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L'Ordine domenicano ha compiuto 796 anni, il 22.12.2012..... ci avviamo verso gli 800

Ultimo Aggiornamento: 07/01/2013 11:34
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07/01/2013 11:24
 
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[SM=g1740758] CAPITOLO III   LE MISSIONI

“Quando avremo costituito l’Ordine ‑ diceva S. Domenico a uno dei suoi primi compagni ‑ noi andremo a portare la fede presso i Cumani” (popolazione pagana delle regioni balcaniche allora giusta­mente rinomata per la sua crudeltà).
Per tutta la sua vita, il santo Patriarca fu tormentato dal desiderio di andarsene lontano ad evangelizzare i popoli pagani e a versare il suo sangue per Gesù Cristo. La Provvidenza gli rifiutò questa gioia.
Ma il suo spirito apostolico passò nell’anima dei suoi discepoli, e ciò che il Padre non aveva potuto compiere, lo eseguirono i figli con un ardore e con un successo fino allora inaudito nella Chiesa. Si può dire senza esagerazione, che il mondo intero udì la parola dei missionari domenicani. E qual è quell’angolo della terra che non sia stato irrigato da loro sangue?

Secolo XIII e XIV

L’evangelizzazione degli infedeli è talmente nello spirito domenicano che essa cominciò fin dai primordi dell’Ordine, e subito dopo si sviluppò in proporzioni prodigiose.
Fin dal 1220, S. Domenico invia verso la Polonia e la Slesia quattro giovani religiosi, di cui uno, S. Giacinto, da Dio predestinato per portare il nome di Cristo fino nelle più remote contrade, ha la gloria d’aver dato lo slancio apostolico verso l’Oriente e il Settentrione e di essersi, per il primo, gettato in piena barbarie.
Alla testa di alcuni Frati che lo seguono e di altri che egli ben presto arruola in gran numero percorre prima la Prussia, la Pomerania, le coste del Baltico, la Danimarca, la Svezia, la Norvegia, regioni ancora barbare.
Da per tutto, infaticabilmente, egli predica, battezza, fonda chiese, fabbrica case religiose. Quando i Frati che egli ha dovunque suscitati e stabiliti in numerosi conventi si trovano sufficienti per compiere la conversione di quei paesi già immensi, l’infaticabile apostolo discende verso il mezzogiorno: evangelizza la Russia bianca, l’Ucraina, i popoli rivieraschi del Mar Nero e quindi, sempre instancabile, annunzia il Vangelo ai popoli della Poldavia, della Volinia, della Lituania, e di nuovo porta l’ardore della sua parola su tutte le rive del Baltico.
Non è possibile narrare tutte le fatiche di quest’uomo e dei suoi compagni, né la somma incalcolabile di patimenti che dovettero soffrire, né i loro successi.
Durante questo tempo, nel 1221, il B. Paolo fonda la Provincia d’Ungheria, i cui Frati s’applicano subito ad evangelizzare i popoli balcanici, reputati feroci per i loro istinti.
Il B. Ceslao porta la fede nella Boemia, nella Bosnia e nella Slesia, e ottiene un successo così rapido che, fin dal 1227, il Convento che egli fondò a Praga conta ben 126 religiosi.
I Frati della Provincia di Spagna passano nel Marocco e ben presto predicano su tutta la costa barbarica fino all’Egitto.
Le stesse contrade più settentrionali, la Groenlandia, l’Islanda, vedono il bianco abito dei Predicatori, e in alcuni anni 27 conventi domenicani s’innalzano in quelle contrade ove, poco prima, il nome di Gesù noti era mai stato pronunziato.
Un immenso slancio trascinava la turba dei Predicatori all’apostolato e al martirio. Veramente lo spirito apostolico di S. Domenico riviveva nei suoi figli.
Chi non conosce la sublime scena che vide il Capitolo generale di Parigi nel 1228?
Il Maestro Generale, Beato Giordano, avendo bisogno di missionari, ne domandò ai membri del Capitolo. Egli non aveva ancora finito di parlare che tutti i Frati erano prostrati ai suoi piedi, in venia, supplicandolo con le lacrime ad inviarli.
E Fra Pietro di Reims, allora Provinciale di Francia, si prostrò con i suoi religiosi e disse al Maestro: “O lasciatemi questi Frati, o permettetemi di seguirli nel martirio”.
Alcuni anni più tardi, il B. Umberto de Romans fu testimone di un simile spettacolo.
Poiché Innocenzo IV aveva chiesto dei Frati per mandarli presso i Tartari, il Maestro fece conoscere i desideri del Pontefice al Capitolo della Provincia di Francia: “Allora ‑ racconta Gerardo di Frachet - si presentarono Frati così ragguardevoli e in così gran numero che tutti si misero a piangere. Fletus mirabilis Capitulum illud occupavit. Gli uni pian­gevano di gioia, perché, avevano ottenuto il permesso di partire; gli altri piangevano di dolore, perché loro era stato rifiutato il permesso”.
Iniziato l’apostolato missionario nel vicino e medio Oriente fin quasi dall’inizio dell’Ordine, ben presto i Domenicani ebbero numerose case in Grecia, Cipro, Terra Santa, a Tiflis e altrove. Questi missionari erano detti “Fratres peregrinantes”, e nella seconda decade del secolo XIV, essendo straordinariamente aumentati, venne istituita per essi la “Congregazione dei Frati Pellegrinanti per Cristo presso gli infedeli”.
La sete del martirio diventava anche troppo comunicativa presso i figli di S. Domenico e spopolava i conventi d’Europa, sicché i Papi dovettero adoperarsi per regolare questo mirabile ardore.
Nulla spaventava quegli intrepidi “Pellegrinanti”. Essi partivano sempre a gruppi e a piedi, col bastone in mano, valorosi “fanti della povertà volontaria”, come si esprimono i testi primitivi: pedites in voluntaria paupertate; senza denaro, mendicando il pane di giorno in giorno, non portando nella loro bisaccia che alcuni libri santi, praticando sempre con rigore le più austere osservanze dell’Ordine, il silenzio, l’astinenza e il digiuno.
Che cosa avrebbero potuto temere? Essi non av vano che un’ambizione; versare il loro sangue per Gesù Cristo.
In pochi anni, avendo già occupate le contrade dell’Europa ancor barbare e una gran parte dell’Africa e l’Asia, essi avevano raggiunto i limiti del mondo e, il 23 luglio 1253, il papa Inno­cenzo IV poteva indirizzare una Bolla “ai Frati Predicatori missionari nei paesi dei Saraceni, dei Greci, dei Bulgari, dei Cumani, degli Etiopi, dei Siri, dei Gazareni (abitanti del Chersoneso Taurico), dei Goti, dei Licociensi (rivieraschi del Ponto Eusino), dei Ruteni, dei Giacobiti, dei Mossulioti, dei Tartari, de Nubii, dei Georgiani, degli Armeni, degli Indiani, degli Ungheresi della grande Ungheria e degli altri popoli infedeli dell’Oriente”.
Un secolo dopo la fondazione dell’Ordine, l’entusiasmo domenicano per correre alle missioni lontane era ancora tale che il papa Giovanni XXII esclamava: “Veramente questi Frati furono creati per brillare e illuminare nella Chiesa di Dio!”.
E così fu per lungo tempo.
Disgraziatamente, nella seconda metà del seco lo XIV le stragi della Peste nera, aggravate dai lunghi turbamenti del Grande Scisma d’Occidente. paralizzarono questa magnifica espansione. Quasi tutti i missionari perirono sotto gli attacchi del terribile flagello. Nei suoi quindici conventi del­la Persia, per esempio, la Congregazione dei Pellegrinanti non conservò in tutto se non tre religiosi, che i conventi d’Europa, rovinati anch’essi, erano incapaci di soccorrere.
La peste nera cagionò nell’Ordine, come in ogni altro luogo, stragi spaventose e lo ridusse ad uno stato di desolazione. Per citar solo alcuni esempi, nella Provincia di Provenza la peste portò via 370 Frati durante la quaresima del 1348. A Marsiglia, perirono tutti. A Firenze 80. A Pisa, 40. A Lucca, 30. Tuttavia il flagello non poté spegnere totalmente lo spirito apostolico. Vi furono ancora dei missionari domenicani. Nel 1371, Gregorio XI ne manda un gruppo importante in Asia. Nel 1405, il Vescovo di Pechino era un domenicano: parimenti nel 1433, il Vescovo della Groenlandia. A due missionari domenicani Tamerlano affidò la sua famosa lettera al re di Francia Carlo VI conservata negli archivi nazionali.


(CAPITOLO III   LE MISSIONI – continua)

Le Missioni dal principio del secolo XVI

Ma, durante il secolo XV, l’Ordine, sotto l’impulso d’un gran numero di santi che Dio gli con­cesse, si riprese e fiorendo di nuovo l’osservanza dei primi tempi, anche lo slancio apostolico verso le missioni risorse bello, forse più bello ancora che alle origini.
I primi anni del secolo XVI aprirono l’era novella dell’Apostolato. Era l’epoca ardente in cui Cristoforo Colombo scopriva l’America, in cui Vasco De Gama passava il Capo delle Tempeste, in cui Albuquerque offriva al suo re l’immenso impero delle Indie.
Dovunque penetrarono gli arditi esploratori, i Domenicani li seguirono e molte volte anche li oltrepassarono.
Durante questo periodo moderno, si distinguono come tre grandi correnti d’apostolato domenicano: la corrente spagnola verso le Americhe, la corrente portoghese verso le Indie, e, un secolo più tardi, la corrente diretta soprattutto dalla nuova Provincia delle Filippine verso l’Estremo Oriente.

NEL NUOVO MONDO.
Appena i conquistatori spagnoli erano sbarcati in America, i Frati Predicatori di Salamanca arrivavano per l’evangelizzazione degli indigeni.
Il primo gruppo discese a San Domingo nel 1510 e fondò il famoso convento di Santa Croce, donde dovevano uscire tanti apostoli e martiri.
A capo di qualche mese, convertiti gl’Indiani di San Domingo e arrivati nuovi missionari, gli arditi Predicatori partirono per la conquista spirituale dell’America.
Nel 1512, essi sono a Portorico; nel 1513, nel Venezuela, ove cadde il primo martire del Nuovo Mondo, il B. Francesco di Cordova; nel 1520, nel Panama; nel 1526, nel Messico dove vent’anni dopo l’Ordine contava 43 centri di missioni; nel 1529, nel Perù; nel 1530, nel Guatemala, dove fabbricarono la prima chiesa e il primo convento; nel 1529, nella Nuova Granata; nel 1534, nell’Equador; nel 1541, a Vera Paz; nel 1542, nella Florida; nel 1552, nel Cile.
In tutti questi paesi, le loro fatiche furono immense e ammirabili i loro successi. Interi popoli furono condotti alla fede mediante le loro predicazioni. La storia racconta, per esempio, che in tre mesi S. Lodovico Bertrando battezzò diecimila Indiani della Nuova Granata.
Quando gli avventurieri, che avevano invaso il Nuovo Mondo, si misero a commettere gli abominevoli eccessi che la storia ha bollato, fu gloria dei Predicatori il levarsi in massa contro di essi, per proteggere gli indigeni.
Per primi essi fabbricarono per gli indigeni degli ospedali e delle scuole; fondarono le università di Messico, Lima, Quito, Santiago. “Nulla di grande si fece nel Nuovo Mondo ‑ scrive lo storico Melendez ‑ senza l’intervento dei figli di S. Domenico”. È la medesima testimonianza che rendeva loro più tardi papa Clemente X: “L’Ordine di S. Domenico sembra aver ricevuto dal Cielo in eredità la gloriosa missione di condurre alla cognizione del vero Dio e di assoggettare alla Chiesa romana l’immenso popolo d’America” (Bolla del 16 aprile 1671).
L’Ordine diede alla Chiesa il primo martire del Nuovo Mondo: il B. Francesco da Cordova; la sua prima santa: Santa Rosa da Lima; i primi evangelizzatori del Perù, di Portorico, del Venezuela, del Guatemala, di Vera Paz, della Nuova Granata, dell’Equatore e del Cile.

[SM=g1740771]


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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