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Il Magistero dei Pontefici sull'Evangelizzazione

Ultimo Aggiornamento: 12/01/2013 23:30
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12/01/2013 23:27
 
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Prima sezione qui. Seconda sezione qui. Terza sezione qui. Articolo originale in inglese: Brian W. Harrison, “Pius IX, Vatican II and Religious Liberty” in “Living Tradition” n. 9 del gennaio 1987 (testo originale qui: http://www.rtforum.org/lt/lt9.html#II)

Parte seconda.
Torniamo alla questioni dei limiti legali alla libertà religiosa. Come abbiamo visto, il Vaticano II insegna che i governi possono e devono limitare l’attività svolta in nome della libertà religiosa non solamente quando la “pubblica pace” è in pericolo, ma anche quando la pubblica moralità o qualsiasi altro diritto dei cittadini siano compromessi da questa attività. “Tutti questi sono elementi – afferma il Concilio – che costituiscono la parte fondamentale del bene comune (partem boni communis fundamentalem constituunt) e sono compresi sotto il nome di ordine pubblico.” (14) Questi “altri diritti” dei cittadini non sono definiti in modo esaustivo, ma il Concilio stesso dà alcuni esempi. Ogni tipo di propaganda religiosa – specialmente verso il povero e il privo d’istruzione – che anche “sembri avere il tono” (sapere videatur) di essere “coercitiva, disonesta o indegna” deve “sempre” essere evitata. (15) Poi, in un altro “inasprimento” dell’ultimo minuto del documento, fu aggiunta l’affermazione che una tale propaganda è “lesione del diritto altrui” (16) Quest’aggiunta chiarisce che i governi possono giustamente proibire questo tipo di attività coercitiva, disonesta o indegna come reato contro l’ordine pubblico, in base a quanto definito nell’articolo 7.

Dovrebbe oramai essere chiaro che Dignitatis Humanæ – questo presunto precedente di radicale cambiamento dottrinale che p. Curran trova così incoraggiante (e l’arcivescovo Lefebvre così allarmante) – esce alquanto indenne dai fulmini scagliati da Pio Nono contro il liberalismo di Lammenais. Infatti, i governi, agendo in linea col Vaticano II, possono punire una gamma molto significativa di “violazioni della religione cattolica”, al di là dei tipi di propaganda che possono disturbare o mettere in pericolo la “pubblica pace”.
La propaganda atea e anti-religiosa, per esempio, può difficilmente fare appello al Vaticano II per cercare di giustificare un proprio “diritto” alla protezione legale. Ciò che la Dichiarazione intende proteggere sono “gli atti religiosi, con i quali in forma privata e pubblica gli esseri umani si dirigono a Dio secondo le proprie convinzioni” (17). Ciò chiaramente non include gli atti di irreligione, con i quali gli uomini dirigono se stessi e gli altri lontani da Dio.

A sin., Paolo VI, primo firmatario di Dignitatis Humanae

Secondo il Vaticano II, può essere legalmente proibito non solo il materiale pornografico, ma anche ciò che mons. John McCarthy ha giustamente definito “pornologia”, in quanto mina la “moralità pubblica” (“Pornologia” significa letteratura che, sebbene possa non essere direttamente violenta o erotica e possa pretendere di essere seria e scientifica, nondimeno intende persuadere le persone di potersi legittimamente impegnare in alcuni tipi di attività sessuale che, in realtà, sono contrarie all’ “ordine morale oggettivo”).
Qualcuno potrebbe obiettare che il Concilio non avrebbe voluto che i governi lasciassero la Chiesa cattolica quale arbitro di ciò che è (o non è) in accordo con questo “ordine morale oggettivo”, poiché il Concilio afferma che, nel decidere quali limiti debbano essere imposti, i governi dovrebbero evitare “la scorretta pratica del favoritismo” (per usare la traduzione data nell’edizione Flannery). Tuttavia, a parte il fatto che sarebbe impossibile per un Concilio della Chiesa Cattolica insinuare che qualche autorità diversa dalla Chiesa stessa possa essere un giudice migliore di ciò che è “oggettivamente” giusto o sbagliato, il testo latino non supporta la possibile allusione del Flannery, che cioè il sostenere una parte sia, in quanto tale, qualcosa di necessariamente scorretto. Il testo dice solamente che, nel decidere quale tipo di attività proibire o permettere,i governi devono evitare “di favorire in maniera scorretta una delle parti” (uni parti inique favendo). (18) Tre anni dopo divenne chiaro che il principale firmatario di Dignitatis Humanæ, Paolo VI, non intendeva l’insegnamento della Dichiarazione nel senso che fosse “scorretto” favorire il “lato” cattolica (o ciò che è comunemente vista come la “parte cattolica”). La maggior parte delle persone non sono a conoscenza che nel 1968 l’enciclica Humanæ Vitæ non solo riaffermò l’immoralità della contraccezione come attività privata, ma anche esortò “I governanti… (a) non tollerare alcuna legislazione” che permetta la distribuzione dei contraccettivi. (19) Il suo appello trovò orecchie ricettive in Irlanda, almeno fino ad un anno o due fa.

Fine quarta sezione – continua

Note:
(14) Dignitatis Humanæ, 7.

(15) Ibid., 4.
(16) Ibid.
(17) Ibid., 3.
(18) Ibid., 7.
(19) Humanæ Vitæ, 23.

Pio IX, il Vaticano II e la libertà religiosa – sezione quinta

Prima sezione qui. Seconda sezione qui. Terza sezione qui. Quarta sezione qui. Articolo originale in inglese: Brian W. Harrison, “Pius IX, Vatican II and Religious Liberty” in “Living Tradition” n. 9 del gennaio 1987 (testo originale qui: http://www.rtforum.org/lt/lt9.html#II)

Le forme più virulente di protestantesimo e altri tipi di propaganda contro la Chiesa Cattolica potrebbero certamente essere legalmente vietate in accordo con le censure del Vaticano II verso le forme “disoneste” e “indegne” di sostenere la religione. Come abbiamo visto, secondo il Concilio la propaganda religiosa non dovrebbe nemmeno “sembrare di favorire” tali difetti. Ma alcune espressioni correnti di fondamentalismo trasudano attivamente “disonestà” e “indegnità”! I libri di fumetti anti-cattolici di Jack Chick, per esempio, contengono almeno una parodia della dottrina cattolica in ogni pagina. Essi accusano inoltre i gesuiti di lavare il cervello ai possibili convertiti al protestantesimo mantenendoli contemporaneamente chiusi in celle imbottite; mentre, ci vien detto, l’Azione Cattolica manda ragazze attraenti nei seminari protestanti e nelle loro congregazioni parrocchiali, stimolate dalle promesse di generose mitigazioni della loro pena in Purgatorio per ogni pastore o seminarista che riescano a sedurre e corrompere!
Anche la blasfemia è ovviamente una forma “indegna” di espressione “religiosa”. Ancora nel 1985 papa Giovanni Paolo II si è allineato con Gregorio XVI e Pio IX chiedendo di agire contro questa forma particolare di “violazione della religione cattolica”: egli ha protestato contro la proiezione pubblica a Roma del famigerato film “Ave Maria” [“Je vous salue, Marie”, ndt], anche se né lui né nessun altro ha cercato di sostenere che si trattasse di una minaccia alla “pace pubblica”.

I Padri del Vaticano II

Riassumiamo. Con il Vaticano II, la dottrina cattolica – o legge divina – rimane come è sempre stata verso le società e le autorità pubbliche di queste ultime sono moralmente obbligate ad agire, legiferare e governare in accordo coi principi della vera religione (anche il decreto conciliare sull’apostolato dei laici riafferma quest’insegnamento nel proprio articolo 13, il quale afferma che i cattolici dovrebbero “sforzarsi di permeare uno spirito cristiano nella mentalità, nei costumi, nelle leggi e nelle strutture” delle loro comunità). Questa stessa immutabile legge divina comporta il diritto e il dovere delle autorità pubbliche di sanzionare coloro che attaccano la vera religione nella misura in cui lo richiede il bene comune.

Fine quinta sezione – continua


Prima sezione qui. Seconda sezione qui. Terza sezione qui. Quarta sezione qui. Quinta sezione qui. Articolo originale in inglese: Brian W. Harrison, “Pius IX, Vatican II and Religious Liberty” in “Living Tradition” n. 9 del gennaio 1987 (testo originale qui: http://www.rtforum.org/lt/lt9.html#II)

Ma in quale misura, esattamente, il bene comune richiede tali misure coercitive? Ciò può variare molto, a seconda delle circostanze storiche, sociali e politiche; e l’infallibilità della Chiesa non si estende a questo campo, che non riguarda principi fondamentali, ma le decisioni sui mezzi proporzionati per raggiungere un determinato fine. Il diritto pubblico pre-conciliare della Chiesa applicava i suddetti principi dottrinali stabilendo che, nei paesi prevalentemente cattolici, tutte le attività religiose non cattoliche pubbliche dovessero essere considerate, in quanto tali, un pericolo per il bene comune e quindi meritevoli di proibizione legale.
Il Vaticano II, tuttavia, evidenziando un altro aspetto della legge divina – cioè il diritto naturale di tutti gli uomini ad essere lasciati liberi (entro debiti limiti) di praticare la proprio religione senza interferenza umana – ha in effetti modificato sostanzialmente questa precedente legge ecclesiastica (non si tratta di dottrina). Allo stesso modo, la Chiesa ha spesso cambiato molti altri aspetti della propria precedente legislazione o disciplina, qualora non sembrasse ancora opportuna o apparisse dar luogo, nella pratica, ad ingiustizie (20). A partire dal Vaticano II, in particolar modo quando inteso alle luce di come la Santa Sede ha applicato la dichiarazione conciliare, la nuova legge stabilisce che, anche nei paesi a maggior prevalenza cattolica, il diritto all’immunità dall’interferenza del governo concesso almeno ai gruppi più moderati e onestamente non cattolici, ha la precedenza rispetto al diritto dei cattolici a non essere “indotti in tentazione” verso peccati contro la loro fede, a seguito della pubblica diffusione dell’eresia o dell’apostasia (21). Quest’immunità, secondo il concilio, è in se stessa un aspetto del bene comune – se si intende questo termine nel senso più ampio. Per quanto riguarda la restrizione civile, poi, la Chiesa ora interpreta e applica la legge divina meno severamente di prima: in materia di religione, il bene comune ora permette e richiede misure coercitive solo le sue caratteristiche fondamentali sono messe in pericolo – caratteristiche che sono indicate assieme in Dignitatis Humanæ, 7 col termine di “ordine pubblico”. In altre parole, anche nei paesi fortemente cattolici la pubblica diffusione di idee o pratiche non cattoliche non dovrebbe ora (secondo il Vaticano II) essere considerata una pubblica minaccia al bene comune semplicemente perché sono non-cattoliche. Piuttosto, per meritare una simile classificazione esse dovrebbe solitamente essere di quel tipo di propaganda anti-cattolica che aggredisce o minaccia (a causa del proprio contenuto o dei propri metodi) quelle norme di verità, onestà, responsabilità civica, morale sessuale e rispetto delle altre persone che possono essere validamente sostenuti e stabiliti su basi esclusivamente umane e razionali, senza fare appello all’autorità soprannaturale della rivelazione divina.

Il beato Pio IX: il suo insegnamento rimane estremamente importante

In breve, tutti i cattolici che amano e onorano il magistero della Chiesa possono rincuorarsi. Non dobbiamo accontentarci con la posizione non troppo rassicurante per la quale non sia provato che il Vaticano II abbia contraddetto l’enciclica Quanta Cura di papa Pio IX. Una volta che abbiamo letto con la dovuta cura i documenti pertinenti nell’originale latino, con una corretta comprensione storica di cosa essi volessero dire con la scelta di certe espressioni e tenendo a mente la cruciale distinzione tra la dottrina della Chiesa da un lato e il suo mutevole diritto pubblico dall’altro, solo un verdetto è possibile: il Concilio è “da dichiararsi innocente” riguardo a quell’accusa.

Fine sesta sezione – fine dell’articolo

Note:
(20) Il vescovo de Smedt fece notare ciò ai Padri conciliari, menzionando a titolo d’esempio e come precedente il fatto che papa Benedetto XIV, nel 1745, aveva esplicitamente ripudiato la disciplina medievale la quale non aveva sempre rispettato le libertà personali e aveva talvolta permesso indebite pressioni o coercizioni sulle persone, riguardo all’abbracciare il sacerdozio o la vita religiosa. Cfr. Acta Synodalia, vol. IV, parte V, p. 101.
(21) Qualcuno potrebbe obiettare che, approvando la recente revisione del Concordato con la repubblica italiana – la quale non riconosce più il Cattolicesimo come “religione di Stato” – la Santa Sede adotti implicitamente la posizione per la quale la separazione costituzionale tra Chiesa e Stato è ora il modello preferito o ideale anche nei i paesi cattolici. Questa deduzione sembra abbastanza ingiustificata. La decisione della Santa Sede nel caso specifico – ovviamente prudenziale, pratica e non infallibile – deve essere vista alla luce del fatto che l’Italia è ora de facto una società abbastanza pluralistica, dato che comprende non solo gruppi minoritari di protestanti, testimoni di Geova e musulmani, ma anche un gran numero di persone senza alcun reale impegno religioso (l’Italia ha il più grande partito comunista di tutte le nazioni occidentali). Il cardinal Casaroli, cioè il maggior artefice (dal lato vaticano) della revisione del Concordato, senza dubbio aveva in mente l’insegnamento del Vaticano II contenuto in Gaudium et Spes, 76, il quale osserva che la Chiesa “non pone la sua speranza nei privilegi accordatigli dall’autorità civile” e che essa è pronta a “rinunciare all’esercizio di certi diritti legittimamente acquisiti, ove constatasse che il loro uso può far dubitare della sincerità della sua testimonianza o nuove circostanze esigessero un nuovo approccio.” Tuttavia, è abbastanza chiaro che la Santa Sede non sta suggerendo che ciò che essa ritiene migliore nel caso dell’Italia sia necessariamente la miglior soluzione costituzionale per tutti gli altri paesi. Al contrario, il concordato post-conciliare del Vaticano con la Colombia (1973) – probabilmente la nazione più solidamente cattolica nell’America Latina – continua a dare alla Chiesa un riconoscimento costituzionale molto più positivo. In realtà, esso riflette in misura non piccola l’insegnamento ribadito da Dignitatis Humanæ riguardo al “dovere morale” delle “società” verso la vera religione. L’articolo 1 del nuovo concordato colombiano dice: “Lo Stato, per riguardo al tradizionale sentimento cattolico della nazione colombiana, considera la religione cattolica e romana come un elemento fondamentale del bene comune e dello sviluppo integrale della comunità nazionale”.

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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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