È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!

A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

L'Ordine domenicano ha compiuto 796 anni, il 22.12.2012..... ci avviamo verso gli 800

Ultimo Aggiornamento: 07/01/2013 11:34
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 39.989
Sesso: Femminile
07/01/2013 11:18
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

[SM=g1740758] 5. La penitenza
     
      1. Senza penitenza, non c’è azione soprannaturale sulle anime

     
      Il Frate Predicatore si dedica a praticare la penitenza per due motivi principali:
      Come religioso, egli cerca di riprodurre il mistero della croce, perchè nello stato presente la perfezione è in questo mistero: “Se qualcuno vuol venire dietro a me - dice il Salvatore porti ogni giorno la sua croce”.
      Come sacerdote e pastore d’anime, egli s’immola con Gesù per salvare il mondo e per espiare i peccati del popolo.
      Strana illusione è l’aspirare ad essere degno ministro del Redentore e prestargli un’efficace collaborazione senza voler associarsi alla sua Passione mediante la mortificazione universale! «Io devo compiere nella mia carne - diceva l’Apostolo - quello che manca alla passione di Cristo per il suo corpo che è la Chiesa». È una legge che non ammette eccezione: senza penitenza, non c’è azione soprannaturale sulle anime.
      Nella vita del Frate Predicatore, S. Domenico diede un largo posto alla penitenza. Se ne possono distinguere le diverse pratiche in osservanze di regola e in osservanze di consiglio.
     
      2. Le osservanze di regola
     
      Vi sono osservanze di regola che riguardano direttamente il corpo: il digiuno da sette ad otto mesi dell’anno, l’astinenza perpetua, l’uso esclusivo della lana alle carni, l’alzata di notte per l’ufficio canonico.
      E vi sono osservanze di regola che sono piuttosto mortificazioni spirituali, come il Capitolo delle colpe, il silenzio e molti altri obblighi della vita regolare. Abbiamo già riferito il testo del B. Umberto che spiega come i Predicatori presero dalla Costituzione dei Canonici Premostratensi quello che essi vi trovarono di austero (quod arduum) e come aggiunsero molte altre osservanze.
      Ma le forze umane hanno un limite. Come un uomo votato alle fatiche talvolta opprimenti del ministero apostolico potrà abitualmente abbandonarsi a tanto dure penitenze? Come impedire che le osservanze, almeno in certi casi particolari, nuocciano all’apostolato, fine essenziale dell’Ordine?
      S. Domenico previde la difficoltà. Per conciliar tutto, austerità, studio, apostolato, pose in capo alle Costituzioni la legge della dispensa: «Il Superiore avrà il potere di dispensare i Frati secondo che giudicherà conveniente, specialmente nelle cose che potrebbero impedire lo studio, la predicazione e il bene delle anime».
      La vita ascetica domenicana è in vista dell’apostolato, e quindi è da esso regolata.
      Spiega il B. Umberto: «Gli statuti dell’Ordine non devono essere osservati con una rigidezza tale da impedire all’Ordine di raggiungere il suo scopo principale». Ogni volta che gli esercizi penitenziali contrarieranno l’apostolato, e solo nella misura in cui saranno un ostacolo, essi cederanno il passo a un bene superiore.
      Questa legge della dispensa è un elemento essenziale, il cui funzionamento assicura la normale attività dell’Ordine.
      Nella vita quotidiana essa rischiara agli occhi del Predicatore l’importanza pratica di ciascuno dei suoi doveri e subordina gerarchicamente i diversi capitoli delle Costituzioni. Egli organizza i diversi elementi, salda l’elemento contemplativo con l’elemento apostolico e adatta le osservanze alla vita attiva.
      Questa legge permise a S. Domenico di innalzare l’opera sua come un edificio. Egli non aveva avuto modelli precedenti da imitare e non ebbe che poche imitazioni. Tale edificio è tanto ardito quanto armonico. Questo Ordine è ad un tempo ascetico, contemplativo e apostolico, in cui l’austerità prepara la contemplazione che si espande nell’azione.
      Da questo si vede come la discrezione sia uno dei tratti distintivi dello spirito domenicano. Al quale nulla vi è di più avverso che quello spirito di sciocca uguaglianza, che reclama per ciascuno i medesimi diritti e richiede i medesimi doveri.
      Dio non ha ripartito in misura diversa i doni di natura e di grazia?
      La Regola vuole che il Priore si sforzi d’imitare l’arte divina nel governo delle anime e gli mette in mano lo strumento delicato della dispensa, per il quale tutti gli elementi sono coordinati per concorrere alla pienezza dell’apostolato. Il Superiore è un Padre che deve reggere i suoi figli con larghezza di pensiero e di affetto e con pari fermezza, e trattar ciascuno secondo i suoi bisogni e i mezzi che ricevette da Dio.
      Scrive Sant’Agostino nella sua Regola: “Venga distribuito a ciascuno di voi dal vostro superiore non in maniera uguale per tutti, perché non avete tutti la medesima salute, ma piuttosto a ciascuno secondo le sue necessità”.
      È certo che il Superiore deve far in modo che ciascuno dei suoi religiosi segua la via regia dell’austerità, poiché essa è la via normale dei Predicatori.
      Ma, nell’infervorare la buona volontà di tutti, egli terrà conto delle differenze fisiche e morali, delle forze e dei bisogni, per misurare il lavoro e il riposo.
      Si guarderà dal distribuire uniformemente l’austerità e la dispensa. Piuttosto distinguerà la vocazione particolare dei suoi figli, la loro forza e la loro debolezza, ciò che hanno ricevuto e ciò che danno. In una parola, egli applicherà i mezzi per ricavare da ciascuno il bene particolare, che Dio da lui aspetta per la salute del mondo.
     
      3. Pratiche penitenziali di consiglio
     
      Sono quelle che le Costituzioni non impongono strettamente ma che si contentano di consigliare con calore.
      Il loro uso è talmente entrato nella vita domenicana che è necessario parlarne per tracciar la fisionomia completa del Predicatore.
      Le Costituzioni raccomandano con forza al Maestro dei novizi di comunicare ai suoi discepoli lo spirito di austerità o di insegnarne loro la pratica:
      “Il Maestro abbia diligente cura nell’insegnare a tutti i novizi di esercitarsi con zelo nella disciplina regolare, affinché imparino il modo di vincere le passioni illecite e i vizi attraverso la custodia dei sensi e la mortificazione. Inoltre che sappiano che cosa siano l’austerità, i digiuni, i cilizi e le discipline”.
      In ogni tempo queste pratiche penitenziali furono in onore nell’Ordine.
      S. Domenico aveva dato l’esempio. Camminava a piedi nudi per tutte le vie, salvo nell’attraversare le città, e mendicava il suo pane di porta in porta, beveva l’acqua delle fonti, era paziente in ogni avversità, e spesso sorrideva alle ingiurie. A Segovia si venera la grotta, ove i ritirava la notte per pregare e per flagellarsi. Quando dimorava a Santa Sabina o a S. Nicolò di Bologna, passava la notte in chiesa. Prostrato sui gradini dell’altare, si flagellava tre volte per notte fino a sangue e prolungava la sua veglia e la sua preghiera finché le forze glielo permettevano. Se la fatica era troppo grande e il sonno reclamava i suoi diritti, si appoggiava al muro o si coricava per un istante su una pietra sepolcrale che copriva la salma del papa Alessandro.
      I figli seguirono coraggiosamente l’esempio del loro Padre. Quando noi celebriamo la festa di un santo dell’Ordine e succede più volte alla settimana alla lettura delle lezioni dell’uffizio siamo sicuri di udire ciò che fu chiamato “il ritornello del secondo notturno”, il racconto del medesimo martirio volontario: “domava la sua carne con vigilie, digiuni, flagellazioni e altri esercizi”17.
      Questa nota d’austerità è una di quelle che stabiliscono l’unità nell’estrema varietà dei Santi domenicani.
      Per la grazia di Dio, la storia contemporanea su questo punto richiama al pensiero quella dei tempi primitivi. Lo storico del P. Lacordaire non ebbe l’ardire di raccontare le segrete penitenze che s’imponeva l’illustre Predicatore. Tuttavia il poco che ne disse colmò di stupore quelli che avevano ammirato solo l’incomparabile eloquenza dell’oratore di Notre Dame, senza sospettare l’austerità del religioso. È possibile qualcosa di più commovente, nella sua semplicità, di quella croce di legno rizzata contro un pilastro della cripta dei Carmelitani, a cui il Restauratore in Francia dell’Ordine domenicano si faceva appendere per ore intere, a fine di rassomigliare più da vicino al divin Crocifisso?
      Uno degli uditori del P. Besson, colpito dall’irradiamento della sua austerità, esclamava: “E’ un crocifisso che parla!”. Quest’uomo così dolce e dalla conversazione così soave era in realtà un gran penitente: “La mobilia della sua cella consisteva in una tavola di abete, su cui erano aperti alcuni libri di teologia; due rozze sedie e, in un angolo, una cassa in forma di bara che gli serviva da letto; il fondo era guarnito di pietre e di pezzi di legno; un volume in foglio di Sant’Agostino teneva le veci di guanciale, e una coperta di lana, distesa sul letto, celava i suoi strumenti di penitenza e lo avvolgeva durante la notte: lì prendeva il suo riposo da sano e da malato”18.
      Sicuramente non ogni Predicatore è tenuto a ripetere sopra se stesso ciascuno di questi esperimenti durissimi alla natura ma soavi all’anima generosa. Però dall’esempio unanime dei suoi Padri, egli deve ritenere che la via normale della sua formazione interiore è la via dell’austerità.
     
      4. La penitenza non è il fine dell’Ordine. Resta pur sempre un mezzo.
     
      La misura di tale austerità risponderà alle speciali attrattive della grazia, specialmente alle indicazioni dell’obbedienza. Perché queste penitenze, che il libero amore aggiunge ad osservanze già austere, devono essere, come tutta la vita domenicana, moderate dalle necessità dell’apostolato. L’obbedienza le regola e loro impone quella giusta misura, quella saggia ponderazione, che tiene i religiosi lontani tanto da un ascetismo esagerato quanto dalla mollezza. Essa li mantiene nei limiti di quell’ammirabile discrezione, nemica del troppo come del troppo poco, tanto raccomandata dai nostri Santi. Dice S. Tommaso: “La macerazione del corpo non è gradita a Dio se non in quanto viene praticata con la discrezione necessaria: essa deve padroneggiare la concupiscenza senza opprimere la natura”19.
      Parimenti l’austero S. Vincenzo Ferreri ricorda ai suoi fratelli che “è difficilissimo serbare la misura nella penitenza” e che una delle più temibili astuzie del demonio è quella che “ad un religioso fervente suggerisce delle astinenze e delle veglie esagerate, atte a indebolirlo e a renderlo inetto al ministero”20.
      Il ministero apostolico è in realtà la ragione d’essere del Predicatore, il supremo fine ch’egli non deve mai perdere di vista. La penitenza, dopo averlo liberato dai suoi legami naturali e alleggerito del suo peso umano, diventa per lui un mezzo per raggiungere questo fine.
      Ma se per l’esagerazione o per la singolarità essa lo distogliesse, lo collocherebbe fuori della sua vocazione.
      Il Frate Predicatore, dopo aver espiato per se stesso, dirige appunto verso la salute delle anime l’efficacia della sua penitenza, ad esempio del suo Padre S. Domenico, che faceva tre parti del suo sangue, che versava nelle sue cruente discipline: “la prima per i suoi peccati, la seconda per i peccati dei vivi, la terza per i peccati dei defunti”. Così S. Pietro da Verona si flagellava per convertire più sicuramente gli eretici. Così il P. Lacordaire s’infliggeva o si faceva infliggere nel Capitolo di Flavigny incredibili umiliazioni o sanguinose flagellazioni, a fine di «soffrire per giustizia per espiare, soffrire per amore per dar prova».
      Quando si tratta di salvare il mondo con Gesù, il religioso potrebbe esitare di fronte alla penitenza redentrice? Le anime salvate, Dio glorificato! Ecco la ricompensa al centuplo. Allora le più dure penitenze, per il fortunato giustiziato, sono la fonte d’incomparabili gioie intime. Perchè il Predicatore si getti con trasporto nella via delle sante austerità, gli basta solo vedere che lo spettacolo della sua vita ridesta il sentimento del pentimento e del sacrificio, e sforza gli uomini a ricordarsi che Dio è morto sulla Croce.

[SM=g1740771]


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 01:45. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com