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Mons. Gerhard L. Müller spiega il rapporto tra fede e pace nell'autentico "spirito d'Assisi"

Ultimo Aggiornamento: 17/01/2013 18:34
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17/01/2013 18:26
 
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[SM=g1740758] 3. Che cosa è la religione?

Anzitutto cerchiamo di comprendere a quale livello nasce il senso religioso nell’uomo. Guardando, con animo aperto, la realtà creata, l’uomo può riconoscere l’esistenza di Dio, come “principio e fine di tutte le cose”(2). Egli inoltre desidera vedere quel Dio di cui riconosce l’esistenza e da cui, come creatura, dipende. Insita nella religiosità vi è quindi anche una certa qual dichiarazione dell’identità metafisica dell’uomo. Per natura, l’uomo è religioso e, scoprendo l’esistenza di Dio, scopre che il suo ultimo destino trascende questo mondo. Proprio per questo egli si indirizza verso Colui che è il Creatore di tutta la realtà e cerca di entrare in rapporto con Lui. Questa prospettiva – ampliata, custodita e coltivata attraverso gli atti religiosi – esprime la naturale apertura dell’uomo all’Assoluto e gli offre un’asse morale che lo spinge a superare continuamente i suoi limiti.

Nella religiosità vi è poi anche un’altra percezione: la percezione di una dimensione “provvidenziale” presente nel cosmo. Tale riconoscimento, quando diviene consapevole, inclina l’uomo ad un atteggiamento di fiducia nei confronti del suo Creatore, specie nei momenti di difficoltà. Vi è qui dunque un punto di appoggio e di equilibrio che la religiosità naturale offre alla psiche umana immersa nel travaglio degli eventi. Perciò la religiosità può essere anche un elemento importante per la maturazione di un autentico umanesimo.

La ragione umana – o l’intellectus, come direbbe San Tommaso – scopre di essere aperta ed attratta dalla verità, e che la volontà s’indirizza naturalmente verso il bene. L’uomo desidera, anzi, in pienezza la verità e il bene, per un impulso inestirpabile che cova nel suo cuore. A tal livello, la ricerca dell’ultimo e sommo verum et bonum rivela che la religiosità è un fenomeno strutturante della persona umana.

4. Proprio a partire da questo sguardo sull’uomo – ponendosi sul piano di una mera antropologia filosofica – il beato Giovanni Paolo II ha impostato il primo incontro di Assisi, dove pronunciò le seguenti parole: “Con le religioni mondiali condividiamo un comune rispetto e obbedienza alla coscienza, la quale insegna a noi tutti a cercare la verità, ad amare e servire tutti gli individui e tutti i popoli … Noi tutti siamo sensibili e obbedienti alla voce della coscienza … Potrebbe essere diversamente, giacché tutti gli uomini e le donne in questo mondo hanno una natura comune, un’origine comune e un comune destino?”(3). “Due cose sembrano avere suprema importanza e l’una e l’altra sono comuni a noi. La prima … è l’imperativo interiore della coscienza morale, che ci ingiunge di rispettare, proteggere e promuovere la vita umana, dal seno materno fino al letto di morte, … l’imperativo di superare l’egoismo, la cupidigia e lo spirito di vendetta. La seconda cosa comune è la convinzione che la pace va ben oltre gli sforzi umani”(4).

Queste asserzioni attirano l’attenzione sulla universale dignità umana e sulla coscienza personale, nella quale è custodito il nucleo della responsabilità morale dell’uomo e della sua dignità. La scoperta del carattere contingente delle creature infatti può condurre all’affermazione che Dio è distinto dal mondo. Il carattere teleologico del creato permette inoltre di parlare con ragione di un destino per l’uomo, inscritto nel suo stesso essere “creatura”. In quanto creatura di Dio ed a Lui somigliante, l’uomo beneficia di una natura spirituale, che reca in sé – come abbiamo accennato sopra – un anelito alla pienezza della verità e del bene, al rispetto dell’altro ed alla pace. Nello stesso tempo, però, lasciando spazio a questo anelito, l’uomo può scoprire dolorosamente che la pienezza della verità, del bene e della pace si trova fuori delle sue risorse naturali. Proprio su questo sentiero “interrotto” verso la plenitudo veri et boni fiorisce nell’uomo il riconoscimento della necessità di un “oltre” che va ben aldilà delle sue possibilità.

Affermare tutto ciò significa che una filosofia leale nel guardare alla condizione umana permette già di attingere ad alcune verità fondamentali per l’uomo. L’uomo, infatti, rivela in sé una dimensione religiosa, che è condizione per la ricerca di una base comune nel dialogo con i rappresentanti delle religioni non-cristiane. Giovanni Paolo II era cosciente di questo fatto ed era proteso a evidenziare tutto ciò. Contemporaneamente è possibile però notare che non tutte le religioni condividono gli stessi punti di partenza di questa riflessione. Ad esempio, una religione che non afferma la creazione e, al suo posto, insegna l’emanazione della realtà da Dio, non possiede lo stesso contesto culturale e le medesime categorie concettuali per affermare l’universalità della dignità umana. Così, se i diversi gradi sociali sono intesi come “caste”, la cui importanza dipende dal livello della loro emanazione dalla stessa divinità – alcune originarie ed altre più tardive e dunque peggiori – la scoperta e la difesa della dignità di ogni uomo e del suo destino saranno molto più difficili. Ancora, possiamo osservare che il panteismo e il manicheismo non generano quello stesso clima intellettuale da cui il Cristianesimo è condotto a credere che il mondo è creato, è buono, ed è dotato di un destino proveniente da un Dio personale e buono.

Similmente il riferimento alla coscienza è differente nelle diverse religioni. La coscienza, definita come atto della ragione pratica, appartiene alla natura spirituale dell’uomo. Nella prospettiva cristiana, dove si rispetta la coscienza personale che cerca la verità, le si attribuisce un locus etico primario e la dignità della persona eccelle. Invece, in una religione che dà prevalenza in modo indiscusso alla lettera dei propri testi sacri e in cui non vi è spazio per un intellectum quaerens, la stima della coscienza personale non potrà che risultare diminuita. E laddove la difesa contro il male non proviene da un giudizio della coscienza personale, ma solamente da un ambito estrinseco ad essa – magari imposta anche con violenza – per affermare uno specifico modello di vita, sarà indebolito, insieme alla coscienza, anche lo sviluppo della dignità personale e di una vita sociale libera.

Pur cosciente di queste differenze e di questi limiti, Giovanni Paolo II, confidando in una comune ed indelebile natura umana, non ha temuto di bussare alla porta delle religioni e degli uomini religiosi, chiedendo il rispetto della coscienza personale, dell’universale dignità umana, nonché della vita e della pace.




[SM=g1740771]  continua..........

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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