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LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA nella Tradizione e Magistero

Ultimo Aggiornamento: 26/10/2017 21:58
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Sesso: Femminile
04/07/2013 21:56
 
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PARTE TERZA

L'UOMO NEL MONDO ECONOMICO-PROFESSIONALE

VII. - IL LAVORO

Un fatto universale, che s'impone in modo impressionante all'attenta considerazione degli uomini, è il lavoro. Tale fatto, da tutti conosciuto perché sperimentato, vissuto, merita di essere analizzato ed approfondito alla luce del pensiero cristiano. Questo ha del lavoro una concezione elevatissima e reca, perciò, un contributo di primissimo piano alla creazione, da tutti auspi­cata, di una civiltà nella quale il lavoro umano, in ogni suo aspetto, abbia un posto veramente principe.

Il lavoro.

Poiché i mezzi di sussistenza che la natura offre spontaneamente non sono sufficienti a mantenere la vita umana, l'uomo provvede al suo sostentamento col lavoro. Questo è rivolto ad aumentare, migliorare, scambiare, conservare i beni; e non solo quelli strettamente necessari al sostentamento, ma anche ­quelli che dànno all'uomo benessere, soddisfazione, sicurezza, progresso.

Occorre dire subito che il lavoro, essendo attività dell'uomo, volta al sostegno e al miglioramento della sua esistenza nonché al suo progresso, non può non sottostare alla legge morale, cioè al binario che Dio ha stabilito per regolare le azioni umane.

Spetta, infatti, alla morale dichiarare se un lavoro è lecito o no; spetta ad essa determinare quali siano i bisogni umani sicura­mente da soddisfare e in quale misura e gerarchia.

 

Il lavoro come dovere.

Nella concezione sociale cristiana il lavoro va considerato un dovere. E non solo:

a) per la sua finalità immediatamente evidente, la necessità del sostentamento; ma anche;

b) perché si ha il dovere di trafficare i talenti ricevuti da Dio;

c) perché si devono fuggire l'ozio e i vizi che ad esso facil­mente conseguono;

d) perché è doveroso che ognuno faccia qualcosa per il bene dei fratelli bisognosi e per il progresso di quella società dalla quale ha, certo, tanto ricevuto.

 

Il lavoro come diritto.

Oltreché un dovere, il lavoro è anche un diritto; e ciò sotto due aspetti.

a) Diritto a lavorare: l'uomo, cioè, ha il diritto di chiedere alle pubbliche autorità di fare ogni sforzo per procurargli il lavoro, qualora egli personalmente, o per mezzo delle libere or­ganizzazioni, non riesca a procurarselo. Lo Stato, però, si noti, non deve avocare a sé la distribuzione del lavoro, sostituendosi alla libera attività e al doveroso interessamento delle singole persone, bensì solamente intervenire ad aiutarle quando esse non riescono.

b) Diritto di lavorare: l'uomo ha, cioè, la libertà di sce­gliere il lavoro che più appare confacente alla sua personalità; la libertà di cambiare professione; la libertà di esercitare la professione con intelligenza e libertà (naturalmente nel rispetto delle leggi proprie di ogni determinato lavoro e delle leggi stabi­lite dallo Stato per il bene comune); la libertà di stabilire con­sensualmente i patti di lavoro, cui poi, evidentemente, restando le cose com'erano, deve mantenersi fedele.

 

Valore del lavoro.

Il lavoro umano - ogni lavoro - ha una sua intrinseca ed altissima dignità. Ciò perché:

a) è effetto di una causa intelligente e libera, la persona umana;

b) collabora all'opera creatrice di Dio, trasformando e sfruttando le materie e le energie che Dio ha posto, in gran parte in uno stato grezzo e latente, nell'universo;

c) serve a conservare nell'esistenza quella persona umana che, perciò, potrà darsi al pensiero, all'arte, alla contemplazione;

d) esprime la grandezza dell'uomo, creatura di Dio, e realizza il progresso dell'umana società;

e) serve - perché è anche fatica - ad espiazione del pec­cato e - poiché è anche imitazione di Cristo, divino lavoratore - ad assimilare sempre più l'uomo al modello sublime del­l'Uomo-Dio.

 

Dignità d'ogni lavoro.

Si distinguono, ordinariamente, lavori manuali e lavori in­tellettuali. La distinzione, a rigor di termini, non è esatta, per­ché non v'è alcun lavoro che non richieda una certa applicazione della mente e un certo sforzo fisico. Essa è valida, però, in linea di massima.

Ciò posto, va notato:

a) che il lavoro intellettuale è più alto, ma il lavoro ma­nuale è spesso più urgente e necessario;

b) che il lavoro intelletuale non sarebbe possibile se non ci fossero quelli che si dedicano al lavoro materiale anche per gli intellettuali;

c) che il lavoro manuale merita tanta maggior stima quanto più costa fatica e dà minori soddisfazioni;

d) che il lavoro intellettuale serve moltissimo a rendere più produttivo e meno faticoso, umiliante, pericoloso, quello manuale;

e) che dei risultati del lavoro intellettuale - si pensi, ad es. alla scoperta della radio e della penicillina - tutti be­neficiano;

f) che anche il lavoro puramente spirituale - studio, pre­ghiera, apostolato - è autentico lavoro e va riconosciuto, in una società bene ordinata e cristiana, nella sua libertà e negli indubbi benefici, diretti o indiretti, naturali e soprannaturali, ch'esso reca.

 

Il lavoro della donna.

Quanto è stato detto, in genere, del lavoro vale anche, natu­ralmente, per il lavoro della donna.

Questo merita, in più, alcune considerazioni.

1) Non è lavoro economicamente redditizio solo quello che la donna svolge fuori casa (ufficio, officina, campo, professione), ma anche il lavoro domestico;

2) nel lavoro che la donna fa a casa va particolarmente sottolineato il risparmio ch'essa riesce ad ottenere;

3) il lavoro casalingo è certamente il più appropriato per la donna, sia in ordine alle mansioni di massaia che a quelle di educatrice dei figli;

4) in caso di lavoro extra-domestico della donna, non va considerato solo l'apporto che viene alla famiglia dal suo gua­dagno, ma vanno anche valutate e detratte le maggiori spese della donna stessa (trasporti, abbigliamento) e del nucleo fami­liare (cibo, vestiti, ecc.);

5) prima di accettare che una madre di famiglia vada a lavorare fuori casa vanno considerati gli eventuali pericoli per la sua salute di determinati lavori, di dati ambienti per la sua vita morale, della società in genere per il possibile aumento della disoccupazione maschile, il conseguente aumento delle imposte ai fini assistenziali, ecc.;

6) salva la necessaria prudenza, per le ragioni suaccen­nate, si può guardare con maggior favore al lavoro extra-do­mestico delle donne nubili piuttosto che di quelle sposate; e, tra i diversi lavori, con maggior simpatia alle professioni più adatte alla donna - che spesso ne fa una vera missione, assai benefica - ad es. quella di maestra, assistente sociale, medico per donne e bambini, sarta, bibliotecaria;

7) stando attenti ad evitare un possibile super lavoro, e magari in condizioni poco igieniche, va vista con simpatia la possibilità di un lavoro particolarmente redditizio della donna a casa con l'aiuto di piccole macchine, a mano o elettriche, che oggi si vanno diffondendo.

 
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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