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Dedichiamo una pagina a Don Luigi Villa non per canonizzarlo noi, ma per conoscerlo e pregare per lui e con lui

Ultimo Aggiornamento: 26/11/2012 19:09
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26/11/2012 19:07
 
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Paolo VI beato?

La Massoneria voleva il suo uomo Paolo VI sugli altari, e questo rientrava nel piano di mettere sugli altari i due Papi: Giovani XXIII e Paolo VI, affinché risultasse evidente la “soprannaturalità” del Vaticano II.
Fu durante il corso dei lavori della XXXV Assemblea dei Vescovi italiani che il cardinale Ruini, davanti al Papa e ai Vescovi, annunciò la decisione di introdurre la “causa di beatificazione” di Paolo VI.
Il 13 maggio 1992, il card. Ruini, Presidente della CEI e Vicario del Papa per la città di Roma, emise un Editto in cui, tra l’altro, si legge: «Invitiamo tutti i singoli fedeli a comunicarci direttamente o a far pervenire al tribunale diocesano del Vicariato di Roma tutte quelle “notizie” dalle quali si possa, in qualche modo, arguire contro la fama di santità del detto “Servo di Dio”».
Ma don Villa volle vederci chiaro. Il 25 maggio 1992, telefonò in Segreteria di Stato a mons. Nicolino Sarale, l’amico e fedele collaboratore di “Chiesa viva”, chiedendo informazioni su questa decisione del card. Ruini di aprire la “causa di beatificazione” di Paolo VI.
Ebbene, mons. Sarale disse a don Villa che questa decisione era stata un “colpo di forza” da parte del card. Ruini, perché la maggior parte dell’Episcopato italiano non l’avrebbe mai voluta!
La “causa di beatificazione” continuò a procedere fino all’anno 1997.
Don Villa era a conoscenza del fatto che il card. Pietro Palazzini aveva inviato al Postulatore della “causa di beatificazione” una lettera in cui faceva tre nomi degli ultimi amanti omosessuali di Paolo VI.
E il card. Palazzini era una Autorità in questo campo, perché il Cardinale era detentore di due raccoglitori di documenti che dimostravano, in modo inequivocabile, il vizio impuro e contro natura di Paolo VI.
Allora, don Villa scrisse una lettera al Postulatore della causa, facendo riferimento a quanto gli aveva trasmesso il card. Palazzini.
Il libro “Paolo VI beato?” uscì nel febbraio 1998, ed io mi presi l’incarico di organizzare la spedizione delle prime 5.000 copie.
Papa, cardinali, vescovi e migliaia di sacerdoti italiani ricevettero, contemporaneamente, una copia di questo libro.
Da Roma, qualcuno ci riferì che il Vicario del Papa, card Ruini, si era infuriato, e si chiedeva chi avesse finanziato don Villa per stampare tutti quei libri e per poterli inviare, gratuitamente, a migliaia di membri del clero italiano. Quando mi riferì il contenuto di questa telefonata, don Villa, sorridendo, mi disse: «Bisognerebbe rispondere al Vicario di Sua Santità che i finanziatori sono tre Persone e i loro nomi sono: Padre, Figlio e Spirito Santo».
 


Le reazioni al libro furono violente, e poiché io risultavo come mittente, ebbi la mia parte di questa reazione irrazionale e furibonda.
Ricevemmo persino diverse copie del libro con le pagine tutte strappate e contenenti frasi ed epiteti, scritti con pennarello nero, da far impallidire anche gli empi più incalliti. Ho conservato alcune di queste copie, mentre le più volgari, don Villa decise di eliminarle.
La diocesi di Brescia era in subbuglio. Il Vescovo, mons. Bruno Foresti, promise al clero bresciano che sarebbe stato scritto un libro per confutare quello di don Villa.
Dopo più di dodici anni da quelle promesse e impegni, non si vede ancora nulla all’orizzonte! La battaglia leale e in campo aperto sembra proprio non essere un modo proficuo di mbattere un Sacerdote come don Villa!

Il risultato del libro fu evidente a tutti: aveva bloccato la “causa di beatificazione” di Paolo VI. Nessuno era riuscito a confutare la mole e la valanga di “fatti”, “citazioni”, “documenti” e “fotografie” riportati nel libro, che facevano giustizia di un Papa che aveva spergiurato, mettendo in atto, durante il suo Pontificato, proprio il contrario di quanto Lui stesso si era impegnato di compiere, con solenne giuramento, il giorno della sua incoronazione.

Giovanni Paolo II a Brescia

Ma vi era chi non accettava la resa!
L’unica soluzione, senza dover entrare nel merito degli argomenti sollevati da don Villa, era quella mettere in campo tutto il peso dell’Autorità Papale!
Solo una visita a Brescia del Papa poteva risollevare la sorte della “causa di beatificazione” di Paolo VI. E così, fu annunciata la visita a Brescia di Giovanni Paolo II, per i giorni 19-20 settembre 1998. L’occasione era data dalla beatificazione del bresciano Giuseppe Tovini, alla quale, però, veniva associata la “causa di beatificazione” di Paolo VI.

Ma don Villa non si perse d’animo e, in data 15 agosto 1998, scrisse una lunga lettera al Segretario di Stato, card. Angelo Sodano, in cui chiedeva esplicitamente di annullare la visita a Brescia del Papa. La ragione era la diffusione ormai raggiunta dal libro “Paolo VI beato?” e le lettere entusiaste che gli erano pervenute da personaggi influenti del mondo della magistratura e della cultura. Ma la ragione più grave era il danno che la Chiesa avrebbe subìto da un atteggiamento papale incurante dei fatti inquietanti e delle crude realtà riportate e dimostrate nel libro di don Villa.
Nella lettera, don Villa riconosceva i toni forti del suo libro, e le difficoltà di un clero non abituato a questo linguaggio, ma chiariva che questa era solo la “violenza dell’amore” per la Chiesa e che questa “violenza” era un dovere quando erano in gioco i valori altissimi della Fede: «Chi ama veramente la Chiesa non può non alzare la voce quando la vede allo sbando. Diversamente, sarebbe vigliaccheria il preferire il silenzio alla protesta! Come è vigliaccheria la mancanza di coraggio e di sensibilità nel non voler appoggiare chi combatte, in prima linea, la “Buona Battaglia” per la Fede!

Il mio libro, perciò, è sconsigliabile solo a chi ha poco amore alla Verità, a chi è ammalato di superficialità, a chi si illude di accontentarsi dietro il paravento di un equivoco “Vogliamoci bene!”.
Il mio, dunque, fu solo il “coraggio” di chi si sente libero (“La verità vi farà liberi” Jo. 8, 32) per essere veramente responsabile. Certo, è un mestiere duro, oggi, quello del coraggio! Eppure è essenziale, anche se è sempre un rischio che si deve correre!
Se Cristo non avesse avuto il “coraggio” di parlare chiaro e anche di sferzare gli avversari (Farisei, Scribi, Dottori della legge, Sommi Sacerdoti!) sarebbe morto, anche LUI, in un letto!».
Poi proseguiva: «Eminenza! Gesù li ha rimproverati, dunque, per la loro grave infedeltà, a livello pastorale. E li ha rimproverati proprio per quella loro “tolleranza” dannosa che avevano verso alcuni perturbatori della fede, lasciandoli operare indisturbati, per cui si rendevano corresponsabili di quei loro errori che portavano fuori strada i fedeli.

Ora, non è la storia di Paolo VI questa? Forse che Paolo VI non ha lasciato libero corso a tutti i progressisti, più o meno eretici, lasciandoli sradicare la fede fin dalle fondamenta?
E così, la Chiesa d’oggi sembra aver bruciato, dietro di sè, persino le tracce della sua civiltà cristiana! Il sottoscritto, perciò, con questo suo libro, ha tentato di levare la maschera per guardar dentro nello specchio della verità! E questo perché nessuno ha il diritto di chiudere gli occhi su ciò che è avvenuto nella Chiesa per colpa di un Papa che ora si vorrebbe addirittura mettere sugli Altari!».

E ancora: «Per questo, Eminenza, Le ripeto: come potrà il Papa (Giovanni Paolo II), fare ancora dell’apologia, sia pure retorico-accademica, di un Paolo VI, dopo quello che ho scritto e “documentato” su di Lui, e dopo la “lettera” che ho inviato a tutto l’Episcopato Italiano - un mese fa! - in cui riportavo la “foto di Paolo VI” con la Sua mano sinistra che mostra ben marchiata, la “Stella a cinque punte”, o “Pentalfa massonico”, così come era stata scolpita sulla “prima formella” originale, quale figurava su la “Porta di bronzo” della Basilica di San Pietro, in Roma, e come apparve anche riportata sull’Inserto speciale dell’Osservatore Romano del 25 sett. 1977?».
La lettera terminava con queste parole: «Nella speranza, ferma e soprannaturale, che questa mia doverosa “richiesta” sia da Vostra Eminenza accolta benignamente, proprio per l’amore che porto alla Santa Chiesa, mia Madre, La prego di gradire anche il mio sacerdotale rispetto in C. J. Et M.».
Ma la richiesta non venne accolta e Giovanni Paolo II si recò a Brescia per risollevare le sorti della “causa di beatificazione” di Paolo VI.

Allora, don Villa, dopo circa un anno, nel dicembre 1999, pubblicò un secondo libro su Paolo VI dal titolo: “Paolo VI, processo a un Papa?”, che era semplicemente la continuazione del primo libro. Anche questo nuovo libro fu inviato al Papa, ai Cardinali, ai Vescovi e a gran parte del clero italiano.
La reazione, questa volta, fu molto più moderata.

Un monumento massonico a Paolo VI

Non era la prima volta che la Massoneria usava tutto il peso dell’Autorità di un Papa per calpestare delle verità “dimostrate” e per imporre un corso forzato, o per vincere l’ostilità di un’intera popolazione.
Questo accadde anche nel 1984, quando il segretario personale di Paolo VI, il massone mons. Pasquale Macchi decise di erigere un monumento a Paolo VI, nella piazzetta del Santuario della Beata Vergine Incoronata, sul Sacro Monte di Varese.
La popolazione non ne voleva sapere di questo monumento, ma la visita di Giovanni Paolo II del 1984 fu determinante nel mettere a tacere questa opposizione.
Il monumento, noto per la stranezza di avere una pecora con 5 zampe, fu inaugurato il 24 maggio 1986, alla presenza del massone onorevole Giulio Andreotti, del massone Segretario di Stato, card. Agostino Casaroli e del massone mons. Pasquale Macchi, segretario personale di Paolo VI, il cui nome compare nella “Lista Pecorelli” insieme a quello del card. Casaroli.

Nel novembre 2000, pubblicai il libro: “A Paolo VI un monumento massonico”, col quale dimostrai che la Massoneria, in questa scultura, aveva esaltato l’uomo Paolo VI come “Capo Supremo della Massoneria” e come “Pontefice Ebreo”, e lo aveva glorificato per i suoi “tre atti di Giustizia” massonica, e cioè di aver tradito Cristo, la Chiesa e la Storia dei popoli cristiani.
Il libro di don Villa, “Paolo VI beato?”, uscito dodici anni dopo l’inaugurazione di questo monumento, termina con questa frase: «Un Paolo VI, cioè, che ha tradito Cristo, la Chiesa, la Storia». La Massoneria aveva “scolpito” questi “tradimenti” nel bronzo di questo lugubre monumento; don Villa, invece, li aveva “scolpiti” in un trattato storico-teologico di 284 pagine.

Ma il discorso su Paolo VI non era ancora concluso, e così, il 31 gennaio 2003, uscì il terzo libro di don Villa: “La ‘nuova chiesa’ di Paolo VI”, di ben 380 pagine, e sempre inviato ai vertici della Chiesa e ad una parte del clero italiano. Il contenuto del libro era devastante e la reazione fu… un silenzio di tomba!
Il tipico silenzio che sigilla la politica del “mettere tutto a tacere”!
Ma non tutti tacquero.
Un giorno, don Villa mi disse: «Ieri sera ho ricevuto una telefonata anonima. Una voce mi ha detto: “Quando lei sarà morto, noi metteremo sugli altari Paolo VI”». Ci ridemmo sopra, chiedendoci se questa era una manifestazione di potenza, oppure proprio l’opposto.

Il Tempio satanico dedicato a Padre Pio

Nell’ottobre 1998, don Villa mi consegnò una pagina della Rivista “Luoghi dell’infinito” del settembre 1998, che riportava il disegno della croce che lo scultore Arnaldo Pomodoro intendeva costruire per la “nuova chiesa” di Renzo Piano, dedicata a Padre Pio, in San Giovanni Rotondo.
Gliel’aveva inviata un suo conoscente, che, tra l’altro, gli aveva evidenziato certi strani simboli che comparivano sui bracci della croce e che sembravano martelli e cazzuole. Subito, iniziai ad analizzare quella strana croce.
Dopo circa un mese, dissi a don Villa: «Sui bracci inferiore e laterali di questa croce, sono rappresentati i tre stemmi dei gradi: 11°, 22° e 33° della Massoneria di Rito Scozzese Antico ed Accettato; inoltre, nella parte centrale è rappresentato il grembiule massonico e sul braccio superiore è rappresentato Lucifero, in diversi modi».
Poi aggiunsi: «Il significato di tutti questi simboli è: il Culto del Fallo, il Culto dell’Uomo e il Culto di Lucifero. Questo simboleggia la Massoneria di Rito Scozzese Antico ed Accettato, generalmente rappresentata anche con due “Stelle a cinque punte”, l’una con la punta in altro; l’altra con la punta in basso».

La direzione del progetto di questa “nuova chiesa” era nelle mani del famoso architetto Renzo Piano, ma la responsabilità del progetto era della Pontificia Commissione dei Beni Culturali della Chiesa, il cui presidente era mons. Francesco Marchisano, mentre il responsabile liturgico e teologico e della “nuova chiesa”, che dava le istruzioni a Piano, perché “il progetto si caricasse via via di espressività”, era mons. Crispino Valenziano.
Mons. Marchisano era una vecchia conoscenza di don Villa. Infatti, lo aveva già denunciato come massone sul n° 109 di “Chiesa viva” del giugno 1981, con tanto di dati di immatricolazione massonici. La sua carriera, però, era proseguita indisturbata fino alle sue nomine a Vicario Generale per lo Stato della Città del Vaticano e a Presidente della Fabbrica di San Pietro, conferitegli da Giovanni Paolo II.

Nel settembre 2002, a queste due nuove promozioni, don Villa rispose col dossier: “Una nomina scandalo”, in cui riportava anche tre lettere di mons. Marchisano al Venerabile Gran Maestro della Massoneria italiana, dove, in una di queste, scriveva: «Illustre e Venerabile Gran Maestro, con molta gioia ho ricevuto, tramite il F. MAPA (= Mons. Pasquale Macchi, segretario personale di Paolo VI - n.d.r.) il Vostro delicato incarico: organizzare, silenziosamente in tutto il Piemonte e nella Lombardia, come disgregare gli studi e la disciplina dei Seminari…».
Il dossier fu distribuito in migliaia e migliaia di copie e certi personaggi del Vaticano vennero fino a Brescia da don Villa per comprarne alcuni pacchi, mentre altri, da Roma, gli confidarono il loro disagio e la loro disperazione.

Ma sembrava che nessuno potesse arrestare l’ascesa irresistibile di questo Prelato massone.
Gli mancava solo la nomina a Cardinale; ma nella lista dei papabili Cardinali del Concistoro, previsto per il 21 ottobre 2003, il suo nome non appariva nell’elenco. Pensavamo che la ragione fosse la pubblicazione e la vasta distribuzione del dossier “Una nomina scandalo”, in cui si dimostrava, in modo definitivo, l’appartenenza alla Massoneria di mons. Marchisano.
Ma tre giorni prima della data della lettura, da parte del Papa, dei nomi papabili del Concistoro (28 settembre 2003), mi trovavo nell’ufficio di don Villa, quando squillò il telefono. Il Padre prese la cornetta del telefono, rimase in ascolto, poi la depose e mi disse: «Lo sa cosa mi hanno appena comunicato? Mons. Marchisano sarà nella lista dei Cardinali!».

Tre giorni dopo, in TV, tutti videro Giovanni Paolo II mentre leggeva l’elenco dei nomi dei futuri Cardinali, quando, ad un tratto, spuntò la mano del suo segretario personale che teneva un foglietto che depose sul leggio. A nulla servì lo scatto d’irritazione del Papa… dopo poco, Egli lesse anche il nome: Mons. Francesco Marchisano.

Il 1° luglio 2004, la “nuova chiesa” di San Giovanni Rotondo, dedicata a San Padre Pio fu inaugurata.
Il 20 febbraio 2006, uscì il Numero Speciale di “Chiesa viva” 381, dal titolo: “Una ‘nuova chiesa’ a San Padre Pio – Tempio massonico?” che dimostrava la natura massonica dei simboli che erano stati impressi, ovunque in questo tempio, e che il loro significato “unitario” era la glorificazione della Massoneria e del suo “dio” Lucifero con orribili insulti a Nostro Signore Gesù Cristo e alla SS. Trinità.

La simbologia massonica del Tabernacolo esprime la sostituzione di “Gesù Redentore” con “Lucifero redentore” dell’uomo, mentre quella sulla croce di pietra esprime la sostituzione di “Gesù Cristo Re dell’Universo” con “Lucifero re dell’universo”. Ma l’insulto più grave è quello rivolto alla SS. Trinità per essere stata cacciata e sostituita con la blasfema e satanica “Triplice Trinità” massonica.
Per la prima volta nella storia, veniva pubblicata una rappresentazione geometrica della “Triplice Trinità” massonica, il segreto più gelosamente custodito dalla Massoneria!
Quando don Villa lesse questo studio, mi disse che, sicuramente, il Papa non avrebbe potuto ignorarlo, perché i significati occulti di questo tempio satanico erano talmente gravi ed inquietanti che, mantenere il silenzio su una simile denuncia sarebbe stato addirittura impensabile.
Ma non fu così!

Dopo due mesi, però, qualcosa si mosse: circa 150 Prelati insieme all’ex Segretario di Stato, card. Angelo Sodano, si recarono a San Giovanni Rotondo, in occasione del 50° anniversario della fondazione della Casa Sollievo della Sofferenza, e vi rimasero per un’intera settimana (dal 1° al 7 maggio 2006).
Come ci fu riferito, in seguito, da uno dei presenti: «Quei Prelati, per l’intera settimana, e io lo so perché anch’io ho partecipato alle riunioni, di sera e di notte, hanno studiato il suo Numero Speciale sul Tempio satanico di Padre Pio».
Al che, io meravigliato, risposi: 
«E con quale risultato?».
«Non sono riusciti a confutarlo!».
«E allora?», incalzai.
E lui: «Hanno deciso di mettere tutto a tacere!».
<>La notizia, però, era talmente esplosiva che alcuni giornali e riviste italiani pubblicarono lo scandalo, ma all’appello mancò tutta la stampa e le radiotelevisioni nazionali.

Il fatto non ci preoccupò più di tanto, sia perché eravamo abituati a questa politica del “mettere tutto a tacere”, sia perché, essendo stati insultati Nostro Signore Gesù Cristo e la SS. Trinità, nessuno poteva pretendere di mettere il bavaglio a queste tre Persone Onnipotenti e direttamente interessate alla questione.
L’edizione dello studio sul Tempio satanico in lingua italiana fu seguita dalle edizioni tedesca, inglese, francese, spagnola ed ora, anche polacca. Anche se lentamente, l’orrore per questo Tempio satanico si diffondeva in Italia e all’estero, e il flusso dei pellegrini, che, in passato, non avevano mai mostrato di apprezzare questa strana nuova costruzione, si assottigliava continuamente, col conseguente calo pauroso del flusso delle offerte.

L’impossibilità di aver potuto confutare lo studio dai contenuti tanto inquietanti e la crescente attenzione da parte del pubblico nazionale e internazionale, che cresceva di giorno in giorno, imponeva una “risposta” che non prevedesse, però, il dover entrare nel merito degli argomenti sollevati e delle tesi dimostrate.
Fino a quel momento, la politica obbligata del potere si limitava alla frase: “metteremo tutto a tacere”… ma il significato di queste parole, oltre al black-out dei mass-media, poteva assumere, però, anche altri significati.
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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