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Riscopriamo il senso del peccato! di Don Divo Barsotti

Ultimo Aggiornamento: 12/04/2012 23:37
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12/04/2012 23:06
 
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Questo non implica certo che io possa compiacermi del mio peccato, perché fintanto che io non riconosco il mio peccato o mi compiaccio del mio peccato, io non mi abbandono a Dio, non chiedo la sua salvezza, non mi rifugio nel suo amore, non imploro la sua misericordia. Ma non potrò essere salvo nella misura che veramente sono compreso di questo mio peccato, che realmente sono cosciente della mia impossibilità di salvarmi, che realmente sono cosciente che il peccato mi intride tutto, che non vi è nessuna parte sana in me. Come debbo sentirlo per rifugiarmi in Lui, perché Egli mi prenda, mi carichi sopra di Sé, povero lebbroso che Egli trascina all'ospizio! Come dobbiamo sentire tutto questo!


[SM=g1740733] Fra poco noi morremo. Questa scena sparirà, cadrà e ci troveremo dinanzi al Volto di Dio. Se Dio non ha preso posto nella nostra anima in questa vita presente in un perdono non meritato, ma appunto per questo più pieno, che cosa presenteremo a Dio? Quale difesa potremmo opporre alla sua presenza?


Oh, lo so, ci sembra impossibile la nostra salvezza, ed anche in qualche modo impossibile l'essere perdonati così per nulla. La resistenza che oppongono i farisei e gli scribi al perdono del Cristo è la resistenza che oppone il mondo moderno al messaggio cristiano. L'uomo non vuol credere all'amore di Dio, si rifiuta di pensare che l'amore di Dio giunga a tanto. Siamo di orrore a noi stessi, veramente, quanto più ci conosciamo, tanto più ci rendiamo conto di non riuscire a vivere nemmeno con noi stessi. Chi ci libererà da noi stessi? Non dal nostro corpo di morte, come diceva San Paolo, ma dalla nostra stessa anima. Non ci sopportiamo più. Come è possibile che Dio, mentre facciamo orrore a noi stessi, mentre viviamo l'inferno per esser legati a questa lordura, non solo ci sopporti , ma ci ami? Come possibile che Dio realmente si doni? Supera ogni capacità di immaginazione, ogni nostro pensiero.


Per questo il mondo moderno non crede più. Chi potrebbe credere senza un miracolo di Dio? È un miracolo credere, credere che Dio sia qui e mi dica: "Confida figliolo, i tuoi peccati ti sono rimessi". È vero? Può essere vero?
Non dico solo Sartre, ma tutti i filosofi e i letterati moderni mi riderebbero dietro con riso beffardo: non credono che l'uomo possa cambiare. L'uomo è un animale; ed essi accettano la vita così com'è: non vi è male, non vi è bene. Non c'è più libertà, tutto è opaco. L'uomo è quello che è: non ha più spirito, non ha più anima.
Possiamo davvero credere che Dio ci ami e che possiamo essere diversi da quello che siamo e possiamo essere salvati? Possiamo crederlo? Ecco quello che fa il nostro cristianesimo: se possiamo credere questo, siamo cristiani, se non possiamo crederlo non siamo cristiani. Essere cristiani vuol dire essere santi, non vuol dire esser già liberati, già luminosi; vuol dire poter credere che la salvezza è possibile, poter credere che Dio realmente ci possa amare. E se Dio ci può amare allora è segno davvero che noi possiamo essere cambiati, possiamo veramente sperare di essere diversi.


E noi dobbiamo crederlo: possiamo e dobbiamo crederlo. Il messaggio cristiano è tutto qui. Oh, lo so, mi sento solidale con tutto il peccato umano, mi sento responsabile di tutti i peccati. Come capisco ora certe pagine di San Gregorio, il grande poeta armeno del IX secolo! Quando lo lessi la prima volta rimasi spaventato: quest'uomo si confessava di stupri, di violenze, di tutti i peccati del mondo, e su tutti i peccati implorava la misericordia di Dio. Come lo capisco, oggi! Allora mi spaventai, oggi mi sento con lui.
Quello che mi fa cristiano non è sentirmi peccatore soltanto, è il fatto che nel mio peccato io mi volgo a Uno perché abbia pietà di me e veramente mi salvi, e veramente mi sollevi da questo pozzo nel quale sono caduto, sono immerso: mi sollevi nella luce, mi trasformi in Sé.


Ecco il messaggio della salvezza: Ecce nunc dies salutis. È tutto qui il Cristianesimo. La salvezza è possibile. L'uomo può essere veramente redento purché implori il perdono. Il perdono viene dato gratuitamente a colui che, cosciente del suo peccato, si affida alla misericordia infinita di Dio. Ma per far questo bisogna essere coscienti del nostro peccato; e tanto più grande sarà la misericordia divina quanto più grande sarà la coscienza del nostro peccato. Perché giustamente Dio ti colma di Sé nella misura che offri a Lui una capacità più grande, e la capacità che offri a Dio è la coscienza di essere tu colpevole di tutto l'umano peccato. Non vi è nulla che ritengo alieno da me: Nihil umano a me alienum puto. Veramente solo questa coscienza di un peccato che ci rende solidali con tutti - con gli assassini, con le prostitute - solo questa solidarietà che ci fa sentire fratelli a chi è caduto più in basso, perché in nulla migliori di loro, solo questo può anche colmarci di una misericordia realmente infinita.

Io ho sempre manifestato, ma senza giustificarla mai pienamente, la mia opposizione al pensiero di Teilhard de Chardin. Mi sembra che sia importante giustificare questo mio atteggiamento perché non sembri gratuito.
Prescindo dal voler ora presentare in modo oggettivo questo modello; non voglio fare l'analisi di un pensiero che ha indubbiamente una solidità, una sua bellezza, una sua suggestività e proprio per questo ha avuto anche tanta eco nel mondo moderno. Vorrei rilevare i punti deboli di un sistema che, pur avendo le migliori intenzioni di presentarsi come una giustificazione apologetica del Cristianesimo in un dialogo col mondo per superare la frattura che dalla Scolastica in poi si è compiuta fra la cultura moderna e il pensiero cristiano, presenta tuttavia dei punti deboli che potrebbero operare (e già di fatto la operano) una grave rovina nelle anime stesse.


Identificare tutta la realtà a un modo di evoluzione non rende giustizia piena della dualità fra il Creatore e la creatura (perciò gia nell'origine), nel suo fine. Di per sé un sistema come quello di Teilhard de Chardin, anche se mai lo dice, porta a una confusione della creazione con la creatura, della creatura col Creatore. Di fatto, il sistema teilhardiano difficilmente si concilia col mistero della creazione così come la Chiesa lo insegna. D'altra parte l'evoluzione cosi come la presenta Teilhard de Chardin implica due gravissimi pericoli per il pensiero cristiano:
- la continuità fra la natura e lo spirito. Con questa continuità non è più giustificata, anzi si deve escludere, l'immortalità dell'anima e anche la vita futura;
- la continuità fra ordine di natura e ordine di grazia; e questo è ancora più grave: ne va di mezzo addirittura non solo la Rivelazione, il Cristianesimo come tale, ma ogni religione, in quanto ogni religione rivelata implica il superamento di uno stato di creatura.


D'altra parte, l'identificazione di tutta la realtà a un movimento evoluzionistico esclude per sé, necessariamente, la libertà. Tutto diviene determinismo biologico. Ora giustamente, come diceva il Grelot, bisogna domandare a Teilhard de Chardin se l'ambiguità anche del processo della storia rimane fino all'ultimo momento. Perché se non rimanesse l'ambiguità del processo della storia come tale fino all'ultimo istante, la mia libertà se ne va. Noi cristiani non possiamo assolutamente rinunciare alla dualità assoluta tra la creatura e il Creatore e alla distinzione fra ordine di natura e ordine di grazia. E nemmeno possiamo rinunciare, in quanto cristiani, ala certezza, alla fede, che già tutto è compiuto, che veramente il Verbo divino si è incarnato, e perciò non vi è più evoluzione in senso oggettivo. Tutto è definitivamente acquistato per sempre nella presenza di un Dio fatto Uomo. Ci può essere un processo soggettivo, come insegna la teologia, dei fedeli nella fede e anche dei singoli popoli nella presenza immutabile del Cristo; ma non vi è un atto, nemmeno l'atto di tutta la creazione insieme, che può andare oltre l'atto della Morte di Croce. L'atto della Morte di Croce è al termine di tutti i processi: non dei processi che si possono compiere soltanto qui sulla terra, ma anche dei processi angelici. Nessun atto può andare oltre l'atto di un Dio che muore, oltre l'atto di un Dio che si dona, che si comunica al mondo nella sua Morte di Croce e nella sua risurrezione gloriosa.


Oltre il Cristo non si va. Quando si parla di storia della Chiesa bisogna intendersi bene sul significato di questa parola, perché per storia della Chiesa si intende il processo dei singoli popoli o delle singole anime in una partecipazione al mistero di Cristo, ma non c'è qualche cosa che dobbiamo aspettare oltre la morte e la risurrezione di Gesù. Si deve aspettare soltanto che i singoli uomini partecipino sempre di più a questa morte, vivano sempre di più questa risurrezione; ma non c'è nulla di più. Perciò il punto omega non si trova al termine: è già presente.

 

[SM=g1740771] continua....

 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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