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Cammino di perfezione di santa Teresa d'Avila Dottore della Chiesa

Ultimo Aggiornamento: 02/11/2013 15:19
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10/08/2013 12:42
 
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CAPITOLO 14

Mostra quanto sia importante non ammettere alla professione nessuna persona il cui spirito sia contrario alle cose anzidette.

1. Sono certa che il Signore favorisce molto chi è fermamente decisa a servirlo, pertanto bisogna esaminare quale sia l’intento di chi entra fra noi, se non sia soltanto per sistemarsi (come accade a molte). Quando si tratta di persone con un sano criterio il Signore può certo perfezionare il loro intento, ma se non è così, non bisogna prenderle a nessun costo, perché esse non comprenderanno né l’insufficienza del motivo per cui entrano né, in seguito, i suggerimenti di quelle che vorrebbero si adeguassero al meglio. Infatti, in genere, a simili persone sembra sempre di riuscire a capire quello che loro conviene, a preferenza di chi ne sa di più; è questo, a mio giudizio, un male incurabile, perché di rado manca di accompagnarsi alla malizia. Dove sono molte religiose, potrà tollerarsi, ma non qui, dove siete così poche.

2. Una persona che abbia un sano criterio, se comincia ad affezionarsi al bene, vi si attacca fortemente, perché vede che è la cosa più sicura; e quand’anche non sia fatta per arrivare a una grande perfezione, sarà di aiuto alle altre con un buon consiglio e potrà aiutarle in molte altre cose, senza essere di peso a nessuna. Se, invece, manca di criterio, io non so di quale utilità possa essere in una comunità; potrebbe, invece, nuocere molto.

Questo difetto non si vede subito, perché molte parlano bene e capiscono male, mentre altre parlano poco e alquanto male, ma hanno la capacità di fare molto bene. Ci sono, infatti, anime di una santa semplicità, che s’intendono poco degli affari e degli usi del mondo, ma molto dei rapporti con Dio. Per questo, prima di accettarle, occorre un’accurata informazione e, prima di ammetterle alla professione, una lunga prova. Sappia il mondo una buona volta che avete la libertà di mandarle via e che in un monastero dove si pratica una grande austerità, i motivi per farlo sono molti; visto che così si agisce in questo monastero, non la considereranno un’offesa.

3. Dico questo perché sono così infausti i nostri tempi ed è così grande la nostra debolezza, che non basta sia un’ingiunzione dei nostri antecessori quella di non fare nessun conto di ciò che il mondo stima onore, nel timore di dispiacere ai parenti. Piaccia a Dio che non dobbiamo pagar nell’altra vita il fatto di aver ammesso tali postulanti, perché un pretesto per persuaderci che l’ammissione è legittima non manca mai.

4. È, questa, una faccenda che ognuna deve considerare da se stessa, raccomandarla a Dio e far coraggio alla priora, essendo una cosa di tanta importanza. Pertanto supplico Dio che v’illumini a questo riguardo; è un gran bene per voi non aver dote, perché dove essa si accetta, può accadere che per non restituire il denaro – che già non c’è più – si tenga in casa il ladro che ruba il tesoro, ed è un vero peccato. Voi, in tale circostanza, non abbiate compassione di nessuno, perché sarebbe nuocere a chi cercate di favorire.

 

CAPITOLO 15

Tratta del gran bene del non discolparsi, anche se si è incolpati senza motivo.

1. Mi riempie di confusione la virtù che sto per consigliarvi, perché avrei dovuto praticarla almeno un po’, mentre vi confesso di aver fatto in essa ben scarso progresso. Mi sembra che non mi manchi mai un motivo per persuadermi che sia maggior virtù scusarmi. A volte ciò è lecito e sarebbe male non farlo, ma io non ho discrezione – o, per meglio dire, umiltà – nel farlo quando occorre. È davvero, infatti, un segno di grande umiltà tacere quando si è accusati ingiustamente, attenendosi strettamente all’esempio del Signore, che ha lavato tutte le nostre colpe. Vi prego, pertanto, di applicarvi con grande impegno alla pratica di questa virtù che apporta grandi vantaggi; nessuno, invece, ne vedo dal cercare di scusarci delle nostre colpe, salvo in quei casi in cui non dire la verità potrebbe esser causa di sofferenza o di scandalo. Tali casi potranno essere riconosciuti da chi ha maggiore discrezione di me.

2. Credo sia molto importante abituarsi a praticare questa virtù o adoperarsi  per ottenere dal Signore la vera umiltà, che ne è l’origine. Chi è veramente umile, infatti, deve desiderare sinceramente di non essere tenuto in alcun conto, di venire perseguitato e condannato senza colpa, anche in cose gravi, perché, se vuole imitare il Signore, in che cosa può farlo meglio che in questo? Qui, infatti, non sono necessarie forze fisiche né aiuti di altri, se non di Dio.

3. Io vorrei, sorelle mie, che ci applicassimo molto e facessimo penitenze nella pratica di queste grandi virtù. Quanto a penitenze eccessive, sapete ormai che io vigilo attentamente per impedire che facciate troppe penitenze, perché possono nuocere alla salute, se fatte senza discrezione. Quanto alle virtù interiori, non c’è da aver timore perché esse, per grandi che siano, non indeboliscono il corpo così da impedirgli di osservare la Regola, mentre fortificano l’anima. Cominciando a vincersi  in cose assai piccole ci si abituerà – come ho detto altre volte – a riportare la vittoria nelle grandi. Di queste cose io non ho mai potuto fare la prova, perché non ho mai sentito dire tanto male di me da non riconoscere che era ancora poco. Infatti, anche se mi accusavano falsamente di una cosa, io vedevo che avevo offeso Dio in tante altre, e mi sembrava che mi facessero già una grande carità nel passarle sotto silenzio. Così provavo più piacere nel vedermi accusata di colpe inesistenti che di quelle reali.

4. È di grande aiuto in questo esercizio considerare i vantaggi che si acquistano per qualunque via e come, tutto sommato, non ci accusino mai senza motivo, perché siamo sempre piene di difetti. Il giusto cade sette volte al giorno: sarebbe, quindi, una menzogna dire che siamo senza peccato. Pertanto, anche se non ci riconosciamo colpevoli di quello di cui ci accusano, non siamo mai esenti del tutto da colpa come lo era il buon Gesù.

5. Oh, Signor mio! Quando penso ai vostri molti tormenti che per nessun motivo meritavate, non so che dire di me, né dove avevo il cervello quando non volevo patire, né dove ho la testa ora, quando mi discolpo. Voi lo sapete, mio Bene, che se possiedo qualcosa di buono, non mi è venuto da altre mani che dalle vostre. Ebbene, Signore, vi importa forse più donare molto che poco? Se non mi date ascolto per il fatto che non lo merito, non meritavo nemmeno le grazie che mi avete elargite. È possibile che io debba desiderare che si pensi bene di una creatura così cattiva come me, quando si è detto tanto male di voi, che siete il Bene supremo? Non lo si può soffrire, mio Dio, non lo si può soffrire. Io vorrei tanto che non lo soffriste neppure voi, non permettendo che nella vostra serva vi sia qualcosa di sgradito al vostro sguardo. Considerate, dunque, Signore, che io sono cieca e mi contento di ben poco. Datemi luce voi e fate che io desideri sinceramente di essere disprezzata da tutti, avendo abbandonato tante volte voi che mi avete amata con tanta fedeltà.

6. Che è questo, mio Dio? Che speriamo di guadagnare nel compiacere le creature? Che importa se esse ci incolpano, quando siamo senza colpa di fronte al Signore? Oh, sorelle mie, noi non arriveremo mai a capire questa verità e così non riusciremo mai a essere perfette, se non prendiamo l’abitudine di meditarci sopra e di riflettere su quello che è e su quello che non è.

Inoltre, quand’anche non ci fosse altro vantaggio che la confusione in cui resta la persona che vi avrà incolpato nel vedere che voi, pur essendo esenti da colpa, vi lasciate condannare, questo sarebbe già una gran cosa; un tale esempio eleva a volte un’anima più di dieci prediche. Tutte, infatti, poiché l’Apostolo e la nostra incapacità ci vietano di predicare con le parole, dobbiamo cercare di farlo con le opere.

7. Non pensate mai che debba restare segreto il male o il bene che farete, per quanto stretta sia la vostra clausura. Credete forse, figlie mie, che, se non vi discolpate, non ci sarà nessuno che prenda le vostre difese? Ricordate come rispose il Signore in difesa della Maddalena nella casa del fariseo e quando Marta accusava la sorella. Egli non userà con voi il rigore che ha usato con se stesso, perché quando  permise che un ladrone alzasse la voce a difenderlo, stava ormai sulla croce. Sua Maestà pertanto indurrà sempre qualcuno a muoversi in vostra difesa, e se non lo farà, vuol dire che non ce ne sarà bisogno. Questo io l’ho visto per esperienza ed è la pura verità, anche se non vorrei che pensaste a ciò, ma che vi rallegraste d’essere accusate: il tempo mi sarà testimone del profitto che vedrete nella vostra anima. Si comincia, infatti, a conquistare la libertà e non importa se si dice male di noi più di quanto importi che se ne dica bene, anzi sembra che questo non ci riguardi. Come quando due persone stanno parlando, ma poiché non si rivolgono proprio a noi, non ci preoccupiamo di dar loro una risposta, così è in questo caso: presa l’abitudine di non dover rispondere, ci sembra che non si rivolgano a noi.

Ciò sembrerà impossibile a chi, come noi, è particolarmente suscettibile e poco propenso alla mortificazione. Al principio è certamente difficile, ma io so che, con la grazia del Signore, si possono raggiungere questa libertà, questa abnegazione e questo distacco da noi stessi.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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