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26/10/2012 14:09 | |
5. Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha scoraggiato l'uso del latino?Non è così. Appena prima di aprire il Concilio, il beato Papa Giovanni XXIII nel 1962scrisse una Costituzione Apostolica per insistere sull' uso del latino nella Chiesa. Il ConcilioEcumenico Vaticano II, sebbene abbia ammesso una certa introduzione della linguavolgare, insistette sul posto del latino: «L'uso della lingua latina, salvo il diritto particolare,sia conservato nei Riti Latini» (12). Il Concilio richiese anche ai seminaristi di «[...]acquistarsi quella conoscenza della lingua latina che è necessaria per comprendere le fontidi tante scienze e i documenti della Chiesa e per potersene servire» (13). Il Codice di DirittoCanonico, pubblicato nel 1983, decreta: «La celebrazione eucaristica venga compiuta in lingualatina o in altra lingua, purché i testi liturgici siano stati legittimamente approvati» (14).Quindi sbagliano quanti vogliono dare l'impressione che la Chiesa abbia voluto togliere illatino dalla liturgia. Una manifestazione dell'accettazione della liturgia latina ben celebratada parte delle persone si è avuta a livello mondiale nell' aprile del 2005, quando milioni dipersone seguirono in televisione le esequie del servo di Dio Papa Giovanni Paolo II e, duesettimane dopo, la Messa d'insediamento di Papa Benedetto XVI.E’ importante il fatto che i giovani accettino volentieri la Messa celebrata a volte in latino.Certo i problemi non mancano. Vi sono anche malintesi o approcci sbagliati da parte deisacerdoti sull' uso del latino. Ma per meglio centrare la questione, è necessario primaesaminare l'uso del volgare oggi nella liturgia di Rito Romano.6. La lingua volgare. Introduzione, diffusione, condizioniDopo la parziale esperienza acquisita in alcuni paesi negli anni precedenti, già il 5 e 6dicembre 1962, dopo lunghi dibattiti a volte molto accesi, i Padri del Concilio EcumenicoVaticano II adottarono il principio secondo il quale l'uso della madrelingua, nella Messa o inaltre parti della liturgia, poteva essere spesso vantaggioso per le persone. L'annoseguente il Concilio votò l' applicazione di questo principio alla Messa, al Rituale e allaLiturgia delle Ore (15).Seguì poi un uso più esteso del volgare. Ma come se i Padri del Concilio avessero previstolapossibilità che il latino perdesse sempre più terreno, insistettero perché il latino fossemantenuto.L'articolo 36 della Costituzione sulla sacra Liturgia, già citato, comincia con il decretare che«l'uso della lingua latina, salvo il diritto particolare, sia conservato nei Riti Latini». Gli articoli54 e 101 dettavano i passi da seguire: «Si abbia cura [ ... ] che i fedeli sappiano recitare ocantare insieme, anche in latino, le parti dell'Ordinario della Messa che spettano ad essi» (16);e «Secondo la secolare tradizione del Rito Latino, per i chierici sia conservata nell'UfficioDivino la lingua latina» (17).Ma, pur stabilendo dei limiti, i Padri del Concilio anticiparono la possibilità di un uso piùesteso del volgare. L' articolo 54, infatti, aggiunge: «Se poi in qualche luogo sembrasseopportuno un uso più ampio della lingua nazionale nella Messa, si osservi quanto prescrivel'articolo 40 di questa Costituzione» (18). L'articolo 40 dà direttive sul ruolo delleConferenze Episcopali e della Sede Apostolica su una materia così delicata. Il volgare erastato introdotto. Il resto è storia. Gli sviluppi furono così rapidi che alcuni chierici, religiosie fedeli laici oggi non sono consapevoli del fatto che il Concilio Ecumenico Vaticano II nonintrodusse la lingua volgare in tutte le parti della liturgia.Richieste ed estensioni dell'uso del volgare non si fecero attendere. Su urgente richiestadi alcune Conferenze Episcopali, Papa Paolo VI prima autorizzò la celebrazione del Prefaziodella Messa in volgare (11), poi dell'intero Canone e delle Preghiere di Ordinazione nel1967. Infine, il 14 giugno 1971, la Congregazione per il Culto Divino mandò unacomunicazione in cui si affermava che le Conferenze Episcopali potevano autorizzare l'usodel volgare in tutti i testi della Messa, e ogni ordinario poteva dare la stessa autorizzazioneper la celebrazione corale o privata della Liturgia delle Ore (20).Le ragioni dell' introduzione della madrelingua non sono difficili da ricercare. Essapromuove una miglior comprensione di quel che la Chiesa prega, poiché «la Madre Chiesadesidera ardentemente che tutti i fedeli vengano guidati a quella piena, consapevole e attivapartecipazione delle celebrazioni liturgiche, che è richiesta dalla natura della stessa liturgia ealla quale il popolo cristiano [ ... ] ha diritto e dovere in forza del battesimo» (21).Nello stesso tempo non è difficile immaginare quanto sia complicato e delicato il lavoro ditraduzione. Ancora più difficile è la questione dell' adattamento e dell' inculturazione,specialmente quando pensiamo alla sacralità della liturgia, alla tradizione secolare del RitoLatino e allo stretto legame fra fede e culto riscontrabile nell' antica formula: lex orandi lexcredendi.Passiamo ora alla questione spinosa delle traduzioni in volgare della liturgia.7. Le traduzioni in volgareLa traduzione di testi liturgici dall'originale latino nelle varie lingue volgare è un elementomolto importante nella vita di preghiera della Chiesa. Non è una questione di preghieraprivata, ma di preghiera pubblica offerta dalla santa Madre Chiesa, che ha il suo Capo inCristo. I testi latini sono stati preparati con grande cura per la dottrina, per un'esattaformulazione, «[ ... ] immuni da qualsiasi pregiudizio ideologico e del resto ricchi di quellecaratteristiche mediante le quali vengono trasmessi con efficacia nell'orazione attraverso illinguaggio i sacri misteri della salvezza e l'indefettibile fede della Chiesa ed è reso a DioAltissimo un culto degno» (22). Le parole usate nella sacra liturgia manifestano la fede dellaChiesa e sono guidate da essa. La Chiesa pertanto necessita di una gran cura nel dirigere,preparare e approvare le traduzioni, in modo che neanche una parola inappropriata possaessere inserita nella liturgia da un individuo che abbia uno scopo personale o chesemplicemente non sia consapevole della serietà dei riti.Pertanto le traduzioni dovrebbero essere fedeli al testo originale latino. Non dovrebberoessere libere composizioni. Come ribadisce l'Instructio «Liturgiam authenticam», il principaledocumento della Santa Sede che fornisce direttive sulle traduzioni, «[...] la traduzione deitesti liturgici della liturgia romana non sia un'opera di innovazione creativa quanto piuttostola trasposizionefiedele e accurata dei testi originali in lingua vernacola» (23). Il genio del Rito Latino dovrebbe essere rispettato. La triplice ripetizione è una delle suecaratteristiche. Alcuni esempi sono: «mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa»;«Kyrie Eleison, Christe eleison, Kyrie eleison», «Agnus Dei qui tollis ... », tre volte. Unattento studio del Gloria in Excelsis Deo mostra anch'esso una triplice ripetizione. Letraduzioni non dovrebbero eliminare o appiattire tale caratteristica.La liturgia latina esprime non solo fatti ma anche sentimenti, sensazioni, per esempio difronte alla trascendenza di Dio, alla sua maestà, alla sua misericordia e al suo amore infinito(24). Espressioni come «Te igitur, clementissime Pater», «Supplices te rogamus»,«Propitius e-sto», «veneremur cernui», «Omnipotens etmisericors Dominus», «nos servitui», non dovrebbero essere sgonfiate o democratizzate da una traduzione iconoclasta.Alcune di queste espressioni latine sono difficili da tradurre. Sono necessari i migliori espertidi liturgia, di lingue classiche, di patrologia, di teologia, di spiritualità, di musica e di letteraturain modo da elaborare traduzioni che risultino belle sulle labbra della santa Madre Chiesa.Le traduzioni dovrebbero riflettere reverenza, gratitudine e adorazione davanti alla maestàtrascendente di Dio e alla fame dell'uomo di Dio, che sono molto chiare nei testi latini. PapaBenedetto XVI, nel suo Messaggio allariunione del Comitato Vox Clara per la traduzione deitesti latini in inglese del 9 novembre 2005, parla di traduzioni che «[...] riusciranno atrasmettere i tesori della fede e la tradizione liturgica nel contesto specificodi unacelebrazione eucaristica devota e riverente» (25).Molti testi liturgici sono ricchi di espressioni bibliche, segni e simboli. Essi possiedonomodelli di preghiera che risalgono ai Salmi. Il traduttore non lo può ignorare.Una lingua parlata oggi da milioni di persone avrà senza dubbio molte sfumature evariazioni. Vi è una differenza fra l'inglese usato nella Costituzione di un paese, quelloparlato dal presidente di una Repubblica, la lingua convenzionale dei lavoratori delporto o quella degli studenti o la conversazione fra genitori e bambini. Il modo diesprimersi non può essere lo stesso in tutte queste situazioni, anche se tutti usano l'inglese.Quale forma dovrebbero adottare le traduzioni liturgiche? Senza dubbio il volgare liturgicodovrebbe essere intelligibile e facile da proclamare e da capire. Allo stesso tempo dovrebbeessere dignitoso, sobrio, stabile e non soggetto a cambiamenti frequenti. Non si dovrebbeesitare a usare alcune parole non generalmente usate nel linguaggio quotidiano, o paroleche sono associate alla fede e al culto cattolico. Pertanto si dovrebbe dire «calice» e nonsemplicemente «coppa», «patena» e non «piatto», «ciborio» e non», «recipiente»«sacerdote» e non «celebrante», «ostia sacra» e non «pane consacrato», «abito» e non«vestito». Pertanto l'Instructio «Liturgiam authenticam» afferma: «Poiché conviene che latraduzione trasmetta il tesoro perenne di orazioni tramite un linguaggio comprensibile nelcontesto culturale a cui è destinata, [...] non c'è da meravigliarsi se può differire alquantodal linguaggio ordinario» (26).L' intelligibilità non dovrebbe voler dire che ogni parola dev'essere capita da tuttiimmediatamente. Guardiamo attentamente al Credo. È un «simbolo», una dichiarazionesolenne che riassume la nostra fede. La Chiesa ha dovuto convocare alcuni ConciliGenerali per un'esatta formulazione di alcuni articoli della nostra fede. Non tutti i cattolicia Messa capiscono immediatamente e appieno alcune espressioni liturgiche cattoliche qualiIncarnazione, Creazione, Passione, Risurrezione, «consustanziale», «che procede dal Padree dal Figlio», Transustanziazione, Presenza Reale e «Dio onnipotente». Questa non èuna questione d'inglese, di francese, d'italiano, di hindi o di swahili. I traduttori nondovrebbero diventare iconoclasti che distruggono o danneggiano man mano che traducono.Non tutto può essere spiegato durante la liturgia.
La liturgia non esaurisce l'intera azione della Chiesa (27. Vi è bisogno anche di teologia, di catechesi e di predicazione. E, anche quando si offre una buona catechesi, un mistero della nostra fede rimane un mistero.In realtà possiamo dire che la cosa più importante nel culto divino non è quella dicapire ogni parola o concetto. No. La considerazione più importante è che ci troviamo in unatteggiamento di reverenza e di timore di fronte a Dio, che adoriamo, lodiamo eringraziamo. Il sacro, le cose di Dio, vanno affrontate senza idee preconcette.Nella preghiera la lingua è prima di tutto un contatto con Dio. Senza dubbio la linguaserve anche per una comunicazione intelligibile fra esseri umani. Ma il contatto con Dioha la priorità. Nella mistica tale contatto con Dio si avvicina all'ineffabile e a volte loraggiunge: allora si dà il silenzio mistico dove cessa il linguaggio.Non sorprende dunque che il linguaggio liturgico differisca in qualche modo dal nostrolinguaggio quotidiano. Il linguaggio liturgico cerca di esprimere la preghiera cristiana nellaquale si celebrano i misteri di Cristo.Allo scopo di riunire i vari elementi necessari per produrre buone traduzioni liturgiche,permettetemi di citare il discorso del servo di Dio Papa Giovanni Paolo II ai vescoviamericani provenienti dalla California, dal Nevada e dalle Hawaii durante la loro visita aRoma nel 1993. Il Papa chiedeva a loro di preservare tutta l'integrità dottrinale e la bellezzadei testi originali. « Una delle vostre responsabilità a questo proposito [ ... ] è quella difornire traduzioni esatte e appropriate dei testi liturgici ufficiali cosicché, subendo lanecessaria revisione e ottenendo l'approvazione della Santa Sede, possano esserestrumento e garanzia di un'autentica condivisione del mistero di Cristo e della Chiesa: lexorandi, lex credendi. Il difficile compito della traduzione deve tutelare la piena integrità dottrinalee, secondo lo spirito di ogni lingua, la bellezza dei testi originali. Poiché tantepersone hanno sete del Dio vivente — la cui maestà e misericordia sono al centro dellapreghiera liturgica — la Chiesa deve rispondere con un linguaggio di lode e di culto chepromuova il rispetto e la gratitudine per la grandezza, la compassione e la potenza di Dio.Quando i fedeli si riuniscono per celebrare l'opera della nostra Redenzione, il linguaggiodella loro preghiera — libero da ambiguità dottrinali e influenze teologiche — dovrebbepromuovere la dignità e la bellezza della celebrazione stessa, esprimendofedelmente la fedee l'unità della Chiesa » (28).Da queste considerazioni consegue che la Chiesa deve esercitare un' attentasorveglianza sulle traduzioni liturgiche. La responsabilità per la traduzione dei testi spettaalla Conferenza Episcopale, che sottopone le traduzioni alla Santa Sede per la necessariarecognitio, «revisione» (29).Ne consegue che nessun individuo, nemmeno un sacerdote o un diacono, ha l' autoritàdi cambiare la dizione approvata nella sacra liturgia. Questo è anche buon senso. Ma avolte notiamo che il buon senso non è molto diffuso. Perciò l'Istruzione «Redemptionissacramentum» ha dovuto dire espressamente: «Sipongafine al riprovevole uso con ilquale i Sacerdoti, i Diaconi o anche i fedeli mutano e alterano a proprio arbitrio qua e là itesti della sacra Liturgia da essi pronunciati. Così facendo, infatti, rendono instabile lacelebrazione della sacra Liturgia e non di rado ne alterano il senso autentico (30). continua..........Fraternamente CaterinaLD
"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine) |