MOMENTO VII: MissioneDavanti alle opere:
29. Bottega romana, La barca della Chiesa guidata dai santi Pietro e Paolo
30. Anonimo, Dittico con i volti dei santi Pietro e Paolo
31. Manifattura cividalese, Coperta dell'Evangeliario di San Marco
37. Marco Basaiti, San Pietro in cattedra e quattro santi
32. Guido Reni, Paolo redarguisce Pietro penitente
Sappiamo certamente che Pietro viaggiò molto per diffondere il Vangelo, a cominciare dalla Giudea e dalla Samaria. Negli Atti degli Apostoli, Pietro è ricordato, oltre che a Gerusalemme, a Lidda, Joppe, Cesarea. Nella sua prima Lettera, Pietro si rivolge ai «fedeli dispersi nel Ponto, nella Galazia, nella Cappadocia, nell’Asia e nella Bitinia» (1 Pt 1,1), segno che probabilmente ha conosciuto gli abitanti di questi luoghi. Sappiamo certamente, inoltre, che Pietro giunge a Roma, dove culminerà la sua missione e la sua personale vicenda di fede.
La presenza, il martirio e la sepoltura di Pietro è attestata per la prima volta dalle parole del presbitero Gaio, che allude al "trofeo" (ovvero le spoglie mortali) di Pietro in Vaticano; questa testimonianza è riportata proprio nell’opera di Eusebio di Cesarea, citazione diretta delle parole di Gaio degli anni del pontificato di Zefirino, tra il 199 e il 217.
In quello stesso periodo, il martirio è attestato da Tertulliano, che verso il 200 scrive (De praescriptione haereticorum 36) che la preminenza di Roma è legata al fatto che tre apostoli, Pietro, Paolo e Giovanni, vi hanno insegnato e i primi due vi sono morti martiri.
Ancor prima la missione e il martirio di Pietro e di Paolo a Roma sono attestati da Clemente Romano, nella lettera ai Corinzi databile verso l’anno 96.
Nell’arte non mancano le rappresentazioni di Pietro che contengono già gli elementi iconografici che si riferiscono al primato del successore di Pietro, il Papa. Il successore di Pietro diventa il coriféo degli apostoli e della chiesa, ossia colui che – come nei drammi dell’antica Grecia – sta a capo del coro e lo dirige, per produrre, a partire dallo spartito della Parola di Dio, quell’armonia di suoni che è la fede. Egli non decide secondo il proprio arbitrio, ma ha la missione di custodire la fedeltà della Chiesa alla Parola di Dio, superando l’ostacolo dell’arbitrarietà, del conformismo e della volubilità.
L’iconografia petrina, oltre a ripresentare l’apostolo nella gloria dei santi come intercessore, lo presenta spesso rivestito delle prerogative pontificali, in una fusione dei piani temporali che vuole significare il nesso teologico tra il primo anello della catena e i successivi.
All’intercessore per eccellenza che conferma la fede dei fratelli, alla roccia su cui fondarsi nell’edificare da credenti la propria vita, hanno guardato diversi santi e guardano i pellegrini di tutti i tempi, che fin dalla prima ora frequentano la tomba dell’apostolo sul colle Vaticano, per imparare la fede.
MOMENTO VIII: Somiglianza
Davanti alle opere:
33. Hans Süss von Kulmbach, San Paolo sulla via di Damasco
34. Hans Süss von Kulmbach, L'angelo libera san Pietro dal carcere
35. Hans Süss von Kulmbach, Cattura dei santi Pietro e Paolo
36. Hans Süss von Kulmbach, Crocifissione di San Pietro
"Signore dove vai?" aveva domandato a Gesù, nell’ultima cena, secondo il Vangelo di Giovanni; e Gesù gli aveva risposto: "Dove io vado ora tu non puoi seguirmi. Mi seguirai più tardi". Si potrebbe interpretare la risposta come un riferimento all’ingresso nella gloria celeste: in realtà, leggendo attentamente tutti i discorsi della passione negli ultimi capitoli di Giovanni, si capisce che il primo riferimento è alla croce, perché il passaggio attraverso cui Cristo viene introdotto nella gloria è la croce.
Era rimasta in sospeso la promessa di Gesù: "mi seguirai più tardi". E la promessa si compie. "Domine, quo vadis?", chiede Pietro, secondo una leggenda, a Cristo che gli appare sull’Appia Antica mentre a Roma scoppia la persecuzione? "Eo Romam iterum crucifigi", risponde Gesù. Quella croce che Pietro aveva rigettato, meritandosi dopo la trasfigurazione l’appellativo di satana, quella croce di fronte alla cui imminenza era fuggito come un vigliacco nel Getsemani, diventa infine il suo onore supremo. A tal punto che, secondo la tradizione, Pietro, non sentendosi degno di una tale identificazione col Signore, si fa crocifiggere a testa in giù.
È impressionante come, dopo tutta la storia di affiatamento e sgretolamento, di esaltazione e di umiliazione che abbiamo visto, gli Atti degli Apostoli mostrino la trasformazione di Pietro, che diventa sempre più simile a Cristo: Pietro compie molti gesti identici a quelli che Gesù aveva fatto in vita, Pietro sembra Cristo. Ciò è vero fino alla consumazione conclusiva, fino all’immedesimazione totale, fisica, con il sacrificio di Cristo.
Quando l’imperatore Costantino, verso l’anno 320, decise di edificare una basilica sul luogo della tomba di Pietro, sepolto immediatamente al di fuori del circo di Gaio Caligola che segnava il limite settentrionale degli horti di Nerone (i giardini dove era avvenuto, a seguito dell’incendio di Roma dell’anno 64, il martirio dei primi cristiani di Roma e dello stesso Pietro), non sfruttò, come sarebbe stato più ovvio e più sicuro per la solidità della nuova costruzione, lo spazio piano tra Gianicolo e Vaticano che era stato occupato dal circo, ma volle fare corrispondere il punto centrale della Basilica, all’intersezione tra navata centrale e transetto, con la sepoltura dell’apostolo; e con un grandioso lavoro ingegneristico realizzò una vasta piattaforma artificiale, da un lato tagliando le pendici del colle Vaticano, dall’altro seppellendo e utilizzando come fondamenta le strutture della necropoli sviluppatasi lungo il lato settentrionale del circo tra I e IV secolo. La Mole Adriana – trasformata nella struttura che chiamiamo Castel Sant’Angelo – di fatto sorge all’apice opposto del percorso cimiteriale che giunge appunto fino alla tomba di Pietro.
Idealmente, il cammino di Pietro e il percorso della mostra si conclude con lo sguardo dal Castello verso la Basilica.
È un modo per ricordare che la fede, per "quelli che pur non avendo visto crederanno" (Gv 20, 29), è in fondo un vedere attraverso gli occhi di chi ha visto.
Fraternamente CaterinaLD
"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)