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Il Catechismo detto "di san Bellarmino" ossia dal Concilio di Trento

Ultimo Aggiornamento: 02/06/2013 16:51
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02/06/2013 16:49
 
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COSTUMI DEGLI ERETICI, EFFICACIA DELLA DOTTRINA CATTOLICA.
TESTIMONIANZA DEGLI AVVERSARI

 

 

     Domenica, per causa della dedicazione di un altare che si festeggerà: in questa chiesa, non si potrà tenere il discorso; come anche, se vi ricordate, fu tralasciato nei due anni passati, per la stessa ragione. Il prossimo discorso si differirà alla Domenica delle Palme. In essa, coll'aiuto di Dio, diremo qualche cosa intorno alla Passione di Nostro Signore Gesù Cristo, e forse spiegheremo brevemente le sette parole, che il Signore disse sulla croce: Oggi nella seconda parte del nostra discorso abbiamo creduto di dover terminare necessariamente gli argomenti contro gli eretici; primo perché la celebrità del tempo, in cui cadono i seguenti discorsi, li vuole essa di suo diritto tutti per sé: secondo perché l'epistola di oggi è oscura e intralciata di grandi questioni. Essa si può spiegar meglio nelle scuole col metodo scolastico, che non con una predica in questa riunione popolare.

     Torniamo al nostro argomento. Abbiamo esposto quattro costumanze principali tanto degli eretici antichi, quanto dei recenti. In quinto luogo fu comune agli eretici antichi, subito al bel principio scindersi in varie sette e del tutto discordanti fra loro. Dei Valentiniani testimonia Sant'Ireneo, nel libro primo contro le eresie. che non ci furono tra loro due o tre, che dessero le stesse risposte intorno alle stesse cose. Tutti sanno, che gli Ariani subito si trovarono divisi in Acaciani. Erunomiani e Macedoniani, come anche i Manichei in Cataristi, Macarii e Manichei propriamente detti. Dei Donatisti - e lascio altri dei quali ci siamo occupati altra volta - così parla Sant'Agostino nel libro terzo, capo quarto. contro la lettera di Parmeniano: «Dicono i Donatisti Cartaginesi, o chiunque si trova nella città di Cartagine, quanti partiti si sono fatti dello stesso partito di Donato anche solo nell'Africa per la Numidia e per la Mauritania». E di nuovo nel lib. 1° del battesimo contro i Donatisti al capo 6° ricorda, che al suo tempo l'eresia di Donato era frastagliata in minutissimi frammenti.

     Non è necessario dire degli eretici del nostro tempo. Chi non sa, che al giorno presente la famiglia dei Luterani è cresciuta a quasi cento sette di vari e opposti colori? Quando mai fu così palese la nota del falso vangelo? Sono di parere, che certo i nostri posteri stenteranno a credere, che entro lo spazio di 50 anni una eresia si sia potuta disgregare e spezzare in 100 eresie diverse e opposte. Noi con molto maggior ragione potremo dire degli eretici ciò, che il grande S. Basilio, nel discorso dell'opera dei sei giorni, afferma dei filosofi, bastare per la loro rovina il loro dissenso, dal momento che, ciò che asserisce uno, viene immediatamente negato da un altro.

     In sesto luogo fu distintivo comune degli eretici antichi, quando non potevano rispondere agli argomenti dei dottori cattolici, asserire impudentemente, che la Chiesa aveva errato per l'innanzi, ed anche che era perita del tutto. Vincenzo nel commonitorio depone, che soleva dir questo Nestorio. Il medesimo attribuisce ai Donatisti Sant'Agostino, nel capo dodicesimo dell'unità della Chiesa, dicendo: «Costoro operano con fallacia. Raccolgono dalle divine Scritture passi che vanno intesi, o contro i cattivi mescolati coi buoni fino alla fine, o che si intendono del guasto del primo popolo dei Giudei. E vorrebbero far intendere altrettanto contro la chiesa di Dio; così che sembri, che essa sia venuta meno e sia scomparsa da tutta la terra». Questo dice Sant'Agostino dei Donatisti. Ma il medesimo si adatta a puntino ai nostri Luterani e Calvinisti. Quando i cattolici domandano, dove mai fosse la Chiesa, prima che nascesse Lutero, non si vergognano di rispondere, che essa allora era morta e giaceva sepolta in non so quale oscurità. Or questa è una chiarissima ed enorme bestemmia contro la promessa del Signore: «Io ho pregato per te, o Pietro, che la tua fede non venga meno» (Lc 22, 32). E ancora: «Ecco che io sono con voi in ogni tempo fino alla consumazione dei secoli» (Mt 28, 20).

     In settimo luogo fu usanza comune degli eretici antichi odiare sommamente i monaci e la vita monastica. Lasciamo gli Ariani, che penetravano perfino nei deserti, per pigliare e uccidere i monaci. Ruffino, nel libro decimo primo delle storie al capo terzo, ci fa fede, che una volta si diedero a distruggere tutto insieme tremila monaci. E udite ciò che dice Sant'Agostino dei Donatisti nel salmo 123: «Quando voi vi mettete a rimproverare gli eretici per rispetto ai circumcelliani, affinché arrossendo si salvino; essi insultano noi per rispetto ai monaci. Primieramente guardate voi, se sono costoro da mettere a confronto coi monaci. Che bisogno c'è di confrontare noi con le nostre parole gli ubriaconi con i sobri, i precipitosi con i considerati, i furibondi con i semplici, i vagabondi con quelli che stanno uniti in congregazione? Ma pure essi sono soliti dire: Che significa il nome di monaci? Quanto meglio domandiamo noi: Che significa il nome circumcellioni?». Certo voi vedete di chi sono prole quelli, che oggi con tanto furore si adirano contro i monaci, talmente che neppure tollerano di udirne il nome.

     Ben altra fu la religione della Chiesa antica, altre le divozioni, altra la pietà, mentre essa, fino dai tempi apostolici, ha sempre ammirato la vita monastica. Certo tali encomi dei monaci antichi si leggono ad ogni passo nei libri dei SS. Padri, che ad alcuni sembrano anche eccessivi. Dice Sant'Agostino. nel libro delle costumanze della Chiesa: «Chi, non li ammirerebbe, e non li encomierebbe, dato che essi disprezzano e abbandonano le attrattive di questo mondo, e congregati insieme menano in comune una vita castissima e santissima, sempre occupati in preghiere, in letture, in sagge conversazioni, senza alcun livore di superbia, ma modesti, verecondi e quieti offrono il sacrifizio gratissimo di una vita concorde e tutta applicata in Dio, dal quale meritarono di essere capaci di tanto. Nessuno possiede cosa alcuna come propria, nessuno è di peso ad alcuno». Questo dice Sant'Agostino. Ma gli eretici hanno sempre guardato torvo i monaci. Oh perché? domando io. Che male hanno loro fatto? Che cosa hanno loro rubato? Insomma in che cosa li hanno offesi? Se avessero senno, non dovrebbero anzi ringraziare molto il regno dei monaci, come essi lo chiamano? Se non ci fossero stati i monaci, forse essi non avrebbero mai avuto il loro apostolo Lutero, né, tanti altri profeti ed evangelisti. Ma vedo, chi è stato a spingere ad odiare tanto acerbamente i monaci: fu quello spirito menzognero, che, come presso Sant'Atanasio dice il grande Sant'Antonio, odia intensamente tutti i cristiani: ma non può tollerare i monaci e le vergini, che in terra imitano la vita degli angeli.

    In ottavo ed ultimo luogo è costume comune dei nuovi eretici, il non avere, né vescovi, né preti, né diaconi, né altri ordini. In ciò si differenziano non solo dai cattolici, ma anche dagli eretici antichi. Prima tutti, tanto cattolici, quanto eretici, ebbero sempre i loro vescovi, i loro preti, i loro diaconi e gli altri ordini ecclesiastici; gli eretici del nostro tempo con la fede e con la religione hanno perduto perfino i nomi della religione. E come da cristiani si sono fatti luterani e Calvinisti; così da vescovi si sono fatti sopraintendenti e da preti ministri. E, ditemi, perché hanno rigettato questi nomi? Forse perché non li hanno trovati nelle sacre lettere? Certo io non ho mai letto sopraintendenti nella sacra Scrittura: ma ben ho letto in più luoghi vescovi, preti e diaconi negli Atti e nelle lettere di S. Paolo. Sentite ciò che Santo Ignazio, discepolo degli Apostoli, scrive a quelli di Antiochia, di cui egli era vescovo: «Saluta il santo vostro prete, saluto i vostri diaconi, saluto i suddiaconi, i lettori, i cantori, gli ostiarii, i lavoranti, gli esorcisti e i confessori: saluto le purissime vergini: saluto la plebe del Signore dal più piccolo al più grande, e tutte ne mie sorelle nel Signore». Inoltre la Chiesa Romana, al tempo di S. Cornelio Pontefice e Martire, secondo che c'informa Eusebio nel libro sesto delle Storie, aveva 24 preti, 7 diaconi, 7 suddiaconi; 42 accoliti, 52 tra esorcisti; lettori ed ostiarii, 1500 vedove con poveri. Nei libri poi dei S. Padri non vi è quasi una pagina, in cui non si nominino con amore i vescovi, i preti, i diaconi, i suddiaconi, e gli altri ordini, ma anche i sacerdoti, il qual nome massimamente è detestato dagli eretici. Dunque è evidente, che i novatori ed i settari del nostro tempo, i quali non hanno nulla di tutto questo, hanno perso affatto e la materia e la forma, e la cosa e il nome, e la fede e i costumi dell'antica e cristiana vera religione. E avete inteso fino a questo punto dieci degli argomenti, coi quali volevamo dimostrare, e, se non m'inganno, abbiamo dimostrato, che la sola Chiesa cattolica e Romana è la vera Chiesa di Dio vero. Restano gli altri due, cioè l'efficacia della nostra dottrina, e la testimonianza e l'approvazione dei nemici. Ma in tre parole ce ne possiamo sbrigare.

     Una delle doti principali e singolari della dottrina cattolica è l'efficacia, se è vero, che «La legge del Signore è immacolata, che converte le anime: la testimonianza del Signore è fedele e ai piccoli dà sapienza» (Ps. 18, 7), e «viva è la parola di Dio ed attiva e più affilata di qualunque spada a due tagli» (Eb 4, 12). Le scritture profane sono quasi statue, lavorate con grande arte, e dipinte con ottimi colori: ma, morte come sono, non hanno spirito di vita, né senso. né moto. E quella beltà esteriore appaga un poco i sensi esterni dell'uomo: ma, fuori di questo, nulla. Invece «la legge immacolata del Signore», non con lo sfoggio dei vezzi artificiali della parola, non con l'armonia e coi colori: ma con lo spirito di Dio vivo che contiene in sé, converte le anime illumina le menti, accende le volontà, innalza gli uomini a Dio, fa disprezzare tutte le cose caduche e mortali. Oh Quanti, all'aver udito o letto perfettamente una sola sentenza di questa Scrittura, si sono convertiti a Dio! Questo leggiamo di Sant'Antonio. questo di Sant'Agostino, questo di S. Benedetto, questo di molti altri. Non avete mai provato, che non potete leggere la S. Scrittura, e in particolare l'ultima parte del vangelo di S. Giovanni, senza che il cuore si sciolga in lagrime dolcissime come il miele? Chi fa questo? Donde sì gran virtù di quelle parole? Non c'è ivi la rettorica di Tullio, ma la rettorica dello Spirito Santo, che non ha bisogno dei lumi del discorso, né dei colori, né dei ritmi per commuovere. La rettorica di Tullio è tutta esterna, come anche la sapienza del mondo è tutta sulla superficie: ma dentro non ha niente. Viceversa tutto il decoro della rettorica divina sta dentro. Le perle, e le perle grosse, che sono tanto stimate dagli uomini, nascono in un guscio vilissimo di una conchiglia, e in esso si nutrono, crescono e stanno nascoste. Le pietre preziose e le gemme brillanti, che sono destinate ad ornare la testa dei re, sono rivestite di qualche altra pietra molto vile ed oscura. L'oro e l'argento, pel cui amore gli uomini quasi impazziscono, si trovano coperti di terra e di arena, le più vili delle cose.  L'oro però, anche dopo essere stato coniato e segnato con i caratteri del re, non si ripone in scrigni di oro, ma si conserva in scatole di legno o di cuoio. Finalmente l'anima umana, la più nobile ed eccellente delle cose create, è stata chiusa da Dio, artefice sapientissimo, non in qualche corpo stellare del cielo, o almeno d'oro o d'argento, ma in membra di fango e mortali. Così pure quei sentimenti arcani e divini, sublimissimi ed efficacissimi delle divine Scritture dovettero essere contenuti in parole semplici e piane, senz'essere viziate da alcun belletto.

     Ma se desiderate conoscere bene la forza efficace della dottrina cattolica, confrontate i tempi cristiani con quei tempi antichi, quando da per tutto fiorivano e regnavano le dottrine dei filosofi. Se allora si fosse visto almeno uno disprezzare le ricchezze e gli onori, ne faceva le meraviglie tutto il mondo. Tanto che Luciano racconta, che la luce del solo Epitteto fu venduta a 3.000 dramme per l'ammirazione della sua vita. Ma ai tempi cristiani, allo splendore smagliante della dottrina cristiana, quante migliaia di uomini hanno fatto questa e fanno ogni giorno? Allora se uno o due fossero stati visti menar vita celibe erano come un prodigio. Nei tempi cristiani, o Dio! quante migliaia non solo di uomini, ma anche di donne, di nobili, di ricchi, di giovani, solo per amore di Cristo hanno vissuto una vita castissima, o nella verginità, o nella vedovanza? Allora, se fosse accaduto, che alcuno avesse incontrato la morte con fortezza, tutti ne stupivano, e quello veniva lodato dalla bocca di ognuno. Ma ai tempi cristiani, quante migliaia, o piuttosto milioni di santi martiri, di ogni classe e di ogni età, sopportarono per amore di Cristo nonché fortemente, ma anche allegramente le croci, i fuochi, le belve, le spade? Questa sì che è virtù efficace della dottrina cattolica. Le sinagoghe degli eretici non hanno certo tali virtù eroiche. Non hanno uomini, che, conforme al consiglio di Cristo, lasciano il padre e la madre, i fratelli e le sorelle, le case e i campi. Non hanno eunuchi, che si son voluti fare eunuchi da loro stessi per amore del regno dei cieli (Mt. 19, 12). La Chiesa cattolica li ha, vogliano o non vogliano gli eretici. Ha anche oggi molte migliaia di sacerdoti, di santi religiosi; di vergine santissime; i quali tutti confutano gli eretici non con le parole, ma con i fatti: e mostrano, aiutati da Dio, essere possibile ciò che gli eretici bestemmiano, che non è possibile. Nella sola Firenze, città d'Italia, non sconosciuta, si contano non meno di sessanta monasteri di vergini: in parecchi di essi duecento o trecento, od anche più vergini consacrate a Dio emulano la vita e la purità angelica.

    Vengo ora al dodicesimo ed ultimo argomento. Tanta è, uditori, la forza della verità e della santità, la quale si trova nella sola chiesa cattolica, che i nostri nemici si sentono costretti ad approvarla e a lodarla. «Giacché non è il nostro Dio, come gli dèi loro: e ne siano pur giudici i nostri nemici» (Dt. 32, 31). E' nota la lettera di Plinio secondo a Traiano. In essa testimonia l'innocenza dei cristiani, che egli torturava con vari supplizi per ordine di Traiano. Afferma, che i cristiani non erano ladri, non adulteri, non parricidi. non sediziosi: ma che mancavano solo in questo, che nelle ore prime di giorno onorano Dio con inni e lodi: e che conservano con grande costanza fino alla morte la parola che una volta hanno dato a Cristo. E' nota altresì la lettera di Marco Aurelio, savissimo imperatore, al senato e al popolo Romano. Con essa mostra splendidamente la debolezza dei loro dèi, e la potenza di Cristo, che egli aveva conosciuta a prova nella guerra contro la Germania. Anche Tertulliano riferisce, che l’innocenza dei cristiani era tanta ben provata dai persecutori di Cristo, che, sebbene incrudelissero contro di tutti e generalmente li facessero ammazzare; tuttavia non volevano, che si discutesse la loro causa; perché sapevano con certezza, che essi non potevano esser convinti di alcun delitto. Secondo che ci fanno sapere Sant'Atanasio e S. Girolamo, anche i pagani veneravano Sant'Antonio e Santo Ilarione. S. Francesco aveva navigato al Sultano, cultore di Maometto, per predicargli il vangelo. E' incredibile, con quanto ardore ammirasse quell'infedele e venerasse la santità e il disinteresse di quel santo servo di Dio: sicché allora si poteva dire: «Non è il Dio nostro, come gli dèi loro, ecc.». Anche oggi, nel mondo scoperto da poco, quando i pagani vedono la gravità religiosa dei nuovi cristiani, la modestia, la sobrietà, la castità, la carità, la pazienza, il disprezzo del mondo, e ben altra la santità,  altra la severità, altri i costumi dei sacerdoti cristiani, da quelli dei sacerdoti pagani; inarcano le ciglia, restano stupefatti, si convertono, e dicono: Davvero che non v'è Dio, come il Dio dei cristiani. In fine non s'è trovato mai uno, che si sia acquistato piena notizia della nostra legge, e non l'approvasse e lodasse. Né ci fu mai alcuno seriamente desideroso e sollecito della sua salvezza, il quale finalmente non eleggesse la religione cristiana, e non la preferisse a tutte le sette e superstizioni. 

    Che se alcuni ciò non ostante odiano la nostra legge e l'aborriscono accanitamente; ne sono cagione in prima i costumi guasti di certi cristiani. Se questi vivessero conforme alla nostra legge e conforme al Vangelo, oh quanto facile sarebbe, a convertire tutti i pagani e gli eretici, o confonderli! Sì che non oserebbero nemmeno di aprir bocca contro la Chiesa e contro la nostra religione. Ma perché noi viviamo da scapestrati, e quelli, che non conoscono la nostra legge, credono, che si faccia per comando a permesso della legge ciò, che facciamo contro la legge; perciò la maledicano, quale fonte e radice della nostra malvagità. Poi sono anche in causa le innumerevoli menzogne, che il diavolo suole sempre spargere per opera dei suoi ministri. Perché al principio della Chiesa nascente alcuni avevano in sommo odio i Cristiani? Perché per opera del diavolo s'era sparso pel volgo, che i cristiani adoravano la testa di un asino, e che perciò erano idolatri. Perché oggi molti eretici sempliciotti detestano il Pontefice come l'Anticristo, e la Chiesa come una Babilonia? Perché i banditori del nuovo Vangelo persuasero i popoli, che noi abbiamo mandato in bando il Vangelo: che non spieghiamo altro, che sapienza umana e questioni di sofisti; che abbiamo abbandonato Dio, e invochiamo i soli uomini santi; che onoriamo le immagini invece di Dio; che non curiamo la passione di Cristo; che vogliamo meritare la grazia e la giustificazione mediante le proprie opere, di guisa che la grazia non è più grazia ma paga. Che in altre noi abbiamo introdotto molte cose, di cui gli antichi non hanno fatto mai menzione, come per esempio: l'offerta per i defunti, il segno della croce, l'invocazione dei santi, il culto delle immagini, la benedizione dell'acqua e dell'olio, e certe altre cose. Eppure queste sono evidentissime menzogne e molto grossolane, tanto che si possono quasi toccar con mano e sentire. Poco innanzi abbiamo dimostrato da S. Basilio Magno, che tutte queste usanze sono tradizioni apostoliche. Eppure queste bugie sono tanto radicate nella loro anima, ed hanno messo così salde radici, che anche se ci udissero gridar forte e giurare, che noi non crediamo così, che quello non è insegnamento cattolico, che tali cose sono menzogne: e ancorché vedessero, che noi confermiamo le nostre dottrine con innumerevoli testimonianze della Sacra Scrittura e dei Padri, e con la ragione; pure non crederebbero, e preferirebbero prestar fede ai loro ingannatori, che a noi stessi. Essi credono di confutare abbastanza fortemente tutti i nostri argomenti, con dire: «Tu sei un papista; dunque un asino: e un asino non sa ragionare; dunque il tuo argomento non vale niente». Ma su via, aprano gli occhi questi infelici, depongano la falsa persuasione, intendano ciò che la Chiesa ha sempre insegnato, e vedranno di essere stati troppo ingannati. 

    Eccovi i dodici argomenti. Ciascuno di essi basta per confermare un cattolico nella sua fede, e a convertire un eretico dalla sua mala fede; se pure non voglia di proprio capo chiudere gli occhi alla luce della verità. Se ci fosse qui tra noi taluno, che avesse un concetto cattivo della fede, o certo esitasse e dubitasse; io lo vorrei pregare, per la salvezza della sua anima, a deporre le passioni e gli affetti privati, che offuscano anche gli occhi dei sapienti: e a considerare posatamente per solo zelo della verità e per amore di Colui, che ci ha amato ed ha dato se stesso per noi, questi dodici argomenti. Pensi e rifletta a ciò che noi abbiamo dimostrato, e che siamo pronti a dimostrare anche più apertamente ed ampiamente, se occorresse, che cioè la Chiesa cattolica ed apostolica, il cui pastore è il Vescovo di Roma, prima di tutto è antichissima, e non si trova altro suo autore, se non Dio. Secondo che essa si è diffusa già per tutta la terra, conforme ai vaticini dei profeti, e che anche oggi si estende in una gran parte dell'Europa, dell'Asia e dell'Africa. Terzo che essa non è mai venuta meno del tutto, benché i Giudei, i pagani, gli eretici, i filosofi, gl'imperatori, i tiranni abbiano tentato spesse volte di distruggerla intieramente. Quarto, che non ha mai combattuto contro di sé, né ha mai insegnato il contrario, come chè abbia insegnato molte cose, in molti concili, in vari tempi. Quinto, che non ha mai insegnato nulla, che si opponga, o alla ragione certa, o alla onestà e alla bontà dei costumi. Sesto, che in tutti i secoli risplende e risplende ancora in questo nostro secolo per grandissimi e innumerevoli miracoli. Settimo, che fu in tutti i secoli, ed è anche in questo nostro, fornita e adorna del lume profetico, cioè del dono di prevedere e predire il futuro. Ottavo che i predicatori e propagatori della nostra legge furono di una santità così eccellente, che è certo, che essi non poterono in verun modo essere altro che uomini di Dio. Nono, che la Chiesa Romana mantiene ora perfettamente la stessa fede e religione, che tenne mille anni addietro la vera chiesa di Cristo. Decimo, che i costumi della Chiesa presente, sono quegli stessi che furono della Chiesa antica. Però questi due argomenti io non ho potuto spiegare, come avrei voluto, per la strettezza del tempo. Undicesimo, che la dottrina della nostra Chiesa è efficacissima. Dodicesimo, che anche i nemici pubblici e privati danno testimoniata alla verità ed innocenza della nostra Chiesa.

     Pensi inoltre chi esitasse nella fede, e rifletta, che noi abbiamo dimostrato, e siamo pronti a dimostrare di nuovo, se ce ne fosse bisogno, che ogni eresia, e perciò tutti gli insegnamenti dei Luterani, degli Anabattisti e dei Calvinisti sono novità, e che in nessun modo hanno avuto principio da Cristo, ma da Lutero. Secondo che non hanno mai invaso per intero neppure una provincia a regione. Terzo, che tutte le antiche eresie sono venute meno, e che al presente non sussistono: ma che vengono rievocate, e chiamate come dall'inferno. Quarto che ogni eresia, ma specialmente quella dei Luterani continuamente si combatte, e dice il contrario intorno a una stessa cosa. Quinto, che ogni eresia insegna sempre qualcosa contraria alla retta ragione e ai buoni costumi. Sesto, che gli eretici, e particolarmente quelli del nostro tempo, non risplendono per miracoli, se non finti e ingannevoli. Settimo, che gli eretici predicano molte cose future, ma non se ne avvera nessuna. Ciò si può quasi toccare con mano in Lutero e nei Luterani. Ottavo, che tutti gli eresiarchi furono uomini pessimi. Ciò tutti vedono in quelli del nostro tempo. Tanto è vero, che tutta la feccia del mondo cristiano, cioè gli apostati, gli avidi di sangue, i rapaci, gli ambiziosi, i dediti ai piaceri passarono a loro. E poi vollero promuovere le loro sette non in altro modo, che con le menzogne, con le frodi con la corruzione delle Scritture e con i falsi miracoli. E tutte queste cose sono più chiare del sole. Nono, che gli eretici del nostro tempo insegnano ed hanno insegnato le stesse eresie, che insegnarono un tempo Simone Mago. Manicheo, Ario. Nestorio e gli altri, che noi tutti concordemente detestiamo. Decimo, che i medesimi nostri novatori non solo imitano, ma anche superano nei costumi corrotti, nelle scelleraggini, nelle azioni vergognose, negli orrendi delitti gli stessi antichi eretici. Decimo primo, che la dottrina degli eretici è sterile ed inefficace. Decimo secondo, che gli eretici hanno testimonianza solo da se stessi: ma meritamente sono malvisti da tutti gli uomini, anche dai Turchi e dai Pagani. 

     Se quelli che si sono allontanati dalla Chiesa antica e Cattolica e Apostolica, penseranno queste cose, e le penseranno seriamente, se ci rifletteranno e le esamineranno; troveranno certo, che camminano fuori di strada. E questo sia detto agli eretici.

    A voi, che mi ascoltate, richiamerò alla mente quello, che spesso avete udito da me, che cioè pensiate, che il dono della vera fede è un grandissimo e singolare dono di Dio: e che vogliate essere ardentissimi amanti e del tutto gelosi di lei, come di una sposa bellissima e carissima. Avevano ragione i Santi Padri, che non volevano neppure parlare con gli eretici. Il grande Sant'Antonio, scrive che Sant'Atanasio non disse mai parole amichevoli agli eretici: e prescrisse ai suoi discepoli di non accostarsi nemmeno mai agli eretici; non altrimenti che temiamo di accostarci a quelli che sono tocchi dalla peste. E' vero; l'eresia, peste, peste perniciosa e contagiosa, si attacca alle parole, si attacca ai libri, si aspira col solo conversare. Perciò dobbiamo fuggire i libri, le conversazioni, le famigliarità di tutti gli eretici, e odiare intensamente, non già gli uomini, ma la loro peste, ma la loro eresia, i loro vizi. Teodoreto, nel libro quarto delle Storie al capo quattordicesimo, scrive un bellissimo esempio, e degnissimo di essere imitato. L'imperatore Valente eretico aveva cacciato in esilio il santo vescovo Eusebio, ed aveva surrogato in suo luogo l’eretico Eunomio. Il Popolo di quella città, ricordando i salutevoli ammonimenti dell'antico e vero Pastore Eusebio, non andò mai dal vescovo eretico, non lo udì mai, non lo salutò mai, quantunque sapesse che era uomo molto piacevole e mite. Predicava l'eretico, ma alle panche e alle muraglie. Fece una volta un bagno nei bagni pubblici: ma nessuno volle immergersi in quei bagni, finché non fosse stata gettata via tutta quell’acqua, che aveva toccato l'eretico. Eunomio non poté vivere così isolato e inviso a tutti e se la svignò spontaneamente. Gli Ariani allora mandarono colà un altro vescovo eretico, chiamato Lucio. Ma il popolo perseverò nella sua prima costanza e fermezza della fede cattolica. Una volta Lucio a cavallo d'un asino passava per la piazza, dove, giocavano alla palla molti ragazzi. Una palla toccò un piede dell'asino, che montava l'eretico. All'istante i fanciulli alzarono un grido, presero la palla, accesero un gran falò, e te la gettarono nelle fiamme. Tale fervore, tale zelo, tale ardore fu quello della Chiesa antica. Se l'avessero voluto imitare i Tedeschi, se i Boemi, se gl'Inglesi, se i Francesi, vedremmo un'altra faccia della Chiesa. Essi furono stolti: almeno noi al loro esempio siamo assennati. Specialmente i giovani si guardino dai libri proibiti; fuggano le conversazioni di coloro, dei quali sentono dire, che parlano male della religione. Sappiamo che le eresie, che si vanno allargando in questo tempo, sono le più pestilenziali di tutte quelle che mai furono: capiscano, che l'amicizia con gli eretici è per loro rovina certissima. Si guardino quindi da essi in guisa, da mantenere la parola data al Signore stesso nel santo battesimo.

    E il Signore dia loro la gloria e la beatitudine eterna. Così sia.

 

[SM=g1740738]


[Modificato da Caterina63 02/06/2013 16:49]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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