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Lo stile di Papa Francesco e le omelie della Messa delle 7 del mattino

Ultimo Aggiornamento: 24/08/2015 18:38
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16/05/2013 13:46
 
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[SM=g1740758]  NO! ai cristiani da salotto incapaci di generare figli alla fede......

2013-05-16 Radio Vaticana
La Chiesa ha tanto bisogno del fervore apostolico che ci spinge avanti nell’annuncio di Gesù. E’ quanto sottolineato, stamani, da Papa Francesco nella Messa alla Casa Santa Marta.

Il Papa ha inoltre messo in guardia dall’essere “cristiani da salotto” senza il coraggio anche di “dare fastidio alle cose troppo tranquille”.

Alla Messa, concelebrata con il cardinale Peter Turkson e mons. Mario Toso, presidente e segretario di “Giustizia e Pace”, ha preso parte un gruppo di dipendenti del dicastero e della Radio Vaticana. Il servizio di Alessandro Gisotti:


Tutta la vita di Paolo è stata “una battaglia campale”, una “vita con tante prove”. Papa Francesco ha incentrato la sua omelia sull’Apostolo delle Genti, che, ha detto, passa la sua vita di “persecuzione in persecuzione”, ma non si scoraggia.
Il destino di Paolo, ha sottolineato, “è un destino con tante croci, ma lui va avanti; lui guarda il Signore e va avanti”:

“Paolo dà fastidio: è un uomo che con la sua predica, con il suo lavoro, con il suo atteggiamento dà fastidio, perché proprio annunzia Gesù Cristo e l’annunzio di Gesù Cristo alle nostre comodità, tante volte alle nostre strutture comode - anche cristiane, no? - dà fastidio. Il Signore sempre vuole che noi andiamo più avanti, più avanti, più avanti… Che noi non ci rifugiamo in una vita tranquilla o nelle strutture caduche, queste cose, no? Il Signore… E Paolo, predicando il Signore, dava fastidio. Ma lui andava avanti, perché lui aveva in sé quell’atteggiamento tanto cristiano che è lo zelo apostolico. Aveva proprio il fervore apostolico. Non era un uomo di compromesso. No! La verità: avanti! L’annunzio di Gesù Cristo: avanti!”

Certo, ha osservato Papa Francesco, San Paolo era un “uomo focoso”. Ma qui non si tratta solo del suo temperamento. E’ il Signore che “si immischia in questo”, in questa battaglia campale. Anzi, ha continuato, è proprio il Signore che lo spinge “ad andare avanti”, a dare testimonianza anche a Roma:
“Fra parentesi, a me piace che il Signore si preoccupi di questa diocesi, fin da quel tempo… Siamo privilegiati! E Lo zelo apostolico non è un entusiasmo per avere il potere, per avere qualcosa. E’ qualcosa che viene da dentro, che lo stesso Signore lo vuole da noi: cristiano con zelo apostolico. E da dove viene questo zelo apostolico? Viene dalla conoscenza di Gesù Cristo. Paolo ha trovato Gesù Cristo, ha incontrato Gesù Cristo, ma non con una conoscenza intellettuale, scientifica - quello è importante, perché ci aiuta - ma con quella conoscenza prima, quella del cuore, dell’incontro personale”.

Ecco cosa spinge Paolo ad andare avanti, “ad annunziare Gesù sempre”. E ha aggiunto: “E’ sempre nei guai, ma nei guai non per i guai, ma per Gesù”, annunciando Gesù “le conseguenze sono queste”. Il fervore apostolico, ha sottolineato, si capisce solo “in un’atmosfera d’amore”. Lo zelo apostolico, ha detto ancora, “ha qualcosa di pazzia, ma di pazzia spirituale, di sana pazzia”. E Paolo “aveva questa sana pazzia”.

Il Papa ha dunque invitato tutti i fedeli a chiedere allo Spirito Santo che faccia crescere in noi lo zelo apostolico che non deve appartenere solo ai missionari. D'altro canto, ha avvertito, anche nella Chiesa ci sono “cristiani tiepidi”, che “non sentono di andare avanti”:

“Anche ci sono i cristiani da salotto, no? Quelli educati, tutto bene, ma non sanno fare figli alla Chiesa con l’annunzio e il fervore apostolico. Oggi possiamo chiedere allo Spirito Santo che ci dia questo fervore apostolico a tutti noi, anche ci dia la grazia di dare fastidio alle cose che sono troppo tranquille nella Chiesa; la grazia di andare avanti verso le periferie esistenziali. Tanto bisogno ha la Chiesa di questo!
Non soltanto in terra lontana, nelle chiese giovani, nei popoli che ancora non conoscono Gesù Cristo, ma qui in città, in città proprio, hanno bisogno di questo annuncio di Gesù Cristo. Dunque chiediamo allo Spirito Santo questa grazia dello zelo apostolico, cristiani con zelo apostolico. E se diamo fastidio, benedetto sia il Signore.
Avanti, come dice il Signore a Paolo: ‘Coraggio’”!




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2013-05-17 L’Osservatore Romano

L’essere peccatori non è un problema; lo è piuttosto non pentirsi di avere peccato, non provare vergogna per quello che si è fatto. 

Papa Francesco — nell’omelia della messa di stamane, venerdì 17 maggio,  a Santa Marta — ha ripercorso la storia degli incontri di Pietro con Gesù, proponendone una lettura particolare. Gesù, ha fatto notare,  «consegna il suo gregge a un peccatore», Pietro.  «Peccatore  ma non corrotto» ha subito precisato, quasi a voler dare maggior forza a quanto stava per dire rivolto ai partecipanti alla celebrazione mattutina: «Peccatori, sì, tutti! ma corrotti, no». Peggio essere corrotti che peccatori.

Il Pontefice ha maturato questa riflessione commentando le letture del giorno (Atti degli apostoli  25, 13-21 e Giovanni  21, 15-19), mettendo soprattutto in evidenza il dialogo d’amore che si sviluppa tra Pietro e Gesù attraverso i loro frequenti incontri dopo il primo “Seguimi!” «quando suo fratello Andrea — ha ricordato  il Papa — lo ha portato da Gesù», il quale dopo averlo guardato «dice: “Ma tu sei Simone”? “Da adesso ti chiamerai Cefa, Pietra”». Era l’inizio di una missione,  ha spiegato, anche se «Pietro non aveva capito niente, ma la missione c’era».

Poi ha riproposto i tanti altri incontri di cui si parla nel Vangelo come per esempio «quella volta, quando Gesù fa il miracolo della pesca; quando Pietro dice a Gesù: “Io sono peccatore”, in un incontro e gli dice anche  “allontanati da me, Signore, perché io sono un peccatore!”. Poi, un altro incontro con Gesù, quando Gesù parla dell’Eucaristia, no?,  mangiare il pane, il Suo Corpo e alcuni si allontanavano, perché non capivano» ed era un discorso «che non piaceva loro». E a quelli che erano rimasti  «Gesù domanda: “Anche voi, volete allontanarvi?”. E Pietro dice: “Ma… Signore, tu solo hai parole di vita eterna”».

Il Santo Padre ha proseguito poi nella descrizione dei diversi incontri tra il Signore e i discepoli, sino a  quando si incrociano di nuovo gli sguardi di Gesù e di Pietro dopo che quest’ultimo, come previsto dal maestro, lo ha rinnegato per tre volte. «Quello sguardo di Gesù, tanto bello — ha detto il Papa —  tanto bello! E Pietro piange».  Questa «è la storia degli incontri » durante i quali Gesù forgia nell’amore l’anima di Pietro.

Quell’amore per il quale Pietro piange quando Gesù, in un altro incontro, «gli chiede per tre volte “Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?”». Ogni volta che Gesù ripete questa domanda a Pietro torna in mente  che lo ha rinnegato, che ha detto di non conoscerlo «e si vergogna. La vergogna di Pietro, no?». 

Insomma «è un uomo grande, questo Pietro. Peccatore: peccatore. Ma il Signore gli fa sentire, a lui e anche a noi, che tutti siamo peccatori» e  che «il problema non è essere peccatori», ma «non pentirsi del peccato, non avere vergogna di quello che abbiamo fatto. Quello è il problema». Ma Pietro sente questa vergogna, questa umiltà, no? Il peccato...».

Solo che Pietro aveva un cuore grande e questo  «lo porta a un incontro nuovo con Gesù, alla gioia del perdono, quella sera, quando ha pianto». Il Signore non recede  da quello che aveva promesso, cioè «“Tu sei pietra”, e anche in questo momento gli dice: “Pasci il mio gregge”» e consegna a un peccatore il suo gregge. «Ma Pietro — ha precisato il vescovo di Roma — era peccatore, ma non corrotto, eh? Peccatori, sì, tutti: corrotti, no».

Poi Papa Francesco ha raccontato, come spesso accade durante queste celebrazioni mattutine, un episodio della propria vita: «Una volta ho saputo di un prete, un buon parroco che lavorava bene; è stato nominato vescovo, e lui aveva vergogna perché non si sentiva degno, aveva un tormento spirituale. È andato dal confessore. Il confessore lo ha ascoltato  e poi gli ha detto: “Ma non ti spaventare. Se con quella così grossa che ha fatto Pietro, lo hanno fatto Papa, tu vai avanti!”.  È che il Signore è così. Il Signore è così. Il Signore ci fa maturare attraverso tanti incontri con lui, anche con le nostre debolezze, quando le riconosciamo; con i nostri peccati. Lui è così, e la storia di quest’uomo che si è lasciato proprio modellare — credo che si dica così — con tanti incontri con Gesù,  serve a tutti noi, perché siamo sulla stessa strada, dietro a Gesù per praticare il Vangelo. Pietro è un grande ma non perché sia dottore in questo o perché sia uno bravo che ha fatto questo... No: è un grande, è un nobile, ha un cuore nobile, e questa nobiltà lo porta al pianto, lo porta al dolore, alla vergogna ma anche a prendere il suo lavoro di pascere il gregge».

Un esempio per tutti  quest’uomo che si incontra continuamente col Signore, ha detto Papa Francesco concludendo, il quale  «lo purifica, lo fa più maturo» proprio con questi incontri. «Chiediamo che  aiuti anche  noi ad andare avanti cercando il Signore e ad incontrarlo. Ma più di questo è importante lasciarci incontrare dal Signore: lui sempre ci cerca, lui è sempre vicino a noi. Ma tante volte, noi guardiamo dall’altra parte perché non abbiamo voglia di parlare con il Signore o di lasciarci incontrare dal Signore: questa è una grazia. Ecco la grazia che ci insegna Pietro. Chiediamo oggi questa grazia».

Alla celebrazione questa mattina hanno partecipato tra gli altri il terzo gruppo di dipendenti dei Musei Vaticani e gli addetti al Servizio di sicurezza dei luoghi di lavoro in Vaticano accompagnati dall’architetto Pierpaolo di Mattia.

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2013-05-18 Radio Vaticana
Il cristiano deve vincere la tentazione di “mischiarsi nella vita degli altri”: è l’esortazione di Papa Francesco nella Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Il Papa ha inoltre sottolineato che chiacchiere e invidie fanno tanto male alla comunità cristiana e che non si può “dire soltanto la metà che ci conviene”.


“A te che importa?” Papa Francesco ha svolto la sua omelia partendo da questa domanda rivolta da Gesù a Pietro che si era immischiato nella vita di un altro, nella vita del discepolo Giovanni, “quello che Gesù amava”. Pietro, ha sottolineato, aveva “un dialogo d’amore” con il Signore, ma poi il dialogo “è deviato su un altro binario” e soffre anche lui una tentazione: “Mischiarsi nella vita degli altri”.

Come si dice “volgarmente”, ha osservato il Papa, Pietro fa il “ficcanaso”. E si è dunque soffermato su due modalità di questo mischiarsi nella vita altrui. Innanzitutto, “la comparazione”, il “compararsi con gli altri”. Quando c’è questa comparazione, ha detto, “finiamo nell’amarezza e anche nell’invidia, ma l’invidia arrugginisce la comunità cristiana”, le “fa tanto male”, il “diavolo vuole quello”. La seconda modalità di questa tentazione, ha soggiunto, sono le chiacchiere.

Si comincia con “modalità tanto educate”, ma poi finiamo “spellando il prossimo”:

“Quanto si chiacchiera nella Chiesa! Quanto chiacchieriamo noi cristiani! La chiacchiera è proprio spellarsi eh? Farsi male ll'uno l’altro. Come se volesse diminuire l’altro,no? Invece di crescere io, faccio che l’altro sia più basso e mi sento grande. Quello non va! Sembra bello chiacchierare… Non so perché, ma sembra bello. Come le caramelle di miele, no? Tu ne prendi una - Ah, che bello! -e poi un'altra, un'altra, un'altra e alla fine ti viene il mal di pancia. E perché? La chiacchiera è cosi: è dolce all’inizio e poi ti rovina, ti rovina l’anima! Le chiacchiere sono distruttive nella Chiesa, sono distruttive… E’ un po’ lo spirito di Caino: ammazzare il fratello, con la lingua; ammazzare il fratello!”.

Su questa strada, ha detto, “diventiamo cristiani di buone maniere e cattive abitudini!”. Ma come si presenta la chiacchiera? Normalmente, ha osservato Papa Francesco, “facciamo tre cose”:
“Facciamo la disinformazione: dire soltanto la metà che ci conviene e non l’altra metà; l’altra metà non la diciamo perché non è conveniente per noi. Alcuni sorridono… ma è vero quello o no? Hai visto che cosa? E passa. Secondo è la diffamazione: quando una persona davvero ha un difetto, ne ha fatta una grossa, raccontarla, 'fare il giornalista'… E la fama di questa persona è rovinata! E la terza è la calunnia: dire cose che non sono vere. Quello è proprio ammazzare il fratello! Tutti e tre - disinformazione, diffamazione e calunnia - sono peccato! Questo è peccato! Questo è dare uno schiaffo a Gesù nella persona dei suoi figli, dei suoi fratelli”.

Ecco perché Gesù fa con noi come aveva fatto con Pietro quando lo riprende: “A te che importa? Tu segui me!” Il Signore davvero ci “segnala la strada”:
“‘Le chiacchiere non ti faranno bene, perché ti porteranno proprio a questo spirito di distruzione nella Chiesa. Segui me!’. E’ bella questa parola di Gesù, è tanto chiara, è tanto amorosa per noi. Come se dicesse: ‘Non fate fantasie, credendo che la salvezza è nella comparazione con gli altri o nelle chiacchiere. La salvezza è andare dietro di me’. Seguire Gesù! Chiediamo oggi al Signore Gesù che ci dia questa grazia di non immischiarci mai nella vita degli altri, di non diventare cristiani di buone maniere e cattive abitudini, di seguire Gesù, di andare dietro Gesù, sulla sua strada. E questo basta!”.

Durante l’omelia, Papa Francesco ha anche rammentato un episodio della vita di Santa Teresina che si chiedeva perché Gesù dava tanto a uno e poco a un altro. La sorella più grande, allora, prese un ditale e un bicchiere e li riempì di acqua e poi chiese a Teresina quali dei due fosse più pieno. “Ma tutti e due sono pieni”, rispose la futura Santa. Gesù, ha detto il Papa, fa “così con noi”, “non gli interessa se tu sei grande, sei piccolo”. Gli interessa “se tu sei pieno dell’amore di Gesù”.

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2013-05-20 Radio Vaticana
Una preghiera coraggiosa, umile e forte, compie miracoli:

è quanto ha affermato il Papa stamani nella Messa presieduta a Santa Marta. Erano presenti alcuni dipendenti della Radio Vaticana accompagnati dal direttore della nostra emittente, padre Federico Lombardi. Il servizio di Sergio Centofanti:


La liturgia del giorno presenta il brano del Vangelo in cui i discepoli non riescono a guarire un fanciullo; deve intervenire Gesù stesso che si lamenta dell’incredulità dei presenti; e al padre di quel ragazzo che chiede aiuto risponde che “tutto è possibile per chi crede”. Papa Francesco osserva che spesso anche quanti vogliono bene a Gesù non rischiano troppo nella loro fede e non si affidano completamente a Lui:
“Ma perché, questa incredulità? Credo che è proprio il cuore che non si apre, il cuore chiuso, il cuore che vuole avere tutto sotto controllo”.

E’ un cuore, dunque, che “non si apre” e non “dà il controllo delle cose a Gesù” – spiega il Papa – e quando i discepoli gli domandano perché non hanno potuto guarire il giovane, il Signore risponde che quella “specie di demoni non si può scacciare in alcun modo se non con la preghiera”. “Tutti noi – sottolinea - abbiamo un pezzo di incredulità, dentro”. E’ necessaria “una preghiera forte, e questa preghiera umile e forte fa che Gesù possa fare il miracolo.

La preghiera per chiedere un miracolo, per chiedere un’azione straordinaria – prosegue - dev’essere una preghiera coinvolta, che ci coinvolga tutti”. E a questo proposito racconta un episodio accaduto in Argentina: una bimba di 7 anni si ammala e i medici le danno poche ore di vita. Il papà, un elettricista, “uomo di fede”, è “diventato come pazzo – racconta il Pontefice - e in quella pazzia” ha preso un autobus per andare al Santuario mariano di Lujan, lontano 70 km:

“E’ arrivato dopo le 9 di sera, quando era tutto chiuso. E lui ha incominciato a pregare la Madonna, con le mani sulla cancellata di ferro. E pregava, e pregava, e piangeva, e pregava … e così, così è rimasto tutta la notte.
Ma quest’uomo lottava: lottava con Dio, lottava proprio con Dio per fare la guarigione della sua fanciulla. Poi, dopo le 6 del mattino, è andato al terminal, ha preso il bus ed è arrivato a casa, all’ospedale alle 9, più o meno. E ha trovato la moglie piangente. E ha pensato al peggio. ‘Ma cosa succede? Non capisco, non capisco! Cosa è successo?’. ‘Mah, sono venuti i dottori e mi hanno detto che la febbre se n’è andata, che respira bene, che non c’è niente! La lasceranno due giorni in più, ma non capiscono che cosa è successo!’. Questo succede ancora, eh?, i miracoli ci sono!”.

Ma è necessario pregare col cuore, conclude il Papa:
“Una preghiera coraggiosa, che lotta per arrivare a quel miracolo; non quelle preghiere per cortesia, ‘Ah, io pregherò per te’: dico un Pater Noster, un’Ave Maria e mi dimentico. No: preghiera coraggiosa, come quella di Abramo che lottava con il Signore per salvare la città, come quella di Mosé che aveva le mani in alto e si stancava, pregando il Signore; come quella di tante persone, di tanta gente che ha fede e con la fede prega, prega. La preghiera fa miracoli, ma dobbiamo credere! Io penso che noi possiamo fare una bella preghiera … e dirgli oggi, tutta la giornata: ‘Credo, Signore, aiuta la mia incredulità’ ... e quando ci chiedono di pregare per tanta gente che soffre nelle guerre, tutti i rifugiati, tutti questi drammi che ci sono adesso, pregare, ma con il cuore il Signore: ‘Fallo!’, ma dirgli: ‘Credo, Signore. Aiuta la mia incredulità’ che anche viene nella mia preghiera. Facciamo questo, oggi”.




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[Modificato da Caterina63 20/05/2013 20:29]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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