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Ma perchè il Matrimonio è un Sacramento ed è indissolubile?

Ultimo Aggiornamento: 26/03/2017 22:01
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Sesso: Femminile
24/10/2014 23:05
 
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Gesù ha detto che chi ripudia la propria moglie TRANNE IN CASO DI CONCUBINATO commette adulterio. E' scritto chiaro chiaro nei Vangeli. Mò, perchè la Chiesa non consente lo scioglimento del matrimonio solo in questi casi? E perchè nessuno fa mai riferimento a questo pezzettino quando si fa riferimento a quelle parole di Gesù? Grazie.

Risposta: la traduzione dice letteralmente "fornicazione- fornicationem-impudicizia" (Vangeli in greco, latino e italianoa fronte, della paoline), la nota tenendo a mente la traduzione greca e latina in sostanza dice: si precisa dunque "se non per impudicizia; all'infuori del caso di impudicizia" il verso fa riferimento ad un altro passo di Mt. cap.5, 31 "Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio; 32 ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio."
La risposta dei discepoli mette a nudo la superbia dell'uomo nei confronti della donna, il cui ripudio era facile e quasi mai con un processo giusto, l'uomo poteva tradire la propria moglie, ma la donna se lo faceva veniva anche lapidata.
Gesù affronta un caso delicato e naturalmente mette in crisi i suoi interlocutori, ma le sue parole sono chiare, i giochi sono finiti e la donna posta al suo fianco non è un gioco e non può essere ripudiata a proprio piacimento.
Interverrà San Paolo sulla vicenda più volte, qui in particolare in 1Cor.7,1; 2, 7-9
La Chiesa accoglie letteralmente le parole di Gesù in Matteo e le spiegazioni di San Paolo: l'uomo può anche ripudiare la donna in caso di fornicationem-impudicizia, ma non può sposarne un altra, perciò i discepoli dicono "se le cose stanno così, meglio non sposarsi", perchè Gesù ha inteso dire che il matrimonio è fino alla morte. - qui finisce la Nota - non dimentichiamo che una pezza la Chiesa ce la mise con il ricorso alla Sacra Rota, di più non può fare.


Un sacerdote risponde

Nel Vangelo di Matteo 5,32 Gesù Cristo parla di concubinato


Quesito

Buongiorno Padre,
Le porgo una domanda che è spesso dibattuta in molti siti internet, ho provato a chiarirmi le idee, ma non ne vengo a capo.
Nel Vangelo di Matteo 5,32 Gesù Cristo parla di concubinato (tradotto anche in "fornicazione" o "unione illegittima").
Volevo capire bene questo versetto del Vangelo, sembra quasi che Gesù Cristo possa concedere un solo motivo per separarsi ad una coppia di sposi, il motivo sarebbe appunto solo in caso di unione illegittima da parte di uno dei coniugi con terze persone. Se fosse così, la Chiesa dovrebbe valutare caso per caso prima di considerare come "peccatore" i nostri fratelli separati e/o divorziati?
Confidando in una sua risposta, La ringrazio in anticipo e La saluto con affetto.
Francesco

  Risposta del sacerdote

Caro Francesco,
1. Gesù non concede alcuna possibilità di rompere il vincolo agli sposi. Diversamente cadrebbe in contraddizione con se stesso.
La sua volontà è ben chiara da Mt 19,3-7: “Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: «E' lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?». Ed egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi»”
e da Mc 10,9-12: “«L'uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto». Rientrati a casa, i discepoli lo interrogarono di nuovo su questo argomento. Ed egli disse: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio»”.

2. Rimane l’inciso di Mt 5,32: “ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio”
e di Mt 19.9: “Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un'altra commette adulterio”.

3. Ci si domanda giustamente a che cosa alluda il Signore inserendo quella clausola “eccetto il caso di concubinato”.
Questa parola concubinato nel testo greco è detta porneia.

4. È illuminante il commento prestigioso della Bibbia di Gerusalemme che fornisce tre interpretazioni.
La prima: “Data la forma assoluta dei testi paralleli (Mc 10,11s; Lc 16,18 e 1 Cor 7,10s), è poco verosimile che tutti e tre abbiano soppresso una clausola restrittiva di Gesù; è più probabile invece che uno degli ultimi redattori del primo Vangelo l'abbia aggiunta per rispondere a una problematica rabbinica (discussione tra Hillel e Shammai sui motivi che legittimano il divorzio), evocata già dal contesto (v. 3), e che poteva preoccupare l'ambiente giudeo-cristiano per il quale egli scriveva.
Si avrebbe dunque qui una decisione ecclesiastica diportata locale e temporanea, come fu quella del decreto di Gerusalemme riguardante la regione di Antiochia (At 15,23-29).
Il significato di porneia orienta la ricerca, nella stessa direzione.
Alcuni vogliono vedervi la fornicazione nel matrimonio, cioè l'adulterio, e trovano qui il permesso di divorziare in un caso simile; così le Chiese ortodosse e protestanti. Ma in questo senso ci si sarebbe aspettati un altro termine, moicheia”.

5. La seconda: sembra più verosimilmente che porneia indichi i matrimoni contratti tra ebrei e pagani, che erano proibiti secondo il Levitico. Ai tempi di Gesù era facile trovare una donna ebrea che aveva abbandonato il marito per mettersi insieme con un soldato romano, il cui patrimonio economico era più consistente.
La legge consentiva di ripudiare la moglie qualora si vedesse in lei qualcosa di brutto.
Ma ai tempi di Gesù la legge veniva interpretata anche a favore della moglie, qualora vedesse nel marito qualcosa di brutto. Questo qualcosa di brutto poteva consistere nel patrimonio esiguo del marito a confronto con quello del soldato romano diventato proselito, simpatizzante del giudaismo.
Ma tale unione era considerata illegittima, alla pari delle unioni incestuose e pertanto non dava origine ad un matrimonio, ma ad un concubinato. Porneia avrebbe qui il senso tecnico di zenüt o «prostituzione» degli scritti rabbinici.
Qui allora si troverebbe “l'ordine di rompere tali unioni irregolari che erano solo falsi matrimoni”.
Ques’interpretazione è la più comune.

6. La Bibbia di Gerusalemme accenna anche ad una terza interpretazione.
Essa “ritiene che la licenza accordata dalla clausola restrittiva non sia quella del divorzio, ma della «separazione» senza seconde nozze. Una tale istituzione era sconosciuta al giudaismo, ma le esigenze di Gesù hanno richiesto più di una soluzione nuova e questa è già chiaramente supposta da Paolo in 1 Cor 7,11”.

7. Trattandosi in ogni caso di unioni illegittime, non capisco la tua conclusione sebbene posta in termini interrogativi: “Se fosse così, la Chiesa dovrebbe valutare caso per caso prima di considerare come "peccatore" i nostri fratelli separati e/o divorziati?

Ti saluto, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo

Pubblicato 30.01.2011



«Divorziata, risposata e senza comunione. Giusto così»
di Renzo Puccetti05-11-2014

L'eucarestia ai divorziati? Il magistero dice no

«Il giorno in cui la mia anima diventò cattolica fu il giorno in cui scoprii che come donna divorziata risposata non potevo ricevere la Comunione. Sgorgarono lacrime di dolore e di gioia. Dolore perché avevo finalmente compreso la verità della transustanziazione soltanto per scoprire di non poterla ricevere, e gioia perché avevamo finalmente trovato il fondamento della vera autorità, la sua Chiesa, quella che lui aveva fondato, quella il cui scopo era conservare tutto ciò che lui aveva insegnato agli Apostoli».

Comincia così un articolo di Luma Simms comparso sulla rivistacattolica FIrst Things (clicca qui) L'autrice, con un background di studi in fisica ed esperienze nell'ambito del diritto, ha scritto Gospel Amnesia, un libro che racconta la sindrome che affligge l'uomo moderno: ricevere il Vangelo, dimenticarlo e marginalizzarlo nella vita. Luma Simms, cresciuta in Iraq e in Grecia, prima di trasferirsi negli Stati Uniti dove ora vive nella città di Phoenix conducendo la vita di casalinga, moglie, mamma di cinque figli e blogger, racconta la sua stessa esperienza dolorosa di ammalata di quella amnesia per il Vangelo.

Durante il Sinodo straordinario sulla famiglia abbiamo ascoltato il mantra di non pochi prelati convinti che per convertire al Vangelo c'è bisogno di offrirne alla gente una versione inconsistente e insipida. L'esperienza sta a dimostrare l'esatto contrario. E così è avvenuto per Luma Simms, cresciuta nel calvinismo, diventata cattolica dopo la lettura dell'insegnamento cattolico più scandaloso, contestato, contro-culturalmente connotato dell'ultimo secolo: Humanae vitae, l'enciclica di Paolo VI che ribadiva XX secoli di condanna (parola mi rendo conto sconveniente per un cattolico che voglia mostrarsi accettabile) della contraccezione. Quella lettura, anziché allontanare la Simms, le sciolse il cuore, spingendola ad approfondire il tema attraverso la teologia del corpo, Familiaris consortio e Mulieris dignitatem. Divorziata lei stessa e toccata dal divorzio di un membro della propria famiglia dopo 43 anni di matrimonio, Luma Simms racconta dei dubbi e delle domande dei figli sul matrimonio fino a quando uno di loro attorno al tavolo di cucina disse ai fratelli in presenza dei genitori: «non potrete mai sapere» se entrambi mamma e papà saranno lì per voi mentre crescete.

Queste parole, così chiare, forti, pronunciate da un figlio, hanno fatto comprendere l'importanza, la bellezza, il dono di una Chiesa che non tentenni sulla indissolubilità del matrimonio, di una fedeltà che rifletta quella di Dio per la sua sposa, la Chiesa. Certo, racconta Luma Simms, nel viaggio ci sono alti e bassi, c'è la certezza e il dubbio, si avverte la presenza e ci si sente come abbandonati e sopraffatti cercando risposte nel Santissimo Sacramento. 

«Tante volte mi sono svegliata di notte pensando: come posso prendere in considerazione il cattolicesimo? Ma poi la mattina successiva alla Messa quotidiana pregando la liturgia faccio esperienza della profonda presenza di Dio anche se non prendo l'Eucaristia. Dal momento che ora non posso ricevere l'Eucaristia, è attraverso la comunione spirituale che sono nutrita spiritualmente dal Signore. Questo atto della volontà di riceverla non è, come qualcuno può pensare, una Comunione di seconda classe. Lungi da esso, credere in questo modo è sminuire uno dei modi con cui Cristo nutre il suo popolo».

Quando parla della comunione spirituale, Luma Simms racconta di non provare l'assenza di qualcosa, ma piuttosto la presenza del Signore; ha la certezza che Dio non vuole che nutra risentimento per il sacerdote che non le dà la Comunione, non si piange addosso con autocommiserazione. No, Luma Simms è testimone potente e credibile di quanto siano farlocche le soluzioni pastorali "creative" applicate da episcopati fallimentari che hanno consegnato milioni di cattolici del Nord Europa all'agnosticismo e nel Sud America agli evangelici. 

C'è tanta più etica della responsabilità in quanto afferma questa donna, di quanta se ne possa trovare in una pila di tomi di teologia dei liberale. «Prima che vi rattristiate per me, ricordatevi che non è stata la Chiesa a farmi questo. Sono stata io a farlo a me stessa quando ho disobbedito al mio Dio allontanandomi dal mio primo matrimonio. Ero giovane e immatura? Sì. Sono state le circostanze a condurmi a misure così drastiche? Certo. E sì, sto procedendo in un decreto di nullità affidandomi a Dio per una giusta decisione. Qualsiasi sia l'esito non posso né voglio allontanarmi dalla Chiesa perché voglio rimanere salda negli insegnamenti di Cristo». 

Ed è proprio l'autentico sensus fidei, così tante volte evocato a sproposito e deformato da impresentabili pastorali accecate da demolatria che, quasi come un istinto, allerta questa convertita americana circa l'intrinseca connessione che da un mutamento della prassi, porterebbe ad uno stravolgimento della dottrina: «Qualcuno può essere sconvolto all'idea di sottomettermi ad una Chiesa che mi dice che non posso ricevere la Comunione perché sono divorziata e risposata. Ma a meno che non si dimostri altrimenti, qualsiasi alterazione della Comunione per i divorziati risposati corromperà la dottrina del matrimonio e (abbassando l'immagine della Chiesa come la sposa di Cristo) svilirà la Chiesa. Le ho corso incontro in cerca di riparo. Ora prego (per la salvezza mia e dei miei figli) che la Chiesa non vacilli». Anch'io prego con Luma Simms che i pastori trovino forza e coraggio per scacciare i lupi, soprattutto quelli vestiti da agnelli, in assoluto i più letali.

   

 


[Modificato da Caterina63 07/11/2014 00:14]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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