Il Crocifisso è la nostra salvezza. Il "simpaticone" è la nostra rovina.

Il Crocifisso è la nostra salvezza.
Il “simpaticone” è la nostra rovina.

La “nuova teologia” ha creato un Gesù ad immagine e somiglianza del mondo moderno: un “simpaticone” che piace a tutti, che approva tutto per la felicità di tutti, un risolutore dei problemi affinché non ci siano più tribolazioni, un sentimentale pronto ad esaudire ogni desiderio ed ogni capriccio, un attivista non interessato a convertire. Una patetica caricatura che ha conquistato anche moltissimi cattolici, o sedicenti tali. Leggendo gli scritti di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI non si può che guardare a Cristo, ma a quello vero: il Figlio del Dio vivente, il Redentore delle nostre anime. Gesù è il Logos incarnato che ci mette faccia a faccia con i nostri peccati, con le nostre miserie.
Il peccato ha un prezzo altissimo: ogni goccia del suo preziosissimo sangue.
La misericordia non ci è dovuta, ci è donata; la Grazia non è a buon mercato.
Non si entra in paradiso senza aver versato copiose lacrime, senza aver rinunciato al peccato, senza aver «lavato le vesti con il sangue candido dell’Agnello» (cfr. Ap 7, 13-14). La croce è la scala per il cielo, non la filantropia. Non c’è risurrezione senza passione e morte. Guardiamo a Cristo, ma a quello vero: il Crocifisso, segno di contraddizione (cfr. Lc 2, 34), non di simpatia.

«Un Gesù che sia d’accordo con tutto e con tutti, un Gesù senza la sua santa ira, senza la durezza della verità e del vero amore, non è il vero Gesù come lo mostra la Scrittura, ma una sua miserabile caricatura. Una concezione del “vangelo” dove non esista più la serietà dell’ira di Dio, non ha niente a che fare con l’evangelo biblico.

Un vero perdono è qualcosa del tutto diverso da un debole “lasciar correre”. Il perdono è esigente e chiede ad entrambi – a chi lo riceve ed a chi lo dona – una presa di posizione che concerne l’intero loro essere.

Un Gesù che approva tutto è un Gesù senza la croce, perché allora non c’è bisogno del dolore della croce per guarire l’uomo.  Ed effettivamente la croce viene sempre più estromessa dalla teologia e falsamente interpretata come una brutta avventura o come un affare puramente politico.

La croce come espiazione, la come come “forma” del perdono e della salvezza non si adatta ad un certo schema del pensiero moderno. Solo quando si vede bene il nesso fra verità ed amore, la croce diviene comprensibile nella sua vera profondità teologica.

Il perdono ha a che fare con la verità e perciò esige la croce del Figlio ed esige la nostra conversione. Perdono è appunto restaurazione della verità, rinnovamento dell’essere e superamento della menzogna nascosta in ogni peccato.

Il peccato è sempre, per sua essenza, un abbandono della verità del proprio essere e quindi della verità voluta dal Creatore, da Dio».

Fonte: Guardare a Cristo, di Joseph card. Ratzinger, pag. 76, Jaca Book, 1986.