A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Breve presentazione della nuova sezione Congregazione per la Dottrina della Fede

Ultimo Aggiornamento: 13/03/2015 11:19
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 39.988
Sesso: Femminile
17/11/2014 13:56
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

Presa di possesso della Diaconia di Sant’Agnese in Agone


da parte del Card. Gerhard Ludwig Müller


 




Domenica, 14 settembre 2014


 

Omelia

 

Cari fratelli e sorelle,

sono lieto di celebrare con voi quest’oggi la Santa Messa nella chiesa di Sant’Agnese in Agone, nel giorno della festa dell’Esaltazione della Santa Croce, in occasione della mia presa di possesso di questa magnifica diaconia, che il Santo Padre Francesco mi ha affidato, dopo l’imposizione della berretta cardinalizia nell’ultimo Concistoro dello scorso mese di febbraio. È il colore rosso che accomuna 1) la testimonianza suprema del martirio, 2) l’evento, con i rispettivi paramenti, della celebrazione liturgica odierna e 3) l’abito che sono stato chiamato quotidianamente a indossare. Mi soffermerò a riflettere con voi brevemente su ciascuna delle tre circostanze, che tutte trovano nel Sacrificio redentore del Signore Gesù la loro sorgente e la loro linfa vitale.

1) La giovane martire romana di cui questa chiesa porta il titolo, anzitutto: Agnese. Sant’Ambrogio, nella sua opera del 377, De virginibus, esalta l’intrepido coraggio della vergine martire, sottolineandone la grande forza della fede, «magna vis fidei quae etiam ab illa testimonium invenit aetate». Unita alla sua giovane età, la grande forza della sua fede divenne presto il verso di un celebre inno con cui il popolo cristiano procedette a esaltarne la virtù: «Matura nondum nuptiis, matura martyrio fuit». Agnese, in effetti, aveva probabilmente soli dodici anni quando subì il duplice martirio della purezza e della fede, «in una hostia duplex martyrium pudoris et religionis». Storicamente, non è possibile appurare con piena certezza se ci troviamo a metà del III secolo o, forse, proprio all’inizio del IV, al momento della terribile persecuzione perpetrata da Diocleziano.

Sepolta sulla via Nomentana, nel luogo dell’attuale basilica a lei dedicata, una tra le prime menzioni di una chiesa Sanctae Agnetis all’interno della città risale alla seconda metà del secolo VIII. Situato proprio nel luogo nel quale ora ci troviamo, in Piazza Navona, il primitivo edificio aveva il suo ingresso da via dell’Anima. Dopo successivo rinnovamento, fu consacrato da Callisto II nel gennaio del 1123, per lasciare poi il posto, a partire dall’inizio del secolo XVII, all’attuale più maestosa costruzione, opera di Francesco Borromini, eretta da Papa Innocenzo X.

2) Il cuore, ora, quella che fu anche per Agnese la ragione prima e ultima del suo martirio, vale a dire la Croce del Signore. La morte è il limite assoluto e insuperabile del pensiero e del potere umano. Semplici energie psico-dinamiche e riflessioni teoretiche dei discepoli non sarebbero riuscite, di fronte al fatto della morte di Gesù e all’evidente fallimento della sua missione, a superare il fossato del venerdì santo. L’origine della fede pasquale può essere soltanto un evento non prevedibile dall’uomo, mediante cui Dio rivela la propria unità con Gesù e lo presenta come il proprio Figlio e il messaggero escatologico del suo Regno. Per questo, nell’atto della risurrezione, Dio rivela il proprio nome: «Colui che risuscitò Gesù dai morti» (Gal 1,1; Rm 4,24; 8,11; 2Cor 4,14; Ef 1,20; Col 2,12).

Non v’è dubbio che Gesù abbia intravisto e attivamente compreso, in conseguenza della sua missione di attuare il Regno nella propria persona obbedendo al Padre, l’orizzonte salvifico della propria morte. Egli sapeva che, morendo, non sarebbe finito nel nulla e affidò la propria vita nelle mani del Padre. La sua fiducia infinita nel Padre è l’origine della rilevanza salvifica della sua morte in croce. E colpisce la discrepanza enorme tra la morte obbrobriosa comminata a Gesù come criminale politico per i romani e come bestemmiatore religioso per gli ebrei, da una parte, e la confessione di fede formulata pochi anni dopo la sua morte, dall’altra: quella per cui Egli, «pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini» (Fil 2, 6-7).

Per i discepoli, l’atto con cui Dio risuscitò Gesù di Nazareth ucciso in croce, atto superante ogni possibilità e immaginazione umana, non era soltanto una curiosità metafisica o biologica o la semplice dimostrazione dell’onnipotenza di Dio. Dio, confermando la pretesa di Gesù di realizzare nel proprio comportamento e nella propria azione il Regno di Dio nel mondo, ha testimoniato nello stesso tempo di essere il Padre di Gesù, Padre che, attraverso la Sua Parola eterna fatta carne, è presente nel mondo in maniera umana. La risurrezione di Gesù è quindi l’apice dell’auto-rivelazione del Dio e Padre di Gesù e nello stesso tempo di Gesù come «Figlio del Padre» (2Gv 3; cf Rm 1,3; 1Cor 1,9). Dio aveva rivelato una volta che il suo nome è «Io sono colui che è qui» (Es 3,14). Adesso egli ha collegato questa presenza storica e salvifica con il nome di Gesù Cristo. Gesù è l’unico nome di Dio, da Dio dato e rivelato, mediante cui è possibile la salvezza, cioè la comunione con la potenza salvifica di Dio (cf At 4,12). Nel nome di Gesù è manifesto l’unico nome di Dio: «Padre, Figlio e Spirito Santo» (Mt 28,19). Nel suo nome è garantita la presenza salvifica escatologica di Dio «nei cieli, sulla terra e sotto terra» (Fil 2,10) e «sino alla fine del mondo» (Mt 28,18). Per la morte di Croce che Gesù accettò quale via di salvezza, Dio «gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome», il nome stesso di Dio, qui e ora presente, così che ogni lingua potesse proclamare «Gesù Cristo è Signore!» (Fil 2, 9.11). L’Esaltazione della Croce è il riconoscimento della signoria di Gesù sulla morte: Dominus Iesus.

3) È proprio questo il lemma che ho voluto caratterizzasse il mio episcopato. La fede nel Signore Gesù è una fonte di conoscenza: essa attinge verità che la ragione sola non è in grado di raggiungere. Quanto più avviene l’incontro con Cristo, tanto più l’intelligenza e la volontà dell’uomo sono sollecitate ad accogliere con slancio e gratitudine i contenuti precisi della Rivelazione divina. Che è dono gratuito e profondamente corrispondente, aldilà di ogni prevedibile attesa, alle attese più profonde del cuore di ogni uomo. Se si riduce invece la fede a sentimento irrazionale, a qualcosa di privato che non riguarda per nulla la realtà da conoscere e da amare, quasi fosse volta a contenere le turbative di una psicologia messa a dura prova dalle complessità del vivere contemporaneo, allora ci si pregiudica a priori la possibilità di individuarne la vera natura e la sua straordinaria portata veritativa.

Gesù è il Signore. La confessione di Gesù come Cristo e, quindi, tutta la cristologia quale riflessione sulla fede in Cristo poggiano su un evento contingente storico non deducibile. Nelle apparizioni pasquali Gesù si rivela come il mediatore del Regno escatologico di Dio, che vive presso Dio e che è stato confermato da quel Dio, che egli chiamava Padre suo. Nella luce dell’esperienza pasquale i discepoli riescono a identificare il Signore risuscitato dai morti ed elevato presso Dio con quel Gesù di Nazareth, che si era presentato come il mediatore del Regno escatologico di Dio. Egli è il Gesù della storia che, in virtù di una relazione unica con Dio quale Padre suo, si sapeva da Lui autorizzato e legittimato, unitamente alla sua missione, in una maniera esclusiva. È l’uomo Gesù di Nazareth, che aveva chiamato loro, i discepoli, alla fede e alla sequela e che, a motivo della sua pretesa di proclamare qui e ora il Regno escatologico di Dio, era stato condannato dagli uomini alla morte in croce. È l’uomo Gesù di Nazareth, che nella luce della fede d’Israele, da lui pure predicata, sembrò abbandonato da Dio e che, in qualità di uno apparentemente maledetto da Dio, aveva finito per perdere ogni credibilità e per dimostrare che la sua missione non aveva alcun fondamento (cf Dt 21,23; Gal 3,13).

L’evento pasquale fonda la fede pasquale. La fede pasquale è l’origine del messaggio pasquale di salvezza. Il Gesù crocifisso è il mediatore escatologico del Regno di Dio, confermato da YHWH. Egli è il Cristo, il messianico «Figlio di Dio». In lui si è definitivamente adempiuta la promessa della presenza escatologica di Dio; nell’uomo Gesù essa è stata realizzata in maniera storica concreta.        

4) Il rosso è un colore brillante. È il colore del sangue, il colore della vita. Ed è il colore della testimonianza suprema della vita, resa fino alla morte. Fino all’effusione del sangue, appunto. Come si potrebbe immaginare, nella logica salvifica paradossale introdotta da Gesù, un “innalzamento” che non si misurasse con l’innalzamento del «Figlio dell’uomo» (Gv3,14) sulla Croce? «Egli deve crescere e io invece diminuire» (Gv 3,30), diceva di sé fin dall’inizio Giovanni il Battista. Pretendere altrimenti, sarebbe «appartenere alla terra» (cf Gv3,31), indulgendo – secondo le parole di Papa Francesco – alla terribile tentazione della «mondanità spirituale» (cf Evangelii gaudium, nn. 93-97).

In un momento storico in cui la testimonianza fino all’effusione del sangue è chiesta a così tanti nostri fratelli e a così tante nostre sorelle nella fede in diverse parti del mondo, più ancora che agli inizi stessi della storia cristiana, sarebbe una vanità insipiente pensare al rosso della porpora senza pensare alla porpora del martirio. La modalità specifica della testimonianza, con la corrispondente “gradazione” di rosso, la detta per ciascuno il Signore. Nessuno può però pensare di prescinderne, pena la non-sequela di Gesù, il Signore. Per il compito che mi è stato affidato, occorre anzitutto che sia un tutt’uno in me il dono della fede che professo e il contenuto della dottrina che, col Corpo e nel Corpo della Chiesa, ho la responsabilità di promuovere. Nell’umiltà e nella totale dedizione della testimonianza quotidiana. Chiedo la vostra preghiera e ringrazio per l’aiuto che molti tra voi mi offrono.







Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 02:25. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com