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Periodo di AVVENTO 2011 e inizio del Nuovo Anno Liturgico 2011-2012

Ultimo Aggiornamento: 09/01/2012 22:36
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27/11/2011 09:13
 
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[SM=g1740733]Cari Amici....
eccoci arrivati ad un Nuovo Periodo dell'Anno, un Nuovo Tempo che il Signore, nella Sua infinita bontà vuole donarci.... un Nuovo Tempo Liturgico per abbracciare Gesù, Nostro Dio, che viene a liberarci e a salvarci, come si potrebbe restare indifferenti?

Vi ricordiamo il thread precedente:
Periodo di AVVENTO 2010 e inizio del Nuovo Anno Liturgico 2010-2011


nel quale troverete le riflessioni dell'anno scorso

Approfittando dell'amico Andrea, vi condivido la sua email che suona bene per cominciare questo Tempo di Grazia!

Auguri a tutti !

Ieri ascoltando l’omelia dell’Arcivescovo di Perugia, Mons.Bassetti, che ha celebrato la S.Messa nel rito extraordinario ( in una chiesa affollatissima di fedeli che hanno “partecipato”  con le risposte tributando, con le ginocchia, l’adorazione che si deve a Dio ) ho pensato ad una predica dell’indimenticabile Vescovo di Macerata Mons. Tarcisio Carboni di ritorno dalla processione del Corpus Domini. Il Vescovo che aveva la santa ansia di evangelizzare la già vacillante gioventù in quell’occasione parlò, con toni accorati, delle tre P :

Preghiera, Presenza , Presto !

Che il Signore immetta nel nostri cuori in questo nuovo anno liturgico il  desiderio delle tre P : Preghiera, Presenza , Presto !

è Gesù a chiederci infatti di ESSERE PERSEVERANTI nella Preghiera;
è Gesù che si è fatto Presenza Viva nei nostri corpi, Tempio dello Spirito Santo;
è Gesù che ci rammenta che non sappiamo quando può sopraggiungere la morte, e di farci trovare pronti.....

Quindi: Preghiamo ogni giorno!
quindi: Confessiamoci spesso per tenere pulito questo tempio....
quindi: affrettiamoci, mettere in cuore il desiderio di Dio dipende anche dalla nostra volontà...

Buon Avvento a tutti [SM=g1740738]

in compagnia di Maria [SM=g1740750] e nella Comunione dei Santi [SM=g1740752]


LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 27.11.2011

angelus


Alle ore 12 di oggi, prima domenica di Avvento, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Oggi iniziamo con tutta la Chiesa il nuovo Anno liturgico: un nuovo cammino di fede, da vivere insieme nelle comunità cristiane, ma anche, come sempre, da percorrere all’interno della storia del mondo, per aprirla al mistero di Dio, alla salvezza che viene dal suo amore.

L’Anno liturgico inizia con il Tempo di Avvento: tempo stupendo in cui si risveglia nei cuori l’attesa del ritorno di Cristo e la memoria della sua prima venuta, quando si spogliò della sua gloria divina per assumere la nostra carne mortale.

"Vegliate!". Questo è l’appello di Gesù nel Vangelo di oggi. Lo rivolge non solo ai suoi discepoli, ma a tutti: "Vegliate!" (Mt 13,37). E’ un richiamo salutare a ricordarci che la vita non ha solo la dimensione terrena, ma è proiettata verso un "oltre", come una pianticella che germoglia dalla terra e si apre verso il cielo. Una pianticella pensante, l’uomo, dotata di libertà e responsabilità, per cui ognuno di noi sarà chiamato a rendere conto di come ha vissuto, di come ha utilizzato le proprie capacità: se le ha tenute per sé o le ha fatte fruttare anche per il bene dei fratelli.

Anche Isaia, il profeta dell’Avvento, ci fa riflettere oggi con una preghiera accorata, rivolta a Dio a nome del popolo. Egli riconosce le mancanze della sua gente, e a un certo punto dice: "Nessuno invocava il tuo nome, nessuno si risvegliava per stringersi a te; perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto, ci avevi messo in balìa della nostra iniquità" (Is 64,6). Come non rimanere colpiti da questa descrizione?

Sembra rispecchiare certi panorami del mondo post-moderno: le città dove la vita diventa anonima e orizzontale, dove Dio sembra assente e l’uomo l’unico padrone, come se fosse lui l’artefice e il regista di tutto: le costruzioni, il lavoro, l’economia, i trasporti, le scienze, la tecnica, tutto sembra dipendere solo dall’uomo. E a volte, in questo mondo che appare quasi perfetto, accadono cose sconvolgenti, o nella natura, o nella società, per cui noi pensiamo che Dio si sia come ritirato, ci abbia, per così dire, abbandonati a noi stessi.

In realtà, il vero "padrone" del mondo non è l’uomo, ma Dio. Il Vangelo dice: "Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati" (Mc 13,35-36).

Il Tempo di Avvento viene ogni anno a ricordarci questo, perché la nostra vita ritrovi il suo giusto orientamento, verso il volto di Dio. Il volto non di un "padrone", ma di un Padre e di un Amico.

Con la Vergine Maria, che ci guida nel cammino dell’Avvento, facciamo nostre le parole del profeta. " Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani" (Is 64,7).


http://www.blogmamma.it/wp-content/uploads/2010/11/decorazioni-natale-corona-avvento-legno.jpg


Predica del 27 Novembre 2011 di padre Konrad Prima Domenica di Avvento

 

In nomine Patri, et Filii, et Spiritus Sancti.

Carissimi fedeli, oggi comincia l'Anno Liturgico della Chiesa e, allo stesso tempo, il Santo Tempo dell'Avvento in cui ci ricordiamo della venuta del Signore a Natale, preparandoci per essa, con una preparazione interna delle nostre anime. Più seria sarà la nostra preparazione in Avvento, più grande sarà il frutto spirituale per noi a Natale.

Di fatti, ogni Festa della Santa Chiesa può portarci un frutto spirituale, ogni anno che assistiamo alla celebrazione della Festa di Natale, possiamo ricevere di nuovo un frutto spirituale dal Bambino Gesù +. Prepariamoci, dunque, bene per questa Festa almeno questo anno.

Come ci possiamo preparare?

Innanzi tutto la preparazione si deve adeguare alla Festa, mentre in Quaresima ci mortifichiamo in unione alla sofferenza di Nostro Signore per godere poi della Sua Vita gloriosa a Pasqua, in Avvento ci discipliniamo piuttosto in una specie di attesa allegra del Bambino Divino. Non cerchiamo grandi piaceri in questo Tempo anticipando le gioie di Natale, ma aspettiamo la Festa natalizia per prendere in essa la nostra gioia.

Vediamo dunque che una certa disciplina, uno spirito di moderazione in tutte le cose ci conviene a questo Tempo. Inoltre come in vista di ogni grande Festa della Chiesa, la purificazione dell'anima è richiesta. Se noi viviamo nel peccato mortale, adesso è il tempo per convertirci e fare penitenza, docili agli ammonimenti di san Giovanni Battista, lo stesso vale per il peccato veniale e altrettanto per le nostre imperfezioni.

Perché perseveriamo nel peccato e nelle imperfezioni quando sappiamo che a Dio non piace? San Paolo ci dice oggi: la notte è trascorsa, il giorno è vicino, rigettiamo dunque le opere delle tenebre e vestiamoci delle armi della luce, non viviamo dei piaceri eccessivi e dei sensi, nell'immodestia, nei conflitti con altri, ma vestiamoci nel Signore Gesù Cristo +.

Noi abbiamo la Fede, se siamo nel peccato e non sentiamo la forza, né il coraggio, né la voglia di combatterlo, preghiamo il Signore che ci darà la forza, l'ora è venuta, adesso, per svegliarci dal sonno - dice san Paolo - e per essere concreti ci chiediamo cosa è il nostro peccato o vizio dominante, riflettiamo, e quando ce ne siamo accorti tiriamone le conseguenze e combattiamolo.

In una parola, il nostro compito nell'Avvento è quello della conversione, di preparare il nostro cuore alla Sua venuta, come un Presepio degno dell'Altissimo, meditiamo spesso sulla Sua venuta imminente leggendo l'inizio del Vangelo di san Luca, e visitandoLo nel Tabernacolo.

Dom Guéranger scrive: Durante il Tempo di Avvento Nostro Signore bussa alla porta dei cuori degli uomini, talvolta forte, talvolta piano. Lui viene per chiedere se hanno un posto per Lui, perché vuole essere nato nella loro casa. La casa è comunque la Sua, perché Lui l'ha costruita e la conserva, ma si lamenta che i suoi hanno rifiutato di riceverLo, almeno la maggior parte. Preparatevi dunque a vederLo nato dentro di voi, più bello, più radiante, più potente che l'avete mai conosciuto.

 

Questo, dunque, il nostro compito in Avvento che proviamo a fare con tutto il cuore, con l'intercessione della Santissima Madre di Dio, come anticipo del nostro incontro definitivo con il Signore in Cielo. Amen

In nomine Patri, et Filii, et Spiritus Sancti.

Sia lodato Gesù Cristo +


[Modificato da Caterina63 27/11/2011 17:42]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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[SM=g1740733] Buon Avvento a tutti, in compagnia di Maria Santissima!
Vi offriamo, dalle Messe della Vergine Maria, la meditazione della VISITAZIONE: Maria in visita alla cugina santa Elisabetta richiama anche la nostra attenzione in questo Tempo di Avvento, per preparare al Dio che viene, il nostro cuore, Tempio santo, con la conversione e tanti buoni propositi da affidare alla Madre...
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Restando in tema d'Avvento, vi offriamo la meditazione sulla Messa della Beata Vergine per l'Annunciazione.
Questo Evento è fondamentale non solo per ogni uomo, ma soprattutto per quanti di noi hanno a cuore di farsi realmente Discepoli del Verbo Incarnato, con Maria e come Maria.
Il Verbo Incarnato non venne per creare un esercito e dominare le città, piuttosto è venuto e viene per regnare nei cuori, e perchè piantando la Sua tenda dentro di noi, ci rende capaci di diventare come Lui.
Il Natale alla fine diventa ed è Dono di Dio per noi!
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In attesa del Santo Natale, prepariamo i cuori anche attraverso il canto...
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[Modificato da Caterina63 14/12/2011 14:09]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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28/11/2011 12:50
 
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[SM=g1740733]In quale modo possiamo vivere ed impegnare questo Tempo di Avvento? In quale modo "fare silenzio", disciplinarci, preparare il cuore come quando prepareremo a giorni il Presepio?

Ci da alcuni suggerimenti san Giovanni Bosco, dal libro Vita dei Papi, scrive:

- Doveri verso i genitori e i superiori.

San Paolo fatto consapevole della tristezza che travagliava gli Efesini, scrisse una lettera per consolarli.
Fra le consolazioni vi sono delle raccomandazioni, grazie alle quali, arriva la vera consolazione.
Innanzi tutto egli raccomanda di considerare Gesù Cristo capo della Chiesa e di tenersi uniti a Lui uniti nella persona dei suoi Apostoli.
Raccomanda caldamente di stare lontani da certi peccati che non si devono neppure nominare fra i fedeli: la fornicazione, egli ci fa capire, l'impurità del corpo, l'avarizia, la spudoratezza, non devono essere neppure nominati, nè devono essere fatti oggetti di baldanzosa scherzosità, così come avviene nel nostro tempo, finendo per far venir meno il sacro senso del pudore anche in pensieri e parole.
Indirizzando poi il discorso alla gioventù dice queste affettuose parole: Figliuoli, ve lo raccomando per amore del Signore, siate obbedienti ai vostri genitori, perchè è cosa giusta. Onora tuo padre e tua madre, dice il Signore. Se tu osserverai questo comandamento sarai felice e vivrai lungamente sopra la terra.
Ma si presti attenzione che tale obbedienza deve pervenire ad una corretta presenza del genitore nella vita dei figliuoli, dice infatti ad essi san Paolo: E voi padri, non provocate all'ira i vostri figliuoli, ma allevateli nella sana disciplina e nella istruzione del Signore.
Come vedete è importante che i genitori non si prestino a crescere i propri figli senza il sacro timor di Dio, perchè la sua assenza provoca nei figli la ribellione, la disobbedienza e molti altri danni.
San Paolo ammonisce anche altri settori della vita quotidiana: Voi, o servi, ubbidite ai vostri padroni, come a Gesù Cristo, non per piacere agli uomini, ma per fare la volontà di Dio. Ma anche a voi, padroni, fate altrettanto verso i vostri servi, ponendo da parte ogni asprezza, ricordandovi che anche voi avete un padrone e che è nei Cieli, e che Egli non è accettator di persone che non compiranno la Sua volontà divina.
Vedete come la vera consolazione giunge quando ognuno compirà il proprio dovere tenendo sempre a mente Gesù Cristo nostro Signore, e di quali e grandi danni ne derivano se nel nostro fare si giungesse a dimenticarci di Lui, sovviene il caos, il disordine, l'indisciplina, fino all'anarchia.

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ORATORIO NATALIZIO DELLE ALPI" E PROIEZIONE DEL FILM "DAL CIELO IN TERRA - AVVENTO E NATALE NELLE PREALPI BAVARESI", OFFERTI AL PAPA DALLA BAYERISCHER RUNDFUNK, 02.12.2011

Alle ore 17.30 di questo pomeriggio il Santo Padre Benedetto XVI assiste nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano ad un "Oratorio natalizio delle Alpi", con canzoni e musiche del compositore bavarese Hans Berger, eseguite dal suo Ensemble e dal "Coro Montini", e alla proiezione del film "Dal cielo in terra - Avvento e Natale nelle Prealpi Bavaresi", di Sigrid Esslinger, prodotto dalla Radiotelevisione bavarese "Bayerischer Rundfunk".
Al termine dell’evento, il Papa rivolge ai presenti le seguenti parole:

PAROLE DEL SANTO PADRE

Eminenza, Eccellenze!
Sehr geehrte Damen und Herren!
Liebe Freunde!

Am Ende dieser adventlichen Stunde hier im Apostolischen Palast möchte ich gern einige Worte an Sie richten. Herzlichen Dank sage ich zunächst allen, die den heutigen Abend möglich gemacht haben: Herrn Hans Berger zusammen mit seinem Ensemble und dem Montini-Chor danke ich für die Darbietung des „Alpenländischen Weihnachtsoratoriums", das mir wirklich zu Herzen gegangen ist – ganz herzlichen Dank –, und dem Bayerischen Rundfunk, vertreten durch Herrn Mandlik und Frau Sigrid Esslinger, für die Vorführung des Films über Advent und Weihnachten im bayerischen Voralpenland. Sie alle haben gleichsam ein Stück bayerisches Brauchtum und Lebensgefühl in das Haus des Papstes gebracht. Ich kann nur herzlich Vergelt’s Gott sagen für dieses Geschenk.

[Alla fine di questo momento di Avvento qui, nel Palazzo Apostolico, vorrei rivolgervi alcune parole. Anzitutto, un cordiale ringraziamento a quanti hanno reso possibile questa serata. Ringrazio il signor Hans Berger insieme al suo Ensemble e al "Coro Montini" per la presentazione dell’"Oratorio natalizio delle Alpi", che veramente mi ha toccato nel profondo. Un grazie di cuore. Poi, ringrazio la Radiotelevisione Bavarese, rappresentata dal signor Mandlik e dalla signora Sigrid Esslinger, per la proiezione del film sull’Avvento e il Natale nelle Prealpi bavaresi. Voi tutti avete portato un po’ di usanze e di senso della vita tipicamente bavaresi nella casa del Papa: posso dirvi soltanto di cuore "Il Signore vi renda merito" per questo dono.]

E spero che anche i nostri amici italiani abbiano avuto gioia con questa inculturazione della fede nelle nostre terre, particolarmente Lei, Eminenza [n. r. il Card. Tarcisio Bertone], nel giorno del suo compleanno.

Da noi, come è stato detto, l’Avvento è chiamato "tempo silenzioso" – "staade Zeit". La natura fa una pausa; la terra è coperta dalla neve; non si può lavorare, nel mondo contadino, all’esterno; tutti sono necessariamente a casa. Il silenzio della casa diventa, per la fede, attesa del Signore, gioia della sua presenza. E così sono nate tutte queste melodie, tutte queste tradizioni che rendono un po’ – come è stato detto anche oggi – "il cielo presente sulla terra".

Tempo silenzioso, tempo di silenzio. Oggi l’Avvento è spesso proprio il contrario: tempo di una sfrenata attività, si compra, si vende, preparativi di Natale, dei grandi pranzi, eccetera. Così, anche da noi. Ma, come avete visto, le tradizioni popolari della fede non sono sparite, anzi, sono state rinnovate, approfondite, aggiornate. E così creano isole per l’anima, isole del silenzio, isole della fede, isole per il Signore, nel nostro tempo, e questo mi sembra molto importante.

E dobbiamo dire grazie a tutti coloro che lo fanno: lo fanno nelle famiglie, nelle chiese, con gruppi più o meno professionali, ma tutti fanno lo stesso: rendere presente la realtà della fede nelle nostre case, nel nostro tempo. E speriamo che anche in futuro questa forza della fede, la sua visibilità, rimanga ed aiuti ad andare avanti, come vuole l’Avvento, verso il Signore.

Nochmals ganz herzlichen Dank, Vergelt’s Gott für alles!

[Ancora, un grazie di tutto cuore e un "Dio vi renda merito" per tutto!]


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[Modificato da Caterina63 03/12/2011 15:56]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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04/12/2011 14:26
 
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Seconda Settimana di Avvento


Predica del 4 Dicembre 2011 di padre Konrad Seconda Domenica di Avvento

In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti.
Domenica scorsa abbiamo meditato, carissimi fedeli, sulla venuta del Bambino Gesù + nelle nostre anime, a Natale, in modo spirituale, ma bisogna sapere che, questa venuta spirituale nelle nostre anime è solo l'ombra della Sua venuta Sacramentale.
Sarebbe triste, davvero, di ricevere il Signore solo spiritualmente, alla Santa Festa di Natale, quando potremmo riceverLo anche sacramentalmente.
Per questo, se siamo nel peccato mortale, dobbiamo confessarci prima di Natale, ma anche se siamo solo nel peccato veniale, dobbiamo confessarci per riceverLo più degnamente, il nostro Creatore e Signore, sotto il tetto del nostro cuore.
L'importanza dell'unione sacramentale al Bambino Gesù + è già evidente nel nome del luogo della Sua nascita, Betlemme, che significa "Casa del Pane", non è un caso che Lui è nato in questo luogo, perchè nei progetti di Dio non esiste il "caso", ma tutto avviene proprio secondo i consigli eterni di Dio, profetizzati dai Profeti, e in questo caso dal Profeta Michea e dichiarati dai pontefici Ebrei con le parole: " e da Betlemme che deve uscire il Capo di Israele".
E' nato, dunque, nella Casa del Pane Colui che disse di se stesso: "Io sono il pane vivo disceso dal Cielo", e in un altro passo: "Questo è il pane disceso dal Cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono; chi mangia questo pane vivrà in eterno" (Gv.6).
In questo Tempo sacro di Avvento ci prepariamo, dunque, per l'unione sacramentale con Gesù Cristo + in forma di un piccolo Bambino, presentato a noi dalla Sua tenera Madre, l'incomparabile e Santissima Vergine Maria.
Nelle parole di Dom Guéranger: "Perchè questo Mistero si compia con maggior dolcezza, il dolce Frutto di Betlemme, si dispone dapprima a penetrare in noi sotto le sembianze di un Bambino, il più bello di tutti i figli dell'uomo. Lui vuole unirsi agli uomini perchè, essendo Lui la vita stessa, vuole che tutti abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza, e perchè vuole trasformarci in Lui, in modo che non siamo più noi a vivere ma Lui che vive in noi".
La realtà di questa unione sacramentale a Gesù Cristo + sotto la forma del Divino Bambino viene espresso in una esperienza mistica di Santa Suor Faustina Kowalska, il cui Diario è da raccomandare a tutti, scrive la Santa che: una volta durante la santa Messa, a lei le apparve la Madonna con il Bambino Gesù e San Giuseppe e scrisse:
"la Madonna Santissima mi disse: - Eccoti il Tesoro più prezioso - e mi diede il Bambino Gesù. Gli dissi: - Io so che Voi siete il mio Signore e Creatore benchè siate così piccolo - Il Signore allungò le Sue braccia e mi guardò sorridendo. Il mio spirito era di una gioia incomparabile. Gesù scomparse all'improvviso e la Santa Messa era giunta la momento di accostarsi alla Santa Comunione. Andai subito assieme alle suore a prendere la Santa Comunione con l'anima ripiena della Sua Presenza, dopo la Santa Comunione sentii nel mio intimo queste parole: - Io sono nel tuo cuore quello stesso che hai tenuto in braccio -"

Carissimi fedeli, sappiamo bene che lo scopo della nostra vita è l'imitazione di Gesù Cristo + Lui è il modello di ogni virtù, imitando Lui dunque, con l'aiuto della grazia, diveniamo perfetti. A Natale si presenta a noi come un Bambino per insegnarci, tra l'altro e senza dubbio, ad imitarLo anche come era da Bambino: semplice, trasparente, innocente, docile, umile, mite, dolce, amorevole. Che questo sia il nostro atteggiamento in Avvento, a Natale e sempre. Verso altrui, ma soprattutto verso di Lui, per unirci più intimamente e più perfettamente a Lui spiritualmente, sacramentalmente, e dopo questa vita in terra, definitivamente in Cielo, alla gloria del Suo Santo Nome.
Amen.

In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti.
Sia lodato Gesù Cristo +







Il Papa all'Angelus: Lo stile di Giovanni Battista dovrebbe richiamare tutti i cristiani a scegliere la sobrietà come stile di vita, specialmente in preparazione alla festa del Natale, in cui il Signore – come direbbe san Paolo – "da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà"

FESTIVITA' NATALIZIE: LO SPECIALE DEL BLOG

Vedi anche:

Il Papa: accoglienza e solidarietà verso rifugiati ed immigrati. Ai fedeli francesi: i tempi incerti non devono farci paura (Izzo)

Il Papa: la sobrietà sia lo stile di vita dei cristiani

Il Papa: scegliere la sobrietà come stile di vita. Un pensiero speciale per gli apolidi (Ambrogetti)

Il pensiero del Papa per migranti e rifugiati: all’Angelus, con l’appello alla conversione in Tempo di Avvento (Radio Vaticana)

Il Papa: preparare il Natale con uno stile di vita sobrio e facendo una verifica della propria vita (AsiaNews)

Il Papa: la sobrietà sia lo stile di vita dei Cristiani. Raddrizziamo i nostri sentieri (Izzo)

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 04.12.2011

Alle ore 12 di oggi, seconda domenica di Avvento, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:


PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

L’odierna domenica segna la seconda tappa del Tempo di Avvento.
Questo periodo dell’anno liturgico mette in risalto le due figure che hanno avuto un ruolo preminente nella preparazione della venuta storica del Signore Gesù: la Vergine Maria e san Giovanni Battista. Proprio su quest’ultimo si concentra il testo odierno del Vangelo di Marco. Descrive infatti la personalità e la missione del Precursore di Cristo (cfr Mc 1,2-8). Incominciando dall’aspetto esterno, Giovanni viene presentato come una figura molto ascetica: vestito di pelle di cammello, si nutre di cavallette e miele selvatico, che trova nel deserto della Giudea (cfr Mc 1,6). Gesù stesso, una volta, lo contrappose a coloro che "stanno nei palazzi dei re" e che "vestono con abiti di lusso" (Mt 11,8).

Lo stile di Giovanni Battista dovrebbe richiamare tutti i cristiani a scegliere la sobrietà come stile di vita, specialmente in preparazione alla festa del Natale, in cui il Signore – come direbbe san Paolo – "da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà" (2 Cor 8,9).

Per quanto riguarda la missione di Giovanni, essa fu un appello straordinario alla conversione: il suo battesimo "è legato a un ardente invito a un nuovo modo di pensare e di agire, è legato soprattutto all’annuncio del giudizio di Dio" (Gesù di Nazaret, I, Milano 2007, p. 34) e della imminente comparsa del Messia, definito come "colui che è più forte di me" e che "battezzerà in Spirito Santo" (Mc 1,7.8). L’appello di Giovanni va dunque oltre e più in profondità rispetto alla sobrietà dello stile di vita: chiama ad un cambiamento interiore, a partire dal riconoscimento e dalla confessione del proprio peccato. Mentre ci prepariamo al Natale, è importante che rientriamo in noi stessi e facciamo una verifica sincera sulla nostra vita. Lasciamoci illuminare da un raggio della luce che proviene da Betlemme, la luce di Colui che è "il più Grande" e si è fatto piccolo, "il più Forte" e si è fatto debole.

Tutti e quattro gli Evangelisti descrivono la predicazione di Giovanni Battista facendo riferimento ad un passo del profeta Isaia: "Una voce grida: «Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio»" (Is 40,3). Marco inserisce anche una citazione di un altro profeta, Malachia, che dice: "Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via" (Mc 1,2; cfr Mal 3,1). Questi richiami alle Scritture dell’Antico Testamento "parlano dell’intervento salvifico di Dio, che esce dalla sua imperscrutabilità per giudicare e salvare; a Lui bisogna aprire la porta, preparare la strada" (Gesù di Nazaret, I, p. 35).

Alla materna intercessione di Maria, Vergine dell’attesa, affidiamo il nostro cammino incontro al Signore che viene, mentre proseguiamo il nostro itinerario di Avvento per preparare nel nostro cuore e nella nostra vita la venuta dell’Emmanuele, il Dio-con-noi.

DOPO L’ANGELUS

(...)

[Rivolgo ai polacchi una parola di saluto. Nella seconda domenica dell’Avvento la liturgia della Chiesa ci invita: "preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri" (Mc 1,3). Come gli ascoltatori di San Giovanni Battista riconosciamo il nostro peccato, risvegliamo il desiderio di conversione e apriamo i cuori alla presenza di Dio nella nostra vita. Ci sostenga la Sua grazia e benedizione.]

Rivolgo infine un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai fedeli venuti da Foggia, Mozzagrogna, Cagliari, Carbonia, Agropoli e Chiusano di San Domenico, come pure alla Corale di Canale di Ceregnano.

A tutti auguro una buona domenica.



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Il Papa accende l'albero di Natale di Gubbio: Ciascuno sia una luce per chi gli sta accanto; esca dall’egoismo che spesso chiude il cuore e spinge a pensare solo a se stessi; doni un po’ di attenzione all’altro, un po’ di amore. Ogni piccolo gesto di bontà è come una luce di questo grande Albero: insieme alle altre luci è capace di illuminare l’oscurità della notte, anche quella più buia

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DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari abitanti di Gubbio!
Cari amici!


Ben volentieri ho accolto l’invito di accendere il grande Albero di Natale che ogni anno sovrasta la città di Gubbio.
Ringrazio il Comitato organizzatore e, in particolare, il Vescovo Monsignor Ceccobelli per le parole che mi ha rivolto a nome della città e della diocesi eugubina.
Un saluto a voi tutti, che siete nella Piazza di Gubbio o collegati attraverso la televisione!

Prima di accendere le luci dell’Albero, vorrei fare un triplice, semplice augurio.

Questo grande Albero di Natale è collocato sulle pendici del Monte Ingino sulla cui sommità, come ricordava il Vescovo, è situata anche la Basilica del Patrono di Gubbio, sant’Ubaldo. Guardandolo, il nostro sguardo è spinto in modo naturale verso l’alto, verso il Cielo, verso il mondo di Dio.

Il primo augurio, allora, è che il nostro sguardo, quello della mente e del cuore, non si fermi solamente all’orizzonte di questo nostro mondo, alle cose materiali, ma sia un po’ come questo albero, sappia tendere verso l’alto, sappia rivolgersi a Dio. Lui mai ci dimentica, ma chiede che anche noi non ci dimentichiamo di Lui!
Il Vangelo ci dice che nella notte del santo Natale una luce avvolse i pastori (cfr Lc 2,9-11) annunciando loro una grande gioia: la nascita di Gesù, di Colui che viene a portare luce, anzi di Colui che è la luce vera che illumina ogni uomo (cfr Gv 1,9).
Il grande albero che tra poco accenderò domina la città di Gubbio e illuminerà con la sua luce il buio della notte.

Il secondo augurio è che esso ricordi come anche noi abbiamo bisogno di una luce che illumini il cammino della nostra vita e ci dia speranza, specialmente in questo nostro tempo in cui sentiamo in modo particolare il peso delle difficoltà, dei problemi, delle sofferenze, e un velo di tenebra sembra avvolgerci.
Ma quale luce è capace di illuminare veramente il nostro cuore e donarci una speranza ferma, sicura? E’ proprio il Bambino che contempliamo nel santo Natale, in una semplice e povera grotta, perché è il Signore che si fa vicino a ciascuno di noi e chiede che lo accogliamo nuovamente nella nostra vita, chiede di volergli bene, di avere fiducia in Lui, di sentire che è presente, ci accompagna, ci sostiene, ci aiuta.
Ma questo grande Albero è formato da tante luci.

L’ultimo augurio che vorrei rivolgere è che ciascuno di noi sappia portare un po’ di luce negli ambienti in cui vive: in famiglia, al lavoro, nel quartiere, nei Paesi, nelle Città.
Ciascuno sia una luce per chi gli sta accanto; esca dall’egoismo che spesso chiude il cuore e spinge a pensare solo a se stessi; doni un po’ di attenzione all’altro, un po’ di amore. Ogni piccolo gesto di bontà è come una luce di questo grande Albero: insieme alle altre luci è capace di illuminare l’oscurità della notte, anche quella più buia.

Grazie allora, e scenda su tutti la luce e la benedizione del Signore.



[SM=g1740722]



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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14/12/2011 14:50
 
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LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 11.12.2011

Di ritorno dalla visita pastorale alla Parrocchia romana di Santa Maria delle Grazie a Casal Boccone , alle ore 12 il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
In questa III domenica di Avvento, domenica "Gaudete", sono presenti - tra gli altri - i bambini del Centro Oratori Romani per la benedizione dei "Bambinelli", le statuine di Gesù Bambino che i ragazzi metteranno nei presepi delle famiglie, delle scuole e delle parrocchie.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL'ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

I testi liturgici di questo periodo di Avvento ci rinnovano l’invito a vivere nell’attesa di Gesù, a non smettere di aspettare la sua venuta, così da mantenerci in un atteggiamento di apertura e di disponibilità all’incontro con Lui.
La vigilanza del cuore, che il cristiano è chiamato ad esercitare sempre, nella vita di tutti i giorni, caratterizza in particolare questo tempo in cui ci prepariamo con gioia al mistero del Natale (cfr Prefazio dell’Avvento II).
L’ambiente esterno propone i consueti messaggi di tipo commerciale, anche se in tono minore a causa della crisi economica.
Il cristiano è invitato a vivere l’Avvento senza lasciarsi distrarre dalle luci, ma sapendo dare il giusto valore alle cose, per fissare lo sguardo interiore su Cristo. Se infatti perseveriamo “vigilanti nella preghiera ed esultanti nella lode” (ibid.), i nostri occhi saranno in grado di riconoscere in Lui la vera luce del mondo, che viene a rischiarare le nostre tenebre.

In particolare, la liturgia dell’odierna domenica, detta “Gaudéte”, ci invita alla gioia, ad una vigilanza non triste, ma lieta. “Gaudete in Domino semper” – scrive san Paolo: “Gioite sempre nel Signore” (Fil 4,4).

La vera gioia non è frutto del divertirsi, inteso nel senso etimologico della parola di-vertere, cioè esulare dagli impegni della vita e dalle sue responsabilità. La vera gioia è legata a qualcosa di più profondo. Certo, nei ritmi quotidiani, spesso frenetici, è importante avere spazi di tempo per il riposo, per la distensione, ma la gioia vera è legata al rapporto con Dio.

Chi ha incontrato Cristo nella propria vita, sperimenta nel cuore una serenità e una gioia che nessuno e nessuna situazione possono togliere.

Sant’Agostino lo aveva compreso molto bene; nella sua ricerca della verità, della pace, della gioia, dopo aver cercato invano in molteplici cose conclude con la celebre espressione che il cuore dell’uomo è inquieto, non trova serenità e pace finché non riposa in Dio (cfr Le Confessioni, I,1,1). La vera gioia non è un semplice stato d’animo passeggero, né qualcosa che si raggiunge con i propri sforzi, ma è un dono, nasce dall’incontro con la persona viva di Gesù, dal fargli spazio in noi, dall’accogliere lo Spirito Santo che guida la nostra vita.
È l’invito che fa l’apostolo Paolo: “Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo” (1 Ts 5,23). In questo tempo di Avvento rafforziamo la certezza che il Signore è venuto in mezzo a noi e continuamente rinnova la sua presenza di consolazione, di amore e di gioia. Abbiamo fiducia in Lui; come ancora afferma sant’Agostino, alla luce della sua esperienza: il Signore è più vicino a noi di quanto noi lo siamo a noi stessi - “interior intimo meo et superior summo meo” (Le Confessioni, III,6,11).
Affidiamo il nostro cammino alla Vergine Immacolata, il cui spirito ha esultato in Dio Salvatore. Sia Lei a guidare i nostri cuori nell’attesa gioiosa della venuta di Gesù, un’attesa ricca di preghiera e di opere buone.

DOPO L'ANGELUS

Cari fratelli e sorelle, oggi il primo saluto è riservato ai bambini di Roma, venuti per la tradizionale benedizione dei “Bambinelli”, organizzata dal Centro Oratori Romani. Grazie a voi tutti! Cari bambini, quando pregherete davanti al vostro presepe, ricordatevi anche di me, come io mi ricordo di voi. Vi ringrazio, e Buon Natale!

Sono lieto di salutare i rappresentanti del Movimento per la Vita di molti Paesi europei, convenuti in occasione del premio per la vita “Madre Teresa di Calcutta” assegnato alla memoria di Chiara Lubich. Cari amici, nell’anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, ricordiamo che il primo fra tutti i diritti è quello alla vita. Vi auguro ogni bene per la vostra attività.

Desidero inoltre invitare gli universitari degli Atenei di Roma alla celebrazione dei Vespri in preparazione al Natale: l’appuntamento è per giovedì prossimo, 15 dicembre, nella Basilica di San Pietro.

...

Saluto infine con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli di Pian Camuno e di Genova Quarto, il gruppo del Presidio Ospedaliero San Giuseppe e Melorio di Santa Maria Capua Vetere, e i lavoratori della Cooperativa Road Transport, di Roma. A tutti auguro una buona domenica, una buona settimana. Grazie. Buona domenica “Gaudete” .













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16/12/2011 19:18
 
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[SM=g1740733]Perdonate il ritardo.... ma sono stata assente da domenica....Rimediamo subito con una omelia di sant'Agostino...


terza di Avvento



"Dite agli smarriti di cuore: Coraggio!
Non temete; ecco il vostro Dio…Egli viene a salvarvi".
(Is 35, 4)

Dai "Discorsi" di Sant’Agostino Vescovo(Serm. 66, 1-4)
La testimonianza di Cristo su Giovanni

Giovanni precedette il Cristo sia nel nascere che nell’annunciarlo, ma lo precedette come un umile servo obbediente senza mettersi al di sopra di lui. Quanto grande fu dunque la testimonianza resa a Cristo da Giovanni? Tanto grande, da fargli dire che non era degno di sciogliere i lacci dei suoi sandali. Egli confessò d’essere solo una lampada accesa da lui e perciò si rifugiò ai suoi piedi per paura che, innalzandosi, venisse spenta dal vento della superbia. Era tanto grande, ch’era creduto il Cristo, e se egli stesso non avesse confessato di non esserlo, sarebbe rimasto l’errore e si sarebbe continuato a credere ch’era lui il Cristo. Il popolo gli tributava onore ed egli lo rifiutava. Qui sta la sua umiltà! La gente sbagliava nel reputarlo più grande di quello ch’era ed egli si umiliava. Egli non voleva la grandezza attribuitagli dalle parole degli uomini, perché aveva compreso che cosa era "la Parola" di Dio.

Giovanni vide il Signore, lo vide, puntò il dito verso di lui e disse: Ecco l’agnello di Dio che prende su di sé i peccati del mondo (Gv 1, 29). Eccolo qui. Era già venuto ma non era riconosciuto; per questo la gente si era formato un errato concetto di lui. Ecco, è qui Colui che i Patriarchi desideravano vedere, che i Profeti preannunciarono, ch’era stato prefigurato dalla Legge. Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che prende su di sé i peccati del mondo. Egli rese questa bella testimonianza al Signore e il Signore a lui: Tra i nati di donna – disse – non è sorto nessuno più grande di Giovanni il Battezzatore; chi però è il più piccolo nel regno dei cieli, è più grande di lui (Mt 11, 11).

Abbiamo udito la verace e bella testimonianza resa da Giovanni a Cristo e da Cristo a Giovanni. Che significa dunque il fatto che Giovanni mentre era rinchiuso in carcere, ov’era destinato ad essere ucciso presto, mandò da Cristo i suoi discepoli, e disse loro: Andate e domandategli: Sei tu quello che deve venire o dobbiamo aspettare un altro? (Mt 11, 2-3). A questo si riduce tutto l’elogio che di lui aveva fatto? L’elogio è forse diventato un dubbio? Che cosa dici, Giovanni? A chi lo dici? Perché lo dici? Lo dici al giudice, tu, suo banditore. Sei stato tu a tendere il dito, a mostrarlo, e a dire: Ecco l’agnello di Dio che si addossa i peccati del mondo. Sei stato tu a dire: Tutti noi abbiamo preso dalla sua ricchezza (Gv 1, 16). Sei stato tu a dire: Non sono degno di sciogliere i lacci dei suoi sandali (Gv 1, 27), e adesso tu dici: Sei tu che devi venire o dobbiamo aspettare un altro? Non è proprio lui stesso? E tu chi sei? Non sei forse il suo precursore? Non sei forse tu colui del quale è stato predetto: Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te; egli ti preparerà la strada? (Mt 11, 10) Come mai prepari la strada e tu vai fuori strada?

I discepoli di Giovanni tenevano in grande stima il loro maestro; avevano sentito la testimonianza resa da lui a Cristo e n’erano rimasti stupiti; per questo sul punto di morire egli volle che ne avessero la conferma da Cristo. Senza dubbio quelli pensavano tra se stessi: "Costui dice di lui cose tanto grandi, mentre non le dice di se stesso". Andate a chiedergli: non perché io dubiti, ma perché siate informati voi. Andate a chiedergli: sentite da lui ciò che sono solito dire io: avete udito il banditore, abbiate ora la conferma del giudice. Andate a chiedergli: Sei tu che devi venire, o dobbiamo aspettare un altro? Andarono, chiesero, per loro non per Giovanni. E per dare una risposta ad essi Cristo disse: I ciechi vedono, i sordi odono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono guariti, i morti risorgono, ai poveri è annunciata la salvezza. Voi mi vedete, riconoscetemi: vedete le opere, riconoscete chi le compie. E beato chi non si scandalizzerà di me (Mt 11, 4-6). Ma questo lo dico di voi, non di Giovanni. Poiché per farci capire che non lo diceva di Giovanni, Cristo cominciò a parlare di Giovanni alla folla mentre quelli se ne andavano (Mt 11, 7): fece l’elogio veridico di lui chi era verace, anzi la Verità.


Buona domenica “Gaudete” .
[SM=g1740757]

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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18/12/2011 14:36
 
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Il Papa: Maria è infinitamente superata dal Mistero, eppure occupa perfettamente il posto che, al centro di esso, le è stato assegnato. Il suo cuore e la sua mente sono pienamente umili, e, proprio per la sua singolare umiltà, Dio aspetta il "sì" di questa fanciulla per realizzare il suo disegno. Rispetta la sua dignità e la sua libertà



LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 18.12.2011

Di ritorno dalla visita pastorale alla Casa Circondariale Nuovo Complesso di Rebibbia , a mezzogiorno di oggi, quarta domenica di Avvento, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro per il consueto appuntamento domenicale.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

In questa quarta e ultima domenica di Avvento, la liturgia ci presenta quest’anno il racconto dell’annuncio dell’Angelo a Maria. Contemplando l’icona stupenda della Vergine Santa, nel momento in cui riceve il messaggio divino e dà la sua risposta, veniamo interiormente illuminati dalla luce di verità che promana, sempre nuova, da quel mistero. In particolare, vorrei soffermarmi brevemente sull’importanza della verginità di Maria, del fatto cioè che ella ha concepito Gesù rimanendo vergine.

Sullo sfondo dell’avvenimento di Nazaret c’è la profezia di Isaia. "Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele" (Is 7,14). Questa antica promessa ha trovato compimento sovrabbondante nell’Incarnazione del Figlio di Dio. Infatti, non solo la Vergine Maria ha concepito, ma lo ha fatto per opera dello Spirito Santo, cioè di Dio stesso. L’essere umano che comincia a vivere nel suo grembo prende la carne da Maria, ma la sua esistenza deriva totalmente da Dio. E’ pienamente uomo, fatto di terra – per usare il simbolo biblico – ma viene dall’alto, dal Cielo. Il fatto che Maria concepisca rimanendo vergine è dunque essenziale per la conoscenza di Gesù e per la nostra fede, perché testimonia che l’iniziativa è stata di Dio e soprattutto rivela chi è il concepito. Come dice il Vangelo: "Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio" (Lc 1,35). In questo senso, la verginità di Maria e la divinità di Gesù si garantiscono reciprocamente.

Ecco perché è così importante quell’unica domanda che Maria, "molto turbata", rivolge all’Angelo: "Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?" (Lc 1,34).

Nella sua semplicità, Maria è sapientissima: non dubita del potere di Dio, ma vuole capire meglio la sua volontà, per conformarsi completamente a questa volontà.

Maria è infinitamente superata dal Mistero, eppure occupa perfettamente il posto che, al centro di esso, le è stato assegnato. Il suo cuore e la sua mente sono pienamente umili, e, proprio per la sua singolare umiltà, Dio aspetta il "sì" di questa fanciulla per realizzare il suo disegno. Rispetta la sua dignità e la sua libertà. Il "sì" di Maria implica l’insieme di maternità e verginità, e desidera che tutto in Lei vada a gloria di Dio, e il Figlio che nascerà da Lei possa essere tutto dono di grazia.

Cari amici, la verginità di Maria è unica e irripetibile; ma il suo significato spirituale riguarda ogni cristiano. Esso, in sostanza, è legato alla fede: infatti, chi confida profondamente nell’amore di Dio, accoglie in sé Gesù, la sua vita divina, per l’azione dello Spirito Santo. E’ questo il mistero del Natale! Auguro a tutti voi di viverlo con intima gioia.

DOPO L’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle,

ieri, a Madrid, sono stati proclamati Beati ventidue missionari Oblati di Maria Immacolata e un laico, uccisi in Spagna nel 1936 per il solo fatto di essere zelanti testimoni del Vangelo. Alla gioia per la loro beatificazione si unisce la speranza che il loro sacrificio porti ancora tanti frutti di conversione e di riconciliazione.

Desidero assicurare la mia vicinanza alle popolazioni del sud delle Filippine colpite da una violenta tempesta tropicale. Prego per le vittime, in gran parte bambini, per i senzatetto e per i numerosi dispersi.

(...)

Rivolgo infine un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai gruppi di fedeli provenienti dalle Diocesi di Catania e di Caltanissetta, da Tolentino e da Avellino, come pure alla comunità romana di Comunione e Liberazione: li incoraggio a proseguire con gioia il cammino della fede e ad essere lievito evangelico nella società. Saluto anche l’Orchestra giovanile dell’Accademia d’Archi "Arrigoni" di San Vito al Tagliamento, ai cui giovani componenti auguro ogni bene per la loro formazione artistica.
Buona domenica a tutti e buona preparazione al Santo Natale.



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Quarta Domenica di Avvento






Predica del 18 Dicembre 2011 di Padre Konrad Quarta Domenica di Avvento

(per la registrazione in audio, e l'averlo sollecitamente trasmesso a noi per poterlo trascrivere in giornata, si ringrazia il parrocchiano Nicola B.)

In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti.
In questo sacro Tempo di Avvento, carissimi fedeli, un tema costante nella Santa Messa come oggi dell'Offertorio, è quello della Salutazione Angelica, l'Ave Maria, perciò volgiamo oggi, in quest'ultima domenica prima di Natale un breve sguardo su questo tema, ossia, sulla sola parola "Ave".
Ave significa pace e gioia, pace non solo per infondere la pace nell'anima della Madonna, ma innanzi tutto perché l'Annunciazione è una ambasciata di pace mediante cui Dio e l'uomo saranno riconciliati, una ambasciata di pace mediante cui Dio si unirà all'uomo per vincere il suo nemico, per riparare i danni fatti dall'uomo e per soggiogare il mondo intero al Regno pacifico ed eterno di Colui che è il Principe della Pace.
Pace e gioia, la gioia che viene dai beni elargiti da Dio sulla Santissima Madre di Dio, nelle parole di san Bernardo: l'estinzione della concupiscenza, il dominio e il primato di tutto l'Universo, la pienezza di tutte le grazie, di tutte le virtù, di tutti i doni, di tutte le beatitudini, di tutti i frutti dello Spirito, di tutte le scienze, della interpretazione dei sermoni, degli spiriti della profezia, dei discernimenti degli spiriti, delle operazioni delle virtù, la fecondità della verginità, la maternità del Figlio di Dio, l'essere Stella del mare, la Porta del Cielo e soprattutto la Regina della Misericordia.

Se era grande la gioia della Madonna che derivò dal possesso di tutti questi beni, infinitamente più grande era la gioia che derivò dal possesso di quel bene che è il Suo Bene, Dio stesso, perché con l'Incarnazione la Santissima Vergine Maria ha preso possesso in modo perfetto, in quanto era possibile ad un essere umano, di Dio stesso, la Seconda Persona della Santissima Trinità fatta Uomo, ha preso possesso di Lui in modo perfetto sia fisicamente, sia spiritualmente. Fisicamente in quanto l'ha contenuto nel Suo corpo stesso, nel paradiso terrestre del Suo grembo immacolato, secondo la parola di Geremia: "la donna cingerà l'uomo", e l'ha posseduto in modo perfetto spiritualmente in quanto la Sua anima, per questo scopo, fu fornita di tutte le grazie, le virtù e di tutti i doni di cui abbiamo già parlato.
Ma siccome l'Arcangelo san Gabriele annuncia la pace non solo alla Madonna, ma anche a tutto il genere umano, così anche la gioia, perché con la nascita del Suo Figlio, come recitiamo nel Prefazio della Madonna: "versò sul mondo la luce eterna" sul mondo e in cielo, quella Luce eterna che è Gesù, che nelle parole dell'inno "è l'allegria dei cuori, la gioia delle valli, e il dolce premio della vita", e questa gioia celeste siamo capaci di possederla anche noi come un oggetto, non come un oggetto qualsiasi, ma come la Madonna stessa, anche se in grado inferiore, possederla in noi, perché il Signore stesso ha detto: "affinché la mia gioia sia in voi, e la vostra gioia sia piena", la possediamo in noi nella inabitazione sostanziale della Santissima Trinità, quando siamo nello stato di grazia, e nella Santa Comunione.

Ma c'è un altro significato della parola Ave che è "viva", che si riferisce ad Eva madre dei viventi. Chiamando la Madonna "viva" l'Arcangelo dunque, la dichiara "vera Madre dei viventi", vera madre dei viventi perché vera Madre della vera Vita che è Dio stesso, e perché vera Madre della Vita, la vera vita degli uomini che è la vita della Grazia, la Vita Eterna. E se la Madonna è la vera Madre della Vita, Eva non è la vera madre della vita, bensì la madre della Morte, perché la vita terrestre è la Morte in confronto alla Vita di Grazia e perché lei è la causa della nostra morte fisica, di tutti i suoi discendenti, tranne la Madonna, e della morte spirituale, dell'Inferno.
Questo contrasto tra la Madonna ed Eva la Chiesa lo vede espresso nel fatto che la parola Ave è l'inversione della parola Eva, come cantiamo nell'Inno Ave Maris Stella:
Sumens illud ave (...) Mutans Evae nomen/ Accogliendo quell'"Ave" (...) il nome mutante di Eva...
e la Chiesa considera che come Ave è l'inversione di Eva, la Madonna converte in benedizione tutte le maledizioni di Eva.
Questo contrasto tra la Madonna ed Eva, la Patristica lo espone come contrasto tra una vergine sciocca ed una vergine prudente, una donna superba ed una donna umile, la prima che fa assaporare dell'albero della morte, la seconda che fa assaporare dell'albero della vita, la prima l'amarezza di un cibo velenoso, la seconda la dolcezza di un Frutto Eterno.
Ora, la dolcezza di questo Frutto Eterno è il Frutto del Seno della Santissima Vergine Maria, e che desideriamo gustare a Natale, che desideriamo gustare e guardare con i propri occhi dopo questo nostro esilio, mostratoCi dalla Sua tenerissima Madre, Lui che è l'allegria dei cuori, il gaudio delle lacrime, il dolce premio della vita.
Amen.

In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti.
Sia lodato Gesù Cristo +

[SM=g1740738]


[Modificato da Caterina63 18/12/2011 17:13]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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19/12/2011 15:42
 
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Fra qualche giorno è Natale!
Non vogliamo ridurci a solite frasi di "auguri" moralisti, cuoricini, stelline e quant'altro... ma di proposito vogliamo vivere questo Natale con coloro a cui è stato vietato di vivere, a coloro che UCCISI NEL GREMBO MATERNO, non avranno mai un Natale da festeggiare... e vogliamo farvi questi AUGURI raccontandovi l'ennesima storia di un omicidio legalizzato, l'ennesima storia di adulti assassini che ora impongono alle fanciulle di essere complici di tanta efferatezza... l'ennesima storia che ci riporta, in questo Tempo natalizio, a ricordare LA STRAGE DI ERODE che ancora una volta si consuma fra l'indifferenza dei tanti....


Cari giovani, RIBELLATEVI! il Quarto Comandamento che ci dice di onorare il padre e la madre, non ci autorizza a calpestare il Quinto: non uccidere!
Pertanto non sarà e non è mancanza di rispetto ai genitori se, gentilmente, li si ammonisce duramente contro la loro aberrante imposizione di UCCIDERE....
Cari Giovani, noi non possiamo fare altro che sollecitarvi, pregare con voi e per voi, informare, svegliare i cuori, il resto dovrete farlo voi: RIBELLATEVI! Fatevi questo dono per questo Natale, imparate a dire NO all'ingiustizia, alle leggi assassine, dite no a chi vi impone di uccidere!

Buon Natale!

A Trento, come ai tempi di Erode


Da La Bussola di Francesco Agnoli del 12-12-2011

A Trento, come in tante città d’Italia, venire concepiti è sempre più un rischio ed una colpa. Che si paga con la morte. Ne hanno parlato anche i quotidiani nazionali. Una giovane ragazza trentina di sedici anni, incinta, è stata spinta dai genitori ad abortire. Nonostante fosse fortemente determinata a tenere il bambino. Nonostante fosse, secondo i quotidiani locali, molto “innamorata” del suo fidanzato.
I genitori sono addirittura ricorsi al Tribunale dei Minori, affinché l’eliminazione cruenta del nipote fosse ingiunta dall’autorità. Imposta con la violenza.

Dopo aver resistito con le unghie e con i denti, la povera ragazza, è capitolata e “ha deciso”, non certo spontaneamente, di abortire.
Innumerevoli sono le riflessioni che nascono di fronte ad un simile fatto drammatico.
Partiamo dalla meno importante: quel figlio è stato ucciso anche perché i suoi nonni non potevano accettare il fidanzato della figlia. Un ragazzo albanese. “Omicidio per motivi razziali?”, si domanderà qualcuno. Non importa: nessun professionista dell’antirazzismo si è sentito in dovere di protestare. L’aborto è ormai un bene senza se e senza ma.
Andiamo ora al cuore della vicenda. La cultura abortista si è sempre nascosta dietro il principio dell’autodeterminazione delle donne. L’autodeterminazione è oggi un sacro dogma intoccabile, ma a senso unico: può uccidere suo figlio, la madre che lo vuole; può far uccidere sua figlia, il padre che lo desidera, in nome di una presunta volontà della stessa, espressa a parole, in età adolescenziale.
Ma nessuno alza un dito per proteggere l’autodeterminazione di una ragazza che vuole tenere il bambino, e che viene incalzata, assediata, violentata nella sua libertà, da chi vuole costringerla a divenire il boia della sua creatura. Pro morte, la nostra cultura, sempre; pro vita, mai.

L’autodeterminazione è dunque una truffa: non solo perché non esiste il diritto di nessuno a negare la vita del suo prossimo, in nome della propria presunta libertà; ma anche perché la verità dell’aborto è che quasi sempre la donna che vi ricorre lo fa “costretta”: costretta dalle circostanze; dalla spinta di genitori, compagni, mariti; dalla freddezza e dall’insensibilità di chi la circonda; da problemi economici; da una cultura ingannatrice che le nasconde la natura del bambino, la drammaticità del gesto con cui viene ucciso, e le conseguenze future per la propria psiche e la propria vita. Ma a nessuno interessa rimuovere queste cause, queste costrizioni. A nessuno interessa l’autodeterminazione, quando è per il bene.
Il Nemico del genere umano, del resto, offre sempre, sotto il nome della “libertà”, solide e terribili catene.
Un’ultima considerazione, per un cattolico la più amara. Di fronte alla ragazza che difendeva la vita del figlio, non si è levata alcuna voce autorevole: un convento che si offrisse di tenere il bambino; un sacerdote che ricordasse la verità e invocasse compassione... (solo il rappresentante del Movimento per la Vita si è reso disponibile).

Nulla di nulla. Anzi, il direttore del settimanale diocesano trentino, “Vita Trentina”, ha dichiarato: “E’ un caso amaro. Una maternità che parte da uno stato di sofferenza così grande non parte bene. La Chiesa non può certo dichiararsi a favore dell’aborto, ma capiamo l’enorme difficoltà della famiglia e crediamo che in questa storia vadano sorretti tutti, la ragazza e i suoi genitori”. Dichiarazioni, queste, che dimostrano non solo una mancanza di fede, ma anche un assoluto disprezzo del buon senso e dell’uso della ragione. Infatti il direttore del settimanale diocesano ha anzitutto, per prima cosa, stigmatizzato una maternità, difficile quanto si voglia. Come se non fosse un valore in se stessa. Come se, qualunque sia il modo in cui è nato, ogni uomo non fosse per sua natura degno di rispetto.

Poi, dopo una frasetta di circostanza, quasi d’obbligo (tributo al mestiere che fa), ha dichiarato molto convintamente di “capire”, cioè di condividere, la scelta per la morte; infine con un equilibrismo degno di Ponzio Pilato e don Abbondio messi insieme, ha elegantemente omesso di citare il bambino (vanno aiutati “tutti, la ragazza e i suoi genitori”), dato ormai per spacciato o per inesistente, e ha invitato invece a sorreggere i genitori, cioè la loro volontà di costringere all’aborto, e, nello stesso tempo, la vittima, la figlia costretta ad abortire contro voglia. Come sorreggere quest’ultima, non è stato detto. Non era, è chiaro, un pensiero impellente, per il bravo direttore diocesano. Eppure, dire una parola all’intervistatore non era difficile; eppure, si poteva senza grossi rischi testimoniare la verità; eppure si doveva provare ad offrire un soccorso vero, magari anche solo indicando ai genitori e alla ragazza una via diversa: la possibilità di partorire il bambino e di renderlo adottabile. Ma le idee, gli sforzi per fare il bene, quando il cuore è altrove, non vengono.

Salvaci tu, Gesù bambino, dalla banalità del male. Dai nonni che spingono i genitori ad uccidere il “piccolo albanese” che vive in loro figlia. Dai cattolici che hanno perso ogni anelito al Bene ed alla Giustizia, e che ragionano come il mondo. Dai cattolici che non sanno vederti, in quel bambino ucciso barbaramente, come ai tempi di Erode.

http://gliamicidibab.files.wordpress.com/2010/12/presepio.gif


http://www.carloneworld.org/images/Speciale_Natale/gif_animate/buon_Natale/Buon_Natale_Albero_di_parole.gif

si! Buon Natale
a chi saprà offrire queste opportunità
a chi si sta formando nel grembo materno;
DIFENDI LA VITA
DAL SUO CONCEPIMENTO
FINO ALLA SUA MORTE NATURALE
QUESTO E' IL VERO REGALO
Gesù Bambino
Verbo di Dio Incarnato
ti rammenti
il prezioso dono DELLA VITA





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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[SM=g1740717] Cari Amici il santo Padre Benedetto XVI ci invita a meditare sul Mistero del Divino concepimento del Verbo, l'identità divina del Figlio Gesù, e sulla divina Maternità verginale di Maria Santissima, due realtà inseparabili, indiscutibili, che "si garantiscono reciprocamente", davanti ai quali siamo invitati a manifestare il nostro stupore, la nostra meraviglia, mettendo da parte ogni inutile dubbio....
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[SM=g1740750]

[SM=g1740738]





da bambina le suore ci insegnarono questa giagulatoria:


- Gesù Bambino, amor divino, Verbo Incarnato,

prendi il mio cuor e rendilo a Te disciplinato.

- Gesù Bambino, amor divino, d'Eterna Sapienza,

di ogni Tua virtù fammi beneficenza.

- Gesù Bambino, amor divino, Agnello Immolato,

ogni mia pena trasforma in dono immacolato.

Buon Natale!






[SM=g1740738]


Il Papa: A noi credenti la celebrazione del Natale rinnova la certezza che Dio è realmente presente con noi, ancora "carne" e non solo lontano: pur essendo col Padre è vicino a noi. Dio, in quel Bambino nato a Betlemme, si è avvicinato all’uomo: noi Lo possiamo incontrare adesso, in un «oggi» che non ha tramonto

[SM=g1740717]

L’UDIENZA GENERALE, 21.12.2011

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana, il Papa si è soffermato sul mistero del Natale ormai prossimo.
Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.
L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica impartita insieme ai Vescovi presenti.

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Il Santo Natale

Cari fratelli e sorelle,

Sono lieto di accogliervi in Udienza generale a pochi giorni dalla celebrazione del Natale del Signore. Il saluto che corre in questi giorni sulle labbra di tutti è "Buon Natale! Auguri di buone feste natalizie!". Facciamo in modo che, anche nella società attuale, lo scambio degli auguri non perda il suo profondo valore religioso, e la festa non venga assorbita dagli aspetti esteriori, che toccano le corde del cuore. Certamente, i segni esterni sono belli e importanti, purché non ci distolgano, ma piuttosto ci aiutino a vivere il Natale nel suo senso più vero, quello sacro e cristiano, in modo che anche la nostra gioia non sia superficiale, ma profonda.

Con la liturgia natalizia la Chiesa ci introduce nel grande Mistero dell’Incarnazione. Il Natale, infatti, non è un semplice anniversario della nascita di Gesù, è anche questo, ma è di più, è celebrare un Mistero che ha segnato e continua a segnare la storia dell’uomo – Dio stesso è venuto ad abitare in mezzo a noi (cfr Gv 1,14), si è fatto uno di noi -; un Mistero che interessa la nostra fede e la nostra esistenza; un Mistero che viviamo concretamente nelle celebrazioni liturgiche, in particolare nella Santa Messa. Qualcuno potrebbe chiedersi: come è possibile che io viva adesso questo evento così lontano nel tempo? Come posso prendere parte fruttuosamente alla nascita del Figlio di Dio avvenuta più di duemila anni fa? Nella Santa Messa della Notte di Natale, ripeteremo come ritornello al Salmo Responsoriale queste parole: «Oggi è nato per noi il Salvatore».

Questo avverbio di tempo, «oggi», ricorre più volte in tutte le celebrazioni natalizie ed è riferito all’evento della nascita di Gesù e alla salvezza che l’Incarnazione del Figlio di Dio viene a portare. Nella Liturgia tale avvenimento oltrepassa i limiti dello spazio e del tempo e diventa attuale, presente; il suo effetto perdura, pur nello scorrere dei giorni, degli anni e dei secoli. Indicando che Gesù nasce «oggi», la Liturgia non usa una frase senza senso, ma sottolinea che questa Nascita investe e permea tutta la storia, rimane una realtà anche oggi alla quale possiamo arrivare proprio nella liturgia. A noi credenti la celebrazione del Natale rinnova la certezza che Dio è realmente presente con noi, ancora "carne" e non solo lontano: pur essendo col Padre è vicino a noi. Dio, in quel Bambino nato a Betlemme, si è avvicinato all’uomo: noi Lo possiamo incontrare adesso, in un «oggi» che non ha tramonto.

Vorrei insistere su questo punto, perché l’uomo contemporaneo, uomo del "sensibile", dello sperimentabile empiricamente, fa sempre più fatica ad aprire gli orizzonti ed entrare nel mondo di Dio. La redenzione dell’umanità avviene certo in un momento preciso e identificabile della storia: nell’evento di Gesù di Nazaret; ma Gesù è il Figlio di Dio, è Dio stesso, che non solo ha parlato all’uomo, gli ha mostrato segni mirabili, lo ha guidato lungo tutta una storia di salvezza, ma si è fatto uomo e rimane uomo. L’Eterno è entrato nei limiti del tempo e dello spazio, per rendere possibile «oggi» l’incontro con Lui. I testi liturgici natalizi ci aiutano a capire che gli eventi della salvezza operata da Cristo sono sempre attuali, interessano ogni uomo e tutti gli uomini. Quando ascoltiamo o pronunciamo, nelle celebrazioni liturgiche, questo «oggi è nato per noi il Salvatore», non stiamo utilizzando una vuota espressione convenzionale, ma intendiamo che Dio ci offre «oggi», adesso, a me, ad ognuno di noi la possibilità di riconoscerlo e di accoglierlo, come fecero i pastori a Betlemme, perché Egli nasca anche nella nostra vita e la rinnovi, la illumini, la trasformi con la sua Grazia, con la sua Presenza.

Il Natale, dunque, mentre commemora la nascita di Gesù nella carne, dalla Vergine Maria - e numerosi testi liturgici fanno rivivere ai nostri occhi questo o quell’episodio -, è un evento efficace per noi. Il Papa san Leone Magno, presentando il senso profondo della Festa del Natale, invitava i suoi fedeli con queste parole: «Esultiamo nel Signore, o miei cari, e apriamo il nostro cuore alla gioia più pura, perché è spuntato il giorno che per noi significa la nuova redenzione, l’antica preparazione, la felicità eterna. Si rinnova infatti per noi nel ricorrente ciclo annuale l’alto mistero della nostra salvezza, che, promesso all’inizio e accordato alla fine dei tempi, è destinato a durare senza fine» (Sermo 22, In Nativitate Domini, 2,1: PL 54,193). E, sempre san Leone Magno, in un’altra delle sue Omelie natalizie, affermava: «Oggi l’autore del mondo è stato generato dal seno di una vergine: colui che aveva fatto tutte le cose si è fatto figlio di una donna da lui stesso creata. Oggi il Verbo di Dio è apparso rivestito di carne e, mentre mai era stato visibile a occhio umano, si è reso anche visibilmente palpabile. Oggi i pastori hanno appreso dalla voce degli angeli che era nato il Salvatore nella sostanza del nostro corpo e della nostra anima» (Sermo 26, In Nativitate Domini, 6,1: PL 54,213).

C’è un secondo aspetto al quale vorrei accennare brevemente: l’evento di Betlemme deve essere considerato alla luce del Mistero Pasquale: l’uno e l’altro sono parte dell’unica opera redentrice di Cristo. L’Incarnazione e la nascita di Gesù ci invitano già ad indirizzare lo sguardo verso la sua morte e la sua risurrezione: Natale e Pasqua sono entrambe feste della redenzione. La Pasqua la celebra come vittoria sul peccato e sulla morte: segna il momento finale, quando la gloria dell’Uomo-Dio splende come la luce del giorno; il Natale la celebra come l’entrare di Dio nella storia facendosi uomo per riportare l’uomo a Dio: segna, per così dire, il momento iniziale, quando si intravede il chiarore dell’alba. Ma proprio come l’alba precede e fa già presagire la luce del giorno, così il Natale annuncia già la Croce e la gloria della Risurrezione. Anche i due periodi dell’anno, in cui sono collocate le due grandi feste, almeno in alcune aree del mondo, possono aiutare a comprendere questo aspetto. Infatti, mentre la Pasqua cade all’inizio della primavera, quando il sole vince le dense e fredde nebbie e rinnova la faccia della terra, il Natale cade proprio all’inizio dell’inverno, quando la luce e il calore del sole non riescono a risvegliare la natura, avvolta dal freddo, sotto la cui coltre, però, pulsa la vita e comincia di nuovo la vittoria del sole e del calore.

I Padri della Chiesa leggevano sempre la nascita di Cristo alla luce dall’intera opera redentrice, che trova il suo vertice nel Mistero Pasquale. L’Incarnazione del Figlio di Dio appare non solo come l’inizio e la condizione della salvezza, ma come la presenza stessa del Mistero della nostra salvezza: Dio si fa uomo, nasce bambino come noi, prende la nostra carne per vincere la morte e il peccato. Due significativi testi di san Basilio lo illustrano bene. San Basilio diceva ai fedeli: «Dio assume la carne proprio per distruggere la morte in essa nascosta. Come gli antidoti di un veleno una volta ingeriti ne annullano gli effetti, e come le tenebre di una casa si dissolvono alla luce del sole, così la morte che dominava sull’umana natura fu distrutta dalla presenza di Dio. E come il ghiaccio rimane solido nell’acqua finché dura la notte e regnano le tenebre, ma subito si scioglie al calore del sole, così la morte che aveva regnato fino alla venuta di Cristo, appena apparve la grazia di Dio Salvatore e sorse il sole di giustizia, "fu ingoiata dalla vittoria" (1 Cor 15,54), non potendo coesistere con la Vita» (Omelia sulla nascita di Cristo, 2: PG 31,1461). E ancora san Basilio, in un altro testo, rivolgeva questo invito: «Celebriamo la salvezza del mondo, il natale del genere umano. Oggi è stata rimessa la colpa di Adamo. Ormai non dobbiamo più dire: "Sei in polvere e in polvere ritornerai" (Gn 3,19), ma: unito a colui che è venuto dal cielo, sarai ammesso in cielo" (Omelia sulla nascita di Cristo, 6: PG 31,1473).

Nel Natale noi incontriamo la tenerezza e l’amore di Dio che si china sui nostri limiti, sulle nostre debolezze, sui nostri peccati e si abbassa fino a noi. San Paolo afferma che Gesù Cristo «pur essendo nella condizione di Dio… svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini» (Fil 2,6-7). Guardiamo alla grotta di Betlemme: Dio si abbassa fino ad essere adagiato in una mangiatoia, che è già preludio dell’abbassamento nell’ora della sua passione. Il culmine della storia di amore tra Dio è l’uomo passa attraverso la mangiatoia di Betlemme e il sepolcro di Gerusalemme.

Cari fratelli e sorelle, viviamo con gioia il Natale che si avvicina. Viviamo questo evento meraviglioso: il Figlio di Dio nasce ancora «oggi», Dio è veramente vicino a ciascuno di noi e vuole incontrarci, vuole portarci a Lui. Egli è la vera luce, che dirada e dissolve le tenebre che avvolgono la nostra vita e l’umanità. Viviamo il Natale del Signore contemplando il cammino dell’amore immenso di Dio che ci ha innalzati a Sé attraverso il Mistero di Incarnazione, Passione, Morte e Risurrezione del suo Figlio, poiché – come afferma sant’Agostino - «in [Cristo] la divinità dell’Unigenito si è fatta partecipe della nostra mortalità, affinché noi fossimo partecipi della sua immortalità» (Epistola 187,6,20: PL 33,839-840). Soprattutto contempliamo e viviamo questo Mistero nella celebrazione dell’Eucaristia, centro del Santo Natale; lì si rende presente in modo reale Gesù, vero Pane disceso dal cielo, vero Agnello sacrificato per la nostra salvezza.

Auguro a tutti voi e alle vostre famiglie di celebrare un Natale veramente cristiano, in modo che anche gli scambi di auguri in quel giorno siano espressione della gioia di sapere che Dio ci è vicino e vuole percorrere con noi il cammino della vita. Grazie.



[SM=g1740717]


[SM=g1740717] Panis Angelicus: Pane degli Angeli, la Divina e Santa Eucaristia, cari Amici è questo il Cuore e il motore della Chiesa e noi desideriamo offrirvi queste parole dell'Inno di san Tommaso d'Aquino attraverso il canto, il karaoke per impararlo come si deve non certo per svelare un Mistero il quale tale rimane, ma per contemplarlo e meravigliarci. Così lo spiega il santo Padre Benedetto XVI: "L'importanza dell'unione sacramentale al Bambino Gesù + è già evidente nel nome del luogo della Sua nascita, Betlemme, che significa "Casa del Pane", non è un caso che Lui è nato in questo luogo, perchè nei progetti di Dio non esiste il "caso", ma tutto avviene proprio secondo i consigli eterni di Dio "
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( dell'inno latino Sacris solemniis: Panis Angelicus)
- Il pane degli angeli
diventa pane degli uomini;
il pane del cielo
dà fine a tutte le prefigurazioni:
qual meraviglia!
il servo povero e umile
mangia il Signore.
- Chiediamo a Te,
Dio uno e trino,
di visitarci,
come noi Ti adoriamo.
Per le Tue vie
portaci dove tendiamo,
alla luce in cui tu abiti.


- SACRIS solemniis
iuncta sint gaudia,
et ex praecordiis
sonent praeconia;
recedant vetera,
nova sint omnia,
corda, voces, et opera.
- Noctis recolitur
cena novissima,
qua Christus creditur
agnum et azyma
dedisse fratribus,
iuxta legitima
priscis indulta patribus.
- Post agnum typicum,
expletis epulis,
Corpus Dominicum
datum discipulis,
sic totum omnibus,
quod totum singulis,
eius fatemur manibus.
- Dedit fragilibus
corporis ferculum,
dedit et tristibus
sanguinis poculum,
dicens: Accipite
quod trado vasculum;
omnes ex eo bibite.
- Sic sacrificium
istud instituit,
cuius officium
committi voluit
solis presbyteris,
quibus sic congruit,
ut sumant, et dent ceteris.

- Panis angelicus
fit panis hominum;
dat panis caelicus
figuris terminum;
O res mirabilis:
manducat Dominum
pauper, servus et humilis.
- Te, trina Deitas
unaque, poscimus:
sic nos tu visita,
sicut te colimus;
per tuas semitas
duc nos quo tendimus,
ad lucem quam inhabitas.




[SM=g1740738]

[SM=g1740722]
[Modificato da Caterina63 22/12/2011 09:30]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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21/12/2011 18:04
 
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toh.... avevan ragione Dionigi e la Tradizione (e torto biblisti e liturgisti)

La vera data di nascita di Gesù

Nell'avvicinarsi del Natale, ripropongo un post sulla vera data della nascita di Gesù :

E’ da tempo ormai che viene fatta passare una interpretazione che metterebbe in dubbio la nascita di Gesù il 25 dicembre del 1° d.C.
Infatti si sente dire che essendo morto Erode il Grande il 4 a.C., siccome costui è legato alla nascita di Gesù per il fatto della strage degli innocenti, allora Gesù non sarebbe potuto che nascere il 6 o 7 avanti Cristo.

Ebbene questa interpretazione è falsa e Gesù è in realtà nato proprio nel dicembre del 1° d.C, così come tramandato dalla tradizione.

Vediamo infatti di mettere le due tesi a confronto.

La prima tesi, sostenuta dall’Ottocento in avanti, pone la nascita di Gesù al 7 a.C., in base ad un calcolo previo che contempla la morte di Erode il Grande nel 4 a.C., nonché della congiunzione, proprio in quell’anno, dei pianeti Giove e Saturno, fenomeno astronomico ritenuto all’origine della stella vista dai Magi.
La seconda, invece, già indicata dal monaco Dionigi il Piccolo nel VI secolo, e tornata in auge da una decina d’anni, in particolare per gli studi di Giorgio Fedalto, grazie all’uso dei risultati dell’U.S. Naval Observatory di Washington, che pone la nascita di Gesù nel 1° anno della cosiddetta Era volgare.
È utile sottolineare che per i sostenitori della prima ipotesi Gesù vive dal 7 a.C. al 30 d.C., quindi per 37 anni; per la seconda, dal 1 a.C. al 33 d.C., per 33 anni.
La seconda ipotesi , cioè che Gesù è nato il 1° d.C. , nell’anno 36° di Erode, nell’anno 42° di Augusto, nel 3°dell’olimpiade 194ª è praticamente ormai scientificamente incontestabile.
Come sostenere, però, la nascita di Gesù nel 1° d.C. se Erode muore nel 4 a.C.?

Secondo lo stesso Giuseppe Flavio, Erode compiva 15 anni quando Ircano era giunto al nono anno dalla sua nomina, da quando Pompeo l’aveva ordinato Sommo sacerdote a Gerusalemme. Sappiamo che Erode morì a 71 anni circa, quindi nel 2 o 3 d.C. - esattamente 55 anni dopo il 54 a.C. - e non quindi nel 4 a.C., come comunemente ancora si sente ripetere. Tra l’altro l’eclissi a cui fa riferimento Giuseppe Flavio, come evento legato alla morte di Erode, si è verificata sia nel 4 a.C. che nel 3 d.C. Va a questo punto osservato, ai fini dei calcoli, che l’anno zero è stato introdotto molti secoli dopo lo stesso calendario preparato dal monaco scita Dionigi, fino ad allora computando, senza soluzione di continuità, dall’1 a.C. all’ 1 d.C.
In più, va aggiunto, che le reggenze dei figli di Erode eccedono di tre anni le rispettive date di abdicazione o di morte: Archelao è cacciato dalla Giudea nel 7 d.C. dopo 10 anni di reggenza; Filippo muore nel 34 d.C. dopo 37 anni di reggenza e Antipa muore nel 40 d.C. dopo 43 anni di regno. Fatto che induce a sostenere un periodo di almeno tre anni di co-reggenza del padre con i figli. In tal modo bisogna posticipare al 2 o 3 d.C. la data di morte di Erode, perché quella del 4 a.C. è in realtà la data del testamento con cui suddivide il regno tra i tre figli.

Alla luce di quanto abbiamo detto, si può ritenere fondatamente che Gesù nacque nel 1 d.C. e che Erode morì tra il 2 e il 3 d.C., confermando la tradizione delle Chiese orientali registrata dai calendari giuliani e gregoriano

Inoltre è nato il 25 dicembre, infatti:

Dionigi recepì la data del 25 dicembre che non era stata introdotta arbitrariamente dalle Chiese cristiane. Secondo Tertulliano Gesù sarebbe nato nel 752 di Roma, 41° anno dell’impero di Augusto. I moderni strumenti di indagine permettono di collegare i dati con gli elementi astronomici che ne garantiscono la sicurezza; si superano così i contrasti tra mondo ebraico e cultura cristiana che possono aver condizionato gli storici. La cronologia può essere ricostruita, come ha fatto l’insigne storico Giorgio Fedalto, comparando tavole cronologiche differenti (cfr. Storia e metastoria del cristianesimo. Questioni dibattute, Verona 2006, pp 39-58 e Carsten Peter Thiede, La nascita del cristianesimo, Milano 1999, pp 267-322).

Anche sugli annunci che precedono la nascita di Gesù possiamo fare alcune considerazioni. Luca, intendendo inquadrare storicamente Gesù e la sua venuta, fornisce un’altra coordinata: comincia il suo vangelo riportando una tradizione giudeo-cristiana gerosolimitana, un fatto apparentemente marginale ma storicamente verificabile dai suoi contemporanei, ancor prima del 70 d.C. Secondo l’evangelista, l’angelo Gabriele aveva annunziato al sacerdote Zaccaria, mentre “esercitava sacerdotalmente nel turno (taxis) del suo ordine (ephemeria)” (1,8), quello di Abia (1,5) che la sua sposa Elisabetta avrebbe concepito un figlio. Luca rimanda pertanto ad una rotazione disposta da David (1Cr 24,1-7.19): le 24 classi si avvicendavano in ordine immutabile nel servizio al tempio da sabato a sabato, due volte l’anno. Questo era noto tra i giudei e almeno in ambiente giudeo-cristiano. Il turno di Abia, prescritto per due volte l’anno, cadeva dall’8 al 14 del terzo mese del calendario (lunare) ebraico e dal 24 al 30 dell’ottavo mese (cfr Shemarjahu Talmon, The Calendar Reckoning of the sect from the Judean Desert. Aspects of the Dead Sea Scrolls, in Scripta Hierosolymitana, vol IV, Jerusalem 1958, pp 162-199 e Antonio Ammassari, Alle origini del calendario natalizio, in Euntes Docete, 45, 1992, pp 11-16). Questa seconda volta, secondo il calendario solare corrisponde all’ultima decade di settembre.

In tal modo è storica anche la data della nascita del Battista (Lc 1,57-66) corrispondente al 24 giugno, nove mesi dopo. Così anche l’annuncio a Maria “nel sesto mese” (1,28) dalla concezione di Elisabetta, corrispondente al 25 marzo. Ultima conseguenza è dunque storica la data del 25 dicembre, nove mesi dopo.

Invece, soprattutto nella seconda metà del secolo scorso, si divulgò da parte di liturgisti l’idea che il 25 dicembre fosse una data convenzionale, scelta dai cristiani di Roma per sostituire il Natale del Sole invincibile, cioè una festa del dio Mitra o dell’imperatore, che cadeva intorno al solstizio invernale. In realtà, soprattutto dopo l’editto di Costantino, la Chiesa avrebbe potuto pure essere mossa dal desiderio di valorizzare qualche festa del paganesimo decadente, ma non inventare di sana pianta una data così centrale. Si pensi che nel rito bizantino la data dell’Annunciazione abolisce la domenica e il giovedì santo, e se coincide con la Pasqua si canta metà canone, la composizione poetica propria delle due feste. Dunque, la memoria ininterrotta fu sanzionata con la liturgia, ma il Vangelo di Luca con i suoi accenni a luoghi, date e persone vi ha contribuito in modo fondamentale.

Quindi la festa cristiana del Natale non ha la sua origine storica in Roma ma in Terra Santa: nella seconda metà del IV secolo Egeria racconta che a Gerusalemme si celebrava il 6 gennaio. Si può supporre che tale data, oggi l’Epifania - attestata per quanto si sa in Alessandria nell’ambiente gnostico di Basilide - sia rimasta festa del Natale nei calendari bizantini fino al 1583, data della riforma gregoriana, in seguito alla quale il calendario giuliano è in ritardo di 13 giorni rispetto al gregoriano.
Con ciò non si vuol dire che tutto sia chiarito, però “Le vecchie ipotesi, secondo cui il 25 dicembre era stato scelto a Roma in polemica con il culto mitraico o anche come risposta cristiana al culto del sole invitto, che era stato promosso dagli imperatori romani nel corso del terzo secolo come tentativo di stabilire una nuova religione di stato, oggi non paiono più sostenibili” (J.Ratzinger, Introduzione allo spirito della liturgia, Ed. San Paolo, Cinisello B. 2001, p 104).

(Le notizie e i brani citati sono tratti per intero dagli articoli "Le date del Natale e dell'Epifania" e "Le date del Natale: Dionigi non ha sbagliato" di don Nicola Bux e don Salvatore Vitiello pubblicate su Fides e Forma e dal saggio "Il 25 dicembre è data storica" del prof. Tommaso Federici, tutti reperibili in rete).

tratto da: http://mi-chael.blogspot.com/2010/12/la-vera-data-di-nascita-di-gesu.html

 

[Modificato da Caterina63 22/12/2011 21:06]
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23/12/2011 10:09
 
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I riti natalizi del Papa tra novità e tradizione. Illustrati da monsignor Marini (O.R.)

Illustrati da monsignor Marini

I riti natalizi del Papa tra novità e tradizione

Tradizioni e novità dei riti del tempo di Natale presieduti quest'anno da Benedetto XVI sono illustrati in una nota da monsignor Guido Marini, maestro delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice.

Innanzitutto, quest'anno sarà collocata accanto all'altare della Confessione della basilica Vaticana una statua lignea della Vergine con il Bambino Gesù, conservata presso i Musei Vaticani, che fu donata dal presidente del Brasile João Goulart a Paolo VI in occasione della sua elezione al soglio pontificio nel 1963. L'opera di scuola brasiliana, risalente al secolo XVIII, rappresenta Nostra Signora di Montserrat ed è dipinta in oro con policromia originale e meccatura in argento.

Inoltre, «per quanto riguarda l'ambito musicale -- riferisce monsignor Marini -- la Cappella Sistina eseguirà, come di consueto, brani in gregoriano e in polifonia. Da sottolineare che, per l'ordinario, sarà eseguita la messa cum iubilo, propria del tempo di Natale.
All'offertorio saranno eseguiti i mottetti storici composti da Pier Luigi da Palestrina per la Cappella Sistina. La notte di Natale, al posto del salmo responsoriale, come prevedono le norme liturgiche, sarà eseguito l'antico graduale nel 2° modo, caratteristico di questa solennità liturgica. Il tradizionale canto natalizio dell'Adeste fideles sarà eseguito nella forma elaborata da David Willcocks».

In particolare, poi, la messa della notte di Natale sarà preceduta, quest'anno, dalla preghiera dell'ufficio delle letture, così come prevede il messale romano, con inizio alle ore 21. Conclusa la preghiera dell'ufficio, è previsto il canto della kalenda. I testi della preghiera universale sono stati preparati dai monaci certosini di Farneta.

Riguardo alla solennità del 1° gennaio, monsignor Marini sottolinea che in preparazione alla messa sarà recitata la preghiera del Rosario. [SM=g1740722]
I testi della preghiera universale sono a cura delle monache della Visitazione del monastero Mater Ecclesiae in Vaticano.
Durante la celebrazione dell'Epifania, poi, il Papa ordinerà due nuovi vescovi: monsignor Charles Brown, nominato nunzio apostolico in Irlanda, e monsignor Marek Solczynski, nominato nunzio apostolico in Georgia e Armenia.
Infine sedici bambini riceveranno domenica 8 gennaio il battesimo dalle mani di Benedetto XVI nella Cappella Sistina.

(©L'Osservatore Romano 23 dicembre 2011)


Papa e mons Marini


Il Natale a piazza San Pietro

Ratzinger festeggerà con i fedeli e la famiglia pontificia

La Santa Messa della Notte di Natale, la benedizione Urbi et Orbi del giorno di Natale: sono questi i due appuntamenti centrali con il Papa per le festività natalizie.

Benedetto XVI quest'anno trascorre in maniera tranquilla le festività natalizie.
Gli appuntamenti pubblici sono quelli di routine, legati alle celebrazioni religiose. Il resto è tempo che il Papa trascorre in preghiera e festa, insieme alla Famiglia Pontifica.

Si comincia con la Messa della Notte di Natale, celebrata dal Pontefice alle 22 del 24 dicembre. Il giorno dopo, il Papa si affaccerà dalla Loggia Centrale del Vaticano per la benedizione Urbi et orbi, alla città di Roma e al mondo intero.

Poi, rientrerà nell'appartamento, dove festeggerà con la famiglia pontificia con il pranzo con specialità italiane e tedesche e qualche dolce donato dalla Guardia Svizzera.
 L'anno scorso c'erano sulla tavola del Papa i canederli, i weiss wurstel con senape dolce e i lebkuchen, i tipici biscotti speziati bavaresi.

Per Benedetto XVI il Natale è un giorno speciale. È il giorno in cui la sua famiglia si riunisce. Ci sono le quattro Memores Domini, che curano le casa del Papa, e ci sono anche i segretari Georg Gaenswein e Alfred Xuereb e qualche ospite. Arriva anche il fratello Georg dalla Germania.
Dopo pranzo, si ascolta musica, si chiacchiera, ma soprattutto si medita davanti al Presepe. Come quello dell'Associazione dei Santi Pietro e Paolo dove va privatamente fin da quando era cardinale, o quello allestito dai Sediari nella saletta a fianco della Sala Clementina.
A casa del Papa, poi, ci sono almeno due presepi: quello che ogni anno viene preparato dalla Floreria che fa da sfondo al corridoio della parte privata dell'Appartamento e quello che decora la sala da pranzo.

È il vecchio presepe di casa Ratzinger che i fratelli Joseph e Georg costruivano insieme con l'aiuto della madre fin dagli anni '30.

 Il 26 dicembre, giorno di Santo Stefano, il Papa si affaccerà dal suo appartamento per la recita dell'Angelus.

Mercoledì 28, l'udienza generale, come di consueto. E quindi, il 31 dicembre, ultimo dell'anno, alle 17 il Papa scenderà in Basilica Vaticana per i Vespri e il Te Deum di ringraziamento per l'anno appena trascorso. Il primo dell'anno si celebra la quarantacinquesima giornata mondiale della Pace.
Istituita da Paolo VI, in quel giorno il Papa invia ai governanti del mondo e agli uomini di buona volontà un messaggio che ha per tema la pace, e che quest'anno è stato dedicato a educare i giovani alla pace. E proprio dai giovani il Papa è voluto partire nel tradizionale discorso di auguri alla Curia per illustrare «il modo nuovo, ringiovanito» di essere cristiani.
Benedetto XVI presiederà messa nella cappella Papale alle 9 e 30 e poi, a mezzogiorno, reciterà l'Angelus.

Poi, ci saranno la Messa e l'Angelus del giorno dell'Epifania, il 6 gennaio.
Ma le celebrazioni "speciali" non sono finite: domenica 8 gennaio, festa del Battesimo del Signore, il Papa dice Messa nella Cappella Sistina e battezza alcuni bambini.


[Modificato da Caterina63 23/12/2011 12:03]
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[SM=g1740717] Dante Alighieri... il "suo Paradiso", al di là dei riferimenti letterari e scolastici è davvero meraviglioso assaporare la Dottrina della Divina Incarnazione e del prodigioso concepimento e parto, attraverso delle parole formate in poesia....
E' tutto una poesia, è tutta una meraviglia! Fermiamoci a contemplare, sostiamo a meditare, e nello stupore degli eventi Divini, innamoriamoci anche noi di questa Madre come se ne innamorò Dio, come se ne innamorò Gesù, il frutto benedetto del Suo seno!
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[SM=g1740750] [SM=g1740752]

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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UFFICIO DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE
DEL SOMMO PONTEFICE

NOTIFICAZIONE  

CELEBRAZIONI LITURGICHE DEL TEMPO DI NATALE 2011-2012
PRESIEDUTE DAL SANTO PADRE
BENEDETTO XVI

 

Sabato 24 dicembre 2011
SOLENNITÀ DEL NATALE DEL SIGNORE

Libretto della Celebrazione clicca qui: Cappella Papale
Basilica Vaticana, ore 22

Il Santo Padre Benedetto XVI celebrerà la Santa Messa della Notte nella Solennità del Natale del Signore.

La Celebrazione Eucaristica sarà preceduta dalla preghiera dell’Ufficio delle Letture e dal canto della Kalenda, con inizio alle ore 21.

* * *

Gli Em.mi Signori Cardinali, che desiderano concelebrare con il Santo Padre, sono pregati di trovarsi alle ore 21.30 nella Cappella di San Sebastiano della Basilica Vaticana per indossare le vesti sacre, portando con sé la mitra ornata.

* * *

Tutti coloro che, in conformità al Motu Proprio «Pontificalis Domus»,  compongono la Cappella Pontificia e desiderano partecipare alla celebrazione liturgica, sono pregati di trovarsi alle ore 20.45 presso l’Altare della Confessione per occupare il posto che verrà loro indicato.

Quanto all’abito, vorranno attenersi alle seguenti indicazioni:

– i Signori Cardinali, i Patriarchi, gli Arcivescovi e i Vescovi: sulla veste propria indosseranno il rocchetto, la mozzetta e la berretta;

– gli Abati e i Religiosi: l’abito corale;

– i Prelati: il rocchetto e la mantelletta, o la cotta, sopra la veste paonazza con fascia paonazza, a seconda del proprio grado;

– i Cappellani di Sua Santità: la cotta sopra la talare filettata con fascia paonazza.

 

Domenica 25 dicembre 2011
SOLENNITÀ DEL NATALE DEL SIGNORE

Loggia Centrale della Basilica Vaticana, ore 12

Il Santo Padre Benedetto XVI rivolgerà il Suo messaggio natalizio al mondo e impartirà la Benedizione « Urbi et Orbi ».

Sabato 31 dicembre 2011
SOLENNITÀ DI MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO

Libretto della celebrazione clicca qui: Basilica Vaticana, ore 17

Il Santo Padre Benedetto XVI presiederà i Primi Vespri della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio, cui faranno seguito l’esposizione del Santissimo Sacramento, il tradizionale canto dell’inno «Te Deum», a conclusione dell’anno civile, e la Benedizione Eucaristica.

* * *

Il Clero e i Religiosi, che desiderano partecipare alla celebrazione, sono pregati di indossare l’abito corale loro proprio. Tutti vorranno trovarsi per le ore 16.30 presso l’Altare della Confessione per occupare il posto che verrà loro indicato.

 

Domenica 1° gennaio 2012
SOLENNITÀ DI MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO
GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

Libretto della Celebrazione clicca qui: Cappella Papale
Basilica Vaticana, ore 9.30

Il Santo Padre Benedetto XVI celebrerà la Santa Messa della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio nell’ottava di Natale, ricorrendo la XLV Giornata Mondiale della Pace sul tema: «Educare i giovani alla giustizia e alla pace».

Concelebreranno con il Santo Padre il Card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, il Card. Peter Kodwo Appiah Turkson, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Mons. Giovanni Angelo Becciu, Arcivescovo tit. di Roselle, Sostituto della Segreteria di Stato, Mons. Dominique Mamberti, Arcivescovo tit. di Sagona, Segretario per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato, Mons. Mario Toso, S.D.B., Vescovo tit. di Bisarcio, Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e Mons. Pier Luigi Celata, Arciv. Tit. di Doclea, Segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso.

* * *

Tutti coloro che, in conformità al Motu Proprio «Pontificalis Domus»,  compongono la Cappella Pontificia e desiderano partecipare alla celebrazione liturgica, sono pregati di trovarsi alle ore 9 presso l’Altare della Confessione per occupare il posto che verrà loro indicato.

Quanto all’abito, vorranno attenersi alle seguenti indicazioni:

– i Signori Cardinali, i Patriarchi, gli Arcivescovi e i Vescovi: sulla veste propria indosseranno il rocchetto, la mozzetta e la berretta;

– gli Abati e i Religiosi: l’abito corale;

– i Prelati: il rocchetto e la mantelletta, o la cotta, sopra la veste paonazza con fascia paonazza, a seconda del proprio grado;

– i Cappellani di Sua Santità: la cotta sopra la talare filettata con fascia paonazza.

 

Venerdì 6 gennaio 2012
SOLENNITÀ DELL’ EPIFANIA DEL SIGNORE

Cappella Papale
Basilica Vaticana, ore 9.30

Il Santo Padre Benedetto XVI celebrerà la Santa Messa nella Solennità dell’Epifania del Signore, durante la quale conferirà l’Ordinazione Episcopale ai Presbiteri:

- Mons. Charles John Brown, Arcivescovo tit. di Aquileia, Nunzio Apostolico in Irlanda;

- Mons. Marek Solczyński, Arcivescovo tit. di Cesarea di Mauritania, Nunzio Apostolico in Georgia e Armenia.

 

* * *

Tutti coloro che, in conformità al Motu Proprio «Pontificalis Domus»,  compongono la Cappella Pontificia e desiderano partecipare alla celebrazione liturgica, sono pregati di trovarsi alle ore 9 presso l’Altare della Confessione per occupare il posto che verrà loro indicato.

Quanto all’abito, vorranno attenersi alle seguenti indicazioni:

– i Signori Cardinali, i Patriarchi, gli Arcivescovi e i Vescovi: sulla veste propria indosseranno il rocchetto, la mozzetta e la berretta;

– gli Abati e i Religiosi: l’abito corale;

– i Prelati: il rocchetto e la mantelletta, o la cotta, sopra la veste paonazza con fascia paonazza, a seconda del proprio grado;

– i Cappellani di Sua Santità: la cotta sopra la talare filettata con fascia paonazza.

A norma della Costituzione Apostolica «Pontificalis Romani» del 18 giugno 1968, i Cardinali, i Patriarchi, gli Arcivescovi e i Vescovi presenti al Rito in abito corale potranno partecipare all’atto sacramentale dell’imposizione delle mani e pronunciare le parole essenziali della preghiera di Ordinazione.

Domenica 8 gennaio 2012
FESTA DEL BATTESIMO DEL SIGNORE

Cappella Sistina, ore 9.45

Il Santo Padre Benedetto XVI celebrerà la Santa Messa nel corso della quale amministrerà il Sacramento del Battesimo ad alcuni bambini.
 

Città del Vaticano, 19 dicembre 2011.
 

Per mandato del Santo Padre

Mons. Guido Marini
Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie

 

[SM=g1740738] 

 

 

Kalenda

Il cantore:

Octavo Kalendas ianuarii.

Luna undetricesima.
Innumeris transactis sæculis
a creatione mundi, quando in
principio Deus creavit cælum et
terram et hominem formavit

ad imaginem suam;
permultis etiam sæculis, ex quo
post diluvium Altissimus in nubibus
arcum posuerat, signum
foederis et pacis;
a migratione Abrahæ, patris nostri
in fide, de Ur Chaldæorum
sæculo vigesimo primo;
ab egressu populi Israel de
Ægypto, Moyse duce, sæculo
decimo tertio;
ab unctione David in regem,
anno circiter millesimo;
hebdomada sexagesima quinta,
iuxta Danielis prophetiam;
Olympiade centesima nonagesima quarta;
ab Urbe condita anno septingentesimo
quinquagesimo secundo;
anno imperii Cæsaris Octaviani
Augusti quadragesimo secundo;
toto Orbe in pace composito,
Iesus Christus, æternus Deus
æternique Patris Filius, mundum
volens adventu suo piissimo
consecrare, de Spiritu
Sancto conceptus, novemque
post conceptionem decursis
mensibus, in Bethlehem Iudæ
nascitur ex Maria Virgine factus homo:
Nativitas Domini nostri Iesu
Christi secundum carnem.

*********************************

in italiano

25 dicembre. Luna ventinovesima.
Trascorsi molti secoli dalla creazione
del mondo, quando in
principio Dio aveva creato il
cielo e la terra e aveva fatto l’uomo
a sua immagine;
e molti secoli da quando, dopo
il diluvio, l’Altissimo aveva fatto
risplendere l’arcobaleno, segno
di alleanza e di pace;
ventuno secoli dopo la partenza
da Ur dei Caldei di Abramo, nostro
padre nella fede;
tredici secoli dopo l’uscita di
Israele dall’Egitto sotto la guida di Mosè;
circa mille anni dopo l’unzione
di Davide quale re di Israele;
nella sessantacinquesima settimana,
secondo la profezia di Daniele;
all’epoca della centonovantaquattresima Olimpiade;
nell’anno 752 dalla fondazione di Roma;
nel quarantaduesimo anno
dell’impero di Cesare Ottaviano Augusto;
quando in tutto il mondo regnava
la pace, Gesù Cristo,
Dio eterno e Figlio dell’eterno
Padre, volendo santificare il
mondo con la sua venuta, essendo
stato concepito per opera
dello Spirito Santo, trascorsi
nove mesi, nasce in Betlemme
di Giuda dalla Vergine Maria, fatto uomo:
Natale di nostro Signore Gesù
Cristo secondo la natura umana.

***

- Un Diacono mostra l’immagine di Gesù Bambino, togliendo il
velo che la ricopre.

[SM=g1740738] [SM=g1740750] [SM=g1740752] 

[SM=g1740717] [SM=g1740720] 

 


[Modificato da Caterina63 23/12/2011 19:46]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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24/12/2011 14:30
 
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Cari Amici, io credo davvero che non ci sia evento più bello al mondo di una Madre che partorisce un Figlio e lo culla, gli canta la ninna nanna, lo accudisce, lo protegge, lo ama....
Sant'Alfonso Maria de Liguori ebbe un cuore tenerissimo verso il santo Natale, sono sue le parole che compongono Tu scendi dalle Stelle ed è suo anche questo testo, forse meno conosciuto e portato alla ribalta dalle note di mons. Marco Frisina, parliamo di "Fermarono i Cieli"... gustiamolo e assaporiamo questo quadretto familiare che la Vergine Santa vuole condividere con noi, e come i Pastori andiamo anche noi verso il Divino Bambino e contempliamo, in ginocchio, le meraviglie di Dio, adoriamo il Divino Bambino con Sua Madre.

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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Il Papa: Se vogliamo trovare il Dio apparso quale bambino, allora dobbiamo scendere dal cavallo della nostra ragione “illuminata”. Dobbiamo deporre le nostre false certezze, la nostra superbia intellettuale, che ci impedisce di percepire la vicinanza di Dio. Dobbiamo seguire il cammino interiore di san Francesco – il cammino verso quell’estrema semplicità esteriore ed interiore che rende il cuore capace di vedere [SM=g1740722]



SANTA MESSA: VIDEO INTEGRALE

OMELIA DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

Vedi anche:

Santa Messa di Natale: video Repubblica

Il Papa: Nella stalla di Betlemme si può toccare Dio…(Tornielli)

Il Papa celebra la Messa di Natale (Repubblica)

BUON NATALE A TUTTI :-)))

Messa di Natale, Benedetto XVI: Dio ferma i bastoni degli aguzzini (Tgcom)

Davanti a un bambino. L’omelia del Papa alla messa della notte di Natale (Sir)

Omelia di Natale in San Pietro Il Papa: «Dio, ferma gli aguzzini e i soldati» (Vecchi)

SANTA MESSA DI NATALE: FOTO REPUBBLICA

SANTA MESSA NELLA NOTTE DI NATALE

OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,

La lettura tratta dalla Lettera di san Paolo Apostolo a Tito, che abbiamo appena ascoltato,
inizia solennemente con la parola “apparuit”, che ritorna poi di nuovo anche nella lettura della Messa dell’aurora: apparuit – “è apparso”.
È questa una parola programmatica con cui la Chiesa, in modo riassuntivo, vuole esprimere l’essenza del Natale. Prima, gli uomini avevano parlato e creato immagini umane di Dio in molteplici modi. Dio stesso aveva parlato in diversi modi agli uomini (cfr Eb 1,1: lettura nella Messa del giorno).
Ma ora è avvenuto qualcosa di più: Egli è apparso. Si è mostrato. È uscito dalla luce inaccessibile in cui dimora. Egli stesso è venuto in mezzo a noi. Questa era per la Chiesa antica la grande gioia del Natale: Dio è apparso.
Non è più soltanto un’idea, non soltanto qualcosa da intuire a partire dalle parole. Egli è “apparso”.
Ma ora ci domandiamo: Come è apparso? Chi è Lui veramente? La lettura della Messa dell’aurora dice al riguardo: “apparvero la bontà di Dio … e il suo amore per gli uomini” (Tt 3,4).
Per gli uomini del tempo precristiano, che di fronte agli orrori e alle contraddizioni del mondo temevano che anche Dio non fosse del tutto buono, ma potesse senz’altro essere anche crudele ed arbitrario, questa era una vera “epifania”, la grande luce che ci è apparsa: Dio è pura bontà.

Anche oggi, persone che non riescono più a riconoscere Dio nella fede si domandano se l’ultima potenza che fonda e sorregge il mondo sia veramente buona, o se il male non sia altrettanto potente ed originario quanto il bene e il bello, che in attimi luminosi incontriamo nel nostro cosmo.

“Apparvero la bontà di Dio … e il suo amore per gli uomini”: questa è una nuova e consolante certezza che ci viene donata a Natale.
In tutte e tre le Messe del Natale la liturgia cita un brano tratto dal Libro del Profeta Isaia, che descrive ancora più concretamente l’epifania avvenuta a Natale: “Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine” (Is 9,5s).

Non sappiamo se il profeta con questa parola abbia pensato a un qualche bambino nato nel suo periodo storico. Sembra però impossibile. Questo è l’unico testo nell’Antico Testamento in cui di un bambino, di un essere umano si dice: il suo nome sarà Dio potente, Padre per sempre.

Siamo di fronte ad una visione che va di gran lunga al di là del momento storico verso ciò che è misterioso, collocato nel futuro. Un bambino, in tutta la sua debolezza, è Dio potente.
Un bambino, in tutta la sua indigenza e dipendenza, è Padre per sempre.
“E la pace non avrà fine”.
Il profeta ne aveva prima parlato come di “una grande luce” e a proposito della pace proveniente da Lui aveva affermato che il bastone dell’aguzzino, ogni calzatura di soldato che marcia rimbombando, ogni mantello intriso di sangue sarebbero stati bruciati (cfr Is 9,1.3-4).


Dio è apparso – come bambino. Proprio così Egli si contrappone ad ogni violenza e porta un messaggio che è pace. In questo momento, in cui il mondo è continuamente minacciato dalla violenza in molti luoghi e in molteplici modi; in cui ci sono sempre di nuovo bastoni dell’aguzzino e mantelli intrisi di sangue, gridiamo al Signore:

 Tu, il Dio potente, sei apparso come bambino
e ti sei mostrato a noi come Colui che ci ama
e mediante il quale l’amore vincerà.
E ci hai fatto capire che, insieme con Te,
dobbiamo essere operatori di pace.
Amiamo il Tuo essere bambino,
 la Tua non violenza, ma soffriamo per il fatto
che la violenza perdura nel mondo, e così

Ti preghiamo anche: dimostra la Tua potenza, o Dio.
In questo nostro tempo, in questo nostro mondo,
fa’ che i bastoni dell’aguzzino, i mantelli intrisi di sangue
e gli stivali rimbombanti dei soldati vengano bruciati,
 così che la Tua pace vinca in questo nostro mondo.


[SM=g1740738]

Natale è epifania – il manifestarsi di Dio e della sua grande luce in un bambino che è nato per noi. Nato nella stalla di Betlemme, non nei palazzi dei re.

Quando, nel 1223, Francesco di Assisi celebrò a Greccio il Natale con un bue e un asino e una mangiatoia piena di fieno, si rese visibile una nuova dimensione del mistero del Natale. Francesco di Assisi ha chiamato il Natale “la festa delle feste” – più di tutte le altre solennità – e l’ha celebrato con “ineffabile premura” (2 Celano, 199: Fonti Francescane, 787).

Baciava con grande devozione le immagini del bambinello e balbettava parole di dolcezza alla maniera dei bambini, ci racconta Tommaso da Celano (ivi).

Per la Chiesa antica, la festa delle feste era la Pasqua: nella risurrezione, Cristo aveva sfondato le porte della morte e così aveva radicalmente cambiato il mondo: aveva creato per l’uomo un posto in Dio stesso.

Ebbene, Francesco non ha cambiato, non ha voluto cambiare questa gerarchia oggettiva delle feste, l’interna struttura della fede con il suo centro nel mistero pasquale. Tuttavia, attraverso di lui e mediante il suo modo di credere è accaduto qualcosa di nuovo: Francesco ha scoperto in una profondità tutta nuova l’umanità di Gesù.

Questo essere uomo da parte di Dio gli si rese evidente al massimo nel momento in cui il Figlio di Dio, nato dalla Vergine Maria, fu avvolto in fasce e venne posto in una mangiatoia. La risurrezione presuppone l’incarnazione. Il Figlio di Dio come bambino, come vero figlio di uomo – questo toccò profondamente il cuore del Santo di Assisi, trasformando la fede in amore.

“Apparvero la bontà di Dio e il suo amore per gli uomini”: questa frase di san Paolo acquistava così una profondità tutta nuova. Nel bambino nella stalla di Betlemme, si può, per così dire, toccare Dio e accarezzarlo. Così l’anno liturgico ha ricevuto un secondo centro in una festa che è, anzitutto, una festa del cuore.

Tutto ciò non ha niente di sentimentalismo. Proprio nella nuova esperienza della realtà dell’umanità di Gesù si rivela il grande mistero della fede. Francesco amava Gesù, il bambino, perché in questo essere bambino gli si rese chiara l’umiltà di Dio. Dio è diventato povero. Il suo Figlio è nato nella povertà della stalla. Nel bambino Gesù, Dio si è fatto dipendente, bisognoso dell’amore di persone umane, in condizione di chiedere il loro – il nostro – amore.

Oggi il Natale è diventato una festa dei negozi, il cui luccichio abbagliante nasconde il mistero dell’umiltà di Dio, la quale ci invita all’umiltà e alla semplicità. Preghiamo il Signore di aiutarci ad attraversare con lo sguardo le facciate luccicanti di questo tempo fino a trovare dietro di esse il bambino nella stalla di Betlemme, per scoprire così la vera gioia e la vera luce.

Sulla mangiatoia, che stava tra il bue e l’asino, Francesco faceva celebrare la santissima Eucaristia (cfr 1 Celano, 85: Fonti, 469). Successivamente, sopra questa mangiatoia venne costruito un altare, affinché là dove un tempo gli animali avevano mangiato il fieno, ora gli uomini potessero ricevere, per la salvezza dell’anima e del corpo, la carne dell’Agnello
immacolato Gesù Cristo, come racconta il Celano (cfr 1 Celano, 87: Fonti, 471).

Nella Notte santa di Greccio, Francesco quale diacono aveva personalmente cantato con voce sonora il Vangelo del Natale. Grazie agli splendidi canti natalizi dei frati, la celebrazione sembrava tutta un sussulto di gioia (cfr 1 Celano, 85 e 86: Fonti, 469 e 470).

Proprio l’incontro con l’umiltà di Dio si trasformava in gioia: la sua bontà crea la vera festa.

Chi oggi vuole entrare nella chiesa della Natività di Gesù a Betlemme, scopre che il portale, che un tempo era alto cinque metri e mezzo e attraverso il quale gli imperatori e i califfi entravano nell’edificio, è stato in gran parte murato.


È rimasta soltanto una bassa apertura di un metro e mezzo. L’intenzione era probabilmente di proteggere meglio la chiesa contro eventuali assalti, ma soprattutto di evitare che si entrasse a cavallo nella casa di Dio.

Chi desidera entrare nel luogo della nascita di Gesù, deve chinarsi. Mi sembra che in ciò si manifesti una verità più profonda, dalla quale vogliamo lasciarci toccare in questa Notte santa: se vogliamo trovare il Dio apparso quale bambino, allora dobbiamo scendere dal cavallo della nostra ragione “illuminata”.
Dobbiamo deporre le nostre false certezze, la nostra superbia intellettuale, che ci impedisce di percepire la vicinanza di Dio. Dobbiamo seguire il cammino interiore di san Francesco – il cammino verso quell’estrema semplicità esteriore ed interiore che rende il cuore capace di vedere.


Dobbiamo chinarci, andare spiritualmente, per così dire, a piedi, per poter entrare attraverso il portale della fede ed incontrare il Dio che è diverso dai nostri pregiudizi e dalle nostre opinioni: il Dio che si nasconde nell’umiltà di un bimbo appena nato. Celebriamo così la liturgia di questa Notte santa e rinunciamo a fissarci su ciò che è materiale, misurabile e toccabile. Lasciamoci rendere semplici da quel Dio che si manifesta al cuore diventato semplice.

E preghiamo in quest’ora anzitutto anche per tutti coloro che devono vivere il Natale in povertà, nel dolore, nella condizione di migranti, affinché appaia loro un raggio della bontà di Dio; affinché tocchi loro e noi quella bontà che Dio, con la nascita del suo Figlio nella stalla, ha voluto portare nel mondo.
Amen.


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Benedetto XVI nel messaggio di Natale: Cristo è nato per salvarci dal “male profondo” che separa da Dio. Il Papa ricorda tutti i popoli sofferenti. Poi gli auguri nelle lingue del mondo intero e la benedizione Urbi et Orbi

MESSAGGIO URBI ET ORBI
DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

NATALE 2011

(Video)

 

 

Cari fratelli e sorelle di Roma e del mondo intero!

Cristo è nato per noi! Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Egli ama. A tutti giunga l’eco dell’annuncio di Betlemme, che la Chiesa Cattolica fa risuonare in tutti i continenti, al di là di ogni confine di nazionalità, di lingua e di cultura. Il Figlio di Maria Vergine è nato per tutti, è il Salvatore di tutti.

Così lo invoca un’antica antifona liturgica: “O Emmanuele, nostro re e legislatore, speranza e salvezza dei popoli: vieni a salvarci, o Signore nostro Dio”. Veni ad salvandum nos! Vieni a salvarci! Questo è il grido dell’uomo di ogni tempo, che sente di non farcela da solo a superare difficoltà e pericoli. Ha bisogno di mettere la sua mano in una mano più grande e più forte, una mano che dall’alto si tenda verso di lui. Cari fratelli e sorelle, questa mano è Cristo, nato a Betlemme dalla Vergine Maria. Lui è la mano che Dio ha teso all’umanità, per farla uscire dalle sabbie mobili del peccato e metterla in piedi sulla roccia, la salda roccia della sua Verità e del suo Amore (cfr Sal 40,3).

Sì, questo significa il nome di quel Bambino, il nome che, per volere di Dio, gli hanno dato Maria e Giuseppe: si chiama Gesù, che significa “Salvatore” (cfr Mt 1,21; Lc 1,31). Egli è stato inviato da Dio Padre per salvarci soprattutto dal male profondo, radicato nell’uomo e nella storia: quel male che è la separazione da Dio, l’orgoglio presuntuoso di fare da sé, di mettersi in concorrenza con Dio e sostituirsi a Lui, di decidere che cosa è bene e che cosa è male, di essere il padrone della vita e della morte (cfr Gen 3,1-7). Questo è il grande male, il grande peccato, da cui noi uomini non possiamo salvarci se non affidandoci all’aiuto di Dio, se non gridando a Lui: “Veni ad salvandum nos! - Vieni a salvarci!”.

Il fatto stesso di elevare al Cielo questa invocazione, ci pone già nella giusta condizione, ci mette nella verità di noi stessi: noi infatti siamo coloro che hanno gridato a Dio e sono stati salvati (cfr Est [greco] 10,3f). Dio è il Salvatore, noi quelli che si trovano nel pericolo. Lui è il medico, noi i malati. Riconoscerlo, è il primo passo verso la salvezza, verso l’uscita dal labirinto in cui noi stessi ci chiudiamo con il nostro orgoglio. Alzare gli occhi al Cielo, protendere le mani e invocare aiuto è la via di uscita, a patto che ci sia Qualcuno che ascolta, e che può venire in nostro soccorso.

Gesù Cristo è la prova che Dio ha ascoltato il nostro grido. Non solo! Dio nutre per noi un amore così forte, da non poter rimanere in Se stesso, da uscire da Se stesso e venire in noi, condividendo fino in fondo la nostra condizione (cfr Es 3,7-12). La risposta che Dio ha dato in Gesù al grido dell’uomo supera infinitamente la nostra attesa, giungendo ad una solidarietà tale che non può essere soltanto umana, ma divina. Solo il Dio che è amore e l’amore che è Dio poteva scegliere di salvarci attraverso questa via, che è certamente la più lunga, ma è quella che rispetta la verità sua e nostra: la via della riconciliazione, del dialogo, della collaborazione.

Perciò, cari fratelli e sorelle di Roma e del mondo intero, in questo Natale 2011, rivolgiamoci al Bambino di Betlemme, al Figlio della Vergine Maria, e diciamo: “Vieni a salvarci!”. Lo ripetiamo in unione spirituale con tante persone che vivono situazioni particolarmente difficili, e facendoci voce di chi non ha voce.

Insieme invochiamo il divino soccorso per le popolazioni del Corno d’Africa, che soffrono a causa della fame e delle carestie, talvolta aggravate da un persistente stato di insicurezza. La Comunità internazionale non faccia mancare il suo aiuto ai numerosi profughi provenienti da tale Regione, duramente provati nella loro dignità.

Il Signore doni conforto alle popolazioni del Sud-Est asiatico, particolarmente della Thailandia e delle Filippine, che sono ancora in gravi situazioni di disagio a causa delle recenti inondazioni.

Il Signore soccorra l’umanità ferita dai tanti conflitti, che ancora oggi insanguinano il Pianeta. Egli, che è il Principe della Pace, doni pace e stabilità alla Terra che ha scelto per venire nel mondo, incoraggiando la ripresa del dialogo tra Israeliani e Palestinesi. Faccia cessare le violenze in Siria, dove tanto sangue è già stato versato. Favorisca la piena riconciliazione e la stabilità in Iraq ed in Afghanistan. Doni un rinnovato vigore nell’edificazione del bene comune a tutte le componenti della società nei Paesi nord africani e mediorientali.

La nascita del Salvatore sostenga le prospettive di dialogo e di collaborazione in Myanmar, nella ricerca di soluzioni condivise. Il Natale del Redentore garantisca stabilità politica ai Paesi della Regione africana dei Grandi Laghi ed assista l’impegno degli abitanti del Sud Sudan per la tutela dei diritti di tutti i cittadini.

Cari fratelli e sorelle, rivolgiamo lo sguardo alla Grotta di Betlemme: il Bambino che contempliamo è la nostra salvezza! Lui ha portato al mondo un messaggio universale di riconciliazione e di pace. Apriamogli il nostro cuore, accogliamolo nella nostra vita.

Ripetiamogli con fiducia e speranza: “Veni ad salvandum nos!”. [SM=g1740738]




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[Modificato da Caterina63 25/12/2011 16:07]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Mezzanotte: Santa Messa di Natale a Venezia

Alcune immagini della Santa Messa di Natale di mezzanotte nella chiesa di San Simeon Piccolo a Venezia, celebrata da don Konrad zu Loewenstein (FSSP). In una delle foto, i due cantori: il maestro Nicola Lamon (a sinistra) e Antonio Furlan. Cliccate sulle foto per ingrandirle... [SM=g1740738]















[SM=g1740757]


FESTA DI SANTO STEFANO PROTOMARTIRE

BENEDETTO XVI

ANGELUS

Piazza San Pietro
Lunedì, 26 dicembre 2011
 

(Video)

 

Cari fratelli e sorelle!

All’indomani della solenne liturgia del Natale del Signore, oggi celebriamo la festa di Santo Stefano, diacono e primo martire della Chiesa. Lo storico Eusebio di Cesarea lo definisce il «martire perfetto» (Die Kirchengeschichte V,2,5: GCS II,1, Lipsia 1903, 430), perché è scritto negli Atti degli Apostoli: «Stefano, pieno di grazia e di potenza, faceva grandi prodigi e segni tra il popolo» (6,8). San Gregorio di Nissa commenta: «Era un uomo onesto e pieno di Spirito Santo: con la bontà dell’animo adempiva l’incarico di nutrire i poveri e con la libertà della parola e la forza dello Spirito Santo chiudeva la bocca ai nemici della verità» (Sermo in Sanctum Stephanum II: GNO X,1, Leiden 1990, 98). Uomo di preghiera e di evangelizzazione, Stefano, il cui nome significa “corona”, ha ricevuto da Dio il dono del martirio. Infatti egli «pieno di Spirito Santo … vide la gloria di Dio» (At 7,55) e mentre fu lapidato pregava: “Signore Gesù, accogli il mio spirito” (At 7,59). Poi, caduto in ginocchio, supplicava il perdono per gli accusatori: «Signore, non imputare loro questo peccato» (At 7,60). Per questo la Chiesa orientale canta negli inni: «Le pietre sono diventate per te gradini e scale per la celeste ascesa … e ti sei accostato gioioso alla festosa adunanza degli angeli» (MHNAIA t. II, Roma 1889, 694.695).

Dopo la generazione degli Apostoli, i martiri acquistano un posto di primo piano nella considerazione della Comunità cristiana. Nei tempi di maggiore persecuzione, il loro elogio rinfranca il faticoso cammino dei fedeli e incoraggia chi è in cerca della verità a convertirsi al Signore. Perciò la Chiesa, per divina disposizione, venera le reliquie dei martiri e li onora con soprannomi quali «maestri di vita», «testimoni viventi», «colonne animate», «silenziosi messaggeri» (Gregorio di nazianzo, Oratio 43, 5: PG 36, 500 C).

Cari amici, la vera imitazione di Cristo è l’amore, che alcuni scrittori cristiani hanno definito il «martirio segreto». A tale proposito san Clemente di Alessandria scrive: «Coloro che mettono in pratica i comandamenti del Signore gli rendono testimonianza in ogni azione, poiché fanno ciò che Egli vuole e fedelmente invocano il nome del Signore» (Stromatum IV, 7,43,4: SC 463, Paris 2001, 130). Come nell’antichità anche oggi la sincera adesione al Vangelo può richiedere il sacrificio della vita e molti cristiani in varie parti del mondo sono esposti a persecuzione e talvolta al martirio. Ma, ci ricorda il Signore, «chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato» (Mt 10,22).

A Maria Santissima, Regina dei Martiri, rivolgiamo la nostra supplica per custodire integra la volontà di bene, soprattutto verso coloro che ci avversano. In particolare affidiamo alla misericordia divina oggi i diaconi della Chiesa, affinché, illuminati dall’esempio di Santo Stefano, collaborino, secondo la missione loro propria, all’impegno di evangelizzazione (cfr Esort. ap. postsin. Verbum Domini, 94).


APPELLO [SM=g1740720]

Cari fratelli e sorelle!

Il Santo Natale suscita in noi, in modo ancora più forte, la preghiera a Dio affinché si fermino le mani dei violenti, che seminano morte e nel mondo possano regnare la giustizia e la pace. Ma la nostra terra continua ad essere intrisa di sangue innocente. Ho appreso con profonda tristezza la notizia degli attentati che, anche quest’anno nel Giorno della Nascita di Gesù, hanno portato lutto e dolore in alcune chiese della Nigeria.

Desidero manifestare la mia sincera e affettuosa vicinanza alla comunità cristiana e a tutti coloro che sono stati colpiti da questo assurdo gesto e invito a pregare il Signore per le numerose vittime. Faccio appello affinché con il concorso delle varie componenti sociali, si ritrovino sicurezza e serenità. In questo momento voglio ripetere ancora una volta con forza: la violenza è una via che conduce solamente al dolore, alla distruzione e alla morte; il rispetto, la riconciliazione e l’amore sono l'unica via per giungere alla pace.


Dopo l'Angelus:

(..)

Pozdrawiam wszystkich Polaków. Wspomnienie męczeństwa św. Szczepana uświadamia nam, że również dzisiaj w wielu zakątkach świata nasi bracia chrześcijanie dają heroiczne świadectwo wiary pośród prześladowań. Niech towarzyszy im nasze duchowe wsparcie, aby zachowali pewność, że „jeśli kto wyznaje, że Jezus jest Synem Bożym, to Bóg trwa w nim, a on w Bogu” (1J 4,15). Niech ta wiara będzie również w nas w naszych małych i wielkich przeciwnościach. Serdecznie wam błogosławię.

[Saluto tutti i polacchi. La memoria del martirio di Santo Stefano ci rende consapevoli che anche oggi in diverse parti del mondo i nostri fratelli cristiani danno testimonianza della fede tra le persecuzioni. Li accompagni il nostro spirituale sostegno, affinché perduri in loro la certezza che “chiunque riconosce che Gesù è il Figlio di Dio, Dio dimora in lui ed egli in Dio” (1 Gv 4,15). Questa fede resti anche in noi nelle nostre piccole e grandi avversità. Vi benedico di cuore.]

Rivolgo un caloroso saluto ai pellegrini di lingua italiana, in modo particolare alle famiglie e ai bambini. Mentre vi ringrazio per il vostro affetto, vi chiedo di portare i miei auguri ai vostri cari che sono a casa, specialmente agli anziani e agli ammalati. Buona festa a tutti voi!

Grazie!

 

 

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SS. Innocenti, martiri - Storia e spiegazione della liturgia

Storia

[SM=g1740733] Oggi si commemorano i bambini piccoli uccisi da Erode, durante la triste "strage degli Innocenti"
L'origine di questa festa è molto antica. Compare già nel calendario cartaginese del IV secolo e cent'anni più tardi a Roma nel Sacramentario Leoniano, in cui però aveva un'impronta di letizia (come ora). Più tardi, l'influsso gallicano v'impose le note di lutto e di penitenza che si riscontravano fino alla riforma liturgica e che son conservate nella forma extraordinaria del Rito Romano.


Secondo alcune simpatiche consuetudini medioevali, si celebrava in questa ricorrenza la festa dei "pueri" di coro e del servizio all'altare (oggi chiamati chierichetti).

Tra le curiose manifestazioni ricordiamo quella di far scendere, durante il canto dei Vespri, i canonici dai loro stalli al canto del versetto "Deposuit potentes de sede et exaltavit humiles" del Magnificat. Da quel momento i fanciulli, rivestiti delle insegne dei canonici, dirigevano tutto l'uffìcio del giorno.

La riforma tridentina, pur non volendo accentuare il carattere folcloristico che questo giorno ha avuto nel corso della Storia, ha voluto mantenere questa celebrazione, elevata al grado di festa (doppia di II classe con ottava semplice) da S. Pio V, e vicinissima alla festività natalizia, collocando le innocenti vittime tra i "comites Christi", per circondare la culla di Gesù Bambino dello stuolo grazioso di piccoli fanciulli, rivestiti delle candide vesti dell'innocenza, piccola avanguardia dell'esercito di martiri che testimonieranno col sangue la loro appartenenza a Cristo.

Regola liturgiche
Quando la festa non cade di domenica, si usano i paramenti violacei in segno di lutto, e si omettono il Gloria e l'Alleluia, "perchè il trionfo degli Innocenti non fu subito completo, avendo dovuto attendere nel Limbo il Salvatore, che loro aprisse la porte del cielo.
Se cade di domenica, invece che è la commemorazione settimanale della Risurrezione e perciò il coronamento del trionfo degli Innocenti, si usa il rosso dei Martiri e l'ufficiatura diventa regolare." (Callewaert).
L'Ottava è celebrata con segni di gioia perchè simbolo del compimento della grazia nella beata visione di Dio.

tratto e rielagorato da
SantieBeati.it
di P. Bargellini
e da "Messale Romano Quotidiano", ed. Paoline 1954


[SM=g1740722]

[Modificato da Caterina63 28/12/2011 11:26]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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31/12/2011 19:51
 
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Il Papa: Da quando il Salvatore è disceso dal Cielo, l’uomo non è più schiavo di un tempo che passa senza un perché, o che è segnato dalla fatica, dalla tristezza, dal dolore. L’uomo è figlio di un Dio che è entrato nel tempo per riscattare il tempo dal non senso o dalla negatività e che ha riscattato l’umanità intera, donandole come nuova prospettiva di vita l’amore, che è eterno




OMELIA DEL SANTO PADRE

Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato,
distinte Autorità,
cari fratelli e sorelle!

Siamo raccolti nella Basilica Vaticana per celebrare i Primi Vespri della solennità di Maria Santissima Madre di Dio e per rendere grazie al Signore al termine dell’anno, cantando insieme il Te Deum.
Ringrazio voi tutti che avete voluto unirvi a me in questa circostanza sempre densa di sentimenti e di significato. Saluto in primo luogo i Signori Cardinali, i venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato, i religiosi e le religiose, le persone consacrate ed i fedeli laici che rappresentano l’intera comunità ecclesiale di Roma. In modo speciale saluto le Autorità presenti, ad iniziare dal Sindaco di Roma, ringraziandolo per il dono del calice che, secondo una bella tradizione, ogni anno si rinnova. Auspico di cuore che non manchi l’impegno di tutti affinché il volto della nostra Città sia sempre più consono ai valori di fede, di cultura e di civiltà che appartengono alla sua vocazione e alla sua storia millenaria.

Un altro anno si avvia a conclusione mentre ne attendiamo uno nuovo: con la trepidazione, i desideri e le attese di sempre. Se si pensa all’esperienza della vita, si rimane stupiti di quanto in fondo essa sia breve e fugace. Per questo, non poche volte si è raggiunti dall’interrogativo: quale senso possiamo dare ai nostri giorni? Quale senso, in particolare, possiamo dare ai giorni di fatica e di dolore? Questa è una domanda che attraversa la storia, anzi attraversa il cuore di ogni generazione e di ogni essere umano. Ma a questa domanda c’è una risposta: è scritta nel volto di un Bambino che duemila anni fa è nato a Betlemme e che oggi è il Vivente, per sempre risorto da morte. Nel tessuto dell’umanità lacerato da tante ingiustizie, cattiverie e violenze, irrompe in maniera sorprendente la novità gioiosa e liberatrice di Cristo Salvatore, che nel mistero della sua Incarnazione e della sua Nascita ci fa contemplare la bontà e la tenerezza di Dio. Dio eterno è entrato nella nostra storia e rimane presente in modo unico nella persona di Gesù, il suo Figlio fatto uomo, il nostro Salvatore, venuto sulla terra per rinnovare radicalmente l’umanità e liberarla dal peccato e dalla morte, per elevare l’uomo alla dignità di figlio di Dio. Il Natale non richiama solo il compimento storico di questa verità che ci riguarda direttamente, ma, in modo misterioso e reale, ce la dona di nuovo.

Come è suggestivo, in questo tramonto di un anno, riascoltare l’annuncio gioioso che l’apostolo Paolo rivolgeva ai cristiani della Galazia: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli» (Gal 4,4-5). Queste parole raggiungono il cuore della storia di tutti e la illuminano, anzi la salvano, perché dal giorno del Natale del Signore è venuta a noi la pienezza del tempo. Non c’è, dunque, più spazio per l’angoscia di fronte al tempo che scorre e non ritorna; c’è adesso lo spazio per una illimitata fiducia in Dio, da cui sappiamo di essere amati, per il quale viviamo e al quale la nostra vita è orientata in attesa del suo definitivo ritorno.

Da quando il Salvatore è disceso dal Cielo, l’uomo non è più schiavo di un tempo che passa senza un perché, o che è segnato dalla fatica, dalla tristezza, dal dolore. L’uomo è figlio di un Dio che è entrato nel tempo per riscattare il tempo dal non senso o dalla negatività e che ha riscattato l’umanità intera, donandole come nuova prospettiva di vita l’amore, che è eterno.

La Chiesa vive e professa questa verità ed intende proclamarla ancora oggi con rinnovato vigore spirituale. In questa celebrazione abbiamo speciali ragioni di lodare Dio per il suo mistero di salvezza, operante nel mondo mediante il ministero ecclesiale. Abbiamo tanti motivi di ringraziamento al Signore per ciò che la nostra comunità ecclesiale, nel cuore della Chiesa universale, compie al servizio del Vangelo in questa Città. A tale proposito, unitamente al Cardinale Vicario, Agostino Vallini, ai Vescovi Ausiliari, ai Parroci e all’intero presbiterio diocesano, desidero ringraziare il Signore, in particolare, per il promettente cammino comunitario volto ad adeguare alle esigenze del nostro tempo la pastorale ordinaria, attraverso il progetto «Appartenenza ecclesiale e corresponsabilità pastorale». Esso ha l’obiettivo di porre l’evangelizzazione al primo posto, al fine di rendere più responsabile e fruttuosa la partecipazione dei fedeli ai Sacramenti, così che ciascuno possa parlare di Dio all’uomo contemporaneo e annunciare con incisività il Vangelo a quanti non lo hanno mai conosciuto o lo hanno dimenticato.

La quaestio fidei è la sfida pastorale prioritaria anche per la Diocesi di Roma. I discepoli di Cristo sono chiamati a far rinascere in se stessi e negli altri la nostalgia di Dio e la gioia di viverlo e di testimoniarlo, a partire dalla domanda sempre molto personale: perché credo? Occorre dare il primato alla verità, accreditare l’alleanza tra fede e ragione come due ali con cui lo spirito umano si innalza alla contemplazione della Verità (cfr GIOVANNI PAOLO II, Enc. Fides et ratio, Prologo); rendere fecondo il dialogo tra cristianesimo e cultura moderna; far riscoprire la bellezza e l’attualità della fede non come atto a sé, isolato, che interessa qualche momento della vita, ma come orientamento costante, anche delle scelte più semplici, che conduce all’unità profonda della persona rendendola giusta, operosa, benefica, buona. Si tratta di ravvivare una fede che fondi un nuovo umanesimo capace di generare cultura e impegno sociale.
In questo quadro di riferimento, nel Convegno diocesano dello scorso giugno la Diocesi di Roma ha avviato un percorso di approfondimento sull’iniziazione cristiana e sulla gioia di generare nuovi cristiani alla fede. Annunciare la fede nel Verbo fatto carne, infatti, è il cuore della missione della Chiesa e l’intera comunità ecclesiale deve riscoprire con rinnovato ardore missionario questo compito imprescindibile. Soprattutto le giovani generazioni, che avvertono maggiormente il disorientamento accentuato anche dall’attuale crisi non solo economica ma anche di valori, hanno bisogno di riconoscere in Gesù Cristo «la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana» (Conc. Vat. II, Cost. Gaudium et spes, 10).

I genitori sono i primi educatori alla fede dei loro figli fin dalla più tenera età; pertanto è necessario sostenere le famiglie nella loro missione educativa attraverso opportune iniziative. In pari tempo, è auspicabile che il cammino battesimale, prima tappa dell’itinerario formativo dell’iniziazione cristiana, oltre a favorire la consapevole e degna preparazione alla celebrazione del Sacramento, ponga adeguata attenzione agli anni immediatamente successivi al Battesimo, con appositi itinerari che tengano conto delle condizioni di vita che le famiglie devono affrontare. Incoraggio quindi le comunità parrocchiali e le altre realtà ecclesiali a proseguire con impegno nella riflessione per promuovere una migliore comprensione e recezione dei Sacramenti attraverso i quali l’uomo è reso partecipe della vita stessa di Dio. Non manchino alla Chiesa di Roma fedeli laici pronti ad offrire il proprio contributo per edificare comunità vive, che permettano alla Parola di Dio di irrompere nel cuore di quanti ancora non hanno conosciuto il Signore o si sono allontanati da Lui. Al tempo stesso, è opportuno creare occasioni di incontro con la Città, che consentano un proficuo dialogo con quanti sono alla ricerca della Verità.

Cari amici, dal momento che Dio ha mandato il suo Figlio unigenito, perché noi potessimo ottenere la figliolanza adottiva (cfr Gal 4,5), non può esistere per noi compito più grande di quello di essere totalmente al servizio del progetto divino. A tale proposito desidero incoraggiare e ringraziare tutti i fedeli della Diocesi di Roma, che sentono la responsabilità di ridonare un’anima a questa nostra società. Grazie a voi, famiglie romane, prime e fondamentali cellule della società! Grazie ai membri delle molte Comunità, delle Associazioni e dei Movimenti impegnati ad animare la vita cristiana della nostra Città!

«Te Deum laudamus!» Noi ti lodiamo, Dio! La Chiesa ci suggerisce di non terminare l’anno senza rivolgere al Signore il nostro ringraziamento per tutti i suoi benefici. È in Dio che deve terminare l’ultima nostra ora, l’ultima ora del tempo e della storia. Dimenticare questo fine della nostra vita significherebbe cadere nel vuoto, vivere senza senso. Per questo la Chiesa pone sulle nostre labbra l’antico inno Te Deum. È un inno pieno della sapienza di tante generazioni cristiane, che sentono il bisogno di rivolgere in alto il loro cuore, nella consapevolezza che siamo tutti nelle mani piene di misericordia del Signore.
«Te Deum laudamus!». Così canta anche la Chiesa che è in Roma, per le meraviglie che Dio ha operato e opera in essa. Con l’animo colmo di gratitudine ci disponiamo a varcare la soglia del 2012, ricordando che il Signore veglia su di noi e ci custodisce. A Lui questa sera vogliamo affidare il mondo intero. Mettiamo nelle sue mani le tragedie di questo nostro mondo e gli offriamo anche le speranze per un futuro migliore. Deponiamo questi voti nelle mani di Maria, Madre di Dio, Salus Populi Romani.

Amen.

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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Il Papa: Vorrei invece sottolineare che, di fronte alle ombre che oggi oscurano l’orizzonte del mondo, assumersi la responsabilità di educare i giovani alla conoscenza della verità, ai valori fondamentali dell’esistenza, alle virtù intellettuali, teologali e morali, significa guardare al futuro con speranza. E in questo impegno per un’educazione integrale, entra anche la formazione alla giustizia e alla pace



EDUCARE I GIOVANI ALLA GIUSTIZIA E ALLA PACE (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2012)

SANTA MESSA: VIDEO INTEGRALE

OMELIA: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA


SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DI MARIA SS.MA MADRE DI DIO E NELLA XLV GIORNATA MONDIALE DELLA PACE, 01.01.2012

Alle ore 9.30 di questa mattina, nella Basilica Vaticana, il Santo Padre Benedetto XVI presiede la Celebrazione della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio nell’ottava di Natale e nella ricorrenza della 45a Giornata Mondiale della Pace sul tema: Educare i giovani alla giustizia e alla pace.
Concelebrano con il Papa il Card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato; il Card. Peter Kodwo Appiah Turkson, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace; S.E. Mons. Giovanni Angelo Becciu, Arcivescovo tit. di Roselle, Sostituto della Segreteria di Stato; S.E. Mons. Dominique Mamberti, Arcivescovo tit. di Sagona, Segretario per i Rapporti con gli Stati; S.E. Mons. Mario Toso, S.D.B., Vescovo tit. di Bisarcio, Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e S.E. Mons. Pier Luigi Celata, Arcivescovo tit. di Doclea, Segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso.
Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Papa pronuncia nel corso della Santa Messa:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

Nel primo giorno dell’anno, la liturgia fa risuonare in tutta la Chiesa sparsa nel mondo l’antica benedizione sacerdotale, che abbiamo ascoltato nella prima Lettura: “Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace” (Nm 6,24-26).
Questa benedizione fu affidata da Dio, tramite Mosè, ad Aronne e ai suoi figli, cioè ai sacerdoti del popolo d’Israele. E’ un triplice augurio di luce, che promana dalla ripetizione del nome di Dio, il Signore, e dall’immagine del suo volto. In effetti, per essere benedetti bisogna stare alla presenza di Dio, ricevere su di sé il suo Nome e rimanere nel cono di luce che parte dal suo Volto, nello spazio illuminato dal suo sguardo, che diffonde grazia e pace.

Questa è l’esperienza che hanno fatto anche i pastori di Betlemme, che compaiono ancora nel Vangelo di oggi. Hanno fatto l’esperienza di stare alla presenza di Dio, della sua benedizione non nella sala di un maestoso palazzo, al cospetto di un grande sovrano, bensì in una stalla, davanti ad un “bambino adagiato nella mangiatoia” (Lc 2,16). Proprio da quel Bambino si irradia una luce nuova, che risplende nel buio della notte, come possiamo vedere in tanti dipinti che raffigurano la Natività di Cristo. E’ da Lui, ormai, che viene la benedizione: dal suo nome – Gesù, che significa “Dio salva” – e dal suo volto umano, in cui Dio, l’Onnipotente Signore del cielo e della terra, ha voluto incarnarsi, nascondere la sua gloria sotto il velo della nostra carne, per rivelarci pienamente la sua bontà (cfr Tt 3,4).

La prima ad essere ricolmata di questa benedizione è stata Maria, la vergine, sposa di Giuseppe, che Dio ha prescelto dal primo istante della sua esistenza per essere la madre del suo Figlio fatto uomo. Lei è la “benedetta fra le donne” (Lc 1,42) – come la saluta santa Elisabetta. Tutta la sua vita è nella luce del Signore, nel raggio d’azione del nome e del volto di Dio incarnato in Gesù, il “frutto benedetto del [suo] grembo”. Così ce la presenta il Vangelo di Luca: tutta intenta a custodire e meditare nel suo cuore ogni cosa riguardante il suo figlio Gesù (cfr Lc 2,19.51). Il mistero della sua divina maternità, che oggi celebriamo, contiene in misura sovrabbondante quel dono di grazia che ogni maternità umana porta con sé, tanto che la fecondità del grembo è sempre stata associata alla benedizione di Dio. La Madre di Dio è la prima benedetta ed è Colei che porta la benedizione; è la donna che ha accolto Gesù in sé e lo ha dato alla luce per tutta la famiglia umana. Come prega la Liturgia: “sempre intatta nella sua gloria verginale, ha irradiato sul mondo la luce eterna, Gesù Cristo nostro Signore” (Prefazio della B.V. Maria I).
Maria è madre e modello della Chiesa, che accoglie nella fede la divina Parola e si offre a Dio come “terra buona” in cui Egli può continuare a compiere il suo mistero di salvezza. Anche la Chiesa partecipa al mistero della divina maternità, mediante la predicazione, che sparge nel mondo il seme del Vangelo, e mediante i Sacramenti, che comunicano agli uomini la grazia e la vita divina.


In particolare nel sacramento del Battesimo la Chiesa vive questa maternità, quando genera i figli di Dio dall’acqua e dallo Spirito Santo, il quale in ciascuno di essi grida: “Abbà! Padre!” (Gal 4,6). Come Maria, la Chiesa è mediatrice della benedizione di Dio per il mondo: la riceve accogliendo Gesù e la trasmette portando Gesù. E’ Lui la misericordia e la pace che il mondo da sé non può darsi e di cui ha bisogno come e più del pane.
Cari amici, la pace, nel suo senso più pieno e più alto, è la somma e la sintesi di tutte le benedizioni. Per questo quando due persone amiche si incontrano si salutano augurandosi vicendevolmente la pace. Anche la Chiesa, nel primo giorno dell’anno, invoca in modo speciale questo bene sommo, e lo fa, come la Vergine Maria, mostrando a tutti Gesù, perché, come afferma l’apostolo Paolo, “Egli è la nostra pace” (Ef 2,14), e al tempo stesso è la “via” attraverso la quale gli uomini e i popoli possono raggiungere questa meta, a cui tutti aspiriamo. Portando dunque nel cuore questo profondo desiderio, sono lieto di accogliere e di salutare tutti voi, che nell’odierna XLV Giornata Mondiale della Pace siete convenuti nella Basilica di San Pietro: i Signori Cardinali; gli Ambasciatori di tanti Paesi amici, che, più che mai in questa lieta occasione, condividono con me e con la Santa Sede la volontà di rinnovare l’impegno per la promozione della pace nel mondo; il Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, che con il Segretario e i Collaboratori lavorano in modo speciale per questa finalità; gli altri Presuli ed Autorità presenti; i rappresentanti di Associazioni e Movimenti ecclesiali e tutti voi, fratelli e sorelle, in particolare quanti tra voi lavorano nel campo del’educazione dei giovani.
Infatti – come sapete – la prospettiva educativa è quella che ho seguito nel mio Messaggio di quest’anno.

“Educare i giovani alla giustizia e alla pace” è compito che riguarda ogni generazione, e, grazie a Dio, la famiglia umana, dopo le tragedie delle due grandi guerre mondiali, ha mostrato di esserne sempre più consapevole, come attestano, da una parte, dichiarazioni e iniziative internazionali e, dall’altra, l’affermarsi tra i giovani stessi, negli ultimi decenni, di tante e diverse forme di impegno sociale in questo campo. Per la Comunità ecclesiale educare alla pace rientra nella missione ricevuta da Cristo, fa parte integrante dell’evangelizzazione, perché il Vangelo di Cristo è anche il Vangelo della giustizia e della pace.

Ma la Chiesa, negli ultimi tempi, si è fatta interprete di una esigenza che coinvolge tutte le coscienze più sensibili e responsabili per le sorti dell’umanità: l’esigenza di rispondere ad una sfida decisiva che è appunto quella educativa. Perché “sfida”? Almeno per due motivi: in primo luogo, perché nell’era attuale, fortemente caratterizzata dalla mentalità tecnologica, voler educare e non solo istruire non è scontato, ma è una scelta; in secondo luogo, perché la cultura relativista pone una questione radicale: ha ancora senso educare?, e poi educare a che cosa?
[SM=g1740733]

Naturalmente non possiamo ora affrontare queste domande di fondo, alle quali ho cercato di rispondere in altre occasioni.

Vorrei invece sottolineare che, di fronte alle ombre che oggi oscurano l’orizzonte del mondo, assumersi la responsabilità di educare i giovani alla conoscenza della verità, ai valori fondamentali dell’esistenza, alle virtù intellettuali, teologali e morali, significa guardare al futuro con speranza. E in questo impegno per un’educazione integrale, entra anche la formazione alla giustizia e alla pace.

I ragazzi e le ragazze di oggi crescono in un mondo che è diventato, per così dire, più piccolo, dove i contatti tra le differenti culture e tradizioni, anche se non sempre diretti, sono costanti. Per loro, oggi più che mai, è indispensabile imparare il valore e il metodo della convivenza pacifica, del rispetto reciproco, del dialogo e della comprensione.

I giovani sono per loro natura aperti a questi atteggiamenti, ma proprio la realtà sociale in cui crescono può portarli a pensare e ad agire in modo opposto, persino intollerante e violento. Solo una solida educazione della loro coscienza può metterli al riparo da questi rischi e renderli capaci di lottare sempre e soltanto contando sulla forza della verità e del bene. Questa educazione parte dalla famiglia e si sviluppa nella scuola e nelle altre esperienze formative. Si tratta essenzialmente di aiutare i bambini, i ragazzi, gli adolescenti, a sviluppare una personalità che unisca un profondo senso della giustizia con il rispetto dell’altro, con la capacità di affrontare i conflitti senza prepotenza, con la forza interiore di testimoniare il bene anche quando costa sacrificio, con il perdono e la riconciliazione. Così potranno diventare uomini e donne veramente pacifici e costruttori di pace. [SM=g1740721]

In quest’opera educativa verso le nuove generazioni, una responsabilità particolare spetta anche alle comunità religiose. Ogni itinerario di autentica formazione religiosa accompagna la persona, fin dalla più tenera età, a conoscere Dio, ad amarlo e a fare la sua volontà. Dio è amore, è giusto e pacifico, e chi vuole onorarlo deve anzitutto comportarsi come un figlio che segue l’esempio del padre. Un Salmo afferma: “Il Signore compie cose giuste, / difende i diritti di tutti gli oppressi. … Misericordioso e pietoso è il Signore, / lento all’ira e grande nell’amore” (Sal 103,6.8). In Dio giustizia e misericordia convivono perfettamente, come Gesù ci ha dimostrato con la testimonianza della sua vita. In Gesù “amore e verità” si sono incontrati, “giustizia e pace” si sono baciate (cfr Sal 85,11). In questi giorni la Chiesa celebra il grande mistero dell’Incarnazione: la verità di Dio è germogliata dalla terra e la giustizia si è affacciata dal cielo, la terra ha dato il suo frutto (cfr Sal 85,12.13). Dio ci ha parlato nel suo Figlio Gesù. Ascoltiamo che cosa dice Dio: “egli annuncia la pace” (Sal 85,9). Gesù è una via praticabile, aperta a tutti. E’ la via della pace. Oggi la Vergine Madre ce lo indica, ci mostra la Via: seguiamola! E tu, Santa Madre di Dio, accompagnaci con la tua protezione.

Amen.



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LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 01.01.2012

Al termine della Celebrazione Eucaristica nella Solennità di Maria Santissima Madre di Dio e nella ricorrenza della 45a Giornata Mondiale della Pace, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano e - prima di recitare l’Angelus - rivolge ai fedeli e ai pellegrini presenti in Piazza San Pietro le seguenti parole:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Nella liturgia di questo primo giorno dell’anno risuona la triplice benedizione biblica: «Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace» (Nm 6,24-26). Il volto di Dio noi lo possiamo contemplare, si è fatto visibile, si è rivelato in Gesù: Egli è l’immagine visibile del Dio invisibile. E questo grazie anche alla Vergine Maria, della quale oggi celebriamo il titolo più grande, quello con cui partecipa in modo unico alla storia della salvezza: essere Madre di Dio. Nel suo grembo il Figlio dell’Altissimo ha assunto la nostra carne, e noi possiamo contemplare la sua gloria (cfr Gv 1,14), sentire la presenza del Dio-con-noi.

Iniziamo così il nuovo anno 2012 fissando lo sguardo sul Volto di Dio che si rivela nel Bambino di Betlemme, e sulla sua Madre Maria, che ha accolto con umile abbandono il disegno divino. Grazie al suo generoso «sì» è apparsa nel mondo la luce vera che illumina ogni uomo (cfr Gv 1,9) e ci è stata riaperta la via della pace.

Cari fratelli e sorelle, come è ormai felice consuetudine, celebriamo quest’oggi la Giornata Mondiale della Pace, la quarantacinquesima.
Nel Messaggio che ho indirizzato ai Capi di Stato, ai Rappresentanti delle Nazioni e a tutti gli uomini di buona volontà, e che ha come tema «Educare i giovani alla giustizia e alla pace», ho voluto richiamare la necessità e l’urgenza di offrire alle nuove generazioni adeguati percorsi educativi per una formazione integrale della persona, inclusa la dimensione morale e spirituale (cfr n. 3). Ho voluto sottolineare, in particolare, l’importanza di educare ai valori della giustizia e della pace.

I giovani guardano oggi con una certa apprensione al futuro, manifestando aspetti della loro vita che meritano attenzione, come «il desiderio di ricevere una formazione che li prepari in modo più profondo ad affrontare la realtà, la difficoltà a formare una famiglia e a trovare un posto stabile di lavoro, l’effettiva capacità di contribuire al mondo della politica, della cultura e dell’economia per la costruzione di una società dal volto più umano e solidale» (n. 1).

Invito tutti ad avere la pazienza e la costanza di ricercare la giustizia e la pace, di coltivare il gusto per ciò che è retto e vero (n. 5). La pace non è mai un bene raggiunto pienamente, ma una meta a cui tutti dobbiamo aspirare e per la quale tutti dobbiamo operare.

Preghiamo perché, nonostante le difficoltà che talvolta rendono arduo il cammino, questa profonda aspirazione si traduca in gesti concreti di riconciliazione, di giustizia e di pace. Preghiamo anche perché i responsabili delle Nazioni rinnovino la disponibilità e l’impegno ad accogliere e favorire questo insopprimibile anelito dell’umanità. Affidiamo questi auspici all’intercessione della Madre del "Re della Pace", affinché l’anno che inizia sia un tempo di speranza e di pacifica convivenza per il mondo intero.

DOPO L’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle, in questi giorni ho ricevuto numerosi messaggi augurali: ringrazio tutti con affetto, specialmente per il dono della preghiera. Un deferente augurio desidero indirizzare al Signor Presidente della Repubblica Italiana, mentre all’intero popolo italiano formulo ogni miglior auspicio di pace e di prosperità per l’anno appena iniziato.

(...) Saluto inoltre i giovani dell’Opera Don Orione e le famiglie del Movimento dell’Amore Familiare, che stanotte hanno vegliato in preghiera in Piazza San Pietro.

(..)
Serdecznie witam i pozdrawiam Polaków. Życzę wszystkim dobrego Nowego Roku, bogatego w Boże dary, w moc i światło Ewangelii. Bogu, który czuwa nad nami i nas prowadzi powierzamy cały świat, Kościół, sprawy osobiste i nadzieję na lepszą przyszłość. Nasze prośby, pragnienia i zamiary składamy w ręce Najświętszej Bożej Rodzicielki Maryi. Z serca wam błogosławię.

[Do il mio benvenuto e cordiale saluto a tutti i Polacchi. A tutti formulo gli auguri di buon Anno Nuovo, ricco di doni di Dio, di forza e di luce del Vangelo. A Dio che vigila su di noi e che ci guida affido il mondo intero, la Chiesa, le preoccupazioni personali e la speranza per un futuro migliore. Nelle mani della Beatissima Vergine Maria Madre di Dio deponiamo le nostre richieste, i desideri e i nostri progetti. Vi benedico di cuore.]

Rivolgo infine un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare agli amici e volontari della Fraterna Domus di Roma. Auguro a tutti di iniziare il nuovo anno nella luce e nella pace di Cristo Salvatore. Tanti auguri di buon anno a tutti.








Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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L’UDIENZA GENERALE, 04.01.2012

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Il Natale del Signore: Mistero di gioia e di luce

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Cari fratelli e sorelle,

sono lieto di accogliervi in questa prima Udienza generale del nuovo anno e di tutto cuore porgo a voi e alle vostre famiglie i miei affettuosi voti augurali: Dio, che nella nascita di Cristo suo Figlio ha inondato di gioia il mondo intero, disponga opere e giorni nella sua pace. Siamo nel tempo liturgico del Natale, che inizia la sera del 24 dicembre con la vigilia e si conclude con la celebrazione del Battesimo del Signore. L’arco dei giorni è breve, ma denso di celebrazioni e di misteri e si raccoglie tutto intorno alle due grandi solennità del Signore: Natale ed Epifania.

Il nome stesso di queste due feste ne indica la rispettiva fisionomia. Il Natale celebra il fatto storico della nascita di Gesù a Betlemme. L’Epifania, nata come festa in Oriente, indica un fatto, ma soprattutto un aspetto del Mistero: Dio si rivela nella natura umana di Cristo e questo è il senso del verbo greco epiphaino, farsi visibile.

In tale prospettiva, l’Epifania richiama una pluralità di eventi che hanno come oggetto la manifestazione del Signore: in modo particolare l’adorazione dei Magi, che riconoscono in Gesù il Messia atteso, ma anche il Battesimo nel fiume Giordano con la sua teofania – la voce di Dio dall’alto - e il miracolo alle Nozze di Cana, come primo “segno” operato da Cristo. Una bellissima antifona della Liturgia delle Ore unifica questi tre avvenimenti intorno al tema delle nozze tra Cristo e la Chiesa: “Oggi la Chiesa si unisce al suo Sposo celeste, perché nel Giordano Cristo ha lavato i suoi peccati; i Magi corrono con doni alle nozze regali, e i convitati gioiscono vedendo l’acqua mutata in vino” (Antifona delle Lodi). Possiamo quasi dire che nella festa del Natale si sottolinea il nascondimento di Dio nell’umiltà della condizione umana, nel Bambino di Betlemme. Nell’Epifania, invece, si evidenzia il suo manifestarsi, l’apparire di Dio attraverso questa stessa umanità.

In questa Catechesi, vorrei richiamare brevemente qualche tema proprio della celebrazione del Natale del Signore affinché ciascuno di noi possa abbeverarsi alla fonte inesauribile di questo Mistero e portare frutti di vita.

Anzitutto, ci domandiamo: qual è la prima reazione davanti a questa straordinaria azione di Dio che si fa bambino, si fa uomo? Penso che la prima reazione non può essere altro che gioia. “Rallegriamoci tutti nel Signore, perché è nato nel mondo il Salvatore”: così inizia la Messa della notte di Natale, e abbiamo appena sentito le parole dell’Angelo ai pastori: “Ecco. Io vi annuncio una grande gioia” (Lc 2,10). E’ il tema che apre il Vangelo, ed è il tema che lo chiude perché Gesù Risorto rimprovererà agli Apostoli proprio di essere tristi (cfr Lc 24,17) – incompatibile con il fatto che Lui rimane Uomo in eterno. Ma facciamo un passo avanti: da dove nasce questa gioia? Direi che nasce dallo stupore del cuore nel vedere come Dio ci è vicino, come Dio pensa a noi, come Dio agisce nella storia; è una gioia, quindi, che nasce dal contemplare il volto di quell’umile bambino perché sappiamo che è il Volto di Dio presente per sempre nell’umanità, per noi e con noi. Il Natale è gioia perché vediamo e siamo finalmente sicuri che Dio è il bene, la vita, la verità dell’uomo e si abbassa fino all’uomo, per innalzarlo a Sé: Dio diventa così vicino da poterlo vedere e toccare. La Chiesa contempla questo ineffabile mistero e i testi della liturgia di questo tempo sono pervasi dallo stupore e dalla gioia; tutti i canti di Natale esprimo questa gioia. Natale è il punto in cui Cielo e terra si uniscono, e varie espressioni che sentiamo in questi giorni sottolineano la grandezza di quanto è avvenuto: il lontano – Dio sembra lontanissimo – è diventato vicino; “l’inaccessibile volle essere raggiungibile, Lui che esiste prima del tempo cominciò ad essere nel tempo, il Signore dell’universo, velando la grandezza della sua maestà, prese la natura di servo” - esclama san Leone Magno (Sermone 2 sul Natale, 2.1). In quel Bambino, bisognoso di tutto come lo sono i bambini, ciò che Dio è: eternità, forza, santità, vita, gioia, si unisce a ciò che siamo noi: debolezza, peccato, sofferenza, morte.

La teologia e la spiritualità del Natale usano un’espressione per descrivere questo fatto, parlano di admirabile commercium, cioè di un mirabile scambio tra la divinità e l’umanità. Sant’Atanasio di Alessandria afferma: “il Figlio di Dio si è fatto uomo per farci Dio” (De Incarnatione, 54, 3: PG 25, 192), ma è soprattutto con san Leone Magno e le sue celebri Omelie sul Natale che questa realtà diventa oggetto di profonda meditazione. Afferma, infatti, il santo Pontefice: “Se noi ci appelliamo alla inesprimibile condiscendenza della divina misericordia che ha indotto il Creatore degli uomini a farsi uomo, essa ci eleverà alla natura di Colui che noi adoriamo nella nostra” (Sermone 8 sul Natale: CCL 138,139). Il primo atto di questo meraviglioso scambio si opera nell’umanità stessa del Cristo. Il Verbo ha assunto la nostra umanità e, in cambio, la natura umana è stata elevata alla dignità divina. Il secondo atto dello scambio consiste nella nostra reale ed intima partecipazione alla divina natura del Verbo. Dice San Paolo: “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli” (Gal 4,4-5).

Il Natale è pertanto la festa in cui Dio si fa così vicino all’uomo da condividere il suo stesso atto di nascere, per rivelargli la sua dignità più profonda: quella di essere figlio di Dio. E così il sogno dell’umanità cominciando in Paradiso - vorremmo essere come Dio - si realizza in modo inaspettato non per la grandezza dell’uomo che non può farsi Dio, ma per l’umiltà di Dio che scende e così entra in noi nella sua umiltà e ci eleva alla vera grandezza del suo essere.


Il Concilio Vaticano II in proposito ha detto così: “In realtà, soltanto nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo” (Gaudium et spes, 22); altrimenti rimane un enigma: che cosa vuole dire questa creatura uomo? Solo vedendo che Dio è con noi possiamo vedere luce per il nostro essere, essere felici di essere uomini e vivere con fiducia e gioia. E dove si rende presente in modo reale questo meraviglioso scambio, perché operi nella nostra vita e la renda un’esistenza di veri figli di Dio? Diventa molto concreta nell’Eucaristia. Quando partecipiamo alla Santa Messa noi presentiamo a Dio ciò che è nostro: il pane e il vino, frutto della terra, perché Egli li accetti e li trasformi donandoci Se stesso e facendosi nostro cibo, affinché ricevendo il suo Corpo e il suo Sangue partecipiamo alla sua vita divina.

Vorrei soffermarmi, infine, su un altro aspetto del Natale.

Quando l’Angelo del Signore si presenta ai pastori nella notte della Nascita di Gesù, l’Evangelista Luca annota che “la gloria del Signore li avvolse di luce” (2,9); e il Prologo del Vangelo di Giovanni parla del Verbo fatto carne come della luce vera che viene nel mondo, la luce capace di illuminare ogni uomo (cfr Gv 1,9). La liturgia natalizia è pervasa di luce. La venuta di Cristo dirada le tenebre del mondo, riempie la Notte santa di un fulgore celeste e diffonde sul volto degli uomini lo splendore di Dio Padre. Anche oggi. Avvolti dalla luce di Cristo, siamo invitati con insistenza dalla liturgia natalizia a farci illuminare la mente e il cuore dal Dio che ha mostrato il fulgore del suo Volto. Il primo Prefazio di Natale proclama: “Nel mistero del Verbo incarnato è apparsa agli occhi della nostra mente la luce nuova del tuo fulgore, perché conoscendo Dio visibilmente, per mezzo suo siamo rapiti all’amore delle realtà invisibili”. Nel Mistero dell’Incarnazione Dio, dopo aver parlato ed essere intervenuto nella storia mediante messaggeri e con segni, “è apparso”, è uscito dalla sua luce inaccessibile per illuminare il mondo.

Nella Solennità dell’Epifania, 6 gennaio, che celebreremo tra pochi giorni, la Chiesa propone un brano molto significativo del profeta Isaia: “Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te splende il Signore, la sua gloria appare su di te. Cammineranno le genti alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere” (60,1-3). E’ un invito rivolto alla Chiesa, la Comunità di Cristo, ma anche a ciascuno di noi, a prendere ancora più viva coscienza della missione e della responsabilità verso il mondo nel testimoniare e portare la luce nuova del Vangelo. All’inizio della Costituzione Lumen gentium del Concilio Vaticano II troviamo le seguenti parole: “Essendo Cristo la luce delle genti, questo santo Concilio, adunato nello Spirito Santo, ardentemente desidera con la luce di Lui, splendente sul volto della Chiesa, illuminare tutti gli uomini annunziando il Vangelo a ogni creatura” (n. 1).

Il Vangelo è la luce da non nascondere, da mettere sulla lucerna. La Chiesa non è la luce, ma riceve la luce di Cristo, la accoglie per esserne illuminata e per diffonderla in tutto il suo splendore. E questo deve avvenire anche nella nostra vita personale.

Ancora una volta cito San Leone Magno che ha detto nella Notte Santa: “Riconosci, cristiano, la tua dignità e, reso partecipe della natura divina, non voler ricadere alla condizione spregevole di un tempo con una condotta indegna. Ricordati chi è il tuo Capo e di quale Corpo sei membro. Ricordati che, strappato dal potere delle tenebre, sei stato trasferito nella luce e nel Regno di Dio” (Sermone 1 sul Natale, 3,2: CCL 138,88).

Cari fratelli e sorelle, il Natale è fermarsi a contemplare quel Bambino, il Mistero di Dio che si fa uomo nell’umiltà e nella povertà, ma è soprattutto accogliere ancora di nuovo in noi stessi quel Bambino, che è Cristo Signore, per vivere della sua stessa vita, per far sì che i suoi sentimenti, i suoi pensieri, le sue azioni, siano i nostri sentimenti, i nostri pensieri, le nostre azioni.

Celebrare il Natale è quindi manifestare la gioia, la novità, la luce che questa Nascita ha portato in tutta la nostra esistenza, per essere anche noi portatori della gioia, della vera novità, della luce di Dio agli altri. Ancora a tutti l’augurio di un tempo natalizio benedetto dalla presenza di Dio!


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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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CAPPELLA PAPALE NELLA SOLENNITÀ DELLA EPIFANIA DEL SIGNORE, CON IL RITO DI ORDINAZIONE EPISCOPALE, 06.01.2012

Alle ore 9.30 di oggi, Solennità dell’Epifania del Signore, il Santo Padre Benedetto XVI celebra nella Basilica Vaticana la Santa Messa nel corso della quale conferisce l’Ordinazione episcopale ai presbiteri: Mons. Charles John Brown, eletto Arcivescovo titolare di Aquileia e nominato Nunzio Apostolico in Irlanda e Mons. Marek Solczyński, eletto Arcivescovo titolare di Cesarea di Mauritania e nominato Nunzio Apostolico in Georgia e Armenia.
Concelebrano con il Santo Padre i Vescovi co-ordinanti: il Card. Tarcisio Bertone, S.D.B., e il Card. William Joseph Levada, e i due Vescovi eletti.
Il rito di Ordinazione ha luogo dopo la proclamazione del Santo Vangelo e l’annunzio del giorno della Pasqua, che quest’anno si celebra l’8 aprile.

Il Papa ha indossato pianeta e mitria nuova e per la prima volta anche i vescovi ordinati indossavano la pianeta (anche per la prima Messa dell'anno tutti i cardinali indossavano la pianeta)



Nel corso della Santa Messa, il Papa pronuncia l’omelia che riportiamo di seguito:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

L’Epifania è una festa della luce.

“Àlzati, [Gerusalemme,] rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te” (Is 60,1). Con queste parole del profeta Isaia, la Chiesa descrive il contenuto della festa. Sì, è venuto nel mondo Colui che è la vera Luce, Colui che rende gli uomini luce. Egli dona loro il potere di diventare figli di Dio (cfr Gv 1,9.12). Il cammino dei Magi d’Oriente è per la liturgia soltanto l’inizio di una grande processione che continua lungo tutta la storia. Con questi uomini comincia il pellegrinaggio dell’umanità verso Gesù Cristo – verso quel Dio che è nato in una stalla; che è morto sulla croce e che, da Risorto, rimane con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo (cfr Mt 28,20). La Chiesa legge il racconto del Vangelo di Matteo insieme con la visione del profeta Isaia, che abbiamo ascoltato nella prima lettura: il cammino di questi uomini è solo un inizio. Prima erano venuti i pastori – le anime semplici che dimoravano più vicino al Dio fattosi bambino e che più facilmente potevano “andare di là” (cfr Lc 2,15) verso di Lui e riconoscerLo come Signore. Ora, però, vengono anche i sapienti di questo mondo. Vengono grandi e piccoli, re e servi, uomini di tutte le culture e di tutti i popoli.

Gli uomini d’Oriente sono i primi, ai quali tanti, lungo tutti i secoli, vengono dietro. Dopo la grande visione di Isaia, la lettura tratta dalla Lettera agli Efesini esprime la stessa cosa in modo molto sobrio e semplice: le genti condividono la stessa eredità (cfr Ef 3,6). Il Salmo 2 l’aveva formulato così: “Ti darò in eredità le genti e in tuo dominio le terre più lontane” (Sal 2,8).

I Magi d’Oriente precedono. Inaugurano il cammino dei popoli verso Cristo. Durante questa santa Messa conferirò a due sacerdoti l’Ordinazione episcopale, li consacrerò Pastori del popolo di Dio. Secondo le parole di Gesù, precedere il gregge fa parte del compito del Pastore (cfr Gv 10,4).

Quindi, in quei personaggi che come primi pagani trovarono la via verso Cristo, possiamo forse cercare – nonostante tutte le differenze nelle vocazioni e nei compiti – indicazioni per il compito dei Vescovi. Che tipo di uomini erano costoro? Gli esperti ci dicono che essi appartenevano alla grande tradizione astronomica che, attraverso i secoli, si era sviluppata nella Mesopotamia e ancora vi fioriva. Ma questa informazione da sola non basta. C’erano forse molti astronomi nell’antica Babilonia, ma solo questi pochi si sono incamminati e hanno seguito la stella che avevano riconosciuto quale stella della promessa, quale indicatore della strada verso il vero Re e Salvatore. Essi erano, possiamo dire, uomini di scienza, ma non soltanto nel senso che volevano sapere molte cose: volevano di più. Volevano capire che cosa conta nell’essere uomini. Probabilmente avevano sentito dire della profezia del profeta pagano Balaam: “Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele” (Nm 24,17). Essi approfondirono quella promessa. Erano persone dal cuore inquieto, che non si accontentavano di ciò che appare ed è consueto.

Erano uomini alla ricerca della promessa, alla ricerca di Dio. Ed erano uomini vigilanti, capaci di percepire i segni di Dio, il suo linguaggio sommesso ed insistente. Ma erano anche uomini coraggiosi e insieme umili: possiamo immaginare che dovettero sopportare qualche derisione, perché si incamminarono verso il Re dei Giudei, affrontando per questo molta fatica. Per essi non era decisivo ciò che pensava e diceva di loro questo o quello, anche persone influenti ed intelligenti. Per loro contava la verità stessa, non l’opinione degli uomini. Per questo affrontarono le rinunce e le fatiche di un percorso lungo ed incerto. Fu il loro coraggio umile a consentire ad essi di potersi chinare davanti al bambino di gente povera e di riconoscere in Lui il Re promesso, la cui ricerca e il cui riconoscimento era stato lo scopo del loro cammino esteriore ed interiore.

Cari amici, come non vedere in tutto ciò alcuni tratti essenziali del ministero episcopale?

Anche il Vescovo deve essere un uomo dal cuore inquieto che non si accontenta delle cose abituali di questo mondo, ma segue l’inquietudine del cuore che lo spinge ad avvicinarsi interiormente sempre di più a Dio, a cercare il suo Volto, a conoscerLo sempre di più, per poterLo amare sempre di più. Anche il Vescovo deve essere un uomo dal cuore vigilante che percepisce il linguaggio sommesso di Dio e sa discernere il vero dall’apparente. Anche il Vescovo deve essere ricolmo del coraggio dell’umiltà, che non si interroga su che cosa dica di lui l’opinione dominante, bensì trae il suo criterio di misura dalla verità di Dio e per essa s’impegna: “opportune – importune”. Deve essere capace di precedere e di indicare la strada. Deve precedere seguendo Colui che ha preceduto tutti noi, perché è il vero Pastore, la vera stella della promessa: Gesù Cristo. E deve avere l’umiltà di chinarsi davanti a quel Dio che si è reso così concreto e così semplice da contraddire il nostro stolto orgoglio, che non vuole vedere Dio così vicino e così piccolo. Deve vivere l’adorazione del Figlio di Dio fattosi uomo, quell’adorazione che sempre di nuovo gli indica la strada.

La liturgia dell’Ordinazione episcopale interpreta l’essenziale di questo ministero in otto domande rivolte ai Consacrandi, che iniziano sempre con la parola: “Vultis? – volete?”. Le domande orientano la volontà e le indicano la strada da prendere. Vorrei qui brevemente menzionare soltanto alcune delle parole-chiave di tale orientamento, nelle quali si concretizza ciò su cui poc’anzi abbiamo riflettuto a partire dai Magi dell’odierna festa. Compito dei Vescovi è il “praedicare Evangelium Christi”, il “custodire” e “dirigere”, il “pauperibus se misericordes praebere”, l’“indesinenter orare”. L’annuncio del Vangelo di Gesù Cristo, il precedere e dirigere, il custodire il sacro patrimonio della nostra fede, la misericordia e la carità verso i bisognosi e i poveri, in cui si rispecchia l’amore misericordioso di Dio per noi e, infine, la preghiera continua sono caratteristiche fondamentali del ministero episcopale. La preghiera continua che significa: non perdere mai il contatto con Dio; lasciarsi sempre toccare da Lui nell’intimo del nostro cuore ed essere così pervasi dalla sua luce. Solo chi conosce personalmente Dio può guidare gli altri verso Dio. Solo chi guida gli uomini verso Dio, li guida sulla strada della vita.

Il cuore inquieto, di cui abbiamo parlato rifacendoci a sant’Agostino, è il cuore che, in fin dei conti, non si accontenta di niente che sia meno di Dio e, proprio così, diventa un cuore che ama. Il nostro cuore è inquieto in relazione a Dio e rimane tale, anche se oggi, con “narcotici” molto efficaci, si cerca di liberare l’uomo da questa inquietudine. Ma non soltanto noi esseri umani siamo inquieti in relazione a Dio. Il cuore di Dio è inquieto in relazione all’uomo. Dio attende noi. È in ricerca di noi. Anche Lui non è tranquillo, finché non ci abbia trovato. Il cuore di Dio è inquieto, e per questo si è incamminato verso di noi – verso Betlemme, verso il Calvario, da Gerusalemme alla Galilea e fino ai confini del mondo. Dio è inquieto verso di noi, è in ricerca di persone che si lasciano contagiare dalla sua inquietudine, dalla sua passione per noi.

Persone che portano in sé la ricerca che è nel loro cuore e, al contempo, si lasciano toccare nel cuore dalla ricerca di Dio verso noi. Cari amici, questo era il compito degli Apostoli: accogliere l’inquietudine di Dio verso l’uomo e portare Dio stesso agli uomini. E questo è il vostro compito sulle orme degli Apostoli: lasciatevi colpire dall’inquietudine di Dio, affinché il desiderio di Dio verso l’uomo possa essere soddisfatto.

I Magi hanno seguito la stella. Attraverso il linguaggio della creazione hanno trovato il Dio della storia. Certo, il linguaggio della creazione da solo non basta. Solo la Parola di Dio che incontriamo nella Sacra Scrittura poteva indicare loro definitivamente la strada. Creazione e Scrittura, ragione e fede devono stare insieme per condurci al Dio vivente. Si è molto discusso su che genere di stella fosse quella che guidò i Magi. Si pensa ad una congiunzione di pianeti, ad una Super nova, cioè ad una di quelle stelle inizialmente molto deboli in cui un’esplosione interna sprigiona per un certo tempo un immenso splendore, ad una cometa, e così via. Continuino pure gli scienziati questa discussione.

La grande stella, la vera Super nova che ci guida è Cristo stesso. Egli è, per così dire, l’esplosione dell’amore di Dio, che fa splendere sul mondo il grande fulgore del suo cuore. E possiamo aggiungere: i Magi d’Oriente di cui parla il Vangelo di oggi, così come generalmente i Santi, sono diventati a poco a poco loro stessi costellazioni di Dio, che ci indicano la strada. In tutte queste persone il contatto con la Parola di Dio ha, per così dire, provocato un’esplosione di luce, mediante la quale lo splendore di Dio illumina questo nostro mondo e ci indica la strada.

I Santi sono stelle di Dio, dalle quali ci lasciamo guidare verso Colui al quale anela il nostro essere. Cari amici, voi avete seguito la stella Gesù Cristo, quando avete detto il vostro “sì” al sacerdozio e al ministero episcopale. E certamente hanno brillato per voi anche stelle minori, aiutandovi a non perdere la strada. Nelle Litanie dei Santi invochiamo tutte queste stelle di Dio, affinché brillino sempre di nuovo per voi e vi indichino la strada. Venendo ordinati Vescovi, siete chiamati ad essere voi stessi stelle di Dio per gli uomini, a guidarli sulla strada verso la vera Luce, verso Cristo. Preghiamo dunque in quest’ora tutti i Santi, affinché voi possiate sempre rispondere a questo vostro compito e mostrare agli uomini la luce di Dio.
Amen.





























PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Oggi, nella solennità dell’Epifania del Signore, ho ordinato, nella Basilica di San Pietro, due nuovi Vescovi, e così perdonate il ritardo.

Questa festa dell’Epifania è una festa molto antica, che ha la sua origine nell’Oriente cristiano e mette in risalto il mistero della manifestazione di Gesù Cristo a tutte le genti, rappresentate dai Magi che vennero ad adorare il Re dei Giudei appena nato a Betlemme, come narra il Vangelo di san Matteo (cfr 2,1-12).
Quella "luce nuova" che si è accesa nella notte di Natale (cfr Prefazio di Natale I), oggi incomincia a risplendere sul mondo, come suggerisce l’immagine della stella, un segno celeste che attirò l’attenzione dei Magi e li guidò nel loro viaggio verso la Giudea.

Tutto il periodo del Natale e dell’Epifania è caratterizzato dal tema della luce, legato anche al fatto che, nell’emisfero nord, dopo il solstizio d’inverno il giorno riprende ad allungarsi rispetto alla notte. Ma, al di là della loro posizione geografica, per tutti i popoli vale la parola di Cristo: "Io sono la luce del mondo; chi segue me, non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" (Gv 8,12).

Gesù è il sole apparso all’orizzonte dell’umanità per illuminare l’esistenza personale di ognuno di noi e per guidarci tutti insieme verso la meta del nostro pellegrinaggio, verso la terra della libertà e della pace, in cui vivremo per sempre in piena comunione con Dio e tra di noi.

L’annuncio di questo mistero di salvezza è stato affidato da Cristo alla sua Chiesa. "Esso – scrive san Paolo – è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo" (Ef 3,5-6). L’invito che il profeta Isaia rivolgeva alla città santa Gerusalemme, si può applicare alla Chiesa: "Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te" (Is 60,1-2). E’ così, come dice il Profeta: il mondo, con tutte le sue risorse, non è in grado di dare all’umanità la luce per orientare il suo cammino. Lo riscontriamo anche ai nostri giorni: la civiltà occidentale sembra avere smarrito l’orientamento, naviga a vista. Ma la Chiesa, grazie alla Parola di Dio, vede attraverso queste nebbie. Non possiede soluzioni tecniche, ma tiene lo sguardo rivolto alla meta, e offre la luce del Vangelo a tutti gli uomini di buona volontà, di qualunque nazione e cultura.

E’ questa anche la missione dei Rappresentanti Pontifici presso gli Stati e le Organizzazioni internazionali. Proprio stamani, come ho già detto, ho avuto la gioia di conferire l’Ordinazione episcopale a due nuovi Nunzi Apostolici. Affidiamo alla Vergine Maria il loro servizio e l’opera evangelizzatrice di tutta la Chiesa.

DOPO L’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle,

sono lieto di rivolgere i più cordiali auguri alle Chiese Orientali che, secondo il calendario giuliano, domani celebreranno il Santo Natale. Ogni famiglia ed ogni comunità sia colma della luce e della pace di Cristo Salvatore!

Ricordo inoltre che l’Epifania è anche la Giornata Missionaria dei Bambini, promossa dalla Pontificia Opera della Santa Infanzia. Bambini di tutto il mondo, riuniti in gruppi, si formano ad una sensibilità missionaria e sostengono tanti progetti di solidarietà per i loro coetanei. Cari bambini e ragazzi! Il vostro cuore sia aperto al mondo, come il cuore di Gesù, ma siate anche attenti a chi vive accanto a voi, sempre pronti a dare una mano.

(...)

E saluto infine con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare quanti danno vita al corteo storico-folcloristico, dedicato quest’anno alla città di Pomezia e ai territori del Litorale e dell’Agro Pontino. A tutti auguro una buona festa dell’Epifania! Buona festa a tutti voi!

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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Sacra Famiglia - domenica tra l'Ottava dell'Epifania (V.O.)

La Sacra Famiglia

"[...] I padri di famiglia, infatti, hanno in Giuseppe una chiarissima norma della vigilanza e della provvidenza paterna; le madri hanno nella Santissima Vergine Madre di Dio un esempio insigne dell’amore, verecondia, sottomissione d’animo e perfetta fede; i figli poi hanno in Gesù, che «era sottomesso a loro», un divino esemplare di obbedienza da ammirare, venerare, imitare.
Chi è nato nobile, imparerà dalla Famiglia di sangue regale come dominarsi nella buona fortuna e conservare la dignità nella cattiva; i ricchi impareranno da essa quanto si debbano posporre le ricchezze alle virtù.
Gli operai poi, e tutti quelli che specialmente ai nostri tempi si irritano tanto aspramente per le strettezze di famiglia e per l’umile condizione, se guarderanno i Santissimi Conviventi di quella società familiare, avranno motivo di compiacersi, più che di dolersi, della condizione toccata loro. Hanno, infatti, in comune con la Sacra Famiglia le fatiche, in comune le preoccupazioni della vita quotidiana; anche Giuseppe dovette provvedere col suo salario alle necessità della vita; che anzi le stesse mani divine attesero al lavoro del carpentiere.
Non è quindi affatto da stupirci se uomini sapientissimi, ricolmi di ricchezze, abbiano voluto disfarsene e scegliersi la povertà in compagnia di Gesù, Maria e Giuseppe.
Per tutto questo a buon diritto tra i cattolici il culto della Sacra Famiglia ben presto introdotto riceve sempre maggior incremento.
E veramente non si può pensare nulla di più salutare o efficace per le famiglie cristiane dell’esempio della Sacra Famiglia, che racchiude la perfezione e il compimento di tutte le virtù familiari. [...]"

(Leone XIII, breve Neminem fugit, 14.6.1892).

La Messa di oggi mette in risalto la pace, la felicità, la bontà, l'umiltà la concordia, e le altre virtù domestiche che regnavano nella Sacra Famiglia.


[SM=g1740771]



Il Papa: Il vero educatore non lega le persone a sé, non è possessivo. Vuole che il figlio, o il discepolo, impari a conoscere la verità, e stabilisca con essa un rapporto personale. L’educatore compie il suo dovere fino in fondo, non fa mancare la sua presenza attenta e fedele; ma il suo obiettivo è che l’educando ascolti la voce della verità parlare al suo cuore e la segua in un cammino personale

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Il Papa: Il battesimo è la prima scelta educativa e la prima testimonianza verso i figli (AsiaNews)

SANTA MESSA NELLA CAPPELLA SISTINA CON IL RITO DEL BATTESIMO DEI BAMBINI, 08.01.2012

Alle ore 9.45 di oggi, Festa del Battesimo del Signore, il Santo Padre Benedetto XVI presiede nella Cappella Sistina la Santa Messa nel corso della quale amministra il Sacramento del Battesimo a 16 neonati.
Dopo la lettura del Santo Vangelo, il Papa pronuncia le seguente omelia:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

E’ sempre una gioia celebrare questa Santa Messa con i Battesimi dei bambini, nella Festa del Battesimo del Signore.
Vi saluto tutti con affetto, cari genitori, padrini e madrine, e tutti voi familiari e amici! Siete venuti – l’avete detto ad alta voce – perché i vostri neonati ricevano il dono della grazia di Dio, il seme della vita eterna.
Voi genitori avete voluto questo. Avete pensato al Battesimo prima ancora che il vostro bambino o la vostra bambina venisse alla luce.
La vostra responsabilità di genitori cristiani vi ha fatto pensare subito al Sacramento che segna l’ingresso nella vita cristiana. Possiamo dire che questa è stata la vostra prima scelta educativa come testimoni della fede verso i vostri figli: la scelta fondamentale!
Il compito dei genitori, aiutati dal padrino e dalla madrina, è quello di educare il figlio o la figlia.

Educare è molto impegnativo, a volte è arduo per le nostre capacità umane, sempre limitate. Ma educare diventa una meravigliosa missione se la si compie in collaborazione con Dio, che è il primo e vero educatore di ogni uomo.

Nella prima Lettura che abbiamo ascoltato, tratta dal Libro del profeta Isaia, Dio si rivolge al suo popolo proprio come un educatore. Mette in guardia gli Israeliti dal pericolo di cercare di dissetarsi e di sfamarsi alle fonti sbagliate: “Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro guadagno per ciò che non sazia?” (Is 55,2).

Dio vuole darci cose buone da bere e da mangiare, cose che ci fanno bene; mentre a volte noi usiamo male le nostre risorse, le usiamo per cose che non servono, anzi, che sono addirittura nocive. Dio vuole darci soprattutto Se stesso e la sua Parola: sa che allontanandoci da Lui ci troveremmo ben presto in difficoltà, come il figlio prodigo della parabola, e soprattutto perderemmo la nostra dignità umana.

E per questo ci assicura che Lui è misericordia infinita, che i suoi pensieri e le sue vie non sono come i nostri – per nostra fortuna! – e che possiamo sempre ritornare a Lui, alla casa del Padre. Ci assicura poi che se accoglieremo la sua Parola, essa porterà frutti buoni nella nostra vita, come la pioggia che irriga la terra (cfr Is 55,10-11).

A questa parola che il Signore ci ha rivolto mediante il profeta Isaia, noi abbiamo risposto con il ritornello del Salmo: “Attingeremo con gioia alle sorgenti della salvezza”.

Come persone adulte, ci siamo impegnati ad attingere alle fonti buone, per il bene nostro e di coloro che sono affidati alla nostra responsabilità, in particolare voi, cari genitori, padrini e madrine, per il bene di questi bambini.

E quali sono “le sorgenti della salvezza”?

Sono la Parola di Dio e i Sacramenti. Gli adulti sono i primi a doversi alimentare a queste fonti, per poter guidare i più giovani nella loro crescita .

I genitori devono dare tanto, ma per poter dare hanno bisogno a loro volta di ricevere, altrimenti si svuotano, si prosciugano. I genitori non sono la fonte, come anche noi sacerdoti non siamo la fonte: siamo piuttosto come dei canali, attraverso cui deve passare la linfa vitale dell’amore di Dio. Se ci stacchiamo dalla sorgente, noi stessi per primi ne risentiamo negativamente e non siamo più in grado di educare altri. Per questo ci siamo impegnati dicendo:
“Attingeremo con gioia alle sorgenti della salvezza”
.

E veniamo ora alla seconda Lettura e al Vangelo. Essi ci dicono che la prima e principale educazione avviene attraverso la testimonianza.

Il Vangelo ci parla di Giovanni il Battista. Giovanni è stato un grande educatore dei suoi discepoli, perché li ha condotti all’incontro con Gesù, al quale ha reso testimonianza. Non ha esaltato se stesso, non ha voluto tenere i discepoli legati a sé. Eppure Giovanni era un grande profeta, la sua fama era molto grande.

Quando è arrivato Gesù, si è tirato indietro e ha indicato Lui: “ Viene dopo di me colui che è più forte di me… Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo” (Mc 1,7-8).

Il vero educatore non lega le persone a sé, non è possessivo. Vuole che il figlio, o il discepolo, impari a conoscere la verità, e stabilisca con essa un rapporto personale. L’educatore compie il suo dovere fino in fondo, non fa mancare la sua presenza attenta e fedele; ma il suo obiettivo è che l’educando ascolti la voce della verità parlare al suo cuore e la segua in un cammino personale.

Ritorniamo ancora alla testimonianza. Nella seconda Lettura, l’apostolo Giovanni scrive: “E’ lo Spirito che dà testimonianza” (1 Gv 5,6). Si riferisce allo Spirito Santo, lo Spirito di Dio, che rende testimonianza a Gesù, attestando che è il Cristo, il Figlio di Dio. Lo si vede anche nella scena del battesimo nel fiume Giordano: lo Spirito Santo scende su Gesù come una colomba per rivelare che Lui è il Figlio Unigenito dell’eterno Padre (cfr Mc 1,10).

Anche nel suo Vangelo Giovanni sottolinea questo aspetto, là dove Gesù dice ai discepoli: “Quando verrà il Paraclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio” (Gv 15,26-27).

Questo ci è di grande conforto nell’impegno di educare alla fede, perché sappiamo che non siamo soli e che la nostra testimonianza è sostenuta dallo Spirito Santo.

E’ molto importante per voi genitori, e anche per i padrini e le madrine, credere fortemente nella presenza e nell’azione dello Spirito Santo, invocarlo e accoglierlo in voi, mediante la preghiera e i Sacramenti.

E’ Lui infatti che illumina la mente, riscalda il cuore dell’educatore perché sappia trasmettere la conoscenza e l’amore di Gesù. La preghiera è la prima condizione per educare, perché pregando ci mettiamo nella disposizione di lasciare a Dio l’iniziativa, di affidare i figli a Lui, che li conosce prima e meglio di noi, e sa perfettamente qual è il loro vero bene.

E, al tempo stesso, quando preghiamo ci mettiamo in ascolto delle ispirazioni di Dio per fare bene la nostra parte, che comunque ci spetta e dobbiamo realizzare. I Sacramenti, specialmente l’Eucaristia e la Penitenza, ci permettono di compiere l’azione educativa in unione con Cristo, in comunione con Lui e continuamente rinnovati dal suo perdono.

La preghiera e i Sacramenti ci ottengono quella luce di verità grazie alla quale possiamo essere al tempo stesso teneri e forti, usare dolcezza e fermezza, tacere e parlare al momento giusto, rimproverare e correggere nella giusta maniera.

Cari amici, invochiamo dunque tutti insieme lo Spirito Santo, perché scenda in abbondanza su questi bambini, li consacri ad immagine di Gesù, e li accompagni sempre nel cammino della loro vita. Li affidiamo alla guida materna di Maria Santissima, perché crescano in età, sapienza e grazia e diventino veri cristiani, testimoni fedeli e gioiosi dell’amore di Dio.
Amen.

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[Modificato da Caterina63 08/01/2012 14:29]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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08/01/2012 14:37
 
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Il Papa: Ognuno di noi è voluto, è amato da Dio. E anche in questa relazione con Dio noi possiamo, per così dire, "rinascere", cioè diventare ciò che siamo. Questo accade mediante la fede, mediante un "sì" profondo e personale a Dio come origine e fondamento della nostra esistenza. Con questo "sì" io accolgo la vita come dono del Padre che è nei Cieli, un Genitore che non vedo, ma in cui credo e che sento nel profondo del cuore essere il Padre mio e di tutti i miei fratelli in umanità, un Padre immensamente buono e fedele

FESTIVITA' NATALIZIE: LO SPECIALE DEL BLOG

ANGELUS: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 08.01.2012

Conclusa la Santa Messa con l’amministrazione del Battesimo ad un gruppo di bambini nella Cappella Sistina, il Santo Padre a mezzogiorno si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Oggi celebriamo la festa del Battesimo del Signore.
Stamani ho conferito il Sacramento del Battesimo a 16 bambini, e per questo vorrei proporre una breve riflessione sul nostro essere figli di Dio.

Anzitutto però partiamo dal nostro essere semplicemente figli: questa è la condizione fondamentale che ci accomuna tutti. Non tutti siamo genitori, ma tutti sicuramente siamo figli. Venire al mondo non è mai una scelta, non ci viene chiesto prima se vogliamo nascere. Ma durante la vita, possiamo maturare un atteggiamento libero nei confronti della vita stessa: possiamo accoglierla come un dono e, in un certo senso, "diventare" ciò che già siamo: diventare figli.

Questo passaggio segna una svolta di maturità nel nostro essere e nel rapporto con i nostri genitori, che si riempie di riconoscenza. E’ un passaggio che ci rende anche capaci di essere a nostra volta genitori – non biologicamente, ma moralmente.

Anche nei confronti di Dio siamo tutti figli.

Dio è all’origine dell’esistenza di ogni creatura, ed è Padre in modo singolare di ogni essere umano: ha con lui o con lei una relazione unica, personale.

Ognuno di noi è voluto, è amato da Dio. E anche in questa relazione con Dio noi possiamo, per così dire, "rinascere", cioè diventare ciò che siamo. Questo accade mediante la fede, mediante un "sì" profondo e personale a Dio come origine e fondamento della nostra esistenza. Con questo "sì" io accolgo la vita come dono del Padre che è nei Cieli, un Genitore che non vedo, ma in cui credo e che sento nel profondo del cuore essere il Padre mio e di tutti i miei fratelli in umanità, un Padre immensamente buono e fedele.

Su che cosa si basa questa fede in Dio Padre? Si basa su Gesù Cristo: la sua persona e la sua storia ci rivelano il Padre, ce lo fanno conoscere, per quanto è possibile in questo mondo. Credere che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, consente di "rinascere dall’alto", cioè da Dio, che è Amore (cfr Gv 3,3).

E teniamo ancora una volta presente che nessuno si fa uomo: siamo nati senza il nostro proprio fare, il passivo di essere nati precede l’attivo del nostro fare. Lo stesso è anche sul livello dell’essere cristiani: nessuno può farsi cristiano solo dalla propria volontà, anche essere cristiano è un dono che precede il nostro fare: dobbiamo essere rinati in una nuova nascita.

San Giovanni dice: "A quanti l’hanno accolto / ha dato potere di diventare figli di Dio" (Gv 1,12). Questo è il senso del sacramento del Battesimo, il Battesimo è questa nuova nascita, che precede il nostro fare. Con la nostra fede possiamo andare incontro a Cristo, ma solo Lui stesso può farci cristiani e dare a questa nostra volontà, a questo nostro desiderio la risposta, la dignità, il potere di diventare figli di Dio che da noi non abbiamo.

Cari amici, questa domenica del Battesimo del Signore conclude il tempo di Natale. Rendiamo grazie a Dio per questo grande mistero, che è fonte di rigenerazione per la Chiesa e per il mondo intero. Dio si è fatto figlio dell’uomo, perché l’uomo diventi figlio di Dio.

Rinnoviamo perciò la gioia di essere figli: come uomini e come cristiani; nati e rinati ad una nuova esistenza divina. Nati dall’amore di un padre e di una madre, e rinati dall’amore di Dio, mediante il Battesimo. Alla Vergine Maria, Madre di Cristo e di tutti coloro che credono in Lui, chiediamo che ci aiuti a vivere realmente da figli di Dio, non a parole, o non solo a parole, ma con i fatti. Scrive ancora san Giovanni: "Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato" (1 Gv 3,23).

DOPO L’ANGELUS

(..)

Rivolgo infine un caloroso saluto ai pellegrini di lingua italiana, in modo speciale alle famiglie e ai gruppi parrocchiali. A tutti auguro una buona domenica e, nuovamente, ogni bene per l’anno da poco iniziato. Buona domenica, buon anno. Auguri, grazie!


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[SM=g1740738]  Con questo Angelus e questi Auguri chiudiamo e concludiamo questo thread dedicato al Tempo di Avvento, di Natale e alla ripresa dell'Anno Liturgico nuovo
Grazie per averci seguito, continuate a leggerci e ritroviamoci nella Preghiera, specialmente nel Santo Rosario....

Il Mercoledi delle ceneri è il  22/02/2012
La I Domenica di Quaresima è il  26/02/2012
La II Domenica di Quaresima è il  04/03/2012
La III Domenica di Quaresima è il  11/03/2012
La IV Domenica di Quaresima è il  18/03/2012
La V Domenica di Quaresima è il  25/03/2012
La Domenica delle Palme è il  01/04/2012
La Domenica di Pasqua è il  08/04/2012
La Pentecoste è il  27/05/2012
Il Corpus Domini è il  10/06/2012


[SM=g1740722] [SM=g1740750] [SM=g1740752]
[Modificato da Caterina63 09/01/2012 22:36]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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