La Pace di Cristo!
Come promesso eccomi qui a cercare di offrire qualche chiarimento.Allora le questioni vertono, mi sembra , su queste due domande:
Caterina: E’ possibile per l’ebraismo concepire il trinitarismo cristiano?
Iyvan: Come concepire Dio quale essere non-atemporale?
Spero di non essermi sbagliato, comunque, è a queste domande che cercherò di rispondere.
Vi annuncio comunque che certamente la lettura dell’articolo (se lo riuscite a recuperare) sarà molto più illuminante di me.
Comincio con Caterina. Se intendi questo concepire il Dio Trinitario cristiano come la possibilità di una premessa alla conversione di tutto il popolo ebraico, che in questo modo potrebbe riconoscere Dio-Trinità già nel suo pensiero filosofico - anche se non se ne sono avveduti - la mia risposta è negativa.
Il nocciolo della questione su cui l’Autore vuole insistere è che è possibile non vedere l’ebraismo in contrapposizione al cristianesimo e viceversa, e dunque affermare che il Dio Mono e il Dio Trino non sono un modo meno perfetto e più perfetto di parlare di Dio, ma due modi diversi.
Spostare il problema della Trinità dal piano dell’Essere al piano dell’Esistere (e dunque delle Relazioni che formano appunto l’esistenza) significa capire che quando parliamo di Trinità non stiamo cercando di definire Dio in ciò che esso più intimamente è, non stiamo cercando di circoscrivere la sostanza divina nei nostri concetti, ma stiamo parlando del modo concreto in cui Dio ha agito nella storia.
In questa diversa prospettiva, noi diremo che Dio si è rivelato nell’economia della salvezza come Padre misericordioso che ha mandato sulla terra il suo Figlio per la nostra salvezza e ci ha donato lo Spirito Santo perché continui nei nostri cuori la sua opera.
Cioè non si ha la pretesa di dire come Dio è, quasi dovessimo imporglielo noi, ma si dice ciò che Dio ha fatto per noi, come si è manifestato a noi uomini.
In una parte dell’articolo che non vi ho riportato Ochs infatti rifiuta l’idea che la dottrina trinitaria si sia sviluppata nella Chiesa nel momento in cui il cristianesimo, consapevole di sé, ha preso le distanze dall’ebraismo; al contrario, rifacendosi ad un testo di Teologia Sistematica di R. W. Jenson, riporta la seguente affermazione: "La dottrina della Trinità spiega soltanto la fede di Israele in una situazione in cui si crede che il Dio di Israele, prima della risurrezione generale, abbia risuscitato uno dei suoi servi dalla morte" (dall'articolo citato, pag 77).
Per concludere il chiarimento al tuo dubbio, Caterina, quello che qui si vuole dire è che è uno stereotipo falso pensare al Dio professato dall’ebraismo come un Dio Solitario, ma che anche in esso si possono rintracciare relazioni (chiamate dalla tradizione ebraica Nomi, Identità di Dio), relazioni esplicitamente affermate anche nella dottrina trinitaria, e dunque che in questo aspetto le due teologie ebraica e cristiana possono essere vicendevolmente di aiuto nella comprensione della propria tradizione e nella riformulazione della propria fede perchè sia comprensibile al mondo contemporaneo.
Altra affermazione che può essere interessante per il tuo dubbio è proprio l’affermazione di Jenson… la dottrina trinitaria è, infondo, l’ebraismo che accetta la risurrezione di un Uomo prima della resurrezione generale… a me personalmente questo dà molto a pensare sul come a volte abbiamo paura di attingere al patrimonio di altre tradizioni religiose per il rischio di inserire qualcosa di estraneo nella nostra fede, mentre molte cose sono formulazioni diverse di una fede che resta sostanzialmente la stessa, almeno nelle sue considerazioni etiche e sull’Oggetto del fine ultimo al quale il sentimento religioso si dirige.
ATTENZIONE: quanto ho appena detto non vuole avvalorare un pensiero sicretista oggi così diffuso, vuole solo far notare quanto la diffidenza verso ciò che è diverso è un pregiudizio che necessita sempre di essere affrontato di petto e risolto nel riconoscimento delle ricchezze dell’altro, non necessariamente nell’accordo uniforme, ma anche nel riconoscimento delle alterità certamente persenti.
Passando ora alla questione sollevata da Iyvan. Con alcune considerazioni sopra fatte ho già, in realtà iniziato a risponderti.
Come dicevo nel post che apre il forum, i primi a combattere contro un’interpretazione "ontologica" della definizione di Nicea furono proprio i padri cappadoci. Ma quale il motivo? Come spesso per altre questioni (come quella dell’iconodulia), il criterio che non possiamo mai dimenticare è l’economia dell’incarnazione. Il Dio della riflessione filosofica, quell’essere considerato come il Perfettissimo, tutto in ogni parte, parte nel tutto, che muove ogni cosa… è un Dio al quale ogni relazione è impossibile; cerco di giustificare quanto detto dando un esempio tradizionale.
Qualcuno di voi conosce quanto affermato nella Metafisica di Aristotele su Dio? Il Dio di Aristotele è il Motore immoto. La sua riflessione infatti parte dal constatare che tutto l’universo è movimento, e che ogni cosa mossa è mossa da qualcos’altro. Deve però esistere qualcosa che muove senza muoversi, il motore primo di tutto l’universo e tale motore deve essere immoto, cioè che non sia mosso e che non si muova, fondamento perenne di tutto quanto esiste.
Quando poi si chiede cosa, come sia questo Motore immoto che egli chiama Dio, arriva ad affermare che solo l’ggetto del pensiero muove senza muoversi a sua volta, Dio è dunque pensiero, ma pensiero di cosa? Essendo perfezione egli può pensare solo ciò che è perfetto, può pensare dunque solo se stesso.
Il Dio aritstotelico, il Dio dei filosofi, è dunque oggetto del pensiero e dell’amore di tutto l’unvierso, senza poter ricambiare questo amore: può amare solo se stesso… Così arriviamo al pensiero del divo Thome: quando egli riprende questo Dio aristotelico e cerca di "cristianizzarlo", egli deve ammettere che perché questa immagine di Dio come Motore Immoto si adatti al Dio Trinità si deve ammettere un eccezione al sistema aristotelico: senza eccezione, il Dio atemporale di Aristotele non potrebbe essere il Dio della Storia della Salvezza, il Dio che si è voluto interessare degli uomini fino a farsi uomo egli stesso.
Anche Pascal, nella notte mistica che ha segnato il momento della sua conversione morale ed intellettuale, deve riconoscere: "Il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, non il Dio dei filosofi".
C’è una profonda incompatibilità tra il Dio che entra nella storia raccontatoci dalla Scrittura e dalla vicenda di Gesù e il Dio fuori da ogni connotato spazio-temporale ricercato dai filosofi (classici); le due immagini possono coincidere solo con profondi cambiamenti ed ammettendo eccezioni al sistema.
E’ quanto compiuto, spesso con arguzia e finezza intellettuale, dalla scolastica medievale, con l’apice raggiunto nel pensiero di san Tommaso. Ma al posto del sistema delle eccezioni, se abbandonassimo il mondo concettuale aristotelico per un altro quadro filosofico, forse non ci sarebbe bisogno di contemplare eccezioni…
In questo senso il richiamo di Gregorio di Nissa a non dimenticarci che il dogma di Nicea più che dirci come Dio è, ci dice come Dio si manifesta non deve essere sottovalutato: noi conosciamo Dio come Padre, Figlio e Spirito Santo perché in questo modo si è voluto rapportare all’uomo nella storia della salvezza, perché si è voluto manifestare come Padre misericordioso, come Figlio redentore e come Spirito santificatore.
Come vedi Iyvan, affermare che Dio non sia l’Essere atemporale non significa rinchiuderlo nella nostra dimensione, ma anzi liberarlo dalla prigione dorata di totale estraneità alla storia dell’uomo in cui l’ontologia (trad: filosofia dell’essere) greca lo vorrebbe rinchiudere.
So che certamente, più che chiarire ho confuso ancora di più le idee… quindi sono sempre qui, sperando di potervi ancora aiutare.
Vostro nel Signore Risorto,
Ireneo