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La Popolorum Progressio

Ultimo Aggiornamento: 21/07/2013 19:49
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21/07/2013 19:33
 
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DALLA POPULORUM PROGRESSIO ALLA CARITAS IN VERITATE

 Brescia

17 ottobre 2009

 

1- Papa Benedetto XVI ha proposto la sua terza enciclica, con l’obiettivo di leggere alla luce della fede i nuovi termini della questione sociale nel tempo della globalizzazione, nel tempo del “capitalismo finanziario puramente speculativo”, che ha originato la crisi economica planetaria.

Papa Paolo VI aveva profeticamente intuito non pochi degli attuali passaggi della storia.

Un primo tratto della mia riflessione vuole porre l’accento un registro di sostanza della Dottrina sociale cristiana che connota la sua evoluzione nel tempo, un tratto che definirei della “continuità/discontinuità” di questo magistero.

E’ evidente, a chiunque si avvicini alla dottrina sociale della Chiesa, come le fondamentali categorie del pensiero cristiano siano rimaste costanti nel tempo: la centralità della persona; la valorizzazione della famiglia; il rifiuto della idolatria dello stato; il primato del lavoro sulla economia; la destinazione universale dei beni della terra.

Nei documenti pontifici è pure riscontrabile uno sviluppo di pensiero derivante dalla sensibilità culturale di ogni pontefice e dalla connessione con le esperienze storiche dei cristiani impegnati nel sociale. Pensiamo al passaggio dalla idea di “stato cristiano” alla accettazione critica della democrazia.

Ricordo anche l’eclissi del corporativismo; il riconoscimento, mai incondizionato, della economia di mercato; la visione diversa della famiglia e del ruolo della donna; il passaggio dalla accettazione della “guerra giusta” alla scelta della educazione alla pace.

Altri significativi assunti sono stati: l’attenzione posta da Leone XIII alla questione operaia, ampliata da papa Pio XI; il rapporto del cittadino con lo stato (nel periodo degli assolutismi del secolo scorso); la dimensione universale per il progresso dei popoli, nella reciprocità di impegno di PaoloVI.

E’ una inesausta ricerca del volto di Cristo Gesù nel cuore della storia.

 

2- Papa Benedetto ci invita a cogliere questo cammino fra continuità e approfondimento quando, nel secondo capitolo della Caritas in veritate, riflette su tutto il magistero sociale di Paolo VI, oltre la Populorum Progressio. In un oltre che raggiunge il Concilio Vaticano II, con la costituzione pastorale “Gaudium et Spes”, marcatamente montiniana, per toccare la Humanae Vitae, la Octogesima adveniens e la Evengelii nuntiandi.

Da questo ampio collegamento emergono messaggi molto significativi.

Primo: il legame sentito e profondo tra Chiesa e mondo. Quel legame che è passato dalla paura, dalla diffidenza, all’annuncio di inizio della Gaudium et spes: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto,… sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nei loro cuori” (GS 1).

Secondo: la presa d’atto che il legame tra Chiesa e mondo si è infranto. Questa rottura lascia entrambi i soggetti privi di un quid essenziale. Perdere il dialogo con gli uomini è sofferenza per la Chiesa, mandata per il mondo, per portarlo a trascendersi nella dimensione della verità offerta da Cristo. Ed è motivo ulteriore di sofferenza e di amore, il fatto che il mondo non senta o non voglia il dialogo con i credenti.

Terzo: la sottolineatura di un elemento che risulta centrale nel collegare il magistero di Paolo VI e di Papa Benedetto: la frattura tra Chiesa e mondo si manifesta nella debolezza del pensiero, del collante unificante, di una visione autentica e significante dell’esistere. 

Il pensiero che primariamente viene leso, è il pensiero politico, il pensiero che, per sua natura, guarda all’uomo e alla società nella loro interezza e profondità. E’ la frattura di pensiero che Giovanni Paolo II definì come “notte epocale” della cultura (Osservatore Romano, 6.11.1982). Nell’errore e nella debolezza della politica dovremmo vedere sì il limite personale, ma anche la debolezza epocale, del credente e del non credente, del politico e del cittadino (V Simposio dei vescovi dell’Europa, 7.12.1982).

E’ una notte che opprime, ma non ci schiaccia, dalla quale possiamo uscire insieme, in un continuo ricominciare di carità e verità. In un ricominciare di comunità, di dialogo, di condivisione che viene prima della appartenenza a un partito, a una nazione, a una etnia, a una cultura.

E’ la voce di Paolo VI per lo sviluppo di ogni uomo e di tutto l’uomo. E’ l’insistenza nell’enciclica per un nuovo umanesimo, al dialogo tra le religioni, tra le culture, con chi ha convinzioni diverse.

 

3- Nella frantumazione della modernità, la Gaudium et spes, e il magistero sociale dei pontefici, indicano la strada per la crescita di una nuova umanità con la riscoperta della fraternità, che non è un sentimento generico che può strappare un sorriso, ma un legame che ha come sommo modello l’unità di Dio, Trinità di amore, nella quale tutto è dono, relazione, gratuità, estasi, esodo di amore. La fraternità è l’incarnazione della vita trinitaria nella realtà dei nostri rapporti e del nostro io profondo. Trinità che dice uguaglianza e distinzione, libertà e servizio, dono e reciprocità, disponibilità e identità. Vera Araùjo ci introdurrà in questa dimensione prossima e remota ad un tempo, intravista ma raramente penetrata.

Permettetemi di concludere con una lunga citazione dalla Gaudium et spes, siamo al paragrafo 24.

 “Iddio, che ha cura paterna di tutti, ha voluto che tutti gli uomini formassero una sola famiglia e si trattassero tra loro come fratelli. …È evidente che ciò è di grande importanza per degli uomini sempre più dipendenti gli uni dagli altri e per un mondo che va sempre più verso l'unificazione. Anzi, il Signore Gesù, quando prega il Padre perché « tutti siano una cosa sola, come io e tu siamo una cosa sola » (Gv17,21) ”.

La Costituzione pastorale apre a prospettive inaccessibili alla ragione umana e suggerisce una forte similitudine tra l'unione delle Persone divine e l'unione dei figli di Dio nella verità e nell'amore.

E’ un amore che nei capitoli seguenti coniuga la verità e la carità negli infiniti sentieri del vivere sociale. Già nel 1954, il cardinale Montini, in un suo saggio: “Verso l’unità”, evidenziava il rapporto tra fraternità e società. “Non c’è società senza fraternità, non vi è fraternità senza costruzione della società”.

E qui si coglie nel vivo l’invito che Papa Benedetto rivolge al paragrafo 53 della Caritas in veritate: “Paolo VI notava che « il mondo soffre per mancanza di pensiero ». L'affermazione contiene una constatazione, ma soprattutto un auspicio: serve un nuovo slancio del pensiero per comprendere meglio le implicazioni del nostro essere una famiglia; l'interazione tra i popoli del pianeta ci sollecita a questo slancio, affinché l'integrazione avvenga nel segno della solidarietà 129] piuttosto che della marginalizzazione. Un simile pensiero obbliga ad un approfondimento critico e valoriale della categoria della relazione. Si tratta di un impegno che non può essere svolto dalle sole scienze sociali, in quanto richiede l'apporto di saperi come la metafisica e la teologia, per cogliere in maniera illuminata la dignità trascendente dell'uomo”.

 

4- A Praga, nella sua recente visita sollecita la comunità cristiana, con una affermazione che è constatazione della realtà e stimolo a impegni più ardui. Definisce la comunità cristiana “minoranza creativa”.

Creativa nella apertura alla Verità, che non è mai nostro possesso, ma dono accolto da Cristo Gesù, nel cuore della storia, superando silenzi e rassegnazioni.

Creativa nella carità: la sollecitazione a esperienze sociali, culturali, giuridiche, psicologiche, politiche nuove, marcate dalla gratuità. E queste esperienze di gratuità in re sociali, già sono presenti, in modo germinale e collaudato, non solo nella vita della chiesa.



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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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