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DENZIGER Raccolta dei simboli, dei costumi e della fede Cattolica dall'Anno 600 al 1900

Ultimo Aggiornamento: 09/12/2011 22:20
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[SM=g1740733] Bolla "Exsurge Domine"

Condanna delle tesi di Martin Lutero - Leone X


15 giugno 1520

Martin Lutero, che con le sue 95 tesi trovò grande risonanza, fu accusato e convocato a Roma già nel nov. 1517. Poco dopo Leone X affidò al card. Tommaso de Vio detto il Gaetano (o Cajetano) il compito di indurre Lutero a revocare, ma nè l’incontro tra di loro nell’ott. del 1518 ad Augusta, nè la disputa, a cui partecipò anche il riformatore Karlstadt, tenuta nel giugno-luglio 1519 a Lipsia con Giovanni Eck, validissimo difensore del cattolicesimo, portarono a un accordo. Dopo che Giovanni Eck fu richiamato a Roma, fu aperto un procedimento contro Lutero (gen.-aprile 1520). Giacché Luterò non ritrattava le sue dottrine e il 10 dic. 1520 bruciò in pubblico la bolla Exsurge Domine, il 3 genn. 1521 con la bolla Decet Romanum Pontificem fu scomunicato.

Errori di Martin Lutero

1. E’ sentenza eretica, ma largamente seguita, che i sacramenti della Nuova Alleanza danno la grazia giustificante a coloro che non vi pongono ostacolo.

2. Negare che il peccato rimane nel bambino dopo il battesimo, significa disprezzare insieme Cristo e Paolo.

3. Il fomite del peccato, anche se non c’è nessun peccato attuale, trattiene l’anima che esce dal corpo dall’ingresso nel cielo.

4. La non perfetta carità di colui che sta per morire porta necessariamente con sé un grande timore, che di per sé è solo sufficiente a ottenere la pena del purgatorio, e impedisce l’ingresso nel regno.

5. Che le parti della confessione siano tre: contrizione, confessione e soddisfazione non è fondato nella Sacra Scrittura, nè negli antichi santi dottori cristiani.

6. La contrizione che si ottiene con l’esame, la ricapitolazione e la detestazione dei peccati, e con la quale si ripensa alla propria vita nell’amarezza della propria anima [cf. Is 38,15], soppesando la gravità, la moltitudine, la turpitudine dei peccati, la perdita della beatitudine eterna e il conseguimento dell’eterna dannazione, questa contrizione rende ipocrita, anzi addirittura peccatore.

7. Verissima e più perfetta in tutto della dottrina fino a questo momento proposta sulla contrizione è la massima: "Non farlo più è la migliore penitenza; una nuova vita è l’ottima penitenza".

8. Non presumere in alcun modo di confessare i peccati veniali, ma neppure tutti i mortali, perché è impossibile che tu conosca tutti i peccati mortali.
Per questo motivo nella chiesa primitiva si confessavano soltanto quelli mortali manifesti.

9. Quando vogliamo confessare tutto in modo completo non facciamo altro che questo: non vogliamo lasciare nulla da perdonare alla misericordia di Dio.

10. A nessuno sono rimessi i peccati, se non crede che gli sono rimessi dal sacerdote che assolve; anzi il peccato rimane, se non lo crede rimesso: non sono sufficienti infatti la remissione del peccato e il dono della grazia, ma bisogna anche credere che è stato rimesso.

11. Non confidare in nessun modo di essere assolto a motivo della tua contrizione, ma per la parola di Cristo: "Tutto ciò che scioglierai" ecc. [Mt 16,19]. In questo confida, io dico: se tu hai ottenuto l’assoluzione del sacerdote, e credi fermamente che tu sei stato assolto, sarai stato assolto davvero, qualsiasi cosa sia in quanto alla contrizione.

12. Se, per assurdo, colui che si confessa non fosse contrito, oppure il sacerdote assolvesse non sul serio, ma per gioco, se tuttavia egli si crede assolto, è assolto con assoluta certezza.

13. Nel sacramento della penitenza e nella remissione della colpa, il papa o il vescovo non fanno nulla di più di un semplice sacerdote: anzi, dove non c'è un sacerdote, può fare ugualmente un semplice cristiano, anche se fosse una donna o un bambino.

14. Nessuno deve rispondere al sacerdote di essere contrito e il sacerdote non lo deve domandare.

15. È grande l'errore di coloro che si accostano al sacramento dell'eucaristia fidandosi del fatto di essersi confessati, di non essere consapevoli di nessun peccato mortale, di aver premesso preghiere personali e preparatorie: tutti questi mangiano e bevono la propria condanna. Ma se credono e confidano che qui essi conseguiranno la grazia, questa fede sola li rende puri e degni.

16. Risulta come deciso, che la chiesa abbia stabilito in un concilio universale che i laici debbono comunicarsi sotto le due specie: e i Boemi che si comunicano sotto le due specie, non sono eretici, ma scismatici.

17. I tesori della chiesa, da cui il papa trae le indulgenze, non sono i meriti di Cristo e dei Santi.

18. Le indulgenze sono dei pii inganni dei fedeli, e dispense dalle opere buone; e appartengono al numero delle cose che sono permesse, e non al numero di quelle che sono utili. [cfr. ICor 6,12; 10,23].

19. Le indulgenze, per coloro che veramente le acquistano, non hanno valore per la remissione della pena dovuta alla giustizia divina per i peccati attuali.

20. Si ingannano coloro che credono che le indulgenze sono salutari e utili per il bene dello spirito.

21. Le indulgenze sono necessarie solo per le colpe pubbliche, e vengono propriamente concesse solo ai duri di cuore e agli insensibili.

22. Per sei categorie di uomini le indulgenze non sono né necessarie nè utili: e cioè per i morti o per quelli che stanno per morire, per i malati, per i legittimamente impediti, per coloro che non hanno commesso peccati, per coloro che hanno commesso peccati, ma non pubblici, per coloro che compiono cose migliori.

23. Le scomuniche sono soltanto pene esteriori, e non privano l'uomo delle comuni preghiere spirituali della chiesa.

24. Bisogna insegnare ai cristiani più ad amare la scomunica che a temerla.

25. Il pontefice romano, successore di Pietro, non è il vicario di Cristo sopra tutte le chiese del mondo intero, dallo stesso Cristo costituito nel beato Pietro.

26. La parola di Cristo a Pietro: "Tutto ciò che scioglierai sulla terra" ecc. [Mt 16,19] si estende soltanto alle cose legate dallo stesso Pietro.

27. È certo che non è affatto in mano della chiesa o del papa lo stabilire gli articoli di fede, e anzi neppure le leggi morali o delle opere buone.

28. Se il papa con una gran parte della chiesa pensasse in un modo o nell'altro, e inoltre non sbagliasse, non è ancora peccato o eresia pensare il contrario, soprattutto in cose non necessario per la salvezza, finché da un concilio universale una cosa non è stata respinta e l'altra approvata.

29. Ci è stata aperta la via per svuotare l'autorità dei concili e per contraddire liberamente le cose da loro compiute, per giudicare i loro decreti e per confessare con confidenza qualsiasi cosa sembri vero, sia che sia stato approvato, sia che sia stato respinto da un qualsiasi concilio.

30. Alcuni articoli di Jan Hus condannati nel concilio di Costanza sono cristianissimi, verissimi ed evangelici, e neppure la chiesa universale potrebbe condannarli.

31. In ogni opera buona il giusto pecca.

32. L'opera buona compiuta nel modo migliore, è peccato veniale.

33. È contro la volontà dello Spirito che gli eretici siano bruciati.

34. Combattere contro i Turchi è opporsi a Dio, che visita le nostre iniquità per mezzo loro.

35. Nessuno è certo di non peccare sempre mortalmente, a motivo del segretissimo vizio della superbia.

36. Dopo il peccato, il libero arbitrio è una realtà in modo solo apparente; e quando compie ciò che gli compete, pecca mortalmente.

37. Il purgatorio non può essere provato mediante la sacra Scrittura che si trova nel canone.

38. Le anime nel purgatorio non sono sicure della propria salvezza, almeno non tutte; e non è provato da nessun argomento razionale né dalle Scritture, che esse si trovano al di fuori della condizione di meritare o di accrescere la carità.

39. Le anime del purgatorio peccano in modo continuo finché cercano il riposo e hanno orrore delle pene.

40. Le anime liberate dal purgatorio per i suffragi di coloro che sono vivi godono minore beatitudine che se avessero soddisfatto da se stesse.

41. I prelati ecclesiastici e i principi secolari non farebbero male, se eliminassero tutte le sacche di mendicità.

[Censura:] Tutti e ciascuno gli articoli o errori sopra elencati, Noi li condanniamo, respingiamo e rigettiamo totalmente, in conformità a quanto detto sopra, rispettivamente come eretici, scandalosi, falsi, offensivi per le orecchie pie, o in quanto capaci di sedurre le menti degli uomini semplici e in contraddizione con la fede cattolica.




[SM=g1740771]


Dalla Bolla "Ex omnibus afflictionibus"

Condanna delle Tesi di Michele Baio - san Pio V


1 ottobre 1568

Errori di Michele Baio sulla natura umana e sulla grazia

1. I meriti sia dell’angelo che del primo uomo ancora integro non sono chiamati giustamente grazia.

2. Come l’opera cattiva per natura sua è meritevole della morte eterna, così l’opera buona per natura sua è meritevole della vita eterna.

3. Sia per gli angeli buoni che per il primo uomo, qualora avesse perseverato in quello stato fino alla fine della vita, la felicità sarebbe stata ricompensa, e non grazia.

4. La vita eterna fu promessa all’uomo integro e all’angelo in considerazione delle opere buone, e le opere buone in base alla legge di natura di per sé sono sufficienti per conseguirla.

5. Nella promessa fatta all’angelo e al primo uomo è contenuta la disposizione della giustizia naturale, secondo la quale, a motivo delle opere buone, senza nessun’altra considerazione, la vita eterna è promessa ai giusti.

6. Per legge naturale è stato stabilito per l’uomo che, se avesse perseverato nell’obbedienza, sarebbe passato in quella vita nella quale non può più morire.

7. I meriti del primo uomo integro furono i doni della prima creazione; ma, secondo il modo di parlare della sacra Scrittura, sono chiamati non giustamente grazia; per questo consegue che soltanto meriti, non anche grazia, debbono essere chiamati.

8. In coloro che sono redenti in forza della grazia di Cristo, non può trovarsi nessun merito buono, che non sia stato conferito gratuitamente a un indegno.

9. I doni concessi all’uomo integro e all’angelo, forse con un fondamento da non rigettare, possono essere detti grazia; ma poiché, secondo l’uso della Scrittura, con il nome di grazia vengono intesi soltanto quei doni che sono conferiti per mezzo di Gesù ai non meritevoli e agli indegni, per questa ragione nè i meriti nè la ricompensa che a costoro è accordata, deve essere detta grazia.

10. La remissione della pena temporale che, una volta sciolto il peccato, spesso rimane, e la risurrezione del corpo, debbono essere attribuite propriamente soltanto ai meriti di Cristo.

11. Dal momento che noi conseguiamo lavila eterna se ci siamo comportati in modo pio e giusto in questa vita mortale fino al termine della vita, questo non deve essere propriamente attribuito alla grazia di Dio, ma all’ordinamento naturale immediatamante disposto fin dall’inizio della creazione secondo il giusto giudizio di Dio; e in questa retribuzione dei buoni non si fa riferimento al merito di Cristo, ma soltanto al primo ordinamento del genere umano, nel quale e stato stabilito, in forza della legge naturale, che, secondo il giusto giudizio di Dio, la vita eterna sia accordata all’obbedienza dei precetti.

12. E opinione di Pelagio: l’opera buona, compiuta al di fuori della grazia di adozione, non è meritevole del Regno dei cieli.

13. Le opere buone compiute dai figli di adozione, non acquistano la natura di merito per il fatto che vengono compiute in virtù dello spirito di adozione che abita nei cuori dei figli di Dio, ma solo per il fatto che sono conformi alla legge, e perché per mezzo di esse si presta obbedienza alla legge.

14. Le opere buone dei giusti non ricevono nel giorno del giudizio finale una più grande ricompensa di quella che avrebbero meritato ricevere secondo il giusto giudizio di Dio.

15. Egli insegna che la natura del merito non consiste nel fatto che, colui che opera bene, ha la grazia e lo Spirito Santo che abita in lui, ma soltanto nel fatto che obbedisce alla legge divina, e questa opinione la ripete spesso, e con molte ragioni la dimostra in quasi tutto il libro.

16. Nello stesso libro ripete spesso che non è vera obbedienza alla legge quella che viene fatta senza la carità.

17. Egli dice che pensano come Pelagio quelli che dicono che per la natura del merito è necessario che l’uomo per la grazia di adozione sia elevato allo stato di deificazione.

18. Egli dice che le opere dei catecumeni, come la fede e la penitenza fatta prima della remissione dei peccati, sono meriti per la vita eterna; vita che i catecumeni non conseguiranno se non saranno prima eliminati gli ostacoli delle colpe precedenti.

19. Egli sembra insinuare che le opere della giustizia e della temperanza che Cristo ha compiuto, non hanno ricevuto un valore maggiore dalla dignità della persona che le compiva.

20. Nessun peccato è per natura sua veniale, ma ogni peccato è meritevole della pena eterna.

21. L’elevazione e l’innalzamento della natura umana alla compartecipazione della natura divina fu dovuta all’integrità della condizione primitiva, e per questo deve dirsi naturale e non soprannaturale.

22. Pensano allo stesso modo di Pelagio quelli che comprendono riferito alle genti che non hanno la grazia della fede il testo del capitolo 2 della lettera dell’apostolo ai Romani: "Le genti, che non hanno la legge, fanno naturalmente quelle cose che sono della legge" [Rm 2,14].

23. È assurda l’opinine di coloro che dicono che l’uomo, fin dall’inizio, per un certo qual dono soprannaturale e gratuito, è stato innalzato al di sopra della condizione della sua natura, per così onorare Dio in modo soprannaturale con la fede, la speranza e la carità.

24. Da uomini insignificanti e vuoti, conformemente alla stoltezza dei filosofi, è stata inventata l’opinione secondo la quale l’uomo fin dall’inizio è stato costituito in modo tale che, per mezzo di doni aggiunti al di sopra della natura, è stato dalla generosità del creatore elevato e adottato come figlio di Dio: questa opinione deve essere lasciata al pelagianesimo.

25. Tutte le opere di coloro che non credono sono peccati, [26] e le virtù dei filosofi sono vizi.

26.[27.] L’integrità della prima creazione non è stata una indebita esaltazione della natura umana, ma la sua naturale condizione, e questa opinione ripete e dimostra in parecchi capitoli.

27.[28.] Il libero arbitrio, senza l’aiuto della grazia di Dio, è capace soltanto di peccare.

28. [29.] È un errore pelagiano affermare che il libero arbitrio ha la forza di evitare qualche peccato.

29.[30A.] "Ladri" e "briganti" non sono soltanto coloro che negano che Cristo è la via e "la porta" della verità e della vita, ma anche quelli che dicono che si può "salire" nella via della giustizia (e cioè a una qualche giustizia) "da un’altra parte" che non sia lui stesso [cf. Gv 10,1].

30.[30B.] o che a una qualche tentazione, senza l’aiuto della sua grazia, l’uomo può resistere, così che non sia indotto in essa o non sia vinto da essa.

31. La perfetta e sincera carità che viene da "un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede non simulata" [ITm 1,5], può essere, sia nei catecumeni che nei pentiti, senza remissione dei peccati.

32. Quella carità che è il compimento della legge, non sempre è unita alla remissione dei peccati.

33. Il catecumeno vive in modo giusto, retto e santo, ed osserva i comandamenti di Dio, e porta a compimento la legge per mezzo della carità, prima di ottenere la remissione dei peccati, che per la prima volta si ottiene nel lavacro del battesimo.

34. La distinzione di un duplice amore, e cioè di uno naturale, mediante il quale Dio è amato come creatore della natura, e di uno gratuito, con il quale Dio è amato come colui che dona la beatitudine, è inconsistente e immaginaria, e inventata per far violenza alle sacre Scritture e alle molteplici testimonianze degli antichi.

35. Tutto quello che un peccatore o un servo del peccato compie, è peccato.

36. L’amore naturale che proviene dalle forze della natura, con offesa della croce di Cristo, è sostenuto da diversi dottori, solo in forza della filosofia e per l’arroganza della presunzione umana.

37. Pensa allo stesso modo di Pelagio, colui che ammette un qualche bene naturale, cioè un qualcosa che prende origine dalle forze della sola natura.

38. Ogni amore della creatura razionale, o è la viziosa cupidigia con la quale si ama il mondo e che è proibita da Giovanni, o è quella lodevole carità con la quale si ama Dio. infusa nel cuore per mezzo dello Spirito Santo [cf. Rm 5,5].

39. Ciò che si fa con atto volontario, anche se si fa per necessità, lo si fa tuttavia liberamente.

40. In tutti i suoi atti il peccatore serve la cupidigia che lo domina.

41. Quella forma di libertà che è dalla necessità, non si trova nelle Scritture sotto il nome di libertà, ma c’è solo il nome di libertà dal peccato.

42. La giustizia, con la quale l’empio è giustificato per la fede, consiste in modo formale nell’obbedienza ai comandamenti, che è la giustizia delle opere, e non invece in una qualche grazia infusa nell’anima, con la quale l’uomo viene adottato come figlio di Dio, viene rinnovato secondo l’uomo inferiore e viene reso compartecipe della natura divina, in modo tale che, così rinnovato per mezzo dello Spirito Santo, possa poi vivere bene e obbedire ai comandamenti di Dio.

43. Negli uomini pentiti prima del sacramento dell’assoluzione, e nei catecumeni prima del battesimo, c’è la vera giustificazione, separata tuttavia dalla remissione dei peccati.

44. Con la maggior parte delle opere che dai fedeli sono compiute per essere sottomessi ai comandamenti di Dio, e fra queste l’obbedire ai genitori, restituire il deposito, l’astenersi dall’omicidio, dal furto e dalla fornicazione, gli uomini sono sicuramente giustificati, perché sono ohbedicnza della legge e vera giustizia della legge; tuttavia non ottengono con queste nessun aumento delle virtù.

45. Il sacrificio della Messa è un sacrificio non per una ragione diversa da quella generale: "ogni opera che viene fatta, affinchè l’uomo si unisca a Dio in una comunione santa".

46.[46A.] Per la natura e per la definizione del peccato non è richiesta la volontarietà, e il problema non è di definizione, ma di causa e di origine, se ogni peccato debba essere volontario.

47.[46B.] Per questo il peccato originale ha realmente la natura di peccato, senza nessuna relazione e riferimento alla volontà da cui ha avuto origine.

48 [47A.] Il peccato originale è volontario secondo l’abituale volontà del bambino, e abitualmente ha il dominio sul bambino per il fatto che questi non esercita un atto contrario della volontà.

49.[47B.] E dall’abituale volontà predominante consegue che il bambino che muore senza il sacramento della rigenerazione, quando avesse conseguito l’uso della ragione, in realtà avrebbe avuto in odio Dio, avrebbe bestemmiato Dio e si sarebbe opposto alla legge di Dio.

50.[48.] I desideri cattivi, ai quali la ragione non presta consenso, e che l’uomo subisce contro il suo volere, sono proibiti dal precetto: "Non desiderare" [Es 20,77].

51.[49.] La concupiscenza, o piuttosto la legge delle membra, e i suoi cattivi desideri, che gli uomini avvertono contro la loro volontà, sono vere disobbedienze della legge.

52. [50.] Ogni azione cattiva è di natura tale che ha il potere di contaminare colui che la compie e i suoi discendenti, nello stesso modo in cui contaminò la prima trasgressione.

53.[51.] Quanto consegue dalla forza della trasgressione, tanto di meriti cattivi contraggono da colui che li ha generati, sia coloro che nascono con difetti minori, quanto coloro con maggiori.

54.[52.] Questa apodittica proposizione, che Dio non ha ordinato all’uomo nulla di impossibile, viene falsamente attribuita ad Agostino, ed è invece di Pelagio.

55.[53.] Dio non avrebbe potuto creare in principio l’uomo tale quale ora nasce.

56.[54A.] Nel peccato ci sono due aspetti, l’atto e il reato; quando l’atto è passato, nulla rimane, se non il reato, vale a dire l’obbligo della pena.

57.[54B.] Per questo, nel sacramento del battesimo o nella assoluzione del sacerdote, viene tolto propriamente soltanto il reato del peccato, e il ministero dei sacerdoti libera soltanto dal reato.lo vivifica e lo risuscita: dal ministero poi del sacerdote è tolto soltanto il reato

59.[56.] Quando noi, con elemosine o altre opere di penitenza, diamo a Dio soddisfazione per le pene temporali, non offriamo a Dio un degno prezzo per i nostri peccati, come alcuni affermano in modo erroneo (diversamente infatti noi saremmo, almeno in una certa parte, redentori); ma facciamo un qualcosa, sulla cui considerazione, viene applicata e comunicata a noi la soddisfazione di Cristo.

60.[57.] Per le sofferenze dei santi compartecipate nelle indulgenze, non vengono propriamente redente le nostre colpe; ma, per la comunione della carità, sono applicate a noi le loro sofferenze, affinchè noi siamo degni di essere liberati, per il prezzo del sangue di Cristo, dalle pene dovute per i peccati.

61.[58.] Quella celebre distinzione dei dottori, che i comandamenti della legge divina possono essere adempiuti in due modi, il primo modo, in quanto alla sostanza soltanto delle opere comandate, il secondo, in quanto a un certo qual modo, e cioè per quello che valgono a condurre colui che le compie al regno eterno (in modo cioè meritorio), è falsa e deve essere disapprovata.

62.[59.] Quella distinzione poi, per cui un’opera è detta buona in due modi, o perché in considerazione dell’oggetto e di tutte le circostanze è retta e buona (per cui è consuetudine chiamarla moralmente buona), oppure perché e meritevole del regno eterno, per il fatto che è compiuta da un membro vivo di Cristo per lo Spirito di carità, deve essere ritenuta come rigettata.

63.[60.] Similmente, anche quella distinzione di una duplice giustizia, la prima, che si attua per mezzo dell’inabitante Spirito di carità, la seconda, che si attua per una certa qual ispirazione dello Spirito Santo che incita il cuore al pentimento, ma che non abita ancora nel cuore e non diffonde in esso la carità. mediante la quale si compie la giustificazione della legge divina, è respinta con grande ripugnanza e con grande fermezza.

64.[61.] Infine, anche quella distinzione di una duplice vivificazione, la prima, per cui il peccatore è vivificato, quando a lui, per la grazia di Dio, viene infuso il pentimento e il proposito e l’inizio della vita nuova, la seconda, per cui è vivificato colui che è davvero giustificato ed è reso un tralcio vivo nella vite che è Cristo, è ugualmente falsa e non corrisponde minimamente alle Scritture.

65. [62.] Solo in base a un errore pelagiano può essere ammesso un qualche uso buono o anche non cattivo del libero arbitrio, e compie ingiuria alla grazia di Cristo colui che così pensa e insegna.

66.[63.] Solo la violenza è incompatibile con la naturale libertà dell’uomo.

67.[64.] L’uomo pecca anche in modo degno di condanna, in quello che compie per necessità.

68.[65.] L’infedeltà puramente negativa in coloro ai quali Cristo non è stato predicato, è peccato.

69.[66.] La giustificazione dell’empio si compie, in modo formale, per l’obbedicnza della legge, e non invece per una segreta comunicazione e ispirazione della grazia, la quale faccia in modo che coloro che sono stati giustificati per essa, compiano la legge.

70.[67.] L’uomo che si trova a vivere in peccato mortale o in un reato degno di eterna dannazione, può avere la vera carità; ed anche la carità perfetta può sussistere con il reato di eterna dannazione.

71.[68.] Per la contrizione anche perfetta in forza della carità, unita anche al desiderio di ricevere il sacramento, non viene rimessa la colpa, eccezione fatta per il caso di necessità o di martirio, senza il ricevimento attuale del sacramento.

72.[69.] Tutte le sofferenze dei giusti sono senza dubbio delle pene per i loro propri peccati; per cui anche Giobbe e i martiri che hanno sofferto, hanno sofferto per i loro propri peccati.

73.[70.] Nessuno, al di fuori di Cristo, è senza il peccato originale; da questo consegue che la Beata Vergine è morta a causa del peccato contratto da Adamo, e che tutte le sue sofferenze in questa vita, come anche quelle di tutti gli altri giusti, sono state delle pene per il peccato attuale o per quello originale.

74.[71.] La concupiscenza, in coloro che sono rinati e che sono caduti in seccato mortale e nei quali ora regna, è peccato, come anche le altre inclinazioni cattive.

75. [72.] Gli impulsi cattivi della concupiscenza, per la condizione dell’uomo corrotto, sono proibiti dal precetto: "non desiderare" [Es 20,77]; per cui l’uomo che li sente, anche se non acconsente, trasgredisce il precetto: non desiderare", anche se la trasgressione non è imputata come peccato.

76.[73.] Finché un qualcosa della concupiscenza carnale si trova in colui che ama, questi non adempie il precetto: "Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore" [Dt 6,5; Mt 22,37].

77.[74.] Le faticose soddisfazioni dei giustificati non sono in grado di espiare in modo degno la pena temporale che rimane dopo la remissione della colpa.

78.[75.] L’immortalità del primo uomo non era un privilegio della grazia, ma la condizione naturale.

79.[76.] È falsa l’opinione dei dottori, che il primo uomo avrebbe potuto essere creato e formato da Dio, senza la giustizia naturale.

[Censura:] Queste proposizioni, che sono state valutate con un rigoroso esame in Nostra presenza, sebbene alcune da un certo punto di vista possano anche essere sostenute, nel senso proprio e rigoroso delle parole inteso da coloro che le propongono, Noi, con l’autorità del presente (scritto), le condanniamo, le rifiutiamo e le rigettiamo, come eretiche, erronee, sospette, temerarie, scandalose e in quanto introducono un danno nelle orecchie pie, come anche tutte le cose formulate con parole o con scritti a loro riguardo.


 


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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