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Lettera di Montini alla Chiesa ambrosiana alla vigilia del Concilio Pasqua 1962

Ultimo Aggiornamento: 20/07/2013 19:22
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20/07/2013 18:08
 
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[SM=g1740758] Lettera pastorale all’arcidiocesi ambrosiana dal Cardinale Giovanni Battista Montini per la Quaresima 1962, sul tema del prossimo concilio.



Venerabili Confratelli e diletti Figli,

1. Cominciamo a scrivere questa Lettera pastorale da Roma, dove ci chiamano le adunanze preparatorie del Concilio ecumenico, che entro quest’anno 1962, come lo ha solennemente annunciato il Santo Padre, il Papa nostro Giovanni XXIII, con la Bolla, che s’intitola Humanae salutis, del 25 dicembre 1961, dovrà essere inaugurato. Anzi, ora sappiamo dall’annuncio fatto dal Papa stesso, che il Concilio Vaticano II si aprirà il giorno 11 Ottobre prossimo.

L’importanza di questo avvenimento è tale, che altro argomento non possiamo scegliere per questa nostra principale istruzione annuale, anche se la singolarità e la grandezza dell’annunciato Concilio ecumenico hanno già suscitato mille voci di spiegazione, di commento e di augurio, ed anche se i suoi preparativi hanno già riempito il mondo di notizie e di presagi: in omnem terram exivit sonus eorum, il loro eco si è diffuso per tutta la terra (Ps. 18, 5).

2. Anche presso di noi s’è già molto parlato del Concilio. Fin dal primo momento in cui il Papa ne dette l’annuncio, noi stessi levammo un grido di gioia e di speranza, esortandovi a «subito comprendere l’ora di Dio» (Rivista Diocesana milanese», p. 73 e 101-102).1 Pubblicazioni, conferenze, convegni, istruzioni, preghiere hanno già divulgato informazioni e suscitato sentimenti, che sembrerebbero bastare per predisporre i nostri animi alla prossima celebrazione del Concilio; ma pensiamo tuttavia che non sia inutile invitarvi, con questo nostro messaggio pasquale, a nuova riflessione su tema di tanta ampiezza e di tanto peso: bisogna, innanzi tutto, riordinare le nostre nozioni sopra il Concilio ecumenico; poi dovremo approfondire il senso non solo storico ed esteriore dell’avvenimento, ma altresì interiore, spirituale, umano e religioso di esso, subito sperimentando la misteriosa e quasi inebriante ricchezza d’un fatto che non ha protagonisti soltanto uomini di questo mondo, ma altresì, ed a maggior titolo, lo Spirito vivificante, che anima la Chiesa di Cristo e che in quel fatto, in quell’ora parlerà. Dovremo perciò riandare ai nostri stessi pensieri circa il Concilio, che tanti, un po’ in tutti, nei più religiosi e fervorosi specialmente, ne ha svegliati, buoni e fantastici, per dar ordine a tali pensieri e provarne, per quanto è possibile, la validità. Il Concilio pone una quantità di temi interessantissimi, che riguardano sia la vita interna della Chiesa, sia il suo influsso su la vita spirituale e morale del mondo; noi dobbiamo alquanto allinearli nel nostro spirito per saperne meglio cogliere il significato e l’importanza. Ora subito vedremo. E dovremo infine meglio persuaderci dell’universalità di questo avvenimento; il Concilio riguarda anche noi non solo perché in qualche modo tocca interessi e destini nostri, ma anche perché noi tutti, se veramente siamo membra fedeli del Corpo mistico di Cristo, dobbiamo in certa forma e misura parteciparvi: è la Chiesa tutta che si esprime nel Concilio, e noi siamo la Chiesa. Bisogna pertanto che noi tutti, come singoli e come comunità, ci prepariamo al Concilio, e vi partecipiamo, come possibile; e poi ci disponiamo a corrispondervi; ché senza questa comunione di animi e di propositi la celebrazione del Concilio non raggiungerebbe interamente i suoi scopi.

3. Questa visione della straordinaria importanza del prossimo Concilio ecumenico si fa più larga e più lucida nel momento presente al nostro spirito in questa Roma, dove noi abbiamo trascorso la maggior parte della nostra vita, sempre sforzandoci di penetrare il mistero della Chiesa, mentre con umile, ma assidua fatica prestavamo l’opera nostra agli uffici della Sede apostolica e cercavamo di scoprire e qualche po’ di svegliare, i segni della perenne vitalità del cristianesimo sotto la guida del Successore di Pietro.

E nuovamente la commozione dei molti pensieri, che sempre Roma risveglia, ci sorprende e non la sappiamo contenere, così dal sentirci obbligati a farvene qualche confidenza quasi prefazione degli insegnamenti che presentiamo alla vostra attenzione alla vigilia del Concilio, sembrandoci che essi abbiano dalla cattedra romana, la loro più autentica e più larga promulgazione.

4. Pare infatti a noi che bisogna associare con intelligenza il concetto di Roma a quello del Concilio.2 Non già che un Concilio ecumenico abbia Roma: per unica sede; la maggior parte anzi dei Concilii non fu celebrata a Roma. Ma è evidente che a Roma un Concilio ecumenico ha la sua sede migliore, e che il luogo dà al fatto il suo migliore risalto; come il fatto fa risplendere il luogo della sua propria luce congeniale. Roma è la città dell’unità, è la città dell’autorità, è la città della cattolicità, è la città dell’universalità, è la città della verità, è la città della carità. E che cosa è un Concilio ecumenico se non la celebrazione di questi ideali umani che solo la religione di Cristo realizza, eternizza, santifica? Roma è la città della Chiesa; un Concilio è un momento di pienezza della Chiesa. Roma è la città di Cristo; un Concilio è un’ora di presenza mistica ed operante di Cristo nella Sua Chiesa e nel mondo.

5. Sembra così a noi che il Concilio darà a Roma un’ora sublime, forse di mai raggiunto eguale splendore, e le infonderà vigore incomparabile a vaticinare parole di Dio agli uomini, parole degli uomini a Dio. Un carisma di profezia animerà l’Urbe. La città umana si tramuterà in città di Dio. Roma diventerà Gerusalemme.

6. Due pensieri sono principalmente affluiti al nostro spirito in questo turbinare di sentimenti e di idee, che Roma cattolica suole agitare in chi la contempla; due pensieri che, come del resto quegli altri, hanno innumerevoli testimoni, tanto è facile in quest’atmosfera benedetta farne l’esperienza. Uno è quello di Roma patria communis; nessuno a Roma è forestiero, se al suo genio aderisce. Tutti quanti confluiranno a Roma per questo solenne raduno vi saranno non stranieri, non ospiti, non viaggiatori, ma cittadini. Chi fa pellegrinaggio a Roma sa e sente questa misteriosa elezione a cittadino della vera umanità. Tanto più chi vi sarà accolto per esercitarvi una funzione – il magistero ecclesiastico – di natura sua universale: sarà a casa sua. Ora che vi sia nel mondo e nella storia un luogo dove tutti possono sentirsi a casa propria, è meraviglioso. Anche i profani, anche i non credenti, provano a Roma questo misterioso sentimento (Si legga, ad esempio: «Meraviglioso m’era una specie di sentimento d’essere a casa; esso mi ha accompagnato fino alla fine della mia permanenza, e non credo che si spieghi completamente col fatto che tanti monumenti ci sono familiari fin dalla gioventù per via delle illustrazioni. Crederei piuttosto che Roma è innata in ogni essere umano, è come un ideale paese di nascita al quale aderiamo con qualcosa ch’è in noi, dal quale tutti abbiamo preso qualcosa. Si può dire che per quanto uno sia grande o meschino, Roma gli dice che cosa veramente è in lui, con una verità inesorabile…». S. Negro, Seconda Roma, IX-X).3 E che il Concilio assuma questo senso di comunità, di fratellanza, di famiglia per il solo fatto che è convocato a Roma ci sembra preludio che meglio ce ne fa comprendere il significato ed apprezzare il valore.




[Modificato da Caterina63 20/07/2013 18:09]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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