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Dedichiamo una pagina a Don Luigi Villa non per canonizzarlo noi, ma per conoscerlo e pregare per lui e con lui

Ultimo Aggiornamento: 26/11/2012 19:09
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26/11/2012 18:48
 
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19 novembre 2012

Il Signore ha chiamato a Sé
l'anima del Rev. Don Luigi Villa

Requiem aeternam dona ei Domine
et lux perpetua luceat ei,
requiescat in pace.
Amen


I funerali si sono tenuti il 20 novembre 2012, ore 15:30,
presso Chiesa Crocifissa di Rosa, Via Crocifissa di Rosa, Brescia

In ricordo di Don Luigi Villa, pubblichiamo una sua breve biografia scritta dall'Ing. Franco Adessa, suo collaboratore da tanti anni, e pubblicata sul sito Pontifex

di Franco Adessa

Su richiesta di molte persone dall’Italia e dall’estero, e dopo più di vent’anni di collaborazione con questo coraggioso Sacerdote, ho deciso di scrivere questa breve biografia di don Luigi Villa, perché ritengo non sia più possibile tacere sulla indescrivibile e interminabile persecuzione subìta da questo anziano, fedele e incorruttibile Ministro di Dio!

Nato a Lecco, il 3 febbraio 1918, Luigi Villa, dopo aver compiuto i suoi studi ginnasiali, liceali e teologici, fu ordinato Sacerdote, il 28 giugno 1942. Celebrò la sua prima Messa nella cattedrale di Lecco, suo paese d’origine ed esercitò il suo ministero sacerdotale nell’Istituto Comboniano, per circa una decina d’anni.
Don Villa era un vero cacciatore di vocazioni ed uno stimato predicatore e conferenziere ed i suoi interventi erano apprezzati e richiesti in molte città e luoghi d’Italia. Inoltre, egli si dedicava in modo particolare alla formazione dei giovani.

Fu proprio questo suo legame con i giovani e la sua influenza che egli esercitava su di essi che gli procurò una condanna a morte. Infatti, il Gerarca fascista Ministro della Giustizia, Roberto Farinacci, emise una condanna a morte nei suoi confronti. La motivazione era la seguente: «Padre Luigi Villa non si sa chi sia; pare mandato in giro a sobillare i giovani contro la Repubblica». L’esecuzione della fucilazione non ebbe luogo grazie ad una “soffiata” fatta da un ufficiale del Ministero di Giustizia che, segretamente e tempestivamente, preavvisò un confratello di don Villa, Padre Ceccarini - che viveva presso l’Istituto Comboniano di Crema con don Luigi - perché fuggisse.
Così, don Villa scavalcò una finestra e fuggì, proprio mentre stava arrivando una jeep con sei soldati armati del plotone di esecuzione.

Questa condanna pesò su don Villa per tutta la durata della Repubblica di Salò; intorno a lui, vi fu sempre un’atmosfera di provvisorietà ed una minaccia permanente che, solo con la fine della guerra, il 25 luglio 1945, segnò la sua liberazione da quell’incubo!
Durante la guerra, don Villa si prodigò anche per salvare intere famiglie di ebrei. Infatti, in obbedienza alle disposizioni di Pio XII, don Luigi mise in salvo 57 ebrei, in tre viaggi sui monti al confine tra Italia e Svizzera, rischiando la sua vita ad ogni viaggio.

Agli inizi del 1953, per problemi familiari, egli uscì dall’Istituto comboniano e, su invito dell’arcivescovo di Ferrara, mons. Ruggero Bovelli, si incardinò in quella diocesi, per fondare un Movimento Missionario Internazionale.

Incontri con Padre Pio

In quegli anni, don Villa continuò la sua attività di predicatore e conferenziere.

Nel 1956, tenne una serie di conferenze ai laureati di Bari, dove, dopo un pranzo a base di pesce, ebbe un’intossicazione a causa delle vongole nella pasta-asciutta.
Informato il suo amico don Berni, che era cappellano militare all’aeroporto di Bari, don Villa fu prelevato da alcuni avieri, che lo portarono nel reparto infermeria dell’aeroporto, dove fu curato dal Colonnello medico, rimanendovi fino a guarigione.
Prima di lasciare Bari, don Berni volle che don Luigi lo accompagnasse a San Giovanni Rotondo. Arrivati sul posto, don Berni gli chiese di aspettarlo, mentre andava all’albergo “Santa Maria”, per prenotare il pranzo. Don Villa, allora, andò a pregare nella chiesetta del Convento.
La chiesa era vuota e lui si inginocchiò in uno dei banchi. Ad un tratto, percepì una presenza e si girò; al suo fianco, vi era un uomo giovanile, straordinariamente bello, che gli chiese: «Lei vuole incontrare Padre Pio?».
«No!», rispose don Villa, ma l’altro insistette: «Vada, vada pure, Padre Pio la sta aspettando!».
Don Villa si rivolse verso la persona che gli aveva appena parlato, ma, al suo fianco, non vi era più nessuno. La persona che aveva pronunciato quelle parole era scomparsa!

Allora, entrò nel convento e salì fino al luogo della cella di Padre Pio; sentì un profumo intenso di fiori e lo comunicò ad un frate che stava passando, il quale disse: «Buon segno, buon segno!», dicendogli, poi, che Padre Pio sarebbe presto tornato in cella.
Durante l’attesa, don Villa scrisse su un suo taccuino 12 domande che intendeva porre al frate. Dopo poco, egli vide aprirsi la porta che era in fondo alla scala della sacrestia.
Appena entrato, Padre Pio lo guardò (era in fondo allo stretto corridoio, ad una ventina di metri) e disse: «Che fa, qui, padre Villa?», poi, si incamminò fino alla sua stanzetta, N° 5, dove entrò con i due medici che l’avevano seguito. Ma dopo pochi minuti, usciti i medici, Padre Pio chiamò don Luigi e lo fece entrare nella sua cella.
Qui, rispose alle sue 12 domande e gli parlò per oltre una mezz’ora, dandogli un incarico: dedicare tutta la sua vita per difendere Chiesa di Cristo dall’opera della Massoneria, soprattutto quella ecclesiastica.
Don Villa rimase perplesso, e disse: «Ma io non sono preparato per un tale impegno; inoltre dovrei essere protetto da un Vescovo. Padre Pio lo interruppe e gli disse: «Va dal Vescovo di Chieti e Lui ti dirà il da farsi».

Due giorni dopo, don Villa partì da Bari e si recò da mons. Giambattista Bosio. Il Vescovo gli chiese: «Perché sei qui?». Don Luigi rispose: «Perché Padre Pio mi ha detto di venire da Lei» e gli chiarì i motivi.
Alla fine, mons. Bosio gli disse: «Questo è impossibile, perché un Vescovo ha autorità solo nella sua diocesi, e il tuo programma è ben più ampio! Comunque, poiché questo te lo ha detto Padre Pio, che io non ho mai né visto né conosciuto, io andrò a Roma per una chiarificazione».
Infatti, Mons. Bosio si recò dal Segretario di Stato, il cardinale Domenico Tardini per parlargli dell’incarico che don Villa aveva ricevuto da Padre Pio. Il Cardinale si dimostrò subito contrario, dicendo che un tale compito era riservato solo ai vertici della Chiesa, e non a un semplice sacerdote. Tuttavia, per aver udito che tale progetto partiva da Padre Pio, disse che ne avrebbe parlato al Santo Padre. E così fece.
Quando mons. Bosio tornò dal cardinale Tardini, questi gli riferì che Pio XII aveva approvato l’incarico affidato da Padre Pio a don Villa, ponendo, però, due condizioni: don Luigi doveva laurearsi in teologia dogmatica; inoltre, doveva essere affidato alla direzione del card. Alfredo Ottaviani, Prefetto del Sant’Ufficio, del card. Pietro Parente e del card. Pietro Palazzini.
Questi Cardinali dovevano guidarlo e metterlo al corrente di tanti segreti della Chiesa, pertinenti a questo suo mandato papale.

Mons. Bosio trasmise a don Villa le “condizioni” di Pio XII, ma, da parte sua, ne aggiunse un’altra: «Io accetto l’incarico di essere il tuo Vescovo, ma ti dico: non avere mai nulla a che fare con Montini!»!

Colpito dalla durezza di queste parole, don Villa chiese: «Ma chi è Montini?».
Mons. Bosio rispose: «Ti faccio un esempio: io sono da questa parte del tavolo e tu dall’altra. Da questa parte, c’è mons. Giambattista Montini; dall’altra parte, il resto dell’umanità!».
Da notare che le famiglie Montini e Bosio erano entrambe residenti a Concesio (vicino a Brescia). Quindi, la famiglia Bosio conosceva bene Montini!
Dopo questo, mons. Bosio, con decreto del 6 maggio 1957, segretamente incardinò don Villa, nella diocesi di Chieti.

Don Luigi, allora, si iscrisse all’Università di Friburgo (CH) dove si “licenziò” in Sacra Teologia, nel luglio del 1963, laureandosi, poi, all’Università Lateranense, a Roma, il 28 aprile 1971.

Nella seconda metà del 1963, don Villa ebbe il secondo incontro con Padre Pio.
Non appena lo vide, Padre Pio gli disse: «È un bel po’ di tempo che ti stavo aspettando!», e si lamentò della lentezza con la quale don Luigi procedeva nell’incarico affidatogli.
Alla fine dell’incontro, Padre Pio abbracciò don Villa e gli disse: «Coraggio, coraggio, coraggio! perché la Chiesa è già invasa dalla Massoneria» aggiungendo: «La Massoneria è già arrivata alle pantofole del Papa». (Paolo VI!)

Agente segreto

In tutti quegli anni, don Villa, lavorò come agente segreto del card. Ottaviani, con la specialità di documentare l’appartenenza alla Massoneria di alti Prelati della Chiesa cattolica e di occuparsi di certe questioni delicate della Chiesa.
Questo ruolo fece di don Villa una persona di casa e molto conosciuta in Uffici di Polizia, di Questura e di altre Agenzie di Investigazioni Generali e Operazioni Speciali.
Quando, nel settembre 1978, durante il breve pontificato di Papa Luciani, la “Lista Pecorelli” apparve su “OP” (Osservatore Politico), la Rivista dell’avvocato Mino Pecorelli, non fu certo una grande meraviglia per don Villa leggervi molti nomi di quegli alti Prelati che lui stesso aveva già fatto allontanare dalle loro sedi, tanto tempo prima, per aver fornito al Sant’Uffizio i documenti della loro appartenenza alla Massoneria.
Uno dei casi più illustri fu quello del card. Joseph Suenens, cacciato dalla sua sede di Bruxelles perché massone, convivente e con un figlio di nome Paolo!

Un altro caso “doloroso”, fu quello del card. Achille Lienart. A Parigi, mentre attendeva, nei pressi di una Loggia massonica, l’uomo che gli doveva confermare l’esistenza di documenti che attestavano l’appartenenza alla Massoneria del card. Lienart, don Villa, d’improvviso, vide corrergli incontro un giovane che, aggreditolo, gli sferrò un pugno “ferrato” in pieno volto, gridando: «Esiste un Diavolo su questa terra!».
Don Villa rinvenne in una farmacia, con la bocca piena di sangue, la mandibola spezzata, e senza più un dente in bocca.

Anche ad Haiti, un giorno, egli rischiò la vita. Recatosi in quel paese per una missione, fu preso dai militari, e portato in un luogo, per la fucilazione. Ma don Villa ebbe un’ispirazione: chiese all’ufficiale che lo custodiva di poter parlare con un suo carissimo amico, il Superiore del Seminario locale. L’ufficiale, turbato da quella richiesta, si recò dai suoi superiori e tornò subito, dicendogli: «Ci siamo sbagliati», e lo liberò.

Tra le questioni delicate affidategli dal cardinale Ottaviani, vi fu quella dell’incontro con Lucia di Fatima. Un giorno il cardinale Ottaviani disse a don Villa: «Ho pensato di mandarti a Fatima per parlare direttamente con Suor Lucia».
Egli accettò con gioia. Lo accompagnò un industriale padovano, il Sig. Pagnossin, un convertito da Padre Pio, che gli offrì il viaggio e la permanenza in Portogallo. Il Cardinale Ottaviani lo aveva munito di una sua lettera personale e firmata da lui, come Prefetto del Sant’Uffizio, da consegnare al Vescovo di Coimbra, perché gli concedesse l’incontro con Suor Lucia. Ma il Vescovo di Coimbra, prima di concedere l’incontro con la Veggente, prese il telefono e chiamò in Vaticano. Gli rispose Mons. Giovanni Benelli, il quale, prima di dare una risposta, volle sentire Paolo VI, perché Roma aveva dato ordini precisi: il “colloquio” con Lucia era consentito solo ai Reali e ai Cardinali.
Mons. Benelli trasmise al Vescovo di Coimbra il divieto di Paolo VI alla richiesta di colloquio con Suor Lucia. Inutile, quindi, fu l’insistenza di don Villa, nell’evidenziare il suo ruolo di inviato del Prefetto del Sant’Uffizio. Comunque, egli rimase in Portogallo, cercando di vincere la resistenza del Vescovo. Dopo una decina di giorni, però, si dovette rassegnare alla sconfitta. Ottenne dal Vescovo solo di poter celebrare nella Cappella del Convento di clausura.

Al rientro in Italia, don Luigi andò subito a riferire l’accaduto al cardinale Ottaviani. Il Cardinale si sentì offeso dal comportamento di Paolo VI, al quale scrisse subito una lettera di protesta. Tornato in seguito a Roma, il card. Ottaviani gli disse che Paolo VI gli aveva fatto le scuse, dicendo, però, che la decisione era stata presa da mons. Benelli. Ma il Cardinale sottolineò che quello era il solito metodo del doppio gioco di Paolo VI.

Fintanto che visse Pio XII, il Vaticano, per don Villa era un ambiente più che accogliente: oltre agli incontri inerenti alla sua attività di agente segreto, don Villa pranzò e cenò almeno una cinquantina di volte con Cardinali e Vescovi. Ma quando giunse al potere Paolo VI, egli si vide preclusa ogni ospitalità ed ogni possibilità di avviare iniziative per la difesa della Fede Cattolica.

I fallimenti premeditati

Molte furono le iniziative e le opere che don Villa cercò di far nascere, ma che, anche sotto il pontificato di Pio XII, gli furono fatte fallire.

Già nel 1953, appena incardinato nella diocesi di Ferrara, don Luigi pianificò la fondazione di un grande Movimento missionario formato prevalentemente da tecnici, col titolo I.M.I. (Istituto Missionario Internazionale); ma lo fermarono subito.

Il 21 aprile 1957, don Villa fondò il Movimento “Euro-Afro-Asiatico”, legato ad una sua Rivista che portava lo stesso titolo, e di cui aveva già avuto regolare autorizzazione dal suo Vescovo, Sua Ecc.za mons. Giambattista Bosio. Ma il Movimento ebbe anch’esso vita breve, perché glielo chiusero.

Gli fecero chiudere, subito dopo la prima edizione, anche un’altra sua Rivista: “Colloquio Oriente-Occidente”, che sarebbe stata alimentata da un altro suo Istituto per le “religioni non cristiane”.

Ancora: gli impedirono di fondare un “Centro di teologi” per combattere il rinascente Modernismo e il progressismo nella Chiesa. L’ordine venne direttamente da Sua Ecc.za mons. Giovanni Benelli, Pro-segretario di Stato di Paolo VI.

In quello stesso periodo, sempre il solito massone Pro-segretario di Stato, mons. Giovanni Benelli, gli impedì di continuare una serie di “Congressi di studio” permanenti.
Don Villa riuscì a dar corpo solo ai primi tre:

1. Il Primo Congresso di Roma, dal titolo: “Ortodossia e ortoprassi” (1-4 ott. 1974);
2. Il Congresso di Firenze, dal titolo: “La donna alla luce della teologia cattolica” (16-18 sett. 1975);
3.

Il Secondo Congresso di Roma, dal titolo: “Cristianesimo e comunismo ateo” (20-22 sett. 1977).
Mentre nei due Congressi di Roma, la presenza di Cardinali impedì a mons. Benelli un suo intervento diretto, per il Congresso di Firenze, l’Arcivescovo di Firenze, card. Florit, ebbe l’ordine da Roma di proibire la partecipazione al Congresso a tutto il clero fiorentino. Il Cardinale, spiacente di quel comando, lo comunicò subito a don Villa e gli promise di mandargli un Vescovo a presiedere per tutta la durata del Convegno. E così avvenne!

Altre iniziative che gli furono fatte fallire, furono: la fondazione di un “terzo ramo” di Religiose-laiche, da affiancare ai vari Istituti missionari, e l’iniziativa di “reclutamento” di “vocazioni” per il Sacerdozio; iniziativa che fu poi imitata da tutti i Seminari e dagli Istituti missionari, ma il suo progetto iniziale di formazione spirituale fu sviato e finì col secolarizzarsi.

Personalmente, don Villa fece entrare nei Seminari missionari circa una cinquantina di ragazzi che, oggi, sono preti.
Ormai, era evidente che non gli era più permesso muovere alcun passo, realizzare alcuna idea, né iniziare alcun progetto che fosse per la difesa della Fede cattolica.

Per questo, don Villa dovette rifiutarsi di accettare anche le offerte di amici e... nemici.
Egli rifiutò, infatti, parecchie “donazioni” di ville e di enormi somme di denaro. Persino un Cardinale gli volle regalare tutta la sua proprietà: due ampie scuole elementari e medie, già in funzione, e due ville con 60 ettari di oliveto e una chiesa.
Anche il cardinale Giuseppe Siri gli offrì il Convento dei Benedettini a Genova. Ma don Villa rinunciò a tutto, sempre, perché aveva già previsto la bufera che si stava abbattendo sulla Chiesa, e perciò preferiva restare povero, per non trovarsi legato e coinvolto in questioni economico-finanziarie, ma soprattutto, per rimanere libero di occuparsi del mandato che aveva ricevuto da Padre Pio e da Pio XII di aiutare la Chiesa a guarire dalla nebulosa situazione in cui si sarebbe trovata sotto gli attacchi della massoneria ecclesiastica!
Per questa ragione, disse “no” anche a due ricchissimi americani che gli offrirono miliardi se avesse ceduto loro la sua Rivista “Chiesa viva”.
Egli ebbe anche la strana “offerta” miliardaria di un avvocato americano che gli disse di essere disposto a pagargli ogni Movimento che egli avrebbe potuto fondare per annientare la Chiesa Tradizionale e per fondarne una “nuova” da far trionfare.

Don Villa fu sempre attivo anche nella sua opera sacerdotale di salvare le anime. Un caso singolare avvenne nel 1957, quando ebbe un incontro con il grande scrittore italiano Curzio Malaparte. Prima associato al fascismo e poi, verso la fine della sua vita, al comunismo, Malaparte giaceva in una clinica di Roma con il cancro.
La sua stanza era sorvegliata dal famoso picchiatore comunista Secchia, per impedire il passaggio a chiunque non fosse di sinistra. Egli cercò d’impedire anche l’ingresso di don Villa, ma non vi riuscì. Malaparte gli sorrise e gli disse: «Lei è un carattere. Dovrà lottare!». Un’altra volta che andò a trovarlo, don Villa gli parlò del suo progetto di fondare una nuova Opera, e tanto fu l’entusiasmo di Malaparte che gli promise che, se fosse guarito, egli avrebbe messo la sua penna al suo servizio. L’ultima volta che lo vide, Malaparte disse a don Villa che, dopo aver riflettuto molto, aveva deciso di regalargli la sua villa di Capri, come prima sede dell’Opera che voleva fondare. Ma non se ne fece nulla perché, pochi giorni dopo, la stanza di Malaparte fu blindata dal comunista Secchia e da vari comunisti della direzione del periodico “Vie Nuove”, che riuscirono, poi, a farsi donare la villa. (Il come avvenne, don Villa non lo seppe mai!).



[Modificato da Caterina63 26/11/2012 19:02]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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