A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Sfatiamo il mito di Giordano Bruno, non era più neppure un domenicano...

Ultimo Aggiornamento: 13/03/2016 13:38
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 39.988
Sesso: Femminile
25/02/2012 21:56
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

Un mito per tutti: Giordano Bruno























Un po’ similmente all’affaire Galileo, (di cui in queste colonne s’è detto http://www.meridianamagazine.org/20110616/galileo-e-la-chiesa/) la cui sola rimembranza già eccita gli animi e scalda le fantasie d’ogni onesto e verace anticlericale, anche il rogo di Giordano Bruno ravviva i bollori dei più appassionati difensori della libertà contro l’oscurantismo e l’oppressione ecclesiastica di quei tempi come di oggi.

Ed è così che nel giorno della ricorrenza della morte di Giordano Bruno, il 17 febbraio 1600, sui social network più importanti sono apparse pagine dedicate al martire del cosiddetto libero pensiero contro la tirannia della Chiesa cattolica. Tuttavia qualche osservazione occorre pure che si avanzi per disilludere gli illusi e per riportare i fatti storici, i principi epistemologici e le profondità teologiche alle loro corrette misure. In primo luogo occorre descrivere il lato soggettivo. Giordano Bruno, al secolo Filippo Bruno, già! perché era un domenicano che cambiò nome in Giordano in onore del suo maestro, domenicano anch’esso, Giordano Crispo, aveva preso i voti, più per convenienza che per vocazione; i biografi di Bruno attestano infatti che così egli avrebbe più tranquillamente potuto continuare i suoi studi e coltivare i suoi interessi non dovendo provvedere a tutte le consuete preoccupazioni della vita laicale.Bruno, ben presto, dagli studi di filosofia, ponendosi in netta rottura con la metafisica generale e con quella aristotelica in particolare, comincia ad esplorare nuovi orizzonti spostandosi nell’ambito dell’alchimia, della magia, della cabalistica, pur senza mai giungere alla chimica, alla aritmetica, alla fisica o alla astronomia come tanti suoi predecessori e contemporanei ( si pensi proprio a Copernico che, sacerdote anch’egli, dopo la laurea in diritto canonico, conseguì quella in medicina prima ed in astronomia poi ). Bruno, in parole povere, trasmigrò dai rigogliosi terreni della filosofia alle lande paludose dell’esoterismo senza mai giungere ai fertili campi della scienza. Nonostante la sua formazione, tutto era dunque, fuorché un filosofo o uno scienziato. Fu sicuramente per questo e non già, o non solo, per il suo carattere spigoloso, che, dopo il contrasto con i suoi superiori domenicani e dopo aver lasciato l’Italia cominciando i suoi viaggi europei, fu scomunicato dai calvinisti di Ginevra, nonostante si fosse prontamente convertito al calvinismo appena giunto nella città svizzera;fu cacciato dai luterani delle città tedesche che visitò venendo perfino scomunicato, nonostante la sua repentina conversione al luteranesimo, dal sovrintendete della Chiesa luterana di Helmstedt; fu caldamente invitato a lasciare una prima volta Parigi; si recò quindi ad Oxford, polo culturale non più cattolico, dove nonostante ciò nessuno gli accordò un insegnamento in alcuna materia; fu infine cacciato una seconda volta da Parigi dopo avervi fatto ritorno.Sul profilo oggettivo occorre tener presente la complessità dell’intreccio di vari elementi sebbene non tutti in questa sede oggetto di opportuno approfondimento, senza i quali non possono tuttavia cogliersi i chiaroscuri dell’intera vicenda.In primo luogo: il tutto si svolge in un periodo molto turbolento di rivolgimenti e lotte politico-religiose: da poco più d’un cinquantennio l’Inghilterra si è rivoltata contro il Papato e la cristianità, per mano di Enrico VIII e delle persecuzioni di cattolici ad opera della figlia Elisabetta; da meno di un quarantennio di è concluso il Concilio di Trento che ha sancito la reazione cattolica alla rivolta protestante; dopo meno di un ventennio esplode la ferocia della guerra dei trent’anni che si chiuderà nel 1648 con la pace di Westfalia la quale sancirà il principio “cuius regio, eius religio” consacrato nel 1555 dalla Pace di Augusta.
In secondo luogo: allorquando ci si accosti al tema dell’inquisizione si dovrebbe avere la stessa perizia di quando ci si accosta al vino; chiunque abbia il palato raffinato ben sa che dire vino non vuol dire nulla, poiché al mutare del vigneto cambiano le proprietà organolettiche, le fragranze, la gradazione alcolica, il bouquet e tutti gli altri elementi; così quando si parla di inquisizione, spesso, almeno da parte di chi abbia l’intelletto raffinato come dovrebbe essere il palato dei degustatori, sarebbe opportuno tenere in massimo conto le differenze dei tempi, dei luoghi e delle circostanze, essendo sommamente diverse le dimensioni dell’inquisizione cattolica o di quella protestante, di quella medievale, di quella romana o di quella spagnola.L’inquisizione romana ( la stessa che ha giudicato Galileo nel 1616 prima e nel 1633 poi ), infatti, lungi dall’essere ciò che si ritiene nell’immaginario collettivo a seguito di una scarsa dimestichezza con il dato storico e con quello giuridico soppiantata da una propaganda ideologica anti-cattolica ed anti-clericale sempre più crescente che ha offuscato la vera natura dell’istituzione ( con tutti i suoi pregi e con tutti i suoi difetti ), è stata qualcosa di profondamente diverso di quella spagnola, a tal punto da potersi considerare le medesime parole che lo storico non cattolico e agnostico Leo Moulin utilizzò per l’inquisizione medievale, di cui quella romana altro non fu che la continuazione aggiornata e moderna:
« 1) L’Inquisizione ha sempre agito secondo le regole del diritto. Il suo operato non è mai stato arbitrario, né avrebbe potuto esserlo. 2) L’Inquisizione, prima di tutto, è un organismo di controllo delle anime, di “conversio morum”, di pedagogia, di “riconversione”, piuttosto che uno strumento di repressione. 3) L’inquisizione, molto spesso, ha avuto a che fare con gruppi di “devianti” antisociali, assai più che con individui che rivendicavano la libertà di coscienza cristiana. 4) L’Inquisizione ha avuto a disposizione una gamma molto varia ed estesa di penitenze, che andavano dalle più leggere alle più severe.Queste ultime sono state, proporzionalmente, utilizzate raramente. 5) L’Inquisizione, in ragione della sua propria natura e degli obiettivi che le erano stati assegnati, ha largamente applicato un sistema di perdono, di remissione e di modifica delle pene ».
Ma allora cosa è andato storto nell’affaire Bruno? Diversi fattori, tra i quali, il fatto che le teorie esoteriche di Bruno contrastavano direttamente, senza prove e dimostrazioni ( poiché del resto non erano teorie scientifiche ), gli elementi basilari della fede cristiana. Bruno, infatti, negò la Transustanziazione, contraddissela Verginità di Maria, sostenne l’esistenza di infiniti mondi eterni ( e val la pena precisare che oggi nei confronti di coloro che ammettono l’esistenza degli extraterresti e di infinite civiltà extra-umane non si nutre da parte della comunità scientifica un meno aspro e duro scetticismo di quello chela Chiesariservò per una simile teoria a Giordano Bruno ), sviluppò una concezione panteistica per cui l’universo è Dio e Dio è l’universo, negò il libero arbitrio, professò la metempsicosi, affermò che vi fosse salvezza perfino per i demoni, negò la divinità del Cristo, definì Cristo un mago ed un ingannatore crocifisso per dei buoni motivi. Certo, con la mentalità contemporanea nessun motivo è sufficiente per uccidere un uomo; tuttavia per evitare di inciampare nell’errore più comune, elemento discriminante per distinguere chi sa muoversi nell’ambito storico e chi invece stropiccia la storia, è giudicare il passato con i criteri contemporanei, occorre tener presente delle ulteriori considerazioni:
a) il mondo secolarizzato, anzi espressamente anticristiano ed anti-ecclesiastico, non è stato più tenero nel rispettare l’umanità: il nazionalsocialismo, il comunismo e tutte le tirannie novecentesche che hanno prodotto decine di milioni di morti sono il frutto, infatti, di un mondo totalmente scristianizzato e non per questo più tollerante;
b) i roghi non furono una invenzione dell’inquisizione o della Chiesa del medioevo come ben sa chi sia un po’ pratico di storia, di diritto e di storia del diritto, essendo già la costituzione imperiale del287 acontemplare una simile pena capitale, poi abrogata dal Codice Teodosiano;
c) il rogo, metodo usato ampiamente non solo dai cattolici, ma anche dagli anticattolici della galassia protestante che si sparpagliò nel nord dell’Europa ed anche da molti non cristiani contro i cristiani medesimi, aveva un preciso significato, che ovviamente non lo giustifica, ma che si deve considerare per comprenderne la ragione: nel motto “contra voluntatem tuam, sed propter salutem tuam”, si cristallizza il senso del rogo, cioè evitare che l’eresia potesse contaminare altre anime da un lato, e dall’altro far sì che l’anima del condannato fosse purgata tramite l’espiazione della sofferenza fisica fino alla morte e quindi salvata nonostante la sua contraria volontà.
A Giordano Bruno, del resto, fu decine di volte offerta la possibilità di correggere le proprie teorie, trovando in lui a volte una contraddittoria disponibilità, altre volte un deciso rifiuto. Si evince quindi che il rogo, lungi dall’essere un torto chela Chiesa compì nei confronti di Giordano Bruno, sia stato, in effetti, il più grande favore che può avergli concesso, avendolo trasformato immediatamente in un martire, e rendendo la sua misera fine una dignitosa copertura per tutte le sue strampalate teorie ( metafisiche, filosofiche, teologiche ) che non trovarono accoglimento nemmeno tra i nemici giurati della Chiesa.Come ha scritto l’amico protestante di Giordano Bruno, l’umanista tedesco Caspar Schoppe, che assistette alla esecuzione della condanna per mano del braccio secolare, « non finirei più se volessi elencare tutte le idee cervellotiche che Bruno sostenne nei suoi libri o in persona. In una parola, era un fautore indefesso di tutto ciò che i filosofi pagani e gli eretici vecchi e nuovi hanno formulato ».In conclusione, la vicenda di Giordano Bruno è molto più complessa per essere risolta secondo i semplicistici schemi ideologici che distinguono tra clericali illiberali ed anti-clericali liberali, poiché è un intricato groviglio di problematiche storiche, politiche, teologiche, esegetiche, filosofiche, scientifiche, epistemologiche, giuridiche, a tal punto che un celebre studioso del caso in questione, il laicissimo storico Luigi Firpo ebbe così a scrivere:« La condanna è stata oggettiva. Dal punto di vista giuridico del tempo non esisteva alternativa. Dal punto di vista del procedimento è un procedimento esemplare ».

di Aldo Vitale



Read more: http://sursumcorda-dominum.blogspot.com/#ixzz1nQfsiXKX

[SM=g1740771]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.988
Sesso: Femminile
16/06/2013 11:57
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota


Giordano Bruno, un eroe fallito


Fu davvero un campione del libero pensiero ingiustamente messo al rogo, come ritiene chi ne vorrebbe la riabilitazione? Appunti per l’anniversario a quattro secoli dalla morte


di Dario Rezza 1999 da 30Giorni

A quattro secoli di distanza dal rogo che in Campo de’ Fiori a Roma pose fine alla vita di Giordano Bruno, è legittimo formulare una domanda: fu veramente il Bruno l’eroe del libero pensiero, ingiustamente “abbruciato” da una autorità retriva e oppressiva? Che valore ha questo mito storiografico che ha segnato la formazione dell’identità italiana dell’Ottocento in cerca di emblemi di libertà? Anche a non voler condividere il giudizio negativo, anch’esso di vecchia data, dello storico Zabreghin che «nessuno al mondo fu meno libero pensatore di quest’uomo», una revisione demitizzante oggi si impone. La critica storica ci ha insegnato a non ridurre a moduli elementari situazioni e comportamenti complessi e a sfatare le favole belle degli eroi.

Nel triennio 1998-2000, oltre le letture e i seminari bruniani in diverse città d’Italia, hanno avuto luogo o sono in via di attuazione a Londra, Chicago, Tokyo, Barcellona convegni di studio su Giordano Bruno e a Pechino recentemente (settembre 1999) è stata presentata la traduzione cinese del Candelaio, quella commedia bruniana che il nostro Carducci stimmatizzò come «volgarmente sconcia e noiosa». Ben vengano manifestazioni e studi filosofici e letterari su un personaggio estroso e geniale che merita una rivisitazione storica. Ma è opportuno anche non confondere i reali meriti del letterato e del pensatore con la mitizzazione che ne è stata fatta e la venerazione che oggi gli adepti del New Age gli riservano quale loro antico precursore e maestro.
La statua di Giordano Bruno in piazza Campo de’ Fiori, a Roma, nel luogo in cui venne innalzato il rogo sul quale morì il 17 febbraio 1600

La statua di Giordano Bruno in piazza Campo de’ Fiori, a Roma, nel luogo in cui venne innalzato il rogo sul quale morì il 17 febbraio 1600

A coloro che vorrebbero comunque ancora oggi definirlo un eroe, si potrebbe provocatoriamente suggerire di applicarvi almeno un aggettivo: un eroe fallito. I suoi propositi furono certo grandiosi, come è proprio di certi ingegni particolarmente dotati, ma rimasero nell’ambiguità e nell’equivoco tipici delle menti distratte da molteplici interessi.
Giramondo e opportunista: a Ginevra divenne calvinista, a Wittenberg ammiratore di Lutero, salvo poi affermare che la Riforma protestante ha esasperato le componenti «asinine» del giudeo-cristianesimo, ha lacerato l’unità spirituale europea, ha suscitato conflitti, ha provocato decadenza nella cultura, ha dissolto i valori di patria e di solidarietà, ha rovinato il costume pubblico e privato, ha introdotto «pazzi riti».

Frequentava il mondo dei re e dei gentiluomini: al seguito del principe polacco Alberto Laski nel suo primo viaggio a Oxford, protetto (e poi perseguitato) da Enrico III (cui dedicò nel 1582 il suo De umbris idearum) a Parigi, ospite dell’ambasciatore francese Michel Castelnau de Mauvissière (cui dedicò la Cena delle ceneri), a Londra, dove esaltò Elisabetta d’Inghilterra quale «dea sulla terra», accolto in Germania dal granduca di Brunswick. Auspicò la vittoria dei sovrani illuminati e assoluti, Enrico ed Elisabetta, minacciati dal fanatismo religioso: l’assolutismo monarchico, superiore a divisioni confessionali e settarismi nonché ai valori mercantili e plebei e alle fortune ereditarie di stampo feudale, era, a suo giudizio, il solo in grado di sconfiggere, politicamente e militarmente, gli «asini del mondo» e ridurre al silenzio sia la «poltronesca setta dei pedanti» aristotelici che disprezzavano la nuova filosofia copernicana sia i protestanti che disprezzavano le buone opere, pur vivendo di rendita su quelle dei loro predecessori.

Aveva una concezione aristocratica della cultura per cui la verità non va comunicata a qualsiasi persona. Fu corifeo della cultura altoborghese: per questa nuova società dominante, aristocratico-monarchica, cercava di fondare una cultura diversa opposta all’antica e una nuova interpretazione della storia, ma non si avvide che la nuova classe al potere chiedeva una scienza ben diversa da quella magica ed ermetica da lui professata, da porre al proprio servizio.

Esaltò Copernico e da lui prese le mosse, ma elaborò una visione fantastica del mondo, fondata su una matematica simbolica di matrice neoplatonica ed animistica. Per lui Copernico era, come leggiamo nella Cena delle ceneri, un «semplice matematico» che non aveva colto il vero significato della propria scoperta, la quale non faceva altro che confermare la filosofia «egiziana» dell’animazione universale.
Elaborò, ispirandosi a Raimondo Lullo, l’arte mnemonica, ma gli sfuggì che considerandola una sintesi del pensiero, essa non può ridursi a un aggregato meccanico artificioso. L’educazione della memoria era comunque intesa come una tecnica per conquistare la personalità di mago.
Formulò un principio, che se fosse stato ben valutato avrebbe tagliato sul nascere le gambe alle elucubrazioni del razionalismo di stampo cartesiano, secondo cui «altro è giocare con la geometria, altro è verificare con la natura», ma il suo nominalismo, che lo portava a fare di ogni determinazione della realtà un’essenza, gli impedì una ricerca realistica del mondo.

Proclamò il rifiuto elitario della ragione ad accettare il mistero religioso, ma poi cadde in braccio alla magia. Polemizzò col cristianesimo respingendolo come «bella fabella», una favola cioè utile «per li rozzi popoli che devono essere governati», e ironizzò su Cristo, la sua natura divina, i suoi miracoli, ma ritenne la dottrina cristiana migliore delle altre «finché storia non provveda diversamente». Si era proposto infatti di essere il riformatore della religione, ma appare ben consapevole che la sua riforma è un’utopia: solo dopo la lunga eclissi dei tempi biblico-cristiani, la verità, egli afferma, tornerà a dominare sulla terra, ma per ora è esclusivamente celeste, astratta, filosofica. E tale verità proposta dal Bruno, a ben guardare, era una traduzione mistico-filosofica pagana di dogmi cristiani. Anche il testo sacro viene piegato dal nolano ai propri fini con una sottile riscrittura di passi ampiamente discussi nella esegesi tradizionale. Con uno sguardo ironico alla nuova cultura biblica della Riforma protestante.

Si propose di costruire un’etica normativa che, in quanto tale, non può che essere un’etica della continenza, ma contemporaneamente diede luogo a un’etica della legittimità degli istinti naturali. Ammirò perciò l’Aretino che andava sciorinando tutti i risvolti dell’istinto sessuale irridendo al sublime o alla sublimazione dell’amore per immergersi nella comicità dell’esperienza istintuale. E per il Bruno la poesia d’amore non è che la decorazione del brutale istinto della procreazione: basta leggere la grandiosa invettiva, proprio all’inizio dell’Argomento del Nolano, preposto agli Eroici furori, dove il lessico amoroso discende progressivamente al quotidiano e al volgare, per capire come per lui l’amore umano si riduca all’istinto. Il quale, come già evidente nella conclusione della sua prima opera, Il Candelaio, ben s’inserisce nel caos dei comportamenti umani.

Ciò che voleva dire non riuscì a dirlo nel suo linguaggio barocco: la proliferazione di immagini e di tutti gli strumenti retorici e letterari, di tutte le forme della parodia, del comico, dell’ironia blasfema hanno funzione irrisoria ma non costruttiva di valori. Quell’ingente impiego di forme letterarie per esprimere nel trionfo della letteratura quasi un’allegoria delle sue conquiste filosofiche appesantisce e non sempre chiarisce il significato della sua scrittura, mutandosi a volte in un gioco logorroico. Del resto il Bruno stesso, nell’Argomento del Nolano, ha affermato la fondamentale arbitrarietà di ogni discorso allegorico e la necessità che sia l’autore stesso a darne l’interpretazione. Anche se quel suo linguaggio, trasgressivo e audace quanto la sua filosofia, conserva un suo innegabile fascino, come tutto ciò che in maniera letterariamente irregolare, tra il blasfemo e l’osceno, tende alla parodia delle istituzioni.

Lo stesso suo ideale di eroe, quello degli eroici furori – anima tormentata che non gode del presente ma del futuro e dell’assente, pervaso da un impeto intellettuale verso il bello e il buono, che tende infinitamente verso l’infinito, e, così invasato, appare inadatto alle cose di questo mondo –, non incarna il momento più importante delle sue vicende che fu senza dubbio politico, cioè di ricerca di una nuova scienza e di una nuova cultura che fossero espressione della nuova classe dirigente, ma per le quali egli non aveva ancora gli strumenti adeguati.

In sostanza il Bruno non è quello venerato da una certa cultura laica antiecclesiale dell’Ottocento: è singolare tra l’altro che ad inneggiare all’erezione del monumento a Bruno in Roma nel 1889, insieme a framassoni e così detti liberi pensatori, ci fossero molti ebrei, ignari di quanta polemica antigiudaica confluisca negli scritti del nolano dall’umanesimo italiano del Quattrocento attraverso Erasmo suo “maestro”.

Fu uomo del suo tempo, che non si prefisse tanto di affermare il diritto dell’uomo a credere ciò che pensa e ad abbattere l’autorità ottusa che lo impedisce, quanto piuttosto di proporre una sua visione del mondo, in parte magica ed ermetica, in parte coacervo di influssi diversi non ben amalgamati in una costruzione barocca, con la pretesa che essa potesse proporsi anche come la religione del futuro. Fu cioè un sincretista di vastissime letture e cercò di inserire e far convivere, nell’alveo della sua visione ermetica, Platone e gli scolastici, i manuali di magia e i dogmi cristiani.

A quattro secoli dalla sua morte demitizzare la sua figura e riumanizzarla nelle sue intemperanze e intuizioni, errori e grandezza, debolezze e slanci, ci dà la possibilità di rileggere alcune delle sue opere con spirito sgombro da pregiudizi e di goderle per ciò che le rende ancora fruibili. C’è una pluralità di registri nel pensiero del nolano che alimenta oggi gli studi bruniani più seri e che merita di essere messa in luce, abbandonando la “Bruno-mania” di stampo ottocentesco, fatta di superficialità e di retorica.
Sul rogo acceso a Campo de’ Fiori, sui tormenti, che giudichiamo oggi scarsamente cristiani, inflitti al Bruno nei sette anni della prigionia romana, sul lungo processo che lo vide impenitente e in aperto atteggiamento di sfida, credo che ormai sia sufficiente una veloce puntualizzazione. Il processo fu condotto in stretta legalità, senza acredine, ma nei modi rispondenti agli usi dei tempi. Il Bruno da parte sua fu, pur tra arrendevolezze e rifiuti, dogmatico e intransigente quanto i suoi accusatori, estroso e a volte sprezzante, litigioso e volgare. Usatissima poi era ai suoi tempi la pena di morte (anche per piccoli furti), esecratissima era ritenuta l’eresia, non solo dal punto di vista religioso ma anche sociale e giuridico. I temi del contendere furono teologici, quali la Trinità, l’Incarnazione, la vita ultraterrena, salvo qualche teoria pseudoteologica (il moto terrestre): ciò rendeva la Chiesa abilitata a giudicare l’apostata.

E che di eresia e apostasia si trattasse appare evidente non soltanto seguendo gli atti del processo, le censure degli inquisitori e le risposte ambigue del Bruno, ma anche leggendo le sue opere: negata l’immortalità individuale dell’anima umana, ridotta la “fides” a “credulitas”, dissolto il dogma trinitario, negata la divinità di Cristo, la verginità di Maria, il sacramento dell’Eucarestia. Non si trattava di colpire la scienza, ma di perseguire eterodossie formali e gravi infrazioni disciplinari. Non fu un confronto tra il mondo dell’autorità intollerante e quello della libertà conculcata – che porterebbe a una concezione astratta delle vicende umane –, ma, anche a volerlo giudicare con spirito laico, solo un episodio doloroso di quel conflitto di idee che, con diverse modalità, si ripete inesauribile nella storia dell’uomo e continua a fare le sue vittime.

Ma la Chiesa cattolica non dovrebbe sentire di avere comunque un debito nei riguardi del Bruno? Se con questa domanda si intende sollecitare, a quattro secoli di distanza, un mea culpa che sottintenda una riabilitazione del pensatore nolano, ciò non sembra possibile. La filosofia del Bruno, come sarà quella di Spinoza e di Hegel, ma con in più qualche puntata sarcastica e sprezzante, non è conciliabile col pensiero cristiano. Auspicabile invece è la comprensione del caso umano e l’affermazione di una coscienza nuova nei rapporti tra gli uomini.

Le posizioni odierne della Chiesa, che la vedono in prima linea nella difesa dei diritti dell’uomo, sono molto lontane da quelle tenute in passato. Questa nuova coscienza deve tradursi non tanto in rammarico, pur doveroso, per il numero di eretici dovunque processati in altri secoli e con altre mentalità, quanto nell’impegno a ribadire oggi che inquisizioni e condanne offendono la dignità dell’uomo, non sono in armonia col Vangelo e non favoriscono l’avvento del Regno di Dio.




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.988
Sesso: Femminile
13/07/2013 12:34
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota


Giordano Bruno si è bruciato da solo

Giordano-Bruno (1)

GIORDANO BRUNO

IL MISTERO DI UN UOMO

DIVENTATO UNA CELEBRITÀ

SOLO PER I MODERNI

 

La storia di Bruno mostra come la propaganda può trasformare un uomo in un’icona. La Massoneria cercava un “martire” da usare contro la sua avversaria: la Chiesa Cattolica. Lo trova in un filosofo del tempo, un frate domenicano, che, pur possedendo una mente fervida, probabilmente non sarebbe mai diventato così celebre se non fosse stato arso al rogo. Unica responsabile di questo, per gli anticlericali, è la Chiesa Cattolica. In realtà, la storia di Giordano Bruno è molto più complessa, documenti alla mano. Personaggio inquieto e fortemente contraddittorio, si rese inviso a tutti coloro che lo ospitavano non tanto per le sue idee libere, come molti credono, quanto per il suo carattere e per la sua voglia di stupire e provocare sempre, fino alla fine. La Chiesa del tempo cercò di salvarlo fino all’ultimo: lui scelse la morte volutamente, continuando a sfidare anche chi voleva salvarlo. Insomma, in pochi anni Giordano Bruno è scomunicato dalla Chiesa Cattolica, dai calvinisti, dai luterani…

 

di Dorotea Lancellotti da papalepapale.com

Credo sinceramente che persone come Teresa di Calcutta, Padre Pio, Giovanni della Croce, Teresa di Gesù, Caterina da Siena, Francesco di Assisi, la stessa Giovanna d’Arco e tanti altri abbiano sperimentato quello che è lo scopo fondamentale dell’ inabitazione trinitaria che la santa d’Avila riassume molto bene quando dice che, alla fine del percorso mistico, “siamo pronti per esser venduti come schiavi”.

In sintesi, ciò si attualizza nell’identificazione totale a Cristo sulla sua croce alla quale siamo pervenuti per i Suoi meriti, per la volontà del Padre, sotto l’azione dello Spirito Santo, ma anche per merito di qualche buona ripetizione fatta dai santi per rendere viva, pulsante e attuale la loro scuola. Una scuola che è quella dei fiduciosi nella luce, anche quando l’anima cade in qualche black-out, anche quando, ammettendo la loro aridità, qualche ingenuità o persino qualche caduta, in realtà pregano la luce di venire presto e intensa più che mai.

Quanto è qui premesso è importante perché da qui, da questa panoramica sull’autentica lotta dell’anima verso la verità, intendiamo procedere verso l’argomento dedicato a Giordano Bruno. Non intendiamo giudicare qui il pensiero del Bruno, assai complesso ed opinabile da molti punti di vista (e perché personalmente non ne avrei la competenza), quanto piuttosto analizzare un certo fenomeno storicamente strumentalizzato che ha fatto di Giordano un mito del libero pensiero e, di conseguenza, la Chiesa quale matrigna oscurantista.

GIORDANO BRUNO: UN PREGIUDIZIO ANTICATTOLICO DURO A MORIRE

Pochi sanno di quanto potesse essere incoerente. Bruno fu cattolico, poi calvinista, quindi luterano, persino shintoista… salvo essere scacciato e scomunicato da tutte queste confessioni come “eretico”, più per confusione mentale che per “libero pensiero”.

Scriverà Franco Cardini, il noto medievista: Non illudetevi, il tempo delle «leggende nere» e delle «tenebre del Medioevo» non è ancora passato. Può sembrare che le vecchie polemiche illuministiche, massoniche e anticlericali contro la Chiesa «che ha fatto le crociate e l’inquisizione, che ha bruciato le streghe e Giordano Bruno, che ha torturato Campanella e perseguitato Galileo» si siano attutite…. ma non è così, il fuoco del pregiudizio anticlericale e anticattolico cova sotto le ceneri, ed è pronto a divampare di nuovo. Avete mai fatto caso al pullulare di indecorosi «Musei della tortura medievale» che costellano le città turistiche europee? I furbastri che li gestiscono fanno soldi spargendo calunnie anticattoliche: e agiscono del tutto indisturbati anche perché i cattolici non conoscono la storia e hanno paura di esporsi. (1)

Noi vogliamo chiederci: come ci è arrivato, Giordano Bruno, a Campo dè Fiori nel cuore di Roma, in un monumento che non gli si addice affatto e vestito da domenicano?

Il 17 febbraio 2000, a 400 anni dal giorno della morte di Giordano Bruno, Papa Giovanni Paolo II fa inviare una lettera (non archiviata nel sito ufficiale del Vaticano), scritta dal Segretario di Stato Angelo Sodano, nella quale viene espresso dispiacere per la morte brutale sul rogo definendolo: “un triste episodio della storia cristiana che provoca profondo rammarico”. Anno giubilare fu quello in cui Bruno fu ucciso, anno giubilare è stato quello in cui è stato espresso rammarico per la sua morte.

Si tratta – continua il cardinale Sodano – di quella “purificazione della memoria” che il Papa ha voluto tra gli obiettivi del Giubileo, “chiedendo a tutti un atto di coraggio e di umiltà nel riconoscere le proprie mancanze e quelle di quanti hanno portato e portano il nome di cristiani”. Certo, Giordano Bruno professò convinzioni “incompatibili con la dottrina cristiana” – spiega l’allora Segretario di Stato – “resta il fatto che i membri del Tribunale dell’ Inquisizione lo processarono “animati dal desiderio di servire la verità e promuovere il bene comune”, tuttavia “oggettivamente alcuni aspetti di quelle dure sentenze e, in particolare, il loro esito violento per mano del potere civile non possono non costituire oggi per la Chiesa – in questo come in tutti gli analoghi casi – un motivo di profondo rammarico. Del resto – prosegue il cardinale Sodano – questa condanna fu un evento che scaturì dalla dura reazione controriformista ai tentativi di modificare i temi della fede religiosa iniziati alcuni decenni prima con la riforma protestante. Si usò durezza con durezza anche se, nel suo caso, Papa Clemente VIII cercò con ogni mezzo di salvargli la vita e si oppose contro ogni tortura. Giordano Bruno non potrà essere certo riammesso nella comunione dottrinale, ma deve essere chiaro che la Chiesa predilige altri sistemi per correggere gli errori e che sono il perdono, il dialogo, la comprensione, la libertà di coscienza nella quale maturare la comprensione verso gli errori e attendere fiduciosi la conversione degli erranti”.

 MA PRIMA CHI SE LO FILAVA BRUNO?

Un intenso ritratto del pensatore inquieto (e contraddittorio).

Non so perché mi viene a mente questo quadro molto interessante, impossibile da non condividere:

“C’è uno splendido racconto di Borges nel quale un eretico e un custode della fede a lungo e ferocemente si contrappongono. Quando l’eretico infine brucia sul rogo, il suo volto, per un attimo, si rivela essere quello stesso del custode della fede.

Non le due facce di una stessa medaglia dunque, ma una medaglia che ha nel recto e nel verso la medesima immagine (..). Più banalmente: lo stesso italiano che divorzia dalla moglie, e che vive con l’amante dalla quale ha avuto due figli, partecipa compunto a una dimostrazione contro il divorzio e firma contro i dico. Ma di fronte al duplice comportamento dell’italiano nei riguardi dei dettami della Chiesa si potrebbe scrivere un trattato piuttosto voluminoso. Gli esempi potrebbero continuare a centinaia”. (2)

Dunque Giordano Bruno muore sul rogo il 17 febbraio del 1600 – a Campo dè Fiori, appunto – ed è curioso che fino al 1800 di lui non si sente parlare, della sua storia non se ne sa nulla o quasi, è un soggetto eretico non solo per la Chiesa Cattolica ma anche per il Protestantesimo storico. Si tace di lui fino a quando, nel 1802 il filosofo idealista Schelling (appassionato di gnosi cristiana antica) gli dedica un “Dialogo” intitolato “Bruno o del principio divino e naturale delle cose” che non ebbe un successo immediato, né suscitò quella curiosità verso il destinatario del testo che Schelling sperava.

Poi, da dopo l’unificazione d’Italia nel 1861, la propaganda anticattolica filo massonica, inizia ad usare il “caso Giordano Bruno” per montare una campagna di accusa contro la Chiesa e l’Inquisizione. Non a caso la massoneria dell’epoca “canonizzerà” Giordano Bruno “martire del libero pensiero”.

L’apice di questo progetto viene raggiunto nel 1889 quando, nel giorno della Pentecoste (bella provocazione!), il governo massone di Crispi inaugura il monumento divenuto famoso in piazza Campo dè Fiori, con un Giordano Bruno vestito pure da frate predicatore, da Domenicano.

Pochi sanno che Crispi impose alla Chiesa il “silenzio stampa” per tre giorni consecutivi all’inaugurazione del monumento.

Da questo momento nasce il “mito di Giordano Bruno, martire del libero pensiero”.

MARTIRE … DEL SUO STESSO PENSIERO AMBIGUO

Francobollo commemorativo.

Dalla fine dell’800 e grazie alla propaganda anticattolica della massoneria, Giordano Bruno diventa così un eroe e un martire. In verità, si dovrebbe avere l’onestà intellettuale – e proprio in rispetto del libero pensiero – di ammettere che Bruno fu spesso contraddittorio nell’esposizione del suo pensiero e che le sue teorie furono ambigue e arricchite da molti pensieri ed interessi che avevano animato fin dal principio la testa di questo grande pensatore.  Senza dubbio alcuno, infatti, di acume ne aveva, ma, come accade solitamente a molti grandi geni e ai grandi artisti, anche per lui le sue stesse distrazioni lo indussero verso quella superbia che fu la sua stessa rovina.

Non dimentichiamo che lui stesso era intransigente e superbo a tal punto che definiva il suo pensiero “aristocratico” e sosteneva che la verità “non va comunicata a qualsiasi persona”.

Nel 1576, nel tempo in cui era un frate domenicano (da qui il nome Giordano dal momento che quello di battesimo era Filippo) ed era stato ordinato già sacerdote, inizia ad avere delle dispute con dei confratelli in cui emerge un atteggiamento di credenza filo-ariana.

I confratelli vogliono andare fino in fondo: viene così fuori una posizione gravemente anti-trinitaria che il Bruno espone con tanto fervore da mettere in allarme i confratelli. Inizia così la prima fase istruttoria voluta dall’Ordine Domenicano in vista di un processo inquisitorio a causa della divulgazione che nel frattempo stavano avendo le sue eresie.

Una cosa va detta ad onore del vero:  l’Ordine Domenicano tentò fino all’estremo e fino all’ultimo di proteggerlo e di difenderlo, tanto che non fu l’Ordine a togliergli l’abito, ma fu Giordano a riconsegnarlo, fu lui a comprendere la situazione e a riconoscere di non essere più in comunione con la Chiesa, men che meno con il carisma di San Domenico il quale aveva fondato l’Ordine dei Predicatori per predicare la Veritas, quell’Incarnazione di Dio che ora egli rigettava, mentre stava così maturando una sua verità personale alla quale non voleva più rinunciare.

Riguardo a questa clemenza dei suoi superiori è lo stesso Giordano a darne testimonianza durante il processo. Alcuni episodi confermano questa clemenza. Una volta gli venne in mente di gettare via tutte le varie immagini dei Santi che gli capitavano sotto gli occhi, mantenendo venerazione esclusivamente per il Crocefisso. Un’altra volta, nel vedere un novizio intento a meditare su “historia delle sette allegrezze della Beata Vergine Maria”, un piccolo libretto devozionale e di meditazioni a firma di Bernardo di Chiaravalle, senza troppa gentilezza lo intimò di gettarlo via per dedicarsi piuttosto alla sola vita dei santi Padri della Chiesa. I suoi superiori conoscevano queste “stranezze” di fra’ Giordano e mai ricevette per queste delle sanzioni disciplinari: tuttavia questi piccoli episodi fecero emergere l’insoddisfazione dottrinale di fra’ Bruno e soprattutto fecero trapelare la sua indisciplina verso le questioni devozionali quali il culto dei Santi.

Questa clemenza ha una sua ragione che è onesto riferirla a voi lettori.

Stiamo parlando di un’epoca travagliata nella quale gli scandali interni alla Chiesa stessa farebbero impallidire gli scandali a cui assistiamo oggi.

Anni in cui non c’era da processare solo Giordano Bruno perché gettava i santini dei Santi o perché preferiva che un novizio studiasse i Padri della Chiesa anziché libretti devozionali: l’ignoranza era ben sparpagliata e solo in quel tempo in cui Giordano era sotto processo, l’Ordine Domenicano aveva emanato ben 18 sentenze per scandali sessuali e pure omicidi, infanticidi, aborti. In questo clima, il caso di Giordano non solo era fra i tanti casi di cui la disciplina della Chiesa doveva occuparsi, ma in un primo momento era probabilmente il meno urgente.

Quando Giordano comprende che sotto processo sta rischiando l’accusa di eresia, a quel punto decide di abbandonare Napoli dove si trovava e si rifugia a Roma presso il Convento dei domenicani, Santa Maria sopra Minerva nel 1576, dove viene tranquillamente ospitato dal superiore, tale Sisto Fabri il quale diventerà poi Maestro Generale dell’Ordine nel 1581.




[SM=g1740771]  continua............

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.988
Sesso: Femminile
13/07/2013 12:36
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota


ODIATO DAI CATTOLICI? NON PROPRIO. LE MINACCE DI MORTE ARRIVARONO DAL PROTESTANTESIMO

Certamente aveva una mente fervida. Ma il suo carattere e le sue tante contraddizioni lo resero inviso a molti di quelli con cui entrava in contatto.

Terminata dunque la fase istruttoria, Giordano comprende la situazione, lascia di sua spontanea volontà il convento di Napoli e inizia il suo pellegrinare. Non avendo voluto ritrattare le sue eresie sulla Santissima Trinità, viene allora scomunicato e non farà più rientro nella Chiesa.

Questo suo pellegrinare, che lo porterà in giro per l’Italia e poi anche in Svizzera, in Francia ed Inghilterra, gli farà gettare l’ancora presso i calvinisti. Solo che non ricevette il trattamento dei Domenicani o della Chiesa stessa che nonostante la prima condanna lo lasciò girovagare liberamente senza più curarsi di lui. Sì, Giordano Bruno divenne anche protestante e per un periodo stette con loro. Tuttavia anche qui si dimostrò insofferente e inappagato.

Dunque a Ginevra diventa calvinista, era il 1579, ma non dura molto: scrive un libello contro un professore della locale università, Antoine de la Faye, e a quel tempo i calvinisti non erano certo delle damine crocerossine, così lo arrestano e lo mettono sotto processo.

Minacciato di “venire torturato e condannato a morte”, Giordano Bruno abiura e ritratta le accuse. Viene allora riammesso alla “cena protestante” (la santa cena) ma stranamente non viene revocata la scomunica del tribunale calvinista con la minaccia della condanna a morte.

Nel 1991 lo storico inglese John Bossy pubblica un testo chiave “G.Bruno e il mistero dell’ambasciata”, dove il libero pensatore viene identificato in un “agente segreto” che passava agli inglesi le informazioni utili a sventare complotti spagnoli contro il trono di Sua Maestà, col nome in codice “Fagot”.

Il famoso film agiografico, in puzzo di massoneria, dove la parte del Bruno è recitata dall’indimenticabile Gian Maria Volontè

Ma non è finita. Giunto in Germania, Bruno si avvicina anche ai luterani, fino a scrivere un elogio per Lutero, anche se, per quella cifra di contraddizione che sempre lo contraddistinguerà, in un’altra sua opera definisce il Protestantesimo come “una forza pericolosa ed anti illuminista”. Tuttavia i luterani non sono sprovveduti – in fondo il personaggio era già conosciuto – e così il Bruno riceve l’ennesima delusione: anche i luterani, dopo i calvinisti, lo scomunicano a Helmstdt nel 1589, minacciandolo di morte se non pronuncia l’abiura. Così Bruno, dopo aver abiurato, va via anche da loro.

Insomma, in pochi anni Giordano Bruno è scomunicato dalla Chiesa Cattolica, dai calvinisti, dai luterani ed è probabile che a creargli così tante avversioni non erano solo questioni dottrinali, ma anche un temperamento “complesso e mancanza d’equilibrio” come si percepisce dai testi che ci ha lasciato e che poi vennero presentati come il frutto della “genialità del libero pensiero”.

Non staremo qui a narrare le sue frequentazioni esoteriche e dei circoli di maghi: come abbiamo detto, non abbiamo l’intento di giudicare il suo pensiero, ma solo di focalizzare come arrivò a Campo dè Fiori e perché, di conseguenza, si verificò la strumentalizzazione della massoneria nell’eleggerlo un martire contro la Chiesa Cattolica.

BRUNO AL ROGO: PERCHÉ E SOPRATTUTTO… A CAUSA DI CHI?

Lapide del monumento a Bruno che ricorda il rogo.

Senza dubbio Giordano Bruno sfidò la sorte, provocandosi un verdetto rovinoso.

Abbiamo già detto che, dopo la prima condanna di eresia da parte della prima istanza curata dai Domenicani, Giordano Bruno, pur fuggendo da Napoli, rimase libero di continuare a fare ciò che voleva e di come nel suo girovagare riuscì a farsi condannare anche dai calvinisti e dai luterani e da questi, invece, dovette scappare per non incorrere nella pena di morte pronunciando comunque l’abiura.

Le tappe verso la morte sono due. Giordano giunge a Venezia ospite presso un patrizio disposto a spendere molti soldi per ottenere da lui (oramai famoso) “l’arte magica della memoria artificiale”, ma il suo mecenate rimane deluso. Inoltre Giordano si è stufato e vuole andare via: in più, il suo ardire eretico e sacrilego contro la dottrina e la Messa “disgustano” il patrizio al punto tale che finisce per denunciarlo all’Inquisizione. L’Inquisizione conosceva perfettamente la presenza dell’eretico in città, ma non agisce fino a quando non scatta la denuncia. L’anno prima, 1591, Bruno è infatti a Padova ad insegnare pubblicamente sperando di ottenere, invano, la cattedra in matematica.

A quel punto Bruno, vedendo il tradimento del patrizio, chiederà lui stesso di essere giudicato dal tribunale di Roma e Venezia acconsente. Come davanti al tribunale calvinista, anche a Venezia Bruno nella prima istanza fa abiura:  in un primo momento, si getta in ginocchio e si dichiara pronto a rinnegare ogni eresia. Ma cosa fa? Invece di pentirsi veramente chiede che l’abiura non sia “ufficialmente pubblica, né pubblicata”, pretende che resti segreta, ricattando in un certo senso gli inquisitori per il fatto di essere pur sempre un domenicano e per il bene dell’Ordine era meglio se il tutto rimanesse appunto coperto (mancava dall’Ordine oramai da anni senza indossare l’abito da cui aveva ricavato delle calze ). Proprio per la delicatezza del caso, giunge così a Roma come da lui stesso chiesto.

In verità, Giordano Bruno voleva andare a Roma perché aveva in mente di influenzare con le sue “arti magiche” – o se preferite l’arte oratoria e dei giri di parole – il Pontefice, cosa che ovviamente non gli riuscirà. Per altro Giordano si occupava di pratiche di “magia nera”, attraverso la quale tentava di esercitare proprio una sorta di coercezione della mente, un controllo sulla psiche, una sorta di illusionismo sorretto da una certa forma di ipnosi, ma non ce ne occuperemo noi.

Dai lavori del primo vero processo dell’Inquisizione questi furono gli atti di accusa che Giordano Bruno confermerà come fatti reali:

1) avversione alla fede cristiana; 2) negazione della SS.ma Trinità; 3) negazione della divinità del Cristo; 4) negazione dell’Eucarestia (dileggerà con una risata anche la santa cena calvinista); 5) negazione della verginità di Maria e della Messa in quanto “sacra”… 6) sosteneva la trasmigrazione delle anime; 7) si occupava di magia.

Non si era più solo nell’eresia di un tema o di un articolo di fede, ma in una gravissima apostasia, con l’aggravante dell’esoterismo e della magia.

Qui inizia la storia occultata creata a tavolino dalla massoneria e dalla storiografia dell’800.

I lavori dell’Inquisizione romana cominciano il 27 febbraio del 1593.

Una curiosa immagine

Giordano Bruno viene trattato con i “guanti bianchi”, non subisce torture se non dopo il settimo anno di processo (dicono che ne subì una sola, ma probabilmente nessuna) (3), e tanto durò il suo caso perché il Papa, ad un certo punto, fa riaprire il processo dopo un finale quasi raggiunto chiedendo che venissero raccolte tutte le sue opere e “passate al vaglio dai teologi per valutarne il contenuto”. In verità, al papa piaceva lo spirito di Giordano Bruno e cercò in tutti modi di trovare nelle sue opere qualche spunto di sana ortodossia riguardanti la Scrittura e la Tradizione, vista la sua stessa passione per i Padri della Chiesa.

Il papa stesso presiedette quasi a tutte le udienze e spesso intervenendo cercando di comprendere la complessità del soggetto. E’ una grave disonestà intellettuale tacere che il papa cercò fino alla fine di salvare Giordano Bruno. Lo stesso cardinale (santo, dottore della Chiesa e gesuita) Roberto Bellarmino, lo trattò con grande riguardo, cercando di valutare con attenzione eventuali appigli per salvarlo.

Dai documenti finali del processo definitivo, durato sette anni, saltò fuori dunque che Bruno affermava:

1) che Gesù era un peccatore come tutti gli uomini e che non era Dio Incarnato; 2) che l’inferno era una invenzione romana; 3) che Caino non peccò uccidendo Abele; 4) che Mosè era un mago e che inventò le tavole della Legge.

Bruno comunque decide anche qui, in un primo momento, di abiurare, ma quando sta per farlo, inizia a tentennare e ritorna sulle sue decisioni. Riceve due volte il termine di 40 giorni entro i quali prendere una decisione, ma tutto è inutile. Interviene il Maestro dei Domenicani dopo gli 80 giorni concessi: Bruno gli dice di essere stato frainteso, si riportano allora tutti gli atti del processo ma con un atteggiamento di sfida li riconferma uno per uno.  Comincia ad apparire evidente la presa in giro del soggetto. Bruno vuole solo guadagnare tempo. Il papa decide allora di cambiare strategia: l’8 febbraio gli vengono letti pubblicamente gli atti del processo con la decisione della condanna quale “eretico formale”, cioè, eretico “consapevole e convinto delle sue posizioni” e quindi a rischio.

Nonostante la condanna, il cardinale Bellarmino, su suggerimento del Papa, ci riprova, lo va a trovare in cella per convincerlo a ricredersi, lo fa incontrare con due santi predicatori domenicani, ci prova anche un predicatore francescano, ma non c’è nulla da fare.

Il 17 Febbraio del 1600, Giordano Bruno viene consegnato al braccio secolare per essere giustiziato (4)

Il “MONUMENTO MALINCONICO” DI GIORDANO BRUNO?

Il contestato monumento a Bruno in Campo de’ Fiori.

Giordano Bruno aveva idee non solo eretiche, ma sovversive e di natura politica. Sia gli inglesi che i calvinisti a Ginevra lo giudicano essi stessi un “pericoloso che mette a rischio l’ordine costituito”: tanto per capire il linguaggio dell’epoca è come se lo avessero additato come una sorta di “brigatista” degli anni ’70 o se preferite un mafioso.

Non dimentichiamo che il tribunale calvinista lo condanna per eresia minacciandolo di tortura e di morte se non fa abiura. Qui infatti Giordano fa l’abiura e si salva, ma deve andare via: non ci risulta ci sia mai stato un “Mea Culpa” dall’ala protestante.

Un altro grande personaggio (il cui nome forse è sconosciuto ai più) è Michele Serveto (1511-1553), umanista, teologo e medico spagnolo, scopritore della circolazione polmonare del sangue, uomo dal carattere impetuoso ed irruento. A causa delle sue posizioni antitrinitarie fu arso vivo a Ginevra il 27 ottobre 1553, dal riformatore Giovanni Calvino, il quale gli negò persino l’avvocato. Ma la risposta ancora non ci soddisfa.

La Chiesa all’epoca collaborava con il legittimo “Ordine costituito”, esercitato dal braccio secolare, che prevedeva la pena di morte, come lo è ancora oggi in alcuni Stati nel mondo e come lo era in Francia fino al 1953. Quindi la Chiesa aveva il diritto e il dovere di intervenire laddove era di sua competenza, per frenare il cadere dei valori del proprio tempo. Inoltre era un frate domenicano, seppur rinnegato, dunque rientrava nelle sue competenze, ed è invece indicativo che durante il processo non gli venne mai imputato l’essere diventato protestante.

Non dimentichiamo che nel 1535 venivano decapitati Tommaso Moro e il vescovo John Fischer per essersi opposti alla supremazia di Enrico VIII quale capo della nuova chiesa in Inghilterra. Non ci risulta che i loro monumenti siano stati usati contro l’Inghilterra, il re o la regina!

La lotta contro le eresie non può essere giudicata con la mentalità odierna, nè essere valutata con un becero moralismo in base a norme giuridiche democratiche che all’epoca semplicemente non esistevano e dove la pena di morte era applicata ovunque. Lo stesso “Mea Culpa” di Giovanni Paolo II parla senza dubbio di “dolore, rammarico” per i modi attraverso i quali la Chiesa stessa si adoperò per certe condanne, ma non condanna affatto i suoi Predecessori nelle sentenze riguardo alla fede ed ai costumi giustamente difesi.

Cerchiamo di rispondere ora alla domanda sul monumento.  Il 9 giungo 1889, giorno di Pentecoste, sotto il pontificato di Leone XIII, veniva inaugurato a Campo de’ Fiori, il monumento di Ettore Ferrari, lo scultore che nel 1904 sarà eletto gran maestro della massoneria. Alla base del monumento si legge un’ iscrizione del filosofo Giovanni Bovio, oratore ufficiale della cerimonia di inaugurazione: “A Bruno, il secolo da lui divinato qui dove il rogo arse“.

In verità a nessuno interessava il vero pensiero di Giordano Bruno: all’epoca dell’inaugurazione del monumento, egli era semplicemente l’icona di una nuova arma in mano alla massoneria contro la Chiesa, contro il Pontefice.

Francesco Crispi: diventato capo del governo, fu lui a iniziare i lavori per la statua di Bruno.

Poco si dice che, durante i lavori per la realizzazione del monumento, le cose non andarono in modo pacifico. Ogni giorno si dovette assistere a scontri anche gravi tra coloro che volevano il monumento e quanti non lo volevano perché appariva chiaro che questo era una provocazione e si ergeva contro il papato e contro la Chiesa intera. Crispi, diventato capo del governo, nel 1887 avvia i lavori per la statua senza chiedere alcun parere: anzi, ben sapendo della vile provocazione, vuole che questa sia propria una sfida alla Chiesa. Durante questo anno, il comune di Roma – nel quale vi erano affluiti cattolici-moderati, tipo un pidiessino moderno tanto per capirci – cerca di evitare il monumento tentando di aggrapparsi a risposte burocratiche e non è certo normale che una intera giunta comunale finisce per cadere e per essere rimossa a causa di un monumento! Il clima rimase arroventato per tutto l’anno, vedendo ogni giorno scontri soprattutto fra gli studenti pro e contro il monumento. Infine Crispi, strumentalizzando la gravità stessa degli scontri scatenati dall’inaugurazione della statua, ordina un divieto alla Chiesa di far manifestare i contrari e le impone il silenzio per tre giorni. In verità egli sapeva che non erano pochi i contrari al monumento e di conseguenza impone paradossalmente il silenzio al libero pensiero, mentre ne benedice l’icona. Ma non è finita. Alla fine del 1887, infatti, poco prima dell’inaugurazione, il re firma a sorpresa un decreto con il quale rimuove il sindaco di Roma: in apparenza non c’è spiegazione, ma di fatto Leopoldo Torlonia aveva commesso l’errore e l’imprudenza di far recapitare al papa Leone XIII un omaggio di solidarietà e filiale devozione. Tanto bastò perché i difensori del “libero pensiero”, al quale stavano per innalzare un monumento, rimuovessero dal suo incarico, paradossalmente e con palese contraddizione, un sindaco che aveva espresso altrettanto liberamente un omaggio filiale.

Non dimentichiamo che Leone XIII fu odiato dalla massoneria molto più di Pio IX. Papa Leone era stato il primo pontefice a condannare senza mezzi termini la massoneria, addirittura attraverso una enciclica che, come disse Ratzinger, è ancora attualissima e valida sia nei contenuti sia nelle condanne ad essa relative (5).

GIÀ DA TEMPO LA CHIESA PENSAVA AD UN GESTO RICONCILIATORE…

Pio XI: pensò di costruire una Cappella in segno di riconciliazione, senza dimenticare, però, che Bruno era un eretico.

Porta Pia era stata conquistata, il Risorgimento era all’apice della sua ubriacatura anticattolica: Giordano Bruno diventa così l’icona della non sottomissione a nessuno, la prima vera icona dell’uomo senza un Dio, l’ideale quale simbolo massonico e non a caso è definito il “monumento malinconico” alla cui inaugurazione parteciparono circa tremila massoni, raggruppati sotto i labari delle logge di appartenenza. Non è un caso che lo stesso filosofo liberale Benedetto Croce (1866-1952) attaccò affermando «l’idiota religione massonica», un’eredità che a suo parere era derivata dalla Rivoluzione francese.

Dopo i Patti lateranensi del 1929, si cercò con Pio XI di trovare una soluzione equa: erigere al posto della statua una Cappella in onore al Cuore divino di Gesù quale segno di riconciliazione e di espiazione (come vedete già prima del Giubileo del 2000 troviamo il desiderio del mea culpa), una sorta di riconciliazione sia per il Giordano che, pur pagando per le sue idee, era comunque sia un rinnegatore dell’Incarnazione di Cristo (e volle morire rifiutando i sacramenti), sia per la Chiesa stessa che stava maturando sulla crudeltà ma soprattutto sull’inefficacia di certi metodi che all’epoca erano “normali” e facevano parte dell’ordinamento civile.

Vogliamo concludere queste riflessioni riportando un passo della rivista Civiltà Cattolica del 1890 vol.7 pag.98 nella quale leggiamo testualmente:

“Il giorno 9 giugno ricorreva l’anniversario, d’ infausto ricordo, del monumento a Giordano Bruno in Campo dè Fiori. Chi l’avrebbe mai creduto che un anno dopo di quella sacrilega e sguaiata gazzarra, si sarebbe veduto lo spettacolo dell’indifferenza e dell’oblio verso un personaggio di cui la massoneria ha voluto fare un soggetto di perenne offesa a Dio, alla Chiesa e al buon senso del popolo romano? La verità è che la festa anniversaria è riuscita a un fiasco solenne e vergognoso; perocché, mancando quelle poche migliaia di persone calate, l’anno scorso, a Roma da ogni parte d’Italia, ubbidienti agli ordini della mala sétta e aiutati di uno scandaloso permesso del governo, che si potea aspettare in una città dove il popolo è addirittura renitente a piegarsi al giogo dell’iniquità? E’ stato detto e assicurato da persone degne di fede, che quelli che la domenica giorno 9 si recarono a deporre una corona sulla base del monumento, rimasero umiliati e confusi, non avendo trovato in Campo dè Fiori altro pubblico che quello del fruttivendolo e dei bagarini, né altri applausi riscossi che le risa e i motteggi di quella brava gente”. (6)

 

NOTE

1) Franco Cardini articolo su Avvenire del 2004:

2) Andrea Cammilleri (l’ideatore della fortunata serie: Montalbano sono), intervista febbraio 2009 per descrivere cosa è e come è visto l’italiano oggi.

3) «Bruno non fu mai torturato e la diversa convinzione o dubbi al riguardo dipendono da una scarsa conoscenza dello stile del Sant’Ufficio romano: il termine usato per Bruno, “stricte”, indicava un interrogatorio stringente, con contestazioni specifiche, mentre la tortura veniva formalizzata in termini diversi, con il voto previo dei consultori, durante una seduta della Congregazione». A. Del Col, L’inquisizione in Italia. Dal XII al XXI secolo, Arnoldo Mondadori Editore 2007.

4) Il processo a Giordano Bruno

5) Leone XIII condanna alla massoneria Humanum genus

6) Civiltà Cattolica del 1890 vol.7

Suggeriamo, infine, anche il libro di Rino Cammilleri e AA.VV. “Piccolo manuale di apologetica” ed. Piemme

Per le fonti prettamente cattoliche ho usato anche il testo originale, in mio possesso, de “Il Movimento Cattolico” Anni 1888-1889, documentazione ordinaria degli eventi ecclesiali e pontifici, dalla pag. 245 e seguenti è descritta la situazione inerente al caso dell’inaugurazione del monumento con i giornali dell’epoca.

 




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.988
Sesso: Femminile
13/03/2016 13:38
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota


  Un paio di cose che non si dicono mai di Giordano Bruno, il mago

Marzo 13, 2016 Giovanna Jacob

Osannato dalla pubblicistica laicista, fu occultista, misogino e antisemita. Ma oggi è esaltato per un’unica ragione: era contro la Chiesa cattolica

Giordano-Bruno

Caro direttore, sul numero di Repubblica dell’8 marzo 2016, oltre agli inevitabili e scontati articoli sul quanto mai generico tema “donna”, troviamo un lungo articolo su Giordano Bruno firmato da Corrado Augias (“Revival Bruno martire del pensiero”). C’è forse qualche legame fra il vecchio eretico cinquecentesco, cui i massoni dedicarono una statua in campo de’ Fiori a Roma, e il tema dei diritti delle donne? Più che altro, io credo che ci sia un legame di causa effetto fra la propaganda anti-cattolica, che esalta gente come Giordano Bruno, e il progressivo peggioramento della condizione della donna in Occidente. Mentre i giornali della sinistra al caviale rilanciano ininterrottamente tutte le leggende nere contro la Chiesa inventate dagli illuministi, le libere donne occidentali, in aree sempre più vaste d’Europa, cominciano ad avere paura ad uscire di casa. Infatti le strade sono piene di portatori di belle-culture-altre secondo cui le donne sono solo oggetti o meglio bestiame di proprietà degli uomini. Se perdiamo un gioiello in una strada affollata, sappiamo che non lo troveremo mai più: qualcuno lo avrà sicuramente trovato e se ne sarà sicuramente appropriato senza rischiare una denuncia per furto. Analogamente i portatori di belle-culture-altre pensano che, se trovano per strada una donna “incustodita”, possono approfittarsi di lei senza rischiare conseguenze legali (non sfugga che la polizia tedesca ha ammesso che non riuscirà mai ad identificare e punire gli autori degli stupri di Capodanno).

Le donne sono soggetti, non oggetti di proprietà, solo all’interno dell’Occidente. Storicamente, le donne hanno cominciato ad essere persone solo nel momento in cui quell’uomo in Palestina si fermò a parlare con una donna, irritando i suoi discepoli: «Si meravigliavano che stesse a parlare con una donna». Di sua madre si dice che è “Madre di Dio”, della sua Chiesa si dice che è sua “Sposa”. Da Cristo e dalla sua Sposa nacque la civiltà occidentale, che si è radicata in Europa, in America e da qualche altra parte. Ma poco più di due secoli fa, gli intellettuali occidentali hanno cominciato a calunniare la madre dell’Occidente, la loro madre. I libri di storia descrivono i cristiani dei secoli passati come un branco di ignoranti superstiziosi assetati di sangue (mentre descrivono i musulmani dei secoli passati come dei tolleranti e pacifici cultori della scienza e delle arti). Convinta che il cristianesimo sia dunque una religione orribile, la gente finisce per credere che qualunque altra religione debba per forza essere migliore di quella cristiana. E così permettono ai portatori di belle-religioni-altre e belle-culture-altre che degradano la donna ad oggetto (per tacere d’altro) di invadere l’Occidente senza colpo ferire.

Riepilogando, non si può esaltare l’emancipazione della donna ed allo stesso tempo esaltare Giordano Bruno ossia denigrare la Chiesa. Oltretutto, nel suo lungo articolo Corrado Augias avrebbe potuto anche riferire, tanto per restare in tema con l’8 marzo, che il vecchio eretico riteneva che le donne fossero delle creature inferiori, idiote e ripugnanti (e tuttavia il brav’uomo, che si era pure fatto domenicano e sacerdote, non disdegnava di prendersi piacere, con e senza compenso, con quante più idiote ripugnanti possibili). Dopo averci spiegato che in un’opera (De l’infinito universo e mondi) Bruno ipotizza che nell’universo ci siano innumerevoli pianeti come il nostro, Augias avrebbe potuto anche fare presente, per completezza, che in un’altra opera (De Vinculis) Bruno descrive una serie di pratiche magiche, da lui personalmente testate, che permetterebbero di piegare le persone alla propria volontà: «Ritmi e canti che racchiudono efficacia grandissima, vincoli magici che si realizzano con un sussurro segreto…»

Convinto di avere i poteri necessari per dominare le forze della natura, Bruno propagandava una religione magico-pagana di sua invenzione… Ma insomma, Augias e i quaranta autori dello studio di cui parla nel suo articolo (Giordano Bruno. Parole, concetti e immagini, Edizioni della Normale di Pisa) sono davvero sicuri che Bruno fosse quel precursore del moderno pensiero scientifico di cui ci parlano? Anche fingendo di ignorare le sue formule magiche, la tesi esposta in De l’infinito universo e mondi non è che sia poi tanto in linea con le scoperte della scienza moderna. Se Bruno credeva che l’universo avesse una estensione infinita e una durata infinita, invece la scienza moderna ha dimostrato che l’universo ha avuto un inizio (il Big Bang), avrà una fine ed ha pure una estensione precisa. Se la tesi dell’infinità e dell’eternità dell’universo (che peraltro Bruno prende da Averroè) esclude la creazione divina, invece il Big Bang, se non lo esclude, perlomeno mette in difficoltà l’ateismo sistematico.

E sono sicuri Augias e gli altri quaranta, come i ladroni, che Bruno non piaceva agli inquisitori perché era troppo avanti per i suoi tempi? Mah. Per farla breve, nel 1591 Bruno soggiornava a casa del nobile Mocenigo, a Venezia. Quando si accorse che quello strano domenicano esercitava oscure pratiche magiche in casa sua (e forse se la faceva pure con sua moglie), Mocenigo consegnò Bruno all’inquisizione di Venezia, che a sua volta lo consegnò all’inquisizione di Roma (il Sant’Uffizio), che lo mise subito sul banco degli imputati. Presieduto da Bellarmino, il processo a Bruno durò quasi dieci anni. Gli inquisitori erano dell’idea che, una volta terminato il processo, sarebbe bastato rinchiudere l’ex domenicano in un qualche sperduto convento domenicano per renderlo inoffensivo e indurlo al ravvedimento. Ma quando un compagno di cella del Bruno riferì loro qualche oscuro segreto che gli era stato confidato dal mago stesso, Bruno fu consegnato precipitosamente al “braccio secolare” (la giustizia civile), che gli inflisse la pena del fuoco.

Non sappiamo di quali sconvolgenti segreti fosse a conoscenza il compagno di cella di Bruno. Quello che sappiamo è che Bruno fantasticava da tempo di soggiogare il Papa con le sue formule magiche, prenderne il posto e sostituire la religione cristiana con la sua religione magico-pagana in tutti i territori della Chiesa. In effetti, egli faticava a nascondere il suo odio per Cristo (cui rivolgeva continuamente terribili bestemmie), per i cristiani e pure per gli ebrei (che in un’opera chiama «escrementi d’Egitto»). Probabilmente gli inquisitori pensavano che, se fosse stato lasciato libero di propagandare la sua strana religione, Bruno avrebbe potuto anche trovare dei seguaci e, con loro, svolgere delle attività sovversive contro la Chiesa. In un’epoca in cui i cattolici e i protestanti se la davano di santa ragione in tutta Europa, la priorità degli inquisitori era di spegnere tutti i focolai di nuove, possibili guerre di religione.

Bruno appariva particolarmente pericoloso agli inquisitori soprattutto perché aveva avuto dei contatti con Elisabetta d’Inghilterra, una tiranna spietata che nel suo regno aveva messo la fede cattolica fuori legge e perseguitava quanti volevano rimanere fedeli al Papa. Si dice che, se ne avesse avuto la possibilità, non avrebbe esitato ad organizzare una spedizione militare contro Roma.

Augias ovviamente evita di menzionare uno dei più importanti studi su Bruno apparsi negli ultimi decenni:Giordano Bruno e il mistero dell’ambasciata (Garzanti nel 1991) di John Bossy, grande storico britannico recentemente scomparso. Sbarcato a Londra il 7 aprile del 1583, il mago italiano riuscì ad entrare rapidamente nelle grazie della regina Elisabetta, grande appassionata di magia e di occultismo. Il 20 aprile del 1583 Sir Francis Walshingham, capo dei servizi segreti di sua maestà britannica, ricevette la prima di una serie di informative provenienti dalla casa dell’ambasciatore francese De Castelnau, che aiutava di nascosto alcuni cattolici inglesi a svolgere attività contro la regina. Guarda caso, calligrafia del misterioso autore delle informative appare identica alla calligrafia del Bruno. E guarda caso Bruno in quella casa svolgeva attività di sacerdote e confessore. Probabilmente, i dissidenti cattolici che bazzicavano per l’ambasciata si lasciavano sfuggire molti dettagli sulle loro attività sovversive nel confessionale, dove ad ascoltarli e prendere nota c’era un traditore. Dunque Bruno, prima di essere lui stesso tradito dal compagno di cella, aveva tradito molte persone, violando il segreto del confessionale. Per effetto delle delazioni del Bruno, il cattolico Francis Trockmorton fu arrestato, atrocemente torturato e condannato a morte, mentre e lo stesso ambasciatore De Castelnau fu espulso dall’Inghilterra e finì in rovina. Oltretutto, girava voce che in gioventù Bruno avesse commesso un omicidio. C’era proprio bisogno di innalzare un monumento ad un simile individuo, pace all’anima sua?

Se la poco edificante storia di Giordano Bruno ci insegna qualcosa, è che per avere buone possibilità di essere esaltati sui libri di storia non è necessario dare contributi fondamentali al progresso dell’umanità: basta essere contro la Chiesa. Dal momento che la Chiesa è madre della civiltà occidentale (tutti i valori occidentali coincidono con i valori cristiani), l’odio verso la Chiesa finisce per distruggere negli occidentali la volontà di difendere la loro civiltà dalla barbarie. A scuola ci insegnano che il cristianesimo è una religione maschilista e intanto le strade si riempiono molestatori e violentatori che professano un’altra religione. A scuola insegnano che i crociati erano dei criminali e intanto i tagliagole si avvicinano a Roma. Per questo bisogna combattere con ogni mezzo le leggende nere contro la Chiesa.

Il problema è che i cattolici non solo non combattono contro le leggende nere ma le credono vere. D’altra parte, sono intimoriti dalla continue richieste di scuse avanzate dagli anticattolici: “Dovete chiedere scusa, ve lo ordina il Papa!”. Ai pochi cattolici che smettono di chiedere scusa e cercano di dimostrare che non c’è molto di cui chiedere scusa, dicono: “Stai disobbedendo al Papa, stai peccando di orgoglio!” In realtà, chiedendo pubblicamente scusa per gli errori commessi dai cattolici nel corso della storia, papa Giovanni Paolo II non intendeva confermare le leggende nere contro la Chiesa, al contrario: invitava le persone a rendersi conto che i meriti della Chiesa sono molto più numerosi delle colpe dei singoli cattolici.

I cattolici devono capire che combattere contro le leggende nere non significa difendere il proprio orgoglio, ma salvare la verità. Continuare a chiedere scusa e a porgere l’altra guancia non è umiltà: è connivenza con le menzogne che tengono la gente lontana dalla fede. “Se la Chiesa ha compiuto tutti questi crimini”, pensa infatti la maggior parte della gente, “allora la Chiesa non può essere divina”. “Se il cristianesimo è tanto oscurantista”, pensa, “allora l’islam non può che essere migliore”.

Infine, le leggende nere allontanano i cattolici stessi dalla Chiesa. Convinti che, nei secoli passati, i cattolici non abbiano fatto altro che commettere crimini contro l’umanità, i cattolici di oggi distinguono fra Chiesa del presente e Chiesa del passato e chiedono alla prima di ripudiare la seconda, come se la prima e la seconda non fossero una. E cominciano a sognare una Chiesa senza passato, senza storia, senza cultura, senza tradizione, senza autorità, senza gerarchia che si tiene rigorosamente alla larga dal “fango” della politica, dell’economia e della storia. In sostanza, sognano una Chiesa senza corpo. Ma la Chiesa deve prendere corpo e camminare sulle fangose strade della storia umana. Cristo si è infatti incarnato e l’ha presa in sposa.





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 20:19. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com