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Catechesi Magisteriali di Papa Francesco per i Sacerdoti e Seminaristi

Ultimo Aggiornamento: 08/12/2017 23:53
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12/05/2014 12:11
 
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  ISTITUTI SECOLARI: SIATE RIVOLUZIONARI E NON PERDETE MAI LA SPERANZA

UDIENZA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI ALL'INCONTRO PROMOSSO DALLA 
CONFERENZA ITALIANA DEGLI ISTITUTI SECOLARI

Sala del Concistoro
Sabato, 10 maggio 2014

 

Parole pronunciate a braccio dal Santo Padre:

Io ho scritto un discorso per voi, ma oggi è accaduto qualcosa. È colpa mia perché ho dato due udienze non dico nello stesso tempo, ma quasi. Per questo ho preferito consegnarvi il discorso, perché leggerlo è noioso, e dirvi due o tre cosette che forse vi aiuteranno.

Dal tempo in cui Pio XII ha pensato questo, e poi la Provida Mater Ecclesia, è stato un gesto rivoluzionario nella Chiesa. Gli istituti secolari sono proprio un gesto di coraggio che ha fatto la Chiesa in quel momento; dare struttura, dare istituzionalità agli istituti secolari. E da quel tempo fino ad ora è tanto grande il bene che voi fate nella Chiesa, con coraggio perché c’è bisogno di coraggio per vivere nel mondo. Tanti di voi soli, nel vostro appartamento vanno, vengono; alcuni in piccole comunità. Tutti i giorni, fare la vita di una persona che vive nel mondo, e nello stesso tempo custodire la contemplazione, questa dimensione contemplativa verso il Signore e anche nei confronti del mondo, contemplare la realtà, come contemplare le bellezze del mondo, e anche i grossi peccati della società, le deviazioni, tutte queste cose, e sempre in tensione spirituale… Per questo la vostra vocazione è affascinante, perché è una vocazione che è proprio lì, dove si gioca la salvezza non solo delle persone, ma delle istituzioni. E di tante istituzioni laiche necessarie nel mondo. Per questo io penso così, che con la Provida Mater Ecclesia la Chiesa ha fatto un gesto davvero rivoluzionario!

Vi auguro di conservare sempre questo atteggiamento di andare oltre, non solo oltre, ma oltre e in mezzo, lì dove si gioca tutto: la politica, l’economia, l’educazione, la famiglia… lì! Forse è possibile che voi abbiate la tentazione di pensare: “Ma cosa posso fare io?”. Quando viene questa tentazione ricordate che il Signore ci ha parlato del seme del grano! E la vostra vita è come il seme del grano… lì; è come lievito… lì. È fare tutto il possibile perché il Regno venga, cresca e sia grande e anche che custodisca tanta gente, come l’albero della senape. Pensate a questo. Piccola vita, piccolo gesto; vita normale, ma lievito, seme, che fa crescere. E questo vi dà la consolazione. I risultati in questo bilancio sul Regno di Dio non si vedono. Soltanto il Signore ci fa percepire qualcosa... Vedremo i risultati lassù.

E per questo è importante che voi abbiate tanta speranza! È una grazia che voi dovete chiedere al Signore, sempre: la speranza che mai delude. Mai delude! Una speranza che va avanti. Io vi consiglierei di leggere molto spesso il capitolo 11 della Lettera agli Ebrei, quel capitolo della speranza. E imparare che tanti nostri padri hanno fatto questo cammino e non hanno visto i risultati, ma li hanno salutati da lontano. La speranza… Questo è quello che vi auguro. Grazie tante per quello che fate nella Chiesa; grazie tante per la preghiera e per le azioni. Grazie per la speranza. E non dimenticate: siate rivoluzionari!

 * * *

Discorso preparato dal Santo Padre:

Cari fratelli e sorelle,

vi accolgo in occasione della vostra Assemblea e vi saluto dicendovi: conosco e apprezzo la vostra vocazione! Essa è una delle forme più recenti di vita consacrata riconosciute e approvate dalla Chiesa, e forse per questo non è ancora pienamente compresa. Non scoraggiatevi: voi fate parte di quella Chiesa povera e in uscita che sogno!

Per vocazione siete laici e sacerdoti come gli altri e in mezzo agli altri, conducete una vita ordinaria, priva di segni esteriori, senza il sostegno di una vita comunitaria, senza la visibilità di un apostolato organizzato o di opere specifiche. Siete ricchi solo dell’esperienza totalizzante dell’amore di Dio e per questo siete capaci di conoscere e condividere la fatica della vita nelle sue molteplici espressioni, fermentandole con la luce e la forza del Vangelo.

Siete segno di quella Chiesa dialogante di cui parla Paolo VI nell’Enciclica Ecclesiam suam: «Non si salva il mondo dal di fuori – afferma –; occorre, come il Verbo di Dio che si è fatto uomo, immedesimarsi, in certa misura, nelle forme di vita di coloro a cui si vuole portare il messaggio di Cristo, occorre condividere, senza porre distanza di privilegi, o diaframma di linguaggio incomprensibile, il costume comune, purché umano ed onesto, quello dei più piccoli specialmente, se si vuole essere ascoltati e compresi. Bisogna, ancor prima di parlare, ascoltare la voce, anzi il cuore dell’uomo; comprenderlo, e per quanto possibile rispettarlo e dove lo merita assecondarlo. Bisogna farsi fratelli degli uomini nell’atto stesso che vogliamo essere loro pastori e padri e maestri. Il clima del dialogo è l’amicizia. Anzi il servizio» (n. 90).

Il tema della vostra Assemblea, “Nel cuore delle vicende umane: le sfide di una società complessa”, indica il campo della vostra missione e della vostra profezia. Siete nel mondo ma non del mondo, portando dentro di voi l’essenziale del messaggio cristiano: l’amore del Padre che salva. Siete nel cuore del mondo col cuore di Dio.

La vostra vocazione vi rende interessati ad ogni uomo e alle sue istanze più profonde, che spesso restano inespresse o mascherate. In forza dell’amore di Dio che avete incontrato e conosciuto, siete capaci di vicinanza e tenerezza. Così potete essere tanto vicini da toccare l’altro, le sue ferite e le sue attese, le sue domande e i suoi bisogni, con quella tenerezza che è espressione di  una cura che cancella ogni distanza. Come il Samaritano che passò accanto e vide e ebbe compassione. E’ qui il movimento a cui vi impegna la vostra vocazione: passare accanto ad ogni uomo e farvi prossimo di ogni persona che incontrate; perché il vostro permanere nel mondo non è semplicemente una condizione sociologica, ma è una realtà teologale che vi chiama ad uno stareconsapevole, attento, che sa scorgere, vedere e toccare la carne del fratello.

Se questo non accade, se siete diventati distratti, o peggio ancora non conoscete questo mondo contemporaneo ma conoscete e frequentate solo il mondo che vi fa più comodo o che più vi alletta, allora è urgente una conversione!La vostra è una vocazione per sua natura in uscita, non solo perché vi porta verso l’altro, ma anche e soprattutto perché vi chiede di abitare là dove abita ogni uomo.

L’Italia è la nazione con il maggior numero di Istituti secolari e di membri. Siete un lievito che può produrre un pane buono per tanti, quel pane di cui c’è tanta fame: l’ascolto dei bisogni, dei desideri, delle delusioni, della speranza. Come chi vi ha preceduto nella vostra vocazione, potete ridare speranza ai giovani, aiutare gli anziani, aprire strade verso il futuro, diffondere l’amore in ogni luogo e in ogni situazione. Se questo non accade, se la vostra vita ordinaria manca di testimonianza e di profezia, allora, torno a ripetervi, è urgente una conversione!

Non perdete mai lo slancio di camminare per le strade del mondo, la consapevolezza che camminare, andare anche con passo incerto o zoppicando, è sempre meglio che stare fermi, chiusi nelle proprie domande o nelle proprie sicurezze. La passione missionaria, la gioia dell’incontro con Cristo che vi spinge a condividere con gli altri la bellezza della fede, allontana il rischio di restare bloccati nell’individualismo. Il pensiero che propone l’uomo come artefice di se stesso, guidato solo dalle proprie scelte e dai propri desideri, spesso rivestiti con l’abito apparentemente bello della libertà e del rispetto, rischia di minare i fondamenti della vita consacrata, specialmente di quella secolare. E’ urgente rivalutare il senso di appartenenza alla vostra comunità vocazionale che, proprio perché non si fonda su una vita comune, trova i suoi punti di forza nel carisma. Per questo, se ognuno di voi è per gli altri una possibilità preziosa di incontro con Dio, si tratta di riscoprire la responsabilità di essere profezia come comunità, di ricercare insieme, con umiltà e con pazienza, una parola di senso che può essere un dono per il Paese e per la Chiesa, e di testimoniarla con semplicità. Voi siete come antenne pronte a cogliere i germi di novità suscitati dallo Spirito Santo, e potete aiutare la comunità ecclesiale ad assumere questo sguardo di bene e trovare strade nuove e coraggiose per raggiungere tutti.

Poveri tra i poveri, ma con il cuore ardente. Mai fermi, sempre in cammino. Insieme ed inviati, anche quando siete soli, perché la consacrazione fa di voi una scintilla viva di Chiesa. Sempre in cammino con quella virtù che è una virtù pellegrina: la gioia!

Grazie, carissimi, di quello che siete. Il Signore vi benedica e la Madonna vi protegga. E pregate per me!

 





SANTA MESSA CON ORDINAZIONI PRESBITERALI

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Basilica Vaticana
IV Domenica di Pasqua, 11 maggio 2014

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Per l’Omelia, il Santo Padre ha pronunciato le parole suggerite dal Rito di Ordinazione dei Presbiteri, soffermandosi a sottolinearne alcuni passaggi.

 

Fratelli carissimi, questi nostri figli e fratelli sono stati chiamati all’ordine del presbiterato. Come voi ben sapete, il Signore Gesù è il solo sommo sacerdote del Nuovo Testamento; ma in lui anche tutto il popolo santo di Dio è stato costituito popolo sacerdotale. Nondimeno, tra tutti i suoi discepoli, il Signore Gesù vuole sceglierne alcuni in particolare, perché esercitando pubblicamente nella Chiesa in suo nome l’ufficio sacerdotale a favore di tutti gli uomini, continuassero la sua personale missione di maestro, sacerdote e pastore.

Dopo matura riflessione, noi stiamo per elevare all’ordine dei presbiteri questi nostri fratelli, perché al servizio di Cristo maestro, sacerdote e pastore cooperino a edificare il corpo di Cristo, che è la Chiesa, in popolo di Dio e tempio santo dello Spirito.

Essi saranno infatti configurati a Cristo sommo ed eterno sacerdote, ossia saranno consacrati come veri sacerdoti del Nuovo Testamento, e a questo titolo, che li unisce nel sacerdozio al loro vescovo, saranno predicatori del Vangelo, pastori del popolo di Dio, e presiederanno le azioni di culto, specialmente nella celebrazione del sacrificio del Signore.

Quanto a voi, fratelli e figli dilettissimi, che state per essere promossi all’ordine del presbiterato, considerate che esercitando il ministero della sacra dottrina sarete partecipi della missione di Cristo, unico maestro. Dispensate a tutti quella Parola, che voi stessi avete ricevuto con gioia, dalle vostre mamme, dalle vostre catechiste. Leggete e meditate assiduamente la parola del Signore per credere ciò che avete letto, insegnare ciò che avete appreso nella fede, vivere ciò che avete insegnato. Sia dunque nutrimento al popolo di Dio la vostra dottrina, che non è vostra: voi non siete padroni della dottrina! E’ la dottrina del Signore, e voi dovete essere fedeli alla dottrina del Signore! Sia dunque nutrimento al popolo di Dio la vostra dottrina, gioia e sostegno ai fedeli di Cristo il profumo della vostra vita, perché con la parola e l’esempio edifichiate la casa di Dio, che è la Chiesa.

E così voi continuerete l’opera santificatrice dì Cristo. Mediante il vostro ministero il sacrificio spirituale dei fedeli viene reso perfetto, perché congiunto al sacrificio di Cristo, che per le vostre mani in nome di tutta la Chiesa viene offerto in modo incruento sull’altare nella celebrazione dei santi misteri.

Riconoscete dunque ciò che fate, imitate ciò che celebrate, perché partecipando al mistero della morte e risurrezione del Signore, portiate la morte di Cristo nelle vostre membra e camminiate con lui in novità di vita.

Con il Battesimo aggregherete nuovi fedeli al popolo di Dio; con il sacramento della Penitenza rimetterete i peccati in nome di Cristo e della Chiesa. E qui voglio fermarmi e chiedervi, per l’amore di Gesù Cristo: non stancatevi mai di essere misericordiosi! Per favore! Abbiate quella capacità di perdono che ha avuto il Signore, che non è venuto a condannare, ma a perdonare! Abbiate misericordia, tanta! E se vi viene lo scrupolo di essere troppo “perdonatori”,pensate a quel santo prete del quale vi ho parlato, che andava davanti al tabernacolo e diceva: “Signore, perdonami se ho perdonato troppo. Ma sei tu che mi hai dato il cattivo esempio!”. E io vi dico, davvero: a me fa tanto dolore quanto trovo gente che non va più a confessarsi perché è stata bastonata, sgridata. Hanno sentito che le porte delle chiese gli si chiudevano in faccia! Per favore, non fate questo: misericordia, misericordia! Il buon pastore entra per la porta e la porta della misericordia sono le piaghe del Signore: se voi non entrate nel vostro ministero per le piaghe del Signore, non sarete buoni pastori.

Con l’Olio santo darete sollievo agli infermi; celebrando i sacri riti e innalzando nelle varie ore del giorno la preghiera di lode e di supplica, vi farete voce del popolo di Dio e dell’umanità intera.

Consapevoli di essere stati scelti fra gli uomini e costituiti in loro favore per attendere alle cose di Dio, esercitate in letizia e in carità sincera l’opera sacerdotale di Cristo, unicamente intenti a piacere a Dio e non a voi stessi.

E pensate a quello che diceva Sant’Agostino dei pastori che cercavano di piacere a se stessi, che usavano le pecorelle del Signore come pasto e per vestirsi, per indossare la maestà di un ministero che non si sapeva se fosse di Dio. Infine, partecipando alla missione di Cristo, capo e pastore, in comunione filiale con il vostro vescovo, impegnatevi a unire i fedeli in un’unica famiglia, per condurli a Dio Padre per mezzo di Cristo nello Spirito Santo. Abbiate sempre davanti agli occhi l’esempio del Buon Pastore, che non è venuto per essere servito, ma per servire, e per cercare e salvare ciò che era perduto.

 



2014-05-12 Radio Vaticana

Il Papa ha incontrato stamani, 12 maggio,  nell’Aula Paolo VI in Vaticano i rettori e gli studenti dei Pontifici Collegi e Convitti di Roma.

Riferendosi a quanti tra gli studenti provengono dal Medio Oriente e dall’Ucraina ha detto: “Voglio dirvi che vi sono molto vicino in questo momento di sofferenza: davvero, molto vicino; e nella preghiera. Si soffre tanto nella Chiesa; si soffre tanto” e “la Chiesa sofferente è anche la Chiesa perseguitata in alcune parti, e vi sono vicino”.

L’incontro si è svolto in modo libero, con domande e risposte a braccio del Papa. Rispondendo ad una prima domanda sulla formazione accademica, Papa Francesco ha osservato che “c’è il pericolo dell’accademismo”. “I vescovi – ha detto - vi inviano qui perché abbiate una laurea, ma anche per tornare in diocesi. Ma in diocesi dovete lavorare nel presbiterio, come presbiteri”.

Poi ha proseguito: “Ci sono quattro pilastri nella formazione sacerdotale”: “la formazione spirituale, la formazione accademica, la formazione comunitaria e la formazione apostolica. E’ vero che qui, a Roma, si sottolinea – perché per questo siete stati inviati – la formazione intellettuale; ma gli altri tre pilastri si devono coltivare, e tutti e quattro” interagiscono “tra di loro, e io non capirei un prete che venga” a prendere una laurea qui, a Roma, e “che non abbia una vita comunitaria - quello non va - o non cura la vita spirituale – la Messa quotidiana, la preghiera quotidiana, la lectio divina, la preghiera personale con il Signore – o la vita apostolica”.

“Il purismo accademico – ha aggiunto - non fa bene: non fa bene”. “Il Signore vi ha chiamati ad essere sacerdoti, ad essere presbiteri: questa è la regola fondamentale. E c’è un’altra cosa che vorrei sottolineare: se soltanto si vede la parte accademica, c’è pericolo di scivolare sulle ideologie, e questo ammala. Anche, ammala la concezione di Chiesa. Per capire la Chiesa c’è bisogno di capirla dallo studio ma anche dalla preghiera, dalla vita comunitaria e dalla vita apostolica. Quando noi scivoliamo su una ideologia, perché siamo 'macrocefali', per esempio, e andiamo su quella strada, avremo una ermeneutica non cristiana, un’ermeneutica della Chiesa ideologica. E questo fa male, questa è una malattia. L’ermeneutica della Chiesa dev’essere l’ermeneutica che la Chiesa stessa ci offre, che la Chiesa stessa ci dà. Capire la Chiesa con occhi di cristiano; capire la Chiesa con mente di cristiano; capire la Chiesa con cuore cristiano; capire la Chiesa dall’attività cristiana. Al contrario, la Chiesa non si capisce, o finisce mal capita. Per questo è importante sottolineare, sì, il lavoro accademico perché per questo siete stati inviati; ma non trascurare gli altri tre pilastri: la vita spirituale, la vita comunitaria e la vita apostolica”.

Un seminarista cinese ha poi chiesto al Papa un consiglio per fare della comunità del seminario “un luogo di crescita umana e spirituale e di esercizio di carità sacerdotale”.
Papa Francesco ha citato un vecchio vescovo dell’America Latina: “E’ molto meglio il peggiore seminario che il non-seminario”. “Se uno si prepara al sacerdozio da solo, senza comunità – ha proseguito il Papa - questo fa male. La vita del seminario, cioè la vita comunitaria, è molto importante. E’ molto importante perché c’è la condivisione tra i fratelli, che camminano verso il sacerdozio, ma anche ci sono i problemi, ci sono le lotte: lotte di potere, lotte di idee, anche lotte nascoste; e vengono i vizi capitali: l’invidia, la gelosia … E anche, vengono le cose buone: le amicizie, lo scambio di idee e questo è l’importante della vita comunitaria. La vita comunitaria non è il paradiso: almeno, il purgatorio” – ha affermato il Papa tra gli applausi.

Un santo gesuita – ha aggiunto – “diceva che la maggiore penitenza, per lui, era la vita comunitaria. E’ vero, no? Ma, per questo credo che dobbiamo andare avanti, nella vita comunitaria. Ma come? Son quattro-cinque cose che ci aiuteranno tanto: mai, mai sparlare di altri! Se io ho qualcosa contro l’altro, o che non sono del parere: in faccia! Ma noi, i chierici, abbiamo la tentazione di non parlare in faccia, di essere troppo diplomatici, quel linguaggio clericale, no? … Ma, ci fa male! Ci fa male!”. [applauso]

Quindi ha raccontato un fatto risalente a 22 anni fa, quando era stato appena nominato vescovo, e aveva come segretario un sacerdote giovane, ordinato da qualche mese. Nei primi mesi – ha detto – “ho preso una decisione un po’ diplomatica – troppo diplomatica – e con le conseguenze che vengono da queste decisioni che non si prendono nel Signore”. E ha chiesto un parere al segretario. “E lui mi ha guardato in faccia – un giovane, eh? – e mi ha detto: ‘Lei ha fatto male: lei non ha preso una decisione paterna’, e mi ha detto tre o quattro di quelle forti [ridono] Molto rispettoso, ma me le ha dette. E poi, quando se n’è andato, io ho pensato: ‘Questo non lo allontanerò mai dal posto di segretario: questo è un vero fratello!’. Invece, quelli che ti dicono le cose belle davanti e poi da dietro non tanto belle … [ridono] E’ importante, quello, ma … [applauso] le chiacchiere sono la peste di una comunità: si parla in faccia, sempre. E se non hai il coraggio di parlare in faccia, parla al superiore o al direttore, che lui ti aiuterà. Ma non andare per le stanze dei compagni per sparlare. Ma, si dice che chiacchierare è cosa di donne: ma anche di maschi, anche di noi! Noi chiacchieriamo abbastanza e quello distrugge la comunità. Poi, un’altra cosa è sentire, ascoltare le diverse opinioni e discutere le opinioni, ma bene, cercando la verità, cercando l’unità: questo aiuta la comunità”.

E ancora ha raccontato di quando, giovane studente di filosofia, confessò al suo padre spirituale di essere arrabbiato con una persona: “E lui mi ha fatto una sola domanda: ‘Dimmi, tu hai pregato per lui?’. Niente più. E io ho detto: ‘No’. E lui è rimasto zitto. ‘Ma abbiamo finito’, mi ha detto. [ridono – applauso] Ma, pregare: pregare per tutti i membri della comunità, ma pregare principalmente per quelli con cui ho problemi o per quelli a cui io non voglio bene, perché non volere bene ad una persona alcune volte è una cosa naturale, istintiva; ma, pregare: e il Signore farà il resto. Ma sempre pregare. La preghiera comunitaria”. “Vi assicuro che se voi fate queste due cose, la comunità va avanti, si può vivere bene, si può parlare bene, si può discutere bene, si può pregare bene insieme … ma, due piccole cose: non sparlare degli altri e pregare per quelli con i quali io ho problemi”.

Uno studente messicano gli ha chiesto un consiglio su come essere vigilanti per restare fedeli alla vocazione. La vigilanza – ha risposto il Papa – “è un atteggiamento cristiano”. “La vigilanza su se stesso: cosa succede nel mio cuore? Perché dove è il mio cuore è il mio tesoro. Cosa succede, lì? Dicono i Padri orientali, che si deve conoscere bene se il mio cuore è in una turbolenza o il mio cuore è tranquillo”. “Ma se è in turbolenza, non si può vedere cosa c’è dentro. Come il mare. Non si vedono i pesci, quando il mare è così”. Come primo consiglio quando il cuore è nella turbolenza, il Papa ha citato quanto dicevano quando i Padri russi: “andare sotto il manto della Santa Madre di Dio. Ricordatevi che la prima antifona latina è questa, proprio: nei tempi di turbolenza, cercare rifugio sotto il manto della Santa Madre di Dio. E’ l’antifona ‘sub tuum presidium Sancta Dei Genitrix’”. “Prima di tutto, andare là, e là aspettare che ci sia un po’ di calma: con la preghiera, con l’affidamento alla Madonna …
Qualcuno di voi mi dirà: ‘Ma Padre, in questo tempo di tanta modernità buona, della psichiatria, della psicologia, in questi momento di turbolenza credo che sarebbe meglio andare dallo psichiatra che mi aiuti …’. Ma non scarto quello, ma prima di tutto andare alla Madre: perché un prete che si dimentica della Madre e soprattutto nei momenti di turbolenza, qualcosa gli manca. E’ un prete orfano: si è dimenticato di sua mamma!”. E’ “nei momenti difficili” che “il bambino va dalla mamma, sempre. E noi siamo bambini, nella vita spirituale: questo non dimenticarlo sempre! Vigilare come sta il mio cuore. Tempo di turbolenza, andare a cercare rifugio sotto il manto della Santa Madre di Dio. Così dicono i monaci russi, e in verità, è così”.


 


 

[Modificato da Caterina63 12/05/2014 18:32]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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