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LE PIAGHE DELLA CHIESA DOPO IL CONCILIO - Don G. Lentini - ed altri testi

Ultimo Aggiornamento: 25/07/2016 12:43
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15/07/2013 15:09
 
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"Anch'io ho nostalgia della Messa in latino"
INTERVISTA: IL BIOGRAFO DI PAOLO VI ACCUSA
Jean Guitton (amico di fiducia di Paolo VI e Giovanni Paolo II poi):
"Quanti errori, Lefebvre aveva ragione..."

"Freud, Marx e Lutero hanno sostituito nei seminari Tommaso, Ambrogio e Agostino"



PARIGI: "Quel giorno tremavo dall'emozione. Per tutta la vita avevo sognato un Concilio che affrontasse le grandi questioni del Novecento, l'ecumenismo, il progresso, i diritti della donna... E ora ero la', e avrei parlato, primo laico nella storia, a un Concilio della Chiesa cattolica. Sono passati trent'anni...".

Jean GUITTON, 91 anni, la coscienza critica della cristianita', l'amico di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II, il confidente di Paolo VI, e' commosso. Guarda fuori dalla finestra del suo piccolo appartamento parigino, sui giardini del Luxembourg. Agita una mano fragile, e comincia. "Il Concilio e' stato perfetto. Ma l'applicazione... quanti errori. E' diminuita la fede. Ha perso vigore la verita. Quanti errori: la Chiesa cattolica ha rinunciato a proclamarsi la sola vera Chiesa. Ha pregato assieme ai protestanti, alle altre religioni. Nei seminari Freud, Marx, Lutero hanno preso il posto di Tommaso, Ambrogio, Agostino".


-Per questo Lefebvre se ne e' andato?
Paolo VI e poi Papa Wojtyla mi avevano incaricato di trovare una soluzione, di evitare lo scisma. Io ho fallito. Parlare di Econe per me e' molto doloroso. Perche', in fondo, Lefebvre aveva ragione.

-In che senso aveva ragione?
La verita' non puo' cambiare. Se e' bianca, non puo' diventare grigia, rossa o marrone. E se la Chiesa possiede la verita', rimane identica a se stessa attraverso la storia. Quando Lefebvre diceva che il Concilio non poteva cambiare l'affermazione solenne della Chiesa sulla verita', diceva cose che dobbiamo condividere. Ma Lefebvre le sosteneva in modo maldestro. Confondeva l'adesione alla Chiesa con l'adesione a un partito. Era uno spirito chiuso.

-Quali sono le altre ombre del post-Concilio?
L'anarchia. Il curato che non obbedisce piu' al parroco, il parroco al vescovo, il vescovo al cardinale. La catechesi affidata alla gente che passa per strada. Guardi, vicino a casa mia ci sono due parrocchie, Saint-Sulpice e Notre Dame des Champs. E non dicono le stesse cose. Pensi che coerenza puo' avere una catechesi affidata al primo venuto.

-Il nuovo catechismo risolvera' il problema?
Ecco dov'e' il male. Com'e' possibile che i cattolici abbiano dovuto attendere trent'anni per sapere cosa e' giusto fare, cosa e' giusto credere e cosa no? Il nuovo catechismo doveva arrivare tre minuti dopo il Concilio, non dopo trent'anni. E il Catechismo c'era, si chiamava "Catechismo San Pio X" chi ha dato l'ordine di dismetterlo in attesa di fare quello aggiornato?

- Vede ancora altre ombre?
La crisi delle vocazioni. Finito il Concilio, pensavo che i seminari si riempissero. Invece... E poi, siamo arrivati a pensare che basti la sincerita' per fare un cristiano. Anche se si e' ladri, anche se si e' omosessuali. Verita', ci vuole. Pentimento. E fede.

-Ha nostalgia della Messa in latino?
Sì. In latino ho espresso le emozioni di 60 anni della mia vita di cattolico. Anche Paolo VI soffrì per il cambio di liturgia. Mi disse: dobbiamo sacrificare i nostri sentimenti, per rendere il Vangelo comprensibile a tutti. Aveva ragione. Ma il Concilio non abolì il latino: lasciò libertà di liturgia. Soltanto in seguito la Messa tridentina e' stata considerata un reperto da museo.

-Quali sono invece le luci?
Il dialogo. Nei duemila anni prima del Concilio la Chiesa cattolica aveva solo condannato. Ora ha cambiato metodo: non condannare, ascoltare. Il dialogo con i non cattolici continua oggi piu' che mai: con gli anglicani, con i protestanti; con gli ortodossi, ora che la Russia sovietica e' diventata la Russia di San Pietroburgo. Anche i rapporti con l'immenso mondo dei non credenti non sono mai stati cosi' intensi.

-Qual e' stata la piu' bella innovazione del Concilio?
La liberta' religiosa. Ricordo i cardinali spaccati in due partiti. I progressisti dicevano: la religione dev'essere fondata su un atto di liberta'. Io ero d'accordo. Sapevo che Sartre aveva affrontato il problema, ma senza risolverlo: perche' non c'e' liberta' senza Dio, non c'e' Dio senza liberta'. Passo' la linea dei progressisti.

- E i conservatori furono battuti. Chi erano?
Il loro capo era Ottaviani. Uno spirito netto, bello, pulito. Parlava benissimo il latino. Sapeva anche essere ironico, ricordo che dovevamo stabilire quando una famiglia cattolica e' numerosa. Qualcuno disse: e' numerosa se ha quattro figli. "No, se ne ha dodici!", urlo' lui. "Altrimenti io non sarei nato". Lo disse in latino, ovviamente e sorridendo, ma senza dubbio diceva una profonda verità in difesa delle famiglie numerose".

- Quale altra figura le e' rimasta impressa?
Wiszinsky. Il primate di Polonia era un uomo eccezionale. E di destra.

- E Wojtyla?
Era il suo allievo. Non so con chi fosse schierato. Sa, nessuno poteva immaginare che sarebbe diventato Papa...

- Perche' Paolo VI volle che lei, un laico, prendesse la parola?
Tra noi c'era un grande amore, una grande amicizia. E' il mistero degli incontri. La prima volta che lo vidi era un 8 settembre, lui era ancora vescovo... fu come un fulmine. Mi fece promettere che ogni 8 settembre sarei andato a trovarlo. Lo feci per 27 anni. Quando divenne Papa gli dissi: Eminenza, le porto il mio addio. E lui, gridando: ma come, non ho forse un cuore? Non posso piu' amarla? No, avro' bisogno dei suoi consigli piu' di prima. Paolo VI è stato incompreso da molti e davvero maltrattato. Ha commesso diversi errori, è vero, come tutti noi del resto, ma era sempre davvero in buona fede, oserei dire che fu piuttosto tradito dalle persone ed anche dai gruppi di cui si fidava e spesso si circondava: spesso facevano il contrario di quanto egli chiedeva.

- Cosa le diceva nei giorni del Concilio?
La sera del mio intervento mi regalo' un orologio, dicendo: "Oggi e' stata una giornata storica. Lei portera' questo orologio per ricordare che il tempo non e' che un soffio in confronto all'eternità. Che emozione. Che gioia.

- Cosa le rivelo' ancora?
Che soffriva. Seguiva i lavori su una tv a circuito chiuso. Sentiva nel suo cuore le divisioni dei cardinali, sapeva delle manovre.

- Chi manovrava? I conservatori o i progressisti?
Entrambi. C'erano duemila vescovi. In ogni Parlamento ci sono uomini abili che tentano con sistemi piu' o meno corretti di influenzare gli altri.

- Cosa ricorda della fine del Concilio?
Ora che mi resta poco da vivere posso farle una confidenza. Paolo VI sognava di morire sul campo di battaglia. La responsabilita' lo schiacciava. Un giorno mi disse: "Diamoci un appuntamento dopo la morte". Era l'uomo piu' solo del mondo. Erano soli, lui e Dio. Lo capisco, il Concilio e' stato l'evento del secolo. Me lo disse anche De Gaulle. Io lo lodavo: lei ha salvato la Francia. E lui: ma lei ha partecipato al Concilio.

- Sono stati trent'anni difficili per la Chiesa. Ma oggi possiamo ancora dirci cristiani?

I nostri anni sono il trionfo della violenza, l'apoteosi del sesso, della televisione, del denaro. Il piu' grande nemico del cristianesimo non e' l'ateismo. Quello si vede, si tocca. Il nemico invisibile e' l'indifferenza.

- E il consumismo, il capitalismo?
Il capitalismo e' come la sua cravatta. Posso usarla per abbellire il suo abito. Oppure per strangolarla.

- Lei ha detto che il comunismo non e' morto, e risorgera' in qualche altra forma.
Le diro' di piu'. Il comunismo non e' di per se' contro il cristianesimo. Lo diventa quando sostiene l'ateismo. I primi cristiani avevano i beni in comune.

- E il cristianesimo, rischia di morire?
La Chiesa attraversa una crisi terribile. Ma la crisi e' la sua condizione esistenziale. Dio vuole cosi'. La Chiesa era in crisi gia' quando Giovanni scriveva l'Apocalisse. Ma quando al mondo fosse rimasto anche un solo cristiano, la Chiesa vivrebbe con lui. Vede, la nostra e' l'eta' del degrado. E' come tirare con l'arco. La freccia deve tendersi all'indietro per schizzare in avanti. Ecco, noi oggi siamo compressi all'indietro. Ma siamo alla vigilia di grandi cambiamenti. Il prossimo secolo sara' l'era della nuova evangelizzazione, e la luce tornera' a illuminare la Chiesa. Ma i miei occhi non faranno in tempo a vederla.

Aldo Cazzullo

Jean Guitton (Saint-Étienne, 18 agosto 1901 – Parigi, 21 marzo 1999) è stato un filosofo e scrittore francese cattolico; papa Paolo VI lo nominò primo uditore laico al Concilio Vaticano II.

Da La Stampa dell'11 ottobre 1992

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Padre Pio era un modello di rispetto e di sottomissione verso i suoi superiori religiosi ed ecclesiastici, specialmente quando era perseguitato. Malgrado ciò, non potè restare silenzioso davanti alle deviazioni che erano funeste alla Chiesa. Prima della fine del Concilio, nel febbraio 1965, qualcuno gli annunciò che presto si sarebbe celebrata la Messa secondo il nuovo rito, ad experimentum, in lingua volgare, rito che era stato composto da una commissione liturgica conciliare al fine di rispondere alle ispirazioni dell'uomo moderno. Padre Pio scrisse immediatamente a Paolo VI, prima ancora di avere visto il testo, per chiedergli di essere dispensato da questa esperienza liturgica e di potere continuare a celebrare la Messa di San Pio V.

Quando il Cardinale Bacci venne a visitarlo per portargli l'autorizzazione richiesta, Padre Pio si lasciò sfuggire un lamento in presenza del messaggero del papa: «Per pietà, mettete fine rapidamente al Concilio». Quello stesso anno, in mezzo all'euforia conciliare che prometteva una nuova primavera della Chiesa, egli confidò ad uno dei suoi figli spirituali: «In questo tempo di tenebre, preghiamo. Facciamo penitenza per gli eletti».

Altre scene della vita del Padre sono molto significative; ad esempio, la sua reazione all'aggiornamento degli ordini religiosi voluta dal Vaticano II. Le seguenti citazioni provengono da un libro che ha avuto l'imprimatur: «Nel 1966, il Padre Generale dei Francescani venne a Roma un po' prima del capitolo speciale che doveva trattare delle costituzioni, al fine di chiedere le sue preghiere e benedizioni a Padre Pio. Incontrò Padre Pio nel chiostro. "Padre, sono venuto per raccomandare alle vostre preghiere il capitolo speciale per le nuove costituzioni....". Aveva appena pronunciato le parole "capitolo speciale" e "nuovi costituzioni" che Padre Pio fece un gesto violento ed esclamò: "Tutto ciò è solamente un nonsenso distruttore". "Ma, Padre, dopo tutto, bisogna tenere conto delle giovani generazioni... i giovani si evolvono secondo le loro mode... ci sono dei bisogni, delle nuove richieste....". "La sola cosa che manca, disse il Padre, sono l'anima e il cuore, sono tutto, intelligenza e amore". E partì per la sua cella, si rigirò e disse, puntando il suo dito: "Non dobbiamo snaturarci, non dobbiamo snaturarci! Al giudizio del Signore, San Francesco non ci riceverà come suoi figli"! Un anno dopo, la stessa scena si ripetè all'epoca dell'aggiornamento dei cappuccini.

Un giorno, alcuni colleghi discutevano col definitore generale, il consigliere vicino al provinciale o al generale di un ordine religioso, i problemi dell'ordine, quando Padre Pio, assumendo un atteggiamento scandalizzato, esclamò, con un sguardo severo nei suoi occhi: «Che cosa volete a Roma? Che cosa intrallazzate? Volete cambiare anche la regola di San Francesco»? Il definitore replicò: «Padre, si vorrebbero proporre dei cambiamenti perché i giovani non vogliono più saperne della tonsura, dell'abito, dei piedi scalzi...». «Cacciateli! Cacciateli! Che cosa bisogna dire? Forse che fanno un favore a San Francesco prendendo l'abito e seguendo la sua regola di vita, o non è piuttosto San Francesco che offre loro questo grande dono?».

Fonte: Fr. Jean, OFM Cap., Lettre aux Amis de Saint François del Monastero di Morgon, febbraio 1999, fasc. n. 17.

[SM=g1740733]  il severo monito di San Padre Pio ci rammenta quello di Paolo VI, alle sue tristi parole in una Lettera scritta proprio ai religiosi, la Sacrificium Laudis:

"Dalle lettere di alcuni di voi e da parecchie missive giunteci da varie parti siamo venuti a conoscenza che i cenobi o le province da voi dipendenti - parliamo solo di quelle di rito Latino - hanno adottato differenti modi di celebrare la divina Liturgia: alcuni sono molto attaccati alla lingua Latina, altri nell'Ufficio corale vanno chiedendo l'uso delle lingue nazionali e vogliono inoltre che il canto cosiddetto Gregoriano sia sostituito qua e là con canti oggi in voga; altri addirittura reclamano l'abolizione della lingua latina stessa.
Dobbiamo confessare che tali richieste Ci hanno non lievemente colpiti e non poco rattristati; e vien da chiedersi da dove sia sorta e, perché si sia diffusa questa mentalità e questa insofferenza in passato sconosciuta".



[SM=g1740733]




[Modificato da Caterina63 15/07/2013 15:47]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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