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L'Anima dell'apostolato.... per una autentica evangelizzazione....

Ultimo Aggiornamento: 11/07/2013 11:08
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11/07/2013 11:08
 
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[SM=g1740758] Come pani azzimi e agnelli di Pasqua

Solo una volta Paolo usa il termine "pasqua" nell'espressione "Cristo nostra Pasqua è stato immolato"di 1Cor 5,7.

Valentin de Boulogne, "San Paolo scrive le epistole", 1620.

Valentin de Boulogne, "San Paolo scrive le epistole", 1620.

Come pani azzimi e agnelli di Pasqua Per imparare a celebrare la Pasqua con la chiesa e il mondo, una chiave di buona lettura dei testi paolini, ci viene dal beato Giacomo Alberione, che già nell'ottobre del 1941, a proposito della santità personale e familiare, commentava:"L'amore che non porta al sacrificio è un inganno, è una sentimentalità; perché l'amore vero è quello di Gesù che si è immolato" (EM, 1942, 46). Usava lo stesso di Paolo. Anche noi parliamo, o sentiamo parlare di amore, che nella società in cui viviamo e purtroppo spesso anche nella Chiesa, con questo termine intendiamo il diritto inviolabile di ciascuno a esercitare la propria sessualità come sembra giusto.

Il contesto dell'espressione di Paolo, l'unica nella Bibbia in cui festa (Pasqua) e sacrificio di sé sono strettamente vincolati, ha propriamente a che vedere con un amore mal inteso. Ragionando da apostolo, ma anche da pratico pastore di anime e di corpi, ai suoi lettori di Corinto, ancora poco capaci di un giudizio critico e responsabile, Paolo fa balenare gli effetti devastanti dell'immoralità, specificamente di un caso di incesto. Anche se fosse coinvolta una sola persona, è dissacrata la comunione e la comunità. È tagliente, Paolo escomunica l'incestuoso.

Lo manda letteralmente al diavolo: "questo tale", forse ancora giovane cristiano, ma con mentalità ellenista, e con matrigna giovanile e appetibile:"venga consegnato a Satana a rovina della sua carne, affinché lo spirito possa essere salvato nel giorno del Signore". Le modalità di questa consegna sono irrilevanti.

Non c'è un codice di diritto canonico. Importante è però che la chiesa, nel suo insieme, nel suo considerarsi essere corpo di Cristo, o fidanzata casta, sia forte. In questa durezza Paolo non è democratico ma profetico. Stranamente, e con un'intelligenza teologica, utilizza la collaborazione indiretta di Satana, per salvare l'anima di un giovane attraverso la distruzione (a questo porta la corruzione) della sua carne.

Morire per vivere al ritmo della festa


In questo processo all'incestuoso, e nella sua fine misteriosa, quasi escatologica, è adombrata una legge di celebrazione della gioia dell'amore: morire per salvare dei peccatori e convivere con loro per sempre; sacrificarsi per redimere altri. Chi soffre nella propria carne qualche condanna simile alla croce, salva non solo se stesso ma tante anime di fratelli e sorelle della comunità. E salva davvero i corpi dell'uomo e della donna, fatti per la vita. Questa sofferenza dell'incestuoso somiglia quindi, anche se lontanamente, al sacrificio patito da Cristo sulla croce; all'immolazione dell'agnello innocente, necessaria per lasciare che gli altri nella comunità facciano festa a Pasqua.

Del resto, Gesù per primo è stato crocifisso perché considerato bestemmiatore, indemoniato, non osservante del Sabato, mangione e beone, amico di prostitute, adultere, samaritane, pubblicani, ricchi, pagani, violatore e profanatore del Tempio. Gesù è morto da peccatore doc, da maledetto. L'amore per i peccatori - ma quelli più responsabili sono i sacerdoti, gli scribi, i dottori, i giudici del sinedrio - comporta l'immolazione di sé, l'accettazione di una scomunica, di una esecuzione di una condanna a morte.

Tutto avviene, anche in Gesù, nel suo corpo umano penetrato da chiodi, da spine, da una lancia. Da una solitudine da esclusione, insopportabile umanamente. É la morte dell'io, che non è necessaria solo per l'incestuoso; è l'accettare, anche per i seguaci autentici di Gesù, dell'essere con-crocifissi e con-sepolti con Cristo. Come lo stesso Paolo. Solo questa fine del lievito si possono preparare pani azzimi. Per la festa. Prostituta e insieme casta, la Chiesa è per Paolo sposa conquistata con il dono completo di sé, del suo corpo e del suo sangue, con la morte volontariamente accolta. Satana sicuramente è stato, ed è sempre attivo nell'esecuzione di una sentenza di scomunica, di inquisizione, di esecuzione atroce della Legge.

Comunque Paolo non è senza misericordia, in quanto pensa alla redenzione dell'incestuoso. Per questo è anche convinto che sia fuori luogo essere tolleranti verso derive morali che non giovano a nessuno a Corinto:" Non è bello che vi vantiate". Ciò che muove Paolo non è la sua avversione, culturale e quindi tradizionale in quanto ebreo, verso certe forme di indecenza greca, ma l'osservazione su quanto avviene o deve avvenire in una casa, nel preparare il pane per la festa di Pasqua: "Non sapete che un po' di lievito fa fermentare tutta la pasta?"

Se il lievito non è cattivo, come non lo è la sessualità e neppure il piacere dell'unione tra un uomo e una donna, a Pasqua però il pane deve essere quello azzimo, per entrare nella festa di liberazione dal proprio passato di schiavitù a Satana, all'uomo vecchio, dominante, che si va guastando di giorno in giorno fino alla data di scadenza definitiva. Per ottenere pani azzimi, pasquali, è necessario mettere il lievito da parte per non fermentare la massa e inacidire il pane che non si conserva. Di qui l'imperativo ai responsabili e a tutti i membri, maschili e femminili, della Chiesa di Corinto.

Ripeto per intero il versetto: "Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. E infatti Cristo, nostraPasqua, è stato immolato!" (1Cor 5,7). Paolo, dicevo sopra, non ha mai usato fino ad ora "Pasqua", né lo farà altrove in altre lettere. Il termine páscha è vecchio, indicando tradizioni aramaiche ed ebraiche molto antiche: è trascrizione fonetica del caldaico pisha ed ebraico pesah, dal verbo pasah "passare oltre". Bisogna andare oltre anche rispetto a questa pasqua ebraica. L'evocazione più forte per un giudeo, all'ascoltare questa parola, è quella dell'angelo dello sterminio dei primogeniti egiziani, mentre passava oltre le case segnate dal sangue dell'agnello immolato in famiglia.

Propriamente quindi pasqua è il passare oltre della morte, non essere uccisi, l'essere risparmiati grazie al sangue dell'agnello, che gli israeliti erano soliti scannare il quattordicesimo giorno di Nisan, il primo mese dell'anno lunare. Nella LXX, in Es 12-13, in Nm 9 e in Dt 16 è usata spesso l'espressione greca, simile a quella usata da Paolo nel testo sopra citato:thýein tó páscha, per tradurre sahat hapesah, "immolare la pasqua"o "sacrificare la pasqua", o, interpretando, "uccidere l'agnello" e mangiarselo. Che pasqua e agnello siano la stessa cosa, o la stessa persona in Cristo,è deducibile appunto anche dall'espressione phageîn tó páscha, "mangiare la pasqua" (akal hapesah) come la si trova, per esempio in Mt 26,17 e Gv 18,28 e altrove nel NT.

Paolo pensa, nella stessa 1Cor, all'ultima cena, durante la quale è il corpo e sangue di Cristo che diventano pane azzimo e vino effervescente che donati, anticipano la morte in croce del giorno dopo. Non ci sono, per Paolo, riferimenti migliori per parlare, decidere e agire come Chiesa di Dio, se non questo vangelo del mistero pasquale.

L'Eucaristia è la regola per tutti i membri del corpo di Cristo. Non bisogna entrare in comunione con demoni - come si fa quando si pecca, ma anche quando si diventa troppo religiosi o idolatri. Nella stessa lettera, infatti, in 1Cor 10,20, l'apostolo mette in guardia dal mangiare carne sacrificata agli idoli, anche se questi oggettivamente sono il nulla:"quei sacrifici sono offerti ai demoni e non a Dio. Ora, io non voglio che voi entriate in comunione con i demòni".

I demoni esistono, il nulla no. Bisogna mangiare l'agnello pasquale, invece, e pani azzimi, senza mescolanze di altre vivande. Subito spiega infatti, in1Co 10:21, che"non potete bere il calice del Signore e il calice dei demòni; non potete partecipare alla mensa del Signore e alla mensadei demòni". Anche ai Galati Paolo ricorda che "un po' di lievito fa fermentare tutta la pasta" (5,9) e quindi va tolto di mezzo per ottenere pani azzimi.

Il discorso che fa Paolo "contro" l'incestuoso (ma per salvarlo!) somiglia a quello di Gesù in Mc 8,15, allorché il Maestro metteva in guardia i discepoli "dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!": da una religiosità devota e rigorosa, ma ipocrita, e dal potere forte sugli altri. Solo la morte di croce del Cristo, Agnello innocente, è il laboratorio della festa. Pensando così, l'apostolo agisce da sacerdote della nuova alleanza.

Festa in famiglia

Possiamo chiederci, come membri di uno stesso corpus paolino, come ci comportiamo con i peccatori o da peccatori insufficienti in tutto, nello spirito, nello studio, nell'apostolato e nella povertà. Alberione esortava, ma forse non quelli di dentro soltanto: "Peccatori, abbiate fiducia! Non guardate alpassato, basta che d'ora innanzi preghiamo di più, ci umiliamo, fuggiamo le occasioni. Solamente Caino pensò: "il mio peccato è troppo grande" (In preparazione alla Pasqua del 1938: HM I, 1 (1939) pp 90-91). Gesù è Maestro, Pastore e Sommo Sacerdote da seguire quando ci esorta a non temere perché è sempre con noi; ad avere un cuore penitente. "Avremmo mai capito cos'è l'umiltà, la dolcezza, la pazienza, la sopportazione delle ingiurie, la verginità, la carità fraterna spinta fino all'immolazione di sé, se non avessimo letto e meditato gli esempi e le lezioni di Nostro Signore su queste virtù? (ottobre 1954, CiSP, 1971 p. 1155). La Pasqua è una festa apostolica!

Angelo Colacrai, ssp


[SM=g1740733]


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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