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San Giovanni Bosco sul Sacramento della Confessione

Ultimo Aggiornamento: 06/08/2013 21:26
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06/08/2013 20:07
 
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VI. La confessione praticata dal IV secolo fino al Concilio Lateranese celebrato nel 1215.

 

            A. Mi fate veramente stupire, sig. Curato: pare che abbiate tutti i Santi Padri a memoria. Voi riferiste molti brani di Santi Padri, i quali si accordano tutti nell'attestare la costante pratica della confessione ne' primi secoli della Chiesa. {46 [190]}

            Tuttavia questo mio libro dice che niuno di quei Santi Padri, niuno di quegli antichi Solitarii, Martiri, Penitenti si è mai confessato.

            C. Rispondo parola per parola a quanto voi dite. Se gli antichi Padri parlano della confessione come un mezzo necessario per riconciliarsi con Dio, se espongono il modo con cui i Penitenti devono confessare le loro colpe, ed i Sacerdoti impartire l'assoluzione; è certo ed evidente che la confessione era praticata, altrimenti avrebbero date norme inutili e intorno a cose non esistenti.

            A. Questo è vero: ma intanto non si legge che gli antichi si confessassero: il mio libro dice precisamente che Giobbe e David non si confessavano ed erano gran Santi.

            C. Il vostro libro dicendo tali cose si burla della vostra buona fede. La confessione sacramentale fu istituita da Gesù Cristo perciò non poteva essere praticata da Giobbe e da Davidde che vissero oltre mille anni prima.

            A. Ma nemmeno i primi Santi della Chiesa si confessavano.

            C. Avete voi letto le vite di tutti i Santi?

            A. No certamente; sapete bene che ho poco tempo. {47 [191]}

            C. Dunque può essere che quelli, di cui non leggeste la vita, abbiano praticata la confessione. Altronde dovete notare che le vite di que' Santi non si scrivevano corredate di minute circostanze come si fa oggidì. Sceglievansi i principali e più luminosi tratti della loro vita, come la chiamata alla fede, le loro austerità, il loro martirio.

            Perciò fra le cose che non furono scritte può darsi, come lo è di fatti, che ci siano le loro confessioni. È forse scritto nella loro vita che facessero il segno della Santa Croce prima e dopo il cibo? offerissero a Dio i loro lavori?

            A. Non mi ricordo di averlo letto.

            C. Pure questo era l'uso costante de' primi Cristiani. Avete forse letto che facessero le loro preghiere mattina e sera?

            A. Nemmeno ciò mi ricordo di aver letto.

            C. Eppure tanto il segno della Santa Croce prima e dopo il cibo, quanto le preghiere del mattino e della sera erano le cose maggiormente praticate da quei Santi. E siccome dal non parlarsi di ciò nella lor vita non si può dire che eglino non pregassero, non offrissero le loro azioni, le loro pene, il loro riposo a Dio, così neppure dal silenzio della loro confessione {48 [192]} si può dedurre che essi non si confessassero. Debbo però notarvi due cose importantissime: la prima si è che in quei primi tempi le pratiche religiose si compivano in segreto a motivo della persecuzione. Perciò molte cose erano praticate, di cui non si scriveva parola. Inoltre quei fedeli Cristiani non avevano la facilità di potersi indirizzare ai preti a motivo dei rigori con cui erano cercati a morte. Perciò, ove non avessero potuto avere confessori, loro bastava il desiderio della Confessione congiunto ad un perfetto pentimento dei peccati. Chi ci ha detto che i Santi, di cui parliamo, non abbiano desiderato di confessarsi, se non potevano farlo? Notate in secondo luogo che i Santi Padri non solo ci lasciarono scritti che raccomandano la Confessione, ma riferiscono molti fatti di confessioni fatte nei tempi antichi.

            A. Se ci sono questi fatti, perchè non raccontarli subito? La quistione sarebbe stata finita.

            C. Ho voluto farvi ragionare sopra questi fatti per farvi notare i molti errori che contiene il vostro libro, e persuadervi che il non essere scritto nelle vite dei Santi, se si confessarono o no, nulla {49 [193]} prova contro alla pratica della confessione.

            A. Dunque recatemi alcuni esempi di confessioni fatte anticamente.

            C. Pei quattro primi secoli potrebbero bastare le testimonianze degli Apostoli e di quei Santi Padri, di cui vi ho poco fa parlato. Tuttavia voglio ancora riferirvi un fatto tale quale è raccontato da S. Ireneo, che fiorì nel secondo secolo, e fu discepolo di S. Policarpo, il quale conversò con S. Giovanni Evangelista, e però in tempi purissimi della Chiesa antica. Egli racconta come alcune donne sedotte da un eretico di nome Marco, volendo ritornare alla Chiesa di Dio, cogli altri errori confessarono anche questo. Racconta inoltre che una donna caduta eziandio in peccato dichiarò in confessione tutto l'avvenuto, anche ciò che era passato nel suo interno vale a dire i peccati di pensiero.

            Riferisce per ultimo, che molte povere donne ingannate da altri eretici fecero pure manifesta confessione dei loro peccati. Altre poi non osando ciò fare si ritirarono confuse, altre apostatarono pienamente, ed altre stettero esitanti tra l'uno e l'altro partito. Eccovi adunque {50 [194]} nel secondo secolo la Confessione già in uso, e però proveniente dal primo secolo. E lo stesso S. Ireneo ci fa notare che la confessione era distinta, vale a dire si confessavano i peccati di opere e di pensieri. Pei primi secoli troppo lungo sarebbe il dirne di più. Pei secoli seguenti, cioè dal quarto secolo in su, potrei dirvi come S. Agostino vescovo nell'Africa, S. Gioanni Grisostomo, S. Basilio ambidue vescovi nell'Asia, S. Girolamo e S. Ambrogio vescovo di Milano fecero molte prediche, e lasciarono parecchi trattati intorno al Sacramento della Penitenza, nei quali si parla a lungo del fervore dei Cristiani dei loro tempi, e della premura che avevano di accostarsi a questo Sacramento, appena si sentivano aggravati dal peccato. Parlano altresì delle penitenze, che s'imponevano ai penitenti, alle quali penitenze quei fervorosi fedeli di buon grado si sottomettevano per ottenere il perdono delle loro colpe. Ciò non ostante, quasi per ricrearci, voglio tesservi una serie di fatti particolari che dimostrino l'uso non interrotto della Confessione. Ai tempi di S. Gioanni Grisostomo gran numero di eretici lacerarono acerbamente la Chiesa, {51 [195]} ma a disinganno de' deboli e conforto dei buoni, ed anche per far ravveder i colpevoli molti furono da Dio terribilmente puniti. Uno di quegli infelici perturbatoci della Chiesa fu punito nella lingua sicchè divenne mutolo. Mosso da pentimento e colla lingua, perchè gonfia, non potendo articolare parola per confessar il suo peccato, lo scrisse sopra una tavoletta, soddisfacendo in tal guisa all'obbligo della Confessione praticato nella Chiesa per poter così riconciliarsi con Dio. Palladio Diacono. Vita di San Gioanni Grisostomo. A. Permettetemi un riflesso, sig. Curato: voi mi avete nominato S. Gio. Grisostomo ed appunto il mio libro cita questo santo come colui che condannò la Confessione; come va questo affare? Uno dice che questo Santo Dottore condannò la Confessione, l'altro mi dice che l'approva ...

            C. Il vostro libro poco fa diceva che nella Chiesa antica non si è mai parlato di Confessione; ora dice che S. Gio. Grisostomo condannò la Confessione. Quante contraddizioni contiene questo vostro libro.

            A. È adunque vero che S. Gioanni Grisostomo condannò la confessione?

            C. Tutto all'opposto, e posso assicurarvi {52 [196]} che questo santo fu unozelante difensore della sacramentale confessione. In un suo libro Del Sacerdozio egli loda la dignità dei sacerdoti, ed esalta particolarmente il potere che essi hanno di rimettere i peccati, potere che non hanno nè anco i Principi e gl'Imperatori della terra. Anzi dice precisamente che il potere di rimettere i peccati fu conferito ai Sacerdoti, ma non agli Angeli od agli Arcangeli. Egli medesimo era confessore molto benigno e accoglieva con gran bontà i penitenti.

            E di questa sua bontà e sollecitudine nel confessare sono testimoni i suoi medesimi nemici. Perciocché in un conciliabolo tenuto a Querco, fra le altre accuse gli eretici gli mossero questa: Che congedasse quei che peccavano dicendo così: Se hai nuovamente peccato, pentiti di nuovo, e quante volte peccherai, vieni da me ed io ti assolverò.

            Un dotto scrittore ecclesiastico di quei tempi, di nome Socrate, dopo di avere a lungo lodato lo zelo di questo santo, asserì che egli era solito d'incoraggiare i peccatori dicendo: ancorchè abbi peccato le mille volte accostati a confessarti. {53 [197]}

            Da ciò voi vedete quanta ignoranza o mala fede ci sia nell'autore del vostro libro. Si serve dell'autorità del più zelante confessore per fargli dire che egli disapprovava la confessione. Vi assicuro, miei cari, che questa ignoranza o mala fede, esiste in tutti i libri dei protestanti che scrivono contro al Sacramento della Confessione.

            A. Ma almeno credo che sia certo che s. Agostino non faccia parola della Confessione.

            C. Altro giuoco di mala fede o d'ignoranza dell'autore del vostro libro. S. Agostino era egli confessore ed incoraggiva i cristiani a non differire la penitenza dicendo fra le altre cose queste precise parole: Se il peccatore sarà ostinato fino all'ultimo della vita, non so se potrà ricevere la penitenza e confessare i suoi peccati a Dio, e al Sacerdote.

            A. Io non mi pensava che nei libri dei protestanti ci fosse tanta mala fede e tanta ignoranza. Adesso continuate quei fatti, che vi ho fatto interrompere per farmi dilucidare quanto riguarda S. Agostino e S. Gioanni Grisostomo.

            C. Continuerò a recarvi detti e fatti che dimostrano la pratica costante della Confessione {54 [198]} nella Chiesa Cattolica dai quattro primi secoli fino al Concilio lateranese.

            S. Girolamo, gran dottore di santa Chiesa e contemporaneo di s. Gioanni Grisostomo, per eccitare i cristiani alla confessione dice che il confessare la colpa è la seconda tavola dopo il naufragio. Vale a dire: chi dopo il battesimo cadde in gravi peccati, non ha più altro mezzo per ritornare in amicizia con Dio, se non la confessione. Secunda tabula post naufragium est culpam simpliciter confiteri.

            S. Ambrogio, di cui vi ho poco fa parlato, era assiduo nell'udire le confessioni dei fedeli. Quel gran vescovo non poteva ascoltare le confessioni senza spargere copiose lagrime; la qual cosa faceva che i medesimi penitenti piangessero con lui, e di ciò che udiva in confessione ne parlava solamente con Dio. (V. san Paolino).

            Il famoso Alarico sul principio del quinto secolo scrive ai giovani della scuola di san Martino in Francia, dimostrando la necessità della confessione, esortando vivamente quegli studenti a frequentare questo tanto utile Sacramento. {55 [199]}

            S. Eligio che tenne uno dei primi posti alla corte di Dagoberto re d'Italia, nel 630, pervenuto ad età avanzata volle tranquillare la sua coscienza; e fatto venire a lui un prete fece la confessione generale cominciando dalla sua fanciullezza in poi.

            L'Imperatore Carlo Magno verso l’anno 800 decretò che ci fosse un competente numero di cappellani destinati a provvedere ai bisogni spirituali delle truppe, e leggiamo che quei sacerdoti passavano spesso le notti intiere a confessare i soldati prima che venissero a battaglia.

            Nell'anno 870 Ildebordo, vescovo di Soissons, trasmise in iscritto una confessione generale ad Incmaro suo arcivescovo. Quel prelato lodò molto l'umiltà di quel servo di Dio, ma gli rispose che doveva ancora confessare i suoi peccati a viva voce ad un Sacerdote.

            Se non temessi di annoiarvi vorrei eziandio esporvi come i preti della Chiesa antica pregavano in maniera particolare nella messa per coloro che si erano da essi confessati. Vi erano i confessori dei Principi, dei Re, e degli Imperatori. Nel sesto secolo san Gioanni il Digiunatore, vescovo di Costantinopoli, ci ha lasciato {56 [200]} una formola d'interrogazione pei penitenti al tutto simile a quella che si legge nei nostri libri di divozione per l'esame di coscienza. Varii antichi Concili hanno stabilito che i Vescovi nella visita delle diocesi interrogassero, se tutti i fedeli si fossero confessati almeno una volta all'anno. Tutte le sette antiche orientali ancora superstiti, come sono i Nestoriani, gli Eutichiani, i Giacobitì, i Greci che da oltre dieci secoli sonosi separati dalla Chiesa Cattolica, tengono l'uso e la necessità di confessarsi al prete. (V. Renaudosio, Morino, Martenio, ed altri).

            A. Basta, basta, signor Curato, voi ci recitate tutta la storia Ecclesiastica, io non posso a meno di convenire con voi essere la confessione stata praticata nei primi tempi della Chiesa. Ma non so darmi pace come il mio libro, che mi assicura contenere la pura verità, mi dica che la confessione fu inventata dai preti circa mille anni sono.

            C. Voi avete già potuto conoscere come il vostro libro mentisca dicendo tali cose, perciocché, la confessione cominciò ad essere praticata ai tempi degli Apostoli mille ottocento anni fa. Dal tempo di Tertulliano e di Origène, i quali vissero {57 [201]} mille e seicent'anni prima di noi, e troviamo nella storia che i cristiani si sono sempre confessati, epperciò fu sempre obbligatoria la confessione sin dai tempi di Gesù Cristo.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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