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Attenzione alle citazioni da "bacio perugina" quando sono fatte da un Uomo della Chiesa

Ultimo Aggiornamento: 24/01/2013 11:03
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24/01/2013 11:03
 
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Veniamo alla seconda frase da bacio perugina:

Citazione di spiritualità del giorno - attribuita a Ravasi:

"La santità non è vocazione privilegiata per mistici ma lo sbocco naturale della fede e dell’amore di ogni credente. Bisogna togliere, perciò, dalla santità cristiana quel velo di eccentricità, di esasperazione, di “anormalità” che ha alimentato secoli di agiografia e di predicazione".

 

****

Il concetto in sé non è sbagliato, tutti i battezzati sono chiamati alla santità e tutti i non battezzati sono chiamati, invitati, sollecitati ad intraprendere quell'unica Via (=Gesù il Signore) che conduce all'eternità, non esistono altre "porte".

Quindi se è vero come leggiamo che la santità è lo sbocco naturale della fede, è falso che  a questa si dovrebbe togliere il senso di "anormalità e persino di "eccentricità" che la contraddistingue, piuttosto, da quell'essere "del mondo" che aborrisce la santità delle persone.

E' vero che possiamo comprendere in senso positivo questi avvisi dal momento che un santo non è un extraterrestre, non è un eccentrico, ma un santo è "anormale" agli occhi del mondo, e la sua "eccentricità" produce conversioni, ed è segno di contraddizione come dice il Vangelo. Naturalmente occorre avere una giusta devozione ed un corretto uso del culto dei Santi per non rischiare l'idolatria, rischiando una eccentricità non sul Cristo che cambia la persona, ma sulla figura del santo più o meno simpatica o antipatica.

La frase ad effetto attribuita a Ravasi (e probabilmente estrapolata dal contesto di cui è bene tenere conto, quindi ci riferiamo esclusivamente alla frase come la leggiamo non avendo trovato il testo integrale) è una grave ingiustizia nei confronti dei Martiri, delle migliaia di Cristiani oggi perseguitati nel mondo, uccisi in odio alla fede che professano, che è anormalità ed eccentricità per i nostri nemici.

Senza una sana eccentricità, anormalità e persino senza un privilegio che ci deriva dalla grazia "io ho scelto voi", chi ce lo fa fare ad essere cattolici perseguitati nel mondo e chi ce lo farebbe fare di morire in nome di Cristo?

Gli eroi in battaglia, non muoiono forse per una eccentricità del proprio ideale?

"Il tuo vanto, Israele, sulle tue alture giace trafitto! Perché sono caduti gli eroi?" (2Samuele 1,19)

E quando san Paolo cita gli atleti quali eroi dello sport, non sono forse essi motivati da un talento privilegiato che li spinge a dure prove per vincere la medaglia?

Senza motivazione non si vince alcuna battaglia.

 

Una volta santa Teresa d'Avila, giusto per citare una mistica, mentre pregava e tribolava per le dure prove e tentazioni, chiede a Gesù:

- Signore, come tratti duramente chi ti ama! E' davvero difficile seguirti sulla Croce...

Gesù la consola rispondendole:

- Ma io è così che tratto i miei amici....

santa Teresa che aveva l'umorismo tipico dei Santi, risponde a getto:

- Ora capisco perché ne hai così pochi!

 

San Paolo ai Galati cap. 2 dice chiaramente:

19 In realtà mediante la legge io sono morto alla legge, per vivere per Dio.

20 Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me..."

Senza il giusto senso di eccentricità, esasperazione, anormalità, non ci sarebbe possibile far nostre le affermazioni di Paolo. Chi infatti potrebbe dire " non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" senza rischiare la superbia, l'orgoglio, un centrismo scorretto?

E' Paolo stesso che ci fornisce un elenco nel quale la parola VANTO è quella eccentricità corretta che sprona gli animi alla conversione fino al martirio:

2Corinzi 8,24

Date dunque a loro la prova del vostro affetto e della legittimità del nostro vanto per voi davanti a tutte le Chiese

1Corinzi 9,16

Non è infatti per me un vanto predicare il vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo!

1Corinzi 15,31

Ogni giorno io affronto la morte, come è vero che voi siete il mio vanto, fratelli, in Cristo Gesù nostro Signore!

2Corinzi 1,12

Questo infatti è il nostro vanto: la testimonianza della coscienza di esserci comportati nel mondo, e particolarmente verso di voi, con la santità e sincerità che vengono da Dio.

2Corinzi 11,10

Com'è vero che c'è la verità di Cristo in me, nessuno mi toglierà questo vanto.

Galati 6,14

Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo.

 

Più severi sono gli esempi di Gesù in Matteo cap. 8 dove dice:

7 Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo! 8 Se la tua mano o il tuo piede ti è occasione di scandalo, taglialo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani o due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno. 9 E se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, che avere due occhi ed essere gettato nella Geenna del fuoco. 10 Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli. 11 [È venuto infatti il Figlio dell'uomo a salvare ciò che era perduto].

***

Non è forse questa comprensione un privilegio, una eccentricità agli occhi del mondo, una esasperazione per chi nega il senso del peccato?

Se questa non è eccentricità, "esasperazione" per il modo in cui Paolo ripete gli stessi appelli, "vocazione privilegiata" visto che Gesù dice "non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi", se non è questa una "anormalità" davanti al pensare del mondo, possiamo chiederci, con tutto il rispetto, in quale mondo vive Ravasi!

Perché nella Preghiera quotidiana diciamo: "Ti ringrazio di avermi fatto cristiano"?

La frase attribuita a Ravasi (e, lo ricordiamo, estrapolata probabilmente da un contesto più ampio che potrebbe, letto integralmente, raggiungere invece lo scopo che stiamo sottolineando), va colta nella sua giusta dimensione in cui è san Paolo a spiegarlo: " non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo ", diversamente è di fatto un appiattimento dell'eroicità dei santi, dei martiri e dei mistici.

Senza dubbio che il Signore offre a tutti questa strada, ma è anche senza dubbio che la Chiesa stessa quando conclude un processo canonico di beatificazione e di canonizzazione, parla di eroicità, parla di una vocazione privilegiata offerta a quel tale candidato e di come questi abbia saputo coglierla e renderla fruttuosa; parla di una certa "eccentricità" senza la quale nessun Santo sarebbe riconoscibile da chi non lo è; e parla di una certa "anormalità" che in virtù della grazia è il santo stesso che la rende "normale" sposandola come stile di vita e vivendola nella quotidianità.

 

In conclusione, perché tutte queste parole per spiegare poche frasi che potrebbero interpretarsi anche in modo più innocente?

Perché stiamo perdendo la nostra identità cattolica!

Perché non sentiamo più citare i Santi per diventare Cattolici e seguire Cristo; non sentiamo più parlare di unicità della nostra fede in Cristo; perché parlare di eccentricità o anormalità sembra ora addirittura una offesa; perché ci sembra che un certo ecumenismo e certo dialogo interreligioso ci stia facendo perdere davvero il senso del "chi siamo", il fatto di essere stati "chiamati" da Cristo per un progetto ecclesiale e nella Chiesa. La maggior parte del testo non contiene opinioni personali, ma la Parola del Signore.

Volevano forse essere "eccentrici" san Padre Pio, o una beata Madre Teresa di Calcutta? Possiamo davvero considerare "normale come la nostra" la vita vissuta da san Padre Pio?

Siamo all'ennesimo dubbio, inganno, sincretismo e ambiguità: siamo tutti uguali: Confucio, Gandhi, Martin Luther King, San Paolo, Santa Teresina, tutti uguali! Tutti sullo stesso piano.

Non è vero! è falso!!

L'uguaglianza che condividiamo è quell'essere figli dell'Unico Padre; amati e redenti dall'Unico Figlio e tutti bisognosi di essere salvati e graziati, tutti abbiamo bisogno di Cristo per diventare eredi dell'eternità beata, santi.

Ma non condividiamo l'uguaglianza nei ruoli che altro non sarebbe l'appiattimento delle "opere meravigliose" e diverse che Dio compie a cominciare da Maria Santissima e di come lo canta nel Magnificat "grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente - d'ora in poi tutte le generazioni mi diranno beata", in modo diverso in ognuno, specialmente verso coloro che "chiamati" sanno generosamente rispondere diventando SCANDALO per il mondo; "anormalità, eccentricità" attraverso la quale far risplendere Lui, Gesù Cristo nostro Signore; facendo proprio il Magnificat e poter dire, ognuno di noi al termine di questa corsa: grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente, Santo è il Suo Nome.

"Quanto a me, il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione " (2Tim.4,6-8)

A proposito di questo passo, così lo spiega san Giovanni Crisostomo:

"Paolo se ne stava nel carcere come se stesse in cielo e riceveva percosse e ferite più volentieri di coloro che ricevono il palio nelle gare: amava i dolori non meno dei premi, perché stimava gli stessi dolori come fossero ricompense; perciò li chiamava anche una grazia divina. Ma sta’ bene attento in qual senso lo diceva. Certo era un premio essere sciolto dal corpo ed essere con Cristo (cfr. Fil 1,23), mentre restare nel corpo era una lotta continua; tuttavia per amore di Cristo rimandava il premio per poter combattere: cosa che giudicava ancora più necessaria.

 L’essere separato da Cristo costituiva per lui lotta e dolore, anzi assai più che lotta e dolore. Essere con Cristo era l’unico premio al di sopra di ogni cosa. Paolo per amore di Cristo preferì la prima cosa alla seconda.

 Certamente qui qualcuno potrebbe obiettare che Paolo riteneva tutte queste realtà soavi per amore di Cristo. Certo, anch’io ammetto questo, perché quelle cose che per noi sono fonti di tristezza, per lui erano invece fonte di grandissimo piacere. Ma perché io ricordo i pericoli ed i travagli? Poiché egli si trovava in grandissima afflizione e per questo diceva: « Chi è debole, che anch’io non lo sia? Chi riceve scandalo che io non ne frema? » (2Cor 11,29).

 Ora, vi prego, non ammiriamo soltanto, ma anche imitiamo questo esempio così magnifico di virtù. Solo così infatti potremo essere partecipi dei suoi trionfi".

(Dalle « Omelie » di san Giovanni Crisostomo, vescovo - Om. 2, Panegirico di san Paolo; PG 50,480-484 - Ho combattuto la buona battaglia).

 

***

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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