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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Le cinque piaghe della Chiesa, del beato Antonio Rosmini

Ultimo Aggiornamento: 18/12/2012 19:05
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Le cinque piaghe della Chiesa, del beato Antonio Rosmini

Dal libro citato "Quello che i preti non dicono (più)", diventa fondamentale per noi riportare, dalla pag. 67, il passo provocatorio "il più grande degli anticlericali cattolici: il beato Antonio Rosmini Serbati" il quale aveva già a suo tempo  reso visibile il peso di certe "incrostazioni" nella struttura ecclesiastica.

"Parlando del clero dei secoli precedenti a lui, lo definì - reso servo e vile adulatore dei principi - , e ancora - fuorviato, accecato dai beni temporali e assuefatto a mercanteggiare dignità e coscienza - Tanto che - il mondo rigurgita (...) di un numero eccedente d'inutili sacerdoti....- Analisi spietata nella sua opera Delle cinque piaghe della Santa Chiesa, attraverso le quali Rosmini analizza le dinamiche storiche umane della Chiesa, degli uomini operanti in Essa, suggerendone la cura.

Quali sono dunque queste cinque piaghe che affliggono la Chiesa?

1. La divisione del popolo dal Clero;

2. l'insufficiente educazione-formazione del Clero;

3. la divisione tra i Vescovi;

4. la nomina dei Vescovi abbandonata al potere laicale;

5. la servitù dei beni ecclesiastici.

Di queste cinque piaghe che affliggevano la Sposa di Cristo, la Santa Sede è riuscita a farne guarire una sola, l'ultima, quella legata alle finanze. Poi fu risanata in parte anche la penultima piaga, quella legata alle nomine dei Vescovi  (trattandosi di un argomento molto più complesso, lo lasceremo per un eventuale ulteriore approfondimento a parte).

"Nemo militans implicat se saeculi negotiis, ut ei placeat, qui eum elegit; si autem certat quis agone, non coronatur nisi legitime certaverit.
*  Nessuno però, quando presta servizio militare, s'intralcia nelle faccende della vita comune, se vuol piacere a colui che l'ha arruolato.
Anche nelle gare atletiche, non riceve la corona se non chi ha lottato secondo le regole. " (2Tim. 2,4).

La provocazione di Rosmini era un richiamo allarmante all'evidente decadenza del Clero, e soprattutto dei Vescovi, i quali non avevano o non manifestavano più passione per le anime, preoccupazione per la loro salvezza, clissando sul vero ruolo della loro missione che è "ministero a servizio delle anime da salvare". In tal contesto Rosmini arriva persino a criticare come empi i "concordati", così ancora attivi anche ai tempi nostri.
Per il neo Beato (beatificato da Benedetto XVI nel 2007) i concordati sono delle vere e proprie umiliazioni "con i quali la Madre dei fedeli è costretta da figli malcontenti a scendere a patti con essi (...) fra le tante sciagure ch'ebbe, la Chiesa cadde in tanto avvilimento da essere costretta a venire a siffatti patti con i fedeli! Tanta umiliazione fu dovuta ai peccati del clero:  "Vos estis sal terrae; quod si sal evanuerit, in quo salietur? Ad nihilum valet ultra, nisi ut mittatur foras et conculcetur ab hominibus".

* Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. (Mt.5,13).

Scrive il beato Rosmini: "Vero è che non essendo il governo istituito da Gesù Cristo nella sua Chiesa una dominazione terrena, ma un servigio in favore degli uomini, un ministero di salute per le anime; egli non è retto dall'arbitrio di una dura autorità, non si picca di un crudo diritto; ma egli si piega, e, fondato nell'umiltà e nella ragione, riceve la legge, per così dire, da quei soggetti medesimi in vantaggio de' quali è stato istituito, e la sua mirabile costituzione è appunto quella di potere ogni cosa pel bene e niente pel male: tale è la sola sua superiorità, il solo diritto che egli vanta, il diritto di giovare. Indi quel dolce principio dell'ecclesiastico reggimento, che in tutto manifestavasi ne' primi secoli della Chiesa..".

E allora, perchè tanta critica sui concordati?
Nel libro citato riporta una valevole spiegazione che condividiamo: " Probabilmente perchè il beato vedeva nei concordati uno strumento con cui i preti mettevano sul piatto della bilancia di una trattativa ciò che non si può trasformare in oggetto di transizione", dice infatti il beato: " Vero è che con i concordati, o con qualsiasi altra convenzione umana, non si può derogare ai diritti divini e immutabili della Chiesa; perchè non si può restringere il suo potere legislativo ricevuto da Gesù Cristo, nè diminuire in alcun modo quella pienezza di autorità per la quale Ella può tutto per il bene, e quindi può comandare, può ingiungere ai fedeli senza limite di sorta quanto trova necessario e  utile alla loro eterna salute, e all'incremento sopra la terra del Regno di Cristo".

Questa affermazione sottolinea l'importante distinzione (ma non separazione) tra il potere civile-laico (lo Stato - Cesare) e il potere della Chiesa, il potere divino e immutabile che non riguarda solo i fedeli battezzati, ma che troviamo scritto nell'esistenza di ogni uomo e perciò parliamo oggi di "legge naturale" e dei "valori inviolabili" sui quali tutto il Magistero Pontificio del '900 e fino ad oggi, continua incessantemente a sottolinearne l'autorevolezza, l'importanza e l'imprescendibilità.

A questo proposito è bene unire il recente Messaggio per la Pace 2013 firmato da Benedetto XVI del quale sottolineamo questi passi:

"In effetti, i nostri tempi, contrassegnati dalla globalizzazione, con i suoi aspetti positivi e negativi, nonché da sanguinosi conflitti ancora in atto e da minacce di guerra, reclamano un rinnovato e corale impegno nella ricerca del bene comune, dello sviluppo di tutti gli uomini e di tutto l’uomo. (..)
 le beatitudini non sono solo raccomandazioni morali, la cui osservanza prevede a tempo debito – tempo situato di solito nell’altra vita – una ricompensa, ossia una situazione di futura felicità. La beatitudine consiste, piuttosto, nell’adempimento di una promessa rivolta a tutti coloro che si lasciano guidare dalle esigenze della verità, della giustizia e dell’amore. Coloro che si affidano a Dio e alle sue promesse appaiono spesso agli occhi del mondo ingenui o lontani dalla realtà.
(..)
 La pace concerne l’integrità della persona umana ed implica il coinvolgimento di tutto l’uomo. È pace con Dio, nel vivere secondo la sua volontà. È pace interiore con se stessi, e pace esteriore con il prossimo e con tutto il creato. (..) la pace è ordine realizzato nella libertà, nel modo cioè che si addice alla dignità di persone, che per la loro stessa natura razionale, assumono la responsabilità del proprio operare. (..)
Proprio per questo, la Chiesa è convinta che vi sia l’urgenza di un nuovo annuncio di Gesù Cristo, primo e principale fattore dello sviluppo integrale dei popoli e anche della pace. Gesù, infatti, è la nostra pace, la nostra giustizia, la nostra riconciliazione (cfr Ef 2,14; 2 Cor 5,18).
(..)
Via di realizzazione del bene comune e della pace è anzitutto il rispetto per la vita umana, considerata nella molteplicità dei suoi aspetti, a cominciare dal suo concepimento, nel suo svilupparsi, e sino alla sua fine naturale. Veri operatori di pace sono, allora, coloro che amano, difendono e promuovono la vita umana in tutte le sue dimensioni: personale, comunitaria e trascendente. La vita in pienezza è il vertice della pace. Chi vuole la pace non può tollerare attentati e delitti contro la vita.
Coloro che non apprezzano a sufficienza il valore della vita umana e, per conseguenza, sostengono per esempio la liberalizzazione dell’aborto, forse non si rendono conto che in tal modo propongono l’inseguimento di una pace illusoria. La fuga dalle responsabilità, che svilisce la persona umana, e tanto più l’uccisione di un essere inerme e innocente, non potranno mai produrre felicità o pace. Come si può, infatti, pensare di realizzare la pace, lo sviluppo integrale dei popoli o la stessa salvaguardia dell’ambiente, senza che sia tutelato il diritto alla vita dei più deboli, a cominciare dai nascituri? Ogni lesione alla vita, specie nella sua origine, provoca inevitabilmente danni irreparabili allo sviluppo, alla pace, all’ambiente. Nemmeno è giusto codificare in maniera subdola falsi diritti o arbitrii, che, basati su una visione riduttiva e relativistica dell’essere umano e sull’abile utilizzo di espressioni ambigue, volte a favorire un preteso diritto all’aborto e all’eutanasia, minacciano il diritto fondamentale alla vita.
Anche la struttura naturale del matrimonio va riconosciuta e promossa, quale unione fra un uomo e una donna, rispetto ai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale.
Questi principi non sono verità di fede, né sono solo una derivazione del diritto alla libertà religiosa. Essi sono inscritti nella natura umana stessa, riconoscibili con la ragione, e quindi sono comuni a tutta l’umanità. L’azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa. Tale azione è tanto più necessaria quanto più questi principi vengono negati o mal compresi, perché ciò costituisce un’offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace".

***

Riprenderemo più avanti l'analisi delle cinque piaghe. Per ora ci sembra di aver dato sufficiente materiale sul quale riflettere e attraverso il quale ricordare ai nostri Sacerdoti la vera dottrina della Chiesa e, ricordare ai Vescovi, che non sono stati mandati per cambiarla, modificarla, o per usarla nei compromessi politici per ottenere favori ed elargizioni. Essi sono chiamati a vigilare affinchè questa dottrina venga diffusa, raggiunga il maggior numero di persone possibili per il bene e la salvezza stessa delle Anime loro affidate.

[SM=g1740771]



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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18/12/2012 19:05
 
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Insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna (2Tim.4,2)

18.12.2012 18:26

 

Ci sono Vescovi e vescovi  (il maiuscolo ed il minuscolo non sono casuali nel titolo, come nell'articolo)

Quanto segue trova radice in un articolo del Blog "Senza peli sulla lingua", e da noi ulteriormente approfondito.

Se c’è una questione chiara, definitivamente risolta, questa è l’esclusione delle donne dal Sacramento dell’Ordine.
Eppure esiste un folto gruppo  di cattolici "radical chic", spesso guidato in sordina da alcuni vescovi ( o veceversa, vescovi che si lasciano guidare da questi laici), che sovente torna all'attacco cercando di obbligare la Chiesa a piegarsi alle loro imposizioni di potere.
Sì, perchè l'imposizione del sacerdozio femminile è una matrice di potere, potere protestante contro la legge della Chiesa, poteri forti che sotto il pretesto di una falsa uguaglianza, pretendono di dominare il culto della Chiesa il quale, a questo punto, non sarebbe più "dato, donato, sceso dall'Alto", ma un culto proveniente dal basso, soggettivo, divenendo un diritto-possessivo, sotto il controllo del potere dominante e della moda (femminista in questo caso) dominate.

In un articolo del settembre 2012, dopo la morte del cardinale Martini, si riporta come elogio il fatto che egli, in modo garbato e non aggressivo, volesse far comprendere alla Santa Sede e al Papa in primis, che fosse giunta l'ora di cedere su questo argomento. Naturalmente questa posizione è stata accolta da tutti gli ambienti catto-progressisti, facendo del medesimo cardinale l'icona dell'ennesimo "santo" incompreso, e della Chiesa una "cattiva matrigna", antica e non al passo con i tempi.
Tutti gli elementi per risolvere la questione erano già contenuti nella dichiarazione della Sacra Congregazione per la dottrina della fede Inter insigniores del 15 ottobre 1976. L’unico limite di quella dichiarazione era la sua “nota dottrinale”: essa veniva presentata come un documento “disciplinare, autorevole e ufficiale”, ma non “infallibile né irreformabile” (cf Enchiridion Vaticanum, vol. 5, pp. 1392-3, in nota). Forse proprio per tale motivo quella dichiarazione non pose fine alle discussioni in materia. Fu cosí che Giovanni Paolo II si sentí costretto a intervenire di nuovo, in maniera piú autorevole, con la lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis del 22 maggio 1994. Non venivano portate nuove motivazioni a sostegno della non-ammissione delle donne al sacerdozio.

Si trattava semplicemente di porre fine alle interminabili discussioni in materia:
«Benché la dottrina circa l’ordinazione sacerdotale da riservarsi soltanto agli uomini sia conservata dalla costante e universale Tradizione della Chiesa e sia insegnata con fermezza dal Magistero nei documenti piú recenti, tuttavia nel nostro tempo in diversi luoghi la si ritiene discutibile, o anche si attribuisce alla decisione della Chiesa di non ammettere le donne a tale ordinazione un valore meramente disciplinare.
«Pertanto, al fine di togliere ogni dubbio su di una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli, dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa» (n. 4).

 Le espressioni usate non lasciano dubbi. Eppure anche in questo caso ci fu bisogno di un ulteriore intervento della Santa Sede per precisare il valore del pronunciamento pontificio. Ciò avvenne con la risposta a un dubbio da parte della Congregazione per la dottrina della fede in data 28 ottobre 1995:
«Dubbio: Se la dottrina, secondo la quale la Chiesa non ha la facoltà di conferire l’ordinazione sacerdotale alle donne, proposta nella Lettera Apostolica Ordinatio Sacerdotalis, come da tenersi in modo definitivo, sia da considerarsi appartenente al deposito della fede. Risposta: Affermativa.
«Questa dottrina esige un assenso definitivo poiché, fondata nella Parola di Dio scritta e costantemente conservata e applicata nella Tradizione della Chiesa fin dall’inizio, è stata proposta infallibilmente dal magistero ordinario e universale (cf Concilio Vaticano II, Lumen Gentium, 25, 2). Pertanto, nelle presenti circostanze, il Sommo Pontefice, nell’esercizio del suo proprio ministero di confermare i fratelli (cf Lc 22:32) ha proposto la medesima dottrina con una dichiarazione formale, affermando esplicitamente ciò che si deve tenere sempre, ovunque e da tutti i fedeli, in quanto appartenente al deposito della fede».

Tale intervento della CDF, a firma dell'allora Cardinale Ratzinger, precisa che la dottrina contenuta nella lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis è definitiva e infallibile (praticamente si tratta del secondo caso in cui è stata esercitata l’infallibilità pontificia dopo la sua definizione nel Concilio Vaticano I; la prima volta era stata con il dogma dell’Assunzione). A questi interventi specifici vanno aggiunti il can. 1024 «Riceve validamente la sacra ordinazione esclusivamente il battezzato di sesso maschile» e, se questo non dovesse apparire sufficiente per il suo carattere giuridico, il n. 1577 del Catechismo della Chiesa cattolica dice:
«“Riceve validamente la sacra ordinazione esclusivamente il battezzato di sesso maschile [“vir”]”. Il Signore Gesù ha scelto uomini [“viri”] per formare il collegio dei dodici Apostoli, e gli Apostoli hanno fatto lo stesso quando hanno scelto i collaboratori che sarebbero loro succeduti nel ministero. Il collegio dei Vescovi, con i quali i presbiteri sono uniti nel sacerdozio, rende presente e attualizza fino al ritorno di Cristo il collegio dei Dodici. La Chiesa si riconosce vincolata da questa scelta fatta dal Signore stesso. Per questo motivo l’ordinazione delle donne non è possibile».

Che altro ci si dovrebbe aspettare dalla suprema autorità della Chiesa per porre fine alle discussioni su una determinata questione?
Appare evidente che "poteri occulti e forti" vorrebbero imporre alla Chiesa ciò che non è possibile modificare. Probabilmente la Chiesa (intesa nella sua legittima autorevolezza ) questo lo sa bene e forse proprio per questo non pretende più il silenziatore nei confronti di chi, come il cardinale Martini, o il vergognoso brindisi del cardinale Tettamanzi con una pretessa (vedi foto), in modo subdolo e perverso, pretendevano (o pretenderebbero ancora) radicali cambiamenti in talune dottrine.
La Chiesa, in qualità di Madre, forse pensa e spera che il Magistero ufficiale proclamato sia sufficiente per mettere in guardia i fedeli dai cattivi pastori, dai falsi maestri, dagli imbonitori tuttavia, guardando la foto stessa, non era forse compito di quel cardinale mettere in guardia la pretessa di trovarsi di fronte ad un grave peccato e ad una usurpazione di ruolo, anzichè brindare insieme per la sua promozione al ministero che non le compete?
Certo, trattandosi di una comunità eretica, il cardinale poteva non intromettersi nella discussione, ma qui l'ospite è proprio il cardinale, e come si sarebbe comportato un san Carlo Borromeo? Avrebbe davvero brindato con una pretessa, per giunta di una comunità eretica che rifiuta di riconoscere il Primato Petrino nello svolgimento del suo legittimo ministero; che usa la liturgia per benedire situazioni che nella dottrina cattolica sono gravi forme di peccato e di adulteri?
Le pecorelle già smarrite dallo stordimento mondano, come potrebbero ritornare all'ovile davanti a queste situazioni ambigue?
Chi mette in pratica la Parola di Dio se certo Clero gerarchico brinda con le pretesse o va dicendo che è giunta l'ora di cambiare dottrina e restano ai loro posti di comando e di potere? Non è forse anche questo parte dello scandalo denunciato dal Cristo?
"praedica verbum, insta opportune, importune, argue, increpa, obsecra in omni longanimitate et doctrina.
* annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina".
(2Tim.4,2)


Dal «Discorso sui pastori» di sant'Agostino, vescovo (XXV settimana del Tempo Ordinario, Uff. delle Letture )
(Disc. 46, 14-15; CCL 41, 541-542)

Insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna
«E non avete riportato le disperse, non siete andati in cerca delle smarrite» (Ez 34, 4). Da questo momento ci troviamo come tra le mani di ladri e le zanne di lupi furiosi e per questi pericoli vi domandiamo preghiere. Per di più anche le pecore non sono docili. Se noi andiamo in cerca di loro quando si smarriscono, dicono, per loro errore e per loro rovina, che non ci appartengono. Perché ci desiderate, esse dicono, perché venite in cerca di noi? Come se il motivo per cui le desideriamo e le cerchiamo non sia proprio questo, proprio il fatto cioè che sono smarrite e si perdono. Se sono nell'errore, dicono, se sono vicino a morte, perché mi desideri? Perché mi cerchi?

Rispondo: Perché sei nell`errore, voglio richiamarti; perché ti sei smarrito, voglio ritrovarti. Replicano: Voglio smarrirmi così, voglio perdermi così.
Così vuoi smarrirti, così vuoi perderti? Ma io con tanta maggior forza non voglio questo. Te lo dico chiaramente: Voglio essere importuno. Poiché mi risuonano alla mente le parole dell'Apostolo che dice: «Annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna» (2 Tm 4, 2). Per chi a tempo opportuno e per chi a tempo non opportuno? Certamente a tempo opportuno, per chi vuole; a tempo inopportuno, per chi non vuole. Sono proprio importuno e oso dirtelo: Tu vuoi smarrirti, tu vuoi perderti, io invece non lo voglio.
Alla fin fine non lo vuole colui che mi incute timore. Qualora io lo volessi, ecco che cosa mi direbbe, ecco quale rimprovero mi rivolgerebbe: «Non avete riportato le disperse, non siete andati in cerca delle smarrite». Devo forse avere più timore di te che di lui? «Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo» (2 Cor 5, 10).
Riporterò quindi la pecora dispersa, andrò in cerca di quella smarrita; che tu voglia o no, lo farò. Anche se nella mia ricerca sarò lacerato dai rovi della selva, mi caccerò nei luoghi più stretti, cercherò per tutte le siepi, percorrerò ogni luogo, finché mi sosteranno quelle forze che il timore di Dio mi infonde. Riporterò la pecora dispersa, andrò in cerca di quella smarrita. Se non vuoi il fastidio di dovermi sopportare, non sperderti, non smarrirti: E' troppo poco se io mi contento di affliggermi nel vederti smarrita o sperduta. Temo che, trascurando te, abbia ad uccidere anche chi è forte. Senti infatti che cosa viene dopo: E le pecore grasse le avete ammazzate (cfr. Ez 34, 3).
Se trascurerò la pecora smarrita, la pecora che si perde, anche quella che è forte si sentirà trascinata ad andar vagando e a perdersi.


Maggiori informazioni http://anticlericali-cattolici.webnode.it/blog/

Fraternamente CaterinaLD

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