'Alta Baviera.

    Al corteo, che sfilerà nel pomeriggio di sabato 11 giugno attraverso le strade romane del XVII municipio per raggiungere piazza San Pietro, faranno da corona quasi duecento musicisti appartenenti alle più famose bande musicali tedesche e una cinquantina di rappresentanti delle popolazioni delle terre bavaresi nei loro costumi tipici. Cavalli e cavalieri sono partiti domenica scorsa da Monaco di Baviera, dopo essere stati benedetti dal cardinale arcivescovo Reinhard Marx, davanti al duomo della città, sul Marienplatz, inizio del loro pellegrinaggio sulle orme di san Corbiniano, il grande missionario della Baviera e patrono di Monaco, diocesi retta per cinque anni, dal 1977 al 1982, dall'attuale Pontefice.

    Il pellegrinaggio a Roma culminerà domenica 12 giugno con la presenza di tutti i protagonisti nuovamente riuniti in piazza San Pietro per partecipare al Regina Coeli con il Papa. I gruppi eseguiranno insieme Großer Gott wir loben Dich e, a seguire, ogni banda suonerà un suo breve pezzo.



    (©L'Osservatore Romano 11 giugno 2011)


    ****************************************

    60 ore di adorazioni per il LX di Ordinazione sacerdotale del Papa

    Nel mese di giugno il Papa chiede preghiere per i sacerdoti. La Congregazione del clero suggerisce l'organizzazione di 60 ore di adorazione in ogni diocesi per il Santo Padre (Izzo)
    IL PAPA: TUTTI DEBBONO PREGARE PER I PRETI; LORO PREGANO PER LUI
    di Salvatore Izzo (AGI), 17 Giugno 2011




    Nel mese di giugno, Benedetto XVI chiede in particolare preghiere per i sacerdoti, "perche' siano testimoni autentici dell'amore di Dio". La proposta e' contenuta nella lettera pontificia che ha affidato all'Apostolato della Preghiera "l'intenzione generale per il mese di giugno". Il testo recita: "Perche' i sacerdoti, uniti al Cuore di Cristo, siano sempre veri testimoni dell'amore premuroso e misericordioso di Dio".
    Questa richiesta del Papa ha luogo a un anno dalla chiusura dell'Anno Sacerdotale, periodo in cui la Chiesa si e' unita in modo particolare in preghiera per i suoi sacerdoti nel mezzo di scandali che hanno visto protagonisti pochissimi di loro ma hanno provocato un grave danno nella percezione della loro vocazione da parte dell'opinione pubblica.
    Lo stesso Benedetto XVI, il prossimo 29 giugno, celebrera' il 60esimo anniversario di ordinazione sacerdotale e da giorni si moltiplicano gli avvisi e gli annunci nelle varie diocesi per iniziative di preghiera e di adorazione del Santissimo Sacramento in vista dell'anniversario.
    In particolare la Congregazione del clero guidata dal cardinale Mauro Piacenza, con una lettera a firma del segretario del dicastero, l'arcivescovo Celso Morga Iruzuibieta, datata 13 maggio 2011 e inviata ai vescovi di tutto il mondo attraverso i nunzi apostolici, ha suggerito che si organizzassero sessanta ore di adorazione in ogni diocesi.
    "L'occasione - si legge nella lettera - e' particolarmente propizia per stringerei intorno al Sommo Pontefice, per testimoniargli tutta la nostra gratitudine, il nostro affetto, la nostra comunione per il servizio che sta offrendo a Dio ed alla Sua Chiesa e, soprattutto, per quel "risplendere della Verita' sul mondo", a cui il Suo alto magistero continuamente richiama". "Si pensa poter fare cosa gradita al Santo Padre invitando ogni circoscrizione ecclesiastica, con particolare partecipazione dei sacerdoti, ad offrire, per la circostanza del sessantesimo anniversario, sessanta ore di adorazione eucaristica, continuative o distribuite nel prossimo mese di giugno, per la santificazione del clero e per ottenere da Dio il dono di nuove e sante vocazioni sacerdotali". Il culmine del percorso di preghiera "potrebbe coincidere con la Solennita' del Sacratissimo Cuore di Gesu', Giornata di santificazione sacerdotale, il prossimo venerdi' primo luglio". In questo modo si offrirebbe al Papa "una straordinaria corona di preghiera e di soprannaturale unita', capace di mostrare sia il reale centro della nostra vita, dal quale ogni sforzo missionario e pastorale discende, sia l'autentico volto della Chiesa e dei suoi sacerdoti".




    si veda anche qui su Kath.net





    [Modificato da Caterina63 18/06/2011 18:39]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    00 21/06/2011 23:52

    Il Papa ricorda la sua esperienza nel Seminario di Frisinga ed il fascino dello studio della vita e delle opere di Sant'Agostino

    Grazie alla ricerca della nostra Gemma rileggiamo la risposta del Santo Padre ad una domanda sulla sua vocazione.

    VISITA AL SEMINARIO ROMANO MAGGIORE IN OCCASIONE DELLA FESTA DELLA MADONNA DELLA FIDUCIA (SABATO 17 FEBBRAIO 2007)

    Padre Santo, come era articolata la sua vita nel periodo della formazione al sacerdozio e quali interessi coltivava? Considerando l’esperienza fatta, quali sono i punti cardine della formazione al sacerdozio? In particolare, Maria, quale posto occupa in essa?

    “Io penso che la nostra vita, nel nostro seminario di Frisinga, era articolata in modo molto simile al vostro, anche se non conosco precisamente il vostro orario quotidiano.
    Si cominciava, mi sembra, alle 6.30, alle 7, con una meditazione di una mezz’ora, nella quale ognuno in silenzio parlava col Signore, cercava di predisporre l’animo alla Sacra Liturgia. Poi seguiva la Santa Messa, la colazione e poi, nella mattinata, le lezioni.

    Nel pomeriggio seminari, tempi di studio, e poi ancora la preghiera comune. La sera, i cosiddetti “puncta”, cioè il direttore spirituale o il rettore del seminario, nelle diverse sere, ci parlavano per aiutarci a trovare il cammino della meditazione, non dandoci una meditazione già fatta, ma degli elementi che potevano aiutare ognuno a personalizzare le Parole del Signore che sarebbero state oggetto della nostra meditazione.

    Così il percorso giorno per giorno; poi naturalmente c’erano le grandi feste con una bella liturgia, musica… Ma, mi sembra, e forse ritornerò su questo alla fine, che sia molto importante avere una disciplina che mi precede e non dovere ogni giorno, di nuovo, inventare cosa fare, come vivere; c’è una regola, una disciplina che già mi aspetta e mi aiuta a vivere ordinatamente questo giorno.

    Adesso, quanto alle mie preferenze, naturalmente seguivo con attenzione, in quanto potevo, le lezioni. Inizialmente, nei due primi anni la filosofia, mi ha affascinato, fin dall’inizio soprattutto la figura di Sant’Agostino e poi anche la corrente agostiniana nel Medioevo: San Bonaventura, i grandi francescani, la figura di San Francesco d’Assisi.

    Per me era affascinante soprattutto la grande umanità di Sant’Agostino, che non ebbe la possibilità semplicemente di identificarsi con la Chiesa perché catecumeno fin dall’inizio, ma che dovette invece lottare spiritualmente per trovare man mano l’accesso alla Parola di Dio, alla vita con Dio, fino al grande sì detto alla sua Chiesa.

    Questo cammino così umano, dove anche oggi possiamo vedere come si comincia ad entrare in contatto con Dio, come tutte le resistenze della nostra natura debbano essere prese sul serio e poi debbano anche essere canalizzate per arrivare al grande sì al Signore.

    Così mi ha conquistato la sua teologia molto personale, sviluppata soprattutto nella predicazione. Questo è importante, perché inizialmente Agostino voleva vivere una vita puramente contemplativa, scrivere altri libri di filosofia…, ma il Signore non l’ha voluto, l’ha fatto sacerdote e vescovo e così tutto il resto della sua vita, della sua opera, si è sviluppato sostanzialmente nel dialogo con un popolo molto semplice. Egli dovette sempre, da una parte, trovare personalmente il significato della Scrittura e, dall’altra, tenere conto della capacità di questa gente, del loro contesto vitale, e arrivare a un cristianesimo realistico e nello stesso tempo molto profondo.

    Poi, naturalmente per me era molto importante l’esegesi: abbiamo avuto due esegeti un po’ liberali, ma tuttavia grandi esegeti, anche realmente credenti,che ci hanno affascinati. Posso dire che, realmente, la Sacra Scrittura era l’anima del nostro studio teologico: abbiamo realmente vissuto con la Sacra Scrittura e imparato ad amarla, a parlare con essa. Poi ho già detto della Patrologia, dell’incontro con i Padri.

    Anche il nostro insegnante di dogmatica era persona allora molto famosa, aveva nutrito la sua dogmatica con i Padri e con la Liturgia. Un punto molto centrale era per noi la formazione liturgica: in quel tempo non c’erano ancora cattedre di Liturgia, ma il nostro professore di Pastorale ci ha donato grandi corsi di liturgia e lui, al momento, era anche Rettore del seminario e così, liturgia vissuta e celebrata e liturgia insegnata e pensata andavano insieme. Questi, insieme con la Sacra Scrittura, erano i punti scottanti della nostra formazione teologica. Di questo sono sempre grato al Signore, perché insieme sono realmente il centro di una vita sacerdotale.

    Altro interesse era la letteratura: era obbligatorio leggere Dostoevskij, era la moda del momento, poi c’erano i grandi francesi: Claudel, Mauriac, Bernanos, ma anche la letteratura tedesca; c’era anche una edizione tedesca del Manzoni: non parlavo in quel tempo italiano. Così abbiamo un po’, in questo senso, anche formato il nostro orizzonte umano. Un grande amore era anche la musica, come pure la bellezza della natura della nostra terra. Con queste preferenze, queste realtà, in un cammino non sempre facile, sono andato avanti. Il Signore mi ha aiutato ad arrivare fino al sì del sacerdozio, un sì che mi ha accompagnato ogni giorno della mia vita”.

    **********************************************************************


                          



    (Joseph Ratzinger da "La festa della fede", pp.101, ss )

    Che cosa significa per me "Corpus Domini"?

    Anzitutto ricordo di giorni di festa, nei quali era presa del tutto alla lettera l'espressione che san Tommaso d'Aquino ha coniato in uno dei suoi Inni Eucaristici dedicati a tale festività: " Quantum potes, tantum aude", devi osare tutto ciò che sai, tributandoGli la lode che Gli è dovuta...
    Questi versi richiamano d'altra parte alla memoria una frase che già nel II secolo san Giustino martire aveva formulato.
    Nella sua presentazione della liturgia cristiana, egli scrive che chi la presiede, cioè il sacerdote, deve elevare al cielo nella celebrazione eucaristica preghiere e rendimenti di grazie "con tutta la forza di cui dispone".
    Nella Festa del Corpus Domini tutta la comunità si sente chiamata a questo compito: tu devi osare tutto ciò che puoi!
    Se penso alla mia giovinezza, sento ancora il profumo che emanava dalle aiuole e dalle fresche betulle; e con esso rivedo gli ornamenti posti su ogni casa, le bandiere, e di nuovo avverto riecheggiare i canti della tradizione.
    Sento ancora il suono degli strumenti a fiato degli abitanti dei villaggi - che in questo giorno si prodigavano per rendere il tutto una vera festa cristiana, osando anche più di quanto potessero - e lo scoppio dei mortaretti, all'inizio ed alla fine della Processione, con cui i ragazzi  esprimevano la loro barocca gioia di vivere.
    Proprio loro, per le vie e nel villaggio, salutavano festanti Gesù come ricevesso la visita di un capo di Stato, anzi, erano tutti consapevoli che si tratta di più, il capo supremo, il Signore del mondo, l'amato Cristo Re!
    In questo giorno, l'ininterrotta presenza di Cristo, suntuosamente Esposto e circondato di affetto e mille attenzioni, veniva celebrata quasi come una visita di Stato, per la quale nulla è lasciato al caso e nulla viene trascurato, neppure nei più piccoli villaggi.
    Il Concilio di Trento ha detto che il Corpus Domini ha lo scopo di suscitare la gratitudine e di tenere desta in tutti la memoria, viva e Presente nel mistero, di nostro Signore. In poche righe, nel suo dettato ci imbattiamo subito in tre motivi validi:
    1) il Corpus Domini deve reagire alla smemoratezza dell'uomo;
    2) deve far suscitare in lui sentimenti di riconoscenza ed è funzionale alla comunione, alla forza che ci lega in unità;
    3) e proviene dallo sguardo rivolto all'unico Signore...
    Così il Corpus Domini è in definitiva l'autentica confessione di chi è Dio e di che cosa è l'amore e di cosa è capace; è attestazione che Dio è davvero amore.
    Tutto ciò che si dice e si fa nella festa del Corpus Domini è in realtà una originale variazione di questo tema: ciò che l'Amore è e fa!

    San Tommaso d'Aquino, in uno degli Inni composti per questa festività, è uscito con questa significativa espressione: "nec semptus consumitur", l'amore non si consuma, ma si dona e nel donarsi riceve.
    Donandosi esso non si perde, ma si rinnova.
    Dal momento che il Corpus Domini è attestazione di amore, al centro di questo giorno si trova a buon diritto il mistero della Transustanziazione. Amare è cambiamento di sè! Il Corpus Domini ci dice: sì, l'amore esiste; e poichè esso esiste, esiste anche il cambiamento, e perciò possiamo avere speranza.
    E la speranza ci dà la forza di vivere e di superare il mondo.

    *************************

    (Joseph Ratzinger "Guardare a Cristo", pag.76)

    Un Gesù che sia d'accordo con tutto e con tutti, un Gesù senza la sua santa ira, senza la durezza della verità e del suo vero amore, non è il vero Gesù come lo mostra la Sacra Scrittura, ma una sua miserabile caricatura.
    Una concezione del "vangelo" dove non esista più la serietà dell'ira di Dio, non ha niente a che fare con il Vangelo biblico.
    Un vero perdono è invece qualcosa di più autentico e diverso da un debole "lasciar correre, tanto Dio è buono"!
    Il perdono è esigente e chiede ad entrambi - chi lo riceve e chi lo dona - una presa di posizione che concerne l'intero loro essere.
    Un Gesù che approva tutto è un Gesù privato della Croce, perchè allora non c'è più bisogno del dolore, della croce, per guarire l'uomo.
    Ed effettivamente la Croce viene sempre più estromessa dalla teologia e falsamente interpretata come una brutta avventura o come un affare puramente politico, fermo al suo tempo.
    La Croce come espiazione, la Croce come forma di perdono e della salvezza non si adatta a un certo schema di pensiero moderno, solo quando si vede bene il nesso tra verità e amore, allora la Croce diventa comprensibile nella sua autentica profondità teologica poichè, il perdono, ha a che fare con la verità e perciò esige la Croce del Figlio di Dio, ed esige per questo la nostra conversione.
    Perdono e perdonare è appunto la restaurazione della verità, rinnovamento dell'essere e superamento della menzogna nascosta in ogni forma di peccato.
    Il peccato è sempre, per sua essenza, un abbandono della verità del proprio essere e quindi della verità voluta dal Creatore, da Dio
    .





    [Modificato da Caterina63 27/06/2011 01:18]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    00 26/06/2011 13:34
    [SM=g1740717] AUGURI SPECIALI PER IL NOSTRO AMATO PONTEFICE Benedetto XVI CHE E' SPECIALE ^__^

    www.gloria.tv/?media=169825

    la canzone di sottofondo non è musica sacra e non me ne vogliano i cultori di tal musica ^__^
    si tratta di October degli Evanescence, musica giovanile COME giovane lo è il nostro amato Pontefice nella sua freschezza VOCAZIONALE E SACERDOTALE....Benedetto XVI è di grande esempio per molti giovani che attirati dalla musica mondana, sanno tuttavia LASCIARE QUEL TUTTO per dedicarsi alla vocazione Ministeriale....

    In questa canzone ci sono parole assai adatte all'occasione....
    per esempio:

    tu sei tutto ciò che sono
    portami a casa
    sto attraversando una lotta incompleta,
    senza vita, ho rinunciato.
    Tu sei la mia unica forza
    senza te
    non posso più andare avanti
    mai ancora
    (..)
    Non posso più correre
    do me stessa a te
    scusa, scusami,
    in tutta la mia amarezza ignoravo
    tutto ciò che è reale e vero,
    tutto ciò di cui ho bisogno sei tu
    quando la notte cade su di me
    non chiuderò gli occhi
    (...)
    costantemente ignoravo
    il dolore che mi consumava
    ma questo dolore è troppo profondo da scavare
    non mi smarrirò di nuovo!

    Un augurio a TUTTI I GIOVANI di saper trovare la propria strada e di comprendere la propria vocazione e un grazie di cuore al nostro amato Benedetto XVI per la Sua bellissima testimonianza di fede in questi 60 anni di Sacerdozio....

    Grazie Santo Padre!!



    [SM=g1740738]

    [SM=g1740757]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 28/06/2011 20:11
    Sessant'anni fa, il 29 giugno 1951, Joseph Ratzinger veniva ordinato sacerdote

    Il momento più importante
    della mia vita


    Era una splendida giornata d'estate, e quando l'arcivescovo impose le mani su di me, un uccellino intonò un canto gioioso

    Nell'essenziale e limpido racconto autobiografico pubblicato nel 1997 - e che nell'originale tedesco è intitolato Aus meinem Leben. Erinnerungen 1927-1977 ("Dalla mia vita. Ricordi, 1927-1977") - Joseph Ratzinger rievoca con vivida semplicità la sua ordinazione sacerdotale. A imporre le mani il 29 giugno 1951 a Frisinga sul diacono ventiquattrenne, su suo fratello maggiore Georg e su altri 42 giovani fu un grande protagonista del cattolicesimo tedesco: il cardinale Michael von Faulhaber (1869-1952), biblista e patrologo insigne, arcivescovo di Monaco e Frisinga dal 1917, che negli anni bui del Terzo Reich era divenuto uno dei più coraggiosi critici del regime hitleriano.

    "Almeno per gli ultimi due mesi - scrive Ratzinger - potei dedicarmi interamente a prepararmi al grande passo: l'ordinazione sacerdotale, che ricevemmo nel duomo di Frisinga per mano del cardinal Faulhaber, nella festa dei santi Pietro e Paolo dell'anno 1951. Eravamo più di quaranta candidati; quando venimmo chiamati, rispondemmo Adsum, "sono qui". Era una splendida giornata d'estate, che resta indimenticabile, come il momento più importante della mia vita. Non si deve essere superstiziosi, ma nel momento in cui l'anziano arcivescovo impose le sue mani su di me, un uccellino - forse un'allodola - si levò dall'altare maggiore della cattedrale e intonò un piccolo canto gioioso; per me fu come se una voce dall'alto mi dicesse: va bene così, sei sulla strada giusta. Seguirono poi quattro settimane d'estate, che furono come un'unica, grande festa. Il giorno della prima Messa [l'8 luglio, a Traunstein] la nostra chiesa parrocchiale di Sant'Osvaldo era illuminata in tutto il suo splendore, e la gioia che la riempiva quasi palpabilmente coinvolse tutti nell'azione sacra, nella forma vivissima di una "partecipazione attiva", che non aveva bisogno di una particolare operosità esteriore. Eravamo invitati a portare in tutte le case la benedizione della prima Messa e fummo accolti dovunque, anche da persone completamente sconosciute, con una cordialità, che fino a quel momento non mi sarei nemmeno immaginato. Sperimentai così molto direttamente quali grandi attese gli uomini abbiano nei confronti del sacerdote, quanto aspettino la sua benedizione, che deriva dalla forza del sacramento. Non si trattava della mia persona o di quella di mio fratello: che cosa avrebbero potuto significare per se stessi due giovani come noi per tanta gente che incontravamo? Essi vedevano in noi delle persone cui Cristo aveva affidato un compito, per portare la sua presenza fra gli uomini. Proprio perché al centro non c'eravamo noi, nascevano rapidamente delle relazioni amichevoli".

    Da sessant'anni sacerdote, Joseph Ratzinger svolge ogni giorno con umiltà e trasparenza il compito di rendere presente l'unico Signore del mondo e della storia tra le donne e gli uomini del nostro tempo, seminando nelle loro anime. Per questo - sicuro di interpretare non soltanto chi si riconosce nella Chiesa cattolica ma tantissime altre persone in tutto il mondo - "L'Osservatore Romano" offre a Benedetto XVI i suoi auguri. E ripete per lui le parole dell'antica preghiera per il Papa, invocando da Cristo protezione e l'unica felicità che conta: Dominus conservet eum et vivificet eum et beatum faciat eum in terra et non tradat eum in animam inimicorum eius.



    (©L'Osservatore Romano 29 giugno 2011)





    Per i sessant'anni di sacerdozio

    La Chiesa festeggia
    Benedetto XVI

     

    In tutto il mondo si susseguono in queste ore celebrazioni per ricordare il sessantesimo anniversario dell'ordinazione sacerdotale di Benedetto XVI. È stato dunque pienamente accolto l'invito che la Congregazione per il Clero, attraverso i nunzi apostolici, aveva rivolto 13 maggio scorso, ai vescovi di tutto il mondo affinché fossero organizzate sessanta ore di adorazione eucaristica nelle diverse diocesi.

    Stanno anche giungendo numerosi messaggi di auguri da singoli presuli e da diversi organismi episcopali. Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), ha inviato al Papa il seguente telegramma: "Nella lietissima ricorrenza del sessantesimo anniversario della Sua ordinazione sacerdotale, anche a nome dell'intero episcopato italiano, formulo fervidi voti augurali, grato al Signore che L'ha chiamata al servizio pastorale per il bene della sua Chiesa". Continua il telegramma: "Volgendo lo sguardo con animo riconoscente ai lunghi anni di ministero, caratterizzato dalla profondità della ricerca teologica e dallo zelo apostolico, invochiamo per Lei l'abbondanza dei favori celesti, perché il Padre della misericordia La sostenga e La consoli nella cura della Chiesa universale e Le doni rinnovate energie per realizzare ogni proposito di bene per la salvezza del mondo". Anche in questa occasione - scrive ancora il presidente della Cei - "intendiamo rinnovare l'incondizionata fedeltà alla Sua persona e al Suo alto magistero. Sappia, Padre Beatissimo, di poter sempre contare sulla preghiera, la devozione e il sostegno delle Chiese che sono in Italia con i loro Pastori".

    Una lettera è stata inviata anche dai presuli canadesi, i quali definiscono Benedetto XVI "un sacerdote, un profeta, un pastore".

    Nella missiva, a firma del vescovo Pierre Morissette, presidente della Conferenza episcopale, è scritto: "In questa felice occasione avremo per Sua Santità un pensiero speciale nelle celebrazioni eucaristiche e nelle nostre preghiere personali. Le nostre offerte spirituali vogliono richiamare e celebrare il ministero sacerdotale del quale Sua Santità partecipa, come segno e strumento del servizio sacrificale di Nostro Signore". Quindi, i vescovi ringraziano Dio "per aver creato per i fedeli un tale leader e una tale guida pastorale, che incoraggia e conferma l'insieme della comunità cristiana ed anche i credenti e i non credenti di tutte le religioni" e sottolineano i "doni straordinari" trasmessi "dal pensiero e dagli scritti teologici di Sua Santità, Padre del concilio Vaticano II, già prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede ed oggi Sommo Pontefice". "I Vostri testi - aggiungono - sia che parliate come Successore di Pietro, sia che scriviate libri a titolo personale, sono una fonte inesauribile di ispirazione e di riflessione intellettuale". Celebrando, quindi, "la triplice funzione di sacerdote, profeta e pastore", al quale Benedetto XVI è stato chiamato, i vescovi canadesi esaltano anche "quella bellezza, verità e saggezza che Dio Padre ricorda di condividere nel suo Verbo fatto carne e nello Spirito Santo".

    Giornate speciali di preghiera sono state organizzate anche dai vescovi degli Stati Uniti. In un messaggio essi esprimono "gratitudine per l'esempio e per il servizio di Papa Benedetto XVI". Le iniziative di preghiera proseguiranno sino al 1 luglio, Giornata mondiale di preghiera per i Sacerdoti. L'arcidiocesi di Denver ha deciso di osservare le sessanta ore di adorazione eucaristica, presso il seminario teologico "San Giovanni Maria Vianney".
    La Conferenza episcopale messicana ha espresso i suoi auguri al Papa attraverso un messaggio firmato dall'arcivescovo di Antequera, Oaxaca, José Luis Chávez Botello, pubblicato sul sito dell'organismo episcopale: "La carità e la profondità" delle riflessioni di Benedetto XVI - è scritto nel messaggio - "unite alla sua testimonianza, ci interpellano e ci danno sicurezza di non perdere i principi e il senso di ciò che è autenticamente umano".

    La Conferenza episcopale polacca ha voluto legare la preghiera per Benedetto XVI all'auspicio di nuove vocazioni. Inoltre, il 29 giugno, nella basilica della Santa Croce a Varsavia, il nunzio apostolico in Polonia, arcivescovo Celestino Migliore, celebra una messa per i sei anni trascorsi del pontificato e per i 60 anni di sacerdozio. Numerose iniziative anche in Germania: l'adorazione eucaristica è stata avviata nell'arcidiocesi di Colonia, il 22 giugno. In Francia, il cardinale André Vingt-Trois, presidente della Conferenza episcopale, ha invitato i fedeli a pregare nella basilica del Sacro Cuore a Montmartre. In Spagna, i vescovi, al temine dei lavori della Commissione permanente, sempre il 22 giugno, hanno espresso l'intenzione di unirsi alle varie iniziative che le diocesi del Paese hanno assunto per celebrare la ricorrenza. Il pellegrinaggio compiuto dal Santo Padre a Santiago de Compostela è stato invece ricordato in questa occasione dall'arcivescovo Julián Barrio Barrio, il quale ha sottolineato come "servitore del Vangelo e della speranza, il Papa accompagna in vicinanza e in comunione le preoccupazioni, le angustie, i timori e le speranze di tutti gli uomini". "Pellegrino nel mondo", Benedetto XVI "è il portavoce di una straordinaria cultura storica e morale", in mezzo alle contraddizioni della nostra epoca.

    L'anniversario fornisce anche - secondo il cardinale arcivescovo di Manila, Gaudencio Rosales - la possibilità di esprimere "la manifestazione sincera della nostra unione spirituale" con il Papa.



    (©L'Osservatore Romano 29 giugno 2011)


    [Modificato da Caterina63 29/06/2011 00:03]
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    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    00 29/06/2011 00:37

    LX di Ordinazione sacerdotale del Papa: la lettera del Card. Piacenza agli Ordinari Diocesani (del Mondo) e le 60 ore di Adorazione Eucaristica






    Cliccate sulle due immagini, per ingrandirle e leggere il testo.

    I Vostri amici di MiL, anche a seguito delle numerose richieste che son giunte alla Redazione riguardanti informazioni e chiarimenti sul contenuto testuale e integrale della lettera del Card. Piacenza (e del suo invito di offrire 60 ore di Adorazione Eucaristica per la santificazione del Clero e per nuove vocazioni), si son adoperati per averne copia, ed essendo riusciti, la pubblicano a beneficio di tutti. Il compito si è rivelato (stranamente) più difficile del previsto.
    Appuntemti in rilievo:
    Mercoledì 29 Giugno: LX anniversario dell'Ordinazione sacerdotale del Papa, "...occasione per stringerci intorno al Sommo Pontefice per testimoniarGli tutta la nostra gratitudine, il nostro affetto e la nostro comunione...";
    Venerdì 1° luglio: culmine del mistico "...percorso di preghiera e di offerta della straordinaria corona di preghiera e di soprannaturale unità..."

    29 GIUGNO 2011: 60° ANNIVERSARIO DELL'ORDINAZIONE PRESBITERALE DI JOSEPH RATZINGER-BENEDETTO XVI: SPECIALE

    Preghiera del Papa per il suo 60° anniversario di sacerdozio

    CITTA' DEL VATICANO, domenica, 26 giugno 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il testo della preghiera che Papa Benedetto XVI ha composto per il 60° anniversario della sua ordinazione sacerdotale - che si celebrerà mercoledì 29 giugno, festa dei Santi Pietro e Paolo - e che è stata diffusa dalla Santa Sede.

    * * *

    Signore,

    noi ti ringraziamo

    perché hai aperto il tuo cuore per noi;

    perché nella tua morte e nella tua resurrezione

    sei diventato fonte di vita.

    Fa’ che siamo persone viventi,

    viventi dalla tua fonte,

    e donaci di poter essere anche noi fonti,

    in grado di donare a questo nostro tempo

    acqua della vita.

    Ti ringraziamo

    per la grazia del ministero sacerdotale.

    Signore, benedici noi

    e benedici tutti gli uomini di questo tempo

    che sono assetati e in ricerca.

    Amen.


    Benedictus PP XVI

    1951 – 29 giugno – 2011

    60° di Ordinazione sacerdotale

    LX Ordinazione Sacerdotale del Santo Padre


    Il 29 giugno 1951, solennità dei Santi Pietro e Paolo, nella cattedrale di Freising, per l'imposizione delle mani dell Cardinal Arcivescovo, S. Em.za Michael von Faulhaber e per la preghiera consacratoria della Chiesa, sono ordinati sacerdoti i giovani fratelli don Joseph e don George Ratzinger.

    Cerchiamo di sintetizzare, dal sito della Santa Sede, i passi che la Provvidenza fece percorrere a don Joseph, e ai loro superiori, fino all'ascesa al Soglio di Pietro.

    Nel 1953 divenne dottore in teologia con la tesi “Popolo e casa di Dio nella dottrina della Chiesa di Sant’Agostino”.

    Nel 1957, sotto la direzione del noto professore di teologia fondamentale Gottlieb Söhngen, ottenne l’abilitazione all’insegnamento con una dissertazione su: “La teologia della storia di San Bonaventura”.

    Dal 1959 al 1969 insegnò teologia dogmatica e fondamentale a Frisinga, a Bonn, a Münster e a Tubinga, Nel 1969 divenne cattedratico di dogmatica e storia del dogma all’Università di Ratisbona, dove ricoprì al tempo stesso l’incarico di vicepresidente dell’Università.

    Dal 1962 al 1965 dette un notevole contributo al Concilio Vaticano II come “esperto”; assistette come consultore teologico del Cardinale Joseph Frings, Arcivescovo di Colonia.

    Nel 1972, insieme ad Hans Urs von Balthasar, Henri de Lubac ed altri grandi teologi, dette inizio alla rivista di teologia “Communio”.

    Il 25 marzo del 1977 il Papa Paolo VI lo nominò Arcivescovo di Monaco e Frisinga;

    Il 28 maggio 1977 ricevette l’Ordinazione episcopale.
    Come motto episcopale scelse “collaboratore della verità”.

    Nel concistoro del 27 giugno 1977 Paolo VI PROVVIDENZIALMENTE lo creò Cardinale, con il titolo presbiterale di “Santa Maria Consolatrice al Tiburtino”. In quella stessa occasione, Montini lo definì un «insigne maestro di teologia».
    Il 25 novembre 1981 Giovanni Paolo II lo nominò Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e Presidente della Pontificia Commissione Biblica e della Commissione Teologica Internazionale.

    Il 5 aprile del 1993 venne elevato dal Pontefice all’Ordine dei Vescovi, e gli fu assegnata la sede suburbicaria di Velletri - Segni.

    E’ stato Presidente della Commissione per la preparazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, che, dopo sei anni di lavoro (1986–1992), ha presentato al Santo Padre il nuovo Catechismo.

    Il 6 novembre 1998, Giovanni Paolo II, approvò la sua elezione a Vice Decano del Collegio cardinalizio da parte dei Cardinali dell’Ordine dei Vescovi.

    Il 30 novembre del 2002, il Papa approvò la sua elezione a quella a Decano del Collegio cardinalizio con la contestuale assegnazione anche della sede suburbicaria di Ostia.

    Il 25 marzo 2005, Venerdì santo, guidò le meditazioni della tradizionale Via Crucis al Colosseo. In tale occasione pronunciò forti parole riguardanti la Chiesa, denunciando una cristianità «stancatasi della fede ha abbandonato il Signore».

    Ed è proprio in veste di Decano del Collegio Cardinalizio che lo ricordiamo durante la Sede Vacante del 2005, sollecito e solerte guida spirituale e morale del Conclave, e nella famosa omelia ai Sigg.ri Cardinali nella S. Messa pro eligendo Pontificem del 18 aprile che ricordiamo ancora per l'accusa al relativismo imperante che scuote la piccola barca del pensiero dei Cristiani.

    Il 19 aprile 2005, il Cardinal Ratzinger fu eletto papa durante il secondo giorno del conclave del 2005, al quarto scrutinio.


    Da allora, tra momenti lieti e alcune difficoltà, è felicemente regnante, dando umano compimento al disegno di Dio che lo ha voluto 265° Vicario di Suo Figlio in Terra, per il bene nostro e di tutta la Sua Santa Chiesa.

    ********************

    Vi ricordiamo che qui troverete foto ed omelia di Benedetto XVI nella Messa dei Santi Pietro e Paolo



    [Modificato da Caterina63 29/06/2011 10:54]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    00 29/06/2011 11:05

    Il Papa: Sessant’anni di ministero sacerdotale – cari amici, forse ho indugiato troppo nei particolari. Ma in quest’ora mi sono sentito spinto a guardare a ciò che ha caratterizzato i decenni. Mi sono sentito spinto a dire a voi – a tutti i sacerdoti e Vescovi come anche ai fedeli della Chiesa – una parola di speranza e di incoraggiamento; una parola, maturata nell’esperienza, sul fatto che il Signore è buono. Soprattutto, però, questa è un’ora di gratitudine: gratitudine al Signore per l’amicizia che mi ha donato e che vuole donare a tutti noi. Gratitudine alle persone che mi hanno formato ed accompagnato

    29 GIUGNO 2011: 60° ANNIVERSARIO DELL'ORDINAZIONE PRESBITERALE DI JOSEPH RATZINGER-BENEDETTO XVI: SPECIALE

    PREGHIERA DEL PAPA PER IL SUO 60° ANNIVERSARIO DI SACERDOZIO

    SOLENNITA' DEI SANTI PIETRO E PAOLO (29 GIUGNO): LO SPECIALE DEL BLOG


    OMELIA DEL SANTO PADRE

    Cari fratelli e sorelle,

    “Non vi chiamo più servi ma amici” (cfr Gv 15,15).

    A sessant’anni dal giorno della mia Ordinazione sacerdotale sento ancora risuonare nel mio intimo queste parole di Gesù, che il nostro grande Arcivescovo, il Cardinale Faulhaber, con la voce ormai un po’ debole e tuttavia ferma, rivolse a noi sacerdoti novelli al termine della cerimonia di Ordinazione. Secondo l’ordinamento liturgico di quel tempo, quest’acclamazione significava allora l’esplicito conferimento ai sacerdoti novelli del mandato di rimettere i peccati.

    “Non più servi ma amici”: io sapevo e avvertivo che, in quel momento, questa non era solo una parola “cerimoniale”, ed era anche più di una citazione della Sacra Scrittura. Ne ero consapevole: in questo momento, Egli stesso, il Signore, la dice a me in modo del tutto personale. Nel Battesimo e nella Cresima, Egli ci aveva già attirati verso di sé, ci aveva accolti nella famiglia di Dio. Tuttavia, ciò che avveniva in quel momento, era ancora qualcosa di più.

    Egli mi chiama amico. Mi accoglie nella cerchia di coloro ai quali si era rivolto nel Cenacolo. Nella cerchia di coloro che Egli conosce in modo del tutto particolare e che così Lo vengono a conoscere in modo particolare. Mi conferisce la facoltà, che quasi mette paura, di fare ciò che solo Egli, il Figlio di Dio, può dire e fare legittimamente: Io ti perdono i tuoi peccati.

    Egli vuole che io – per suo mandato – possa pronunciare con il suo “Io” una parola che non è soltanto parola bensì azione che produce un cambiamento nel più profondo dell’essere. So che dietro tale parola c’è la sua Passione per causa nostra e per noi. So che il perdono ha il suo prezzo: nella sua Passione, Egli è disceso nel fondo buio e sporco del nostro peccato. È disceso nella notte della nostra colpa, e solo così essa può essere trasformata.

    E mediante il mandato di perdonare Egli mi permette di gettare uno sguardo nell’abisso dell’uomo e nella grandezza del suo patire per noi uomini, che mi lascia intuire la grandezza del suo amore. Egli si confida con me: “Non più servi ma amici”. Egli mi affida le parole della Consacrazione nell’Eucaristia. Egli mi ritiene capace di annunciare la sua Parola, di spiegarla in modo retto e di portarla agli uomini di oggi. Egli si affida a me. “Non siete più servi ma amici”: questa è un’affermazione che reca una grande gioia interiore e che, al contempo, nella sua grandezza, può far venire i brividi lungo i decenni, con tutte le esperienze della propria debolezza e della sua inesauribile bontà.

    “Non più servi ma amici”: in questa parola è racchiuso l’intero programma di una vita sacerdotale.

    Che cosa è veramente l’amicizia?

    Idem velle, idem nolle – volere le stesse cose e non volere le stesse cose, dicevano gli antichi. L’amicizia è una comunione del pensare e del volere. Il Signore ci dice la stessa cosa con grande insistenza: “Conosco i miei e i miei conoscono me” (cfr Gv 10,14). Il Pastore chiama i suoi per nome (cfr Gv 10,3). Egli mi conosce per nome. Non sono un qualsiasi essere anonimo nell’infinità dell’universo. Mi conosce in modo del tutto personale. Ed io, conosco Lui?

    L’amicizia che Egli mi dona può solo significare che anch’io cerchi di conoscere sempre meglio Lui; che io, nella Scrittura, nei Sacramenti, nell’incontro della preghiera, nella comunione dei Santi, nelle persone che si avvicinano a me e che Egli mi manda, cerchi di conoscere sempre di più Lui stesso.

    L’amicizia non è soltanto conoscenza, è soprattutto comunione del volere. Significa che la mia volontà cresce verso il “sì” dell’adesione alla sua. La sua volontà, infatti, non è per me una volontà esterna ed estranea, alla quale mi piego più o meno volentieri oppure non mi piego.

    No, nell’amicizia la mia volontà crescendo si unisce alla sua, la sua volontà diventa la mia, e proprio così divento veramente me stesso. Oltre alla comunione di pensiero e di volontà, il Signore menziona un terzo, nuovo elemento: Egli dà la sua vita per noi (cfr Gv 15,13; 10,15).

    Signore, aiutami a conoscerti sempre meglio! Aiutami ad essere sempre più una cosa sola con la tua volontà! Aiutami a vivere la mia vita non per me stesso, ma a viverla insieme con Te per gli altri! Aiutami a diventare sempre di più Tuo amico! La parola di Gesù sull’amicizia sta nel contesto del discorso sulla vite.

    Il Signore collega l’immagine della vite con un compito dato ai discepoli: “Vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Gv 15,16). Il primo compito dato ai discepoli – agli amici – è quello di mettersi in cammino, di uscire da se stessi e di andare verso gli altri. Possiamo qui sentire insieme anche la parola del Risorto rivolta ai suoi, con la quale san Matteo conclude il suo Vangelo: “Andate ed insegnate a tutti i popoli…” (cfr Mt 28,19s). Il Signore ci esorta a superare i confini dell’ambiente in cui viviamo, a portare il Vangelo nel mondo degli altri, affinché pervada il tutto e così il mondo si apra per il Regno di Dio. Ciò può ricordarci che Dio stesso è uscito da sé, ha abbandonato la sua gloria, per cercare noi, per portarci la sua luce e il suo amore. Vogliamo seguire il Dio che si mette in cammino, superando la pigrizia di rimanere adagiati su noi stessi, affinché Egli stesso possa entrare nel mondo. Dopo la parola sull’incamminarsi, Gesù continua: portate frutto, un frutto che rimanga! Quale frutto Egli attende da noi? Qual è il frutto che rimane? Ebbene, il frutto della vite è l’uva, dalla quale si prepara poi il vino. Fermiamoci per il momento su questa immagine. Perché possa maturare uva buona, occorre il sole ma anche la pioggia, il giorno e la notte. Perché maturi un vino pregiato, c’è bisogno della pigiatura, ci vuole la pazienza della fermentazione, la cura attenta che serve ai processi di maturazione. Del vino pregiato è caratteristica non soltanto la dolcezza, ma anche la ricchezza delle sfumature, l’aroma variegato che si è sviluppato nei processi della maturazione e della fermentazione.

    Non è forse questa già un’immagine della vita umana, e in modo del tutto particolare della nostra vita da sacerdoti?

    Abbiamo bisogno del sole e della pioggia, della serenità e della difficoltà, delle fasi di purificazione e di prova come anche dei tempi di cammino gioioso con il Vangelo. Volgendo indietro lo sguardo possiamo ringraziare Dio per entrambe le cose: per le difficoltà e per le gioie, per le ore buie e per quelle felici.

    In entrambe riconosciamo la continua presenza del suo amore, che sempre di nuovo ci porta e ci sopporta. Ora, tuttavia, dobbiamo domandarci: di che genere è il frutto che il Signore attende da noi? Il vino è immagine dell’amore: questo è il vero frutto che rimane, quello che Dio vuole da noi. Non dimentichiamo, però, che nell’Antico Testamento il vino che si attende dall’uva pregiata è soprattutto immagine della giustizia, che si sviluppa in una vita vissuta secondo la legge di Dio! E non diciamo che questa è una visione veterotestamentaria e ormai superata: no, ciò rimane vero sempre.

    L’autentico contenuto della Legge, la sua summa, è l’amore per Dio e per il prossimo. Questo duplice amore, tuttavia, non è semplicemente qualcosa di dolce. Esso porta in sé il carico della pazienza, dell’umiltà, della maturazione nella formazione ed assimilazione della nostra volontà alla volontà di Dio, alla volontà di Gesù Cristo, l’Amico. Solo così, nel diventare l’intero nostro essere vero e retto, anche l’amore è vero, solo così esso è un frutto maturo. La sua esigenza intrinseca, la fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa, richiede sempre di essere realizzata anche nella sofferenza. Proprio così cresce la vera gioia.

    Nel fondo, l’essenza dell’amore, del vero frutto, corrisponde con la parola sul mettersi in cammino, sull’andare: amore significa abbandonarsi, donarsi; reca in sé il segno della croce. In tale contesto Gregorio Magno ha detto una volta: Se tendete verso Dio, badate di non raggiungerlo da soli (cfr H Ev 1,6,6: PL 76, 1097s) – una parola che a noi, come sacerdoti, deve essere intimamente presente ogni giorno.
    Cari amici, forse mi sono trattenuto troppo a lungo con la memoria interiore sui sessant’anni del mio ministero sacerdotale. Adesso è tempo di pensare a ciò che è proprio di questo momento. Nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo rivolgo anzitutto il mio più cordiale saluto al Patriarca Ecumenico Bartolomeo I e alla Delegazione che ha inviato, e che ringrazio vivamente per la gradita visita nella lieta circostanza dei Santi Apostoli Patroni di Roma. Saluto anche i Signori Cardinali, i Fratelli nell’Episcopato, i Signori Ambasciatori e le Autorità civili, come pure i sacerdoti, i compagnia della mia prima Messa, i religiosi e i fedeli laici. Tutti ringrazio per la presenza e la preghiera. Agli Arcivescovi Metropoliti nominati dopo l’ultima Festa dei grandi Apostoli viene ora imposto il pallio. Che cosa significa? Questo può ricordarci innanzitutto il giogo dolce di Cristo che ci viene posto sulle spalle (cfr Mt 11,29s). Il giogo di Cristo è identico alla sua amicizia. È un giogo di amicizia e perciò un “giogo dolce”, ma proprio per questo anche un giogo che esige e che plasma. È il giogo della sua volontà, che è una volontà di verità e di amore. Così è per noi soprattutto anche il giogo di introdurre altri nell’amicizia con Cristo e di essere a disposizione degli altri, di prenderci come Pastori cura di loro. Con ciò siamo giunti ad un ulteriore significato del pallio: esso viene intessuto con la lana di agnelli, che vengono benedetti nella festa di sant’Agnese. Ci ricorda così il Pastore diventato Egli stesso Agnello, per amore nostro. Ci ricorda Cristo che si è incamminato per le montagne e i deserti, in cui il suo agnello, l’umanità, si era smarrito. Ci ricorda Lui, che ha preso l’agnello, l’umanità – me – sulle sue spalle, per riportarmi a casa. Ci ricorda in questo modo che, come Pastori al suo servizio, dobbiamo anche noi portare gli altri, prendendoli, per così dire, sulle nostre spalle e portarli a Cristo. Ci ricorda che possiamo essere Pastori del suo gregge che rimane sempre suo e non diventa nostro. Infine, il pallio significa molto concretamente anche la comunione dei Pastori della Chiesa con Pietro e con i suoi successori – significa che noi dobbiamo essere Pastori per l’unità e nell’unità e che solo nell’unità di cui Pietro è simbolo guidiamo veramente verso Cristo.

    Sessant’anni di ministero sacerdotale – cari amici, forse ho indugiato troppo nei particolari. Ma in quest’ora mi sono sentito spinto a guardare a ciò che ha caratterizzato i decenni. Mi sono sentito spinto a dire a voi – a tutti i sacerdoti e Vescovi come anche ai fedeli della Chiesa – una parola di speranza e di incoraggiamento; una parola, maturata nell’esperienza, sul fatto che il Signore è buono. Soprattutto, però, questa è un’ora di gratitudine: gratitudine al Signore per l’amicizia che mi ha donato e che vuole donare a tutti noi. Gratitudine alle persone che mi hanno formato ed accompagnato.

    E in tutto ciò si cela la preghiera che un giorno il Signore nella sua bontà ci accolga e ci faccia contemplare la sua gioia. Amen


    **************************************

    Piccola curiosità.....

    NAPOLI - è stata un'antica azienda napoletana a fornire i paramenti ricamati per il Santo Padre ed i cardinali in occasione della celebrazione per i 60 anni di sacerdozio di papa Benedetto XVI.

    Nell'opificio della Serpone e Company, fondato nel 1820, si e' lavorato per ricamare e confezionare i 220 paramenti per i concelebranti. Ideatore della casule scelte dal Vaticano, Paolo Serpone, uno dei figli del titolare dell'azienda. ''Sono stati realizzati utilizzando una stoffa rossa con delicati disegni liturgici dorati ed uno stolone dove sono ricamate delle croci e lo stemma del Santo Padre - spiega - La casula del Santo Padre sara' realizzata con la stessa stoffa ma con preziosi ed artistici ricami a mano in oro fino. La novita' e' nel taglio dello stolone a forma trapeziodale''.

    Gli abiti sono stati donati da un fedele che preferisce mantenere l'anonimato.


    seguono le foto....

     

     


    US Archbishop of Sant Antonio Gustavo Garcia-Siller (L) receives the Pallium from Pope Benedict XVI  during the solemn mass at St Peter's basilica to celebrate the feast of Saint Peter and Saint Paul on June 29, 2011 at The Vatican.

    Pope Benedict XVI gives Pallium to Archbishop Paul Stagg Coakley of the U.S. during a solemn mass to celebrate the feast of Saints Peter and Paul in Saint Peter's Basilica at the Vatican June 29, 2011.
    Pope Benedict XVI gives Pallium to Archbishop Gerard Cyprien Lacroix of Canada during a solemn mass to celebrate the feast of Saints Peter and Paul in Saint Peter's Basilica at the Vatican June 29, 2011.
    Pope Benedict XVI gives Pallium to Archbishop Gerard Cyprien Lacroix of Canada during a solemn mass to celebrate the feast of Saints Peter and Paul in Saint Peter's Basilica at the Vatican June 29, 2011.
    Pope Benedict XVI holds the cross during a solemn mass to celebrate the feast of Saints Peter and Paul in Saint Peter's Basilica at the Vatican June 29, 2011.
    Pope Benedict XVI waves as he arrives to celebrate a solemn mass to celebrate the feast of Saints Peter and Paul in Saint Peter's Basilica at the Vatican June 29, 2011.





    [Modificato da Caterina63 29/06/2011 14:38]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 29/06/2011 14:54

    Il Papa all'Angelus: Sono grato al Signore per la sua chiamata e per il ministero affidatomi, e ringrazio coloro che, in questa circostanza, mi hanno manifestato la loro vicinanza e sostengono la mia missione con la preghiera, che da ogni comunità ecclesiale sale incessantemente a Dio (cfr At 12,5), traducendosi in adorazione a Cristo Eucaristia per accrescere la forza e la libertà di annunciare il Vangelo



    LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 29.06.2011

    Al termine della Santa Messa celebrata nella Basilica Vaticana nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e nella ricorrenza del 60° anniversario della Sua Ordinazione presbiterale, con la partecipazione di una Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli e con l’imposizione dei Palli a 41 Arcivescovi Metropoliti, il Papa si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico e guida la recita dell’Angelus con i fedeli e i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
    Queste le parole del Santo Padre Benedetto XVI nell’introdurre la preghiera mariana:


    PRIMA DELL’ANGELUS

    Cari fratelli e sorelle!

    Scusate il lungo ritardo. La Messa in onore dei Santi Pietro e Paolo è stata lunga e bella. E abbiamo pensato anche a quel bell’inno della Chiesa di Roma che comincia: "O Roma felix!". Oggi nella solennità dei Santi Pietro e Paolo, Patroni di questa Città, cantiamo così: "Felice Roma, perché fosti imporporata dal prezioso sangue di così grandi Principi. Non per tua lode, ma per i loro meriti ogni bellezza superi!".

    Come cantano gli inni della tradizione orientale, i due grandi Apostoli sono le "ali" della conoscenza di Dio, che hanno percorso la terra sino ai suoi confini e si sono innalzate al cielo; essi sono anche le "mani" del Vangelo della grazia, i "piedi" della verità dell’annuncio, i "fiumi" della sapienza, le "braccia" della croce (cfr MHN, t. 5, 1899, p. 385).

    La testimonianza di amore e di fedeltà dei Santi Pietro e Paolo illumina i Pastori della Chiesa, per condurre gli uomini alla verità, formandoli alla fede in Cristo. San Pietro, in particolare, rappresenta l’unità del collegio apostolico. Per tale motivo, durante la liturgia celebrata questa mattina nella Basilica Vaticana, ho imposto a 41 Arcivescovi Metropoliti il pallio, che manifesta la comunione con il Vescovo di Roma nella missione di guidare il popolo di Dio alla salvezza. Scrive sant’Ireneo, Vescovo di Lione, che alla Chiesa di Roma "propter potentiorem principalitatem [per la sua peculiare principalità] deve convergere ogni altra Chiesa, cioè i fedeli che sono dovunque, perché in essa è stata sempre custodita la tradizione che viene dagli Apostoli" (Adversus haereses, III,3,2); così nel II secolo.

    È la fede professata da Pietro a costituire il fondamento della Chiesa: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" – si legge nel Vangelo di Matteo (16,16). Il primato di Pietro è predilezione divina, come lo è anche la vocazione sacerdotale: "Né la carne né il sangue te lo hanno rivelato – dice Gesù – ma il Padre mio che è nei cieli" (Mt 16,17). Così accade a chi decide di rispondere alla chiamata di Dio con la totalità della propria vita.

    Lo ricordo volentieri in questo giorno, nel quale si compie per me il sessantesimo anniversario di Ordinazione sacerdotale. Grazie per la vostra presenza, per le vostre preghiere! Sono grato a voi, sono grato soprattutto al Signore per la sua chiamata e per il ministero affidatomi, e ringrazio coloro che, in questa circostanza, mi hanno manifestato la loro vicinanza e sostengono la mia missione con la preghiera, che da ogni comunità ecclesiale sale incessantemente a Dio (cfr At 12,5), traducendosi in adorazione a Cristo Eucaristia per accrescere la forza e la libertà di annunciare il Vangelo.

    In questo clima, sono lieto di salutare cordialmente la Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, presente oggi a Roma, secondo la significativa consuetudine, per venerare i Santi Pietro e Paolo e condividere con me l’auspicio dell’unità dei cristiani voluta dal Signore. Invochiamo con fiducia la Vergine Maria, Regina degli Apostoli, affinché ogni battezzato diventi sempre più una "pietra viva" che costruisce il Regno di Dio.

    DOPO L’ANGELUS


    Cari fratelli e sorelle, nella festa dei Santi Patroni di Roma desidero rivolgere un saluto speciale ai fedeli della mia Diocesi, come pure ai Parroci e a tutti i Sacerdoti impegnati nel lavoro pastorale. All’intera cittadinanza estendo il mio augurio di pace e di bene!

    ....

    Rivolgo infine un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare a quelli venuti per festeggiare gli Arcivescovi Metropoliti nominati nell’ultimo anno, che stamani hanno ricevuto il Pallio, segno di comunione con la Sede di Pietro. A tutti auguro un pellegrinaggio ricco di frutti. Buona festa a tutti voi. Grazie!

    ******************************************

    Ci uniamo a Messainlatino con le seguenti parole:

    Buon anniversario Santo Padre




    Oggi, Festa dei Santi Pietro e Paolo, ricorre il sessantesimo anniversario dell'ordinazione sacerdotale di Joseph Ratzinger. Quel ragazzo dai lineamenti affilati e lo sguardo sveglio che vediamo nelle fotografie in bianco e nero della sua ordinazione, è diventato successore di Pietro e Vicario di Cristo, conservando però in tanti anni una dirittura morale ed una commovente timidezza che invece spesso gli anni si incaricano di modificare.

    Di tutti i Papi che il vostro cronista ha conosciuto (ossia tutti quelli posteriori al famoso Concilio), Benedetto è senza esitazione il preferito; anche se, certo, il sorriso e la simpatia di Giovanni Paolo I sono rimasti indelebili e cari ricordi nella mente di un (allora) bambino.

    Joseph Ratzinger è in primo luogo un teologo che, cosa pressoché unica negli ultimi decenni, ha il pregio di esprimere concetti complicati sapendosi far comprendere. In realtà, la cosa di per sé non sarebbe eccezionale: rem tene, verba sequentur; se si hanno le idee chiare, è naturale saperle esprimere con chiarezza. Ma il problema, appunto, è che le idee chiare non le ha quasi più nessuno, conseguenza più che naturale del modernismo imperante e vittorioso, giacché una delle caratteristiche salienti dei modernisti, come aveva ben visto San Pio X con l'enciclica Pascendi, è precisamente che
    "negli scritti e nei discorsi sembrano essi non rare volte sostenere ora una dottrina ora un'altra, talché si è facilmente indotti a giudicarli vaghi ed incerti. Ma tutto ciò è fatto avvisatamente; per l'opinione cioè che sostengono della mutua separazione della fede e della scienza. Quindi avviene che nei loro libri si incontrano cose che ben direbbe un cattolico; ma, al voltar della pagina, si trovano altre che si stimerebbero dettate da un razionalista".
    Joseph Ratzinger, invece, ha mantenuto lucidità di visione, libertà di espressione e precisione di linguaggio. Parecchi, dopo il Concilio, sono stati critici delle derive della Chiesa; pochi però, di quelli che nella Chiesa hanno avuto ruoli di alta responsabilità, hanno trovato il coraggio di scrivere pagine taglienti e icastiche come quelle che troverete a questo link, o di porsi pubblicamente contro il pontefice allora regnante in occasione dello scandalo di Assisi (cosa che, per inciso, ci induce ad un moderato ottimismo quanto alle modalità con cui sarà tenuto Assisi3: perché, a meno che il vero Ratzinger non sia tenuto prigioniero nelle caves du Vatican, non potrà rinnegare a tal punto se stesso).

    Ma soprattutto, Benedetto XVI si è rivelato - lui così palesemente titubante negli atti di governo e in evidente disagio nello scegliere validi collaboratori, e ancor più nel disfarsi di quelli cattivi - un Papa di transizione nel senso più felice del termine: ossia un Papa che chiude un'epoca e ne apre una nuova. Anche il beato Giovanni XXIII, in fondo, lo fu: iniziò a traghettare la Chiesa dalla rotta sicura che aveva sempre seguito verso un mare aperto procelloso e funesto. Ora, invece, il compito di Benedetto è quello inverso, ossia riportare la barca di Pietro nel porto della retta dottrina, della santa liturgia e, prima ancora e semplicemente, del buon senso.

    Alcuni diranno che Benedetto XVI, pur con tutte le migliori intenzioni, non ha ancora fatto abbastanza per invertire la rotta, nonostante i gesti coraggiosi che tutti gli riconosciamo. Altri osserveranno che non è del tutto intenzione di Joseph Ratzinger chiudere la parentesi conciliare, dato che del Concilio fu protagonista (e dalla parte... sbagliata) e che quel Concilio egli intende senza dubbio salvare, seppure addomesticato e ricondotto all'alveo della Tradizione.

    Queste affermazioni hanno forse una parte di verità, anche se non considerano due elementi essenziali. Il primo è che l'opposizione interna che deve affrontare Benedetto XVI, nella sua propria Curia e ancor più negli episcopati mondiali, è qualcosa di terrificante; solo la punta dell'iceberg traspare all'esterno. L'omelia di mons. Fellay che descrive lo stato della Curia romana ce ne ha dato un'idea.

    Il secondo elemento è che non è seriamente pensabile, da alcuna persona sana di mente, che si possa mai giungere ad un ripudio papale di un concilio ecumenico: sarebbe un gesto dissennato e porrebbe la Chiesa in aperta contraddizione con se stessa. Per questo l'unica via d'uscita per liberarci dal fall out vaticansecondista sarà, riteniamo, una "ermeneutica della dimenticanza". Che in fondo non è che la tappa logica consequenziale alla "ermeneutica della continuità", come in effetti lamentano i fautori dell'interpretazione di "rottura": se il Vaticano II non ha detto nulla di veramente nuovo (o al più si è limitato a qualche "riforma - pastorale - nella continuità"), la sua importanza è davvero relativa e non vale nemmeno la pena fermarvi troppo la mente. Così in effetti è, e dev'essere: la crisi della Fede che sperimentiamo in questi decenni sarà guarita quando il nostro Vaticano II finirà per avere il valore del III Concilio Lateranense o di quello di Costanza...

    E Benedetto XVI, pur non avendone magari la piena intenzione, ha finalmente posto le basi per questa auspicata evoluzione: di fatto, col discorso sulle due ermeneutiche, ha demolito teoreticamente tutto quel che è effettivamente avvenuto dal Concilio in poi, pur con l'accortezza di non estendere la critica al Concilio in sé considerato. Se ci consentite un paragone ardito, che non vuole avere nulla di men che rispettoso, in fondo anche Gorbaciov intendeva solo riformare, e al tempo stesso salvare, il comunismo[1]. Sostituite "concilio" a "comunismo", e pensate a come quest'ultimo è finita.

    Enrico


    [1] Per forzare ulteriormente l'analogia, potremmo dire che anche Gorbaciov, come Benedetto, veniva dopo due decenni (alludiamo a quelli di Breznev) in cui il sistema era sembrato solido e vincente sulla scena mondiale, mentre nella realtà esso all'interno perdeva gradualmente colpi.





    [Modificato da Caterina63 29/06/2011 16:14]
    Fraternamente CaterinaLD

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    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    00 29/06/2011 19:40
    [SM=g1740733]Un grazie al blog Sacris Solemniis

    Il gran ritorno: la Papae Marcelli alla Messa Papale


    cliccate qui sul titolo per la serie di AUDIO da meditare...




    1958, 4 novembre: l''ultima Messa d'Incoronazione sulle note della Papae Marcelli

    La composizione più illustre del Maestro di Cappella della Basilica Lateranense, la musica che rieccheggiava tra le volte della Basilica di San Pietro ad ogni Incoronazione di papa: la Missa Papae Marcelli di Giovanni Pierluigi da Palestrina quest'oggi ha ritrovato finalmente spazio nella Liturgia papale dopo diciassette anni di oblio. Era il 1994, a quattrocento anni dalla morte del compositore, quando il Maestro Bartolucci la diresse per l'ultima volta nella Basilica Vaticana con un Giovanni Paolo II celebrante all'Altare della Confessione. Quest'oggi, omaggio nell'occasione dei festeggiamenti per i sessant'anni di Sacerdozio del Santo Padre, la Papae Marcelli ritorna eseguita dalla Sistina capitanata da Mons. Palombella ad alternanza con il coro dell'Accademia di S. Cecilia (con risultati assai discutibili). Della Missa sono stati eseguiti Kyrie, Gloria e Credo



    La grandiosa composizione a sei voci nata tra il 1555 -anno del breve regno di Papa Marcello II, a cui tradizionalmente la Messa è dedicata- e il 1562 è stata forse ispirata dall'antica chanson "L'homme armé", ma non sono pochi gli esperti che ricollegano la composizione al mottetto Benedicta es di Josquin Desprez.

    Fraternamente CaterinaLD

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    00 01/07/2011 12:43

    Messa solenne a Stiatico - XXV di ordinazione

    Ave Maria!

    Carissimi fratelli di Messa in latino, ieri ho avuto la gioia di ringraziare il Signore, per il XXV anniversario della mia ordinazione sacerdotale, con una bella S. Messa solenne; è la prima volta che l'ho celebrata in parrocchia (intendo la S. Messa solenne, perché celebro tutti i giorni la Messa letta). Ringrazio i soliti meravigliosi Francescani dell'Immacolata (e le Francescane per i canti), che, con la loro presenza, mi hanno procurato questa grande consolazione.
    Posto alcune foto; i più diligenti e preparati tra voi noteranno senz'altro qualche imperfezione, ma per me è già tantissimo aver compiuto un altro piccolo passo in avanti.
    Ho celebrato con un paio di costole rotte e una spalla fuori uso, a causa di un piccolo infortunio. Ho stretto i denti per fare tutti i movimenti corretti - comprese le incensazioni - offrendo il dolore, che non è stato poco, per il buon esito dei colloqui tra Roma e la FSSPX.

    Sac. Alfredo M. Morselli
    Stiatico di San Giorgio di Piano, 30 giugno 2011.

    [Auguri, Reverendo! E ad multos Annos! E grazie per collaborare con il nostro blog!
    Con affetto e stima, gli amici della Redazione di MiL.]




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    Fraternamente CaterinaLD

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    00 01/07/2011 19:15
    [SM=g1740722] [SM=g1740721] [SM=g1740722] [SM=g1740721] STUPENDO ECCEZIONALE, COMMOVENTE!

    un grazie al cardinale Sodano, un Grazie al Papa....una lode a Dio
    [SM=g1740717] [SM=g1740720]

    www.gloria.tv/?media=171354





    [SM=g1740738]


    Il pranzo del Pontefice con il Collegio cardinalizio
    La bellezza dello stare insieme


    Ecce quam bonum et quam iucundum habitare fratres in unum, "Ecco, com'è bello e com'è dolce che i fratelli vivano insieme": queste parole del Salmo 133 sono state per Benedetto XVI realtà vissuta venerdì mattina, 1° luglio, nella Sala Ducale. Lo ha sottolineato egli stesso nel discorso ai cardinali presenti al pranzo offerto in suo onore, in occasione del sessantesimo di ordinazione sacerdotale. Un incontro che per il Papa ha messo in luce la bellezza dello stare insieme e del vivere insieme la gioia del sacerdozio, dell'essere chiamati dal Signore.

    Il Pontefice ha ringraziato il decano del Collegio cardinalizio, Angelo Sodano, per le belle, commoventi e confortanti parole rivoltegli nella circostanza e soprattutto per il dono di cinquantamila euro, che ha immediatamente consegnato nelle mani del cardinale vicario per la diocesi di Roma, Agostino Vallini, perché - ha spiegato - in questo modo l'"essere insieme" si allarga ai poveri dell'Urbe. Per Benedetto XVI infatti erano idealmente presenti al pranzo quei poveri che hanno bisogno del nostro aiuto e della nostra assistenza, del nostro amore, che si realizza concretamente nella possibilità di mangiare, di vivere bene; quei poveri di Roma, che sono amati dal Signore.

    Il Papa ha poi parlato dell'esperienza della fraternità come di una realtà interna al sacerdozio, perché uno non viene mai ordinato da solo ma è inserito in un presbiterio, o da vescovo nel collegio episcopale. Perciò - ha aggiunto - questa è un'ora di gratitudine per la guida del Signore, per tutto quello che gli ha donato e perdonato in questi anni, ma anche un momento di memoria. E in questo fare memoria il Papa è tornato con il pensiero al 1951, quando il mondo era totalmente diverso da oggi. Quindi ha parlato della sua Germania con le città distrutte, l'economia a terra e una grande povertà materiale e spirituale, che i tedeschi hanno fronteggiato con una forte energia e con la volontà di ricostruire il Paese e di rinnovarlo sul fondamento della fede cristiana.

    Dopo aver rievocato gli inizi, vissuti con grande entusiasmo e con gioia, il Papa ha poi parlato del concilio Vaticano II, quando tutte le speranze sembravano potersi realizzare, e della rivoluzione culturale nel Sessantotto: anni difficili in cui la barca del Signore si riempiva d'acqua, rischiando di affondare, anche se il Signore - che sembrava dormire - era presente e ha mandato avanti la nave di Pietro. Non potevano poi mancare il ricordo degli anni di lavoro - definiti indimenticabili - durante il pontificato del beato Papa Giovanni Paolo II e poi l'ora totalmente inaspettata del 19 aprile 2005, quando il Signore ha chiamato Joseph Ratzinger al soglio di Pietro. In questi sessant'anni - ha detto in proposito - quasi tutto è cambiato, ma è rimasta la fedeltà del Signore: Egli è lo stesso ieri, oggi e sempre. Ed è per questo che il momento della memoria e della gratitudine è per Benedetto XVI anche il momento della speranza. Con il suo aiuto - ha concluso - andiamo avanti.

    In precedenza il cardinale Sodano aveva rivolto al Papa il seguente saluto a nome del Collegio cardinalizio Santità, venerato ed amato Successore di Pietro! In occasione dei Suoi primi cinquant'anni di vita, ella ci aveva lasciato un libro di ricordi, parlandoci fra l'altro, della gioia provata nel giorno della sua ordinazione presbiterale, in quel lontano 29 giugno del 1951.

    Ella poi aveva scritto che proprio nel momento in cui il compianto cardinale Faulhaber Le imponeva le mani, un uccellino, forse un'allodola (eine Lerche) si era levata dall'altare maggiore della cattedrale, facendovi risuonare il suo trillo gioioso.
    Oggi, in questa Sala Ducale, noi vorremmo pure far risuonare un bel canto, come quello dell'allodola di 60 anni fa, ma non siamo in grado, le ripetiamo però quelle parole che allora le parvero essere sussurrate dall'alto: "Va bene così, sei sulla strada giusta!".

    Al canto abbiamo rinunciato, a causa della nostra età non più giovanile! Non rinunciamo però a ripeterle quelle parole che Le parvero giungere dall'alto: "Va bene così, sei sulla strada giusta!".
    Santità, in questa tappa importante della sua vita i membri del Collegio cardinalizio residenti in Curia e alcuni amici che si sono associati si stringono intorno a Lei, ringraziando il Signore per l'abbondante bene che Le ha concesso di seminare nel vasto campo della Chiesa, agricultura Dei (1 Cor 3, 9).

    In realtà, al traguardo dei 60 anni di sacerdozio sono giunti ben pochi Suoi Predecessori sulla Cattedra di Pietro. L'unico caso a noi vicino è quello del Papa Leone XIII che potè celebrare il suo 60° di presbiterato nel 1897, all'età di 87 anni. In quella fausta circostanza, i Cardinali d'allora gli regalarono un orologio a pendolo con la seguente scritta latina: horas tibi sonet nisi serenas, che esso ti suoni soltanto delle ore serene! C'è ancora nel Palazzo Apostolico, in un angolo, in un ufficio, lo potete controllare. Noi oggi vogliamo pure augurarle, Santo Padre, delle ore serene, con voce ancor più squillante dell'orologio a pendolo di Leone XIII!

    A conoscenza poi della sua sensibilità pastorale verso la sua cara diocesi di Roma, d'intesa con alcuni cardinali, ho pensato di proporre ai confratelli di farle un regalo diverso, e cioè i cardinali hanno così accettato di offrirle un obolo per i poveri di Roma, considerando le urgenti necessità di tanti romani, come dei numerosi immigrati e rifugiati.
    Con questo stesso spirito di partecipazione alla sua sollecitudine pastorale, il Collegio cardinalizio ha voluto anche offrire un pranzo a duecento poveri di Roma, proprio nella festa di San Pietro, su iniziativa del Collegio cardinalizio e del Circolo di San Pietro, proprio per onorare vostra Santità nel 60° di sacerdozio. Alcuni di questi fortunati invitati ci hanno scritto un biglietto di ringraziamento che ho fatto vedere poco fa a sua Santità nella loro scrittura originale e anche in qualche caso infantile. Per esempio c'è uno che scrive in spagnolo, è una badante peruviana, e un altro che scrive: "Alla Sua Santità, il Papa che è Padre: vorrei ringraziarvi per il pranzo che ci avete offerto a me e alla mia famiglia, sperando nella sua felicità e serenità e crescita cristiana. Con devozione e rispetto. Claudio". Sentiamo quindi che la famiglia di Roma è tutta unita ricchi e poveri, sacerdoti e fedeli, intorno al Papa. Il dramma della povertà di Roma è noto a tutti noi.

    Al momento dell'unificazione dell'Italia, 150 anni fa, Roma aveva 170.000 abitanti, secondo le statistiche. Oggi la diocesi di Roma giunge a quasi tre milioni di abitanti, mentre la grande Roma supera i quattro milioni. Ed i poveri sono sempre con noi.
    Di fronte a tale realtà, la Chiesa di Roma vuole essere, oggi più che mai, la Chiesa della carità. E noi cardinali, incardinati nella Chiesa di Roma, siamo partecipi di questa sua paterna sollecitudine. E quindi con il loro modesto obolo vogliono contribuire a quest'importante opera e le rimettono, quindi, un unito assegno bancario di 50.000 euro, raccolti in questi giorni tra di noi che vostra Santità potrà destinare come meglio crede.

    Santità, ci senta sempre a lei vicini, soprattutto in questo bel giorno, mentre noi Le diciamo in coro: ad multos annos, ad multos felicissimos annos!.



    (©L'Osservatore Romano 2 luglio 2011)


    [SM=g1740757]
    Fraternamente CaterinaLD

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    00 31/07/2011 22:00
    [SM=g1740733] Ringraziando Gemma dal Blog Raffaella per questo lavoro e invitandovi a CLICCARE QUI   per i testi e il resto, vi offriamo questi passi interessanti....

    Come prevedibile, le settimane fino alla consacrazione sono difficili e ammette: “ Interiormente continuavo ad essere titubante…” Anche per il lavoro da portare a termine arriva esausto alla consacrazione, che avviene il 27 maggio 1977 nella cattedrale di Monaco: “quel giorno fu straordinariamente bello..la cattedrale di Monaco magnificamente adornata trasmetteva un’atmosfera di gioia, che coinvolgeva in maniera davvero irresistibile. Ho sperimentato la realtà del sacramento-che qui accade davvero qualcosa di reale”. Poi la preghiera davanti alla colonna della Vergine Maria –la Mariensaule-, l’incontro con le molte persone che accolgono il nuovo venuto (1).

    A proposito del ministero vescovile durante la cerimonia dice: ““il vescovo non agisce in nome proprio, ma è un fiduciario di un altro, di Gesù Cristo e della Chiesa. Non è un manager, un capo per propria grazia, bensì l’incaricato di un altro di cui è garante. Dunque non può nemmeno cambiare opinione a piacimento e difendere ora questa ora quella causa, a seconda di come gli sembri conveniente. Non è qui per diffondere le sue idee private, ma è un inviato che deve trasmettere un messaggio più grande di lui. Egli verrà misurato su questa fedeltà: essa è il suo incarico” (3).

    Joseph Ratzinger si insedia nei suoi uffici, al n. 5 della Rochustrasse e inizia il suo nuovo impegno. I conflitti e le invettive tra progressisti e tradizionalisti sono all’ordine del giorno, così come le critiche al Papa.
    Ratzinger non si tira indietro: “un vescovo che cercasse di evitare le noie per me è un’idea ripugnante”, risponde da teologo, e come dice un giornale dell’epoca: “dimostra la più solida conoscenza in materia di tradizione e di dottrina”, e ancora:” tra tutti i conservatori della Chiesa,è colui che possiede l’attitudine maggiore al dialogo”.

    Dal suo canto egli è sempre più convinto che la Chiesa per non dissolversi deve battersi contro le mode, le tendenze e le derive del mondo esterno: “ la Chiesa non deve mai scendere a patti con lo spirito del tempo” (9)

    Qualche giorno dopo il suo insediamento, ad inizio giugno 1977, una nuova visita del nunzio De Mestri lo informa che Paolo VI lo nominerà cardinale nel corso del prossimo concistoro del 27 giugno 1977.

    “Fu per me una grande sorpresa. Non so ancora darmi una spiegazione di tutto questo. So comunque che Paolo VI teneva presente il mio lavoro come teologo. Tanto che alcuni anni prima, forse nel 1975, mi aveva invitato a predicare gli esercizi spirituali in Vaticano. Ma non mi sentivo sufficientemente sicuro né del mio italiano né del mio francese per preparare e osare una tale avventura, e così avevo detto di no. Ma questa era una prova che il Papa mi conosceva. Forse una qualche parte in questa storia potrebbe averla avuta monsignor Karl Rauber, oggi nunzio in Belgio, allora stretto collaboratore del Sostituto Giovanni Benelli. Comunque, sta di fatto, mi hanno detto, che di fronte alla terna per la nomina a Monaco e Frisinga, il Papa avrebbe personalmente scelto la mia povertà” (10).





     [SM=g1740722]

    Fraternamente CaterinaLD

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    00 10/08/2011 18:42
    Il discorso di Benedetto XVI durante il concerto in suo onore
    nel cortile interno del Palazzo Pontificio della cittadina laziale

    La bellezza della musica riflesso di Dio nel mondo


     

    Hanno scelto la musica di Johann Sebastian Bach e di Antonio Vivaldi per rendere omaggio al Papa nell'anno in cui celebra il sessantesimo di sacerdozio. Così al crepuscolo di martedì 9 agosto le note dei due grandi compositori sono risuonate nel cortile interno del Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo nel concerto offerto a Benedetto XVI dall'oboista Albrecht Mayer e dalla violinista, Arabella Steinbacher, con l'ensemble New Seasons, composto da sei musicisti di orchestre diverse di fama internazionale. All'omaggio a Benedetto XVI i musicisti tedeschi hanno voluto associare quello a monsignor Georg Ratzinger, anch'egli ordinato sacerdote il 29 giugno 1951 insieme al fratello Joseph. Al concerto hanno assistito tra gli altri il cardinale Walter Brandmüller, il prefetto della Casa Pontificia, arcivescovo Harvey, il vescovo di Albano, monsignor Semeraro, i monsignori Wells, assessore della Segreteria di Stato, e Balestrero sottosegretario per i rapporti con gli Stati. Dopo brevi parole di saluto di monsignor Kilian Kemmer il Papa ha ringraziato musicisti e ospiti.

    Signori Cardinali,
    venerati Fratelli nell'Episcopatoe nel Sacerdozio,
    reverendo Signor Decano,
    stimati musicisti,
    cari amici!

    Alla stupenda musica che riecheggia ancora nel nostro intimo, certamente nulla si può aggiungere. Devo dire, però, una parola di ringraziamento a quanti hanno reso possibile e hanno organizzato questo concerto qui a Castel Gandolfo. Ringrazio di cuore il Signor Decano per il suo indirizzo di saluto iniziale, e soprattutto gli artisti - il Maestro Albrecht Mayer, la violinista Arabella Steinbacher e l'Ensemble "New Seasons" - per la splendida esecuzione che arriva al cuore. Sono particolarmente lieto anche per il fatto che avete voluto offrire questo concerto in occasione del LX giubileo sacerdotale che mio fratello ed io, con la grazia divina, abbiamo potuto celebrare insieme poco tempo fa. E Lei, signor Mayer, ha messo questo concerto sotto il motto: "Quello che fa Dio, è ben fatto" e così l'ha reso, dall'intimo, un concerto del ringraziamento e della fiducia credente. Grazie infinite a voi per questo dono!

    Questa sera abbiamo potuto incontrare due esponenti davvero grandi della musica del settecento: Antonio Vivaldi e Johann Sebastian Bach, maestro dei maestri.

    I due brani di Vivaldi che sono risuonati stasera fanno parte dei cosiddetti "concerti ripieni", scritti per orchestra d'archi e basso continuo, buona parte dei quali avevano uno scopo didattico, specie quando Vivaldi insegnò alla "Pietà", uno dei quattro orfanotrofi-conservatori di Venezia per ragazze. La struttura dei tre tempi con un breve adagio centrale è tipica del grande italiano, ma questa uniformità architettonica non è mai monotona perché - come abbiamo ascoltato - il trattamento timbrico, il colore orchestrale, la dinamica del discorso musicale, gli impasti armonici, l'arte del contrappunto e dell'imitazione, rendono i concerti di Vivaldi un esempio di luminosità e di bellezza che trasmette serenità e gioia. Penso che questo venisse anche della sua fede. Vivaldi era un sacerdote cattolico, fedele al suo Breviario e alle sue pratiche di pietà. L'ascolto della sua produzione di musica sacra rivela il suo animo profondamente religioso.

    È questo un tratto che lo unisce a Johann Sebastian Bach, luterano, ammiratore di Vivaldi di cui studiò e trascrisse vari concerti. "Soli Deo gloria": Questa frase appare come un ritornello nei manoscritti di Bach - un leitmotiv delle cantate bachiane come dice l'opuscolo del programma - e costituisce un elemento centrale per comprendere la musica del grande autore tedesco. La profonda devozione fu un elemento essenziale del suo carattere, e la sua solida fede sostenne ed illuminò tutta la sua vita. Sulla copertina del "Kleines Orgelbüchlein" si possono leggere queste due righe: "Dem höchsten Gott allein zu Ehren, Dem Nächsten draus sich zu belehren" [Al Dio Altissimo per onorarlo, agli altri per istruirli].

    Bach aveva una concezione profondamente religiosa dell'arte: onorare Dio e ricreare lo spirito dell'uomo. L'ascolto della sua musica richiama quasi lo scorrere di un ruscello, o piuttosto una grande costruzione architettonica in cui tutto è armoniosamente compaginato, quasi a tentare di riprodurre quella perfetta armonia che Dio ha impresso nella sua creazione.

    Bach è uno splendido "architetto della musica", con un uso ineguagliato del contrappunto, un architetto guidato da un tenace ésprit de géometrie, simbolo di ordine e di saggezza, riflesso di Dio e così la razionalità pura diventa musica nel senso più elevato e puro, bellezza splendente. Stasera abbiamo potuto ammirare questo spirito di Bach nei brani iniziali tratti dalla monumentale opera di fede che sono le Cantate, in quella musica pura, cristallina della Partita N. 2 in re minore per violino solo e nel bellissimo Concerto BWV 1060, proposto in una versione che, probabilmente, corrisponde a quella più antica.

    Grazie ancora una volta, anche da parte di mio fratello, al Signor Decano, al Maestro Mayer, alla violinista Arabella Steinbacher, all'Ensemble "New Seasons".

    A voi tutti un sentito "Vergelt's Gott" [Dio ve ne renda merito]. Volentieri imparto a voi e a tutti i presenti la mia Benedizione apostolica.



    (©L'Osservatore Romano 11 agosto 2011)

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)